L’evoluzione delle competenze infermieristiche · Essere infermieri in dialisi ... - Il...

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www.ipasvife.it Periodico del Collegio IPASVI di Ferrara - Anno XXVI n. 2 - Ottobre 2015 Un approccio di sistema contro la medicina difensiva. pag. 24 Curare il proprio aggiornamento attraverso la lettura pag. 33 Essere infermieri in dialisi pag. 9 Il prossimo sarà solo ON-LINE L’evoluzione delle competenze infermieristiche Assistenza infermieristica nei Presidi Ospedalieri dell’Ausl di Ferrara cambia modello pag. 10

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Periodico del Collegio IPASVI di Ferrara - Anno XXVI n. 2 - Ottobre 2015

Un approccio di sistema contro lamedicina difensiva.

pag. 24

Curare il proprio aggiornamentoattraverso la lettura

pag. 33Essere infermieri in dialisi

pag. 9

Il prossimo

sarà solo

ON-LINE

L’evoluzione dellecompetenze infermieristiche

Assistenza infermieristica nei PresidiOspedalieri dell’Ausl di Ferrara

cambia modellopag. 10

Per contattarciOrari di apertura al pubblico:Lunedì e Giovedì 15.30 - 18.00Martedì 09.00 - 12.00Venerdì 09.00 - 11.00

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Sommario

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Il Certificato d’iscrizione, viene rilasciato in temporeale dalla Segreteria del Collegio e quindi può essereritirato immediatamente dal richiedente, presentan-dosi presso la sede del Collegio; per ragioni burocra-tiche legate alla normativa sulla privacy, se ilrichiedente è impossibilitato al ritiro presso la sede,deve rilasciare delega al ritirante, oppure può richie-dere l'invio presso il proprio domicilio tramite racco-mandata con ricevuta di ritorno, rifondendo il Collegioper il costo sostenuto.

È possibile inoltre, proporre al Collegio, quesiti ine-renti la professione.

Chi desidera ricevere NEWS sugli eventi organizzatidal Collegio può inviare la propria mail all’indi-rizzo: [email protected]

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INFERMIERE COLLEGIOPeriodico del Collegio Provinciale IPASVI di Ferrara - anno XX VI n. 2

Direzione, Redazione, Amministrazione:via del Naviglio 33/a - Ferrara

Tel. 0532 64302 - Fax 0532 67140 - E-mail: [email protected]

Direttore responsabile: Sandro Arnofi

Stampa: Cartografica Artigianavia Béla Bartòk 20/22 - 44124 Ferrara

Rivista chiusa in tipografia il 30 ottobre 2015Poste Italiane S.p.A. - spedizione in Abbonamento Postale - DL. 353/2003

(conv. in L. 27/02 /2004 n. 46) Art. 1, comma 2, DCB Ferrara

Redazione e progetto grafico: Commissione Comunicazione/Rivista Loredana Gamberoni, Gloria Gianesini, Cristiano Mainardi,

Andrea Menegatti, Barbara Sofritti, Simone Vincenzi

EDITORIALE DEL PRESIDENTE

FOCUS: COMPETENZE SPECIALISTICHE- Evoluzione delle competenze infermieristiche.

- Essere infermieri in dialisi: specialisti ma non solo.

SPERIMENTAZIONI ORGANIZATIVE AZIENDE SANITARIE FERRARA- Assistenza infermieristica nei Presidi Ospedalieridell’AUSL di Ferrara cambia modello.

- Handover Bedside. Dalla “consegna” al passaggio delleinformazioni al letto del paziente: studio osservazionalepresso la piattaforma chirurgica dell’Ospedale di Argenta.

- “Il Coordinatore Infermieristico come garante del percorso perioperatorio per la disabilità”.

- Il protocollo ERAS a Ferrara.

EVIDENCE BASED PRACTICE

- Less is more: un approccio di sistema contro la medicina difensiva.

NOTIZIE DAL COLLEGIO- Tabella raffronto polizze per infermieri.

- Il “Fondo IPASVI FE” nella biblioteca di scienze della salute.

- Guida al lavoro in Gran Bretagna.

NORME PER GLI AUTORI

Il collegio IPASVI di Ferraravisto l’aumento del numero

di quote annue di iscrizione inevase,nei prossimi mesi si affiderà per la ri-scossione delle stesse a Equitalia!

Il prossimo numero della rivista che pre-sumibilmente verrà pubblicato entrofine anno sarà esclusivamente in for-mato elettronico. Potrete consultarlo sul

sito del Collegio www.ipasvife.itGli iscritti che hanno lasciato la loro mail alla segrete-ria verranno avvisati tramite posta elettronica dellapubblicazione.

1EDITORIALE anno XXVI n. 2 - Ottobre 2015

La Federazione Nazionale IPASVI al-l’inizio dell’estate ha lanciato unacoraggiosa proposta sullo sviluppodella professione dell’Infermiereche invito a leggere con attenzione.(vedi le prime pagine della rivista).Siamo in presenza di una propostamolto forte, molto bella e convin-cente. Si tratta di cambiare l’infer-miere che potrà essere oltre a ge-neralista anche specializzato in al-cune aree.L’idea di prevedere una carriera ar-ticolata oltre alla gestione anchesul piano assistenziale clinico forni-sce un nuovo impulso a molti infer-mieri che vogliono avanzare nellacarriera senza perdere contatto conil malato. Questa trasformazione arriverà alambire il confine con altre profes-sioni ed infatti alcune professionisanitarie vedono negativa la cresci-ta delle competenze dell’Infermiereper i conflitti che possono sorgerema anche per “poteri” che si spo-stano.Le Aziende Sanitarie avranno sicu-ramente interesse verso questomodello per i possibili risparmi chesi potrebbero realizzare ma ancheper la maggiore appropriatezza as-sistenziale che gli Infermieri piùcompetenti potrebbero consentiredi raggiungere. Visto che siamo neitempi della revisione della spesa,citare risparmi ed appropriatezza si-gnifica essere molto realisti maproprio per i progressivi tagli in sa-nità, è necessario che noi tutti ab-biamo bene chiare alcune fonda-mentali priorità. La prima dev’essere la difesa ed ilsostegno al Servizio Sanitario Na-zionale e pubblico con carattereuniversalistico, la seconda dev’es-sere la centralità del cittadino. Per far ciò dobbiamo usare megliole risorse e riorientare le organizza-zioni verso i bisogni della popola-

zione che chiede più servizi per lacronicità, maggiormente diffusi nelterritorio concentrando i centri sa-nitari per acuti.La proposta della Federazione nonè esclusiva per gli Infermieri infattilo stesso schema può essere svi-luppato anche per le altre profes-sioni sanitarie come le ostetriche, ifisioterapisti, i tecnici di laboratorioo di radiologia. La crescita conte-stuale di tutte le professioni sanita-rie sicuramente darà una nuovaenergia a tutti gli operatori chehanno trascorso un lungo periododi difficoltà conseguente alla crisiche ha attanagliato il paese ed an-che per le continue vessazioni ba-sate sui pregiudizi nei confronti delpubblico impiego. La proposta è molto accattivantema la strada per realizzarla è moltoin salita ed irta di ostacoli. La prima difficoltà è legata al rinno-vo del contratto di lavoro del pub-blico impiego che vede una propo-sta da parte del governo di 8 eurolordi mensili di aumento degli sti-pendi e con poca benzina si fa po-ca strada.

Quale infermiere vedremo nel futuro?Alcune osservazioni sulla proposta della Federazione Nazionale sullo sviluppo professionale

del Presidente

Il Presidente del Collegio IPASVIdi Ferrara Sandro Arnofi

Nel contratto si dovranno anche af-frontare una serie di argomentinormativi come ad esempio il rico-noscimento dell’esistente ed i con-seguenti crediti da riconoscere perchi vorrà specializzarsi.Allo stesso tempo dovranno esserepreviste modalità per spostarsi “fuo-ri” dal confine dell’area della specia-lizzazione in quanto a seguito dellariforma “Fornero” si resterà al lavorofino a 65 anni e probabilmente sarànecessario cambiare attività passan-do a quelle più compatibili.Sarà molto interessante vedere nel-le organizzazioni delle varie degen-ze come si inseriranno gli Infermie-ri perfezionati, gli Infermieri maste-rizzati e quelli con laurea magistra-le di tipo assistenziale oltre a qualiinquadramenti, ed in questo casotutti potremo essere coinvolti.La formazione sarà, auspichiamo,universitaria ed uniforme per tuttoil paese ed anche questo percorsoè tutto da costruire.Io credo che si dovrebbe partiredalle aziende e dalle Università piùattrezzate ed iniziare almeno la fasesperimentale perchè sicuramentedovremo attraversare un momentotransitorio più o meno lungo.Per il momento è in atto la fase didialogo istituzionale ed è necessa-rio far conoscere agli Infermieri laproposta perchè va compresa, con-divisa e diffusa. Dobbiamo far rico-noscere facilmente i punti di forzadella innovazione professionaleche si propone non nascondendo ipunti di debolezza e tutto ciò lodobbiamo fare con le associazioni,gli enti, i cittadini ed i pazienti.Naturalmente sarà un percorso lun-go e non sappiamo come finirà macredo sia molto importante che gliInfermieri abbiano una loro propo-sta perchè anche in questo modosi difende e sostiene il servizio sa-nitario e la salute dei cittadini.

anno XXVI n. 2 - Ottobre 20152 FOCUS: COMPETENZE SPECIALISTICHE

Evoluzione dellecompetenze infermieristiche

Documento approvato dal Comitato Centrale della Federazione Nazionale dei Collegi (FNC) Ipasvi con delibera n. 79 del 25/4/15

Premessa In un recente rapporto, l’OCSEha, da una parte, confermatoche il SSN italiano garantiscebuone performance a fronte diuna spesa contenuta, e, dall’al-tra, ha invitato il nostro Paese arivedere i modelli erogativi e iluoghi dell’offerta sanitaria,stante l’oggettiva modificazionedei bisogni di salute e della do-manda di servizi conseguenti al-l’aumento delle patologie croni-co degenerative, all’invecchia-mento della popolazione e allemolteplici forme di fragilità. Numerosi studiosi del settoresanitario hanno evidenziato cheun’ulteriore riduzione del finan-ziamento del SSN inciderebbedirettamente sull’offerta sanita-ria e produrrebbe una diminu-zione della fruibilità dei servizisanitari e socio sanitari da partedei cittadini più deboli. Essi af-fermano anche che, per il man-tenimento dei principi che defi-niscono il SSN e per la sosteni-bilità complessiva del Sistema,è necessario dare maggiore for-za e spazio alle potenzialità deiprofessionisti sanitari, innovare imodelli organizzativi e i proces-si di lavoro, oltre che aumentarel’efficienza e l’appropriatezzadel Sistema stesso. In questo quadro, è, quindi, ne-cessario un approccio più “soli-do” e “ambizioso” nella ridefini-zione dei modelli organizzativi eassistenziali e, soprattutto, nel-l’innovazione e ridefinizionedell’assistenza primaria, ancoraprevalentemente orientata a

servizi “tradizionali” anziché “diiniziativa”, ossia impostati sullalogica “dell’andare verso il citta-dino”, sulle reti multiprofessio-nali di presa in carico e di conti-nuità assistenziale. È altresì ne-cessario ampliare l’assistenzanel domicilio, attivare gli ospe-dali di comunità, le case dellasalute e i servizi ambulatoriali diprossimità. Modalità assistenzia-li, tutte, in cui le professioni sa-nitarie – infermieri in primis –costituiscono una risorsa fonda-mentale. Le indicazioni e gli obiettivi con-tenuti nel vigente “Patto per lasalute” prendono atto del con-testo demografico ed epidemio-logico e pongono specifica at-tenzione all’efficacia, all’appro-priatezza, alla sostenibilità delSistema e alla necessità di valo-rizzare, rafforzandolo, il patri-monio professionale operantenel Sistema stesso. La legge 190/2014 – comma566 – richiama a sua volta gliorientamenti del Patto per la sa-lute e pone le basi per interve-nire su ruoli, funzioni e moda-lità operative dei professionistisanitari, sostenendo l’evoluzio-ne delle loro competenze – an-che attraverso percorsi di for-mazione complementare – eprivilegiando i sistemi a rete e illavoro in squadra.

La Federazione Nazionaledei Collegi Ipasvi (FNC)In coerenza con i disposti delDM 739/94 e della legge 43/06la FNC IPASVI ha costantemente

sostenuto, presentato propostee attivato iniziative che potesse-ro dare corso all’evoluzione insenso specialistico delle compe-tenze degli infermieri e degli in-fermieri pediatrici. La FNC, vista la legge 190/2014– comma 566 – in cui si pro-muove l’evoluzione delle com-petenze dei professionisti sani-tari attraverso percorsi di forma-zione complementare, ha costi-tuito un gruppo di infermieriesperti (v. allegato 1) nell’ambi-to della formazione infermieri-stica e della gestione e organiz-zazione dei processi assistenzia-li nelle strutture sanitarie, perelaborare una proposta che de-finisca la prospettiva della FNCper quanto attiene la tematica“evoluzione delle competenze”,indicando tipologia funzionale,percorso formativo e agibilitànell’organizzazione dell’infer-miere: • con competenze cliniche “per-fezionate”;

• con competenze cliniche “esperte”;• con competenze cliniche “spe-cialistiche”.

La proposta richiama i contenutidella Bozza di Accordo tra il Go-verno e le Regioni “…recante ri-definizione, implementazione eapprofondimento delle compe-tenze e delle responsabilità pro-fessionali dell’infermiere e del-l’infermiere pediatrico” propo-nendo, però, una riformulazionedel Sistema formativo infermie-ristico in relazione: • ai disposti dell’art. 4 del pre-detto Accordo in cui si afferma

3FOCUS: COMPETENZE SPECIALISTICHE anno XXVI n. 2 - Ottobre 2015

che “in relazione all’attuazio-ne delle modalità e dei per-corsi di cui all’art. 3 sarannoinoltre rivisitati i piani di stu-dio delle Lauree, delle LaureeMagistrali e dei Master univer-sitari di I e II livello”;

• all’esigenza di trovare un nuo-vo punto di equilibrio traquanto richiesto dal Sistemasanitario e socio sanitario eciò che il Sistema formativo èin grado di offrire per i percor-si di preparazione del perso-nale;

• alla necessità di rendere spen-dibili nel mercato del lavoro,le diverse tipologie di compe-tenze infermieristiche, consi-derato quanto affermato dal-l’art. 3 comma 1 del suddettoAccordo “lo sviluppo dellecompetenze e delle responsa-bilità … avrà come riferimentole scelte di programmazionenazionale e regionale per mi-gliorare la presa in carico dellapersona, la continuità assi-stenziale fra ospedale e terri-torio, il governo dei bisogniassistenziali, sanitari e sociosanitari delle persone, dellefamiglie e della comunità assi-

stita”… e “…dei modelli orga-nizzativi sia ospedalieri sia ter-ritoriali, a iniziare dall’organiz-zazione dei presidi ospedalieriper intensità di cure e dai mo-delli di intensità assistenziale“.

La Proposta La proposta è sintetizza dalloschema sotto riportato che siarticola su due assi: • l’asse della clinica: che rap-presenta la linea della “produ-zione” di servizi e del governodei processi assistenziali. Sul-l’asse della clinica si posizio-nano, direttamente e a livelliincrementali diversi, le com-petenze/responsabilità agitedagli infermieri nei confrontidell’utenza;

• l’asse della gestione: che rap-presenta la linea del governodei processi organizzativi edelle risorse. Sull’asse gestio-nale si posizionano, a livelli in-crementali diversi, le compe-tenze agite dagli infermieri inrapporto alla gestione delle ri-sorse e a quelle scelte che,agendo sul contesto organiz-zativo, facilitano/garantisconol’efficacia e l’appropriatezza

dei servizi e risultati di qualitàall’utenza.

Su entrambi gli assi sono posi-zionati quattro livelli di compe-tenza dell’infermiere acquisitiattraverso specifici percorsi for-mativi. I livelli di competenzaprocedono da “a” a “d”.

I livelli formativi corrispondono:• a un approfondimento dellecompetenze sull’asse dellaclinica attraverso un processoincrementale, sostenuto dauna formazione adeguata, diirrobustimento e di specializ-zazione delle conoscenze edelle capacità assistenziali agi-te dall’infermiere in un deter-minato settore o in un’areaclinica, sia in relazione all’i-dentificazione dei bisogni diassistenza infermieristica e al-l’erogazione e valutazione diprestazioni e risultati, sia in re-lazione governo dei processiassistenziali specifici;

• a un’espansione delle com-petenze sull’asse della gestio-ne attraverso un processoestensivo che parte dallecompetenze “core disciplinari”dell’infermiere e muove versoconoscenze e capacità propriedel governo delle risorse eprocessi organizzativi.

Il livello “a” di entrambi gli assi,corrispondente all’infermieregeneralista in possesso di lau-rea triennale o titolo equivalen-te, non necessita di modificazio-ni sostanziali. Il livello “a” rappresenta, in ognicaso, la matrice “core” dellacompetenza da cui originano isuccessivi livelli di approfondi-mento o di espansione

I livelli di approfondimento del-le competenze cliniche sono:• Infermiere con perfeziona-mento clinico (livello b)

Si riferisce a un infermiere cheha seguito un corso di perfezio-

Schema1 : Esemplificazione dei livelli formativi

anno XXVI n. 2 - Ottobre 20154 FOCUS: COMPETENZE SPECIALISTICHE

namento universitario che lo hamesso in grado di perfezionarele sue competenze “core” appli-cate a un’area tecnico operativamolto specifica (esempio: ge-stione accessi venosi) • Infermiere esperto clinicocon master (livello c)

Si riferisce a un infermiere chesi è formato con un master uni-versitario di primo livello che loha messo in grado di approfon-dire le sue competenze decli-nandole in un settore particola-

re dell’assistenza infermieristica.È l’infermiere esperto di parti diprocesso assistenziale o di pe-culiari pratiche assistenziali set-toriali (ad esempio: anestesia/analgesia, strumentazione e tec-nica chirurgica, dialisi, endosco-pia, wound care ecc.) • Infermiere specialista clinicocon laurea magistrale (livel-lo d)

Si riferisce a un infermiere chesi è formato con laurea magi-strale in Scienze Infermieristiche

con orientamento in una dellearee previste dall’accordo StatoRegioni (area cure primarie -servizi territoriali/distrettuali;area intensiva e dell’emergen-za/urgenza; area medica; areachirurgica; area neonatalogi-ca/pediatrica; area salute men-tale e dipendenze). È l’infermiere specialista clinicoin grado di orientare, governare(impostare, supervisionare, mo-nitorizzare, valutare) sia i pro-cessi assistenziali tipici di unacerta area clinica e presenti inqualsiasi struttura (dalla più pic-cola alla più complessa, dallapiù generalista alla più specia-lizzata), sia le competenze pro-fessionali necessarie per realiz-zarli. Quest’ultimo livello comporta lanecessità di reimpostare i pianidi studio delle Lauree Magistralisui sei filoni formativi corrispon-denti alle sei aree sopra men-zionate.

I livelli di espansione dellecompetenze gestionali sono: • Infermiere con perfeziona-mento gestionale (livello b)

Si riferisce a un infermiere cheha seguito un corso di perfezio-namento universitario che lo hamesso in grado di perfezionarele sue capacità in relazione aspecifiche funzioni organizzative(esempio: bed management). • Infermiere coordinatore conmaster (livello c)

Si riferisce a un infermiere chesi è formato con un master uni-versitario di primo livello che loha messo in grado di acquisireconoscenze e capacità di gover-no dei processi organizzativi edi risorse in unità organizzative. • Infermiere dirigente con lau-rea magistrale (livello d)

Si riferisce a un infermiere chesi è formato con laurea magi-strale in Scienze Infermieristichee Ostetriche a indirizzo gestio-

Schema 2: Esempio di utilizzo dei livelli professionali in area chirurgica

Schema 3: Esempio di organigramma

5FOCUS: COMPETENZE SPECIALISTICHE anno XXVI n. 2 - Ottobre 2015

nale/formativo che lo ha messoin grado di assumere responsa-bilità di governo di processi or-ganizzativi e di risorse pressostrutture e servizi sanitari di va-rio livello (dipartimento, area,piattaforma, presidio, distretto)nonché presso corsi di laurea esettori formativi aziendali. Que-sto livello comporta la necessitàdi reimpostare i piani di studiodelle Lauree Magistrali su un fi-lone squisitamente gestionale eformativo e di rivedere l’esclusi-vità prevista dalla legge43/2006 del possesso del solomaster universitario di primo li-vello per assumere la funzionedi coordinamento.

ALCUNE ANNOTAZIONISULLE SCELTE DEFINITO-RIE E METODOLOGICHE ADOTTATE PER LA STESU-RA DEL DOCUMENTOQUADRO SULL’EVOLUZIO-NE DELLE COMPETENZEINFERMIERISTICHE

Per la stesura del “documentoquadro” sull’evoluzione dellecompetenze infermieristiche, ilgruppo di lavoro della FNC Ipa-svi, ha operato alcune scelte de-finitorie e metodologiche che siritiene opportuno esplicitare peruna migliore analisi del docu-mento stesso.

