Lezione 3 La crisi oggi e il concetto di crisi nella...

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Economia dell’impresa, della concorrenza e dei mercati globali a.a. 2014-2015 Lezione 3 La crisi oggi e il concetto di crisi nella storia

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  • Economia dell’impresa, della concorrenza e dei mercati globali

    a.a. 2014-2015

    Lezione 3

    La crisi oggi e il concetto di crisi nella storia

  • Argomenti

    • L’inizio della crisi

    • Il concetto stesso di crisi: la parola crisi

    • La prima crisi del capitalismo

  • La crisi del 2008

    • Inizia con una data: il 14 settembre 2OO8 crolla il titolo della Lehman Brothers (LB), uno dei giganti della finanza americana – LB emblema capitalismo finanziario, che sembrava

    non aver bisogno più della produzione e dei paesi. – Crolla quindi idea di economia fatta di carta

    • Il segnale di una crisi profondissima, iniziata nel’estate del 2OO7, che mette fine a venti anni di boom della finanza “creativa” e apre una profonda crisi in tutte le economie del mondo, che coglieva la parte reale

  • Ma la crisi non è figlia solo del collasso finanziario (dati IMF). Andamento PIL grandi

    aree del mondo (1980-2010)

  • Legenda

    • Rosso = paesi industrializzati, sviluppati, paesi traino economia

    • Blu= nuovi paesi, emergenti, fino a pochi anni fa terzo mondo

    • Nero= mondo

  • Lettura del grafico precedente

    • Crisi si manifesta con caduta PIL. Economia si ferma, si fermano imprese, acquisti, stato.

    • Caduta massima 2008-2009. • Importante da notare: prima del nuovo secolo, fino

    metà anni ’90 circa, paesi sviluppati trainavo l’economia mondiale. Dopo, paesi emergenti.

    • Dopo inizio del nuovo secolo, grande crescita è tirata dai nuovi paesi emergenti. Anche la crisi ha segnato ancora di più questa differenza.

    • Crisi esplode come crisi finanziaria, ma non è solo figlia della finanza. E’ il portato di un cambiamento storico che parte vent’anni prima.

  • 1980-1995

  • Commento a grafico precedente

    • La linea rossa dà il tempo.

    • Da fine anni 90 il mondo è cambiato

    • La crisi di fine 2000 è come il terremoto di assestamento di tutto quanto è successo prima.

  • 2000-2010

  • Le radici della crisi del 2008

    • Quali sono le radici di una crisi così lunga e profonda come quella iniziata nel 2OO7?

    • Domande complesse a cui rispondere:

    – Cosa significa la parola crisi?

    – Che rapporto esiste fra crisi e sviluppo?

    – Cosa succede nelle diverse parti del mondo (globalizzazione, come se mondo fosse entità unica?)?

  • La parola crisi

    • Il termine “crisi” rappresenta nelle diverse lingue

    – sia il punto in cui un precedente equilibrio si rompe ma non si sa quale sarà quello successivo.

    – sia l’intera fase di declino, in cui si delineano nuove relazioni tali da far ripartire una nuova fase di sviluppo.

    • Il termine vuol dire quindi sia separazione, scelta, ma anche giudizio e decisione

  • La parola crisi

    • Questo concetto in greco enfatizzava la percezione della differenza e la consapevolezza dell’evento critico, come momento di trasformazione. Idea fortissima del cambiamento continuo, della trasformazione, della frattura come evoluzione di uno stato precedente.

    • In latino emerge di più il carattere di disgiunzione, di divisione, di rischio ed anche di punto di svolta successiva alla decisione. Emerge idea che nel momento cruciale si possa sbagliare e non capire, sottovalutando il momento critico.

    • In cinese questi due aspetti sono legati nello stesso ideogramma, disponendo di una prima parte che esprime il “pericolo”, la seconda invece che rileva l’ ”opportunità”, il “punto di svolta”

  • La parola crisi

    • La parola “crisi” fu a lungo utilizzata come termine medico, per indicare la fase di crollo fisico che precede la morte.

    • Il termine venne ripreso nel Sei-Settecento, soprattutto con l’enciclopedismo e l’illuminismo, invece con un forte rilievo politico, indicando il momento di transizione dal vecchio (uomo malato) al nuovo regime (rivoluzione e rinascita).

