L'Estetica dell'Oppresso

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edizioni la meridiana p a r t e n z e L’Arte e l’Estetica come strumenti di libertà L’ESTETICA DELL’OPPRESSO Augusto Boal

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Lamentiamo spesso che nei paesi poveri, e tra i poveri dei paesi ricchi, sia tanto elevato il numero di cittadini che non godono di pari diritti per il fatto di non saper leggere né scrivere. Più deplorevole però è che molti cittadini non siano educati all’Estetica o non godano dell’Arte. È questo un genere di analfabetismo ugualmente grave essere esteticamente ciechi, muti e sordi riduce individui potenzialmente creatori alla condizione di meri spettatori. La “castrazione” estetica rende i cittadini vulnerabili. Questo libro consegna un’ idea forte: il Pensiero Sensibile, che produce arte e cultura, è essenziale alla liberazione degli oppressi, poiché accresce le capacità cognitive. Soltanto da cittadini che si rendono coscienti della realtà in cui vivono e delle sue possibili trasformazioni, potrà sorgere una democrazia reale.

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Colori compositi

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788861 5 32090

edizioni la meridianap a r t e n z e

Euro 18,50 (I.i.)

In copertina disegno di Silvio Boselli ISBN 978-88-6153-209-0

Lamentiamo spesso che nei paesi poveri, e tra i poveri dei paesi ricchi, sia tantoelevato il numero di cittadini che non godono di pari diritti per il fatto di nonsaper leggere né scrivere.Più deplorevole però è che molti cittadini non siano educati all’Estetica o nongodano dell’Arte. È questo un genere di analfabetismo ugualmente grave, senon peggiore: essere esteticamente ciechi, muti e sordi riduce individuipotenzialmente creatori alla condizione di meri spettatori.La “castrazione” estetica rende i cittadini vulnerabili e più facilmente plasmabilidai messaggi imperiosi dei media.Questo libro, che possiamo considerare l’eredità di Augusto Boal, ci consegnaun’idea forte: il Pensiero Sensibile, che produce arte e cultura, è essenziale allaliberazione degli oppressi, poiché accresce e approfondisce le capacità cognitive.Soltanto da cittadini che, con tutti i mezzi simbolici (parola) e sensibili (suoni eimmagini), si rendono coscienti della realtà in cui vivono e delle sue possibilitrasformazioni, potrà sorgere, un giorno, una democrazia reale.Come conclude lo stesso Boal: “In passato ho scritto che essere umano è essereteatro. Vorrei ora ampliare il concetto: essere umano è essere artista! Arte edEstetica sono strumenti di libertà”.

Augusto Boal (1931-2009) è stato il fondatore del teatro Arena di San Paolo e ha scrittodiverse opere teatrali con Chico Barque. Nei suoi testi, tradotti in trentacinque lingue,espone i metodi presentati nei suoi stage di formazione e diffusi ormai in tutto il mondo.Con la meridiana ha pubblicato Il teatro degli oppressi. Teoria e tecnica del teatro (2011),L’arcobaleno del desiderio (2010), Dal desiderio alla legge. Manuale del teatro di cittadinanza(2002) e Il poliziotto e la maschera. Giochi, esercizi e tecniche del Teatro dell’Oppresso (2009).

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L’Arte e l’Estetica come strumenti di libertà

L’ESTETICADELL’OPPRESSO

Augusto Boal

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Augusto Boal L’ESTETICADELL’OPPRESSOL’Arte e l’Estetica come strumenti di libertà

Editing a cura di Rita WengoroviusTraduzione di Alessandra Vannucci

edizioni la meridianap a r t e n z e

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Indice Presentazione all’edizione italiana....................9di Roberto Mazzini

Introduzione ...................................................11

Parte PrimaDUE MODI DI PENSARE: IL MODO SIMBOLICOE IL MODO SENSIBILE

Il Pensiero Simbolico e il Pensiero Sensibilenella creazione artistica...................................17

Un nuovo concetto di Aura e Arteper una Nuova Estetica ..................................27

Il corpo umano sociale....................................31

La Parola, la più grande invenzione umana...39

Parte SecondaDAL PENSIERO ARTISTICO ALLA CONCRETEZZADELL’ARTE

La soggettività dell’Arte..................................59

Teoria dei Neuroni Estetici ............................69

Monarchie politiche e artistiche .....................79

L’invasione dei cervelli....................................89

L’obiettività dell’Arte ......................................97

Rivoluzione culturale anti-dogmatica...........101

Parte TerzaIL PROGETTO PROMETEO

Introduzione .................................................107

Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo......................................................113

