Libro Fotografico ROM Cittadini d'Europa

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IL PROGETTO “ROM CITTADINI D’EUROPA” Il progetto “Rom cittadini d’Europa”, finanziato dal Fondo Sociale Europeo nell’ambito dei pro- getti Equal II fase, ha come obbiettivo principale l’accompagnamento al lavoro rivolto alle popo- lazioni di rom e sinti dei territori di Torino e dell’Area Metropolitana. Questo attraverso un percorso che preveda l’attuazione di diverse tappe che favoriscano il man- tenimento del percorso stesso, incentivando la motivazione al lavoro, spesso scarsa nei beneficia- ri finali e l’apprendimento di pratiche che facilitino l’ingresso nel mondo del lavoro. Oltre che l’accompagnamento al lavoro dipendente si offre la possibilità, attraverso consulenze con esperti del settore, di poter agire o regolarizzare un’attività indipendente. Il progetto si prefigge come obiettivo finale anche quello di incidere sulla discriminazione socio- economica culturale a cui spesso queste popolazioni sono soggette attraverso eventi, che permet- tano alla cittadinanza di avvicinarsi e iniziare a conoscere la cultura romani, con la consapevolez- za che tra le prime cause della discriminazione ci sia spesso l’ignoranza e la disinformazione. Questa mostra, progettata e realizzata con questo scopo, vuole essere uno strumento visivo e quindi più immediato di avvicinamento e conoscenza. Il progetto alla sua conclusione ha come scopo quello di lasciare in eredità delle buone prassi che siano replicabili in future strategie di intervento rivolte ai rom e sinti. Il presente catalogo “Rom e Sinti verso il lavoro” è stata realizzato nell’ambito dell’iniziativa comunitaria equal II fase. PARTNERSHIP DI SVILUPPO ATI SOGES S.P.A./DASEIN S.R.L. (CAPOFILA) CITTÀ DI TORINO A.I.Z.O. - ASSOCIAZIONE ITALIANA ZINGARI OGGI CNA - CONFEDERAZIONE NAZIONALE DELL’ARTIGIANATO E DELLA PICCOLA E MEDIA IMPRESA ATI SELF, COOPERATIVA ANIMAZIONE VALDOCCO, COOPERATIVA STRANAIDEA ATI ASSOCIAZIONE GPL UNITI PER IL QUARTIERE, GETICA S.R.L., LIBERITUTTI S.C.S. C.F.P.P. - CASA DI CARITÀ - ONLUS S.R.F. - SOCIETÀ RICERCA E FORMAZIONE S.C.A.R.L.

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IL PROGETTO “ROM CITTADINI D’EUROPA”

Il progetto “Rom cittadini d’Europa”, finanziato dal Fondo Sociale Europeo nell’ambito dei pro-getti Equal II fase, ha come obbiettivo principale l’accompagnamento al lavoro rivolto alle popo-lazioni di rom e sinti dei territori di Torino e dell’Area Metropolitana.Questo attraverso un percorso che preveda l’attuazione di diverse tappe che favoriscano il man-tenimento del percorso stesso, incentivando la motivazione al lavoro, spesso scarsa nei beneficia-ri finali e l’apprendimento di pratiche che facilitino l’ingresso nel mondo del lavoro.Oltre che l’accompagnamento al lavoro dipendente si offre la possibilità, attraverso consulenzecon esperti del settore, di poter agire o regolarizzare un’attività indipendente.

Il progetto si prefigge come obiettivo finale anche quello di incidere sulla discriminazione socio-economica culturale a cui spesso queste popolazioni sono soggette attraverso eventi, che permet-tano alla cittadinanza di avvicinarsi e iniziare a conoscere la cultura romani, con la consapevolez-za che tra le prime cause della discriminazione ci sia spesso l’ignoranza e la disinformazione.Questa mostra, progettata e realizzata con questo scopo, vuole essere uno strumento visivo equindi più immediato di avvicinamento e conoscenza.

Il progetto alla sua conclusione ha come scopo quello di lasciare in eredità delle buone prassiche siano replicabili in future strategie di intervento rivolte ai rom e sinti.

Il presente catalogo “Rom e Sinti verso il lavoro” è stata realizzato nell’ambito dell’iniziativa comunitaria equal II fase.

PARTNERSHIP DI SVILUPPO• ATI SOGES S.P.A./DASEIN S.R.L. (CAPOFILA)• CITTÀ DI TORINO• A.I.Z.O. - ASSOCIAZIONE ITALIANA ZINGARI OGGI• CNA - CONFEDERAZIONE NAZIONALE DELL’ARTIGIANATO E DELLA PICCOLA E MEDIA IMPRESA• ATI SELF, COOPERATIVA ANIMAZIONE VALDOCCO, COOPERATIVA STRANAIDEA• ATI ASSOCIAZIONE GPL UNITI PER IL QUARTIERE, GETICA S.R.L., LIBERITUTTI S.C.S.• C.F.P.P. - CASA DI CARITÀ - ONLUS• S.R.F. - SOCIETÀ RICERCA E FORMAZIONE S.C.A.R.L.

Ideazione: Carla Osella e Francesca Sardi.

Si ringrazia Alberto Castellaro e Diego Dutto - segreteria tecnica del progetto.

Si ringraziano i rom che in qualche modo hanno collaborato alla realizzazione del presente volume, tutti i partner-schip di sviluppo e l’equipe del progetto.