  • La parola crisi

    • Negli anni della nascita del capitalismo il tema si insedia nell’analisi economica, infatti, si generava una brusca rottura col passato e si predisponeva un futuro diverso

    • in cui le stesse radici delle sopravvivenza venivano legate alla capacità di organizzazione delle risorse ed alle modalità di produzione e distribuzione della ricchezza realizzata (scomparsa progressiva dei vecchi schemi feudali)

    • Nell’epoca del capitalismo la crisi muta nella sua stessa sostanza

  • La parola crisi

    • Da un punto di vista economico, in passato le crisi erano carestie, ovvero, cadute drammatiche nella disponibilità delle risorse e nella loro iniqua distribuzione nell’ambito della struttura sociale

    • Nella lunga e frastagliata storia del capitalismo, invece, le crisi sono state legate alla sovrapproduzione o, meglio,

    • alla distonia fra quantità e qualità delle produzioni e capacità del mercato di formulare una domanda, trasformando questa in consumi effettivi (dissonanza con modello neoclassico)

  • La prima crisi del capitalismo

    • La prima crisi finanziaria registrata dalla storia è stata la cosiddetta “crisi dei tulipani”, metà del 600 – finanziaria, perché nata in borsa

    – produttiva e politica

    • Il 5 febbraio 1637 crollò, con grande fragore, la Borsa di Amsterdam (la prima piazza finanziaria del mondo all’epoca)

    • Cosa era accaduto? La bolla speculativa legata ai bulbi di tulipano aveva portato dapprima i prezzi a livelli insostenibili e poi ad una rapida rovina di migliaia di risparmiatori

  • La crisi dei tulipani

    • Spieghiamo meglio cosa è accaduto. A quel tempo, i paesi bassi erano in grandissima crescita. – Triangolo tra Francia e Germania, zone commerciali ma

    paludose, sottoposte poi a bonifica.

    – Tale triangolo all’epoca era dominato dagli spagnoli (cattolici, mentre olandesi protestanti).

    – Periodo di guerra per indipendenza delle Fiandre, giovani repubbliche che cercavano sul mare il loro spazio di crescita. Lo trovarono, prima marineria del mondo, portò grande ricchezza, legata all’economia reale.

    – Nel frattempo, si sviluppa attività finanziaria, anche legata ai tulipani e ai bulbi. Quest’ultima porta i prezzi a livelli altissima per poi crollare portando alla rovina i risparmiatori.

  • La crisi dei tulipani

    • Tulipano, proveniente dalla Turchia, non aveva un suo uso, era un prodotto status symbol. Più bello e raro, più il proprietario diveniva un nuovo ricco.

    • Si investe allora per comprare status symbol. Anziché i fiori, allora, che erano prodotto effimero, di consumo, si pensò di investire sui bulbi di tulipano – il bulbo divenne così un bene di investimento

    • In un paese in cui il reddito medio era di 150 fiorini all’anno, il prezzo dei bulbi aveva raggiunto i 6OOO fiorini, per poi cadere in pochi giorni sostanzialmente a zero – Cosa accadde? I bulbi di tulipano dovevano fiorire, per cui non si

    comprarono né i tulipani né i bulbi, più ma i diritti sui tulipani che sarebbero fioriti sull’anno successivo, cioè opzioni di acquisto su bulbi di tulipano che ancora non c’erano

  • La crisi dei tulipani

    • È quello che oggi chiamiamo mercato dei derivati, cioè attività finanziaria di natura solo speculativa che non ha più bisogno del prodotto effettivo (fiore o bulbo).

    • A 6000 fiorini si compravano quindi diritti su bulbi ancora inesistente. In parte quanto accaduto nel 2008, un divorzio tra economia finanziaria ed economia reale.

    • Molti compravano senza avendo soldi ma sperando di avere un guadagno futuro. Tracollo.

  • La crisi dei tulipani

    • La caduta del mercato dei tulipani fu drammatica. Molti risparmiatori avevano venduto casa per avere liquidità. Si ritrovarono con nulla in mano, molti fallirono e addirittura emigrarono (specie in sud-Africa, repubblica dei boeri).

    • Le repubbliche allora si affidarono al duca d’Orange, quello che sembrava il più ricco di tutti, prima come protettore degli olandesi e poi re degli olandesi. Con la crisi è sparita la libertà e con essa lo sviluppo.

  • Alcune considerazioni

    • La crisi economica non è quindi qualcosa di estraneo allo sviluppo dell’economia e della società di un paese ma è parte della sua stessa evoluzione.

    • Crisi è anche tutto quanto la prepara.

    • Crisi è il momento del grande pericolo, ma anche il momento delle decisioni e delle scelte.

  • Le fasi della crisi

    • La crisi secondo Schumpeter (inizio ‘900)

    • I grandi cicli del capitalismo secondo le teorie di Schumpeter

    • La lezione di Keynes

  • La crisi secondo Schumpeter

    • Schumpeter ha in mente la lezione di Weber, capitalismo non viene dal nulla, è una trasformazione che si svolge nel tempo – Allora crisi non solo come momento di rottura, ma

    analizzare anche tutte le fase precedenti.