Progetto Prometeo........................................117

Contesto, strutture e vita reale .....................125

Esperienze iniziali nel campo della Salute Mentale..........................................................131

Osservazioni complementari ........................143

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3. La parola già era usata in Grecia, come annota il dizionario Houaiss:“Dal greco aisthétos, ê, on: ciò che si percepisce con i sensi, sensibile”opposto a “noétos, ê, on: ciò che si percepisce con l’intelletto”. Ioaffermo che Noetica ed Estetica sono da sempre unite, entrambe partedell’intelligenza umana; gemelle siamesi, una non esiste senza l’altra.L’Estetica è intellettuale, e la Noética sensibile.

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Non sono però d’accordo sul fatto che la sensa-zione pura sia opaca e confusa. In verità, la sensa-zione è ricca e complessa, quando viene “sentita”come tale. Provocata dall’oggetto (dalla “cosa”)può causare una varietà di percezioni a diversisoggetti oppure allo stesso soggetto in diversimomenti. A causa delle molteplici possibilità cheoffre al momento di esser tradotta in parole, lasensazione può causare confusione. Confusa nonè la sensazione in sé ma le parole con cui è tra-dotta. Parole sono Pensiero Simbolico e i simbolihanno bisogno d’interlocutori unanimi.Come prosegue Baumgarten, “il concetto sensi-bile è particolare come oggetto di sensibilità egenerale, come oggetto di comprensione”. I dueoggetti sono complementari o contradditori: sen-sibilità e comprensione sono due forme attive dipensiero – nessuna delle due fa ombra all’altra.L’oggetto del fenomeno estetico può averbisogno, per una fruizione ottimale, di esserespiegato, oppure no. Un fiore azzurro può nonaver bisogno di parole, mentre l’assassinio delcelebre Duca di Guisa il 23 dicembre del 1588nel Castello di Blois sulla Loira, durante la cosid-detta “Guerra delle Religioni”, forse avrà bisognodi una qualche spiegazione storica.Baumgarten ha avuto l’immenso merito di riabili-tare la parola Estetica e di riconoscerne l’esi-stenza e la funzione, oscurata nei secoli prece-denti. Ci ha obbligati a conoscere l’etimologiadella parola per capire cosa in verità sono l’Arte ela Cultura, manifestazioni concrete dell’aisthétos– Estetica.Non sono d’accordo sull’uso della parola “infe-riore” per designare la Conoscenza Sensibile, chenon è un archivio morto o mero registro d’infor-mazioni sensoriali, ma piuttosto un dinamicoarrangiatore di nuove informazioni con quelle giàricevute e organizzate e con le necessità e i desi-deri del soggetto – tutto questo è Pensiero – ed èdunque un convertitore d’informazioni in azioni.Baumgarten definisce l’Estetica come Scienzadella Conoscenza Sensibile, in altre parole orga-nizzazione sensoriale del caos. Dal mio punto divista, il compito organizzativo può essere realiz-zato da un Pensiero Sensibile dinamico e fluido e

Il Pensiero Simbolicoe il Pensiero Sensibilenella creazione artistica

Quando, tra il 1750 e il 1758, il filosofo tedescoAlexander Baumgarten scrisse i suoi due libri sul-l’Estetica3, la definì nel seguente modo:

I sensi – e la conoscenza che ne deriva – permet-tono di pensare una gnoseologia inferiore. Nondubito dell’esistenza di una Scienza della Cono-scenza Sensibile, intermediaria tra la pura sensa-zione, opaca e confusa, ed il puro intelletto,chiaro e distinto. Non si tratta di qualcosa cheesiste nella Cosa, né di una creazione dell’essereumano, ma risulta da una sintesi particolare,un’armonia tra Essere e Pensiero. Il concetto sen-sibile è particolare come oggetto di sensibilità egenerale, come oggetto di comprensione.

