Lettera Giuseppe Vecchio

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Gentili Colleghe, cari Colleghi, nel corso dell’incontro con il M. Rettore a Scienze politiche, abbiamo avuto modo di approfondire i problemi posti dall’entrata in vigore del nuovo Statuto e dalle osservazioni avanzate dal MIUR. Mi risulta che l’argomento è stato affrontato in tutti gli incontri di Facoltà e mi pare che si tratti di un buon segno di partecipazione sostanziale e di approfondimento. Anche se il tema dovesse risultare d’interesse solo per i Colleghi che l’hanno sollevato, ritengo che meriti, comunque, la nostra attenzione per motivi che vanno ben al di là della riflessione specifica sulle nuove regole d’Ateneo. La discussione sull’autonomia universitaria e sugli statuti (compreso il Nostro, ma anche quello di appartenenza dello stesso Ministro dell’Università, nonché quelli degli atenei di numerosi altri Ministri) esprime, infatti, le difficoltà dell’intero sistema, in primo luogo del Ministero, a gestire un potere giuridico che la legge organizza sotto forma di indirizzi, limiti, condizioni, controlli non sempre chiari e non sempre adeguatamente praticati. Apprezzo le preoccupazioni espresse da Colleghi che ritengono profondamente modificati alcuni principi (come quello di ‘partecipazione’, almeno nella forma che avevamo praticato a partire dagli anni ’70), ma non posso fare a meno di segnalare che le osservazioni formulate sul nostro Statuto e sul carattere ‘accentratore’ e ‘monocratico’ del suo sistema di governo contraddicono le osservazioni espresse dallo stesso Ministero sugli statuti di altri atenei (che sono stati criticati per l’opposta ragione e, specificatamente, per la previsione di procedimenti elettivi del Consiglio d’Amministrazione). Non credo che esista una misura predeterminata e fissa della partecipazione e ritengo che una delle espressioni più genuine dell’autonomia universitaria sia rappresentata dalla libera configurazione dei modelli di governo nelle singole realtà. Ritengo, d’altra parte, che gli stessi modelli abbiano limiti massimi e minimi di variabilità del contenuto partecipativo che derivano dalla legge. Tali limiti, tuttavia, non sono stati esplicitamente fissati dal legislatore e dovranno essere definiti nell’ambito del complesso processo di ‘assestamento’ delle autonomie statutarie previsto dalla legge. Capisco che il procedimento può apparire strano a tutti coloro che (come me) sono stati abituati a modelli partecipativi prefissati. Non posso fare a meno di constatare che dal 1980 ad oggi sono cambiate molte cose e si sono tentate nuove vie di partecipazione all’interno del sistema democratico nazionale ( è sufficiente ripercorrere le vicende dei sistemi per l’elezione degli organi degli Enti locali, delle Regioni, dello stesso Stato). In questa prospettiva si deve ritenere che il Ministero sarà chiamato quanto prima a fare scelte coerenti, ad esprimere la sua opinione in maniera univoca, a farci sapere se continuerà a contestare lo Statuto dell’Università di cui il Ministro è professore e che dallo stesso è stato sottoscritto nella sua qualità di Rettore Non si tratta certo di cosa da poco se è vero che quello Statuto, come molti altri, è stato criticato per la ragione inversa a quella che ha portato ad esprimere valutazioni di opportunità (e solo marginali valutazioni di legittimità) sul nostro Statuto. Immagino che una corretta dialettica democratica e una profonda convinzione partecipativa devono indurre a rispettare e a ritenere valido uno Statuto approvato dagli Organi accademici regolarmente eletti.

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Lettera del Prof. Vecchio ai colleghi sullo Statuto

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Page 1: Lettera Giuseppe Vecchio

