Linea di Partenza Magazine - Prima uscita

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www.magazine.lineadipartenza.it LINEA DI PARTENZA Magazine #0 Linea di Partenza si rinnova: nasce Linea di Partenza Magazine Inchiesta a pag. 10 Sanità italiana. Codice rosso Approfondimento a pag. 13 Equitalia, questa sconosciuta... Approfondimento a pag. 21 Viaggio nel mondo dell’innovazione Approfondimento a pag. 23 L’Italia e la cultura Approfondimento a pag. 15 La politica estera e la crisi Si riparte!

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Informazione, approfondimento e inchieste sulle maggiori tematiche d'attualità mondiale.

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LINEA DI PARTENZAMagazine

#0

Linea di Partenza si rinnova: nasce Linea di Partenza Magazine

Inchiesta a pag. 10Sanità italiana. Codice rosso

Approfondimento a pag. 13Equitalia, questa sconosciuta...

Approfondimento a pag. 21Viaggio nel mondo dell’innovazione

Approfondimento a pag. 23L’Italia e la cultura

Approfondimento a pag. 15La politica estera e la crisi

Si riparte!

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16/04/2012, n°0www.lineadipartenza.itwww.magazine.lineadipartenza.itwww.associazione.lineadipartenza.it

Il nostro network

LINEA DI PARTENZA MAGAZINE Edoardo Laudisi

Sarah Panatta

Cosimo Laneve

Fabio G.G. De TataValentina Vanzini

Lorenzo La Face

Adele IasimoneRoberta Musolesi

Roberta Ottonello

Giada Passanisi

EditorialeEra il 12 ottobre dell’anno scorso quando Linea di Partenza

ha fatto il suo esordio sul web, mentre in Parlamento si

votava la famosa “Legge bavaglio”. Una data non casuale e

un progetto ben preciso: creare un prodotto d’informazione

veramente alternativo, vicino al cittadino e aperto alle

innovazioni del web. Durante questi mesi il progetto ha avuto

alti e bassi, regalandoci però alcuni momenti intensi. Come

dimenticare la diretta della manifestazione nazionale del 15

ottobre, le testimonianze del tragico nubifragio genovese e

l’esperienza in Val di Susa? E’ stato un continuo evolversi, tra

dubbi, incertezze e tanta voglia di emergere nel panorama

dell’informazione, oggi più che mai bisognoso di un radicale

rinnovamento. L’idea di un sito in continuo aggiornamento è

stata messa da parte, e si è deciso di puntare su un prodotto

maggiormente incentrato sull’approfondimento e sull’analisi

critica dei temi d’attualità. Da questi presupposti nasce Linea

di Partenza Magazine. Caratteristica peculiare della rivista

sarà l’ampia possibilità di interazione concessa al lettore,

che diventerà parte attiva del processo editoriale. Grazie a

un attento uso dei social network cercheremo di captare con

attenzione pareri e preferenze dei lettori, coinvolgendoli nelle

scelte editoriali.

A tal proposito è stata creata anche l’Associazione Linea

di Partenza, un’associazione non riconosciuta che mira a

sostenere la libera e corretta informazione, anche attraverso

la rivista. In questo primo numero troverete prevalentemente

delle introduzioni agli approfondimenti ed alle inchieste che

condurremo nelle prossime uscite. Tanti temi scottanti, che

vanno dalla sanità, al caso Equitalia, fino ad una panoramica

sui rapporti internazionali. Sarà nostro obiettivo innescare

sin da subito l’interazione con chi ci legge, prevalentemente

attraverso dei sondaggi disponibili sulla pagina Facebook

della rivista. La passione per quello che facciamo e la volontà

di contribuire nel nostro piccolo al cambiamento del Paese

saranno la guida nei mesi a venire.

Buona lettura.

Linea di Partenza Magazine è la rivista interattiva dell’omonima Associazione non

riconosciuta “Linea di Partenza”. Offre ai lettori inchieste e approfondimenti

sull’attualità nazionale ed internazionale cercando di proporre un nuovo modello

di informazione, partecipata ed autentica. Difendendo la libertà di informazione

propria di tutto lo staff che scrive su questa rivista.

Ai sensi della legge n. 62/2001, la rivista Linea di Partenza Magazine non può

essere considerata una testata giornalistica in quanto i contenuti della stessa

non vengono pubblicati con periodicità regolare. Indi per cui questa rivista non

può essere considerata un prodotto editoriale.

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Sommario

4 | Linea di Partenza

Blog di Edoardo Laudisi

Il mondo contro Günter GrassCome usare l’accusa di antisemitismo per cancellare le contraddizioni

(Vai direttamente all’articolo, clicca qui)

Approfondimento di Roberta Ottonello

La politica estera e la crisi (le zone calde del pianeta)Conoscere il disordine per mantenere l’equilibrio: le relazioni internazionali

(Vai direttamente all’articolo, clicca qui)

Inchiesta di Sarah Panatta

Sanità italiana. Codice rossoCrescono lo spread pubblico - privato e il caos gestionale di un sistema sanitario “tagliato”

(Vai direttamente all’articolo, clicca qui)

Approfondimento di Roberta Musolesi

Equitalia, questa sconosciuta...Che cos’è Equitalia? Ma soprattutto, perchè viene presa di mira da molti?

(Vai direttamente all’articolo, clicca qui)

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Approfondimento di Valentina Vanzini

Viaggio fra i conflitti silenziosi di cui nessuno parla Dal Medio Oriente all’Africa, fino all’Europa: 31 paesi in cui nel 2012 ancora si muore fra atrocità terribili

(Vai direttamente all’articolo, clicca qui)

Approfondimento di Giada Passanisi

Referendum e l’atomoEnergia nucleare e opinione pubblica: ecco perché l’italiano dice no

(Vai direttamente all’articolo, clicca qui)

Approfondimento di Fabio G.G. De Tata

Viaggio nel mondo dell’innovazioneTecnologie alimentari, sanitarie, informatiche, didattiche, industriali e del futuro: qual è l’argomento preferito dai lettori?

(Vai direttamente all’articolo, clicca qui)

Approfondimento di Adele Iasimone

L’Italia e la cultura Descrizione di sistemi e pratiche che possono costituire un punto di partenza per una nuova visione anche nel suo orientamento economico

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Lapresse: Novak Djokovic festeggia la vittoria

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Il mondo contro Günter Grass

Come usare l’accusa di antisemitismo per cancellare le contraddizioni

BLOGdi Edoardo Laudisi

di Edoardo Laudisi

Edoardo Laudisi, Genova.

Scrittore, traduttore, autore

di romanzi, poesie e testi

teatrali. Insieme al musicista

Maurizio Mongiovì fonda il

progetto musicale Einschlag!

le cui suite poetico musicali

sono visionabili su YouTube.