Questo è ciò che Baumgarten sostiene e che noiora analizzeremo.L’Estetica è una relazione tra soggetto e oggetto.Su questo sono d’accordo. L’oggetto del desi-derio dipende dal soggetto desiderante per esseredesiderato – non lo è mai in sé. Così come la bel-lezza della donna amata non risiede appena nelsuo corpo e parole, ma negli occhi di chi la ama,anche la valutazione del Bacio di Giuda di Giottodipende dalla percezione di chi lo guarda – chesia un bacio amichevole o un tragico tradimento– che a sua volta è condizionata dalla sua religio-sità e conoscenze storiche.

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4. Ideologia per lui significava il complesso d’idee ricevute per via disensazioni, in modo cosciente o no. Poi la parola, come tutte, ricevettealtri significati più o meno peggiorativi, nella battaglia semantica.

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sive, onde di telefonia, telegrafo, Internet, cellu-lari, wi-fi… e ancora pensieri, emozioni, sguardid’odio e d’amore… siamo sommersi da onde, gal-leggiamo in un mare di microbi, batteri, virus,bacilli… La natura “macro” è infestata da esseri“micro”, invisibili, vivi o no, dentro e fuori dalnostro corpo.Il pensiero è come una pietra lanciata in aria. Lapietra ha un peso e una forma: è materia, concre-tamente vola e pesa. L’energia che la fa muovereinvece, vincendo l’attrito e resistendo alla gravità,è immateriale. L’oggetto che vola è materia, l’attodi volare è immateriale. Possiamo afferrare lapietra con le mani, mai il suo volo.Una nota musicale è un suono ma non è lamusica, che invece è organizzazione dei suoni neltempo. La musica che sulle note poggia e da essedipende, le trascende.Una linea è formata da punti successivi, né curviné retti, ma non è nessuno di essi: la linea è la lorodisposizione nello spazio. Allo stesso modo, ilPensiero è l’articolazione dinamica dei signifi-canti – segni registrati dal cervello – ma non è daessi imprigionato: il Pensiero, infatti, è la struttu-razione dinamica dei significanti, come il volo el’onda. Come la vita, che fluisce nel DNA ma nonè la materia biologica senza la quale, tuttavia, nonci sarebbe vita. Così i pensieri.I due Pensieri, congiunti, mettono in funzione e ariposo i circuiti neuronali in diverse aree del cer-vello, facendo interagire memoria, idee, sensa-zioni ed emozioni. Non sono prigionieri di nes-suna area del cervello, come la vista o l’udito, mapossono attivarle tutte, in qualsiasi momento. Leattivano e si attivano quando idee e sensazioniaccendono la memoria – come brace – o l’imma-ginazione – come fuoco che si spande anchecontro il volere cosciente del soggetto, durante laveglia o durante il sonno.Il cervello fisico si divide in parti ma è uno, sol-tanto uno, organico e organizzato: una casa senzaporte e senza muri che si può attraversare. Anchequando il Pensiero Simbolico tace, il PensieroSensibile continua in attività, pensando persinol’impensabile, come l’infinito e la morte.Il flusso continuo delle nostre azioni, che tengono

non accumulo di dati o deposito statico. Il Pen-siero Sensibile può essere interpretato in parole –Pensiero Simbolico – che lo espandono o defini-scono. Ma infine conveniamo: i sensi hanno unsenso! Non sono mere sensazioni che con iltempo svaniscono, hanno senso e hanno puredelle direzioni. Adotto come punto di partenzal’idea che esista una forma di pensiero non ver-bale – il Pensiero Sensibile – articolato e risolu-tivo che orienta l’atto continuo del conoscere estruttura l’organizzazione dinamica della Cono-scenza Sensibile. Affermo che, anche quandosono espressi in parole, i Pensieri dipendono peresser compresi dalla forma con cui le parole sonopronunciate e dalla sintassi con cui sono redattele frasi. Ovvero, dal Pensiero Sensibile.Non giungo a dire, come il filosofo franceseAntoine Louis-Claude Destutt de Tracy (1754-1836) inventore della parola ideologia4, che “pen-sare è innanzitutto sentire” e che “solo la sensibi-lità ci fa sapere che esistiamo”, ma affermo chel’atto di pensare con le parole inizia nelle sensa-zioni e senza queste non esisterebbe, anche se daesse dovesse distaccarsi ed emanciparsi fino allatotale astrazione.In ogni individuo e nella sua percezione delmondo, Pensiero Sensibile e Pensiero Simbolicocoesistono, alimentati dalla Conoscenza,anch’essa Sensibile e Simbolica. La Conoscenzarisiede nel cervello fisico, materializzato in com-plessi circuiti neuronali vivi e pulsanti, che siespandono e ritraggono continuamente, si accen-dono e si spengono come ceneri battute dalvento. Il Pensiero che fluisce attraverso di esse èimmateriale: è la Conoscenza in costante trasfor-mazione, è la Trasformazione stessa.Come una pietra lanciata in mare: l’acqua mate-riale ondeggia ma le onde sono immateriali. Sonoil moto ondulare, come le onde sonore osismiche. Onde marine non sono acqua, tuttaviadipendono da essa, su di essa planano e senza diessa non esisterebbero. L’aria che respiriamo èpiena di onde di Herz, onde di immagini televi-