    • Analizza l’andamento dei cicli economici usando gli andamenti studiati da Kondratieff (statistico russo) e ottiene lo schema che segue

  • La crisi secondo Schumpeter dati 1840-1890

  • La crisi secondo Schumpeter

    • Trova innanzitutto i cicli di Kitchin, cicli brevissimi, di 2-3 anni, quella che si chiama la congiuntura economica.

    • Poi c’è il ciclo più lungo, quello di Juglar, 10 anni circa. • Mettendo assieme tutto questo vi è un ciclo molto

    lungo, frastagliato di certo, ma stilizzato da una curva che ha una crescita, poi un lungo periodo di declino, raggiunge il minimo e poi riprende. Ciclo che va da un punto zero a un punto zero.

    • E’ difficile ora capire dove siamo, quale è il punto della crisi (se guardiamo una visione stretta, potremmo vedere solo in una fase di crescita, ma su più lungo termine, calo).

  • La crisi secondo Schumpeter

    • Questo è un ciclo che vediamo quando è finito, solo alla fine.

    • I diversi attori dell’economia non sono fuori, ma dentro questo gioco.

    • 1840 momento importante, la fine dell’assestamento post rivoluzionario e napoleonico. Il mondo dopo questo periodo sembra tornare al periodo precedente (restaurazione).

    • Ma si avvicina il 1848, dove economia cresce, ma cresce nuova idea di Stato

    • Nel 1848-98, economia raggiunge massimo fine anni ’50. Il mutamento politico genera effetti sugli andamenti economici.

  • La crisi secondo Schumpeter

    • Secondo Schumpeter, che riprende il lavoro di Kondratiev, possono essere individuati grandi cicli di 7O-8O anni, a cui si sovrappongono cicli più brevi

    • La crisi è allora parte del sistema economico

    • Economia è fatta di grandi cicli economici, dettati da innovazione tecnologica.

  • I grandi cicli del capitalismo

    • Il primo grande ciclo: coincidente con la prima rivoluzione industriale, quindi dalla seconda parte del ‘7OO ai primi trenta anni dell’8OO, cioè dalle rivoluzioni borghesi alla restaurazione.

  • I grandi cicli del capitalismo

    • Il secondo ciclo: legato alle tecnologie del vapore e delle ferrovie, fino alla crisi di fine secolo, tra 183O ed il 1895

    • Cambiano le tecnologie

  • I grandi cicli del capitalismo

    • Terzo ciclo: dettato dall’innovazione legata all’acciaio, all’elettricità, alla grande meccanica, fino alla crisi degli anni trenta

  • I grandi cicli del capitalismo

    • la quarta fase è quella del petrolio, dell’automobile, della produzione da massa, dagli anni ‘20 fino alla crisi degli anni ‘70 del ‘900.

  • I grandi cicli del capitalismo

    • Infine, l’età delle tecnologie dell’informazione, che però lascia aperta la porta ad una nuova fase oltre questa crisi

    • Non abbiamo chiaro dove questo ciclo ci porterò, la crisi è ancora lunga.

    • Schumpeter ha legato così i grandi cicli economici ai grandi cicli tecnologici – Ma sappiamo che questi cicli influenzati anche dai

    cambiamenti dei rapporti di forza, politici, il modo in cui si interpreta il legame tra finanza e mondo produttivo (economia di carta ed economia reale).

  • Una sintesi su crisi e Schumpeter

    • Egli introduce il concetto di “distruzione creatrice”, legato all’innovazione.

    • In altri termini, il capitalismo è caratterizzato da “ondate di innovazione in tempi di prosperità, seguite da una cernita brutale in tempi di depressione” (Roubini).

    • Allora come è vista la crisi secondo Schumpeter e seguaci?

  • Una sintesi su crisi e Schumpeter

    • Crisi è allora momento di “distruzione creatrice”.

    • Per questo, NON è necessario alcun intervento governativo a gestione della crisi. Società devono subire impatto “distruzione creatrice”.

    • Le politiche per la gestione della crisi possono generare danni e favorire fenomeni di moral hazard (es. Banca centrale come prestatore di ultima istanza).

    • Visione “crudele”.

  • La lezione di Keynes

    • Grande contributo alla comprensione della crisi anni ‘30 non solo crisi finanziaria

    • Figlio della borghesia inglese, riesce a ragionare nel lungo, non solo sui cicli brevi e medi, riportando in risalto la politica.