Davide Scagliola nasce a Torino il 25 aprile del 1967. Inizia a scrivere di musica e cronaca cittadina subito dopoil liceo, su diversi giornali locali italiani prima di imbattersi nella fotografia e nei viaggi. Diventa giornalista nel 1989.A 20 anni si trasferisce a Bangkok per alcuni mesi .Vive un po’ a Londra, Hong Kong e New York e inizia a collabo-rare con alcune riviste specializzate in geografia e turismo. Spunta collaborazioni con Atlante, Gente Viaggi, La Stam-pa, Repubblica e diversi giornali femminili, fino all’incontro con Gulliver, un mensile italiano di reportage di viaggiocon il quale realizza servizi speciali dai luoghi più sperduti del pianeta: Kirghisia, Mongolia, Africa, Indonesia, Male-sia, Maldive, India, Australia, Sud America, Scandinavia, Yemen, Caraibi. Si specializza in storie di mare, natura eavventura. Un viaggio negli Stati Uniti con un Cessna, allo scopo di fotografare dall’alto i parchi nazionali del Sudo-vest americano nel 1999, sigla l’inizio di una nuova passione: la fotografia aerea. Per diversi anni scrive e fotografaaffacciato agli oblò tra nuvole e panorami spettacolari: riprende savane, deserti e praterie attraversando anche l’in-tero continente africano, da Cape Town a Il Cairo. A tutt’oggi ha visitato per lavoro più di 130 paesi, illustrato librifotografici e realizzato mostre su diversi temi di geografia e attualità. Per altre informazioni e per vedere il suo portfo-lio on line: www.davidescagliola.com

Post-produzione e ottimizzazione delle immagini: Valentina Bosio - www.valentinabosio.com

Alle porte della città

Alle porte della cittàaspetto

un sorriso.Tu hai ballato nel bagliore del fuoco,

con la musica del mio violino,ma non hai vistola mia tristezza.

Alle porte della cittàaspetto

una mano.Sei venuto nella mia tenda,ti sei riscaldato al fuoco,

ma non hai calmato la mia fame.

Alle porte della cittàaspetto

una parola.Hai scritto lunghi libri

hai posto mille domande,ma non hai aperto

la mia anima.

Alle porte della cittàaspettano con me

molti zingari.

OLIMPIO CARI, sinto

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INTRODUZIONE

Un libro fotografico sui nomadi non è una novità. Abbiamo ammirato spesso splendide fotogra-fie di donne con lunghe gonne colorate e bambini dai grandi occhi scuri pieni di sogni. Abbia-mo per un momento sorriso e ci siamo dimenticati del disagio che proviamo incontrandoli sullestrade delle nostre città e delle paure che ci provocano portandosi dietro i pregiudizi tipici dellaloro condizione: mendicanti, ladri, rapitori di bambini. I nomadi, gli zingari possono anche risultarci “simpatici e folkloristici” se sono lontani ma quan-do si avvicinano alle nostre case, ai nostri quartieri facciamo di tutto per allontanarli e respinger-li.Ho conosciuto i nomadi con il progetto “Rom Cittadini d’Europa” (Iniziativa Comunitaria Equal -finanziata dal FSE-Fondo Sociale Europeo) e ho scoperto cittadini diversi dallo stereotipo a cui livogliamo - o ci è comodo - ricondurli. Persone come noi, con pregi e difetti, con un grande desi-derio di migliorare la loro condizione e offrire ai figli un futuro migliore. Grazie alla determina-zione di alcuni di loro e al progetto è stato possibile trovare occasioni di lavoro che si sono tra-sformate in impieghi stabili. Ed è stato possibile anche incontrare imprenditori e aziende che nonhanno risposto no ma hanno voluto dare un’occasione alla persona che veniva proposta per iltirocinio nell’impresa. Questo libro, insieme alla “Guida alle buone pratiche per l’inclusione sociale e lavorativa” fruttodel lavoro transnazionale con altre 2 partnership europee, vuole offrire un punto di vista diversosui Rom. Quello di persone che cercano un’occupazione, un’abitazione decorosa, una vita decen-te, che possono essere nostri colleghi di lavoro e vicini di casa. Cittadini non così diversi da noi.

Antonio SucamieleProject Manager

Progetto Equal Rom Cittadini d’Europa

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PRESENTAZIONE

Anni fa Agnes Wrankx, manouches francese, nata in Marocco e per anni segretaria generale del-la Romani Union (l’Associazione mondiale dei rom e sinti) mi diceva ”sarebbe importante realiz-zare un libro fotografico sul lavoro del nostro popolo per dimostrare ai gadjè (non zingari) lacreatività e la capacità di lavorare per sfatare lo stereotipo che non siamo ladri, sporchi e rapito-ri di bambini”.Agnes ora vive in India, ha lasciato l’Europa quando il suo unico figlio ha scelto di emigrare perlavorare negli Stati Uniti; ha voluto ritornare alle sue radici indiane dove oggi continuano a vive-re migliaia e migliaia di zingari chiamati banjara, bath. Nei miei pellegrinaggi culturali in quel con-tinente li ho visti in tante situazioni diverse negli slum di Delhi, sotto i ponti delle strade di Cal-cutta, ma anche nel deserto del Tahar dove le donne forgiano ancora come in passato le armi,dove il mondo sembra si sia fermato. Là come qui, sulle strade, nei ghetti, nelle roulottes, neicampi sosta, nelle case …Raccontare attraverso le immagini un mondo “così lontano, così vicino”, un popolo antico, digni-toso, ma con le sue fragilità, la crisi culturale e le frange di illegalità; non si può raccontare senon in modo parziale. Con questo libro vogliamo parlare di nuove attività, di fatiche per un inserimento lavorativo nel-la società maggioritaria ma anche del desiderio di cambiamento pur restando fedeli alla loro zin-garità, che continua e si sviluppa nelle nuove generazioni.E noi gadjè con loro ci auguriamo “Lacio drom” buon cammino sì …, ma INSIEME!