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Conoscenza non è uno scaffale di libri chiusi, unarchivio morto: è viva e pulsante, è memoria eoblio, si accende e si spegne. Parole al vento nonlasciano tracce come, invece, intensi piaceri edolori acuti. Frasi molto ripetute lasciano ilsegno. Immagini viste più volte, lasciano la scia.Suoni, l’eco. La Conoscenza è memoria attiva. IlPensiero è azione.Anche negli animali la conoscenza conduce all’a-zione ma in un modo conclusivo, non mediatodalla coscienza. Negli esseri umani, il pensieropondera e dà un peso specifico, morale ed etico,ai suoi possibili atti. Gli atti umani sono etici,secondo la morale vigente di ogni epoca, terri-torio, circostanza5. Gli schiavisti agivano secondola morale dell’epoca, gli abolizionisti, seguendo ilproprio senso etico. In quel caso, morale ed eticasi scontravano.La coscienza è la riflessione del soggetto su sestesso e non appena sulle conseguenze ma sulsignificato dei propri atti.Non mi pare opportuna l’espressione “puro intel-letto”, perché la purezza non esiste. Baumgartensi riferisce al Pensiero Simbolico come costituitoda parole e gesti convenzionali, senza distinzioni.Le parole, le quali tra le molte funzioni hannoquella di designare cose, sono però esse stessecose: come tali, possono essere percepite e rive-late dal Pensiero Sensibile – in poesia.L’intelletto è una perpetua organizzazione di sen-sazioni, emozioni, idee, memoria ed immagina-zione che circolano nella nostra mente e si tramu-tano in parola – una forma specifica di azione –.Nella formazione dell’intelletto, la natura dà unsalto vitale inspiegabile. Come l’acido desossidoribonucleico acquisisce vita o in essa si tramuta,mistero di cui non sappiamo il come né il perché,così l’organo cerebrale crea l’ingegno versatile equesto, l’intelletto depurato di banalità. L’intel-letto è il Pensiero Simbolico purificato di ciò che

conto e compiono le informazioni della Cono-scenza, è opera del Pensiero Sensibile che orga-nizza le dinamiche coscienti del Soggetto, tra-dotte o no in parole. La parte inconscia del pen-siero ha la stessa funzione e simili virtù. È ciò cheFreud nei suoi primi scritti chiamava di nozionipre-coscienti e Stanislavskij di sottotesto nel suometodo d’interpretazione. Esistono molti livelli dinozioni pre-coscienti e di sottotesti, simultanei eintrecciati. Alcuni, un giorno emergono e diven-tano coscienti. Altri, mai. Alcuni si traducono inparole; altri, in silenzi.Siamo capaci di parlare seguendo un unico pen-siero continuo mentre altri pensieri, simultanei,non giungono alla coscienza verbale – restanonascosti e fluiscono nel nostro monologo inte-riore. Se ho davanti a me sette persone e parlocon tutte e sette, scelgo le parole: un unico pen-siero verbale fluisce in modo cosciente – conlapsus e vuoti di memoria, è ovvio – mentre glialtri sei, sommersi e incensurati, s’indirizzano aciascuno dei miei interlocutori, a essi sensibili, disolito in modo incosciente. Ciononostante,lasciano tracce.La Conoscenza Sensibile è un pensiero embrio-nale fin dalla sua forma verbale all’infinito –conoscere – che è l’atto di ricevere informazioni.Conoscenza si coniuga al presente dell’indicativo– io conosco – ma il Pensiero Sensibile si coniugaal gerundio – sto conoscendo – e perciò siproietta nel futuro. Pensare significa organizzarela conoscenza e trasformarla in atto, che puòessere parola o azione, considerando che anche ildiscorso è un atto. Il pensiero è un atto che tra-sforma chi pensa, l’interlocutore e la relazione trai due (che, eventualmente, sono un’unica per-sona).La Conoscenza offre diverse possibilità. Il Pen-siero inventa e seleziona. Uno pone, l’altrodispone. Conoscenza accumula, Pensiero siavventura. La Conoscenza porta il passato all’i-stante presente; il Pensiero, dall’istante presente,permette di avanzare verso il futuro o di rivivereil passato.Conoscere, Conoscenza e Pensiero sono fasi emodi di un medesimo processo psichico. La

