Libro antico Una questione di testa o di cuore? · manuale dei caratteri tipografici e...

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Il bene di un libro sta nell’essere let- to. Un libro è fatto di segni che par- lano di altri segni, i quali a loro vol- ta parlano delle cose. Senza un oc- chio che lo legga, un libro reca segni che non producono concetti, e quin- di è muto. Questa biblioteca è nata forse per salvare i libri che contiene, ma ora vive per seppellirli... 1 con queste parole Guglielmo da Baskerville, il dotto frate france- scano nato dalla penna di Umber- to Eco e protagonista del romanzo Il nome della rosa, impone all’at- tenzione del lettore una riflessione sul significato del libro come og- getto fisico e come veicolo di sa- pere ed informazioni, al quale sono connaturate rispettivamente la ne- cessità di tutelarlo e di utilizzarlo. Il “dualismo” conservazione/fruizio- ne ha segnato e segna tuttora mar- catamente il dibattito e le riflessio- ni sui servizi delle biblioteche e la professione dei bibliotecari: la cor- retta conservazione del materiale è la condizione necessaria perché esso possa essere reso consultabi- le e pienamente fruibile, e pertan- to riguarda ogni istituzione biblio- tecaria, a prescindere dalla natura e dalle funzioni che le sono pro- prie, e dalla tipologia dei supporti e dei documenti che costituiscono il suo patrimonio. 2 Tuttavia, uno degli ambiti in cui più prepotentemente si manifesta- no le contraddizioni di due ap- procci che in un certo senso si li- mitano a vicenda è quello ascrivi- bile alle biblioteche storiche e alla gestione del libro a stampa antico. La prima, doverosa precisazione ri- guarda la definizione dell’oggetto: troppo spesso, infatti, quell’aggetti- vo “antico” si porta dietro concetti che non sempre coincidono con la realtà: l’antichità può evocare il senso della fragilità, della rarità, della preziosità, tanto per stare alle considerazioni più immediate ed elementari, 3 mentre è ben noto che l’espressione “libro antico” va ri- condotta ad un significato tecnico, finalizzato a richiamare semplice- mente la modalità produttiva, ovve- ro un processo di composizione manuale dei caratteri tipografici e l’impressione dei fogli mediante l’uso di un torchio, esso pure azio- nato manualmente, e che compren- de un arco cronologico molto lun- go, dalla metà del Quattrocento a ben oltre l’inizio dell’Ottocento. 4 Libro da analizzare, per le sue ca- ratteristiche fisiche e per il conte- nuto che veicola, libro da proteg- gere e gestire, libro da leggere e maneggiare: sono tre anime, tre differenti identità che si compene- trano e coinvolgono figure diverse – lo studioso, il bibliotecario, il let- tore generico – ciascuna portatrice di un’esigenza da rispettare. Que- sta peculiarità naturalmente riguar- da ogni libro, dal più antico a quel- lo contemporaneo. La conflittualità, almeno apparente, di queste tre nature, nel libro anti- co viene enfatizzata dalla sua mul- tiforme materialità e dalla sua data- zione, elementi che inevitabilmen- te richiamano come doverosa una speciale attenzione nel conservarlo e gestirlo. Per quanto ci si trovi di fronte ad oggetti creati sostanzial- mente mediante il medesimo pro- cesso produttivo, è molto difficile considerare come tecnicamente af- fini, ad esempio, edizioni stampate rispettivamente nel XV e nel XIX secolo. Quella partizione conven- zionale che vuole classificare i libri stampati in base al secolo in cui so- no stati prodotti, e tuttora larga- mente in uso soprattutto nei cata- loghi cartacei, affollati di incunabo- li, cinquecentine, seicentine ecc., per quanto sia nata con la funzio- ne dignitosissima di razionalizzare e schematizzare una produzione ampia ed effettivamente estesa su un arco di cinque secoli, ha avuto anche l’effetto di creare una sorta di involontaria “gerarchia”, in base alla quale i libri cronologicamente più antichi appaiono come quelli “degni” di una maggiore attenzio- ne. 5 Se si guarda alla produzione di cataloghi di edizioni antiche stampati in Italia, una prova incon- futabile è rappresentata dalla pro- porzione numerica tra strumenti aventi come oggetto edizioni incu- nabole e del Cinquecento, 6 e quel- li relativi alle edizioni prodotte nei secoli successivi, che vede i primi come nettamente prevalenti: se ne- gli ultimi anni sono state avviate al- cune importanti iniziative in ambi- to repertoriale per il Seicento, 7 per il Settecento e l’Ottocento ci sono ancora interventi troppo sporadici Cristina Moro Dipartimento di Storia Università degli studi di Pisa [email protected] 43 Libro antico Biblioteche oggi dicembre 2007 Una questione di testa o di cuore? Il libro antico tra conservazione e uso*