Lo scrittore e premio Nobel tedesco Günter Grass è stato dichiarato persona non gradita dal governo israeliano e non potrà più entrare in Israele al pari dei terroristi e degli ex criminali nazisti. Il bando è avvenuto in conseguenza della pubblicazione, il 4 aprile scorso, di una poesia di Grass che accusava Israele di mettere a rischio la pace mondiale a causa della confrontazione con l’Iran per la questione dell’atomica. Il ministro degli Interni israeliano Eli Yishai insieme a molti esponenti politici tedeschi, compreso ministro degli Esteri Guido Westerwelle, ha qualificato la poesia come antisemita e offensiva nei confronti di Israele, per aver messo il paese sullo stesso piano dell’Iran di Ahmadinejad. In realtà contro lo scritto di Grass c’è stata una levata di scudi generale da parte dell’intellighenzia e degli ambienti politici non soltanto tedeschi, che hanno subito accusato lo scrittore di antisemitismo, ricordano la sua militanza nelle SS, nelle cui fila il sedicenne Grass si arruolò volontario sul finire della guerra.

La poesia di Günter Grass s’inerisce nella tradizione letteraria tedesca delle ballate con contenuti politici scritte da Brecht, Kästner e Tucholsky. Se dal punto di vista letterario il testo di Grass dice

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poco perché completamente privo della graffiante ironia di Brecht o del ritmo cabarettistico di Erich Kästner, da quello della pura e semplice provocazione capace di toccare un nervo scoperto, o una coda di paglia, merita qualche parola in più. Günter Grass scrive la poesia dopo l’esternazione del premier israeliano Benjamin Netanyahu, avvenuta durante la sua ultima visita negli USA, con la quale il primo ministro israeliano si dichiarava pronto a ogni gesto di ultima difesa nei confronti dell’Iran compreso un first strike, cioè un attacco preventivo, non si sa bene contro quale obiettivo.

Negli stessi giorni la Germania iniziava a fornire a Israele il primo di una serie di sottomarini in grado di lanciare missili a medio raggio capaci di portare testate nucleari. In questi due eventi ravvicinati lo scrittore tedesco ha visto una pericolosa escalation, a suo parere sottovalutata dal resto del mondo, che ha deciso di affrontare a modo suo, scrivendo che se da una parte esiste un arsenale nucleare certo e non completamente conosciuto nella sua entità, quello di Israele, dall’altra c’è solo il sospetto che l’Iran stia acquisendo le capacità per produrre armi nucleari, da qui l’appellativo “fanfaronesche” alle minacce rivolte da Ahmadinejad a Israele.

Per evitare che l’escalation tra i due paesi cresca fino a diventare ingovernabile, Grass propone che un organismo

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di controllo internazionale verifichi lo stato effettivo degli armamenti in entrambi i paesi ed eventualmente coordini una politica di smantellamento. Ed è su questo punto che è stato attaccato dai media occidentali, per aver messo cioè sullo stesso piano Israele e Iran accusando lo stato israeliano di mettere a repentaglio la pace mondiale con il suo atteggiamento aggressivo (la minaccia del first strike) nei confronti di Teheran. Gli israeliani sostengono il contrario, dicono cioè che il deterrente nucleare garantisce la difesa del loro diritto di esistenza, mentre nelle mani di un antisemita dichiarato come il leader iraniano, le armi nucleari sarebbero

presto o tardi usate per lo sterminio di massa. Sarebbe quindi Teheran e non Israele a minacciare la pace mondiale.

Dicendo così però, sorvolano sul fatto di essersi dichiarati

pronti a un attacco preventivo che anticiperebbe ogni mossa dell’avversario e quindi non potrebbe più essere considerato solo un atto di difesa. Ma anche in questo caso, secondo gli israeliani, l’attacco sarebbe giusto perché mirato a disarmare il folle Ahmadinejad che in passato ha ripetutamente dichiarato di voler cancellare Israele dalla faccia della terra. Siccome l’ex pasdaran non è il primo ad affermare di voler annientare gli ebrei, Hitler lo aveva detto e scritto più volte prima di farlo, e, nel loro piccolo, ci provarono anche i leader della lega araba scatenando le guerre araboisraeliane del secolo scorso, la reattività israeliana su questo tema è comprensibile.

BLOGdi Edoardo Laudisi

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Assolutamente incomprensibile invece è l’accusa di antisemitismo rivolta allo scrittore tedesco dall’establishment politico e culturale. Chi si prendesse la briga di leggere il testo di Grass infatti, non troverebbe una sola parola che faccia trapelare un giudizio o un attacco antigiudaico. C’è invece una critica forte alla politica praticata da Israele in Medioriente là dove viene sottolineato come il paese sia una potenza nucleare, l’unica nella zona (almeno ufficialmente), disposta a regolare la questione Iran con un first strike anche in assenza di una minaccia sostenuta da prove certe. E qui il pensiero non può non tornare alla famosa smoking gun esaltata (e mai esibita) nel 2003 da Bush e Blair come la madre di tutte le prove che avrebbe dovuto dimostrare al mondo come Saddam Hussein fosse imbottito di armi batteriologiche fin sopra i capelli. A guerra preventiva conclusa venne poi fuori che di quelle armi in Iraq non vi era traccia, ma a quel punto la cosa non interessava più nessuno.

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Il mondo contro Günter Grass

In Europa il sentimento antisemita ha generato il crimine immenso dei campi di sterminio; accusare qualcuno di essere antisemita oggi senza che ne sussistano i motivi, oltre a zittire la persona marchiandola con il tratto dell’infamia – e questo vale ancora di più nel caso di un intellettuale tedesco- indebolisce la gravità di quell’odioso sentimento riducendolo a chiacchiericcio demagogico, spesso usato per coprire le vere contraddizioni. Non è un caso che siano stati innanzitutto i politici, Guido Westerwelle in testa, ad attaccare lo scrittore. Le accuse di antisemitismo e le dichiarazioni indignate infatti, oltre a non costare nulla consentono di ignorare il merito delle questioni: la degenerazione della situazione in Medioriente, la disponibilità alla guerra preventiva di Israele, la vendita di sommergibili adatti a lanciare missili atomici, e raccolgono gli applausi dei conformisti ai quali questo stato di cose va benissimo.

SondaggioEcco il sondaggio sull’articolo proposto sul nostro gruppo Facebook e contiene le seguenti opzioni:

La potenza nucleare di Israele minaccia la così fragile pace mondiale?

1. Si2. No

3. In parte

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APPROFONDIMENTOdi Sarah Panatta

Sanità italiana. Codice rossoCrescono lo spread pubblico-privato e il caos gestionale

di un sistema sanitario “tagliato”

di Sarah Panatta

Scrivere “dentro”. Nella

rete di una cultura-mondo

libera e stratificata. E

attraverso la volontà di

una controinformazione

appassionata. Questo

il suo istinto. Laureata in

Letteratura Comparata e in

Editoria poi. Chiodo fisso, il

cinema e i viaggi, “di confine”.