5. La discussione tra Freud e Jung sulla questione dei neonati, se sianoo no perversi polimorfi e se il loro corpo sia o no attratto sessualmentedal seno materno fin dalla prima pulsione alla suzione, mi appare oggiinfantile. Il neonato non ha morale e quindi, nessun aggettivo moraliz-zante può essere attribuito al suo comportamento, ancor meno un’in-tenzione etica. Il neonato semplicemente sente e desidera. Con iltempo, assorbe ed impara ciò che la sua cultura gli insegna, permette oimpartisce – altrimenti, diventa un marginale –.

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senza nessuna importanza strategica come Rot-terdam, Hiroshima e Nagasaki; O morro, di Can-dido Portinari, mostra il terrore della guerra conun’immagine bella e brutta allo stesso tempo,macchiata di sangue. Il suo famoso Tiradentessquartato mostra gli orrori del colonialismo. Beiquadri, brutti argomenti. Le fotografie di Seba-stião Salgado mostrano in corpi e visi, pelle, occhiesposti alla siccità e al sole, la paura della fame edell’AIDS, mostrano angoscia e terrore.Il Bello è nella cosa e nello sguardo. Non tutti glisguardi vedono la stessa cosa. Il padrone dellosguardo è un individuo che vive in una società diclassi, di caste, di ville e baracche. Non esiste unosguardo puro. È impossibile sbarazzarsi delcarico sociale e culturale di cui il nostro corpo emente sono permeati e che è come una spessalente attraverso la quale vediamo il mondo.Nella creazione estetica, due artisti guarderannoalla stessa modella con due (o più) sguardidiversi; nell’apprezzare una stessa opera d’arte,due persone vedranno la stessa opera in due (opiù) modi diversi. Perciò la scelta del tema èimportante, ma più ancora lo è la forma, il tratta-mento che l’artista gli dà. Nella frase “ciò che èbrutto, è bello!” non esiste contraddizione,perché bella è la verità velata che l’arte svela!Bello è il bagliore di verità nei sensi – dicono ifilosofi, ed io sono d’accordo; ma quale verità?Già che noi non siamo tutti uguali, devono esi-sterne molte.Se, attraverso l’Arte, decidiamo in piena coscienzadi prender parte alla lotta di classe che fonda-menta ogni società umana – ed è questo confrontoche ci mobilizza, ci fa avanzare o ripiegare – nonpossiamo assolutamente illuderci che esistanoentità assolute come l’idea, lo spirito e altre divi-nità, pur adottate da eminenti filosofi. AmicusPlato, sed magis amica veritas, scrisse Aristotele:sono amico di Platone, ma più ancora della verità.Aristotele scrisse questa frase in greco, lingua diAtene, ma la si sente più spesso citata in latino.Con l’Estetica dell’Oppresso cerchiamo la nostraverità: un’Arte Pedagogica inserita nella realtàpolitica e sociale e ad essa integrata. Dove trove-remo terra ferma per i nostri passi?

non è essenziale: è una categoria del pensiero.Questo che scrivo è un testo intellettuale; almeno,tale è il mio intento…Oltre al salto che dalla materia produce vita, altriinfiniti e altrettanto misteriosi salti producono,dalla vita organica, il pensiero; dal pensiero, lacoscienza e dalla coscienza, l’Atto Etico. Que-st’ultimo è il salto più arduo.