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Il bene di un libro sta nell’essere let-to. Un libro è fatto di segni che par-lano di altri segni, i quali a loro vol-ta parlano delle cose. Senza un oc-chio che lo legga, un libro reca segniche non producono concetti, e quin-di è muto. Questa biblioteca è nataforse per salvare i libri che contiene,ma ora vive per seppellirli...1

con queste parole Guglielmo daBaskerville, il dotto frate france-scano nato dalla penna di Umber-to Eco e protagonista del romanzoIl nome della rosa, impone all’at-tenzione del lettore una riflessionesul significato del libro come og-getto fisico e come veicolo di sa-pere ed informazioni, al quale sonoconnaturate rispettivamente la ne-cessità di tutelarlo e di utilizzarlo. Il “dualismo” conservazione/fruizio-ne ha segnato e segna tuttora mar-catamente il dibattito e le riflessio-ni sui servizi delle biblioteche e laprofessione dei bibliotecari: la cor-retta conservazione del materiale èla condizione necessaria perchéesso possa essere reso consultabi-le e pienamente fruibile, e pertan-to riguarda ogni istituzione biblio-tecaria, a prescindere dalla naturae dalle funzioni che le sono pro-prie, e dalla tipologia dei supportie dei documenti che costituisconoil suo patrimonio.2

Tuttavia, uno degli ambiti in cuipiù prepotentemente si manifesta-no le contraddizioni di due ap-procci che in un certo senso si li-mitano a vicenda è quello ascrivi-bile alle biblioteche storiche e alla

gestione del libro a stampa antico.La prima, doverosa precisazione ri-guarda la definizione dell’oggetto:troppo spesso, infatti, quell’aggetti-vo “antico” si porta dietro concettiche non sempre coincidono con larealtà: l’antichità può evocare ilsenso della fragilità, della rarità,della preziosità, tanto per stare alleconsiderazioni più immediate edelementari,3 mentre è ben noto chel’espressione “libro antico” va ri-condotta ad un significato tecnico,finalizzato a richiamare semplice-mente la modalità produttiva, ovve-ro un processo di composizionemanuale dei caratteri tipografici el’impressione dei fogli mediantel’uso di un torchio, esso pure azio-nato manualmente, e che compren-de un arco cronologico molto lun-go, dalla metà del Quattrocento aben oltre l’inizio dell’Ottocento.4

Libro da analizzare, per le sue ca-ratteristiche fisiche e per il conte-nuto che veicola, libro da proteg-gere e gestire, libro da leggere emaneggiare: sono tre anime, tredifferenti identità che si compene-trano e coinvolgono figure diverse– lo studioso, il bibliotecario, il let-tore generico – ciascuna portatricedi un’esigenza da rispettare. Que-sta peculiarità naturalmente riguar-da ogni libro, dal più antico a quel-lo contemporaneo.La conflittualità, almeno apparente,di queste tre nature, nel libro anti-co viene enfatizzata dalla sua mul-tiforme materialità e dalla sua data-zione, elementi che inevitabilmen-

te richiamano come doverosa unaspeciale attenzione nel conservarloe gestirlo. Per quanto ci si trovi difronte ad oggetti creati sostanzial-mente mediante il medesimo pro-cesso produttivo, è molto difficileconsiderare come tecnicamente af-fini, ad esempio, edizioni stampaterispettivamente nel XV e nel XIXsecolo. Quella partizione conven-zionale che vuole classificare i libristampati in base al secolo in cui so-no stati prodotti, e tuttora larga-mente in uso soprattutto nei cata-loghi cartacei, affollati di incunabo-li, cinquecentine, seicentine ecc.,per quanto sia nata con la funzio-ne dignitosissima di razionalizzaree schematizzare una produzioneampia ed effettivamente estesa suun arco di cinque secoli, ha avutoanche l’effetto di creare una sortadi involontaria “gerarchia”, in basealla quale i libri cronologicamentepiù antichi appaiono come quelli“degni” di una maggiore attenzio-ne.5 Se si guarda alla produzionedi cataloghi di edizioni antichestampati in Italia, una prova incon-futabile è rappresentata dalla pro-porzione numerica tra strumentiaventi come oggetto edizioni incu-nabole e del Cinquecento,6 e quel-li relativi alle edizioni prodotte neisecoli successivi, che vede i primicome nettamente prevalenti: se ne-gli ultimi anni sono state avviate al-cune importanti iniziative in ambi-to repertoriale per il Seicento,7 peril Settecento e l’Ottocento ci sonoancora interventi troppo sporadici

Cristina MoroDipartimento di Storia

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Una questionedi testa o di cuore?

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e per lo più limitati alla descrizio-ne di fondi piuttosto ristretti.Il fatto che l’approccio al libro an-tico sia marcatamente segnato daldato cronologico ha condizionatoanche la percezione della necessi-tà di tutela; per quanto in genera-le si possa osservare che più un li-bro stampato è antico e meno èstrutturalmente fragile, dal momen-to che i materiali costitutivi e lemodalità di assemblaggio delle e-dizioni divengono via via più sca-denti con l’aumento delle tiraturee per soddisfare necessità di con-tenimento dei costi, il livello di at-tenzione e rigore nella gestione diquesto materiale è tanto più altoquanto più esso è datato.Si tratta del resto di oggetti chehanno attraversato decenni, magarisecoli, e sono giunti fino a noi: libriche con le loro carte fruscianti, ledimensioni minuscole o imponenti,le illustrazioni e le impaginazionipiù varie, le legature più o menoeleganti, esercitano un loro fascinoe al tempo stesso mettono in sog-gezione. I segni, e i guasti, del tem-po possono essere più o meno evi-denti ed è inevitabile che nasca lapreoccupazione di farli durare peraltri decenni, altri secoli, evitandodi porli in condizioni che ne com-promettano l’integrità.Lo scopo da perseguire è dunquequello della durata nel tempo, enaturalmente non è un problemache riguarda soltanto il libro anti-co, ma che anzi a volte si prospet-ta in modo ancora più urgente peraltri supporti delle informazioni: èappena il caso di ricordare, a titolodi esempio, il dibattito sulla con-servazione del digitale.8