  • La lezione di Keynes

    • Keynes inizia a elaborare molto prima suo approccio • Keynes va a Versailles alla fine della Prima Guerra

    Mondiale. Francia chiede che Germania si faccia carico dei danni di guerra.

    • Pressioni finanziarie su Germania, esplode inflazione, in confronto a possibilità produttive esistenti.

    • 1919 “Le conseguenze economiche della pace”, scrive che grandi cambiamenti politici generano grandi cambiamenti economici; è necessario gestirlo con delle regole o porterà a una crisi drammatica – Es. tulipani – Non governo del mercato, ma delle regole

  • La lezione di Keynes

    • Da allora avvia analisi che porta al 1936 a una riflessione importantissima

    • “The outstanding faults of the economic society in which we live are its failure to provide for full employment and its arbirtrary and inequitable distribution of wealth and incomes”

    GT, ch.24, p372 Incapacità società politiche di porsi problemi

    disoccupazione e distribuzione equa della ricchezza.

  • La lezione di Keynes divorzio tra la fini dell’economia e accaparramento a fini speculativi

  • La lezione di Keynes

    • Crisi anni 30 si manifesta con crisi di borsa del 1929, che ha portato il totalitarismo in Europa (dittature) e in US Roosvelt e New Deal.

    • 10 anni prima, per Keynes, la fine della guerra richiedeva regole chiare e un indirizzamento economico.

    • La moneta in possesso dei soggetti come poteva essere usata: – Investo – Li metto sotto il materasso – Gioco in borsa e penso che la ricchezza sia quella che creo con la

    speculazione (in realtà, lo stesso Keynes lo fece, speculò in borsa, ma aveva chiaro che bisognava dare un piano certo).

  • La lezione di Keynes

    • Le cause strutturali della crisi

    – È importante capire quali sono le cause della crisi finanziaria, la tipologia di regole di questo gioco finanziario

    – Capire quali trasformazioni hanno determinato la crisi per tramutare in rilancio il momento di crisi

  • La lezione di Keynes

    • Bisogna analizzare le cause della crisi finanziaria

    • ma anche capire le trasformazioni profonde e remote che hanno determinato la crisi e che pertanto bisogna conoscere per trasformare queste in opportunità di rilancio

  • Breve e lungo periodo, Schumpeter vs Keynes

    • Nel breve, austriaci non ci dicono cosa bisogna fare se non “subire”.

    • Keynes osserva che se così fosse, anche i soggetti e le imprese solvibili, in assenza di politiche, sarebbero a loro volta risucchiati dal vortice dell’insolvibilità, creando una depressione della domanda aggregata. – Nel breve sono necessarie politiche di sostegno

    • Tuttavia, nel lungo, potremmo condividere la posizione di Schumpeter: gli insolventi dovrebbero fallire e avvio di nuova fase di stabilità

  • Il punto della situazione

    • 1. Abbiamo analizzato la crisi del ‘29 – Punto di rottura di un lungo ciclo, che parte alla fine dell’800 e

    giunge fino alle metà degli anni 30 – Il ciclo precedente aveva coinciso con lo sviluppo di una nuova

    fase del capitalismo. Era il ciclo dell’Inghilterra di fondo (vapore, tessile, nuovo sistema politico ed economico). Ci si accorge che industria fa crescere l’economia.

    – Necessarie nuove regole per far riemergere l’economia, un nuovo modo di vedere il mondo

    – Keynes dice che bisogna tornare ad investire (coglie elemento di opportunità davanti alla crisi, ma questo richiede concerto tra gli Stati, cosa che all’epoca non vi fu). Occorreva intervento dello Stato, un giocatore esterno che riequilibri il sistema. In Europa, ruolo dello stato pensantissimo, monopolizzza economia e politica. In US una via in cui lo Stato usa risorse per fare delle bonifiche per generare lavoro e il circuito virtuoso che ne deriva.

  • Il punto della situazione

    • Lezione di Keynes si chiude nel 1944, a Bretton Woods. Tutti i paesi assieme concordano regole economia.

    • Qui comincia una nuova epoca. Keynes propone la creazione di una nuova moneta, il Bancor. US non è d’accordo e Mr. White impone idea che base del nuovo sistema non è il Bancor ma il dollaro.

    • Crescita ha luogo perché produzioni americane sostenute, soprattutto dallo Stato (si protrae con guerra di Korea e Vietnam, ma ciò consuma il sistema).

    • Ma a partire dagli anni ‘50, lezione di Keynes accantonata e visione incentrata sul mercato e sulle capacità dello stesso. Approccio pericoloso su cui si trovano le radici della crisi attuale.