Bello, piacevole e bruttoL’Estetica non è la scienza del Bello come si dicein genere, ma la scienza della Comunicazione Sen-soriale e della Sensibilità. È l’organizzazione sensi-bile del caos in cui viviamo, solitari e gregari, pro-vando a edificare una società meno antropofaga6.Il Bello che dell’Estetica fa parte, è l’organizza-zione della realtà anarchica e aleatoria, in formesensoriali che le danno significato, mentre a noiprocurano piacere. Bello non è solo ciò che ciallieta e diverte ma anche ciò che ci spaventa esgomenta, come la bellezza di una catastrofenaturale, di uno tsunami e di una bomba atomicaquando esplode il suo fungo in cielo.Il Bello può essere tradotto e spiegato in parole,ma non ne ha bisogno. La Festa junina di Jandira,il Negro rodando pandeiro di Nelson Sargento, ilterrificante Laocoonte di El Greco, avvinghiatocon i suoi figli tra serpi velenose, l’arte astratta o igraffiti – anche se non le respinge –, nessuna diqueste opere ha bisogno di spiegazioni poichéquasi tutto già si spiega in linee e colori.Se l’Estetica fosse solo la scienza del Bello e delSublime, dovremmo inventare un’altra parola cheinglobasse il non-bello e la bruttezza. Il brutto,contrario di piacevole, può esser bello. Guernica,di Picasso, è una bella opera d’arte che ci mostraun orrendo crimine storico, la distruzione di città

6. Ha detto un filosofo che siamo porcospini gregari: abbiamo bisognodi stare insieme, comodi, solo che in questo modo ci pungiamo. DissePindaro, filosofo greco classico, che l’essere umano è un’ombra chesogna. E cosa sogna l’ombra? Forse sogna colui o colei che la proietta.Forse la fragilità della sua e nostra esistenza. Forse sogna d’avere unasua ombra un giorno, sogna d’essere qualcun altro.

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i cento individui più ricchi al mondo, pubblicassea lato di quelle figure sorridenti le fotografie deicentomila uomini più miserabili della Terra…Sarebbe difficile parlare tranquillamente di lucri edividendi.Immaginate Gesù, vestito con gli stracci cheusava, vagando per le strade di pietra di Gerusa-lemme, se un giorno facesse la sua apparizione,inatteso, durante una festività vaticana di fineanno, con il papa tutto brillante d’oro e di dia-manti al lato dei suoi cardinali, in un ambiente dilusso e raffinatezza: Gesù sarebbe immediata-mente espulso dalle garbate guardie svizzere.Senza pietà, senza carità cristiana!Non possiamo rinunciare a nessun tipo di pen-siero! L’operaio, ridotto alla propria funzionemanuale, finisce per fondersi con la macchina ene diventa un’appendice; gli artisti concentratisolo sulla propria arte; i soldati che sparano acasaccio senza sapere a chi (sono tutti automi).Arte come politica.Il pericolo opposto alla parola innocua è il mono-polio del sensibile. Alcuni artisti dimenticano cheil Pensiero Sensibile è pensiero, non semplicesensazione. La sensibilità, quando si concretizzain opera d’arte, acquista forma e significato. Èun’attività cognitiva, non un semplice registro disensazioni aleatorie, impressioni fugaci, estasi.Pertanto il Pensiero Sensibile è al tempo stessovassallo e signore del Pensiero Simbolico. Questipuò dirigerlo pur essendo, contemporaneamenteed in parte, opera sua e da esso dipendente.Il Pensiero Sensibile è un’attività intellettuale chenon si ferma agli organi ricettivi e a quelli che tra-smettono le sensazioni – va oltre, e cerca di orga-nizzare il mondo in modo comprensibile –. I duepensieri, anche quando dicono la stessa cosa, nonlo dicono allo stesso modo: uguali e diversi,aprono il cammino all’immaginazione. La formadel dire fa parte di ciò che è detto.L’arte non ha bisogno di essere figurativa per raf-figurare, come non sono necessarie parole perpensare. La parola è una delle due forme, la piùtardiva, di pensiero.Alcune forme artistiche si limitano a provocaresensazioni senza un processo cognitivo organiz-