Gentili Colleghe, cari Colleghi,

nel corso dell’incontro con il M. Rettore a Scienze politiche, abbiamo avuto modo di approfondire i problemi posti dall’entrata in vigore del nuovo Statuto e dalle osservazioni avanzate dal MIUR. Mi risulta che l’argomento è stato affrontato in tutti gli incontri di Facoltà e mi pare che si tratti di un buon segno di partecipazione sostanziale e di approfondimento.Anche se il tema dovesse risultare d’interesse solo per i Colleghi che l’hanno sollevato, ritengo che meriti, comunque, la nostra attenzione per motivi che vanno ben al di là della riflessione specifica sulle nuove regole d’Ateneo.La discussione sull’autonomia universitaria e sugli statuti (compreso il Nostro, ma anche quello di appartenenza dello stesso Ministro dell’Università, nonché quelli degli atenei di numerosi altri Ministri) esprime, infatti, le difficoltà dell’intero sistema, in primo luogo del Ministero, a gestire un potere giuridico che la legge organizza sotto forma di indirizzi, limiti, condizioni, controlli non sempre chiari e non sempre adeguatamente praticati.Apprezzo le preoccupazioni espresse da Colleghi che ritengono profondamente modificati alcuni principi (come quello di ‘partecipazione’, almeno nella forma che avevamo praticato a partire dagli anni ’70), ma non posso fare a meno di segnalare che le osservazioni formulate sul nostro Statuto e sul carattere ‘accentratore’ e ‘monocratico’ del suo sistema di governo contraddicono le osservazioni espresse dallo stesso Ministero sugli statuti di altri atenei (che sono stati criticati per l’opposta ragione e, specificatamente, per la previsione di procedimenti elettivi del Consiglio d’Amministrazione).Non credo che esista una misura predeterminata e fissa della partecipazione e ritengo che una delle espressioni più genuine dell’autonomia universitaria sia rappresentata dalla libera configurazione dei modelli di governo nelle singole realtà. Ritengo, d’altra parte, che gli stessi modelli abbiano limiti massimi e minimi di variabilità del contenuto partecipativo che derivano dalla legge.Tali limiti, tuttavia, non sono stati esplicitamente fissati dal legislatore e dovranno essere definiti nell’ambito del complesso processo di ‘assestamento’ delle autonomie statutarie previsto dalla legge.Capisco che il procedimento può apparire strano a tutti coloro che (come me) sono stati abituati a modelli partecipativi prefissati. Non posso fare a meno di constatare che dal 1980 ad oggi sono cambiate molte cose e si sono tentate nuove vie di partecipazione all’interno del sistema democratico nazionale ( è sufficiente ripercorrere le vicende dei sistemi per l’elezione degli organi degli Enti locali, delle Regioni, dello stesso Stato).

In questa prospettiva si deve ritenere che il Ministero sarà chiamato quanto prima a fare scelte coerenti, ad esprimere la sua opinione in maniera univoca, a farci sapere se continuerà a contestare lo Statuto dell’Università di cui il Ministro è professore e che dallo stesso è stato sottoscritto nella sua qualità di RettoreNon si tratta certo di cosa da poco se è vero che quello Statuto, come molti altri, è stato criticato per la ragione inversa a quella che ha portato ad esprimere valutazioni di opportunità (e solo marginali valutazioni di legittimità) sul nostro Statuto.

Immagino che una corretta dialettica democratica e una profonda convinzione partecipativa devono indurre a rispettare e a ritenere valido uno Statuto approvato dagli Organi accademici regolarmente eletti.

Page 2: Lettera Giuseppe Vecchio

Immagino pure che se il Ministero non impugnerà gli statuti degli atenei che sono stati censurati per la (presunta) eccessiva democraticità dei procedimenti di scelta dei Componenti interni del Consiglio d’Amministrazione (come è successo per lo Statuto dell’ateneo del quale il Ministro è stato rettore) ci sarà tempo e modo di difendere e/o correggere la nostra posizione. Per farlo non è necessario impedire la formazione dei nuovi organi, la riorganizzazione della ricerca e della didattica, il normale sviluppo del processo di riforma che deve essere portato a termine al più presto se vogliamo reggere il confronto con il resto del sistema universitario. In particolare, ritengo che il dibattito per l’elezione del nuovo rettore deve essere la sede naturale per affrontare il problema dell’autonomia dell’università concentrandosi sul problema delle forme di legittimazione degli organi di governo e sulle garanzie di partecipazione. Certamente, non sarà l’Università di Catania a restare indietro sul fronte della democrazia, della partecipazione, della corretta legittimazione degli Organi di governo nell’ambito della legalità e degli spazi di autonomia consentiti dalla legge.

Colgo l’occasione per augurare a Tutti un sereno Anno Nuovo.

Pippo Vecchio

(09, 01, 2012)