Carla OsellaPresidente nazionale

Associazione Italiana Zingari Oggi (A.I.Z.O.)

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Il mistero di una storia

Le origini del popolo rom e sinto sono rimaste per secoli misteriose essendo una popolazione

senza scrittura. La loro storia è stata raccontata attraverso documenti storici di altri popoli. La loro

presenza inizia ad essere documentata in Europa solo verso il 1400.

Scrive Ludovico Muratori, l’arrivo degli insoliti viaggiatori a Bologna: “Al dì 22 luglio 1422 venne

in Bologna un Duca di Egitto, il quale aveva nome Andrea e venne con donne, putti ed uomini

del suo paese e potevano essere ben cento persone.

Esso Duca disse al detto Re di voler ritornare alla fede cristiana e così si battezzò con alquanti di

quel popolo e furono 400 uomini.

Quei che non si vollero battezzare furono morti, dopo di ché il Re d’Ungheria li ebbe presi e ribat-

tezzati, volle che andassero per il mondo sette anni, e che dovessero andare a Roma dal Papa e

poscia tornassero in loro paese. Avevano un decreto del Re di Ungheria, che era imperatore, per

vigore di cui essi potevano rubare per tutti i sette anni per tutto dove andassero, e non potesse esse-

re fatto loro giustizia.

Sicchè quando arrivarono a Bologna , alloggiarono alla porta Galliena dentro e fuori, e dormi-

vano sotto i portici, salvo che il Duca alloggiava nell’albergo del Re.

In quel tempo molta gente andava a vederli per rispetto della moglie del Duca che sapeva indovi-

nare e dire quello che una persona doveva avere in sua vita, e anche quello che aveva al presen-

te, quanti figlioli e se una femmina era cattiva o buona e altre cose assai diceva il vero”.

E ancora scrive di loro frate Gerolamo da Forlì il 7 agosto 1422, nel suo chromcon “…l’ho subi-

to detto che erano dell’India”.

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Dalla simpatia alla persecuzione

All’inizio furono accolti con simpatia dalle popolazioni sedentarie, nel medioevo il nomadi-

smo era ben accettato perché rivestiva un carattere religioso e migliaia di pellegrini si spo-

stavano in Europa. Nell’età moderna con la nascita delle grandi monarchie nazionali videro

nello stile di vita dei nomadi un fenomeno perturbatore ed estraneo all’unità nazionale e

pertanto venne combattuto.

All’inizio, nei loro confronti nel secolo XVI, diffidenza e pregiudizio generarono politiche di carat-

tere punitivo.

Nel 1492, anno della conquista dell’America, Ferdinando D’Aragona dà inizio alle persecuzioni.

“Gli egiziani e i Calderai durante i sessanta giorni seguenti al decreto prendono sede nei luoghi e

servono quei signori che diano loro il necessario e non vadano vagando insieme attraverso i regni;

oppure che in capo a questi sessanta giorni escano dalla Spagna sotto pena di cento frustate e ban-

do perpetuo per la prima volta, e che si taglino loro le orecchie e stiano sessanta giorni alla cate-

na, e vengano nuovamente banditi una seconda volta se venissero presi”.

Tutti gli stati europei emanarono editti e decreti contro di loro, la Germania tra il 1410 e il 1774

aveva promulgato ben 148 leggi e decreti.

Le ordinanze di persecuzione non diedero le soluzioni sperate.

Iniziarono con Maria Teresa d’Austria le politiche di assimilazione, cercando di estinguerli come

gruppo etnico attraverso il progetto “nuovi magiari” che proibiva il matrimonio tra di loro, l’uso

della loro lingua, di vivere le tradizioni e indossare i tipici abbigliamenti; i bambini vennero tolti

alle famiglie e affidati ai contadini perché li educassero alla vita “civile” ma gli “Egiziani” si ribel-

larono e incominciarono a viaggiare.

Questa politica continuò con Giuseppe II d’Austria, Carlo III di Spagna e anche l’Inghilterra

seguì le loro scie, ma anche questa politica non risolse i problemi di chi desiderava assimi-

larli con la forza.

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Da nomadi a sedentari

Nomadi per secoli, negli anni novanta il popolo delle ruote, i figli del vento come spesso vengo-

no definiti rom e sinti, abbandonano quasi tutti il nomadismo e scelgono per vari motivi la seden-

tarizzazione.