Legati ad una barella per giorni aspettando che qualcuno senta l’odore. Di un sistema decomposto. I boati mediatici illuminano ogni giorno la cronaca in perenne “codice rosso” della sanità italiana. La disastrosa gestione dei Policlinici romani, ultima scheggia saltata di un’impalcatura che crolla sotto i nostri occhi, fa il giro dell’asino in tutta Europa. La corsa dei privati e verso i privati e il magmatico affastellamento di burocrazie e deregolamentazioni. Gli ospedali pubblici sprovvisti di risorse e la svendita dei capri espiatori per un groviglio organizzativo paradossale. Una storia di emarginazione del servizio pubblico. Ma dove stiamo (stavamo) andando?

Legge n. 883 del 1978, viene istituito il Sistema Sanitario Nazionale. Con la prima legge quadro in ambito sanitario in Italia la salute diviene “su carta” un diritto (collettivo, non più individuale) costituzionale inalienabile, frutto di una lunga, problematica maturazione, e soprattutto della consistente spinta arrivata dalle lotte sociali nate nel ribollente fermento culturale degli ultimi anni ’60. Innovazioni cardine: l’abolizione delle mutue, il decentramento delle amministrazioni, la promozione dell’educazione sanitaria, della prevenzione, della sicurezza sul lavoro. Una soluzione

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Sanità italiana. Codice rosso

intermedia che tenta di democratizzare la sanità, in un aggancio, seppur compromissorio, ai reali bisogni della popolazione.

La prima decisiva controtendenza comincia negli anni ’80 e negli anni’90 l’ondata di misure “reazionarie” travolge e marchia la sanità. Giro di vite sulle esenzioni, epocale aumento dei ticket sanitari, materializzazione di un classismo prima strisciante, poi lampante. Si gioca in sottrazione. Grande sintomo/simbolo di simile età regressiva, in cui l’uomo sociale quanto i servizi ad esso dedicati sono pura merce di scambio, e quindi del metro innegabilmente capitalistico di questo decennio di “controriforma”, è l’accorpamento delle vecchie Usl (a contato più diretto con i singoli Comuni) in Asl. Ovvero in organi, o meglio distretti amministrativi molto più ampi, attraverso i quali un’unica unità direttiva gestisce e ingloba grandi e disomogenee frazioni territoriali. Le risorse “locali” vengono dirottate dai centri minori (non con minore utenza, tuttavia targati come meno produttivi) a quelli più grandi. Si ri-centralizza e la burocrazia implode.

Bolla temporale che cronicizza e insieme fossilizza il Paese in un presente indeterminato e privo di prospettive, i ’90 sono specchio/ponte per la contemporaneità italiana. Eccoci riflessi. Tendenza alla privatizzazione. Sperequazione nella distribuzione dei fondi alle strutture man mano ci si allontana

dai capoluoghi. Riduzione del budget per la sanità pubblica, pensata e pianificata soltanto a margine delle continue “manovre” di salvataggio in extremis che “governicchi”, coalizioni transitorie e staff “tecnici” sfornano in sequenza per tamponare l’emorragia del debito pubblico. Gestioni fraudolente delle Asl e dei nosocomi. Scollamento fra lo Stato e i territori, causa regionalizzazione dell’organizzazione della rete sanitaria e della distribuzione dei finanziamenti non più dettate da disegni nazionali uniformanti ma dalle “casse” delle Regioni. Avvento degli ospedali-azienda – i cui dirigenti non sono scelti in base a concorsi pubblici, bensì secondo risapute

logiche clientelari – dove la politica gestionale come pure i bilanci risentono dei ricambi ai vertici regionali.

Dalla legge delega 421/92, che sanciva l’era “Asl” e al contempo la frantumazione dell’identità della

sanità nazionale e pubblica, alla nuova “razionalizzazione” del ’99, il federalismo sanitario si stabilizza con lievi modifiche. I piani regionali imperano e i finanziamenti alle strutture private “accreditate” (che forniscono servizi coperti dal SSN) crescono, deviando il flusso di fondi necessari a migliaia di asfittiche strutture pubbliche. Il paradosso diventa metastasi e si cristallizza. Osservando i dati attuali il paradigma si dimostra costante. Il rapporto del Cergas (Centro di Ricerche sulla Gestione dell’assistenza Sanitaria Sociale) della Bocconi di Milano racconta uno Stivale alla deriva su schemi arcaici ma resistenti. Acuite le differenze tra i sistemi sanitari regionali

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(specialmente nei sistemi di accreditamento). Aumentata la spesa pro capite per la sanità privata.

Mentre anche il Governo Monti prevede ulteriori tagli (circa 2 miliardi di euro) al settore, alzando i ticket e bloccando contratti e turn over, le Regioni languiscono in balia dei propri errori radicati. Le Asl, che amministrano l’80% del budget sanitario regionale, dove confusamente gestite inficiano il funzionamento dell’intera catena. Pronto soccorso senza medici, infermieri, letti. Personale sanitario mal ripartito, in maggioranza con contratti a termine. Ospedali locali che chiudono o subiscono riconversioni dirottando bacini d’utenza sull’ordine delle centinaia di migliaia di pazienti verso nosocomi urbani o provinciali che non riescono a rispondere alle emergenze e alla richiesta pressante dei ricoveri dall’entroterra. Liste d’attesa gonfiate a dismisura, frantumazione del percorso diagnosi-cura. Meccanismi di selezione professionale spesso macchiati da corruzione. Blanda vigilanza statale sul funzionamento interno delle strutture, la cui amministrazione è ormai un gigantesco cancro.

Scandalo sempre proliferante delle prestazioni intramoenia (medici che esercitano dentro ospedali pubblici anche la professione privata). Depauperamento del 118 (senza “catene” sotto la neve). Drammatico ritardo nella ricerca e nel progresso

APPROFONDIMENTOdi Sarah Panatta Sanità italiana. Codice rosso

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di tecnologie e strumentazioni. Presidi innovativi e costosi congelati o intermittenti (come un esempio, le Emodinamiche romane). Mistero degli eliporti inutilizzabili. E ancora. Diatriba politica sul costo dei “codici bianchi”.

Il caso laziale, tra piano sanitario firmato Polverini osteggiato da centinaia di comitati e ricorsi giudiziari, pronto soccorso inagibili, spesa privata alle stelle. La malattia mentale

derubricata nelle postille dei decreti. Alienati, i cittadini incatenati dalla recessione sbandano nel labirinto di un SSN che non li sostiene. Al quale basterebbero i miliardi stanziati per armamenti copiosi (missili a lunga gettata per le “missioni di pace”?). Per sopravvivere. Ma quante sono le sue malattie, chi lo/ci curerà?