Anche per questa ragione nelle bi-blioteche il concetto di conserva-zione, che per lungo tempo si èesplicitato in modo pressochéesclusivo nelle operazioni di re-stauro, ossia nella riparazione didanni oggettivamente riscontrabilisu un documento, si è progressi-vamente articolato proiettandosi

nell’ambito della prevenzione. Leprecauzioni e gli interventi a scopodi tutela hanno interessato sempredi più anche le modalità di gestio-ne, deposito, trasporto, riprodu-zione, uso e molto altro.9

I “vecchi”, si sa, devono essere ri-spettati e difesi. Ma una ragionepiù stringente che impone regoleprecise che disciplinino e garanti-scano la salvaguardia del patrimo-nio librario antico a stampa è lega-ta alla sua natura di bene culturale.Il Codice dei beni culturali e delpaesaggio,10 oltre a fornire la defi-nizione giuridica di bene culturalee a chiarire, per la parte che qui ciinteressa, quale materiale ricondu-cibile al patrimonio librario e docu-mentario è soggetto alle sue dispo-sizioni,11 pone in primo piano pro-prio la questione della conservazio-ne e tutela e del pubblico utilizzo.La difficoltà di creare una relazioneequilibrata fra questi due aspettidella gestione, nel caso specifico,del bene librario emerge dalla so-stanziale imprecisione ed ambigui-tà con cui il testo legislativo ne de-finisce funzioni e svolgimento. Seinfatti uno dei concetti preliminar-mente espresso, e ribadito in piùpunti, è quello che riconduce lafunzione del bene culturale – e diogni intervento tutelativo e di valo-rizzazione che lo coinvolga – allafruizione, nel contempo esso vieneridimensionato da alcune esplica-zioni che pongono come condizio-ne irrinunciabile il fatto che l’utiliz-zo non comporti conseguenze inconflitto con le necessità conserva-tive;12 purtroppo, considerata an-che l’ampiezza della materia a cuisi riferisce, il complesso di normefornisce una serie di indicazionimolto generiche, che non sonod’aiuto per stabilire quali possanoessere effettivamente i confini trauso, tutela, valorizzazione e cometrovare un compromesso.13

Più chiaro è il concetto di conser-vazione. Il Codice ha recepito i ra-dicali cambiamenti che hanno inte-

ressato questa attività con la suaprogressiva estensione alla preven-zione, alla manutenzione e al re-stauro, ma soprattutto ha posto inevidenza come condizione fonda-mentale, per una corretta organiz-zazione di queste attività, la cono-scenza del patrimonio culturale me-diante il suo studio.14 Agli interven-ti di prevenzione si può ricondurreinoltre, come strumento indispensa-bile di una tutela consapevole, l’at-tività di catalogazione dei beni.15

Quando si valutano, nel loro insie-me, gli aspetti gestionali del patri-monio librario antico, la contrap-posizione esistente tra la necessitàdi garantirne la fruizione e quelladi salvaguardarlo emerge con par-ticolare evidenza.Questo avviene perché il libro an-tico è un bene culturale molto par-ticolare, anzi direi che per la suanatura esso potrebbe forse rappre-sentare l’essenza stessa del beneculturale. Il bene architettonico può esserefruito e goduto nella sua dimen-sione spaziale: spesso esso è inte-grato nel contesto urbano e fa dasfondo alla vita delle persone, rap-presenta lo scenario in cui esse simuovono. Il bene artistico evocaimmediatamente l’idea della mu-sealizzazione, e la sua natura piùimmediatamente percepibile èquella di essere conservato per es-sere oggetto di contemplazione. Illibro, sia esso antico oppure no,ha un’esistenza regolata da ben al-tre leggi. Perché se ne possa frui-re, nel senso letterale del termine,ovvero se ne possa trarre giova-mento, esso richiede la manipola-zione fisica; deve per forza esseretoccato, sfogliato, preso in mano,altrimenti non potrà mai essere let-to ed esaminato.Quando un libro viene collocatoin bella mostra in una bacheca,aperto su due pagine sia pure scel-te con cura, esso perde buona par-te della sua valenza di bene cultu-rale, nonché un’altra grande, affa-