Sul concetto di competenza esulla sua descrivibilitàTra le varie definizioni di compe-tenza presenti in letteratura, unain particolare è ripresa frequen-temente: quella proposta inizial-mente da G.O. Klemp nel 19801,

ripresa da R.E. Boyatzis2, succes-sivamente riformulata più com-piutamente da L. M. Spencer eS. M. Spencer3 e, infine, utilizzatada W. Levati e M.V. Saraò nel lo-ro testo più famoso4: “per com-petenza intendiamo una carat-teristica intrinseca individuale,causalmente collegata a unaperformance efficace e/o supe-riore in una mansione o in unasituazione e valutabile sulla ba-se di un criterio stabilito”. Gli autori concepiscono la com-petenza come il prodotto del-l’interazione di alcune compo-nenti, di cui tre5 “core”: le capa-cità, le conoscenze, le esperien-ze finalizzate. I concetti di cono-scenza e di esperienza finalizza-ta non richiedono particolarispecificazioni, mentre il concet-to di capacità è da distingueredal concetto di abilità. Abilità traduce il termine ingleseskill ed è spesso usato impro-priamente per definire le com-petenze. “La distinzione terminologicanon è secondaria perché chiari-sce la prospettiva di analisi incui ci si pone. Il termine “capa-cità” deriva dal latino capax,ovvero che può contenere (sidice anche di recipienti spazio-si, capaci). Il termine “abilità”,invece, deriva dal latino habilis,cioè maneggevole6”. Etimologicamente, quindi, la ca-pacità evoca un significato dicontenimento, mentre l’abilitàquello di manipolazione. Ne deriva che per migliorareun’abilità è necessario esercizio,addestramento (rendere de-stro); mentre per migliorare una

capacità è necessaria una vera epropria formazione che aiuti ilsoggetto ad ampliare il proprio“contenitore” mentale, vale a di-re, le proprie referenze teorico-concettuali. Questo aspetto è fondamentaleper comprendere la definizionedi competenza avanzata stanteche secondo questa prospettivale capacità sono distinguibili in: - capacità gestuali (più propria-mente abilità gestuali);

- capacità relazionali;- capacità intellettive (relative,in campo professionale, aiprocessi diagnostici, decisio-nali, valutativi).

In ragione della definizione so-pra riportata, si pone il proble-ma della descrivibilità dellacompetenza che, in quanto “ca-ratteristica intrinseca dell’indivi-duo” non può essere descrittadirettamente. Descrivere unacompetenza, peraltro, è neces-sario perché una persona si de-finisce competente non perchéritiene di esserlo, ma perché èriconosciuta tale da altri. Questi ultimi, per la loro valuta-zione, non possono che basarsisull’osservazione della perfor-mance del soggetto, “causalmen-te collegata alla competenza”. Tale osservazione, come in tuttii processi valutativi, deve essereconfrontata con un “atteso”condiviso da una comunità pro-fessionale. L’atteso, nel nostrocaso, è rappresentato dalle atti-vità professionali che sono lamanifestazione della competen-za e, quindi, le descrittrici dellastessa. È ovvio che ogni operadi descrizione è selettiva e non

1 Klemp G.O., The assessment of occupational competence, report to the National Institute of Education, 1980.2 Boyatzis R. E., The competent manager: a model for effective performance, Wiley & Sons, New York, 1982. 3 Spencer L. M., Spencer S. M., Competenza nel lavoro, modelli per una performance superiore, FrancoAngeli, Milano, 1993.4 W. Levati , M. V. Saraò, Il modello delle competenze. Un contributo originale per la definizione di un nuovo approccio all’individuo e all’or-

ganizzazione nella gestione e nello sviluppo delle risorse umane, FrancoAngeli, Milano, 2003 5 Gli autori considerano anche altri elementi che influiscono sulla competenza (attitudini, motivazioni e contesto) che, però, ai fini del pre-

sente lavoro non sono prioritari. 6 Blandino G., Le capacità relazionali, prospettive psicodinamiche, Utet, Torino, 1996, p. 3-4.

anno XXVI n. 2 - Ottobre 20156 FOCUS: COMPETENZE SPECIALISTICHE

può riprodurre il tutto. “Una persona può essere rico-nosciuta come competente nonsolo se è capace di compierecon successo un’azione ma an-che se è capace di comprende-re perché e come si agisce … diagire con autonomia, … di rein-vestire le proprie competenze inun altro contesto”7. In ogni caso, pur nella consape-volezza dei limiti di tale opera-zione, essa è assolutamente ne-cessaria per effettuare in modocondiviso, comunicabile e com-prensibile, la scelta di queicomportamenti attesi, descrittisotto forma di attività professio-nali, in presenza dei quali sipuò affermare che una personaè competente.

Sul rapporto tra competenzaesperta e avanzata I professionisti esperti, di frontea una situazione da affrontare,dimostrano buona capacità diinquadramento della stessa, ri-conoscendone analogie e diffe-renze con esperienze pregressee dimostrano buona capacitànell’affrontare una strategiaoperativa, ancorandola a solu-zioni già sperimentate con suc-cesso. I professionisti con competenzaavanzata sono soggetti giàesperti che affrontano le situa-zioni non solo utilizzando leproprie esperienze pregresse,ma anche identificando, proget-tando, negoziando e realizzan-do, anche in termini multipro-fessionali, nuove strategie ope-rative, quando quelle disponibilinon sono sufficienti o convin-centi.

La competenza avanzata8 è,quindi, un’estensione dellacompetenza esperta da cui sidistingue per il fatto che, men-tre quella esperta - come dice iltermine - si acquisisce in granparte in modo esperienziale,quella avanzata si acquisisce at-traverso un arricchimento delrepertorio di saperi attraversopercorsi formativi universitari. Ciò che caratterizza particolar-mente la competenza avanzata,è la disposizione del soggetto aporsi in una dialettica continuatra generale e particolare. In al-tri termini il soggetto è in grado,costantemente, di far riferimen-to a modelli teorici e a quadriconcettuali (il generale) che gliforniscono la struttura mentaleper riflettere e orientarsi nell’o-peratività (il particolare).

Sul modello delle competenzeISFOL In Italia, tra i vari modelli di ana-lisi delle competenze che neglianni si sono succeduti, uno inparticolare - l’ISFOL - ha avutouna certa risonanza anche incampo infermieristico9. Il mo-dello Isfol è stato utilizzato nel2012 per la costruzione, poi su-perata, dei primi allegati dellabozza di accordo tra il Governo,le Regioni e PPAA sulla ridefini-zione, implementazione e ap-profondimento delle competen-ze e responsabilità dell’infer-miere e dell’infermiere pediatri-co. Nonostante la sua notorietà, ilgruppo di lavoro della FNC Ipa-svi ritiene che il modello Isfolpresenti alcune criticità applica-tive nel campo infermieristico,

soprattutto in relazione allecompetenze specialistiche. L’I-sfol (Istituto per lo sviluppo del-la formazione professionale deilavoratori) è un Ente nazionaledi ricerca dotato di autonomiascientifica, metodologica, orga-nizzativa, amministrativa e con-tabile; è sottoposto alla vigilan-za del Ministero del lavoro edelle politiche sociali, con unruolo storicamente esercitatonel campo delle politiche for-mative, del lavoro e sociali. Lo scopo dell’Isfol è quello dicontribuire alla crescita dell’oc-cupazione, al miglioramentodelle risorse umane, all’inclusio-ne sociale e allo sviluppo locale.Tale missione di ampio respiro èstata rivolta, fin dall’inizio, aqualsiasi realtà lavorativa, ma,peculiarmente ai sistemi produt-tivi10 in ragione delle aree di in-teresse del Ministero del Lavoro. Per sua natura, quindi, l’Isfolnon si occupa specificamentedei settori sanitari che, peraltro,afferiscono a un altro Ministero,sono correlati alle politiche sa-nitarie (e non a quelle del lavo-ro) e hanno caratteristiche di-verse da quelle di quei settoriproduttivi. Il modello Isfol che si articola incompetenze di base, trasversalie tecnico professionali, risentefortemente di tale approccio ge-neralista e risulta non del tuttoapplicabile all’ambito sanitariocome può essere evinto attra-verso le definizioni che l’Isfol11

ha dato dei tre tipi di compe-tenza: • competenze di base: capacità(quali, ad esempio, parlare in-glese, usare un computer, sa-

7 Le Boterf G., Costruire le competenze individuali e collettive, Guida editore, Napoli, 2008, p. 95.8 Oberle K.; Allen M., “The nature of advanced practice nursing“, Vol.49, number 3; Nursing outlook, 2001. 9 Vedi “Speciale competenze” in L’infermiere 4/2007 p. 1-40.10 In una pubblicazione del 1997 si presentano cinque ambiti professionali: settore turistico alberghiero comparto ristorativo ricettivo; qualità

nell’industria; settore metalmeccanico, automazione industriale, produzione; amministrazione, finanza e controllo; automazione d’ufficio. 11 ISFOL (1998), Unità Capitalizzabili e crediti formativi. Metodologie e strumenti di lavoro, a cura di G. Di Francesco, Franco Angeli.

7FOCUS: COMPETENZE SPECIALISTICHE anno XXVI n. 2 - Ottobre 2015

per cercare lavoro) riconosciu-te come prerequisiti per l’ac-cesso alla formazione e consi-derate imprescindibili per in-serirsi o reinserirsi positiva-mente nel mondo del lavoro eper fronteggiare in modo po-sitivo le situazioni di cambia-mento;

• competenze trasversali: capa-cità non connesse a una spe-cifica attività o posizione lavo-rativa, e che possono essereapplicate in più ambiti lavora-tivi e di vita; comprendono lacapacità di diagnosi, di rela-zione, di problem solving, didecisione;

• competenze tecnico-professio-nali: l’insieme dei saperi (co-noscenze specifiche e proce-durali) e delle tecniche con-nesse all’esercizio efficace dideterminate attività operativeproprie di specifici processi dilavoro.

Alla luce di tali definizioni sipuò ritenere che l’impostazionedi tale modello non sia del tuttoappropriata alla natura del “do-cumento quadro” per le se-guenti motivazioni: - le competenze di base, inquanto requisiti d’ingresso almondo del lavoro, non dannoconto della specificità dellecompetenze infermieristiche;

- le competenze trasversali, inquanto competenze metodo-logiche, tendono ad attestarsisu un livello troppo generale,eludendo la dimensione spe-cialistica e le sue differenti de-clinazioni nelle varie aree (adesempio: comunicare in pe-diatria è diverso che in areacritica; diagnosticare bisognidi assistenza nell’area chirur-gica ha contenuti diversi ri-

spetto all’area della salutementale; ecc..);

- le competenze tecnico profes-sionali evidenziano, già nel ti-tolo, solo la componente tec-nica della dimensione profes-sionale e richiamano, nel lin-guaggio infermieristico, signifi-cati mansionaristici che nonpare opportuno rievocare.

Sui riferimenti utilizzati dalgruppo In alternativa al modello Isfol, ilgruppo ha fatto riferimento, ol-tre che al concetto di compe-tenza prima citato e alle suecomponenti, ad altre referenzeinfermieristiche che coniuganola definizione della competenzacon la dimensione formativanecessaria per conseguirla. Il primo riferimento è il lavorodi Patricia Benner12 che applicaall’infermieristica il modelloDreyfuss sull’acquisizione dellecapacità. Nei confronti dellecompetenze professionali enu-cleate dalle reali situazioni clini-che e categorizzate per areefunzionali, Benner teorizza cin-que livelli di padronanza (dalprincipiante all’esperto); livelliche consentono di distinguere ipercorsi formativi necessari persostenerli. Il secondo riferimento è rappre-sentato dal Progetto europeoTuning che è parte di quel vastoprocesso di convergenza e rin-novo dei sistemi universitari eu-ropei, iniziatosi alla fine deglianni novanta, e tutt’ora in corso.Il Progetto Tuning Europa hasviluppato un metodo, utile perla progettazione o il rinnovo deicorsi di studio, fondato sullecompetenze e sui cosiddetti ri-sultati di apprendimento, siste-

matizzati anche dai cosiddettiDescrittori di Dublino. Nell’am-bito di tale progetto, si sono co-stituiti vari gruppi di ricerca che hanno compiuto un’ampia con-sultazione volta a identificare lecompetenze generali e specifi-che di alcune discipline pilota.Uno dei gruppi più attivi è statoquello infermieristico che hacontribuito a elaborare il docu-mento “Tuning EductionalStructures in Europe 2010”13 nelquale le competenze vengonoorganizzate in alcune aree fun-zionali. Sia il lavoro di Benner sia il pro-getto Tuning hanno optato perun’organizzazione delle compe-tenze per aree funzionali corri-spondenti a contenuti profes-sionali e non a categorie meto-dologiche come quelle del mo-dello Isfol (competenze di base,trasversali, tecnico professiona-li). Il gruppo, pertanto, ha ritenutomaggiormente appropriato farricorso a una struttura analogaanche se, dovendo prendere at-to del contesto e della linguaitaliana, ha fatto riferimento an-che alle aree funzionali cheemergono dal profilo professio-nale dell’infermiere (DM739/94) che rimane la matricesu cui si innestano le compe-tenze specialistiche. I tre riferimenti (Benner, Tuning,Profilo Professionale), quindi,sono stati utilizzati come coor-dinate entro le quali si è artico-lato in modo originale il lavorodel gruppo che ha organizzatole competenze nelle 5 aree fun-zionali (valutazione dei bisognidi assistenza infermieristica,progettazione e organizzazioneclinico-assistenziale, realizzazio-

12 Benner P, “L’ eccellenza nella pratica clinica dell’infermiere. L’apprendimento basato sull’esperienza” , McGraw-Hill, Milano, 2003. 13 Loknoff, J. et al., 2010. Tuning educational Structures in Europe 2010. A Tuning guide to formulationg degree programme profiles, inclu-

ding programme competences and programme learning outcomes, Bilbao: Univerisidad de Bilbao.

anno XXVI n. 2 - Ottobre 20158 FOCUS: COMPETENZE SPECIALISTICHE

ne coordinata di interventi, va-lutazione clinico-assistenziale,formazione-consulenza-ricerca).

Sull’utilizzo del termine “ap-profondimento” ed “espansio-ne” delle competenze Lo schema utilizzato per dise-gnare l’architettura del sistemainfermieristico che si viene adelineare nel “documento qua-dro” sull’evoluzione delle com-petenze infermieristiche, utilizza

due termini per denominare gliassi cartesiani: quello di “ap-profondimento delle competen-ze” nell’asse della clinica (ascis-se) e quello di “espansione del-le competenze” nell’asse dellagestione (ordinate). Il livello di visione di sistema edi astrazione del documentosull’evoluzione delle competen-ze infermieristiche, rende evi-dente che l’utilizzo dei termini“approfondimento” ed “espan-

sione”, mutuati da “job enrich-ment” e “job enlargement” -concetti in uso nella Sociologiadel lavoro - non intendono ri-chiamare all’effettuazione dianalisi delle strategie operativelegate al contesto di gestionedei lavoratori all’interno di spe-cifici ambiti produttivi, ma uni-camente raggiungere l’obiettivodi facilitare “professionalmente”la lettura dello schema stesso.

Allegato 1

GRUPPO INFERMIERI ESPERTI NELLA FORMAZIONE INFERMIERISTICA E GESTIONE EORGANIZZAZIONE DEI PROCESSI ASSISTENZIALI NELLE STRUTTURE SANITARIE

Sen. Annalisa Silvestro Dottore magistrale in scienze in-fermieristiche ed ostetriche. Master di II livello in Ricerca orga-nizzativa nelle aziende sanitarie. Componente del Comitato centra-le della FNC Ipasvi.

Rosaria AlvaroProfessore associato in Scienze in-fermieristiche Università Tor Ver-gata - Roma.Presidente cdl triennale in infer-mieristica. Presidente cdl magistrale in scien-ze infermieristiche ed ostetriche.

Stefania Di Mauro Professore Associato in ScienzeInfermieristiche. Presidente Consiglio di Coordina-mento Didattico Laurea in Infer-mieristica, Laurea in Ostetricia,Laurea Magistrale in Scienze Infer-mieristiche e Ostetriche - Univer-sità di Milano Bicocca.

Giorgio Magon Dottore magistrale in Scienze in-fermieristiche e ostetriche. Direttore SITRA Istituto Europeo diOncologia - Milano.

Giuseppe MarmoDottore Magistrale in Scienze in-fermieristiche e ostetriche. Coordinatore didattico corso Lau-rea Magistrale Scienze Infermieri-stiche e Ostetriche - UniversitàCattolica del Sacro Cuore, Facoltàdi Medicina e chirurgia di Roma -polo formativo Piccola Casa dellaDivina Provvidenza - Presidio Sa-nitario Ospedale Cottolengo di To-rino.

Beatrice Mazzoleni Dottore magistrale in Scienze in-fermieristiche ed ostetriche TutorCorso di Laurea in InfermieristicaUniversità degli Studi di MilanoBicocca - Sezione di Corso A.O.Papa Giovanni XXIII Bergamo. Segretaria del Comitato centraledella FNC Ipasvi.

Antonella PelusoDottore magistrale in Scienze in-fermieristiche ed ostetriche.Dottore magistrale in EconomiaAziendale. Direttore Dipartimento ProfessioniSanitarie e Sociali ASL NA 2 Nord.

Laura Rasero Professore associato in Scienze in-fermieristiche Università degli stu-di di Firenze. Presidente cdl in scienze infermie-ristiche e ostetriche. Direttore Uoc ricerca e sviluppodelle clinical practice.

Luisa Zappini Dottore magistrale in Scienze in-fermieristiche ed ostetriche. Dirigente servizio Centrale Unicaper l’Emergenza - dipartimentoprotezione civile - Provincia Auto-noma di Trento. Presidente del collegio IPASVI diTrento.

Maurizio Zega Dottore magistrale in Scienze in-fermieristiche ed ostetriche PhD. Responsabile Uoc Servizio infer-mieristico, tecnico e riabilitativo,Policlinico “Agostino Gemelli” –Roma.

9FOCUS: COMPETENZE SPECIALISTICHE anno XXVI n. 2 - Ottobre 2015

Essere infermieri in dialisi: specialisti ma non soloM. Chiara Pintori, CPSE Coordinatore Dialisi, Azienda Ospedaliero Universitaria di Ferrara

Il Comma 566 della Legge n. 190 del23 dicembre 2014. Disposizioni per laformazione del bilancio annuale e plu-riennale dello Stato (Legge di stabilità2015), sancisce la nascita delle com-petenze specialistiche dei professionistisanitari. Una tappa voluta e raggiuntanon senza molteplici difficoltà. Ancoraoggi ci domandiamo dove siamo, dovevogliamo andare e chi si riconosceràin ciò che è declinato nel comma 566.

L’infermiere di dialisi si può direspecialista?Esprimo qui il mio pensiero cercan-do di suscitare il dibattito tra i col-leghi che operano in questo comein altri campi similari.A mio avviso e sono convinta anchesecondo il lettore, le competenzeespresse dai professionisti che ope-rano all’interno dei servizi di dialisi,emodialisi e dialisi peritoneale, tro-vano pieno riconoscimento daquanto dichiarato nel comma 566. Credo che parlare di dialisi sia su-perfluo perché molti dei lettoriavranno sicuramente ricevuto unaformazione generale (infermieregeneralista come declinato nelDocumento approvato dal Comita-to Centrale della Federazione Na-zionale Collegi Ipasvi con deliberan. 79 del 25 aprile 2015), su cosa èla dialisi e come si svolge. Ma viverla dall’interno e osservaretutti i giorni la messa in campo diattività, approcci a tecniche dialiti-che molteplici e complesse, istru-zione di percorsi assistenziali, fa ca-pire come la messa in campo diprofessionalità tanto specifiche edindividuabili in un ambito così arti-colato, riconduce a quella sola per-sona, l’infermiere, detentrice dimolteplici informazioni e capace diassimilarne altre.Cosa voglio dire: l’infermiere chesvolge le sue funzioni in dialisi, èun professionista abile e compe-tente, in grado di mettere a dispo-sizione le proprie conoscenze, frut-to anche di un percorso formativoarticolato e che richiede un tempodi addestramento che va dai tre aisei mesi (Requisiti specifici per l’ac-creditamento delle Strutture di Ne-frologia e Dialisi in Emilia Roma-gna). Occorre circa un anno perché

l’operatore si possa definire auto-nomo, ma non esperto, per diven-tare tale, occorreranno almeno altri18/24 mesi di apprendimento sulcampo. In una realtà così comples-sa come quella della Dialisi, si in-trecciano molteplici attività che ri-chiedono il sapersi destreggiare frail paziente che necessita di assi-stenza in emergenza, perché il trat-tamento dialitico ha determinatosbalzi pressori, cali volemici, altera-zioni elettrolitiche e quello che ri-chiede sostegno e aiuto perchénon ce la fa più a sopportare lapropria condizione di malattia.L’insufficienza renale cronica, è unamalattia terminale e il paziente lo sa,come sa che affidarsi ad una mac-china che sostituisce la funzione delproprio rene, necessità dell’aiuto diun professionista che la sappia con-durre, è un po’ come guidare. Ecco l’infermiere è “l’autista” diquella macchina e più ne conoscele funzioni, meglio la sa utilizzare esfruttare e diventa attento nel tro-vare alternative, in collaborazionecol medico, quando un trattamen-to dialitico dimostra non esserel’ottimale. Ed è bravo a sorvegliare il pazientea lui affidato, pronto ad accogliereogni variazione dei parametri, maanche dello sguardo, della voce,del colorito della cute, del sensorio.Sono attenzioni che si sviluppanocol tempo, col progredire delle co-noscenze, delle “competenze”. Quelle competenze che diventanocosì tanto specifiche, da definirel’infermiere esperto di dialisi. È lafigura insostituibile e capace il cuiruolo è calato in un universo fattodi persone, pazienti, colleghi e dimacchine, quelle indispensabili persostituirsi alla funzione del reneoramai fuori uso. L’inventore dellamacchina per dialisi è stato un ge-nio, ma la mente umana che la sacondurre, è impareggiabile. E formarsi non basta mai, ci sonotecniche sofisticate, frutto di ricer-che e scoperte sempre nuove, perle quali l’infermiere deve tenersicontinuamente aggiornato e met-tersi a disposizione della scienzaper applicare quanto appreso. Può sembrare un lavoro pretta-

mente tecnico, e in parte lo è, mapoi emerge la parte umana che faparte di noi e fa in modo che l’o-peratore, non sia solo uno speciali-sta per il paziente, ma diventa l’a-mico, quasi il confidente e scopricosì l’articolo dell’ultimo minutopubblicato da un paziente, che de-finisce il personale della dialisi unagrande famiglia. E poi c’è l’infermiere sconvolto per-ché chiamato in reperibilità, ha do-vuto prestare assistenza ad una pa-ziente ricoverata in rianimazione,che necessita di dialisi per unevento acuto molto grave e si ren-de conto che è quella stessa pa-ziente vista il giorno prima con laquale aveva parlato, scherzato, enon può fare a meno di commuo-versi pensando che con quella dia-lisi probabilmente non la salveràperché il suo destino è segnato.Capisci così che c’è ben che altrooltre quelle attività meccanichesvolte in modo quasi routinario,L’aspetto umano, l’ascolto attivo, ilconoscere i problemi famigliari esociali, il farsi carico di situazioni avolte più grandi di noi, ma non nepuoi fare a meno perché sai chequel paziente, quella persona ti èstata affidata e non lo vedrai perun solo giorno o una settimana, lovedrai per mesi, anni. La sua vitadiventerà parte integrante della vitadella grande famiglia che è larealtà della dialisi. E allora riconosci che fare educa-zione terapeutica, favorire la com-pliance del paziente, mettere in at-to l’ascolto attivo, sono capacitàtrasversali ad ogni professionista,ma diventano specifiche se calatenella realtà nella quale si opera. È così che io vedo un infermiereesperto in ambito dialitico, è unarealtà molto simile a tante altre,ma che ho voluto descrivere per ri-flettere un attimo sul nostro ruoloche non si ferma solo all’ambitotecnico, ma che richiede una voltadi più advocacy (supporto attivo al-la persona) oltre che professiona-lità, caring (prendersi cura) oltreche capacità, accountability (averela responsabilità dell’assistenza) ol-tre che competenza e il lettore co-sa ne pensa?

anno XXVI n. 2 - Ottobre 201510 SPERIMENTAZIONI ORGANIZZATIVE AZIENDE SANITARIE FERRARA

Premessa Il Presidio Ospedaliero dell’Ausldi Ferrara aggrega funzionalmen-te 3 Ospedali, Mazzolani Vandinidi Argenta, SS. Annunizata diCento e Ospedale del Delta diLagosanto, che insistono sul terri-torio dell’Azienda USL di Ferrarain un’ottica di integrazione ecompatibilità con la distribuzioneterritoriale delle restanti strutturesanitarie con cui definire un as-setto complessivo capace di ga-rantire l’ottimale integrazione frale funzioni ospedaliere e quelleterritoriali. Le funzioni assistenziali sono ag-gregate secondo il modello orga-nizzativo dipartimentale, tenutoconto dell’affinità delle diversediscipline ovvero della comple-mentarietà esistente fra le bran-che specialistiche. Sono collegatein rete garantendo integrazionefunzionale, efficienza gestionale,competenza tecnica ed efficaciadelle prestazioni. I dipartimentitravalicano i perimetri dei singolistabilimenti Ospedalieri.

