Letica del morire: i racconti degli operatori sul fine vita Cipolletta, S., Oprandi, N. (2014). What...
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L’etica del morire: i racconti degli operatori
sul fine vita
Cipolletta, S., Oprandi, N. (2014). What is a good death? Health professionals’ narrations on end-of-life care. Death Studies, 38, 20-27.
Il più terribile dunque dei mali, la morte, non è nulla per noi, perché quando ci siamo noi non c’è la morte, quando c’è la morte noi non siamo più. Non è nulla dunque, né per i vivi né per i morti, perché per i vivi non c’è, e i morti non sono più.
Epicuro
Né la mia nascita né la mia morte possono apparirmi come esperienze mie. Posso solo concepire me stesso come ‘già nato’ e ‘ancora in vita’, comprendendo la mia nascita e la mia morte solo come orizzonti pre-personali
Merlau-Ponty
E’ difficile trovare un pensiero più offensivo di quello della morte; o, piuttosto, dell’inevitabilità della morte; della transitorietà del nostro essere nel mondo
Bauman
Le 5 fasi del morire (Kubler-Ross 1969)
1. Negazione e rifiuto: “No, non è possibile, non a me”
2. Collera: “Perchè proprio a me?”3. Venire a patti: patteggiamento con Dio, i
medici, i familiari, se stessi…4. Depressione: con l’aggravarsi delle
condizioni la perdita del proprio ruolo e la preparazione alla morte
5. Accettazione: “il riposo finale prima del lungo viaggio”
Contexts of awarness (Glaser & Strauss 1965)
1. “closed awareness” quando l’équipe ospedaliera non condivide la prognosi infausta con il paziente, è una situazione iniziale che inevitabilmente diventa la 2 o la 3;
2. “suspicion awareness” quando il paziente comincia a sospettare della serietà della sua condizione, è situazione instabile;
3. “mutual pretence” quando il paziente comincia a cercare conferma circa la sua condizione e può ingaggiare con lo staff un gioco subdolo in cui entrambi cercano di negare la morte.
4. “open awareness” quando entrambi sanno e tengono conto nelle loro azioni di questa consapevolezza, è situazione piena di incertezza e ambiguità.
Dying trajectories (Glaser & Strauss 1965; Hallenbeck 2003)
Time (minuti/ore/giorni)
He
alth
sta
tus
Time (anni)
He
alth
sta
tus
He
alth
sta
tus
He
alth
sta
tus
sudden
on time
lingering
sine-waving
Time (settimane/mesi)
Time (anni)
DATA CERTA DATA INCERTA
MO
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RTA
Come si muore oggi?
• In ospedale nel 75% dei casi (Mele, 2005)• In Terapia Intensiva muore un paziente su sei:
nel 65,8% viene assicurato un trattamento intensivo e solo l’8.1% dei pazienti è coinvolto nella decisione sui trattamenti da intraprendere (Bertolini e al., 2010).
• Nel Sistema Regionale Trapianti a Padova gli operatori stabiliscono ogni anno un contatto diretto con circa 3000 famiglie di deceduti candidati all’espianto (Barbisan, Bonetti, Feltrin, 2010): “Io non vorrei morire così” o “Non si dovrebbe mai morire in questo modo”
Scopo della ricerca
• Nonostante le numerose ricerche sul fine vita, poche hanno esplorato in profondità l’esperienza degli operatori
• Lo scopo della nostra ricerca era proprio conoscere questa esperienza e capire quale fosse “una buona morte” e una cura appropriata per gli operatori
“L’etica del morire”
• Survey con 2077 questionari somministrati in 70 unità operative di 14 Ulss, 2 aziende ospedaliere e 1 IRCCS (Niero 2010)
• 4 focus group (Cipolletta, Oprandi 2010)
Gruppo 1 Area
medica
Gruppo 2 Area
chirurgica
Gruppo 3 Area
servizi
Gruppo 4 Area
territoriale
TOT. %
Medici 3 3 4 3 13 36
Infermieri 5 7 4 2 18 49
Oss/Ota 1 - 2 2 5 13
Psicologi - - - 1 1 2
Totale 9 10 10 8 37 100
Il clima di gruppo
Professionalità diverse a confronto
Emotività e coinvolgimento personale
“NON DETTO”
L’impatto con l’ospedale … è stato tremendo … sono passata dalla produzione in fabbrica a … una produzione di vite umane (f, OSS, FG1)
“vedere morire un bambino…”
(f, Inf, FG1)
La prassi attuale
Stanza singola (“la stanza del morto”) o paravento
tutto è lasciato alla creatività o iniziativa o al buon senso del singolo operatore
dalle prassi ai ruoli…
Improvvisazione
In rianimazione
Passiamo ogni camera … tanto sappiamo che nella stanzetta c’è lui…. Ma sì tiremo dritto
Per cui si tornò indietro e si decise … di usare solo dei separé … per far sì che anche quell’evento rimanesse un evento all’interno della comunità
in ospedale tutti cercano di fare qualsiasi cosa pur che non muoia in reparto, lo sappiamo tutti, in chirurgia non deve morire nessuno, in medicina non deve morire nessuno, almeno questa è la nostra realtà, e devono morire in rianimazione. (F, medico, FG3)
L’organizzazione
Chi fa la comunicazione dell’imminenza di fine vita? Come?