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scinante contraddizione che viveal suo interno, e che è rappresen-tata da un lato dall’immobilità del-la lettura, della concentrazionenello studio, e dall’altro dalla ne-cessità di un approccio molto di-namico, che lo vuole aperto, chiu-so, passato di mano in mano.E così, se conservare e fruire sonoelementi che spesso interferisconol’uno con l’altro, entro lo stessooggetto convivono pacificamentestaticità e dinamismo.È proprio a causa di questa condi-zione unica che nelle biblioteche leoperazioni di tutela e i servizi diconsultazione devono essere orga-nizzati con molta attenzione, e ri-chiedono l’adozione di provvedi-menti articolati e flessibili, che oltrea essere compatibili con le esigen-ze dell’utente si adattino alla naturadel materiale. Anche gli interventidi prevenzione, manutenzione erestauro, per usare i termini citatidal Codice dei beni culturali, devo-no essere programmati ed eseguititenendo conto del fatto che il de-stino del libro è quello di esseresoggetto a manipolazioni e che ciòcomporta e comporterà per ognisuo componente – fogli, legatura,inchiostri, illustrazioni ecc. – conti-nue sollecitazioni esterne, a cui sidevono aggiungere i pericoli deifurti e delle mutilazioni dolosamen-te o inconsapevolmente inferte.16

Ma se nessuno si sognerebbe diprotestare perché non può posarela mano su un dipinto protetto daun robusto vetro ed esposto in unmuseo, numerosi sarebbero coloroche, di fronte alla negazione dellaconsultazione – e quindi della ma-nipolazione fisica – di un libro, siapure in nome della sua protezio-ne, si sentirebbero gravemente de-fraudati.Le biblioteche che possiedono fon-di storici si sono trovate perciò, inparticolare negli ultimi anni, a do-ver ripensare il loro ruolo e a indi-viduare nuove strategie di gestionedelle loro attività e del patrimonio

che esse custodiscono. Nel casodelle istituzioni bibliotecarie aventiuna funzione storico-conservativa“pura”, ovverosia i grandi depositidi edizioni a stampa antiche, questocambiamento è avvenuto in modoabbastanza naturale, e si è tradottosoprattutto nell’impiego delle nuo-ve tecnologie, nell’approntamentodi strumenti di consultazione sem-pre più precisi ed affidabili e nel-l’avviamento di progetti di digitaliz-zazione del materiale con lo scopodi ridurre la quantità di accessi di-retti ai fondi e di arrivare a consul-tazioni sempre più mirate.17 Piùuna realtà è specializzata – e questonon vale soltanto per le biblioteche– più essa avrà degli utenti mossida esigenze circoscritte e specifi-che, e in questo caso si tratta, so-prattutto, di mettere a loro disposi-zione strumenti utili a selezionarepreliminarmente il materiale, inmodo da risparmiare tempo e ren-dere le ricerche più efficaci.

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Nelle biblioteche “santuario” ognielemento, dall’organizzazione de-gli spazi, alla disposizione dei ma-gazzini, alla regolamentazione del-l’accesso e delle modalità di con-sultazione del patrimonio, rispon-de a una logica finalizzata a forni-re un servizio altamente specializ-zato e modellato su precise neces-sità di studio e ricerca; ogni attivi-tà è stata concepita per essere ade-guata alle peculiarità del materialeconsultato, e questa impostazioneinevitabilmente comporta e richie-de, che ci piaccia o no, una sele-zione a monte dei suoi frequenta-tori. Questi giacimenti documenta-ri e librari, pur sorgendo in deter-minati contesti urbani e culturali,divengono luoghi depositari diuna memoria universale, in cui leinformazioni e i dati sono destina-ti ad essere perpetuamente utiliz-zati ed analizzati per essere il fon-damento della ricerca storica insenso ampio. Il dovere di assicura-

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re quella durata nel tempo cui hogià fatto cenno condiziona le scel-te gestionali e pone la conserva-zione come condizione essenzialeper garantire la fruizione: l’adozio-ne di regole rigide e restrittive nel-l’uso dei servizi di queste istituzio-ni – purché sempre coerentemen-te applicate – per quanto possa es-sere repellente, resta l’unica solu-zione possibile.La questione si fa più delicata nelcaso di istituzioni bibliotecarie didimensioni medio-piccole in cui,per la presenza di fondi antichimanoscritti e/o a stampa, debba-no convivere, di necessità, le di-verse funzioni e attività di gestio-ne del patrimonio corrente e “sto-rico”. Quest’ultimo infatti costitui-sce una testimonianza preziosadel passato, non soltanto della bi-blioteca, ma anche delle personee del territorio in cui essa si trova.La sedimentazione delle raccolte, iloro movimenti, dispersioni, ac-quisizioni, rispecchiano, con pre-senze e assenze, un contesto cultu-

rale e una memoria storica precisi. Perciò sono soprattutto queste isti-tuzioni, a cui si rivolge un’utenzamolto diversificata e portatrice dirichieste sia generiche, sia circo-scritte a servizi e fondi librari spe-cifici, a dover fare i conti con ilproblema di mediare in modo sod-disfacente le esigenze di uso econsultazione e quelle della tutela,perché in questo caso si tratta diconciliare la preservazione di librie documenti con l’impellenza di at-tingere ad essi per il mantenimen-to di un’identità storica e cultura-le.18 Spesso tali istituzioni non di-spongono di personale e risorseeconomiche sufficienti per predi-sporre strumenti che consentanoall’utente meno esperto di orientar-si nella scelta di materiale “specia-le” come quello antico, o per met-tere a disposizione dei buoni sur-rogati degli originali, come adesempio le immagini digitali: tal-volta la salvaguardia si esplica cosìin una serie di restrizioni alla con-sultazione e alla riproduzione. Ilcontrasto è dietro l’angolo: da unaparte i bibliotecari, con il problemadi far durare nel tempo il materia-le antico e magari pochi mezzi perproteggerlo, dall’altra gli utenti,che rivendicano un indistinto dirit-to alla fruizione, basandosi spessosulla considerazione che un libro èun libro, indipendentemente dalfatto che sia antico oppure no.19