Presidio Ospedaliero di Argenta

Le funzioni di coordinamento del-le due articolazioni portanti del-l’impianto complessivo del Presi-dio Ospedaliero (Dipartimenti eStabilimenti Ospedalieri) sono af-fidate al Dipartimento “DirezioneAssistenza Ospedaliera” il cui Di-rettore presiede il Collegio di Pre-sidio, rivolto ai Direttori di Diparti-mento Ospedaliero, e i Collegi diStabilimento, rivolti ai Responsa-bili di Unità Operativa. La Regione Emilia Romagna, conil DGR 217/2014 “LINEE DI PRO-GRAMMAZIONE E FINANZIAMEN-TO DELLE AZIENDE DEL SERVIZIO

SANITARIO REGIONALE PER L’AN-NO 2014” del 24/02/2014 vedeconfermarsi, per la programma-zione sanitaria regionale dell’e-sercizio 2014, l’obiettivo indero-gabile del pareggio di bilancio,che costituisce vincolo e obietti-vo sia per il Servizio Sanitario Re-gionale nel suo complesso cheper le singole Aziende sanitarie,perseguibile attraverso le misureprecedentemente richiamate, at-traverso le azioni di qualificazio-ne del sistema sanitario che datempo sono state promosse a li-vello regionale, quali la riorga-

nizzazione del modello di assi-stenza ospedaliera per inten-sità di cura e per intensità assi-stenziale, il riordino delle cureprimarie e la revisione dei mo-delli organizzativi, nonché attra-verso il proseguimento delleazioni di sostenibilità e di razio-nalizzazione poste in essere a li-vello aziendale. Emerge quindi dalla DGR 217/2014 che “l’intensità di cure” rap-presenta l’elemento guida per lacreazione del “nuovo ospedale”tout court. Tale riorganizzazione delle attivitàospedaliere vede il superamentodell’articolazione per Unità Ope-rative differenziate secondo la di-sciplina specialistica. Da dicembre 2013, l’Azienda USLha intrapreso la riorganizzazionedelle strutture ospedaliere secon-do il modello per intensità di cu-ra e complessità dell’assistenza,che ha coinvolto attivamente cir-ca 200 operatori e ha portato al-la pubblicazione del documentoaziendale “Linee di consensotra i professionisti aziendalisulla riorganizzazione per in-tensità di cura e complessitàdell’assistenza – Azienda USLdi Ferrara”.

Presidio Ospedaliero di Cento

Presidio Ospedaliero del Delta

Assistenza infermieristica nei Presidi Ospedalieridell’AUSL di Ferrara cambia modello

a cura di Marika Colombi, Direzione Infermieristica e Tecnica AUSL di FerraraCristiano Pelati, Direzione Infermieristica e Tecnica AUSL di Ferrara

Anna Maria Ferraresi, U.O. Formazione Interaziendale Loredana Gamberoni, Professore a contratto Unife

11SPERIMENTAZIONI ORGANIZZATIVE AZIENDE SANITARIE FERRARA anno XXVI n. 2 - Ottobre 2015

All’interno degli Ospedali dell’A-zienda USL di Ferrara, si possonoindividuare le seguenti piattafor-me logistiche con i seguenti livellidi intensità di cura: - piattaforma intensiva (Ospedaledi Cento e del Delta), per pa-zienti ad alta intensità assisten-ziale, comprendente posti lettodi terapia intensiva e subinten-siva afferenti a diverse discipli-ne;

- piattaforma medica (Ospedaledi Cento, del Delta, di Argenta),caratterizzata dall’aggregazionedelle specialità di area medica,nella quale si distinguono un li-vello medio di intensità dellecure (specificatamente per i pa-zienti che provengono dal Pron-to Soccorso), ed un’area a bas-sa intensità dedicata alla curadelle post-acuzie o low care,lungodegenziali e riabilitative,per pazienti provenienti anchedalla piattaforma chirurgica.

- piattaforma chirurgica (Ospeda-le di Cento, del Delta, di Argen-ta), caratterizzata dall’aggrega-zione delle specialità di areachirurgica con un livello mediodi intensità delle cure, nellaquale concentrare esclusiva-mente i pazienti che necessita-no di intervento chirurgico.

All’interno sia della piattaformamedica, sia della piattaforma chi-rurgica è possibile distinguere li-velli di intensità diversi, in correla-zione alla tipologia di ricovero: - un livello medio alta riferito a ri-coveri con accesso diretto daPS o programmati (es: ricoveroda PS in area medica, ricoveroprogrammato long surgery inarea chirurgica);

- un livello medio bassa (es: rico-vero in lungodegenza postacu-zie o ricovero programmato inday surgery).

Nell’ambito della riorganizzazioneospedaliera per intensità di cura,La Direzione Infermierisitca e tec-nica Aziendale ha proposta allaDirezione Generale il Progetto

Aziendale relativo al modello delPrimary Nursing. Il cuore del Primary Nursing èl’assegnazione chiara ed indivi-dualizzata delle responsabilitànella presa delle decisioni relativeal percorso assistenziale del pa-ziente da parte dell’InfermiereReferente o “Infermiere Primary”.L’ospedale per intensità di curecosì come il Primary Nursing in-troducono due figure fondamen-tali: il medico e l’infermiere di ri-ferimento, come declinato neldocumento “Linee di consenso tra i profes-sionisti aziendali sulla riorga-nizzazione per intensità di curae complessità dell’assistenza –Azienda USL di Ferrara”.

Primary Nursing: Il modelloIl Primary Nursing è un sistema dierogazione dell’assistenza che sifocalizza sulla relazione paziente-infermiere e sulla comunicazionee sulla continuità delle cure, es-senziali per una pratica sicura; sibasa sulla promozione del ruolonaturale dell’infermiere quale ge-store dell’assistenza. La scelta di rivedere il modello èoggi improcrastinabile in quantoè impensabile continuare a lavo-rare come 50 anni fa. Le esigenzedei cittadini, la formazione e le

competenze dei professionisti so-no cambiate, il contesto sanitarioè in continua evoluzione e neinostri ospedali le attività assisten-ziali sono ancora vincolate aicompiti e alle funzioni. Questa si-tuazione, diffusa nelle corsie ita-liane, non contribuisce al ricono-scimento, da parte dei pazienti edei loro famigliari, dell’infermierequale professionista autonomo eresponsabile, in grado di prender-si cura della persona e di pianifi-care il processo assistenziale ededucativo conseguente alla situa-zione clinico assistenziale accer-tata. Per rispondere a questa esigenzadei professionisti e alla necessitàdi garantire cure di qualità ai pa-zienti nasce l’esperienza dell’im-plementazione del Primary Nur-sing, un modello per l’erogazionedell’assistenza infermieristica ba-sata sulle relazioni e guidata dallerisorse. Lo studio e lo sviluppo ditale modello organizzativo risal-gono alla fine anni Sessanta inizianni Settanta negli Stati Uniti,Marie Manthey1 è l’infermiera cheha approfondito e sviluppato iconcetti di cura legati al primarynursing. Gli obiettivi del Primary Nursing(PN) sono: sostenere il personaleinfermieristico, riconoscere e con-ferire loro più autonomia, autoritàe potere decisionale e fornire alpaziente ed alle loro famiglieun’assistenza personalizzata siadal punto di vista umano cheprofessionale. Il P.N. sostiene la pianificazioneassistenziale con gli altri speciali-sti, essenziale in un sistema dierogazione dell’assistenza basatosul lavoro di team e si oppone al-la centralizzazione del sistemadecisionale, contribuendo alla dif-fusione della delega. Il modello del primary nursing sibasa su quattro elementi cardineche sono: • l’attribuzione e l’accettazione daparte di ciascun professionista

1. M. Mantey ”la Pratica del primary nursing”, Pensiero scientifico editore, Roma, 2008.

M. Mantey

anno XXVI n. 2 - Ottobre 201512 SPERIMENTAZIONI ORGANIZZATIVE AZIENDE SANITARIE FERRARA

della responsabilità personalenel prendere decisioni;

• l’assegnazione dell’assistenzaquotidiana secondo il metododei casi (case method);

• la comunicazione diretta dapersona a persona;

• nel modello del Primary Nur-sing la responsabilità per ognipaziente è affidata in modocontinuativo ad un infermieredi riferimento dall’ammissionein ricovero alla dimissione.L’at-tribuzione di responsabilità delprocesso assistenziale di un pa-ziente ad un infermiere è il vero“core” del modello. In questomodello un infermiere è il re-sponsabile delle cure infermie-ristiche di un determinato pa-ziente dall’ammissione alla di-missione. L’infermiere di riferi-mento è il detentore delle infor-mazioni riguardanti il pazienteed il responsabile della trasmis-sione totale o parziale di taliinformazioni ai colleghi e aglialtri componenti del team;

• Nel secondo elemento cardineManthey descrive come avvienela costruzione ottimale del bi-nomio paziente/infermiere. IlCase Method ha come obiettivoprincipale quello di migliorarela corrispondenza tra i bisognimanifesti o potenziali del pa-ziente e le abilità degli operato-ri. I principali criteri da tenere inconsiderazione per l’assegna-zione dei pazienti agli infermieridi riferimento sono: 1. i bisogni assistenziali rilevatiattraverso la fase di asses-sment infermieristico all’in-gresso;

2. le capacità/competenze e ipunti di forza dei professio-nisti che compongono l’e-quipe assistenziale.

• L’assegnazione secondo il casemethod mette al centro delprocesso di assistenza il pazien-te e non l’organizzazione, in ba-se ai bisogni del paziente stes-so, l’organizzazione si adatta. Ilmodello del primary prevedesostanzialmente l’abbattimentodella piramide comunicativa e i

filtri tra operatori/operatori edoperatori/paziente: chi a variotitolo interviene nel processo dicura di un determinato pazientecomunica direttamente con glialtri professionisti responsabilidelle cure.

• Abbattendo i filtri della comuni-cazione le informazioni riguar-danti le cure si approfondisco-no e si accentrano sui bisognidel paziente. I professionisti, in-fermieri, medici, fisioterapisti,dietisti si incontrano fra loro ediscutono direttamente del pia-no di cura del paziente. Il mo-dello integra nella figura dell’in-fermiere di riferimento il ruolodi erogatore dell’assistenza e ilruolo di pianificatore delle cure.L’infermiere di riferimento piani-fica le attività assistenziali nelladocumentazione determinandouna linea di continuità nel per-corso di cura. L’infermiere asso-ciato che sostituirà nella turni-stica l’infermiere di riferimentodovrà continuare quanto piani-ficato dal primo, mantenendola sorveglianza sulle problema-tiche aperte.

IL PROGETTO AZIENDALE La sfida rappresentata dell’imple-mentazione del nuovo modelloassistenziale, prevede un passag-gio culturale importante poichéva a modificare gli elementi nega-tivi del modello funzionale forte-mente strutturati, che hanno datoscarsa visibilità alla specificitàprofessionale e all’offerta di un’as-sistenza infermieristica erogata inmodo sistemico a tutti i pazienti.Oggi è indispensabile ripensareall’aspetto organizzativo azienda-le in modo da coinvolgere il mag-gior numero di operatori dandoloro autonomia e visibilità. Con questo scopo è stato effet-tuato un progetto formativo/orga-nizzativo o meglio di formazio-ne/azione costituito da fasi arti-colate nel biennio 2015-2016:

1a fase - costituzione del comitatoscientifico di Progetto della Di-

rezione Infermieristica e TecnicaOspedaliera a sostegno dell’im-plementazione del modello Pri-mary Nursing in tutte le sue fasinonché definizione di un setminimo di degli indicatori di ri-sultato e di outcomes,per rap-presentare a tutti gli stakehol-ders la significatività del proget-to in termini di efficacia assi-stenziale ed efficienza organiz-zativa ed infine redigere ediffondere il relativo manualeoperativo aziendale;

- formazione residenziale (svol-ta nel primo semestre 2015)“Ruoli e competenze delle pro-fessioni sanitarie nelle organiz-zazioni di intensità di cura ecomplessità dell’assistenza”,con costituzione di una reteaziendale di referenti, con fun-zione di gruppo a sostegno del-la verifica di fattibilità del mo-dello e successiva funzione difacilitatori dell’implementazio-ne.

2a fase- Azione di benchmarking convisita studio guidata all’AziendaSanitaria di Biella effettuata il20 e 21 maggio 2015.

- “Lancio del progetto” con se-minario di approfondimento ri-volto a tutto il personale infer-mieristico e medico delle sediindividuate, svolto il 28 maggio2015, e a cui hanno preso parteil Direttore Sanitario Dott. M.Marabani, il Direttore Diparti-mento Assistenza Ospedaliera,Dott. S Nola e la Dott.ssa B. Ca-selli, Responsabile Direzione In-fermieristica e Tecnica Azienda-le. Il Dott. Pelati, ResponsabileDIT Area Ospedaliera, ha defini-to gli obiettivi del progetto.

3a fase - Attivazione di gruppi di lavoroin capo al Comitato di Proget-to relativi a: • Revisione documentazione(accertamento, pianificazioneassistenziale, relazione di di-missione infermieristica);

• analisi delle competenze (bi-

13SPERIMENTAZIONI ORGANIZZATIVE AZIENDE SANITARIE FERRARA anno XXVI n. 2 - Ottobre 2015

lancio di competenze e com-petenze attese per setting as-sistenziale);

• progettazione della secondafase di formazione sul PrimaryNursing prevista per la finedel secondo semestre 2015 eper tutto l’anno 2016, checonsiste: w primo livello di alfabetizza-zione (possibilmente in FAD)– requisito minimo per acce-dere alla formazione di 2 li-vello;

w formazione di formatori conla funzione di esperti e facili-tatori del modello;

w formazione dei coordinatori; w formazione di secondo livel-lo rivolta al personale dellearee di sperimentazione;

w formazione specifica relativaal ragionamento clinico sem-pre rivolta alle aree speri-mentali);

w sperimentazione;w analisi degli indicatori disperimentazione (a sei mesidall’avvio e ad un anno).

ATTORI E RESPONSABILITÀIl progetto ha visto coinvolti nu-merosi attori con responsabilitàdiverse quali: - Direzione Sanitaria Aziendale:per l’approvazione del progettoe per le indicazioni di caratteregenerale;

- Direzione Infermieristica e Tec-nica Aziendale titolare del pro-getto che quindi ha la respon-sabilità dello stesso partendodall’individuazione del gruppodi progetto, dalla definizione

del tempogramma, con funzio-ne anche di sostegno e facilita-zione nonché di verifica deglistati di avanzamento. In partico-lare, si è identificato un Refe-rente aziendale di progetto, cherappresenta il collegamentoaziendale delle attività previstedal progetto, il monitoraggiodegli stati di avanzamento el’interfaccia con i coordinatoriassistenziali finalizzati all‘unifor-mità dell’implementazione. Infi-ne, verifica i risultati in itinere efinali.

- Il personale delle UO sedi disperimentazione che sono gliattori primi di tutto il progetto;

- Direzione Medica di Presidioper la facilitazione dello stessoattraverso il coinvolgimento deidirigenti medici;

- Articolazioni organizzative delleDirezioni Infermieristiche e Tec-niche Ospedaliere per il sup-porto decisionale, il sostegno ela facilitazione a livello di singo-lo Presidio Ospedaliero;

- Coordinatori assistenziali: refe-renza applicazione modello peril setting di riferimento.

- Referente DIT di Presidio per ilmonitoraggio progressione delprogetto all’interno del Presidioe proposta di nuovi stati diavanzamento;

- Referente formazione: per l’a-nalisi fabbisogni formativi speci-fici, la predisposizione del ma-teriale didattico, l’accreditamen-to ECM degli eventi formativi,per l’animazione attività forma-tive.

Il nuovo ospedale di Biella

Il gruppo ferrarese con il personale dell’ASL di Biella nella visita stu-dio del 20 e 21 maggio2015

anno XXVI n. 2 - Ottobre 201514 SPERIMENTAZIONI ORGANIZZATIVE AZIENDE SANITARIE FERRARA

2a fase: Attività di bench-marking e visita studio al-l’ASL di Biella Essendo il benchmarking un pro-cesso sistematico e continuo diconfronto tra un’azienda e altreritenute migliori,con lo scopo dicomparare la propria efficienza intermini di qualità e best practice(Karlof e Ostblom2), si è optatoper l’ASL di Biella in quanto nel

panorama italiano rappresenta larealtà che ha applicato il modelloin modo sistematico e continuocon un disegno strategico benchiaro. L’ASL di Biella ha iniziato ilprogetto nel 2007 sperimentandoil modello nell’area medica e suc-cessivamente in modo gradualelo ha applicato a tutte le Unitàoperative ospedaliere, e sta ini-ziando la sperimentazione nelle

aree territoriali.L’incontro di due giornate ha vistocoinvolti una parte degli infermie-ri, coordinatori e dirigenti delgruppo di progetto con lo scopodi verificare la fattibilità del pro-getto.Nel riquadro il comunicato dell’uf-ficio stampa dell’Asl di Bella con ilquale si è data comunicazione al-la città di questa iniziativa.

COMUNICATO STAMPA (a cura dell’ufficio stampa dell’ASL di Biella)

L’APPLICAZIONE DEL “PRIMARY NURSING” IN AUSL FERRARA: STUDIO SUL CAMPO - UNA DELEGAZIONE “FERRARESE” AL NUOVO OSPEDALE DELL’ASL BI

Dodici professionisti, tra coordinatori ed infermieri dell’Azienda Unità Sanitaria Locale e del CollegioIPASVI di Ferrara, hanno potuto osservare l’esperienza biellese di assistenza infermieristica “Primary

Nursing” basata sulla teoria dell’infermiere di riferimento

Mercoledì 20 e giovedì 21 maggio scorso, una delegazione di 12 persone, tra coordinatori ed infermieri,dell’Azienda sanitaria di Ferrara ha fatto visita all’Ospedale degli Infermi di Biella per osservare sul campol’applicazione del “Primary Nursing”. Si tratta di un modello di assistenza infermieristica che l’ASL BI ha in-trodotto in forma sperimentale nel 2006, grazie al contributo della Fondazione Cassa di Risparmio di Biella.All’epoca, l’Azienda Sanitaria Locale di Biella fu tra le prime in Italia ad approntare questo modello che pre-vede la presa in carico del paziente da parte di un singolo infermiere, il quale diventa, di fatto, operativa-mente responsabile del percorso assistenziale dell’ammalato 24 ore su 24, 7 giorni su 7, per tutta la duratadella degenza. La delegazione ferrarese, accolta da Antonella Croso, Responsabile della Direzione delle Professioni Sanita-rie, e da Claudia Gatta, coordinatore infermieristico del Dipartimento di Medicina dell’ASL BI, ha potuto toc-car con mano l’applicazione del “Primary Nursing” nei reparti dell’ospedale biellese e constatare quanto l’e-sperienza condotta sia, in tal senso, innovativa e, al tempo stesso, consolidata.Marika Colombi, responsabile assistenziale del Dipartimento Medico e Chirurgico della Direzione Infermie-ristica e Tecnica ospedaliera dell’AUSL di Ferrara, commenta: «Ciò che abbiamo visto al “Degli Infermi” ci hareso consapevoli del fatto che il modello è applicabile ed estendibile a tutti i reparti ospedalieri. Inoltre, os-servando l’esperienza sul campo ci siamo resi conti che, se sostenuto, questo percorso può elevare la pro-fessionalità dell’infermiere all’interno del presidio». La visita della delegazione fa seguito alla partecipazione dell’ASL BI a due convegni che si erano svolti ri-spettivamente nel marzo e nell’ottobre del 2014, proprio a Ferrara.