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“L’Europa in cui viviamo non ha nulla a che vedere con l’Europa che ci accolse secoli fa. I vimi-

ni sono stati sostituiti dalla plastica e c’è stato il “disgelo”. Da un lato all’altro del Danubio i cit-

tadini programmano il loro futuro con la convinzione di essere “complici” dello stesso, sentendo-

si partecipi della propria speranza”

da “Fondamento del pensiero zingaro oggi”

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“… Un giorno i nostri giovani dovranno risvegliarsi in una società nella quale si rispettino le

minoranze, impedendo le sue differenze culturali e favorendo la divulgazione e la conoscenza

delle stesse. L’arcobaleno ha i colori dei gitani”

da “Fondamento del pensiero zingaro oggi”

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“Non stiamo lottando oggi per diritti vaghi ed astratti, ma per un miglioramento concreto, quan-

to rapido del nostro stile di vita. A cosa ci servirebbe mandare i nostri figli in una scuola integra-

ta, se le entrate famigliari sono insufficienti a comperare loro l’equipaggiamento? A che cosa ser-

virebbe avere un permesso di trasferirci in un quartiere integrato, se non lo possiamo fare perché

siamo disoccupati o perché abbiamo un lavoro mal remunerato e senza futuro?”

Martin Luther King, leader del movimento pacifista degli Stati Uniti

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La sedentarizzazione porta al cambiamento soprattutto nel settore del lavoro.

I vecchi mestieri del passato: allevare, vendere i cavalli, … non sono più vantaggiosi.

Chi compera le pentole fatte di rame?

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“Abituati al lavoro autonomo da sempre, scegliere di lavorare da terzi è un percorso difficile, un

cambiamento che porterà sicuramente una rivoluzione nelle tradizioni secolari del nostro popolo”

Juan De Dios Ramirez Heredia, già eurodeputato al Parlamento europeo.

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“Portiamo l’Europa dentro e ci sentiamo tanto eredi della pittura di Matisse o della musica di

Tchaikowski come la Sorbona. Siamo gli amanti di Shakespeare o di Lorca; i commercianti di

Stendhal o i sogni di Byron. Ci sentiamo “dentro” a Pasolini, a Sartre o Ibsen. Siamo i parenti

poveri del piano Marshall e abbiamo sofferto come nessun altro il Muro di Berlino. Congeliamo

quando l’Europa gela”

da “Fondamento del pensiero zingaro oggi”

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Il lavoro credo sia importante perché ti inserisce nella società, conosci altre persone e si cambia-

no certe abitudini.

Noi rom siamo ancora troppo tradizionalisti. Lavorando, capiamo anche cose diverse, acquistia-

mo qualche abitudine dei gadjè; adesso ho delle amiche italiane, non solo zingare.

Ci sono dei gadjè che vivono con mille euro al mese, per un rom non è possibile dar da mangia-

re a tutta la sua famiglia perchè deve fare troppi sacrifici; forse qualcuno di noi si può acconten-

tare di quella cifra, ma non tutti.

Jasminka

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Sono tornata a scuola dopo tanti anni perché era necessario il diploma di terza media per il lavo-

ro. Ho frequentato le elementari andando da una scuola all’altra perché i miei genitori giravano

con le giostre. Quando sono arrivata alle medie ero già stanca della scuola, se prima con due o

tre maestre era una fatica, con tanti professori era ancora più difficile. Nonostante i miei fossero

contrari smisi di frequentare al primo quadrimestre del primo anno; passarono alcuni anni, ma

l’antipatia per la scuola restava. Finché dopo i diciotto anni decisi di frequentare la scuola dove

operano dei volontari per i sinti (A.I.Z.O. ndr) e frequentando alcuni giorni alla settimana per

nove mesi riuscii a sostenere gli esami. Devo dire che avevo un po’ di paura per gli esami, quan-

do mi trovai davanti alla commissione cominciai a parlare e a spiegare perché una sinta non va

più a scuola, ma è anche capace di ritornarci quando lo crede necessario.

Sono stata promossa a giugno ed ora i miei hanno avviato la pratica per ottenere la licenza per un

mestiere, adesso che sono grande capisco quanto sia necessario andare a scuola regolarmente.

Nichol

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Fare la mediatrice

Da cinque anni faccio la mediatrice con i bambini rom del mio campo, tutte le mattine li vado a

svegliare, a volte fanno finta di non sentire e devo bussare alla porta della baracca parecchie vol-

te. Vado ad aspettare lo scuolabus all’ingresso del campo e raduno tutti i bambini, appena arriva

salgono tutti sul pullman, devo fare attenzione che non si spingano e si facciano male.

Quando il bus parte bisogna stare ancora più attenti perché qualcuno è molto vivace e passa sot-

to i sedili o tira i capelli agli altri bambini.

Poi o io o mio marito, che lavora con me, scriviamo sul foglio le presenze, che diamo alla gagì del-

l’A.I.Z.O. che le manda al Comune, perché vuole sapere sempre chi va a scuola.

Ci fermiamo in tutte le scuole dove sono iscritti i bambini, li accompagniamo in classe e ascoltia-

mo le maestre se mandano a dire qualcosa alle famiglie.

A volte vanno in gita, bisogna portare i soldi, altre volte c’è l’assemblea e devono andare per le 11

e altre cose.

Finito il giro torniamo a casa, preparo da mangiare, guardo i miei nipotini più piccoli, finchè

non arriva il tempo di ripartire.

Andiamo ad aspettare lo scuolabus alla scuola più vicina e li riportiamo a casa.

Fare la mediatrice è un lavoro duro e difficile! A volte sono stanca perché sono vecchia, ma lo fac-

cio volentieri perché così posso continuare ad avere il permesso di soggiorno e i soldi ci servono

per pagare le spese.