Questa contrapposizione può esse-re in parte chiarita se ci si doman-da a chi serve veramente il libro an-tico. Esso infatti è un oggetto tut-t’altro che facile da usare, non tan-to per supposti problemi di conser-vazione materiale, quanto per lesue caratteristiche grafiche e testua-li: spessissimo veicola testi in lin-gua latina, e quand’anche esso siastampato in volgare, la sua lettura èostacolata dalla forma dei caratteri,dal frequente impiego di abbrevia-zioni e da forme grafiche e di im-paginazione che non agevolano lacomprensione e l’orientamento nel

testo. Per soddisfare generiche esi-genze di lettura e di studio, esso ècertamente l’oggetto meno indicatorispetto alle edizioni moderne, chepresentano una struttura più linearee soprattutto offrono testi più leg-gibili ed aggiornati.20

Se si prova a mettere in mano unlibro antico a un utente “imprepa-rato”, che magari ne ha richiesto laconsultazione semplicemente per-ché lo ha estrapolato dal catalogosenza fare troppo caso ai dati de-scrittivi, è quasi matematico che,dopo avergli dato un’occhiata, que-sti lo restituirà al mittente con uncerto disappunto. Ma allora chi so-no gli utilizzatori del libro antico?21

Coloro che per varie ragioni legateall’esperienza o agli interessi scien-tifici hanno avuto modo di familia-rizzare con questo oggetto fino aconoscerne la struttura fisica, chehanno imparato ad analizzarne einterpretarne i testi e le loro formecosì come sono stati veicolati neisecoli precedenti, che studiano glielementi che lo compongono e locaratterizzano (la carta, i caratteri,le illustrazioni, le legature, le orna-mentazioni ecc.) o la storia dellastampa e la sua evoluzione tecnica.Se effettivamente è vero che il li-bro antico è un oggetto che puònon essere immediatamente com-preso da chiunque, ci si potrebbeporre una seconda domanda, ov-vero se è giustificato negarne de-cisamente la visione a quegli uten-ti che non possiedono le compe-tenze necessarie per desumernedati ed informazioni.La risposta è no: per fare un para-gone estremo, è come se si negas-se a coloro che non si intendono diarte rinascimentale di ammirare undipinto di Botticelli. Come ogni be-ne culturale che si rispetti, anche illibro antico può essere destinato adun uso molto specializzato e con-sapevole che ne implica lo studio el’analisi, o può semplicemente as-sumere un valore di testimonianzastorica e di civiltà, valore che è tan-

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to più importante quando può raf-forzare il senso di appartenenza auna comunità. Come ho già avutomodo di osservare, ciò che rende lecose più difficili è l’impossibilità diconsentire la fruizione del libro “adistanza”, come si può fare con unascultura o un dipinto. Del resto,l’applicazione di norme che regola-no l’utilizzazione del patrimonioantico ha proprio la funzione di in-trodurre misure cautelative e di sta-bilire un accesso controllato.Ma nel caso specifico, quando unbibliotecario si fa interprete in mo-do eccessivamente restrittivo dellenecessità tutelative e conservativedi questi oggetti, giungendo a ne-gare a un utente “generico” difruirne a qualsiasi titolo, si nega lafunzione e l’utilità del bene cultu-rale. È fuor di dubbio che filtrare eselezionare a priori gli utenti diuna biblioteca in cui vive un’animastorica (affidandosi spesso a criteriimprontati al titolo di studio e allaprofessione),22 consente di evitarealcuni problemi di gestione e vigi-lanza, non fosse altro che per il fat-to che con questo sistema si riducedrasticamente il numero dei fre-quentanti e si controlla il “consu-mo” del libro, ma è altrettanto ve-ro che si tratta di un’occasione per-duta, per l’istituzione stessa e percoloro che ci lavorano.Più che negare la consultazionetout court, sarebbe auspicabile cheil bibliotecario intervenisse pereducare gli utenti ad una consulta-zione consapevole, facendosi in-terprete di una delle componentipiù nobili della professione, checonsiste nella mediazione tra il let-tore e il patrimonio librario: il dif-fondersi delle tecnologie informati-che, l’esternalizzazione di moltiservizi, la tendenza a predisporrestrumenti che rendano l’utentesempre più autonomo e che offra-no risorse remote stanno sottraen-do al bibliotecario questa funzione,tuttavia essa può essere ancoraprofondamente attuale soprattutto

per il bibliotecario del libro antico.Settant’anni fa Randolph Green-field Adams, primo direttore dellaClements Library dell’Universitàdel Michigan, scriveva parole cheancora oggi sono di sorprendenteattualità:23

But it must be clear that the librar-ian who has become an imperson-al administrator has disqualifiedhimself for exercising some of themost important functions of his job.Someone else will have to take onthese functions, and it ought to bepart of the training of every librar-ian to see that someone else isequipped to do this work. Bookcollecting and the building-up ofgreat libraries is as much a matterof the heart as a matter of the head.The man who is all heart and nohead would be a very bad li-brarian. But the man who is allhead and no heart is a very dange-rous librarian.