Al termine della visita è stato po-sta ai partecipanti questa doman-da “di questa esperienza che co-sa ha colpito di più, quali i puntidi forza e di debolezza”? Ecco lerisposte di alcuni partecipanti: Alessandro infermiere Presidio diCento: «mi è piaciuto vedere l’at-to pratico di questo modello, lasua applicazione ed il confronto

con chi lo ha attuato e si scontratutti i giorni con i problemi chesorgono e mi porto a casa unaleva su cui far forza con i colleghirestii al cambiamento e la leva èil richiamarli alla responsabilità,perché il modello mette in evi-denza la responsabilità dell’infer-miere verso il paziente e verso glialtri, non saprei dire cosa non mi

è piaciuto… è molto diverso daquello che sto facendo adesso, ilgiro letti ecc, è una rottura conl’attuale modello utilizzato, occor-re essere supportati nella formaadeguata».Gigliola Infermiera Presidio di Ar-genta: «mi porto a casa una ri-sposta al mio modello ideale diprofessione infermieristica, affron-

2. Bengt Karlöf, Svante Östblom: Benchmarking, Wiley 1993.

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tare il mio lavoro come è fatto og-gi ha portato ad una abitudine,una routine operativa, l’obiettivoè farsi carico del paziente, ho vi-sto che questo è possibile, e quin-di posso incitare i miei colleghi alcambiamento perché siamo in unmomento di cambiamento nonsolo organizzativo ma anche cul-turale e quindi di rispondere an-che ai colleghi che si sono ada-giati alla routine ed hanno persolo stimolo a cambiare». Anna: Coordinatore Area MedicaPresidio di Argenta: «ho affronta-to questo percorso perché credomolto in questo nuovo modello,ho letto un libro, ma mi aspetta-vo qualcosa di più volevo vedereuna realtà, mi porto a casa l’en-tusiasmo di questa equipe che èriuscita a realizzare questo pro-getto. Sono molto carica di fidu-cia e speranza che spero di por-tare anche agli altri colleghi,penso che possiamo farcela, il PNè uno strumento di lavoro che ve-de al centro la responsabilità, la-vorare con responsabilità dà lapossibilità di portare a casa qual-cosa agli infermieri, che sono sot-toposti a trasformazioni fatte dal-l’alto e che non sempre condivi-dono, ciò che mi ha lasciato dub-bi è la preparazione che prevedestep importanti ad esempio l’ap-propriarsi dell’educazione tera-peutica ora molto disattesa, ce lapossiamo fare, perché abbiamovisto che qualcuno ce l’ha fat-ta…». Marika: Responsabile Infermieri-stica Dipartimento: «molto entu-siasmo e la consapevolezza dellafattibilità, la possibilità di portarea casa il progetto, mi porto molteinformazioni operative, molti sug-gerimenti derivanti dagli errorifatti dai colleghi, da evitareaspetti negativi: abbiamo un as-setto regionale e aziendale chepotrebbero essere frenanti il pro-getto,ma ce la faremo». Daniela. Direzione Infermieristicae Tecnica di Cento: «è stata un’e-sperienza più che positiva perchéci ha dato la possibilità di verifi-care sul campo il metodo di ap-

plicazione di questo modello, unmodello di tipo professionale chegarantisce la continuità e l’atten-zione puntata sul paziente e allacontinuità dell’assistenza e va adelevare la professionalità dell’in-fermiere». Enrico: Direzione Infermieristica eTecnica Presidio di Argenta:«esperienza più che positiva so-prattutto per aver visto e sentitodagli operatori il percorso che lo-ro hanno fatto negli anni dal2007 ad oggi, vedere che i pro-blemi che loro hanno riscontratosoprattutto nell’implementazionedel modello PN erano proprioquelli che erano previsti nel ma-nuale della Mantey, ad esempiola fiducia che loro dovevano con-quistare come infermiere pri-mary, l’assegnazione dei casi agliassociati, ciò che mi ha colpito èvedere che tutta la parte docu-mentale è stata fatta in funzionedella realtà operativa in cui veni-va svolta senza troppe parti lega-te a modelli teorici di riferimen-to,ma molto più legato ad aspetti funzionali, l’aspetto del PN chepiù si è evidenziato è il ruolo del-l’infermiere nel prendere in cari-co il paziente dal momento in cuiviene effettuato il primo accerta-mento e che poi viene accompa-gnato sempre con un occhio alladimissione». Maria Rosa: Coordinatrice Lun-godegenza Argenta: «mi ha colpi-to l’entusiasmo dei colleghi, dellavoglia di implementare il proces-so, la voglia di crescere, la possi-bilità di trasformare percorsi par-cellizzati in qualcosa di veramen-te infermieristico».Giovanna: Coordinatrice Presidiodel Delta: «esperienza fantastica,vedere applicato qualcosa lettosolo sui libri è gratificante, l’a-spetto più bello è l’entusiasmodelle persone ed anche il fattoche tanti strumenti ci stanno por-tando al PN, quindi le difficoltàche sembravano insormontabiliall’inizio, ora lo sembrano moltomeno, quello che mi è piaciutomeno è che abbiamo parlato so-lo con i coordinatori ed i formato-

ri, non abbiamo sentito la vocedegli infermieri». Carolina: Direttore Corso di Lau-rea in Infermieristica: «interessan-te soprattutto per l’immagineprofessionale che l’infermiere pri-mary presenta al paziente, per latrasparenza della pianificazioneassistenziale ed anche perhèadeguato al tirocinio gli studentiche possono verificare sul campoche si può lavorare ”diversamen-te”; oggi l’infermiere ha bisognodi avere un’immagine professio-nale forte che gli permetta diesprimere le competenze, essereinfermiere vuol dire saper pianifi-care e prendersi in carico il pa-ziente e soprattutto nella fase didimissione e nella comunicazio-ne ed educazione terapeutica». Rossella Responsabile Infermieri-stica Dipartimento FT: «tante ideee lo stimolo ad iniziare a lavora-re, le condizioni verificate sonopositive,le due giornate ben or-ganizzate e questo ha reso possi-bile fare quesiti e rispondere aidubbi con i quali eravamo partitie che avevano reso ”impossibileo quasi” l’idea di realizzazione diquesto modello, i vincoli organiz-zativi della nostra azienda cicreeranno problemi, però ci sonole condizioni favorevoli per inizia-re il progetto».

Conclusioni A conclusione della visita di ben-chmarking a Biella è stato chiestoai partecipanti di diventare com-ponenti della network che si stacostruendo tra le aziende cheadottano il PN allo scopo di sup-portare e supportarsi nel percor-so, anche questa è un’opportu-nità da non lasciarsi sfuggire per-ché è nella rete di condivisione dipareri,esperienze, successi ed in-successi che una comunità pro-fessionale cresce ed avanza, dan-do visibilità del proprio operato aicittadini che sono la ragione diesistere dell’infermieristica. E come dice Florence Nightingale“l’infermieristica è una profes-sione nobile, ma tocca a voi in-fermieri renderla nobile”.

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HANDOVER BEDSIDE: Dalla ‘‘consegna’’ tradizionale al passaggio delle informazioni al letto del paziente: studio osservazionale presso la piattaforma chirurgica di Argenta

A cura di Farinelli Sara, Laureanda in infermieristica, Università di Ferrara

e Colombi Marika, Relatore

RiassuntoLa cosiddetta consegna infermieristi-ca rappresenta da sempre una mo-dalità di comunicazione propria del-le equipe infermieristiche. In qual-siasi setting assistenziale (ospedalie-ro, territoriale, domiciliare) in cui siagarantita una continuità assistenzia-le relativa ad un processo infermieri-stico, essa costituisce un momentoimprescindibile di scambio delleinformazioni tra colleghi sulle condi-zioni clinico-assistenziali dei pazientiin carico. Le consegne rappresenta-no il momento di scambio di tuttele informazioni utili a svolgere il tur-no successivo per garantire la conti-nuità assistenziale, riducendo lapossibile comparsa di eventi avversi.La sperimentazione del modelloHandover Bedside che si è svoltapresso la Piattaforma Chirurgica diArgenta si è avvalsa di un tutor me-todologico esterno, esperto del te-ma e delle modalità di implementa-zione del modello. La fase pilotaaveva lo scopo di orientare la conse-gna infermieristica verso modalitàorganizzative che garantissero qua-lità comunicativa e sicurezza delleinformazioni e verificare le possibi-lità di estendere il progetto a tutte lepiattaforme aziendali.

IntroduzioneIl passaggio delle informazioni rap-presenta un momento indispensa-bile nella comunicazione che carat-terizza praticamente tutte le realtàsanitarie, è una costante della pro-fessione infermieristica ed ha dellemotivazioni fondate nella continuitàassistenziale. Le modalità di passag-gio di informazioni al cambio turnolavorativo rappresentano un mo-mento fondamentale per risponde-re ai reali bisogni dei pazienti e perla loro presa in carico.Tradizionalmente il passaggio della

consegna si svolge nella guardiolainfermieristica ed è messo in discus-sione, come emerge dalla letteratu-ra, sia per la qualità delle informa-zioni trasmesse che per il temposottratto all’assistenza diretta. Essaconsiste nel passaggio di informa-zioni aggiornate fra gli infermieri sul-le condizioni di salute dei pazienti ene trasferisce la responsabilità al tur-no successivo. Si svolge di solito inun ambiente isolato lontano dal pa-ziente, non promuove la sua parteci-pazione attiva e crea le circostanzeper una “catarsi” del personale(6).

La consegna tradizionaleLa forma tradizionale della conse-gna ha la funzione di mantenere lacontinuità assistenziale (Holly2009)(22), ma anche l’autorità e ilcontrollo sul paziente, senza pro-muovere la sua partecipazione edautonomia. La consegna è un ele-mento importante della giornata la-vorativa di ogni infermiere, tuttaviaspesso si tralasciano i bisogni delmalato, il progetto assistenziale,l’efficacia degli interventi infermieri-stici e la pianificazione della dimis-sione. La consegna tradizionale avolte tende a dilungarsi inutilmentesenza ragioni e con contenuti nonessenziali ai fini dell’assistenza delpaziente(32). Attraverso lo studio e la

ricerca in letteratura per quanto ri-guarda la consegna tradizionale, siè rilevato che i fattori che influenza-no uno scorretto passaggio di infor-mazioni sono lo stress, il tempo,una comunicazione inefficace e lapresenza di contenuti non pertinen-ti al passaggio delle informazioni.Meissner in un articolo del 2007(34),riferisce che più della metà degli in-fermieri in Italia è scontento delpassaggio di informazioni al cambiodel turno per le tante interruzioni el’insufficienza/inadeguatezza dellenotizie. Altri autori come Postal(2006)(37) e Leslie (2013)(30) riferisco-no nei rispettivi articoli quanto le in-terruzioni e le distrazioni durante laconsegna siano elementi che distur-bano e possono causare errori nellacomunicazione e nelle cure. Spoo-ner in un articolo del 2014 ha pub-blicato uno studio in cui spiega cheuna “efficace consegna clinica com-porta la comunicazione di informa-zioni rilevanti per il paziente da unfornitore di assistenza ad un altroed è fondamentale per garantire lasicurezza del paziente”.Kerr D. et al. in un articolo del 2011parla della consegna infermieristicacome rituale e dice che esaminarnele caratteristiche e le funzioni offrela possibilità di individuare le areeche necessitano di miglioramento emodifica per quanto riguarda laqualità dello sti-le attuale diconsegna. Que-sto studio hatrovato che nel-la consegna tra-dizionale man-ca il coinvolgi-mento del pa-ziente e le infor-mazioni essen-ziali. In un’altraricerca del 2013

Fig. 1 - Ospedale “Mazzolani-Vandini” di Argenta

Fig. 2 - Consegnatradizionale

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Kerr D. et al.(31) propongono il pas-saggio di consegna infermieristica alletto del paziente come modello dipratica infermieristica incentrato sudi esso. Nel 2014 Lu S. ripropone laprecedente affermazione dell’artico-lo di Kerr D. aggiungendo che que-sto porta alla possibilità di ridurregli eventi avversi e migliorare glistandard di cura(27), nonché la sicu-rezza del paziente stesso.

La consegna al letto del pazienteLa consegna al letto del pazientepuò essere definita come la presen-za degli infermieri al cambio del tur-no al letto del paziente, e consistenello scambio di informazioni con lasua partecipazione attiva, garanten-do una maggiore trasparenza e unamigliore continuità assistenziale.Anziché scambiarsi le informazioninel solito “luogo appartato” (salainfermieri), secondo molti autori ilcontesto migliore è il letto del pa-ziente (bedside handover), perchéviene promosso il suo coinvolgi-mento assicurando un’interazionediretta tra professionisti e utenteper chiarire e concordare il piano diassistenza. Quest’ultima modalitàpreviene la stereotipizzazione deipazienti, scoraggia commenti e fa ri-sparmiare tempo(9). In una ricerca diBenaglio et al. (2006)(6), la conse-gna al letto del paziente viene con-siderata una sfida, poiché abbando-nare la consegna tradizionale rap-presenta uno ‘’shock culturale’’. Questa modalità di consegna coin-volge i pazienti nella pianificazionedell’assistenza e facilita il contattocol personale infermieristico. Gli in-fermieri possono completare leinformazioni che hanno sui pazienticon l’osservazione diretta, ma anchefamiliarizzando con pazienti e paren-ti riguardo i problemi e le decisionida assumere. Le consegne al lettodel paziente sono considerate piùoggettive dagli autori che le hannoanalizzate in letteratura poiché con-tengono meno commenti soggettivi

e stereotipati sui pazienti e più datisulle loro reali condizioni di salute.Il modello di ‘’bedside handover’’ èvissuto dagli infermieri come unamodalità migliore di passaggio diinformazioni rispetto al modello tra-dizionale, e i pazienti hanno unapercezione positiva del loro ruolonel passaggio delle consegne”. Lacentralità dell’uomo nel processo dicura, negli anni, ha visto la profes-sione infermieristica ricercare nuovimodelli nelle modalità di passaggiodi informazioni al cambio turno per-mettendo così all’infermiere di riav-vicinarsi al letto del malato e di re-cuperare spazi significativi per lapianificazione assistenziale centratasui bisogni della persona. Questo ti-po di passaggio di informazioni alletto del paziente è quasi inesisten-te in Italia, anche se da diversi anniè studiato, presente in letteratura epraticato in diverse realtà.

L’attività osservazionaleLa sperimentazione del modello“Handover Bedside” si è svolta pres-so la Piattaforma Chirurgica di Ar-genta, progetto pilota coordinatodalla Direzione Infermieristica e Tec-nica Ospedaliera Ausl di Ferrara. Si èavvalsa di un tutor metodologicoesterno, esperto del tema e dellemodalità di implementazione delmodello Handover Bedside. Lo sco-po era quello di orientare la conse-gna infermieristica verso modalitàorganizzative che garantissero qua-lità comunicativa, sicurezza delleinformazioni e al contempo si vole-vano anche verificare le “possibilità”di estendere il progetto a tutte lepiattaforme aziendali. La sperimen-tazione si è basata sulla teoria delcambiamento di Lewin la quale èstata largamente usata nelle ricercheche trattano la consegna al letto delpaziente. L’applicazione della teoriaconsiste nello scongelamento dellevecchie abitudini, nel cambiamentoe nella trasformazione delle stessein base alle conoscenze acquisite

per, infine, ricongelare nuove e piùadeguate procedure operative sotto-lineando l’innovazione apportata.Con questa sperimentazione, si per-seguivano diverse azioni di migliora-mento:- la qualità del passaggio delle con-segne nell’assistenza infermieristi-ca (handover) in termini di sicu-rezza e coinvolgimento del mala-to, promuovendo la sua parteci-pazione;

- si propone di ricercare, valutare emonitorare il processo del cam-biamento;

- ci si propone di migliorare la con-tinuità assistenziale e la qualitàdelle cure;

- si vuole giungere ad una persona-lizzazione delle cure;

- si punta ad un maggior coinvolgi-mento dei pazienti;

- aumento della qualità delle con-segne con la delineazione anchedi una checklist della consegna alletto.

L’obiettivo è quello di effettuareuna buona consegna con una co-municazione volta a rendere com-plice il paziente, anche attraverso lacollaborazione con il coordinatoreinfermieristico.Il reparto pilota della sperimenta-zione è la piattaforma chirurgicadell’ospedale di Argenta e si è svol-ta nel periodo di Aprile-Maggio2014. La piattaforma chirurgica è di-visa in due settori:1) Settore Ortopedia;2) Settore Chirurgia.I due settori sono costituiti ognunoda 12 posti letto (12 nel settore blue 12 nel settore rosso), con 11 stan-ze a due letti e 2 stanze con un sololetto. I pazienti ricoverati nel perio-do dela sperimentazione sono stati52 in ortopedia e 31 in chirurgia.Nella fase pilota è stata coinvoltal’intera equipe assistenziale infer-mieristica e OSS.I turni degli infermieri sono suddivi-si in:- pomeriggio (2 infermieri turnisti,

Fig. 3 - Format utilizzato da entrambi i settori della piattaforma chirurgica di Argenta.

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1 OSS);- mattina (2 infermieri turnisti, 1 in-fermiere diurnista, 2 OSS);

- notte (2 infermieri turnisti).L’infermiere diurnista con un turnodalle ore 7:00 alle ore 14:00 dal lu-nedì al venerdì con delle responsabi-lità e compiti che comprendono en-trambi i settori. Durante l’orario dellaconsegna, generalmente i parentinon sono presenti poiché l’orario divisita del pomeriggio é dalle 12:30alle 13:30, per poi ricominciare alle18:30 alle 20:30. L’orario della con-segna del pomeriggio (in guardiola)era dalle ore 13:55 alle 14:10, anchese in realtà il tempo si prolungava.Gli OSS svolgevano una loro conse-gna a parte (dalle 13:25 alle 13:35).

La situazione Pre-HandoverNella Unità Operativa la consegnadei due settori è effettuata contem-poraneamente nella guardiola infer-mieristica non essendo disponibileuna stanza dedicata ad ognuno deidue gruppi. Ogni settore utilizza un“format”, ovvero uno strumento disintesi contenente il data set mini-mo di informazioni che devono ca-ratterizzare il momento del passag-gio delle consegne, il quale vieneaggiornato informaticamente adogni cambio turno ed è sempreconsultabile a monitor oppurestampabile per entrambi i settori.

La proposta attuativaSi è voluto intraprendere un percor-so basato sul passaggio di conse-gna al letto del paziente, sperimen-tarlo e valutarlo. Oltre al pazientepossono essere coinvolti ancheeventuali familiari/caregiver, se pre-senti al letto del paziente.Il progetto di sperimentazione haprevisto l’utilizzo di un questionariodenominato “before e after”, som-ministrato sia prima dell’avvio. Essoera costituito da domande chiusevolte ad indagare gli aspetti di sicu-rezza, completezza, continuità, chia-rezza e coinvolgimento per quantoriguarda il passaggio di informazionie la partecipazione del paziente.Durante gli incontri di preparazionealla fase pilota, il gruppo di speri-mentazione ha deciso di mantenereil format per le consegne già in uso(in quanto già molto standardizza-to) presso la piattaforma chirurgica;sono stati definiti i criteri di inclusio-ne e di esclusione e sono state con-divise le modalità comunicative al

fine di garantire la privacy.Nella fase sperimentale, per verifica-re la continuità delle consegne, suc-cessivamente all’introduzione dellamodalità Handover, è stato introdot-to il “modulo di controllo della conti-nuità della consegna” che dovevaessere compilato per ogni settorequotidianamente, subito dopo ilpassaggio delle informazioni al lettodel paziente, del turno della mattinaverso quello del pomeriggio.La consegna al letto si esegue con-temporaneamente per i due settoridella piattaforma chirurgica: i dueinfermieri settoristi (quello che fini-sce il turno e quello che lo inizia) sirecano al letto del paziente stanzaper stanza. L’infermiere con funzio-ne di attività diurna (presente dallunedì al venerdì) e che non parte-cipa attivamente al passaggio diconsegne, ha la responsabilità digarantire la possibilità di effettuareil passaggio di consegne con la mo-dalità Handover, intercettando tutte

le possibili interferenze e interruzio-ni (è responsabile dei ricoveri ur-genti, telefonate, campanelli, ecc.).Se non ci sono interferenze parteci-pa alla consegna in un settore ascelta. Anche l’OSS rimane princi-palmente a disposizione degli uten-ti in modo tale che le consegne nonvengano mai interrotte.Al momento del ricovero viene ri-chiesto il consenso e vengono infor-mati i pazienti (e/o eventualmente icaregiver) della sperimentazione inatto. I pazienti con integrità cognitivae/o il caregiver/familiare sono sem-pre coinvolti nel processo di cura.

Sintesi dei datiLa scheda di “controllo della conti-nuità della consegna” ha permessodi raccogliere informazioni sulla va-lidità dello strumento handover. Si èpotuto in particolare verificare comele consegne al letto migliorino la si-curezza, aumentino la trasparenza epermettano di identificare le priorità

Fig. 4 - Scheda di monitoraggio "Controllo della continuità della consegna al letto".

Fig. 5 - Estratto dei risultati complessivi della scheda di monitoraggio come in figura 3.

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assistenziali.Quelli in figura rappresentano solouna parte dei dati complessivi ana-lizzati con la scheda di controllodella continuità, ma ciò che si è no-tato è che sono stati coinvolti nu-merosi pazienti e talvolta anchequalche parente (anche se in nu-mero variabile) dall’inizio alla finedella sperimentazione e come sipuò vedere nel commento del 9Aprile la consegna al letto ha per-messo di identificare una notiziaimportante altrimenti sfuggita.Sono stati poi analizzati i risultatidei questionari “before” e “after”che esaminavano aspetti fonda-mentali dell’assistenza precedente-mente descritti, prima e dopo l’han-dover bedside. Ciò che ne è emer-so, per i relativi punti, è che:- la sicurezza è aumentata in termi-ni di priorità assistenziali e perce-zione del paziente;

- il quadro clinico è più completo;- il grado di continuità assistenzialeè aumentato.