Mentre anche il Governo Monti prevede

ulteriori tagli al settore, alzando i ticket e bloccando

contratti e turn over, le Regioni languiscono in balia dei propri errori

radicati.

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APPROFONDIMENTOdi Roberta Musolesi

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Equitalia, questa sconosciutaQualche dato di cronaca...

di Roberta Musolesi

Bologna, 47 anni.

Appassionata di politica

e scrittura. Nella vita è

un’insegnante di scuola

elementare, con una breve

esperienza nella scuola

superiore. Professione

adorabile, missione da vivere

con un senso del dovere quasi

kantiano, sorreggendone

stanchezza e frustrazioni.

Non più tardi del 17 marzo scorso, l’ingresso della sede di Equitalia, in via Moccia ad Avellino, è stato preso di mira da un uomo che prima ha tentato di dar fuoco alla saracinesca con dei giornali e del liquido infiammabile, e in seguito, armato di grosse pietre, ha cercato di distruggere una vetrata.Il 15 marzo, nella sede novarese dell’agenzia di riscossione dei tributi, da diverso tempo oggetto di minacce per la sua attività di recupero crediti, è stata consegnata una busta contenente una strana polverina dal colore bianco-giallastro, forse antrace, che ha fatto immediatamente sospettare un attentato.

Anche gli hacker di Anonymus non hanno rinunciato a colpire Equitalia: l’11 marzo scorso migliaia di richieste sono state convogliate contemporaneamente verso il sito dell’agenzia, che non è riuscito a “reggere il colpo” e si è bloccato. Le ragioni del gesto sono presto dette: Equitalia, a giudizio degli hacker che hanno rivendicato le ragioni del loro gesto su vari siti, è un’anomalia tutta italiana, in quanto è un ente pubblico che si occupa della riscossione di tributi, spesso presunti, dovuti all’Agenzia delle Entrate, ma lo fa con una ferocia inaudita e con pratiche assolutamente opinabili. Nel comunicato di rivendicazione dell’attacco informatico, gli hacker si sono scagliati soprattutto contro la riscossione forzata nei confronti dei contribuenti che dimostrano la loro indigenza, azione definita

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dagli hacker assolutamente deprecabile e spesso all’origine di numerosi suicidi. L’azione di riscossione condotta da Equitalia è sospettata da Anonymus anche di scarsa trasparenza, poichè personaggi illustri o politici riceverebbero un trattamento preferenziale.

E infatti il comico Luca Laurenti, braccio destro di Paolo Bonolis sul palcoscenico e negli spot pubblicitari, è riuscito a spuntarla. Accusato di non aver pagato due milioni di Irap tra il 2000 e il 2004, è stato duramente colpito da Equitalia, che gli aveva addirittura pignorato in via preventiva 6 appartamenti situati in corso Buenos Aires a Milano, secondo la consueta prassi per cui - a procedimento ancora in corso - lo Stato può sequestrare beni immobili per tutelarsi ed eventualmente metterli all’asta. Laurenti, assistito dai suoi avvocati, ha iniziato una battaglia a suon di carte e documenti e nel novembre scorso la commissione tributaria regionale di Milano ha accolto il suo ricorso, riconoscendo che svolgeva «l’attività di artista di spettacolo senza l’ausilio di alcuna struttura organizzativa» e che per questo non doveva pagare l’imposta per gli anni 2000-2004.

E ancora Equitalia è stata di recente condannata a risarcire un contribuente a cui aveva pignorato un immobile – una villa nell’isola di Vulcano, nell’arcipelago delle Eolie - rimasto invenduto proprio a causa di un’ipoteca ingiusta. La vicenda riguarda un ex dirigente del Ministero dell’Interno di 60 anni, oggi pensionato, che il 27 aprile del 2009 ha ricevuto una notifica di iscrizione di un’ipoteca in seguito a violazioni amministrative, già peraltro in corso di annullamento da

parte del Giudice di pace di Ostia. L’importo della violazione era di 2.973 euro ed Equitalia, tra interessi e sanzioni, aveva rivendicato un credito pari al doppio, ovvero 5.300 euro. Proprio pochi mesi prima della notifica, il contribuente aveva concordato con una conoscente la vendita di quell’immobile; quando però il 9 maggio 2009 si è trattato di sottoscrivere il rogito per la vendita della villa, è venuta fuori l’ipoteca e con essa è saltato l’accordo di compravendita. A quel punto il mancato affare ha comportato una denuncia a Equitalia, ritenuta responsabile di un’ipoteca rivelatasi in seguito addirittura illeggittima: come hanno sentenziato il Giudice di pace di Ostia il 30 aprile 2009 e, proprio in questi giorni,

il giudice Massimo Moriconi, dirigente del Tribunale di Ostia, l’iscrizione dell’ipoteca non rispetta la normativa vigente, secondo la quale essa viene applicata in caso di crediti che superano gli 8000 euro. I giudici hanno pertanto concluso che Equitalia deve riconoscere il danno economico subito dal

contribuente: preso atto del fatto che la villa si è deprezzata dai 235 mila euro concordati per la vendita agli attuali 194 mila, il giudice Moriconi ha condannato Equitalia a risarcire 70 mila euro di danni più altri 10 mila per le spese di causa.Una bella soddisfazione per il contribuente danneggiato e una sentenza destinata a fare giurisprudenza contro le procedure messe in atto da Equitalia. Ma quali sono le ragioni di questo comune forte risentimento nei confronti di Equitalia? E che cos’è, in concreto, Equitalia? Di che cosa si occupa? Da dove hanno origine i problemi?Lo scopo di questa inchiesta, nelle prossime uscite, sarà quello di fornire una risposta ad alcuni di questi interrogativi.

APPROFONDIMENTOdi Roberta Musolesi Equitalia, questa sconosciuta

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APPROFONDIMENTOdi Roberta Ottonello

La politica estera e la crisiConoscere il disordine per mantenere l’equilibrio: le relazioni internazionali

di Roberta Ottonello

22 anni, genovese,

studentessa di Scienze

internazionali e diplomatiche.

Appassionata di letteratura,

cinema ed arte in genere,

è una scrittrice esordiente

e un’esperta di relazioni

internazionali. Ha pubblicato

per la casa editrice

“Habanero” il romanzo

“La filosofia della follia”,

disponibile online QUI.