Anche Guglielmo da Baskerville leavrebbe approvate.

Note

* Alcune delle osservazioni contenutein questo testo sono state esposte nel-la relazione dal titolo Conservazioneverso fruizione? Riflessioni per un di-battito sull’uso del libro antico, pre-sentata nel corso delle Giornate distudio sul libro antico “Raccolta ‘mag-giore’ in centro ‘minore’”, San Gimigna-no, 17-18 dicembre 2004. Quella cir-costanza è stata la fortunata occasioneda cui ha avuto inizio uno scambio dicorrispondenza sui temi della consul-tazione e della fruibilità dei fondi an-tichi con Luigi Crocetti, alla cui me-moria dedico questo contributo.1 UMBERTO ECO, Il nome della rosa, Mi-lano, Bompiani, 1980, p. 399.2 L’interesse che negli ultimi anni stariscuotendo il problema della conser-vazione dei materiali ben emerge, adesempio, dall’articolazione del dibatti-to che ha avuto luogo nell’ambito delSalone internazionale dell’arte del re-stauro e della conservazione dei beni

culturali e ambientali di Ferrara con ilciclo di convegni “Conservare il Nove-cento”, giunto nel 2006 al suo settimoappuntamento, i cui atti sono stati re-centementi pubblicati (Conservare ilNovecento: le memorie del libro, attidel Convegno, 31 marzo 2006, a curadi Giuliana Zagra, Roma, AIB, 2007).3 Una critica all’uso comune e spessoinappropriato dell’espressione “libroantico” è stata espressa da Neil Harris(che ringrazio per la segnalazione) neltesto Una noterella politically correctdi terminologia bibliografica, “Nuovainformazione bibliografica”, n.s., 1(2004), 4, p. 853-855.4 Per la definizione tecnica di libro an-tico mi limito a citare lo strumento ma-nualistico italiano più recente: EDOAR-DO BARBIERI, Guida al libro antico. Co-noscere e descrivere il libro tipografico,premessa di Luigi Balsamo, Firenze, LeMonnier Università, 2006, p. 7.5 Le distorsioni della suddivisione cro-nologica per secoli ed alcune osserva-zioni sulla produzione libraria del Sei-cento sono state esposte da Neil Harrisnella sua prefazione al volume Bibliote-ca del Seminario Vescovile, edizioni delXVII secolo, catalogo a cura di SandraFavret, prefazione di Neil Harris,Treviso, Seminario Vescovile-Biblioteca,2006, p. IX-XVII; in particolare p. XIII.6 Per una sintesi “a puntate” della si-tuazione della produzione di catalo-ghi di edizioni soprattutto del Cinque-cento, rinvio alle introduzioni di Neil

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Harris ad alcuni corposi strumenti:Appunti per una logica del catalogodelle cinquecentine, in Le cinquecenti-ne della Biblioteca Panizzi, catalogo acura di Eletta Zanzanelli, Valter Pratis-soli, saggi introduttivi di Luigi Balsa-mo e Neil Harris, Reggio Emilia, Bi-blioteca Panizzi, 1995, p. XI-XXI; Ap-punti per un’esperienza di catalogo,in Le cinquecentine della BibliotecaMedicea Laurenziana di Firenze, acura di Sara Centi, saggio introduttivodi Neil Harris, Roma, Istituto Poligrafi-co e Zecca dello Stato, 2002, I, p. XI-XVI; Il cappuccino, la principessa e labotte, in ANTONELLA GRASSI – GIULIANO

LAURENTINI, Incunaboli e cinquecenti-ne delle biblioteche dei Cappuccini diToscana, saggio introduttivo di NeilHarris, Firenze, Edizioni Polistampa,2003, p. 7-39; in particolare p. 10-15.7 Le seicentine della Biblioteca univer-sitaria di Urbino, 1600-1699 [sic], acura di Maria Moranti, Baden-Baden,V. Koerner, 1997; Edizioni pavesi delSeicento. Il primo trentennio, a cura diElisa Grignani e Carla Mazzoleni, pre-sentazione di Luigi Balsamo, Milano,