- l’infermiere di riferimento è me-glio riconosciuto dal paziente;

- il paziente è più coinvolto.Le uniche iniziali difficoltà emerse ri-guardavano principalmente l’utilizzodi termini meno tecnici e più sem-plici da parte del personale, per farlicomprendere meglio al paziente e aifamiliari. Difficoltà che si risolse all’a-vanzare dell’implementazione delnuovo modello di consegna.

Le percezioni...GLI OPERATORI: All’inizio della fasedi cambiamento dalla consegna tra-dizionale a quella al letto del pa-ziente, ciò che si avvertiva era l’an-sia data dal fatto di doversi “espor-re” dinanzi al paziente, presentarsi einteragire con lui (e gli eventuali ca-regiver) con i colleghi presenti. Du-rante il percorso di sperimentazio-ne, via via che si prendeva “pratica”con il modello, l’ansia si è molto at-tenuata lasciando spazio al coinvol-gimento e ad una comunicazione

efficace con l’utente.Sono stati raccolti direttamente da-gli operatori molti messaggi positivi,come:- “abbiamo una valutazione imme-diata delle condizioni del pazien-te”;

- “abbiamo meno interruzioni, nes-suno che entra ed esce ma siamosolo noi ed il paziente”;

- “pensavamo di impiegare moltopiù tempo, in realtà non è au-mentato”;

- “si recuperano alcune informazio-ni legate al fatto di vedere in fac-cia i pazienti”;

- “i pazienti apprezzano molto e so-no soddisfatti perché si sentonomaggiormente presi in carico”;

- “ma noi finita la sperimentazionesiamo obbligati a tornare alla vec-chia modalità o possiamo mante-nere questa?”.

PAZIENTI E CAREGIVER: Tutti i pa-zienti e i caregiver hanno graditoquesta nuova metodologia del pas-saggio di consegne, si percepisce laloro soddisfazione di essere coin-volti e d’attenzione nei loro con-fronti. Prima della sperimentazione,la consegna tradizionale in un am-biente chiuso e confinato non per-metteva il coinvolgimento né deipazienti né dei familiari.Durante la sperimentazione non siè mai verificato che paziente o fa-migliari non acconsentissero a par-tecipare alla sperimentazione. Nonsono stati riferiti problemi di imba-razzo e problematiche relative alnon rispetto della privacy.

Concludendo...L’handover bedside ha portato moltiaspetti positivi e di miglioramentoriguardanti l’assistenza in ambitochirurgico, permettendo un rapidocolpo d’occhio nell’immediato esuccessivo postoperatorio Il coinvol-gimento e la partecipazione attivadei pazienti, come riportato del mo-dulo di controllo della continuitàdella consegna, possono far au-

mentare la sicurezza e la qualità as-sistenziale.Prima di questa sperimentazione, lamodalità abituale nei cambi turniinfermieristici prevedeva la conse-gna in guardiola, a volte frettolosa ocarente di informazioni essenziali ri-guardanti il paziente. Nella piat-taforma chirurgica di Argenta sededella sperimentazione pilota, la lo-gistica strutturale e in particolar mo-do della guardiola non garantiva unambiente a favore di una comunica-zione efficace. L’Handover ha per-messo di superare anche le proble-matiche relative alla logistica. I datipresenti in letteratura sono statiampiamente confermati dai risultatidi quanto è stato sperimentato evalutato attraverso la scheda di con-trollo della continuità e i questiona-ri, sia per quanto riguarda le rispo-ste positive degli operatori ed il loroentusiasmo, sia per quanto riguardaalcuni commenti dei pazienti e deiloro familiari, che dall’avvento del-l’introduzione della metodologiadell’handover hanno percepito unamaggior presa in cario da parte dal-l’equipe infermieristica.USCIAMO DALLA GUARDIOLA!L’apertura al cambiamento ed all’in-novazione degli operatori sanitari èla premessa fondamentale per unacrescita professionale diffusa. L’han-dover bedside dovrebbe risultareuno stimolo per tutte le altre realtàitaliane come lo è stato per l’azien-da USL di Ferrara, in modo dadiffondere il messaggio che portacon se, cioè della centralità del pa-ziente nel processo di cura e delsuo essere il valore aggiunto dell’a-gire infermieristico. Inoltre, ritengosia importante e utile diffondere an-che nelle Università la metodologiadi consegna, al fine di stimolarenon solo gli infermieri ma anche glistudenti, futuri infermieri, all’appli-cazione dell’ascolto attivo e dellacomunicazione efficace in un postonon così difficile da raggiungere: Illetto del malato.

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15. Andrea Fabbo, La continuita� assistenziale, Di-partimento di cure Primarie (Distretto di Mi-randola), 55° Congresso Nazionale SIGG, Fi-renze, 30 Novembre 2010.

anno XXVI n. 2 - Ottobre 201520 SPERIMENTAZIONI ORGANIZZATIVE AZIENDE SANITARIE FERRARA

“Il Coordinatore Infermieristico come garante del percorso perioperatorio per la disabilità”A cura di Silvia Polastri, infermiera addetta alla strumentazione, Blocco Operatorio Polispecialistico, AOU Ferrara

L’assistenza alle persone con di-sabilità si fonda sull’integrazionetra i servizi sanitari, socio-sanitari,sociali, e sul coinvolgimento dellefamiglie, del volontariato, delleassociazioni. È un sistema di assi-stenza a rete che ha l’obiettivo difavorire l’autonomia personale el’integrazione scolastica, sociale elavorativa. Quando il disabile si ri-volge ad una struttura ospedalie-ra perché presenta bisogni che inquella sede avranno una risposta,si rende necessario identificareuna persona che si faccia garantedel percorso ad hoc, ideato ap-punto per i pazienti diversamenteabili. Identifico questa personanel Coordinatore Infermieristico,e lo definisco “garante del per-corso”. Lavoro all’Azienda OspedalieroUniversitaria S. Anna di Cona -Ferrara, come infermiera addettaalla strumentazione presso ilBlocco Operatorio Polispecialisti-co; spesso accogliamo pazientidisabili che necessitano di inter-vento chirurgico e, non essendoadottato in Azienda un percorsoad hoc per questa tipologia di pa-zienti, ogni professionista mettein atto i meccanismi e comporta-menti che ritiene più idonei nellagestione dell’utente e dei familia-ri.

Il contesto di riferimento è laAzienda Ospedaliero-UniversitariaS. Anna di Cona-Ferrara; è statorilevato, attraverso la consultazio-ne delle liste operatorie, il nume-

ro di pazienti disabili che nel pe-riodo 01/11/2013-31/10/2014sono stati sottoposti ad interven-to chirurgico in chirurgia polispe-cialistica. Inoltre è stata effettua-ta una indagine allo scopo di evi-denziare eventuali elementi didifficoltà percepiti e/o rilevati nel-la assistenza a pazienti diversa-mente abili; percezione indivi-duale, quindi soggettiva, dei pro-fessionisti che nell’ambito lavora-tivo si trovano a gestire pazientiportatori di disabilità, all’internodel percorso perioperatorio.Lapopolazione selezionata includequindi gli “attori” coinvolti nellagestione del paziente disabile in-serito nel percorso di gestioneperioperatoria; nello specifico:s presidenti di Associazioni di vo-lontariato;

s infermieri e coordinatori infer-mieristici in servizio presso CU-NICO, sala operatoria polispe-cialistica, degenza chirurgiespecialistiche;

s dirigenti medici di anestesia,audiologia, chirurgia cranio-maxillo-facciale, odontostoma-tologia;

Lo strumento utilizzato è un que-stionario contenente tre do-mande a risposta aperta, cheindagano rispettivamente:

s la sensibilità (Pensa che nellaAOU di Cona-Ferrara sia utileun percorso dedicato per lapresa in carico dei pazienti di-sabili?);

s la esperienza (Ha incontratodifficoltà nella gestione ed assi-stenza di pazienti disabili? Se si,quali?);

s il futuro/ proposte (Cosa chie-derebbe all’Azienda per miglio-

rare la gestione dei pazienti di-sabili? Quali suggerimenti da-rebbe?).

Il questionario è stato consegna-to personalmente agli interessati,e ritirato in un successivo mo-mento. Sono poi state analizzatele risposte fornite.

Nel periodo preso in esame(01/11/2013-31/10/2014) i pa-zienti disabili che sono stati sot-toposti ad intervento chirurgicopresso il Blocco Operatorio Poli-specialistico, per le specialità diAudiologia, Chirurgia Cranio-Maxillo-Facciale ed Odontosto-matologia sono stati complessi-vamente 129, 56 femmine(51.2%) e 63 maschi (48.8%); il69% dei pazienti ha età maggioreagli 18 anni.

Le problematiche dei pazientisottoposti ad intervento chirurgi-co possono essere così riassunte:• Audiologia: pazienti ipoacusicio non udenti;

• CCMF: pazienti portatori dimalformazioni craniche, patolo-gie genetiche e/o ereditarie, ri-tardo mentale; spesso sindro-mici;

• Odontostomatologia: pazientiportatori di handicap sia fisicosia psichico e/o non collabo-ranti.

Dalla analisi delle risposte date aiquestionari, emergono criticitàvissute sia dagli utenti sia daglioperatori, criticità legate sia agliambienti sia all’organizzazionedel lavoro, diverse a seconda delruolo che si ricopre.

INTRODUZIONE

MATERIALI E METODI

RISULTATI

21SPERIMENTAZIONI ORGANIZZATIVE AZIENDE SANITARIE FERRARA anno XXVI n. 2 - Ottobre 2015

• Le associazioni di volontariatoparlano di mancanza di una“cultura della disabilità” da par-te del sistema organizzativo,con conseguente non conside-razione del disabile come tale,in riferimento anche alla man-canza di un percorso dedicato.Il disabile può presentare unproblema cognitivo, più o me-no importante, il che porta aduna difficile gestione del tem-po: “non hanno il senso deltempo e dell’attesa, si agitano,non sanno aspettare… conse-guentemente, l’attesa diventadifficoltosa ed impegnativa an-che per chi accompagna il disa-bile; i familiari devono chiederefavori personali per potere ave-re la precedenza, spiegando ledifficoltà di fronte allo stesso di-sabile che si sente umiliato eancora una volta diverso”.

Propongono quindi un protocolloper la disabilità ed una organizza-zione che preveda e garantisca vi-site programmate in giornate sta-bilite e dedicate, con appunta-menti ad orari precisi; accesso al-la diagnostica e alla sala operato-ria in fasce orarie dedicate, conaccesso diretto, senza attesa;equipè dedicata con professioni-sta competente di riferimento,nel momento in cui si accede alservizio; miglioramento “istituzio-nale”, non solo come atto di vo-lontà del singolo, ma progettostrutturato e percorso dedicato.• I professionisti sanitari rilevanola sensazione di solitudine nellagestione dei pazienti disabili e

la percezione di poca attenzio-ne da parte dell’organizzazione,sia riguardo le problematichesia la gestione; emerge l’esigen-za di un percorso dedicato, chetenga conto della “diversità” diquesti pazienti. Si auspica quin-di, per il futuro, la realizzazionedi un ambiente definito “protet-to”, situazione creata ad hoc perdare risposta alla tipologia deibisogni dell’utente; ambienteche possa tutelare il disabile,proteggendolo dall’ indifferen-za, dalla curiosità, dalla superfi-cialità alle quali spesso è sog-getto, garantendo un percorsoche tenga conto delle diverseesigenze (dettate dalla criticità)che queste persone hanno.

L’ esigenza degli operatori è di unprocesso perioperatorio, che sifaccia carico dell’utente dal mo-mento delle indagini diagnostico-terapeutiche, fino alla dimissionedalla struttura ospedaliera, pas-sando per l’atto chirurgico; lastessa attenzione che va data aipazienti deve essere riservata an-che ai familiari o alle persone diriferimento per il disabile. Il personale che si prende cura diqueste “situazioni” deve essereadeguatamente formato, affinchèpossa mettere in atto una verarelazione d’aiuto con il disabile econ i familiari. Gli operatori sen-tono altresì l’esigenza del coinvol-gimento di un professionista chesi occupi dell’aspetto sociale diqueste situazioni, e lo identifica-no come facente capo all’area co-municazione della Azienda.

I professionisti che lavorano insala operatoria sentono l’esigen-za di locali, dedicati per la sostapre e post operatoria del pazien-te e del familiare che lo accom-pagna, spazi fisici nei quali il disa-bile possa essere adeguatamentepreparato all’intervento chirurgicoin tranquillità e nel pieno rispettodella privacy e della diversità; alcontempo, in questi locali la tran-quillità sarebbe anche degli ope-ratori, che potrebbero gestire edassistere il paziente con maggiorededizione e meno frenesia.

Con l’obiettivo di garantire ai cit-tadini prestazioni sanitarie chesiano efficaci, appropriate, sicure,accettabili, efficienti, continuativeed accessibili (in quanto disponi-bili in senso qualitativo e quanti-tativo ed erogate in luoghi che ri-spettino i diversi gradi di capacitàdelle persone), rispettando i prin-cipi di equità, imparzialità, parte-cipazione e trasparenza, partendodalla Mission Aziendale, propon-go la realizzazione di un percorsoagevolato per gli utenti diversa-mente abili che necessitano di te-rapia chirurgica e quindi dell’ob-bligato passaggio in Camera Ope-ratoria. Tale percorso vuole garan-tire continuità assistenziale, acco-glienza ospitale, equità e perso-nalizzazione delle cure nei con-fronti di persone già tanto vulne-rabili; è pensato tenendo presen-te le diverse esperienze maturate

CONCLUSIONI E PROPOSTE

SPECIALITÀ TOTALE femmine femmine maschi maschiPAZIENTI < 18 aa >18 aa < 18 aa >18 aa

AUDIOLOGIA 34 7 12 1 14

CCMF 58 13 16 11 18

ODONTOSTOMATOLOGIA 37 3 15 5 14

anno XXVI n. 2 - Ottobre 201522 SPERIMENTAZIONI ORGANIZZATIVE AZIENDE SANITARIE FERRARA

dai professionisti e le competen-ze acquisite nel corso degli annipresso le sale operatorie dellachirurgia polispecialistica.Il progetto proposto “Diversa-mente Amica per la Sala Opera-toria” parte dall’obiettivo di “farnascere un servizio pubblico par-tendo dal bisogno di una parte dicittadini” e propone un percorsoassistenziale perioperatorio chegarantisca equità nel rispetto del-la disabilità. Le caratteristiche diquesto progetto sono:• percorsi personalizzati (ogni pa-ziente presenta una realtà edun vissuto diverso); presenza diun familiare o di persona co-munque conosciuta dal pazien-te, es. membro delle associa-zioni di volontariato (il non no-to incute timore in ogni perso-na, molto di più in disabili cheabbiano difficoltà nelle relazioniinterpersonali; l’avere vicinouna persona di riferimento fa-vorisce la tranquillità del pa-ziente e dà sicurezza sia al disa-bile che ai professionisti); pro-fessionisti dedicati (coordinato-re CUNICO responsabile delgruppo, leader e “capitano delvascello”; progetto di formazio-ne, accreditato ECM per tutti iprofessionisti, dedicato alla ge-stione del paziente disabile, te-nuto da professionisti che ab-biano già sviluppato competen-ze specifiche in materia);

• alleanze assistenziali con fami-liari e associazioni di volontaria-to: importante tessere reti dicollaborazione fra i professioni-sti e gli utenti, così da stimolaresinergie;

• spazio dedicato, ambiente adimpatto positivo per utente efamiliare: coordinatore respon-sabile di creare tali spazi, sfrut-tando gli ambienti già esistentied ottimizzandone l’utilizzo;

• strumento di integrazione orga-nizzativa per i professionisti(esperienze pregresse);

• sensibilizzazione al valore delladifferenza e diversità: aggiorna-

mento della pagina internetdell’Azienda Ospedaliera; crea-zione di un opuscolo informati-vo da distribuire agli utenti, re-peribile presso il Punto di Acco-glienza dell’Azienda; stipula dicontratti fra URP (Ufficio Rela-zioni con il Pubblico) e associa-zioni di volontariato accreditate;

• all’interno della Sala Operato-ria: spazio dedicato, comfort,team dedicato, percorso dedi-cato e monitorato.

Il tema dell’accessibilità e fruibi-lità dei percorsi sanitari per lepersone con disabilità riveste no-tevole importanza, in quanto per-mette un adeguato rapporto tra ilsistema delle cure e la possibilitàdi usufruirne da parte dei cittadi-ni. Tal percorsi devono essere co-stantemente monitorati al fine dipermettere una coerente applica-zione degli accordi sottoscritti, eun’eventuale modifica degli stes-si, ove necessario. È auspicabile anche la attivazionedi un percorso dedicato relativa-mente alla “prestazione di prontosoccorso”, che tuteli il disabile an-che in una situazione di urgen-za/emergenza: all’arrivo in ProntoSoccorso alla persona con disabi-lità in condizioni non critiche, in-dipendentemente dal tipo di pa-tologia manifestata, verrà asse-gnato il “codice colore giallo” alfine di assicurare tempestività nelpercorso diagnostico/terapeutico,tempi di attesa ridotti, osservazio-ne continua e idonea protezione;se invece le condizioni presentatesono critiche, verrà assegnato un“codice colore rosso”.Gli attori coinvolti nella realizza-zione di questo progetto sono va-ri e differenti fra loro, ognuno conruolo specifico e responsabilitàche ne deriva: Direzione Genera-le, Direzione Medica, Direzionedelle Professioni, Posizione Orga-nizzativa Piastra Operatoria; coor-dinatori CUNICO, Blocchi Opera-tori, U.O. di degenza; rappresen-tanza di medici, infermieri, OSS diSala Operatoria; U.O. Comunica-

zione e Accoglienza; CCM; BoardEquità Aziendale.Nella proposta di questo percor-so ho ritenuto fondamentali alcu-ni aspetti legati sia al paziente siaagli operatori, visti come “com-pensazione” per un ulteriore sfor-zo organizzativo da compiere: soddisfazione dell’utente disabilee dei familiari per la assistenza ri-cevuta, per una positiva “presa incarico”, per un processo che hadato risposte di qualità a reali bi-sogni espressi; questa soddisfa-zione si manifesta poi con le notedi merito e le segnalazioni positi-ve che vengono inoltrate all’URP(Ufficio Relazioni con il Pubblico)e che danno una grande gratifica-zione ai professionisticertezza di garantire un processoassistenziale di sicurezza sia fisi-ca, sia ambientale, sia psicologi-ca, quindi sicurezza sia per l’uten-te che per gli operatori; dalla si-curezza nasce poi la qualità, diconseguenza processo sicuro equalitativamente buonoverifica per un continuo migliora-mento: non ci si deve mai ferma-re al raggiungimento di un risul-tato positivo, anzi questo traguar-do deve essere visto come nuovopunto di partenza. Vanno semprevalutati gli ambiti di miglioramen-to mantenendo però alta la at-tenzione al cambiamento, che inquesto momento è inevitabile edinarrestabile; cambiamento cheriguarda la tipologia di bisogniespressi (e non) dagli utenti,quindi la tipologia delle risposteda garantire, e che richiede ade-guamento continuo.“Solo quando ogni mattoncinosarà stato collocato al posto giu-sto, potremo dire che il nostroobiettivo è raggiunto; ma anchequando il progetto sarà stato ap-provato e partirà, mai dovrà veni-re meno il nostro coraggio diguardare oltre l’orizzonte… “.