Cos’è la politica estera? La risposta più semplice ed immediata è questa: la politica estera è l’insieme delle relazioni che i vari Stati intrattengono tra loro. Queste possono essere buone o pessime e, a volte, persino inesistenti ma, comunque, necessarie all’esistenza stessa degli stati e, di conseguenza, della Comunità internazionale nel suo insieme. Non esiste nessun governo mondiale superiore ai singoli governi statali in grado, cioè, di determinare una condotta univoca per tutti e capace di garantire la sicurezza essenziale alla sopravvivenza dello stato, il quale deve, perciò, procurarsela da sé. Questo è uno dei motivi principali per cui non può esistere un mondo senza relazioni internazionali e, soprattutto, un mondo senza crisi: se ognuno deve difendersi e difendere il proprio popolo da qualsiasi minaccia deve appellarsi alla diplomazia e, quindi, a tutte quelle attività pacifiche che permettono di mantenere rapporti e di risolvere ogni controversia in modo altrettanto pacifico (spesso sotto l’egida di organizzazioni e istituzioni internazionali come, ad esempio, l’ONU) e, dove le relazioni diplomatiche falliscono o non sono in grado di agire, ecco che entra in gioco la guerra.

Ogni buon diplomatico lo sa: il conflitto è inevitabile e il suo compito, allora, non è quello tipico dell’immaginario collettivo, ovvero evitare la guerra a tutti i costi, ma, semplicemente, ritardarla e, se

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possibile, mitigarne gli effetti. Per assolvere questo compito, a fianco degli stati, sono sorte istituzioni e organizzazioni internazionali. Tra le prime si possono trovare i trattati e tutte le norme consuetudinarie che fanno parte della grande famiglia del diritto internazionale. Questo, infatti, permette a due o più paesi di poter stipulare accordi di vario tipo e di qualsiasi natura che servano proprio ad evitare il nascere e l’acuirsi di crisi interne ed esterne. Non sempre, però, è sufficiente e, spesso, occorre l’intervento di un’entità non statale, ma dotata comunque di poteri speciali, ovvero l’organizzazione internazionale. La più conosciuta è sicuramente l’ONU (Organizzazione delle Nazioni Unite), il cui compito principale, tra gli altri, è quello di mantenere la pace nel mondo. Ognuno di noi, leggendo i giornali, o guardando la televisione, si sarà sicuramente accorto che nella maggior parte dei conflitti scoppiati dal 1945 ad oggi, l’ONU ha sempre partecipato, se non altro con la creazione di piani e con missioni di “peacekeeping”, ovvero, usando la definizione data dall’Organizzazione stessa “operazioni attuate in paesi tormentati da conflitti per creare condizioni di pace sostenibili”. Queste operazioni possono prevedere anche l’uso di eserciti armati e, pertanto, l’utilizzo della guerra come risoluzione di controversie o disordini.

Molte volte le crisi nascono come “interne” per poi assumere il carattere di “internazionali”. Ne sono esempi molto espliciti

la crisi libica del 2011 e quella siriana, del 2011/2012. Altre volte, invece, sono dovute inizialmente a delle ambizioni territoriali, come nel caso di Israele e Palestina, inoltre un grande fattore di disordine è caratterizzato dai rapporti, spesso contradditori e conflittuali, tra Est-Ovest, come si può notare benissimo dalle relazioni difficili e delicate tra USA e Iran (solo per citarne l’esempio più lampante).

Riassumendo, quindi, si può affermare che è impossibile evitare lo scoppio di un conflitto, ma è sempre possibile

scongiurare che questo divenga totalmente distruttivo. Non dobbiamo dimenticarci che la politica e, soprattutto, lo stato è fatto dagli uomini e che gli uomini possono sbagliare nelle loro percezioni e nei loro comportamenti.

La storia ci insegna che per perdere una guerra basta un piccolo errore di valutazione, così come ci mostra che, a volte, basta un piccolo gesto per evitare lo sfacelo mondiale. Per questo conoscere i motivi e le dinamiche degli squilibri presenti e passati è molto utile per riuscire a comprendere il funzionamento dell’equilibrio mondiale e per farsi un’idea chiara su cosa sia davvero pericoloso, senza doversi affidare a previsioni spesso false ed esagerate che piacciono molto ai media.

APPROFONDIMENTOdi Roberta Ottonello La politica estera e la crisi

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APPROFONDIMENTOdi Valentina Vanzini

Viaggio fra i conflitti silenziosi di cui nessuno parlaDal Medio oriente, all’Africa, fino all’Europa: 31 paesi

in cui nel 2012 ancora si muore e si soffre fra atrocità terribili

di Valentina Vanzini

24 anni, Roma. Laureata in

scienze della comunicazione

si sta specializzando nel

corso di Informazione e

Sistemi Editoriali. Da sempre

coltiva la passione per la

scrittura ed il giornalismo,

soprattutto d’inchiesta ed ha

come modello il grande Indro

Montanelli.

Il mondo è in guerra. Una guerra che non è mai finita e che continua ancora oggi, una guerra di cui nessuno parla, dove si consumano centinai di morti e di atrocità che spesso passano sotto silenzio, che nessuno ha il coraggio o la voglia di raccontare. Sono storie di guerra in paesi difficili, dove si uccide per una religione, o per una contesa tribale, dove la vita vale poco e dove per sopravvivere devi imparare anche a combattere. Dove non esistono diritti umani, non esiste protezione della persona, i bambini sono uguali agli adulti, e molti di loro non ha mai conosciuto altra realtà al di fuori della guerra. La comunità internazionale guarda e tace, a volte gira lo sguardo, altre reagisce, ma mai con la forza con cui dovrebbe. Sono le guerra del silenzio quelle che vogliamo raccontare, le guerre dimenticate e sporche, quelle che nessuno vede.

Nel mondo oggi sono in corso ben 31 conflitti in paesi in cui si soffre e si muore, mentre gli altri stanno a guardare o non sanno. Nessun continente sembra, nel 2012, esserne esentato, dal Medio Oriente all’Africa, dall’Europa dell’Est alle Americhe. Una situazione destinata a peggiorare, dopo che il 2011 è stato segnato da numerose insurrezioni in diversi paesi che secondo gli analisti si

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diffonderanno velocemente. Le forme della guerra sono tante, tutte devastanti: le lotte nei mari, dove i pirati attaccano indiscriminatamente qualunque nave, uccidono e derubano soprattutto nella zona fra la Somalia e l’India; le insurrezioni popolari che hanno interessato i paesi arabi l’anno scorso; le lotte tribali e religiose diffuse nei paesi dell’Africa; ma anche le guerre scatenate dai cartelli della droga, come in Colombia e nella zona dell’America centrale.