Cisalpino, 2000, e la sua continuazio-ne Edizioni pavesi del Seicento. 1631-1700, a cura di Luisa Erba, Elisa Gri-gnani e Carla Mazzoleni, presentazionedi Marina Bonomelli, Milano, Cisal-pino, [2003]; Le edizioni veneziane delSeicento: censimento, a cura di Cateri-na Griffante, con la collaborazione diAlessia Giachery e Sabrina Minuzzi,introduzione di Mario Infelise, [Vene-zia], Regione del Veneto – Milano, E-ditrice Bibliografica, 2003-2006. 8 Cito soltanto alcuni contributi tra i piùrecenti: Futuro delle memorie digitali epatrimonio culturale, atti del Convegnointernazionale, Firenze 16-17 ottobre 2003,a cura di Vittoria Tola e Cecilia Castel-lani, Roma, ICCU, 2003; Memorie digi-tali. Rischi ed emergenze, a cura di Ales-sandra Ruggiero e Vittoria Tola, Roma,ICCU, 2005; LUCIANA DURANTI, Un qua-dro teorico per le politiche, le strategie egli standards di conservazione digitale:la prospettiva concettuale di InterPARES,“Bibliotime”, 9 (2006), 1, reperibile al-l’url: <http://www2.spbo.unibo.it/bibliotime/num-ix-1/duranti. htm>.9 FRANCA ALLOATTI – CARLO CAROTTI, A

proposito di prevenzione, “Bibliotecheoggi”, 18 (2000), 1, p. 54-57. Una pa-noramica completa sulla conservazio-ne in biblioteca, intesa soprattutto nel-l’ottica del restauro e corredata di am-pi riferimenti bibliografici, si trova in:CHIARA CARLUCCI – CRISTINA CAVALLARO –PIERO INNOCENTI, La conservazione inbiblioteca: come informarsi, “Bibliote-che oggi”, 18 (2000), 3, p. 46-55; MA-RIA BARBARA BERTINI, La conservazionedei beni archivistici e librari. Preven-zione e piani d’emergenza, Roma, Ca-rocci, 2005; IFLA/AIB, Principi del-l’IFLA per la cura e il trattamento deimateriali di biblioteca, a cura di Ed-ward P. Adcock, con la collaborazionedi Marie-Thérèse Varlamoff e VirginieKrempf, ed. italiana a cura della Com-missione nazionale biblioteche e ser-vizi nazionali, prefazione di Carlo Re-velli, Roma, AIB, 2005.10 Emanato con decreto legislativo22.01.2004 n. 41 ed entrato in vigoreil 01.05.2004. Per un commento sulCodice in materia di biblioteche e be-ni librari si veda ROSSANA MORRIELLO, Lenovità del Codice dei beni culturali edel paesaggio, “Bibliotime”, 7 (2004),2, reperibile all’url: <http://www2.spbo.unibo.it/bibliotime/num-vii-2/morriell.htm>.11 Si vedano, rispettivamente, l’art. 2comma 2: “Sono beni culturali le coseimmobili e mobili che, ai sensi degliarticoli 10 e 11, presentano interesseartistico, storico, archeologico, etno-antropologico, archivistico e biblio-grafico e le altre cose individuate dal-la legge o in base alla legge quali te-stimonianze aventi valore di civiltà”; el’art. 10 comma 2 c): “[sono inoltre be-ni culturali] le raccolte librarie dellebiblioteche dello Stato, delle regioni,degli altri enti pubblici territoriali,nonché di ogni altro ente e istitutopubblico”; art. 10 comma 3 c): “le rac-colte librarie, appartenenti a privati, dieccezionale interesse culturale”; art.10 comma 4 c): “i manoscritti, gli au-tografi, i carteggi, gli incunaboli, non-ché i libri, le stampe e le incisioni, conrelative matrici, aventi carattere di ra-rità e di pregio”. Nel comma 4 sonoelencati anche carte geografiche, spar-titi musicali, fotografie, pellicole cine-matografiche e supporti audiovisivi,tutti materiali normalmente conservatipresso le biblioteche che però qui

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non ho preso in considerazione per-ché esulano dal tema trattato.12 Si vedano a questo proposito l’art. 2comma 4: “I beni del patrimonio cul-turale di appartenenza pubblica sonodestinati alla fruizione della collettivi-tà, compatibilmente con le esigenzedi uso istituzionale e sempre che nonvi ostino ragioni di tutela”; art. 3 com-ma 1: “La tutela consiste nell’eserciziodelle funzioni e nella disciplina delleattività dirette, sulla base di un’ade-guata attività conoscitiva, ad indivi-duare i beni costituenti il patrimonioculturale e a garantirne la protezionee la conservazione per fini di pubbli-ca fruizione”; art. 6 comma 1: “La va-lorizzazione consiste nell’eserciziodelle funzioni e nella disciplina delleattività dirette a promuovere la cono-scenza del patrimonio culturale e adassicurare le migliori condizioni di uti-lizzazione e fruizione pubblica del pa-trimonio stesso”. Essa comprende an-che la promozione e il sostegno degliinterventi di conservazione del patri-monio culturale; art. 6, comma 2: “Lavalorizzazione è attuata in forme com-patibili con la tutela e tali da non pre-giudicarne le esigenze”.13 Segnalo anche l’art. 20 comma 1 cheoltre a vietare la distruzione, il dan-neggiamento e l’uso improprio dei be-ni culturali, fa il seguente riferimento:“[agli usi] tali da recare pregiudizio al-la loro conservazione”. Se interpretataalla lettera, questa norma potrebbe im-plicare la sospensione di qualsiasi for-ma di fruizione in quanto potenzial-mente contraria alla conservazione. 14 Art. 29 comma 1: “La conservazionedel patrimonio culturale è assicuratamediante una coerente, coordinata eprogrammata attività di studio, pre-venzione, manutenzione e restauro”. Icommi seguenti specificano il campod’azione di queste attività: comma 2:“Per prevenzione si intende il com-plesso delle attività idonee a limitarele situazioni di rischio connesse al be-ne culturale nel suo contesto”; comma3: “Per manutenzione si intende ilcomplesso delle attività e degli inter-venti destinati al controllo delle con-dizioni del bene culturale e al mante-nimento dell’integrità, dell’efficienzafunzionale e dell’identità del bene edelle sue parti”; comma 4: “Per re-stauro si intende l’intervento diretto