23SPERIMENTAZIONI ORGANIZZATIVE AZIENDE SANITARIE FERRARA anno XXVI n. 2 - Ottobre 2015

Il protocollo ERAS a FerraraA cura di

Elisabete Maria Dos Santos Valgode, CPSI Clinica Chirurgica Azienda Ospedaliero-Universitaria di FerraraCarlo Feo, Professore associato in Chirurgia Generale Università di Ferrara - UO Clinica Chirurgica, Azienda Ospedaliero Universitaria di Ferrara

Stefano Camerani, Dirigente Medico U.O. Anestesia e Rianimazione Azienda Ospedaliero-Universitaria di Ferrara

Il concetto di approccio multimo-dale al paziente chirurgico è statointrodotto verso l’inizio degli anni’90 dal Professor Henrik Kehlet, aCopenhagen. Consapevole del-l’importanza della gestione perio-peratoria come momento chiaveper migliorare i risultati della chi-rurgia, Kehlet cominciò a interro-garsi sulla validità dei dogmi dellatradizione. Egli concentrò la suaattenzione sull’analisi dei fattori dirischio perioperatori, sulla rispostametabolica alla chirurgia, sulla fi-siopatologia della genesi del dolo-re post-operatorio e notò come leprocedure perioperatorie tradizio-nali non fossero adeguate a preve-nire e ottimizzare tutti questiaspetti. Kehlet sottolineò come, nonostan-te i recenti progressi in ambitoanestesiologico e chirurgico, lachirurgia maggiore fosse ancoragravata da complicanze cardiache,polmonari, ematologiche ed infet-tive. Il chirurgo danese identificò comeprincipale responsabile di questoandamento l’approccio unimodaledella gestione tradizionale, nonbasata su evidenze scientifiche.Per ottenere un concreto migliora-mento del decorso post-operato-rio era necessario focalizzarsi sullapatogenesi delle comuni compli-canze, la cui maggiore incidenza siriscontra nelle prime giornate po-st-operatorie. Kehlet propose cosìnel 1997 un innovativo program-ma di gestione perioperatoria (dalperiodo pre-operatorio alla terza-quarta giornata post-operatoria)del paziente candidato a chirurgiacolorettale che chiamò “Multimo-dal rehabilitation programme”.Una collaborazione multidiscipli-nare tra anestesista, chirurgo edinfermiere professionale dedicato

era dunque fondamentale per ilsuccesso di questo nuovo approc-cio multimodale. Nel 1999, Kehlete Mogensen pubblicarono i primirisultati ottenuti dall’applicazionedi questo programma: un’ospeda-lizzazione mediana di soli duegiorni dopo un intervento di rese-zione colica. Trascorsero pochi an-ni dalla diffusione di questo inno-vativo approccio multimodale inaltre realtà chirurgiche e risultatisimili vennero pubblicati negli Sta-ti Uniti. Nel 2001 Fearon andLjungqvist fondarono l’EnhancedRecovery After Surgery StudyGroup (ERAS Group), una collabo-razione tra università e diparti-menti specializzati di chirurgia dicinque Paesi del Nord Europa(Scozia, Svezia, Danimarca, Norve-gia e Paesi Bassi). L’obiettivo era quello di svilupparee uniformare il protocollo intro-dotto da Kehlet e collaboratori, inmodo tale da rendere il più omo-geneo possibile il programma. Ilgruppo impiegò circa un anno per

analizzare la letteratura e aggior-nare il protocollo precedentemen-te usato da Kehlet. Durante l’anali-si dei protocolli perioperatori inuso nelle diverse divisioni chirurgi-che, risultò evidente che venivanoutilizzate procedure differenti eche ciascun reparto di chirurgiaapplicava al massimo il 30-40% diquanto veniva definito in letteratu-ra come best practice. In conside-razione dell’importante differenzatra il protocollo “ottimale” in basealle indicazioni della letteraturapiù recente e i vari protocolli inuso a seconda della tradizione lo-cale, il Gruppo decise di raccoglie-re evidenze dai più autorevoli stu-di clinici controllati randomizzati,revisioni sistematiche e metanalisiper supportare ogni singola proce-dura adottata. Un elemento fonda-mentale nello sviluppo del proto-collo fu la compilazione di un da-tabase estremamente dettagliatocontenente tutti i dati demograficidei pazienti e le specifiche delleprocedure. Il continuo sviluppo di

anno XXVI n. 2 - Ottobre 201524 SPERIMENTAZIONI ORGANIZZATIVE AZIENDE SANITARIE FERRARA

nuove tecniche e la condivisionedelle differenti realtà dei vari grup-pi riguardo alle fasi di implemen-tazione del protocollo ricoprì inol-tre un ruolo fondamentale nell’a-nalisi della transizione tra pratichetradizionali e il nuovo approcciostandardizzato. Tutto questo permise di uniforma-re le pratiche fino a ottenere datistatisticamente coerenti ed atten-dibili, che resero possibile la codi-fica di raccomandazioni da partedel comitato dell’Evidence BasedMedicine, che avvenne nel 2005per le resezioni coliche e nel 2009per la chirurgia rettale. Visto l’interesse crescente a livellointernazionale, il Gruppo ha decisodi intraprendere l’organizzazionedi sessioni di formazione interna-zionali alle quali ha anche parteci-pato il gruppo di Ferrara. La diffu-sione della best practice serviràanche per aiutare a formare reti diricerca clinica che possono ulte-riormente migliorare la cura deinumerosi pazienti che ogni annovengono sottoposti a chirurgia co-lorettale.

I protocolli di cure peri-operatorieERAS (Enhanced Recovery AfterSurgery) sono piani multidiscipli-nari e interprofessionali di curache offrono al paziente una ripre-sa funzionale precoce dopo inter-venti di chirurgia maggiore.

I protocolli ERAS rappresentanoun cambiamento del paradigma dicura peri-operatoria sotto dueaspetti. In primo luogo, mettonoin discussione le pratiche tradizio-nali e le sostituiscono con altrefondate su solide evidenze scienti-fiche. In secondo luogo, pianifica-no con attenzione tutte le fasi dicura del paziente, dall’arruolamen-to fino alla dimissione post-opera-toria, coinvolgendo diverse figureprofessionali (chirurghi, anestesi-sti, infermieri e nutrizionisti).

L’infermiere è dotato di strumentiper l’assistenza che gli permettonodi gestire in autonomia vari aspetti

della ripresa funzionale del pa-ziente, con eventuale supporto delmedico in caso di deviazione dalnormale decorso post-operatorio.

Nel 2012, è stato costituito pressol’Azienda Ospedaliero-Universitariadi Ferrara un gruppo multidiscipli-nare (chirurghi, anestesisti e infer-mieri), con l’intento d’implemen-tare i protocolli ERAS in chirurgiacolo-rettale. Dalle linee guidaERAS sono stati stesi protocollianestesiologici, chirurgici ed infer-mieristici tenendo conto dellarealtà ferrarese. Questi protocollisono stati condivisi con tutto ilpersonale della U.U.O.O.

Nel gennaio 2013, è iniziato l’ar-ruolamento dei pazienti nell’ambi-to di un progetto di ricerca finan-ziato dal Ministero della Salute e,nell’ottobre dello stesso anno, ilgruppo multidisciplinare si è reca-to all’Università di McGill (Mon-treal, Canada) per condividere ediscutere i dati preliminari dellostudio in corso. Questa esperienzaha reso il gruppo molto unito edecisamente motivato nel perse-guire gli obbiettivi prefissati.

L’implementazione del progetto hacomportato una profonda rivisita-zione dei protocolli di assistenza inuso e, conseguentemente, il grup-po multidisciplinare ha istituito cor-si di aggiornamento per il persona-le sia medico sia infermieristico.

Si è resa necessaria, inoltre, la re-dazione di strumenti specifici perl’assistenza, quali:schema assistenziale di cure post-operatorie;piano assitenziale dedicato per laraccolta dati;diario di bordo per il paziente.

Gli obiettivi raggiunti sono:• pazienti meglio istruiti sul per-corso peri-operatorio che segui-ranno;

• recupero funzionale molto piùprecoce del paziente operato;

• minor tempo dedicato da parte

dell’infermiere all’assistenza dibase con conseguente aumentodi quello disponibile per l’educa-zione sanitaria;

• dimezzamento della durata delladegenza ospedaliera;

• maggior soddisfazione sia delpaziente sia degli operatori sani-tari,

• minori costi intra-ospedalieri.

Punto di vista Infermieristico:In questo percorso l’infermiere hasperimentato un profondo cam-biamento poiché gestisce in modoautonomo, in relazione e condivi-sione con chirurgo e anestesista, ildecorso del paziente.

La soddisfazione maturata dal per-sonale infermieristico con questaesperienza si è tradotta in un’aper-tura verso il cambiamento e unamaggiore attenzione alle pratichebasate sulle evidenze rispetto alpassato.In Clinica Chirurgica, dal Febbraio2015, il protocollo ERAS dedicatoè stato esteso anche ai pazienti af-fetti da tumore del retto sottopostia escissione totale del mesoretto(TME) con ileostomia di protezio-ne. In tale ambito, si è cercato diredigere un protocollo condivisoche offrisse lo stesso livello diqualità nell’assistenza di quelloapplicato per gli interventi di rese-zione colica. Far valere la nostraprofessionalità e capacità di perse-guire obiettivi non è sempre facile,ma i risultati positivi raccolti fino aquesto momento ci supportano.

L’equipe infermieristica è consape-vole di possedere le capacità di va-lutazione specifiche del proprioprofilo, sicura nell’affrontare nuovesfide per il futuro che siano basatesulla condivisione e lavoro di squa-dra assieme al personale medico.

Il gruppo di lavoro ERAS a Ferraracontinuerà a lavorare sulla forma-zione del personale perseguendoil benessere del paziente.

ERAS A FERRARA

In sintesi:

25EVIDENCE BASED PRACTICE anno XXVI n. 2 - Ottobre 2015

Lo studio pilota condotto da Age-nas in quattro regioni (Lombardia,Marche, Si cilia, Umbria) ha restitui-to un quadro realistico delle perce-zioni dei medici italiani sulla medi-cina difensiva. Oltre la metà (58%)di quasi 1.500 medici ospedalieriintervi stati dichiara di praticare lamedicina difensiva, un fenomenoche pressoché tutti (93%) percepi -scono in aumento. Tra le principalicause i medici intervistati indicanola legislazione sfavorevole (31%), iltimore di essere citati in giudizio(28%) e le eccessive richieste, pres-sioni e aspettative di pazienti e fa-miliari (14%). Gli stessi medici,con sapevoli di esagerare, suggeri-scono due strategie per contrastarela medicina difensiva: una maggio-re aderenza alle evidenze scientifi-che (49%) e la re visione delle nor-me che disciplinano la respon -sabilità professionale (47%). Consi-derato che la medicina difensivagenera un sovrautilizzo di servizi eprestazioni sanitarie (far maci, testdi laboratorio, indagini strumentali,vi site specialistiche, ricoveri), Age-nas ha stimato un impatto econo-mico per la sanità pubblica di 9 10miliardi di euro all’anno, in lineacon le valu tazioni della Commissio-ne parlamentare di in chiesta suglierrori in campo sanitario e sullecause dei disavanzi sanitari nella re-lazione di fine legislatura del gen-naio 2013 [1]. Negli ultimi anni, ca-ratterizzati da una crisi di so -stenibilità della sanità pubblica edalla vertiginosa crescita del con-tenzioso medico legale, diverse isti-tuzioni e organizzazioni hanno rea-lizzato in dagini ed eventi per valu-tare l’impatto economico della me-dicina difensiva e formulare svariatepro poste per arginare il fenomeno(Box 1). Nel marzo 2013 la Fonda-zione Gimbe ha lanciato il progettoSalviamo il nostro Ssn [2], di cui laCarta Gimbe per laTutela della Salu-

te e del Benessere dei Cit tadini Ita-liani [3] rappresenta il documentopro grammatico. Considerato chel’art. 25 della Carta Gimbe affermache “la pratica della medicina di -fensiva deve essere contrastata coninformazioni e azioni a tutti i livelli,aumentando la consapevo lezza so-ciale dei rischi e dei costi che gene-ra”, viene qui riportata la posizioneistituzionale della Fondazione sullamedicina difensiva.

1. IL SOVRAUTILIZZO DI SERVIZI E PRESTAZIONI SANITARIE: QUALI DETERMINANTI?

L’enorme impatto economico dellamedicina di fensiva stimato da Age-nas – così come da altre in daginiriportate nel Box 1 – è riferito all’o-veruse di servizi e prestazioni sani-tarie inefficaci o inappro priate: far-

maci, test diagnostici, visite specia-listiche, ricoveri. Tuttavia, il sovrauti-lizzo non consegue esclusivamentealla medicina difensiva, ma a nu-merose determinati tra loro sinergi-che (Figura 1) che devono esseretenute in considera zione per fron-teggiare adeguatamente il fenome-no (Box 1).

Nel progetto Salviamo il nostroSsn, la Fonda zione Gimbe ha tra-dotto e adattato al contesto italia-no la tassonomia sugli sprechi insanità di Don Bervick et al. [4] (Ta-bella 1), che non pre vede una vocespecifica per la medicina difensiva,ma la considera una determinantedella Catego ria 1 (Sovrautilizzo diservizi e prestazioni sanita rie ineffi-caci e inappropriate). L’espansionedella medicina difensiva è avvenuta in un contesto culturale, professio-nale e sociale condizionato dall’im-

Figura 1 - Le determinanti del sovrautilizzo di servizi e prestazioni sa-nitarie

Less is more: un approccio di sistemacontro la medicina difensiva

A cura di Antonino Cartabellotta, Presidente Fondazione Gimbe

anno XXVI n. 2 - Ottobre 201526 EVIDENCE BASED PRACTICE

Box 1 - Indagini, studi ed eventi sulla medicina difensiva in Italia (2010 /2014)

27EVIDENCE BASED PRACTICE anno XXVI n. 2 - Ottobre 2015

perativo more is better: infatti, i si-stemi sanitari di tutti i Paesi indu-strializzati si sono progressivamen-te ipertrofizzati per offrire un nu-mero sempre maggiore di presta-zioni diagno stico terapeutiche, cheincrementano la spesa sa nitaria eaumentano la soddisfazione di cit-tadini e pazienti, spesso senza mi-gliorarne lo stato di sa lute. Inoltre,gli stessi sistemi sanitari hanno co -struito perverse logiche di finanzia-mento e in centivazione di erogatorie professionisti, basate sulla produ-zione e non sull’appropriatezza del-le prestazioni (tabella 1)Dal canto loro i medici, ispirati dalmodello ip pocratico, avvertono ildovere professionale di aiutare ipazienti sfruttando l’intero arma-mentario a loro disposizione, per-ché morte e malattia de vono sem-pre essere combattute a ogni co-sto. Tut tavia, bisogna riconoscereche decisioni e pre scrizioni non so-no immuni da conflitti di interesseoggi alimentati da vari fattori [5]:sedu zioni dell’industria farmaceuti-ca e tecnologica, organizzazioni sa-nitarie che incentivano la pro -duzione di servizi, reciproca solida-rietà tra colleghi che genera offertae induce domanda. Pertanto, se èindubbio che il timore di conse -guenze medico legali per aver trala-sciato qualcosa spinge i professio-nisti a prescrivere ogni possibile te-st diagnostico e a mantenere unapproccio te rapeutico molto ag-gressivo, è altrettanto vero che lamedicina difensiva configura spes-so un legit timo paravento per giu-stificare tutte le inappro priatezze

prescrittive. Se così non fosse, iconten ziosi da eccessi diagnostici eterapeutici non sarebbero in co-stante ascesa, testimoniando che lamedicina difensiva, di fatto, nonriesce nemmeno a raggiungere ilsuo obiettivo primario [6]. Questopanorama estremamente variegatoè completato da sentenze giudiziariediscutibili e avvocati senza scrupoliche contribuiscono a in crementare ilcontenzioso medico legale, a cui ipazienti si aggrappano perché il si-stema è incapace di ridurre le loroaspettative nei confronti di unamedicina mitica e di una sanità in-fallibile [7]. In fatti, consistenti evi-denze dimostrano che i pa zientitendono a sovrastimare i benefìci ea sot tostimare i rischi degli inter-venti sanitari [8]: questo rende in-sostituibile il ruolo del medico nelfornire al paziente informazioni bi-lanciate su ri schi e benefìci degliinterventi sanitari, permet tendoglidi sviluppare aspettative realistichee prendere decisioni realmenteinformate, dimi nuendo il ricorso al-la medicina difensiva e i con -seguenti sprechi [9].

2. IL MOVIMENTO LESS IS MORE

Per combattere il sovrautilizzo diservizi e pre stazioni sanitarie, com-plesso fenomeno profes sionale,etico, sociale ed economico, da al-cuni anni si è progressivamente dif-fuso a livello in ternazionale il movi-mento less is more [10] per contra-stare un’idea di salute che si allon-tana sempre più dal concetto di as-

senza di malattia e cambiare la vi-sione della medicina e dell’assi -stenza sanitaria. La crescita espo-nenziale di iniziative e progetti fi -nalizzati a promuovere l’approccioless is more te stimonia che non sitratta di un episodio isolato, né diuna moda temporanea. • Choosing Wisely è una delle ini-ziative più note: lanciata dall’A-bim Foundation in collabora zionecon Consumer Reports nel 2012[11], ha invitato le società scienti-fiche statunitensi a pre disporre,tenendo conto delle evidenzescien tifiche e del buon senso, unelenco di “cinque prestazioni sa-nitarie che medici e pazienti do -vrebbero mettere in discussioneperché a rischio elevato di inap-propriatezza”, puntando sul re -cupero della relazione medico -paziente per di scutere della inuti-lità di queste prestazioni e dei ri-schi associati. Oltre 70 societàscientifiche hanno pubblicato leloro liste e altre sono in procintodi farlo [12]; inoltre ChoosingWi-sely ha innescato un vivace dibat-tito sul possibile im patto clinico,economico e sociale dell’iniziati-va [13, 14, 15, 16, 17, 18, 19]. In Italia una inizia tiva analoga,estesa anche a società scientifi-che non mediche, è stata lanciatada Slow Medicine [20] con il pro-getto Fare di più non significa fa-re meglio [21]. • Il British Medical Journal, sullascia di un numero monograficopubblicato nel 2002 [22], ha lan -ciato la campagna Too Much Me-dicine [23] per sensibilizzare pro-

Tabella 1 - Impatto degli sprechi sul Servizio sanitario nazionale

anno XXVI n. 2 - Ottobre 201528 EVIDENCE BASED PRACTICE

fessionisti e pazienti sui rischi perla salute e sullo spreco di risorseconseguenti all’eccesso di medi-calizzazione [24]; tutti gli articolipubblicati sulla rivista sono archi-viati in una sezione dedicata [25]. • Jama Internal Medicine (già Ar-chives of Internal Me dicine) nellasezione Less is more raccoglieevi denze per dimostrare che“meno sanità mi gliora la salute”[26]: a oggi sono stati pubblicati161 articoli [27]. • La conferenza internazionale sul-l’overdiagnosis, lanciata nel 2013dal Dartmouth Institute forHealth Policy and Clinical Practi-ce, è giunta alla 3ª edizione, que-st’anno ospitata dai National In -stitutes of Health [28] con il sup-porto di presti giose organizzazio-ni internazionali, tra cui il Centrefor Evidence based Medicine diOxford e il British Medical Jour-nal [29]. • Altre iniziative internazionali con-dividono la preoccupazione chela sanità di oggi prevede “troppamedicina e poca assistenza” [30]:Mini mally Disruptive Medicine[31, 32], Right Care Al liance [33],

Do No Harm Project [34]. Il movimento less is more affondale radici su tre princìpi fondamen-tali che dovrebbero essere con -divisi tra tutti gli attori della sanità: • essere consapevoli che test dia-gnostici e tratta menti inappro-priati causano danni reali; • integrare le migliori evidenzescientifiche nelle decisioni clini-che, rispettando preferenze easpettative del paziente; • ottimizzare le scarse risorse di-sponibili, ridu cendo gli sprechi.

2.1. Essere consapevoli che testdiagnostici e trattamenti inap-propriati causano danni reali

Accanto alla ragionevole certezzache tutti i trat tamenti (farmacologi-ci e non) possono causare ef fettiavversi anche molto gravi, il sovrau-tilizzo di test diagnostici, seppurminimamente invasivi, può deter-minare complicanze anche severe.Per tale ragione è stato proposto dirimodulare il motto primum nonnocere, ritenuto obsoleto perché illivello di rischio del paziente, mai

pari a zero, deve essere sempre va-lutato in re lazione ai potenziali be-nefìci degli interventi sanitari pre-scritti ed erogati. First do no netharm può essere una ragionevoleevoluzione del motto [35], a pattodi interpretarlo sempre nel conte-sto dei princìpi morali e dell’auto -nomia del paziente nell’esprimerele sue pre ferenze. Probabilmente èquesta la motiva zione per cui glieccessi diagnostici e terapeutici(overdiagnosis e overtreatment), inparte generati dalla medicina di-fensiva e oggi causa di una consi-stente quota di sprechi, non riesco-no ad abbattere il contenzioso me-dico legale,ma determinano para-dossalmente il loro progressivo ecostante aumento. Ad esempio, itest di imaging aumentano i rischida radiazioni (infertilità, cancro) e,attraverso il fe nomeno dell’overdia-gnosis, comportano ulteriori inter-venti diagnostico terapeutici nonnecessari, che a loro volta aumen-tano i rischi per il paziente e i costiper la sanità. L’overdiagnosis, “epi-demia moderna” [36], si verificaquando in soggetti asintomaticiviene diagnosticata una malattia

Box 2 - Esempi di overdiagnosis

29EVIDENCE BASED PRACTICE anno XXVI n. 2 - Ottobre 2015

che non sarà mai sintomatica, nécausa di mortalità precoce. Nelsenso più ampio del termine, l’o-verdiagnosis include tutte quellesituazioni che contribuiscono a eti-chettare come malate le per sonesane, con problemi lievi e/o a bas-so ri schio: l’eccesso di medicalizza-zione, gli inter venti terapeutici nonnecessari (overtreatment), la modi-fica delle soglie diagnostiche dellemalattie, l’invenzione di nuove en-tità patologiche (disease monge-ring). Oggi sono numerose le pato-logie per le quali è stata documen-tata overdiagnosis: per al cune diqueste le evidenze sono prelimina-ri e in parte speculative, per altreinvece più robuste e definitive [37](Box 2). Anche se il driver fonda-mentale è costituito dal progressotecnologico, numerosi fattori contri -buiscono al fenomeno della overdia-gnosis: l’evolu zione delle tecnolo-gie diagnostiche che permet tono diidentificare anomalie anche mini-me, gli interessi dell’industria, lacontinua espansione delle defini-zioni di malattia, la definizione dinuove entità patologiche, l’orienta-mento dell’au torità giudiziaria acondannare l’underdiagnosis, manon l’overdiagnosis, i sistemi sani-tari che in centivano la medicalizza-zione, la percezione so cio culturaleche more is better e che la diagno-si precoce è scevra di rischi. Nellapratica sono quattro le situazioniche con tribuiscono ad alimentare ilfenomeno dell’over diagnosis. 1. Screening in soggetti asinto-matici. Consi stenti evidenzescientifiche dimostrano che gliscreening oncologici identifica-no numerose le sioni non evolu-tive che non diventeranno maisintomatiche, né saranno causadi mortalità pre coce: si trattadelle cosiddette pseudo diseaseso inconsequential diseases. In-fatti, contrariamente alla perce-zione sociale che i tumori sonosem pre malattie gravi e fatali,alcune neoplasie re gredisconospontaneamente, non progredi-scono o crescono così lenta-mente che il paziente muorecon il tumore e non per il tumo-re. Que sti dati sono confermatida studi autoptici che rilevanonella popolazione generaleun’elevata prevalenza di neopla-sie subcliniche (mammella, pro-

stata, tiroide) che accompagna-no il paziente sino alla morte inmaniera assolutamente silente.Analogamente, uno screeningcardiologico in soggetti asinto-matici e/o a basso rischio puòde terminare una overdiagnosisdi aterosclerosi co ronarica conconseguente overtreatment.