Zlata, 60 anni

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Vendere al balöon

Il balöon è il caratteristico mercato torinese, nel cuore della casbah, poco lontano da “Porta Pila”,

dove si ergono maestose le Porte Palatine. Colorato, originale, curioso, affascinante, puoi trovar-

ci tutto: dalla vecchia radio anni ‘50 alle raccolte di giornali del periodo della guerra, al cellulare.

Fino a quarant’anni fa si parlava esclusivamente piemontese, ora le lingue sono diverse, negli anni

novanta hanno cominciato a comparire timidamente i rom, le donne con i loro vestiti colorati e

il diclò che le copriva il capo. Poi più numerosi, anche se con il tempo i loro colori sono quasi

spariti, si sono adattate, abiti lunghi, ma con i colori analoghi a quelli dei loro clienti.

Vendono tutto ciò che riescono a recuperare: vestiti, scarpe ma anche piccoli oggetti trovati qua

e là durante la settimana.

Fadila è una di queste venditrici che per ottenere il “suo” posto, alle tre del mattino è già qui,

“quando non fa freddo dormo qui così sono certa di poter lavorare, tanti arrivano tardi e devono

tornare indietro, - spiega con un gesto giocoso delle mani - e questo vuol dire niente soldi per

mangiare. Noi abitiamo in questo quartiere e per noi è più facile…”.

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“Molti rom e sinti soffrono di discriminazioni occupazionali perché nessuno offre loro un posto di

lavoro. Constatiamo con dolore e con amarezza come ancora oggi esista una sfiducia generalizza-

ta verso di noi, quando ci viene offerta un’attività occupazionale. Di fronte all’alternativa di far

lavorare uno zingaro o un gagio, generalmente si continua a scegliere il secondo. Questo fenomeno

di selezione discriminante ha come effetto che noi svolgiamo solo i lavori che i gadjè rifiutano”

da “Fondamento del pensiero zingaro oggi”

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“…Incuranti dei confini i rom e i sinti sono di casa in tutta Europa. Sono ciò che noi proclamia-

mo di voler essere: cittadini d’Europa”

Gunter Grass

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“È necessario investire tempo e denaro nell’educazione dei nostri bambini, perché è la migliore

garanzia per ottenere un giorno le nostre uguaglianze e dignità alle quali aspiriamo”

da “Fondamento del pensiero zingaro oggi”

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Ogni giorno quando non piove vado con mia moglie e mio figlio a raccogliere il ferro nelle fab-

briche, nella zona ci conoscono e quando hanno qualcosa lo mettono da parte.

Il signor Giacomo è gentile con noi perchè anche il suo papà “aiutava gli zingari” e così fa anche lui,

io mi ricordo suo papà, era un signore magro e si fermava a parlare con me, anche se ero bambino.

In cambio del ferro noi gli regalavamo una pentola di rame, ora nessuno nel campo fa più le pentole.

Si impara da bambini, tutti eravamo capaci ad usare le forbicione per tagliare il rame ed usare

il martello, a piegare i bordi con la punta del martello, a fare i chiodi; era tutto diverso una vol-

ta, adesso nessuno fa i chiodi con un pezzo di rame. Un giorno ne ho parlato con mio figlio e mi

ha detto “ma papà sono cose vecchie, noi dobbiamo guardare avanti”; sono rimasto sorpreso ed

anche un po’ male, i tempi cambiano per tutti …, non so se è un bene, ma è così.

Dani

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“Se non sono io per me,

chi sarà per me?

e quand’anche io pensi a me,

che cosa ero io?

E se non ora quando?”

Dal talmud Rabino Hillel

Le massime dei Padri

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Cosa sogno

Sogno di avere una casa, dei figli, un bravo marito, una buona suocera.

Per me lavorare è importante, ma non come avere una famiglia, a me basta lavorare nei cantie-

ri o in una cooperativa di pulizie.

Ho parlato con delle ragazze italiane della mia età che pensano in maniera diversa da me, a nes-

suna di loro piace fare le pulizie e pensano che è un lavoro svolto solo dagli stranieri che non tro-

vano nient’altro da fare, può darsi!

Secondo me loro vogliono un lavoro per comandare, dirigere altre persone; a noi basta la nostra fami-

glia, il lavoro ci serve per mangiare, pagare le tasse, la benzina, qualche vestito ai nostri bambini.

Simona, 15 anni

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Lavorare lavorare

La gente quando mi vede per la strada a chiedere la carità mi dice “sei giovane, va a lavorare!”

ma io lavoro!

Mi alzo presto al mattino, accendo la stufa perché quando i miei bambini si alzano trovino la

baracca calda, preparo il caffé, poi li sveglio e li preparo perché possano andare a scuola. Quan-

do loro sono partiti sullo scuolabus, con mia cugina vado a manghel in centro; a volte trovo per-

sone che si fermano a parlare con noi, altre volte ci dicono brutte parole, noi facciamo finta di

niente, sono ormai abituata… lavorare, lavorare!

Lavorare va bene, ma io ho otto figli e per una donna accudirli tutti è già un lavoro, vorrei vede-

re quante gagì con tutti quei figli riescono ad andare a lavorar; il manghel mi prende la matti-

nata ma con i soldi posso comprare qualcosa da mangiare.