Il medico vs. l’infermiere
Il medico di famiglianoi siamo tenuti a fare un numero di prestazioni [...] caso mai un paziente può essere considerato come due prestazioni se è un paziente grave (f, inf, FG4)
va beh, quando è morto chiamami che firmo le carte (m, medico, FG3)
un certo tipo di comunicazione deve essere lasciata a chi ha il ruolo per farla, e possibilmente ad uno solo dei medici dell’ equipe
Si tratta di star vicino, è un accompagnare, magari fisicamente nell’entrare cinque minuti, di mettere la mano sulla spalla del familiare (f, infermiera, FG1)
Sul territorio si lavora “a prestazione” Laddove il
medico di famiglia è presente …
Il paziente straniero
• Raro o aproblematico?• Diversa lingua diverse usanze
• “il nostro futuro problema”
loro (i musulmani) continuano a lavare, continuano a lavare, vanno avanti due ore, acqua e sapone, acqua e sapone e via tutto. […] Lo coprono perciò loro vanno sotto con le mani, mani nude... se è ferito, se c’è sangue non c’è problema, loro entrano con le mani (m, OSS, FG3)
L’approccio alla cura
Morire a casa o in ospedale?
Sedare il dolore o lasciare la coscienza?
Rianimare o fermarsi?
il peggior tugurio è preferito alla migliore clinica (m, medico, FG4)
I vecchietti, i vecchietti non vedono l’ora di andare via dal reparto! (f, inf, FG )
Però nessuno mai ti chiede di portarli a casa perché lì si sentono protetti (f, inf, FG1)
levare il dolore, levare la sofferenza significa ridare dignità alle persone (m, medico, FG1)
da un momento all’altro arriva la terapia antalgica per risparmiargli le sofferenze, mette su una bella flebo, una bella bomba, e questo entra in stato tipo soporoso, comatoso, e il familiare mi dice “Ma cos’è successo? Potrò ancora parlargli? Potrò ancora dirgli qualcosa? Potrò avere un minimo di comunicazione?” (f, inf, FG4)
l’approccio della maggior parte di noi medici è dilettantesco nei confronti della palliazione (m, medico, FG1)
bisogna naturalmente garantire l’analgesia, perciò certamente i morfinici, però far perdere la coscienza del pz in un momento così importante per lui secondo me non è dignitoso (m, medico, FG3)
Quando uno entra in ospedale ne deve uscire guarito per forza (f, medico, FG2)
una massa che usciva dal cranio, che raggiungeva queste dimensioni, necrotica, pesante, non riusciva a sostenere la testa (m, medico, FG4)
la morte è vissuta sempre come una sconfitta per cui si cerca sempre di escogitare qualunque cosa purché il
paziente non muoia, purché muoia da un’altra parte (f,
medico, FG3)
lasciare a una persona un corpo di cui non vergognarsi, da non farsi schifo (m, medico, FG1)
Fiducia nella medicina
Il confine dei trattamenti
Aspettative
Perpetuazione trattamentiTempo
Carico emotivo
Comunicazione
Malato
Non accettazionemorte
Medico
Familiari
Che cosa chiede il paziente?
“lasciatemi morire!”
Le proposte• Strutture e attrezzature adeguate • Formazione sulla palliazione, sulla
comunicazione e sull’accompagnamento
• Supporto psicologico agli operatori • Mobilità degli operatori di area critica • Necessità di un disegno strategico • Superamento di un’ottica efficientistica • Presa in carico globale ponendo al
centro la persona.