2. Aumentata sensibilità dei testdiagnostici in soggetti sinto-matici. Il progresso tecnologicoha determinato un progressivoaumento della sensibilità anali-tica sia dei test di laboratorio, ingrado di rilevare concentrazionisieriche sem pre più basse, sia diquelli di imaging, capaci diidentificare lesioni sempre piùpiccole. Questa evoluzione, seda un lato ha portato a valoriprossimi al 100% la sensibilitàdei test diagno stici (capacità diidentificare i veri malati), dal -l’altro ne ha enormemente di-minuito la speci ficità (capacitàdi escludere i soggetti sani). Inaltre parole, se è sempre menoprobabile che un test diagnosti-co risulti falsamente negativo insoggetti malati, il numero di fal-si positivi cre sce parallelamenteall’evoluzione tecnologica. Diconseguenza vengono diagno-sticate patolo gie sempre più lie-vi che vengono trattate con glistessi approcci terapeutici delleforme mo derate severe, contri-buendo a sovrastimare l’ef -ficacia dei trattamenti.

3. Overdiagnosis incidentale. Ladiffusione indi scriminata delletecniche di imaging che esplo -rano addome, torace, pelvi, te-sta e collo identi fica lesioni inci-dentali in oltre il 40% dei sog-getti sottoposti ai test diagnosti-ci per altre in dicazioni. Conside-rato che la maggior parte deicosiddetti incidentalomi sonolesioni benigne e che solo unnumero molto esiguo di pazien-ti trae beneficio dalla diagnosiincidentale di un tumore mali-gno, la maggior parte di soggettisperimenta ansia ed effetti col-laterali conse guenti a ulterioritest diagnostici e terapie peruna anormalità che non avreb-be mai causato al cun problemao per la quale una diagnosi pre -coce non migliora comunquel’esito. Come dimostrano vari

studi,il rapido incremento nel -l’incidenza di alcune neoplasiemaligne (mela noma, carcinomadella tiroide e della prostata),contrapposto a tassi di mortalitàrelativamente stabili, rappresen-ta una suggestiva conseguenzadell’overdiagnosis, dovuta sia al-lo screening sia al l’identificazionedi incidentalomi [38].

4. Ampliamento dei criteri dia-gnostici delle malattie. La con-tinua modifica dei criteri dia -gnostici di numerose malattiecontribuisce a in crementare ilnumero di soggetti malati, tantoche oggi l’intera popolazioneanziana risulta af fetta da alme-no una condizione cronica, no-no stante goda di ottima salute.L’ampliamento dei criteri dia-gnostici riguarda sia malattieasinto matiche, come l’osteopo-rosi, sia condizioni come le di-sfunzioni sessuali femminili, do-ve semplici problemi comporta-mentali vengono classificati co-me malattie, identificando nuo-ve entità nosografiche (diseasesmongering [39]). Ampliando ledefinizioni di malattia e abbas -sando i valori soglia, soggetti abasso rischio o con problemimolto lievi vengono etichettaticome malati: considerato che inqueste popo lazioni si riducono ipotenziali benefìci dei tratta-menti, aumenta la possibilitàche il loro profilo rischio/benefi-cio sia sfavorevole. Ad esempio,molti soggetti trattati a lungoter mine per valori di colesteroloquasi nella norma o per unaosteoporosi near normal nonsperi menteranno mai l’evento(sindrome corona rica acuta,frattura) che costituisce l’obietti-vo del trattamento. La modificadei criteri diagnostici delle ma-lattie viene effettuata da paneldi esperti di organizzazioni e so-cietà scientifiche che mantengo-no relazioni finanziarie con l’in-dustria farmaceutica e tecnolo-gica [40], che a sua volta traediretto beneficio dall’espansio-ne del pool di pazienti poten-zialmente trattabili [41]. Dalcanto suo, l’industria mantieneben salda l’in fluenza sui medicie sulla società, grazie al fi -nanziamento di organizzazioniprofessionali, associazioni di pa-

anno XXVI n. 2 - Ottobre 201530 EVIDENCE BASED PRACTICE

zienti, fondazioni di ricerca,campagne di sensibilizzazionesulle malattie, iniziative di for-mazione continua. Le legittimepreoccupazioni sulle conse-guenze dell’overdiagnosis nonescludono la consapevo lezzache ancora oggi molti pazientinon hanno accesso a tecnolo-gie diagnostico terapeutiche ne -cessarie a mantenere e miglio-rare il proprio sta tus di salute.Tuttavia, in questo momentoparti colarmente critico per la so-stenibilità della sanità pubblicaè indispensabile recuperare ri-sorse spre cate nell’erogazionedi prestazioni sanitarie e ser viziinappropriati e potenzialmentedannosi.

2.2. Integrare le migliori evidenzenelle decisioni cliniche, rispettan-do le preferenze del paziente

Evidence based medicine (Ebm) eprocesso de cisionale condiviso(Pdc) sono due competenze pro-fessionali indispensabili per miglio-rare la qua lità dell’assistenza, otti-mizzare l’utilizzo delle ri sorse e mi-gliorare l’esperienza di cura dei pa-zienti, ma la loro potenziale siner-gia continua a essere sottovalutata[42]. Se l’Ebm “inizia e finisce con ilpaziente” [43], secondo il movi-mento less is more il medico – do-po aver identificato e valutato lemigliori evidenze disponibili e aver-le integrate con la sua esperienza –deve definire attraverso il Pdc unpercorso di cura individualizzato,tenendo conto delle migliori evi-denze scientifiche, valu tando lecondizioni cliniche del paziente eri spettandone preferenze e valori.Le evidenze scientifiche devonosempre orientare la scelta di testdiagnostici e trattamenti perché, no-nostante il fascino delle innovazionitecnologiche e far macologiche, po-che di queste novità hanno un realeimpatto sulla salute [44]. Ovviamen-te nes suna fiducia incondizionatanelle evidenze, sia perché l’efficaciadi almeno il 50% degli interventinon è mai stata adeguatamente va-lutata [45], sia perché i pazienti in-seriti nelle sperimentazioni cli nichehanno caratteristiche troppo diverseda quelli assistiti nel mondo reale[46, 47] e la valu tazione della loro

generalizzabilità è molto com plessa[48]. Il Pdc viene fortemente soste-nuto perché i me dici hanno l’obbli-go etico di coinvolgere i pa zientinelle decisioni terapeutiche consi-derato che sono proprio loro – in-sieme a familiari e ca regiver – a“subire le conseguenze” di questede cisioni. Inoltre, le evidenze dimo-strano che un maggiore coinvolgi-mento dei pazienti li rende piùinformati e consapevoli nel valuta-re rischi e benefìci delle diverse op-zioni terapeutiche, oltre che piùsoddisfatti delle consultazioni clini-che,an che se non conosciamo an-cora l’impatto del Pdc sugli esiti as-sistenziali [49]. Il Pdc ha due obiet-tivi fondamentali: fornire ai pa zientiinformazioni complete sul profilorischi -benefìci delle diverse opzioniterapeutiche e con siderare nel pro-cesso decisionale i loro valori e lo-ro preferenze. Quando il medicopropone al paziente le possi bili op-zioni terapeutiche si assiste spessoa un di sallineamento delle aspetta-tive: in condizioni cri tiche tutti i pa-zienti hanno soprattutto bisogno disperanza, che assume la fisionomiadi un nuovo farmaco, di un inter-vento chirurgico sperimen tale, diterapie non convenzionali, di ulte-riori consulti. Il medico si trovaspesso impreparato a gestire que-ste esigenze della persona malatae, non riuscendo a mettere in cam-po l’empatia, non gli resta che pre-scrivere con il solo obiettivo di ras-sicurare il paziente, oggi semprepiù vittima di venditori di speranzesenza scrupoli. In realtà, vienespesso ignorato che la persuasionedel paziente rappresenta una com-ponente essen ziale della modernapratica clinica: secondo Shaw edElger [50], i medici che voglionopersuadere il paziente con moda-lità evidence based dovrebbero as-sicurarsi di: • rimuovere i preconcetti del pa-ziente al fine di sgombrare ilcampo e cogliere le sue realiaspet tative; • fornire informazioni evidence -based sui benefìci e i rischi degliinterventi sanitari; • offrire un’interpretazione raziona-le di queste informazioni, inclusele proprie convinzioni sulla mi-gliore decisione; • utilizzare la razionalità, pur facen-do leva sulla sfera emotiva del

paziente; • evitare di generare nuovi precon-cetti; • essere sensibili al cambiamentodelle preferenze del paziente,perché una persuasione efficacepuò modificare le sue prospetti-ve.

La persuasione è uno strumentomolto potente che il medico deveutilizzare con grande profes sionalità:infatti, se non utilizza le migliori evi -denze scientifiche disponibili o senon mantiene un atteggiamento ditrasparenza, la persuasione etica ri-schia di sfociare in manipolazionepater nalistica. Peraltro, in un mo-mento in cui gli spre chi conse-guenti all’overuse e all’underuseerodono pesantemente le risorsedel Ssn, una evidence ba sed per-suasion, oltre a rinforzare l’alleanzapaziente medico, migliora l’appro-priatezza delle scelte dei pazienti,riduce il consumismo sanitario e ilcon tenzioso medico legale, offre uncontributo rile vante nel ridurre glisprechi e,in ultima analisi, nel mi-gliorare la sostenibilità dei sistemisanitari.

2.3. Ottimizzare le scarse risorsedisponibili riducendo gli sprechi

Le determinanti del sovrautilizzo diservizi e pre stazioni sanitarie (Figu-ra 1) hanno progressiva mente ge-nerato un’involuzione dell’obiettivodel Ssn, che oggi finisce per identi-ficarsi con l’eroga zione di servizi eprestazioni sanitarie, a dispetto diquanto sancito dalla legge 833/1978che lo isti tuiva per “promuovere,mantenere, e recuperare la salutefisica e psichica di tutta la popola-zione”. Chi spalleggia la non soste-nibilità del Ssn è con sapevole che ilmercato della sanità è regolato dal-l’offerta di servizi e prestazioni sa-nitarie in grado, al tempo stesso, dimodulare e soddisfare la domandadei cittadini: da un lato inducendo iconsumi (professionisti, Aziendesanitarie), dal l’altro attuando il ra-zionamento implicito (poli tica sani-taria). Questo equilibrio continua aso pravvivere indisturbato, sia per-ché il finanzia mento di servizi eprestazioni sanitarie si basa su cri-teri quantitativi che non tengonoconto della loro efficacia e appro-priatezza, sia perché la sod -

31EVIDENCE BASED PRACTICE anno XXVI n. 2 - Ottobre 2015

disfazione dei cittadini costituisceun potente strumento di consensoelettorale. Tuttavia, oggi che il temadella sostenibilità irrompe prepo-ten temente sulla scena, l’equilibrioofferta domanda rischia di saltareperché l’involuzione del Ssn ha ge-nerato una ipertrofia di strutture eservizi e un livello di inappropria-tezza di prestazioni che il fi -nanziamento pubblico non è più ingrado di mantenere. Se è vero che i tagli lineari alla sa-nità rischiano di erodere il dirittocostituzionale alla tutela della sa -lute, la consapevolezza che le risor-se non sono in finite deve indurre alimitare gli sprechi, limitando inter-venti sanitari inefficaci e inappro-priati per mantenere la qualità del-l’assistenza e contribuire alla soste-nibilità del Ssn. In questo processo,oltre a promuovere tutti gli inter-venti di prevenzione non medicaliz-zata, inclusi quelli volti a modificarei determinanti sociali della salute, èindispensabile diffondere l’approc-cio less is more che oggi sem bral’unica strada per raggiungere il tri-plice obiet tivo che tutti i sistemi sa-nitari dovrebbero perse guire: mi-gliorare l’esperienza di cura del pa-ziente, migliorare lo stato di salutedelle popolazioni e ri durre il costo

pro capite per la spesa sanitaria[51]. Infatti, secondo il principio di giusti-zia di stributiva, se l’etica del razio-namento appartiene alla politica,l’etica della riduzione degli sprechiè legata anche alla professionalitàdei medici, con le loro prescrizionidiagnostico terapeutiche [52]. Di conseguenza,guidati da un equi-librato mix di evi denze e buonsen-so, i medici dovrebbero collabo rarecon le istituzioni per identificare gliinterventi sanitari inefficaci, inap-propriati e dal low value, che ridu-cono l’efficacia dell’assistenza, au-mentano il rischio clinico per i pa-zienti e determinano un in gentespreco di risorse [53, 54, 55, 56]. Equando le evidenze scientifichenon supportano le ri chieste del pa-ziente, il medico ha sempre il do-vere etico di rifiutarle per contribui-re a riformulare l’imperativo socio -culturale more is better – che hatrasformato il cittadino/paziente inconsumatore – in less is more, ves-sillo di una medicina parsi moniosa[57].

CONCLUSIONI

Nella sua estrema complessità la

medicina difen siva è solo una delledeterminanti del sovrautilizzo diservizi e prestazioni sanitarie, feno-meno con seguente alle variabili in-terazioni tra numerose ca tegorie distakeholder in sanità (Figura 1). Di conseguenza, qualunque soluzio-ne proposta per arginare il fenome-no della medicina difensiva non puòprescindere dalla necessità di inter-venti sociali e culturali di sistema, inparticolare dalla re sponsabilità pub-blica di informare adeguatamente icittadini sull’efficacia, sicurezza eappropriatezza degli interventi sani-tari. Le tristi vicende del me todo Di Bel-la e di Stamina rappresentano, in-fatti, solo la punta dell’iceberg diquell’asimmetria informativa tra ilmondo della ricerca e quello dellasanità, che genera aspettative irrea-listiche dei cittadini nei confronti diuna medicina mitica e di una sa-nità infallibile. In ogni caso, nel per -correre la lunga e faticosa stradatracciata dal mo vimento less is mo-re, occorre sempre ricordare agli in-numerevoli scettici e detrattori che:“L’ar ticolo 32 della Costituzione tu-tela il diritto alla sa lute dei cittadiniitaliani, ma non garantisce loro unaccesso illimitato e indiscriminato aservizi e prestazioni sanitarie” [3].

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54. Baker DW, Qaseem A, Reynolds PP, GardnerLA, Schneider EC; American College of Physi-cians Performance Measurement Committee.Design and use of performance measures todecrease low value services and achieve cost -conscious care. Ann Intern Med2013;158:55 9

55. Garner S, Littlejohns P. Disinvestment fromlow value clinical interventions:NICEly done?BMJ 2011;343:d4519

56.Elshaug AG, Watt AM, Mundy L, Willis CD.Over 150 potentially low value health carepractices: an Australian study. Med J Aust.2012 Nov 19;197(10):556 60

57. Tilburt JC, Cassel CK.Why the ethics of parsi-monious medicine is not the ethics of ratio-ning. Jama 2013;309:773 4

anno XXVI n. 2 - Ottobre 201532 NOTIZIE DAL COLLEGIO

Tabella raffronto polizze per infermieriEssendo disponibili alcune polizze RC professionali per infermieri, pensiamo possa essere

interessante puntualizzare le loro principali caratteristiche per poi effettuare unascelta consapevole. L’analisi è stata svolta dal Collegio IPASVI di Torino in data 29/4/2015

33NOTIZIE DAL COLLEGIO anno XXVI n. 2 - Ottobre 2015

Il “Fondo Collegio IPASVI-FE” nella biblioteca di scienze della saluteCurare il proprio aggiornamento attraverso la lettura

Relazione fondo IPASVI-FE 2014Nel marzo 2013 la Biblioteca ha ricevu-to in donazione duecentodue volumidella collezione del Collegio IPASVI diFerrara, che occupano un arco tempo-rale compreso tra il 1980 ed il 2011. Questi testi costituiscono un patrimo-nio scientifico indubbiamente molto ri-levante. Le tematiche trattate sono nu-merose e molto spesso trasversali: dal-le scienze infermieristiche generali ecliniche, alla metodologia della ricerca,alla assistenza infermieristica, all’Evi-dence Based Practice e Nursing, al ma-nagement infermieristico, alla legisla-zione infermieristica nazionale e comu-nitaria europea.La Biblioteca ha istituito presso le pro-prie collezioni il fondo del Collegio IPA-SVI di Ferrara, denominato IPASVI-FE;ciò ha permesso di rendere disponibilinon solo agli infermieri, ma anche aiprofessionisti dell’ambito sanitario,opere fino ad oggi poco fruibili nella lo-ro sede originale.La Biblioteca ha valorizzato questo pa-trimonio degli infermieri ferraresi attra-verso le seguenti procedure:- conteggio dei testi;- controllo dello stato delle monografie;- controllo del posseduto presso altrebiblioteche italiane;- catalogazione dei testi nell’OPAC delPolo Unificato Ferrarese e conseguen-te indicizzazione in Indice SBN (Servi-zio Bibliotecario Nazionale).L’OPAC (acronimo di On Line Public Ac-cess Catalogue) è un catalogo virtualeon line che ospita libri e riviste cartaceee raccoglie le registrazioni bibliograficherelative alle pubblicazioni possedutedalle biblioteche di Ferrara e Provincia,appartenenti al Polo Unificato Ferrarese. Attraverso il catalogo è possibile com-piere ricerche di documenti di vario ti-po all’interno del posseduto di tutte lebiblioteche appartenenti al polo biblio-tecario.Tutti i volumi del Fondo IPASVI-FE sonoammessi al prestito esterno e si possonoconsultare e richiedere alla Biblioteca. La donazione del marzo 2013 è stataincrementata con altri 52 volumi, ac-quistati grazie a due erogazioni liberalidello stesso Collegio del giugno 2013 edel marzo 2014. Questo ha permessodi incrementare e aggiornare il Fondo

con testi pubblicati negli ultimi due an-ni. A seguito di ciò la Biblioteca ha ri-scontrato un incremento del prestitoesterno da parte dell’utenza, in preva-lenza composta da studenti soprattuttoappartenenti al Corso di Laurea Magi-strale in Scienze Infermieristiche eOstetriche. I prestiti riguardanti il Fondo IPASVI-FEhanno avuto un incremento del 53%dal 2013 al 2014, tra cui si segnalano 5prestiti intersistemici (prestito a Biblio-teche del Polo Unificato Ferrarese) e unprestito interbibliotecario (prestito a bi-blioteche esterne al Polo Unificato Fer-rarese).Per incrementare il prestito e la consul-tazione del Fondo, nel corso di questidue anni sono state attuate alcuneazioni atte a valorizzare questo patri-monio scientifico:- newsletter informative e di promozio-ne inviate dalla Biblioteca a tutti i di-pendenti dell’Azienda e al CollegioProvinciale IPASVI di Ferrara;- newsletter di presentazione inviatadall’Ufficio Stampa dell’Azienda a tuttii dipendenti;- articolo “Come consultare i volumidella Biblioteca del Collegio”, pubbli-cato sul periodico del Collegio Provin-ciale IPASVI di Ferrara (Anno XXIV n.1– Luglio 2013 pag. 6);- presentazione del Fondo presso 7 Co-mitati di Dipartimento dell’Azienda; - sensibilizzazione dei docenti dei corsidi Laurea in Infermieristica, per incre-mentare l’utilizzo presso gli studentidei testi che compongono il Fondo; - sensibilizzazione degli studenti e deidipendenti attraverso corsi formatividi accesso ai servizi della Biblioteca;- accordo con il settore Ripartizione Bi-blioteche e Musei dell’Università degliStudi di Ferrara per lo scambio di libri(prestito intersistemico).I docenti dei Corsi di Laurea in Infermie-ristica continuano a richiedere titoli di li-

bri utili per i propri corsi di laurea e/o diapprofondimento, per continuare ad ar-ricchire la collezione e legarla maggior-mente all’attività didattica in corso.Docenti, studenti e professionisti hannoespresso la preferenza/bisogno per il li-bro cartaceo, perché oggetto tangibile edi facile e veloce consultazione/lettura. La Biblioteca proseguirà anche nel 2015l’opera di sensibilizzazione rivolta alpersonale sanitario, ai docenti e all’u-tenza esterna, in modo particolare versogli studenti, per stimolare ulteriormentel’utilizzo del Fondo attraverso:- newsletter informative e di promozio-ne periodiche;- attività di supporto per le tesi di lau-rea degli studenti, che includono ri-cerca bibliografica sulle banche dation line in lingua inglese e sul catalo-go dei libri in italiano;- corsi formativi sulle risorse, sui servizie sul patrimonio bibliografico della Bi-blioteca;- consulenza e supporto rivolto agliutenti che utilizzano l’aula informaticasulle risorse della Biblioteca;- collaborazione con la docente GloriaGianesini nell’ambito delle lezioni delCorso di Laurea in Infermieristica;- realizzazione di percorsi formativi ri-volti al personale non dipendente sul-le risorse e sulle banche dati open ac-cess;- presentazione del Fondo IPASVI-FEnell’ambito delle diverse iniziative pro-mosse dal Collegio IPASVI di Ferrara.

Premessa Nel periodo attuale la formazione con-tinua e l’aggiornamento assumono econsolidano sempre di più un ruolostrategico per i professionisti e per leaziende in cui essi lavorano, in quantoservono non soltanto per affrontare ledifficili sfide poste dalle complessitàdell’agire professionale all’interno delle

organizzazioni, ma anche per gestirnee indirizzarne azioni, obiettivi e fini infunzione della natura di utilità socialeche il lavoro infermieristico porta consé, utilità sociale che è compito delCollegio professionale potenziare e va-lorizzare con varie azioni, una dellequali riguarda appunto l’autoaggiorna-mento attraverso la lettura scientifica eprofessionale.

Per questo motivo il collegio IPASVI diFerrara, come si potrà evincere dalla re-lazione ricevuta dalla biblioteca dell’A-zienda Ospedaliero-Universitaria S.An-na, ha donato il patrimonio librario insuo possesso ed ha sostenuto finanzia-riamente (€ 1400 nel biennio 2012/14)l’acquisto di testi per i professionisti.