Per lavorare ci vogliono i documenti, io sono bosniaca e sono nata qui, ma ho solo sempre un cer-

tificato di nascita, e non sono mai riuscita ad avere il passaporto. Senza permesso di soggiorno

non si può lavorare, forse un giorno ci riuscirò, forse un giorno avrò anche la cittadinanza ita-

liana e andrò a giurare dal gagio (giuramento di fedeltà alla Costituzione n.d.r.) per diventare

una italiana, o forse non lo sarò mai. Ciò che importa è che i miei figli stiano bene di salute e pos-

sano avere una vita migliore della mia, questo io chiedo a Dio ogni giorno.

Selma, 26 anni

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Non perdere il treno del futuro

Quando ero piccola e andavo a scuola, sognavo di diventare un avvocato, perché ne conoscevo

uno che veniva al campo quando c’erano dei problemi.

Era molto stimato da tutti quando vinceva le cause, e quando perdeva lo guardavano male, ma

la colpa non era sua, ma dei giudici.

Volevo fare l’avvocato perché volevo difendere la mia gente, volevo aiutarli ma con il tempo ho

cambiato idea, la mia famiglia voleva che mi sposassi e ho dovuto farlo, mio marito voleva dei figli

e sono nati i nostri bambini, per mantenerli ci volevano soldi, e io dovevo procurarli andando a

rubare. Ora i miei figli vanno a scuola e io cerco di spingerli a studiare anche quando non han-

no voglia, capisco che la scuola è un bene per loro e non dobbiamo averne paura, molti rom inve-

ce la disprezzano perchè dicono che a noi non serve la scuola. È difficile, ma è una possibilità.

È come un treno, se lo prendi ti porta da qualche parte, altrimenti se lo perdi resti sempre come

prima.

E noi non vogliamo restare come prima, le cose sono cambiate e anche noi vogliamo cambiare.

Jasmina, 28 anni

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Il tutor

Il tutor… sì, c’è una bodyguard … un’educatrice che di qua e di là mi dà una mano.

Mi ha trovato un lavoro. Tutti ne parlavano e allora ho detto lo faccio anch’io. Poi quando ho

avuto dei problemi lei c’era sempre.

Voglio lavorare perché voglio essere a posto…non voglio essere come gli altri che quando devono

mangiare vanno a rubare. Voglio poter camminare sempre con il petto avanti. Poi posso mettere

i soldi da parte e comprarmi una casa al Paese, così per far vedere come sono diventato.

Il lavoro è importante anche per i documenti, i soldi e così mi posso mettere a posto con tutto.

Prima lavoravo con mio padre, raccoglievo il ferro, andavo un giorno ogni tanto ma non mi pia-

ceva. Fare il meccanico mi piace… è divertente rompere e aggiustare. Poi dove lavoro mi tratta-

no bene e mi diverto.

Valentino, 17 anni, bosniaco

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INTERVISTA

A questa intervista hanno partecipato 5 persone tutte di origine romena.Si sono riscontrate alcune difficoltà, soprattutto conseguenti alla loro non conoscenza dell’italiano.

1. Cosa sai del progetto Equal?• So che serve per il lavoro, prima sono andata in ufficio di Equal poi al centro per l’impiego… poi

mio tutor mi ha trovato lavoro ma all’inizio è tirocinio di 3 mesi…. (romnì romena, 30 anni)• Equal è un aiuto che ti aiuta per stare con la gente, insegnarti a lavorare, essere respon-

sabile sul lavoro, soprattutto inserirti in tutti i tipi di lavoro; hai un tutor che ti segue, titrova lavoro, ti apre una buona amicizia con le colleghe e con i responsabili. Soprattuttoti aiuta a mantenere la tua famiglia, ti aiuta ad essere una persona culturale, e ti fa inse-gnare a vivere una vita come tutte le persone che lavorano. Sono fiera del mio lavoro!Ringrazio le persone che mi hanno aiutato a inserirmi in questo progetto e che mi trovo altrapersona di quella persona che ho vissuto prima in rispetto di mio lavoro e mie colleghe.

2. Perché hai scelto di partecipare?• Perché avevo bisogno di un lavoro. (romnì romena, 30 anni)• Per lavorare. (rom romeno, 50 anni)• Per inserirmi in modo diverso di mio mondo, a vivere come tutte persone che hanno un lavo-

ro, una casa, una vita tranquilla, un responsabile di lavoro e soprattutto il lavoro è una vitamigliore per la persona che lavora, per i figli, le famiglie e vivere come tutto il mondo.

3. Quali sono secondo te le cose positive di questo progetto, ci sono delle attività in cui iltutor ti è stato d’aiuto?

• Senza questo progetto non riuscivamo a trovare un lavoro. (rom romeno, 23 anni)• Mia tutor mi ha aiutato per trovare un lavoro, per vedere autobus, come arrivare al lavo-

ro, quali mezzi…. ( romnì romena, 30 anni)• Che sei inserito in un tipo di lavoro che un domani avrai un lavoro per sempre; cambia-

re la mia vita e la vita dei miei figli che posso vivere la vita più bella di quella che vivevoprima, nella fiducia che ho in lui tutor e ho fiducia in tutti i sensi.

4. Avevi già lavorato prima e com’era andata?• In Italia da un anno non avevo mai trovato un lavoro. In Romania ho sempre lavorato.

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• In Romania ho lavorato 25 anni. (rom romeno, 50 anni)• Qui non ho avuto altre possibilità di lavoro. (romnì romena, 30 anni)• In Italia ho lavorato 2 mesi e non mi hanno pagato, mi ha promesso i soldi e poi niente,

ero in nero…. ( rom romeno, 56 anni)• Si, mi trovavo bene ma senza tutor non avevo nessun aiuto, nessuna sicurezza.