Motivazioni, cifre di morti, durate dei conflitti, orrori, un escalation di violenza che coinvolge tutto il mondo, nessuno escluso. In Europa il conflitto etnico in Kosovo che dopo una fase di calma ora si sta acuendo fino ad una possibile esplosione di violenza. Spostandoci verso la Russia emerge la questione della Cecenia e dell’Armenia, in lotta contro il governo centrale di Putin, teatro di terribili violenze e soprusi. In Africa del nord numerosi paesi non conoscono la pace da anni ormai: la Somalia, il Mali, il Sudan, ma anche la Libia e l’Egitto dove le ultime insurrezioni hanno rovesciato i governi dittatoriali scatenando caos e violenze. Ma anche, scendendo verso il centro dell’Africa, paesi come il Congo, Benin, Guinea, Nigeria, Uganda teatri di pirateria e conflitti decennali.

In America le guerre invece sono quelle dei cartelli della droga, Ecuador ed El Salvador, ma anche Messico, Guatemala, Honduras. Anche l’Asia non è esente da guerre, per lo più silenti, come l’armamento della Corea del Nord, la pirateria in Indonesia e le lotte interne nelle Filippine e nel Myanmar.

APPROFONDIMENTOdi Valentina Vanzini Viaggio fra i conflitti silenziosidi cui nessuno parla

Conflitti che si tramutano spesso in guerre fra paesi come tra Taiwan e Cina, tra Cina e India, tra India e Pakistan. Il Medio Oriente rimane da sempre luogo di forti conflitti e tensioni crescenti, sia per l’angoscia del nucleare che per la corsa agli armamenti. La guerra, mai conclusa fra Usa, Israele e Iran. Ma anche le lotte per la libertà messe in atto in Siria, nello Yemen e nella striscia di Gaza, dove le milizie ribelli tentano di smantellare i governi centrali.

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Motivazioni, cifre di morti, durate

dei conflitti, orrori, un’escalation

di violenza che coinvolge tutto il mondo, nessuno

escluso.

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APPROFONDIMENTOdi Giada Passanisi

Energia nucleare e opinione pubblica: ecco perché l’Italiano dice no

di Giada Passanisi

Studentessa ventiduenne.

Terzo anno nella facoltà di

Lettere moderne all’Università

di Catania. Tra i suoi obiettivi

principali c’è quello di

diventare una giornalista:

scrive per passione! In Linea

di Partenza spera di aprire

una nuova fase di giornalismo

innovativo.

Erano il 12 e 13 Giugno dello scorso anno quando circa il 60% del popolo italiano ha comunicato, tramite referendum, di essere a favore della gestione pubblica dell’acqua, di non essere consenziente alla costruzione di centrali nucleari sul suo territorio e, infine, di voler togliere la possibilità di legittimo impedimento al Presidente del Consiglio e ai Ministri.

L’argomento che si vuole approfondire qui è relativo al secondo quesito posto ai cittadini italiani: ossia se è corretta, per la comunità del Bel paese, la costruzione di impianti di produzione di energia atomica sul suolo “azzurro”.La nazione è stata ferrea nel decidere: l’Italia non ha bisogno di centrali nucleari.

Ma cosa pensano davvero i 50 milioni di elettori che hanno deciso in questo modo? Di certo, un evento di gran peso che ha favorito l’allontanamento dal nucleare è stato quello che si è verificato durante il Marzo del 2011 a Fukushima, in Giappone. L’opinione pubblica era già stata sconvolta 15 anni prima quando, a Chernobyl, un semplice errore costò la vita a milioni di persone. L’anno appena trascorso, quindi, segna quasi l’estinzione della possibilità di costruire o riattivare

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impianti simili anche in Italia: la collettività si sente minacciata da questo tipo di energia, e non ha tutti i torti se si pensa che, ad ogni incidente avvenuto, è sempre stata quest’ultima ad essere colpita maggiormente.

L’italiano medio è convinto che, in alternativa, esistano altre modalità in grado di sviluppare energia elettrica in modo sicuro: si fa riferimento agli impianti eolici, geotermici, idroelettrici, solari. Una fetta di popolazione, però, è certa del fatto che nessuno dei sistemi citati sopra siano in grado di sviluppare una quantità di energia anche solo simile a quella che produce, in pochissimo tempo, una centrale nucleare.Se il primo non ha torto nell’ammettere che andrebbero sfruttati modi più sicuri, la seconda opzione è innegabile. Quindi, ad oggi, la scelta più corretta quale dovrebbe essere: decidere in base alla sicurezza della popolazione o alle prospettive di guadagno delle società elettriche?

Con questo non vuole affermare che si danno per certi ipotetici incidenti all’interno di queste centrali atomiche, né di non aver abbastanza fiducia nella tecnologia. Tuttavia, è incontestabile la potenziale pericolosità che la sola produzione di scorie nucleari costituisce per la popolazione adiacente ad ognuno di questi “mostri”.

Chi assicurerebbe il corretto smaltimento di questi rifiuti pericolosi al singolo cittadino? Qualcuno risponderebbe: le compagnie elettriche.

Ma in che modo, il cittadino riuscirebbe a fidarsi se i colossi proprietari di queste centrali, come la Tepco, sono stati i primi ad essere indagati per aver gestito scorrettamente le misure di sicurezza degli impianti?

In un presente in cui gli interessi della massa non sono gestiti dai rappresentanti delle classi sociali, è necessario che sia la comunità stessa ad armarsi contro quei vertici politici che non deciderebbero equamente, anche se l’unico strumento di difesa che ha è un referendum.Gli interessi della moltitudine non corrispondono mai agli interessi dei

potenti, e quando a guadagnarci sono solo questi ultimi a discapito della massa, allora è obbligatorio, per noi cittadini, evitare anche solo la possibilità di errori o incidenti fatali.

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APPROFONDIMENTOdi Giada Passanisi Il no italiano all’energia nucleare

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APPROFONDIMENTOdi Fabio G.G. De Tata

Viaggio nel mondo dell’innovazione

di Fabio G.G. De Tata

45 anni. Vive in Svizzera,

ma Campano di nascita.

Musicista sin da bambino, le

prime canzoni le ha composte

a 11 anni. La musica gli ha

aperto le porte anche alla

tecnologia, ma soprattutto

lo ha introdotto all’etica e ai

sentimenti della gente. La

giustizia per lui è il valore

assoluto.

Viaggio nel mondo dell’innovazione è la rubrica che Linea di Partenza Magazine propone per avvicinarci al mondo delle innovazioni tecnologiche sulla base di un’informazione più partecipata e autentica, quindi senza bavagli e senza preconcetti. La rubrica nasce per evidenziare alcune importanti problematiche, tra cui quella bioetica. Ovvero per affrontare le tematiche che l’industria delle tecnologie non potrà mai proporre senza tirarsi la zappa sui piedi.

Gli approfondimenti che vi esporremo riguarderanno l’evoluzione dell’innovazione e tenteranno di estrapolarne i pregi e i difetti, così da ottenere una visione d’insieme ancor più che l’approfondimento in se.