sul bene attraverso un complesso dioperazioni finalizzate all’integrità ma-teriale ed al recupero del bene mede-simo, alla protezione ed alla trasmis-sione dei suoi valori culturali [...]”.15 Art. 17 comma 1: “Il Ministero, conil concorso delle regioni e degli altrienti pubblici territoriali, assicura la ca-talogazione dei beni culturali e ne co-ordina le relative attività”.16 Ciò ha comportato, tra le altre cose,l’evoluzione della figura dello stessoconservatore di biblioteca: PIERO INNO-CENTI, Conservazione e restauro nellebiblioteche. Principi generali, in Euro-form. Formazione e conservazione, acura di Paolo Crisostomi, Firenze, Coo-perativa archeologia, 1996; ID., Comenasce un conservatore da biblioteca?,“Biblioteche oggi”, 17 (1999), 10, p. 6-9; ELEONORA AZZINI, Presente e futurodelle raccolte: a Bologna una giorna-ta di studio sulla conservazione pre-ventiva, “Biblioteche oggi”, 24 (2006),6, p. 62-65.17 ROBERTO MARCUCCIO, Biblioteche sto-riche fra umanesimo e nuove tecnolo-gie, “Biblioteche oggi”, 23 (2005), 1,p. 70-73.18 Una presentazione della realtà bi-bliotecaria italiana, costituita di realtàmedie e piccole, e delle peculiarità eproblematiche ad essa legate in NEIL

HARRIS, Il vivo Mattia Pascal, “Bibliote-che oggi”, 23 (2005), 2, p. 35-43; inparticolare p. 38-40. 19 Quello del rapporto con l’utente e lesue richieste è un tema oggetto di co-stante discussione che ovviamente ri-guarda ogni biblioteca; alcune osser-vazioni di carattere generale che pos-sono essere applicate anche al temaspecifico della gestione del libro anti-co sono state recentemente presentateda PAOLO TRANIELLO, Problemi dell’acces-so e responsabilità della biblioteca, “Bi-bliotime”, 10 (2007), 1, reperibile al-l’url: <http://www2.spbo.unibo.it/bibliotime/num-x-1/traniell.htm>. 20 Considerazioni analoghe sono inHARRIS, Il vivo..., cit., p. 40.21 Su questo tema, benché datato, re-sta una stimolante fonte di riflessioneil testo di RANDOLPH GREENFIELD ADAMS,Who uses a library of rare books, NewYork, Columbia University Press, 1941.22 Di tanto in tanto, quando esplodonole polemiche sulle restrizioni attuatedalle biblioteche storiche in materia di

consultazione, qualcuno pone in con-trapposizione la “liberalità” degli archi-vi, che non richiedono speciali certifi-cazioni per l’accesso ai loro utenti. Sitratta però di un falso problema, per-ché se è vero che le finalità conserva-tive e di utilizzazione delle due istitu-zioni sono analoghe, non si può di-menticare che l’archivio è il luogo pereccellenza della memoria storica: perpoter attingere con profitto al patrimo-nio che esso conserva è necessariopossedere una buona capacità di ricer-ca, competenze paleografiche se ci sioccupa di ambiti cronologici remoti,conoscenze storiche abbastanza ap-profondite e molta pazienza, pena ilfallimento delle indagini. In sostanzasono le esigenze di studio che stannoa monte a far sì che normalmente ilpubblico che si rivolge agli archivi siapiù esperto e motivato. Un confrontotra biblioteca ed archivio in PIERO INNO-CENTI, Biblioteche e archivi, “Bibliote-che oggi”, 12 (1994), 5, p. 52-56.23 Randolph Greenfield Adams (1892-1951), bibliografo, storico e saggista,diresse la Clements Library dal 1923 al1951, anno della sua morte. Il testo cita-to è tratto dal suo saggio Librarians asenemies of books, “Library Quarterly”, 7(1937), 3, p. 317-331: 331.

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The evaluation of the preserva-tion problems and the use ofhand-press book is still conditio-ned by a series of prejudices ac-cording to which it’s consideredrare and fragile, especially con-sidering its chronological dat-ing, that conceals his nature ofcultural heritage.The article analyzes the text ofthe Code of Cultural Heritageand of the Landscape for thepart concerning bibliographicheritage and considers as awhole the enhancement needs,the preservation and enjoy-ment, discussing the differentways in which these functionscan be interpreted dependingon the nature of libraries.

Abstract