5. Secondo te il lavoro è importante? Perché?• Il lavoro è importante senza non puoi vivere. (romnì romena, 30 anni)• Si, in tutti i sensi, ti tiene per andare avanti, avere una vita normale, ed essere indipen-

dente con lavoro che fai.

6. Hai mai perso una possibilità di lavoro solo perché sei rom? Secondo te perché?• Al lavoro tutti si comportano normale. (romnì romena, 30 anni)• Non ci sono problemi.(rom romeno, 50 anni)• Si, perché la gente pensavano che non puoi essere responsabile se sei rom, perché i genti

hanno paura di noi rom e dicono che sono ladri, che non puoi trovare con loro amicizia,che non siamo culturali. E invece rispettiamo tutti, sappiamo essere educati, gentili, anchenoi abbiamo un po’ di cultura e possiamo essere responsabili su loro.

7. Ti sei mai sentito guardato/trattato diversamente dai tuoi colleghi e/o capo? Ti ha datofastidio?

• Sono andata a scuola. Certo che andare a scuola ti aiuta per lavorare. Sai leggere e scri-vere, sai fare un lavoro. (romnì romena, 30 anni)

• Tutti dovevano andare a scuola, era obbligatorio per tutti… in Romania fai la scuola perlavorare. (romnì romena, 45 anni).

• No, a me no, perché a me da qualsiasi parte ho lavorato tutti mi vogliono bene, che io man-gio, bevo, fumo tutti mi vogliono bene, chiacchiero con loro, mi rispettano e io li rispetto.

8. Sei andato a scuola? Pensi che andarci possa aiutare a trovare lavoro? • Si, fino terza media.• Si, senza scuola non puoi trovare nessun lavoro.

Se hai più scuola avrai tutte le porte aperte. E se sei responsabile sul lavoro e educata eamica delle colleghe, con chi passi la giornata poi ti apriranno tutte le porte.

9. Alla tua famiglia piace il lavoro che fai?• Si, sono tutti contenti e d’accordo: marito e figli.

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10. Riesci ad occuparti della tua famiglia lavorando? Come?• Riesco abbastanza ad organizzarmi perché tutte le madri e i padri hanno figli e trovano

tempo per educare, mandare a scuola, fare la lavatrice, cucinare…..Soprattutto devono essere genitori in gamba; se si vuole vivere una vita normale il tempoper questo si trova sempre!Andare a rubare non voglio e non sono capace.Sopratutto voglio che i miei figli quando finiscono la scuola si inseriscano in un mondocome tutti, che non vanno a rubare e soprattutto non fanno le stupefacente.Ho lavorato sempre e ho guadagnato un pezzo di pane per i miei figli con mio sudore enon con sudore degli altri.Vent’anni che sono in Italia e mai sono stata in carcere.

11. Quali sono i lavori tradizionali dei rom, e secondo te quale futuro hanno?• I miei padre e madre lavoravano in fabbrica e poi con banco di frutta e verdura in Jugo-

slavia. Poi hanno lavorato ad Aosta vendendo fiori.Mio fratello e sorella lavoravano in impresa di pulizie.Come culturale io non mi riconosco nella ragazza ferro, o che fanno rame, o che fannopizzi e li vendono….Chi ha voglia di cambiare la sua vita vuole inserirsi in una vita normale ed essere respon-sabile può continuare quei lavori ma tutto dipende dal carattere e dalla responsabilità del-la persona.Se vuoi restare poveraccio, lo resterai.Se vuoi lavorare il lavoro ti cambia la vita.

12. Cosa ti piacerebbe fare nel futuro?• Non ti parlo per me, per tutti, quando prendo un lavoro fisso con 8 ore prendo una casa.

(romnì romena, 30 anni)• Vivere in modo normale come tutti per stare tranquillo. (rom romeno, 23 anni)• Avere lavoro fisso, casa e avere un futuro sistemato per me e per i miei figli, niente di più

dalla vita!Lasciare la mia cultura di rom indietro e prendo la cultura come tutte le persone del mon-do. Io non mi sento italiana, ma neanche rom. mi sento una persona normale che vuoleuna vita tranquilla.Che i figli prima cosa finiscano la scuola, prendono diploma di qualsiasi lavoro, inseri-scano in mondo di lavoro.Avere casa, famiglia, lavoro….

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13. Quanto ti ha aiutato a vivere in una casa nel tuo percorso lavorativo? Perché? • Non hanno dato nessuna risposta.

14. Vivere in un campo ha influenzato il tuo inserimento lavorativo? Perché? • Certo se lavori e vivi in un campo non è bene. Hai bisogno di fare la doccia, di tante cose.

(romnì romena, 30 anni)

15. Hai dovuto modificare degli aspetti per te importanti (vestiti, abitudini…) per fare illavoro che ti è stato proposto? Come hai affrontato il cambiamento?