Il progresso nano-tecnologico può essere il non plus ultra della tecnologia nel campo della medicina, ma al contempo anche la più micidiale delle armi in grado di annientare intere popolazioni in una manciata di secondi. Il nostro scopo è quello di identificare i potenziali pericoli che potrebbero innescarsi da un marketing spesso cieco e senza scrupoli, a favore di una visione più trasparente, capace di proporre ai lettori importanti spunti riflessivi per scelte più coscienti e consapevoli su cui dirigere l’innovazione e la tecnologia.

La rubrica di Linea di Partenza su scienza e tecnologia

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Tenteremo di non tralasciare nessun argomento, dalle tecnologie alimentari, sanitarie, informatiche, didattiche e industriali, fino alle tecnologie del futuro. Per riuscirci abbiamo scelto, in sintonia con l’idea di interattività su cui abbiamo improntato questa rivista, la via del sondaggio. Di volta in volta proporremo diversi argomenti che in base al vostro “voto” potranno essere approfonditi. Anche le vostre proposte dirette saranno ampiamente considerate, quindi non esitate a farcele pervenire tramite e-mail.

Ma ora è tempo di passare all’azione!

APPROFONDIMENTOdi Fabio G.G. De Tata Viaggio nel mondo dell’innovazione

SondaggioIl sondaggio viene proposto sul nostro gruppo Facebook e contiene le

seguenti opzioni:

1. CERN: Dove ci ha portato e dove ancora ci porterà la scienza?

2. NANO-TECNOLOGIA: Indispensabile, utile, o soltanto pericolosa?

3. ROBOTICA: A cosa servono i robot e come li alimenteremo?

4. MEDICINA: Riuscirà la medicina a prolungarci la vita di altri 50 anni?

5. MARTE: Come arriveremo sul pianeta rosso e cosa ci andiamo a fare?

Corri a votare!

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APPROFONDIMENTOdi Adele Iasimone

L’Italia e la culturaDescrizione di sistemi e pratiche che possono costituire un punto di

partenza per una nuova visione anche nel suo orientamento economico

di Adele Iasimone

Super appassionata a tutte

le forme d’arte e da brava

italiana è tifosissima di calcio.

La curiosità è

croce e delizia della sua

vita e ama mettersi in gioco

sempre. In Linea di Partenza

per cambiare qualcosa nel suo

piccolo.

La rubrica l’Italia e la cultura muoverà i suoi passi dalla storia del Ministero, arrivando alladescrizione di sistemi e pratiche che possono costituire un punto di partenza per una nuovavisione del settore sul quale discutere anche nel suo orientamento economico.

Ci definiscono il Bel paese, il territorio di navigatori, santi ed artisti, nazione votata al geniodella creatività e guidata dalla ricerca di nuovi sapori e nuovi confini. Eppure da qualchemese combattiamo con indici del sapere economico, quali il Bund e lo Spread che cozzanocontro l’idealismo e il gusto che ci contraddistinguono. E i finanziamenti allla cultura, nellaprogrammazione economica dello stato, occupano poco più dell’1%.Perché, nonostante i buoni propositi, le aspettative e, badate bene, le risorse, la cultura in Italiaé un orpello ormai stereotipato e lasciato nel dimenticatoio? Come mai della cultura ci limitiamoad assaporarne l’aspetto edonistico senza andare a fondo nell’elaborazione di un programmapiù ampio di valorizzazione delle espressioni artistiche? La profondità intellettuale e la portataideologica dell nostra storia culturale che per secoli hanno costituito il nostro brand identity (per

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restare in termini economici) può essere considerato soltanto un mero fardello apparentementeingestibile? La rubrica che intendo curare si concentrerà proprio su tutti questi aspetti con lo scopo di fornire, si spera, un quadro generico sullo stato dell’arte della cultura. Il punto di vista, però, è insolito ossia quello di una giovane laureata che si affaccia al mondo del lavoro trovandosi sull’orlo di un doppio precipizio: la congiuntura socio-economica poco favorevole e la scelta di specializzarsi nel settore dei beni culturali.

L’intenzione è quella di creare uno spazio di confronto e scambio per promuovere da un lato la diffusione di problematiche del settore e spingere verso proposte di risoluzione e dall’altro promulgare un nuovo modo di vivere e sperimentare la cultura attraverso l’analisi di best practise e case history, di volta in volta inanellati nel discorso generale. Nel primo caso sarà importante la partecipazione dell’utente e ciò risponderà alla mission del nuovo progetto di “Linea di partenza”; nel secondo caso spero di poter nel mio piccolo favorire un’emancipazione dell’ambito per sottolinearne gli aspetti che ne rivelano l’enorme potenzialità sociale, culturale ed economica.

Negli ultimi anni si parla tanto di turismo culturale, itinerari culturali e di nuove frontiere per la valorizzazione e la fruizione dei beni culturali, ma si resta sempre legati all’idea di un turista e, in generale, di un fruitore che sono ben lontani da quelli odierni. Le manifestazioni culturali, i beni storico-artistici e l’intero patrimonio italiano, devono essere certamente vissuti nella loro storia e nel messaggio di conoscenza di cui sono portatori, ma necessitano di uno svecchiamento cheparta dal basso, dal considerare cioé il bene stesso innanzitutto come una risorsa economica, che possa fungere

da catalizzatore per la ripresa di uno status finanziario che ci vede(va) tra le nazioni più potenti d’Europa. Tale espressione non è il solito “buon proposito dell’anno” ma una constatazione frutto di fatti e concretezze che verranno saggiate nel corso della rubrica.

Altro punto su cui mi batterò saranno le risorse umane: perché in Italia si formano persone specializzate nel settore della cultura ma di fatto esse vengono tagliate fuori dal mercato dellavoro di loro competenza? Perchè non si parte da una qualificazione delle professioni inerenti, come accade in altri paesi europei? L’intero settore degli addetti ai lavori dovrebbe uscire dai propri uffici, dalle amate biblioteche ed accorgersi

che il mondo corre veloce su altre direttrici e non bisogna perdere la corsa. Il Ministero dei Beni e delle Attività Culturali é un’istituzione relativamente giovane, visto che è nata nel 1975, e fa riferimento ad una legislazione specifica molto recente (il Codice dei Beni Culturali è del 2001); proprio per questo però dovrebbe seguire l’evoluzione dei tempi

conefficienza facendosi trovare pronta in un momento come quello che stiamo vivendo. Le grandi rivoluzioni partono dalla società, da movimenti culturali trascinatori.

Per uscire da questo ambiguo stato di cose bisognerebbe partire dal riprendersi la propria identità che nel caso dell’Italia è radicata nella storia, nella cultura e nell’espressione artistica.Perché vogliamo illuderci di essere un paese industrializzato, tecnologicamente avanzato e votato all’ingegneria, quando aprendo le finestre lo spettacolo e la meraviglia sono date dagliincantevoli paesaggi e dalle stupefacenti architetture che ci ricordano chi siamo veramente?