I racconti degli operatori
Controllo del dolore Consapevolezza
Rispetto delle volontàdel malato
Contesto ambientale
Presenza familiari
Integrità fisica
MORTE DIGNITOSA
Nella morte una persona fa, diciamo, il riassunto di tutta la sua vita e la dobbiamo rispettare, e deve elaborarla lui stesso, se noi gliela togliamo questa possibilità, di elaborare la sua morte, attraverso i farmaci, cocktail strani, non so quanto dignitoso sia...
Qualche volta che vado a prendere le persone con l’ambulanza (...) e magari questa persona voleva morire nel suo letto, l’ha detto. Però è incosciente... vincono sempre, fra virgolette, i familiari.
Avere la possibilità di avere qualcuno vicino che gradisci, che sta con te, che sia messo nella condizione anche di stare lì
è francamente indecente che la gente debba morire divisa da separé
L’altro ieri una signora mi ha detto “basta clisteri, questo è contro la mia dignità”. Noi ogni 3 giorni se non ha evacuato, clistere
Ho visto morire gente in cardiochirurgia che non erano più delle persone, erano dei contenitori insomma
Chiedono che non soffra. Vogliono essere rassicurati che non soffra, i familiari
Dalla prassi all’etica…
• Le antinomie concernenti l’approccio, ma anche le pratiche, rimandano ad altrettanti dilemmi etici
• La persona al centro della comunicazione e delle proposte, che devono essere individualizzate
• L’ascolto come via di accesso alle premesse che fondano le scelte che orientano l’azione: l’etica in pratica
il vecchio novantenne che all’ennesimo scompenso cardiaco, una cardiopatia gravissima dico “guardi sa, è grave, non so se stavolta se...”. “Se l’è sempre cavata dottore!”. (m, medico, FG1)
nelle trasmissioni dei mass media ci sono sempre i professori dell’università tal dei tali, [...] dicono questo si cura, questo ormai si sconfigge, l’1% solo muore in questo, l’1% muore in quell’altro, basta fare la prevenzione ... Tutti messaggi giusti ma che fanno pensare che non si muoia mai (m, medico, FG1)
in fin dei conti anche noi un po’ ci crediamo a
questa medicina che può tutto, eh, ci crediamo (m,
medico, FG1)
poi è più semplice, voglio dire tu sei medico e vai lì, e bene o male qualche cosa gli fai, qualche farmaco lo butti dentro, una flebo c’è, cinque minuti hai finito. Se devi star lì a dire, “guardi in questa fase qua io mi limiterei a fare solo questo, solo terapia del dolore, io non lo idraterei neanche …” ci vuole molto più tempo perché con i familiari interagisci, “ma no, ma cosa dice, ma è sicuro?” e qui e là. C’è anche un discorso di organizzazione, tu hai fretta ... (m, medico, FG1)
ti porta via moltissima energia psichica anche, affrontare la morte in questa maniera... (m, medico, FG3)
anche da noi [in hospice] arrivano convinti di arrivare in riabilitazione… una cosa proprio… gente che ha storie di anni… mentre è capibile e comprensibile in quei casi in cui la storia di malattia è proprio breve [...] ma ce ne sono tantissimi che arrivano proprio senza consapevolezza (f, inf, FG2)
Comunicazione che lascia continuamente spazio alla speranza
Mi ricordo una signora che aveva un tumore avanzato della mammella, che appena è arrivata in geriatria [...] ha mangiato subito la foglia e mi ha detto: “dottore, se mi avete ricoverato qua e non in oncologia, vuol dire che non ho più possibilità di fare le cure... (f, medico, FG1)
la figlia di questa signora è venuta da me a chiedere una mano e in quella occasione mi diceva: “Cosa faccio adesso? Perché fino adesso io ho mentito con mia madre, dicendo che sarebbe guarita e adesso che ci troviamo alla fine e sappiamo che non possiamo tirarla fuori, non posso neanche condividere la sofferenza della sua morte perché devo far finta che non è vero!” (m, medico, FG2)
Tecnica di rilevazione basata sulla
discussione fra un piccolo gruppo di
persone, alla presenza di uno o più
moderatori , focalizzata su un
argomento che si vuole indagare in
profondità .
“un modo di ascoltare le persone e imparare da loro” (Morgan, 1998)
Cos’è un FOCUS GROUP