• Non è importante come vesti, ti fai vestire per te non per gli altri, è normale che se vuoilavorare devi essere sempre pulita, ordinata, non puoi avere i gonnelloni.Non è per accettarmi!Mi danno fastidio questi che sono tutti sporchi, mangiano per terra, puzzano e io non sonocosi. E poi per forza mi vergogno io non sono come loro. Non mi trucco perché sudo, mami lavo, mi faccio doccia…(mi mostra profumo e deodorante che porta sempre con se nel-la borsa del lavoro)…non è la razza, anche se sei rom tienti pulita, e puliti i bambini,lavali. Loro ci fanno rovinare la reputazione.Io non rubo, tu rubi; io lavo, tu sei sporca…detersivi e acqua in Italia non costano tanto,tienti un po’, non dare la soddisfazione alla gente che ti ride in faccia…. Chi li accetta alavorare in questo punto…nessuno.Se devo cambiare per esempio come le scarpe anti… (antinfortunistica n.d.r.), se tuttirispettano le regole, se è obbligatorio, li metterò.Mi metto i pantaloni perché se no non va bene, e stai bene, sei fresca, comoda e semprepulita e ordinata.Quello che fanno loro faccio anch’io perché non voglio essere diversa. Facciamo tutte ecosì è bene.

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DIAMO SPAZIO AI DATORI DI LAVORO

5 domande a GIOVANNI PALLOTTICOORDINATORE ENPA TORINO

D: «Giovanni, di cosa si occupa l’Ente Nazionale Protezione Animali di Torino?»R: «Noi gestiamo il canile di via Germagnano, ma facciamo anche pronto intervento veterinario espesso ci troviamo a gestire emergenze relative ad animali abbandonati, in particolar modo i cani»

D: «Qual è la mansione di Marcello?»R: «Il nostro Marcello lavora nel canile con grande impegno e dedizione. Si occupa di pulire i boxdei cani, taglia l’erba delle aiuole, si occupa della distribuzione dei pasti agli animali.»

D: «Sei soddisfatto quindi del suo lavoro…»R: «Come potrei non esserlo! Come ho già detto si impegna moltissimo, è paziente, e, cosa da nonsottovalutare, ha un ottimo carattere e si intende a meraviglia con i volontari che operano qui nelcentro.»

D: «Chi è Marcello?»R: «Una persona semplice, onesta e pulita. Abita in Lungo Stura Lazio ed il suo sogno è quello ditrasferirsi dalla roulotte ad un alloggio di edilizia popolare. Ci tengo a sottolineare che è conten-to del suo lavoro, e lo vive con passione davvero encomiabile.»

D: «Allora Marcello è “promosso”…»R: «Mi sembra il minimo. Questa esperienza con lui è stata davvero positiva, mi piacerebbe poter-la ripetere….»

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5 domande a CARLO OLIVACENTRO DIURNO PER DISABILI-MERCATINO DELL’USATO

D: «Come funziona il vostro Centro e quali sono le vostre attività?»R: «Il nostro è un centro diurno per disabili, ed ha quindi la funzione principale di favorire l’in-serimento nella società. Il mercatino dell’usato è uno degli ambiti lavorativi in cui i disabili lavo-rano, ma abbiamo anche laboratori di falegnameria, pittura e fai da te.»

D: «Di cosa si occupa Franco?»R: «Segue i nostri ragazzi nelle loro attività pratiche e nei loro spostamenti. Ha un ottimo rappor-to umano con ognuno di essi, e li aiuta a compiere le mansioni a loro assegnate.»

D: «Quindi l’inserimento di Franco nei gruppi di lavoro è un esperimento riuscito…»R: «Direi proprio di si, è una persona puntuale e ha buone referenze. E poi per noi conta la suasensibilità, dote fondamentale per compiere al meglio il suo lavoro di sostegno.»

D: «Che cosa sai di Franco, dove vive?»R: «Franco è un padre di famiglia, e ha ben 5 figli da mantenere. Vive in una baracca del camponomadi di strada Aeroporto a Torino e vorrebbe abitare in una casa popolare. Mi pare abbia giàpresentato domanda…»

D: «Come giudichi questa esperienza?»R: «Ottimamente direi. Sono soddisfatto del lavoro svolto da Franco e mi piacerebbe continuassea collaborare con noi, magari anche full time.»

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5 domande a ALDO ALLOCCACHIERI-SOCIETÀ COOPERATIVA SOCIALE a.r.l.

D: «Aldo, di cosa si occupa principalmente la vostra Cooperativa?»R: «Noi ci occupiamo prevalentemente di pulizie di uffici, capannoni industriali, facchinaggio emanutenzione di aree verdi.»

D: «Come e dove avete inserito Jasmina?»R: «Noi abbiamo un appalto per la pulizia degli uffici zonali delle Poste Italiane, e Jasmina è sta-ta inserita in questa tipologia di mansione.»

D: «Come ha lavorato?»R: «Piuttosto bene direi. Dopo alcune difficoltà iniziali, peraltro superate con impegno, la signorasi è dimostrata un’ottima lavoratrice. Viene apprezzata soprattutto per l’impegno che mette nelsuo lavoro quotidiano.»

D: «Chi è Jasmina?»R: «Una madre di famiglia. Vive a Moncalieri in strada Brandina, ed è felice di essere una fonte disostentamento per i suoi figli.»

D: «Senti Aldo, come giudichi complessivamente questa esperienza?»R: «In modo positivo, senza dubbio. Volentieri ripeterei l’iniziativa, anche con più di una noma-de: siamo rimasti contenti dell’operato di Jasmina, ora abbiamo la prova tangibile che anche i rompossono inserirsi in un percorso di lavoro. Basta dar loro fiducia.»

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