(ndr)

anno XXVI n. 2 - Ottobre 201534 NOTIZIE DAL COLLEGIO

Come ricercare i libri appartenenti al Fondo Collegio IPASVIFerrara nel catalogo dei libri e delle riviste cartacee

Opac Polo Unificato Ferrarese

Il Catalo go (Opac) raccoglie le registrazioni bibliografiche relative alle pubblicazioni serialicartacee ed alle monografie possedute da 62 biblioteche di Ferrara e Provincia.

Accedi al Catalogo andando sulla sezione della Biblioteca di Scienze della Salute, Azienda Ospeda-liero Universitaria di Ferrara www.ospfe.it/per la formazione/biblioteca/default page

Per iniziare la tua ricerca, inserisci i dati in tuo possesso nei campi Autore e/o Titolo e/o Ricerca libe-ra e seleziona @ ricerca

L’Opac visualizzerà un elenco di risorse in ordine alfabetico.

35NOTIZIE DAL COLLEGIO anno XXVI n. 2 - Ottobre 2015

Potrai notare anche autore, titolo per esteso, anno di pubblicazione e tipo di risorsa.

Se desideri cercare solo nel patrimonio bibliografico della Biblioteca, basterà selezionare dal menùscorrevole ARCISPEDALE S. ANNA

Se desideri consultare risorse specifiche o per utilizzare più criteri di ricerca seleziona Altri canali (ricer-ca avanzata).

Ti apparirà una maschera più completa per l’immissione dei dati in tuo possesso. Basterà scegliere nelbox Natura Monografia, in Biblioteche Arcispedale S. Anna e in Ricerca libera ipasvi-fe.

anno XXVI n. 2 - Ottobre 201536 NOTIZIE DAL COLLEGIO

Il Catalogo visualizzerà tutti i libri appartenenti al FONDO COLLEGIO IPASVI FERRARA inordine alfabetico.

Se hai bisogno di ulteriore assistenza contattaci: [email protected] tutti i giorni, da lu-nedì a venerdì, dalle ore 09:00 alle ore 16:00.

Biblioteca di Scienze della Salute Azienda Ospedaliero Universitaria di Ferrara Via A. Moro, 8 - 44124 Cona (FE) - Settore 1C0 - Stanza T06.04A - Tel. +39.0532.236.257Fax +39.0532.236.392 - www.ospfe.it/per la formazione/biblioteca/default page

37NOTIZIE DAL COLLEGIO anno XXVI n. 2 - Ottobre 2015

Executive summaryNurses from overseas have alwaysmade a valuable contribution tothe NHS and care settings in theUK.We also have a history of relying onthe migration of nurses from over-seas to compensate for the short-fall of nurses at home.For the first time since the early2000s it is becoming clear thatthere is a critical shortage of regis-tered nurses in the UK. But boththe UK and global nursing labourmarkets are changing and our in-creasing over-reliance on alterna-tive sources is not sustainable.Health care providers across the UKare continually sounding the alarmover their ability to recruit perma-nent nurses. As efforts are made toincrease productivity in the NHSand bring down the agency bill overthe next year, Trusts will be evenmore reliant on expensive recruit-ment drives both in and outside ofEurope to recruit staff.The RCN is increasingly worried thatchanges to the immigration ruleswill have a disproportionate im-pact on the retention and recruit-ment of nurses from outside Eu-rope. Nurses will have to meet the £35,000 income threshold to remainin the UK; the salary of a seniornurse. This is a position that themajority of nurses would not reachwithin six years; the time affordedto nurses recruited from outside Eu-rope under the immigration rules.In this report we show that up to3,365 nurses currently working inthe UK may have to leave thecountry from 2017 as a direct re-sult of the 2012 immigrationchanges. If levels of recruitmentstay the same, by 2020, 6,620nurses will be impacted.If the UK were to begin to signifi-cantly increase the reliance on

nurses from outside Europe to onlyhalf of what it was in the early2000s we could see nearly 30,000nurses being impacted by thechanges.To recruit nurses from overseas in-curs additionalcosts to the NHSand the independent sector. TheRCN estimates that the NHS hasspent over £ 20 million recruitingthe 3,365 nurses already workingin the UK who may have to returnhome because they are unlikely tomeet the income threshold. If re-cruitment from outside Europewere to continue, by 2020 em-ployers may have invested nearly£180 million on recruiting nurseswho may have to leave the UKafter six years.In an increasingly competitive glob-al market we are making it harderfor nurses to remain in the UK, ascompared to other higher paid pro-fessions. At the same time, othercountries around the world arelooking at opening up their immi-gration policies to attract and sup-ply more nurses, potentially placingthe UK at a disadvantage.There are strong signs that theglobal shortage is becoming moresevere with regions across theworld predicting a shortfall of nurs-es that runs into the millions by2020.We remain concerned about theimpact that the UK shortage ofnurses is having on both patientcare and nurses in both the NHSand independent sector. The solu-tion is in our own hands and theRCN has consistently called onGovernment to increase studentcommissions. Measures like thismust be taken to increase the dmestic supply of nurses to matchfuture need and to work towardsself-sufficiency. We must finallymove away from an over-reliance

on nurses from overseas in theface of a worsening global nursingshortage.

The UK nursing labourmarketHealth care providers, both in theNHS and the independent sector,continue to report the challengesthey are experiencing in both re-cruiting and retaining registerednurses. Struggling to recruit is justone symptom of the current short-age of nurses that exists in the UK.In April 2015 the RCN highlightedthe impact the shortage was hav-ing on the NHS in England in ourreport Fragile Frontline. LordCarter’s findings in his June 2015interim report Review of Opera-tional Productivity in NHS providerslead him to assume there may notbe enough nurses to meet thepost-Francis demand.In this report we further stress theshortage by focussing on the re-cruitment, international recruit-ment and the retention of interna-tionally recruited nurses.

RecruitmentThe RCN believes that the most ef-fective way of increasing the supplyof registered nurses is to trainmore nurses by increasing thenumber of commissioned studentplaces.As we highlighted in The FragileFrontline, the decision to cut stu-dent places from 2010 has directlycontributed to the severity of thecurrent shortage. Although the RCNacknowledges steps are being taketo increase student commissions,we believe that workforce plannersshould further increase studentplaces - not only to fill the currentgap but also to address future de-mand; This is all the more critical inlight of the fact that 37,645 stu-

Guida al lavoro in Gran BretagnaIl Royal College of Nursing, considerata la necessità dell’Inghilterra di reclutare personale infermieristico

dai paesi comunitari e non, per rispondere ai bisogni sanitari degli inglesi, ha redatto le linee guidache pubblichiamo, per i colleghi che vogliono effettuare questa esperienza all’estero

anno XXVI n. 2 - Ottobre 201538 NOTIZIE DAL COLLEGIO

dents across the UK were turnedaway from nursing courses in2014. It will take at least three yearsfor any significant increase in com-missions to be felt by employers.In the short term, NHS organisa-tions and independent providersare left with only two realistic solu-tions to boost nursing numbersquickly; firstly, to increase the useof bank and agency nurses or sec-ondly, to recruit internationally.In our report Runaway agencyspend, the RCN estimated that theNHS in England would spend near-ly £1bn on agency nurses alone in2014-15; a figure that has turnedout to be a conservative projection.In the last three years, NHS agencyspending increased significantly,from £ 1.8bn to £ 3.3bn for bothnurses and locum doctors. The De-partment of Health in England hasresponded with plans to introducea suite of measures to limit agencyspending such as capping ratesand total agency nursing spend forTrusts in deficit. As a result, Trustsin England will feel pushed to re-cruit permanent staff. Inevitably,faced with the current difficulties infinding permanent nursing staff inthe UK, Trusts are likely to increasethe search for registered nursesoverseas.

International recruitmentAs shown in Figure 1, the UK hasalways relied on the valuable con-

tribution made by internationallyrecruited nurses. Figure 1 showsthe total number of people fromoutside the UK registering with theNursing and Midwifery Council(NMC).The last time the UK experienced asignificant shortage in registerednurses was in the early 2000s. As aresult, the UK’s reliance on interna-tionally recruited nurses peakedwith the UK recruiting over 16,000nurses in 2001-2; the vast majorityfrom outside the EEA.The UK responded by increasingstudent commissions and the re-liance on internationally recruitednurses declined throughout thedecade.Since 2013-14 numbers have be-gun to increase once again, as a di-rect result of the cuts to commis-sions in 2010, highlighting the UK’sboom and bust approach to work-force planning.In 2014-15, a total of 8,183 inter-nationally recruited nurses joinedthe NMC register to work in theUK; 7,518 from within the EEAand 665 from outside the EEA.Figure 1 shows that since 2010 themajority of internationally recruitednurses have been recruited fromwithin the EEA. For the first time,more nurses trained in Europe sawthe UK as a viable option for em-ployment. We believe there is astrong correlation between thisand 2007-8’s economic crash

which has led to the increasedmovement of nurses within theEEA.Given the changing internationalrecruitment patterns, the need toaddress the impact on the UKhealth sector and healtheconomies in other countries, andthe need to ensure fair treatmentof those being recruited, the RCNhas published its formal positionon international recruitment, avail-able at www.rcn.org.uk/publica-tions.Alongside the policy position on in-ternational recruitment we havelaunched practical guidance on in-ternational recruitment to promotebest practice and to ensure nursesand employers are aware of theirrights and responsibilities. Thisguidance is for nurses coming towork in the UK, employers andRCN representatives and can bedownloaded from www.rcn.org.uk/publications.

RetentionAnother important aspect of thenursing shortage is the need to re-tain the staff currently working inthe UK. Measures and incentivesmust be provided to help retaincurrent staff. However, there are ex-ternal factors which may hinder theretention of internationally recruit-ed nurses in the UK.First, we know that nearly all em-ployers currently recruiting nursesfrom within the EEA are strugglingwith retention. The Nursing Timesrecently reported that NHS Trustsin England were losing 28 per centof their overseas recruits withintwo years. It is unclear whetherthese nurses have remained in theNHS, the UK labour market or re-turned home. What is clear, however, is that themovement of nurses within theEEA is more fluid than previousUK recruitment drives from out-side the EEA. This may mean thatthe EEA is not necessarily a reliableand sustainable source of nursesfor the UK.Secondly, the changes to the immi-gration rules in 2012 will impact onthe retention of nurses alreadyworking in the UK but will also im-

Fig 1: Initial registrations on the NMC register broken down by EEAand Non-EEASource: NMC freedom of information request, May 2015

39NOTIZIE DAL COLLEGIO anno XXVI n. 2 - Ottobre 2015

pact on the future recruitment ofnurses from outside the EEA.As of 6 April 2012, the immigrationrules were amended by the State-ment of Changes HC188 on 15March 2012. These changes statethat any nurse who entered the UKafter 6 April 2011 on a tier 2 visawill need to earn £35, 000 to applyfor indefinite leave to remain1. Un-der the new rules a nurse mayonly remain in the UK for a maxi-mum of 6 years if the high in-come threshold is not satisfied.After this time the nurse will needto leave the UK, as further leavecannot be obtained on the basis ofemployment. This income thresh-old does not apply to applicantswho fall within the Shortage Occu-pation List.To earn £ 35,000 a year a nursewould have to be in the middle-up-per band 7 on the Agenda forChange pay scale. The vast majorityof nurses who are being recruitedby NHS providers, the independentsector and agencies are band 5nurses. It is unlikely that a band fivenurse will be in a position to earnthis higher level salary within fiveyears when they would need to ap-ply for indefinite leave to remain.This was recognised in the ImpactAssessment conducted by theHome Office, Impact Assessment:Changes to Tier 2 settlement rules,1 January 2012.Significantly, the monthly cap forcertificates of sponsorship hasbeen met for the first time in June2015; the annual limit is 20,700.This has implications in stopping orslowing down the recruitment ofnurses from outside the EEA.

Impact of the immigrationchangesNMC data shows the number ofpeople who joined the NMC regis-ter every year and whether theywere trained in or outside the UKand in or outside the EEA.From April 2011 to March 20153,365 nurses registered to work in

the UK from outside the EEA. Themajority of these nurses will notreach the £ 35,000 threshold to beeligible to apply for indefinite leaveto remain, nor is there any otherworking visa that would allowthem to remain working in the UK.Therefore, up to 3,365 nurses cur-rently working in the UK mayhave to leave as a direct result ofthe 2012 immigration changes.This number refers to nurses cur-rently on the NMC register. Thisnumber is conservative as there arenurses from outside the EEA fromlast year who will still be in theprocess of joining the register.Even if 10 per cent of these nurs-es were to progress to a mid-up-per band 7 nurse salary 3,029nurses would still potentiallyneed to leave the UK.At a time when employers are be-ing made to find efficiency savings,trips overseas to recruit are costly.There is currently a large variationin the cost of recruiting internation-ally. Anecdotally, we know that un-der current recruitment practices inthe NHS the cost of recruiting asingle nurse can range from £2,000 to as much as £ 12,000.Recruitment from outside the EEAis also likely to cost more than re-cruiting from within the EEA.These costs include all aspects ofthe HR process, from sourcing thenurse to when they start work.It is also reasonable to assume thatindependent sector providers incursimilar additional costs when re-cruiting internationally.Based on an average of £6,000 pernurse, to recruit the 3,365 nursesalready working in the UK whomay be impacted by the changeswould have cost the NHS approx-imately £ 20,190,000.Steps to improve the procurementprocess of overseas nurses mayhelp to reduce some of the costsincurred by employers. However, itshould be acknowledged that theNHS is spending resources on therecruitment of nurses who are very

likely to have to leave the UK after6 years. Without a significant increase inthe supply of nurses from withinthe UK it is also likely that the NHSwill have to continue spendingmoney on recruiting nurses fromoutside the EEA to replace those itwill begin losing from 2017.

Future impactUsing the NMC data it is also possi-ble to model the impact that theimmigration changes will have onthose in the UK workforce in 2020.We have explored two scenarios,both based on the assumption that90 per cent of nurses recruitedfrom outside the EEA will not meetthe income threshold and will beimpacted by the immigration rules,and that on average it costs around£ 6,000 to recruit a nurse.In the first scenario recruitmentfrom outside the EEA remains atthe same level as it was in 2014until 2020; this would equate toaround 600 nurses per year. Onthis basis:• 6,620 nurses would be impact-ed by 2020.

• It will cost the NHS £39,717,000in recruitment.

In the second scenario recruitmentfrom outside the EEA would in-crease steadily from now until 2020;this would equate to a rise from600 nurses to around 8,000. Al-though recruiting 8,000 nurses peryear from outside the EEA would bea significant increase from currentlevels, this number is actually onlyhalf the number of nurses recruitedto the UK in 2001-2.If the demand for internationallyrecruited nurses increased in thisway:• 29,755 nurses would be impact-ed by 2020.

• It will cost the NHS £178,524,000 in recruitment.

It is important to recognise the dif-ficulties the labour market willhave retaining nurses who havecome to work in the UK from out-

1 A tier 2 visa is initially granted for a period of three years. So long as the nurse is still needed in their position, an extension can be ap-plied for – which may be granted for a maximum of 3 years. Under the previous immigration rules (Rule 245HF), there was no income th-reshold and a nurse simply needed to be paid the relevant salary for the position.

anno XXVI n. 2 - Ottobre 201540 NOTIZIE DAL COLLEGIO

side the EEA.However, this also poses a signifi-cant recruitment challenge. If nurs-es know that it is unlikely they willreach the income threshold thensome may be discouraged fromcoming to work in the UK.

The international context inwhich the UK recruits overseasnurses has, and will continue tochange by 2020. This section givesa brief overview of the challengeswhich this context is likely to pres-ent to the UK in both the recruit-ment of nurses but also the reten-tion of nurses trained in the UK;highlighting significant changesacross emerging and developednations since the 2000s. These fac-tors show that the UK’s reliance onoverseas nurses is not a sustain-able long term strategy.

Lessons from the 2000sIn the early to mid-2000s the UKattracted large numbers of nursesfrom a variety of countries – partic-ularly members of the Common-wealth.However, the negative impact ofthis recruitment drive on health

systems which were consideredto be fragile (under-resourcedand vulnerable to externalshocks) resulted in the Depart-ment of Health introducing ethi-cal guidance on which countriesthe NHS should and should notrecruit from in the future. TheRCN has long supported this meas-ure and would like to see privateproviders also subjected to thisstandard.

Overview of key recruit-ment trends by 2020Since the mid-2000s many ‘emerg-ing’ world regions have undergonesignificant economic growth, in-dustrialisation and urbanisation –especially the Middle East, South-east Asia, theIndian sub-continent and China.The effect has been an explosion ofinternal demand for better andmore extensive health provision,which in turn has led to a dramaticincrease in domestic demand fornurses and other health profes-sionals.Better pay and conditions, as wellas training and education opportu-nities have only strengthened this‘pull factor’.The map below highlights some ofthe key regional challenges which

future UK recruitment efforts arelikely to face. The numbered re-gions and countries have beenmatched to descriptive analysislower down.1) According to the World Bank,

there was a shortage in India of2.4 million nurses in 2012 andthis trend is only likely to wors-en.

2) In the Caribbean, the expecta-tion is that by 2025 the regionwill face a shortage of 10,000nurses thanks to migration tothe US, the Middle East andother emerging regions.

3) Many economically emerging re-gions, such as the Middle East,are recruiting nurses from theWest in order to meet their ownshortfalls. In many cases, theterms and conditions offered tothese professionals are muchmore lucrative, and so, in thefuture, the UK may have tocompete with significantly more(and often well-resourced)competitors.

4) In 2012, the European Commis-sion estimated that there wouldbe of a shortfall of nearly600,000 nurses in the EU by2020ii. Furthermore, while re-cruitment to the UK from theEU/EEA has been strong in re-

GLOBAL SHORTAGE

41NOTIZIE DAL COLLEGIO anno XXVI n. 2 - Ottobre 2015

cent years, a possible upturn inthe eurozone economy couldpotentially see domestic de-mand for nurses recover - di-minishing the largest and mostaccessible market for UK NHSTrusts to go to.

5) The Department of Health Af-fairs in the United States (US)projects a shortfall of 800,000nursesiii. If the Affordable CareAct (also known as Obamacare)receives approval from theSupreme Court which is expect-ed to happen in 2015, some an-alysts are predicting up to400,000 new health care jobscould be created every year fora decade in the US. This wouldbe in addition to the expectedshortfalliv.The influential Institute of Medi-cine (IOM), a non-partisanthink-tank heavily involved inpolicy formation, has activelyencouraged the US Governmentto bolster international recruit-ment (especially from the UK,Europe and others) to help fillthese posts. This will also behelped by the fact that the Unit-ed States is simplifying their visarequirement systems in order toencourage inward migration ofskilled workers – including nurs-esv.

6) Traditional destinations for UKnurse migration such as Aus-tralia are also predicting a dra-matic increase in their ownnurse shortfalls, with up to109,000 nursing vacancies pre-dicted by 2025 (nearly 27 percent of the current nationalworkforce). Canada, anotherhistorically strong destinationfor UK trained nurses, is also ex-pecting a surge in shortage lev-els - up to 60,000 in theprovince of Ontario alone by2022vi.

7) Japan is also considering moreaggressive overseas recruitmentdrives after a 2013 survey by theCare Work Foundation foundthat over 20 percent of nursingcare facilities, including inten-sive-care old people’s homes,and entities providing care serv-ices received at home reporteda shortage of staff. By 2025 thischallenge will have increasedand Japan will need to securean additional 880,000 to 1 mil-lion nurses to meet demand.

In light of these global trends theUK must be mindful that our ownrecruitment and workforce issuesare not unique and UK employersare not operating in a vacuum. Inthe context of a worsening globalshortage, nurses working in the UKare, and will continue to be,viewed as a potential laboursource. As some countries move toopen up their immigration policiesto encourage the inward migrationto specifically attract nurses, thefact that the UK is reforming its im-migration processes with a view tomaking it more difficult for nursesto remain in the UK, places it at asignificant disadvantage in an in-creasingly competitive global mar-ket.

ConclusionAs UK employers continue to strug-gle to recruit permanent nurses, wemust be mindful that our own re-cruitment and workforce chal-lenges are being experienced byother countries. We are not operat-ing in isolation.Since 2010, nursing migration pat-terns to the UK have changed. Forthe first time, the vast majority ofnurses coming to work in the UKare coming from within the EEA.However, early indications showthat the EEA labour market is now

far more fluid which means thatthis labour source may not be reli-able and sustainable long term.Migration from outside the EEA isencountering new barriers. TheRCN is increasingly worried thatchanges to the immigration ruleswill have a disproportionate impacton the recruitment and retention ofnurses. As a direct result of the 2012 immi-gration changes, up to 3,365 nurs-es currently working in the UK mayhave to leave the country from2017. If we see international re-cruitment continue to increase,anywhere between 12,000 to30,000 nurses could potentially beimpacted.The RCN is concerned about theimpact these immigration changeswill have on individual nurses com-ing to work in the UK, their em-ployers, the domestic labour mar-ket as a whole and the financial in-vestment that will inevitably be lostwhen nurses have to return home.Whilst some countries move to-wards opening up their immigra-tion policy to encourage the inwardmigration of nursing staff, the factthat the UK is reforming its immi-gration rules - with a view to mak-ing it more difficult for nurses to re-main in the UK - places it at a realand significant disadvantage.Finally, the international context inwhich the UK operates and recruitsnurses has, and will continue tochange by 2020. Greater numbersof UK nurses may be attracted towork overseas in the increasinglycompetitive and fluid global mar-ket.The UK is increasingly at the mercyof the global trends and uncertain-ties highlighted in this report, overwhich it has no influence. The UKmust urgently regain control by de-veloping a self-sufficient nursingworkforce.

i Nursing Times Vol 111 No. 7 pages 2-3ii European Commission (2012), Action plan for the EU health workforce, European Commission staff working paper April 2012.

http://ec.europa.eu/dgs/health_consumer/docs/swd_ap_eu_healthcare_workforce_en.pdfiii Spetz J and Given R (2009) The future of the nurse shortage: Will wage increases close the gap? US Department of Health Affairs.

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