APPROFONDIMENTOdi Adele Iasimone L’Italia e la cultura

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CULTload ...della cultura-cult, fuori dal mainstream

di Sarah Panatta

Le “ret i” della cultura ol tre gli schemi, tra cinema civile, libri extra circui to, spet tacoli, mostre, event i, associazioni, meet ing, fiere “dentro” la società in evoluzione

CINEpostDentro la fossa della democrazia, brandelli oltre umani e voci ammanettate: due racconti che abbattono lo scudo della retorica e lanciano un grido nel silenzio dell’ipocrisia.

Romanzo di una stragedi Marco Tullio Giordana, con Valerio Mastandrea, Fabrizio Gifuni, Pierfrancesco Favino

Milano, 12 Dicembre 1969. Ore 16.37. La Banca Nazionale dell’Agricoltura deflagra. Muoiono diciassette

persone. Ottantotto gravemente ferite. Altri tre scoppi terrorizzano Roma e un oggetto inesploso accende

la miccia del mistero. Si aprono voragini e piste. Dalla matrice anarchica alla cospirazione dettata da altre

intelligence. Le indagini tortuose e le risacche di infiniti processi, trentatre. Una (in)giustizia senza colpevoli.

Giordana esce dal sogno malinconico del suo “buongiorno” e torna ad inseguire i fantasmi di una memoria

molesta, scavando in una valle di “piombo”. Dentro la nostra “notte”. Di Stato.

Diaz. Don’t clean up this blooddi D. Vicari, con E. Germano, C. Santamaria

Una scuola. Nessun diritto. Genova, 21/07/2001: il G8 della “vergogna”. Proteste legittime

trasformate in sommosse violente. Un imponente schieramento armato in assetto di guerra.

Intolleranza politica, politica dell’intolleranza. Due processi in atto. I giovani, i poliziotti, gli avvocati.

Un anno e mezzo di ricerche. Una fiction che allenta le maglie della retorica e parla senza sconti.

Daniele Vicari, dopo aver portato la sua creatura a Berlino, “sbarca” in Italia traghettato da Fandango

e illumina i falsi pretesti e le voci zittite della democrazia. Chi ha “pulito” il sangue?

La lunga notte dei MilleAliberti editore, prefazione di Gian Antonio Stella, pp. 317, € 19,00

Milleottantanove arruolati. Una Spedizione fiera e insieme azzoppata. Dopo l’Italia, un nuovo territorio

da conquistare. La “patria”. In pochi, tra i garibaldini giubba-rossa ebbero l’onore di servirla, o di essere

riconosciuti quali suoi imprescindibili padri. I più fortunati furono dimenticati, ripiegati in buon ordine a

fare i mestieri di famiglia. Gli arditi tentarono commerci sulle rotte internazionali o carriere politiche dagli

esiti alterni. La maggior parte divennero emarginati, relitti da gattabuia, mendicanti, migranti. Innominabili

creature dal passato senza codice e senza legittimazione possibile.

(dal 30 marzo)

(dal 13 aprile)

LIB(e)RANDOCIPartirono in Mille, sperarono l’Italia. Restiamo milioni, “spaesati”. Fuori, guerre di petrolio, diritti “alla macchia”, civiltà in spread.

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Il tempo è un bastardoT.O. A visit from the Goon Squad, Minimum Fax, Roma 2011, traduzione di Matteo Colombo, pp. 391, € 18,00

Futuribile “The producers” letto trasversalmente da un Franzen in salsa punk-rock e “analizzato” da un

Woody Allen degli anni d’oro. Il premio Pulitzer Jennifer Egan, cinquantenne freschissima scrittrice americana,

sbalordisce con la sua lisergica, frullata cronaca degli USA pre e post 11 settembre. Discografici investiti dal

mercato, star obese di cancri e aspirazioni ulcerate, pierre “ostaggio” della politica internazionale. Storie di

uomini e topi nell’America dei lustrini e delle rovine, specchio di un Occidente senza strada, sospeso in un

farneticante flash mob.

Viaggio intorno all’uomodi Steve McCurry

Facce “scattate”. Fisionomia dell’uomo. Essenze di umana civiltà e oltre umana barbarie, tra verità degli

sguardi interiori e costruzione dell’“attimo”. Teatri di guerra, petrolio bruciato, grattacieli in carbone, e

“altri” colori, tra fiumi e deserti di esistenza. La filosofia artistica e il reportage autoriale di Steve McCurry

nelle fotografie di Viaggio intorno all’uomo. Nella mostra allestita in “emisferi” di conoscenza e scoperta, le

immagini epocali del più famoso e ricercato fotografo.

(MACRO di Roma)

Bolle di Sapone: esistenzialismo satirico da 4 soldidi Filippo Giardina

Fertilità dell’incontro. L’associazione no profit “L’isola” (nata in Italia ma di base nell’East End londinese)

continua il suo percorso di interconnessione multiculturale. Dopo aver partecipato con il suo primo padiglione

alla Biennale di Venezia nel 2011, “L’isola” ha organizzato una tavola rotonda berlinese, “We are”, riunendo i

“suoi” artisti e voci da tutto il globo, tra Italia, Messico, Giappone, Inghilterra, Cina. Oltre i confini della mente

per affrontare e riflettere sulla contemporaneità. Al centro del dibattito i disastri ambientali e le guerre. Ora,

quali opere per quali mondi? Risveglio satirico dal torpore dello Stivale. Uno spettacolo che graffia la patina

ridicola del reale. Un’esperienza giovane e caparbia. Bolle di Sapone: esistenzialismo satirico da 4 soldi, di

Filippo Giardina. L’autore della nuova stand-up comedy all’italiana pone quesiti assurdi per le non-risposte dei

nostri tempi. Acidi pensieri sul palco del Teatro dei Satiri di Roma.

(Fino al 22 aprile)

INmostra (vernissageteatreventi)Foto-grammi di umanità altrove, “isole” di sperimentazione e nuovi “approdi”, tra realismo dell’attimo e satirico gioco di volti

CULTload

di Sarah Panatta

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Hanno collaborato a questa rivista: Nicolò Rabboni, Francesco Cavaliere, Lorenzo LaFace, Roberta Ottonello, Fabio De Tata, Adele Iasimone, Giada Passanisi, Roberta Musolesi, Edoardo Laudisi, Sarah Panatta e Valentina Vanzini.

Le immagini presenti in questa rivista sono state reperite sul Web e pertanto ritenute di pubblico dominio. Qualora l’autore ritenesse violata la propria proprietà intellettuale, lo invitiamo a contattarci e a chiedere l’immediata rimozione delle immagini.

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