Armonia e collisioniEsiste il pericolo che la buona relazione tra i duepensieri, Simbolico e Sensibile, possa entrare incollisione, uno negando l’altro: possiamo fareaffermazioni verbali, simboliche, che contraddi-cono i nostri messaggi sensibili. Possiamo tacerecon la bocca, giammai con il corpo; nascondere laverità con parole ma non con la voce.Separare i pensieri sarebbe una perdita secca perambo le parti, poiché sono la stessa cosa indiversa forma – lì risiede la loro ricchezza –. I duepensieri possono avanzare in modo chiaro ecosciente oppure agire nella sfera subliminale,senza che ci accorgiamo di loro; possono presen-tarsi interi e ben definiti, oppure a brani, perframmenti.Estetica e Noetica sono modi che tutti gli esseriumani usano per relazionarsi con il mondo. Nonsono esclusivi di una classe o casta, epoca oregione, ma sono universali come il respiro, lamorte e il battito del cuore. Culturali sono leforme di relazionarsi e non la relazione in sé.Nessuna delle due forme di pensiero può propor-zionare, da sola, una percezione completa delmondo della quale saremo capaci soltanto se riu-sciamo a congiungerle. Così come dobbiamoimparare a leggere e scrivere, dobbiamo impararea vedere e ascoltare. Rinunciare ad una o all’altraforma del pensiero causa gravi danni all’espan-sione della personalità.Esempio di una tale limitazione specializzata èl’economista che pensa in numeri, aliquote e per-centuali, rinunciando al Pensiero Sensibile ecieco alla fame del popolo, che non vede Africhené genocidi. Costui rinuncia all’Etica.Immaginate un incontro degli uomini più ricchidel mondo nelle bianche montagne di Davos, inSvizzera, bagnate di fiori e colori, dove si riuni-scono con le loro segretarie e assessori politici.Immaginate adesso se i saloni di Davos fosserodecorati, invece che con papaveri, gigli e camelie,con quadri e sculture di artisti popolari chemostrano le conseguenze delle loro delibere eco-nomiche: povertà, malattia e morte. Immaginatese la rivista Forbes, quella che ogni anno annuncia

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gazioni straniere che fanno il saluto nazista alFührer, incluse delegazioni di paesi che prestosarebbero stati invasi dagli eserciti tedeschi. Masono anche odiose, perché, mentre assistiamo alleparate, ci vengono in mente le catastrofi che quelregime disumano causò in tutto il mondo. Eral’Uovo della Serpe. Serpe bella… ma assassina33.Non stupirà che questi film abbiano contribuitoalla propaganda nazista tra giovani fanatici edisoccupati che sognavano impieghi fissi di qual-siasi tipo… per esempio, nelle fabbriche di armi.Le platee erano attratte e dominate dalla magnifi-cenza concreta e dal potere bellico espresso daquel regime di massa.Non stupisce neanche l’indignazione degli intel-lettuali più lucidi che prevedevano la tragediaprossima. Non stupisce l’impatto prodotto, oggi,da film del genere uomo-ragno e donna-scor-pione: questi pseudo eroi sono tutti dei Führerche si fanno giustizia da soli. Esaltano l’illegalità, ifuori legge e le organizzazioni paramilitari.Oscar Wilde diceva che l’arte non imita la vita,come si dice spesso: è la vita che imita l’arte. Peril fatto che a Wilde è stata attribuita un’idea di fri-volezza, sia per le sue opere e vita privata che perpreconcetto, questa dichiarazione è in generederisa, una boutade. Tuttavia, è una profondaverità! Cinema e teatro possono innestare com-portamenti negli spettatori: l’identificazione congli eroi ne è grande responsabile.Ci sono film che, al contrario, denunciano la vio-lenza che mostrano e rivelano l’orrore del delitto.Lo fanno, però, permettendo che parte dellaplatea s’identifichi con coloro che il film intendedenunciare e non con le vittime… e applaudacosì ancora una volta, la violenza.Quando s’introduce nella storia un personaggioodioso, c’è una possibilità che lo spettatore s’i-dentifichi con esso e sia incitato al crimine. Suc-cede con frequenza nei film che hanno per

zato né un pensiero che l’organizzi, senza storiané futuro, come se la pura sensazione fosseragione sufficiente per l’arte. Non lo è. Non chesiano necessarie spiegazioni, ma la ragione sensi-bile è già ragione.Una volta visitai una mostra di pittura in cui l’ar-tista dichiarava che il suo obiettivo era di pro-durre un’opera che non facesse pensare. Avevasperimentato colori e tratti di disegno che noninducessero al sentire. Rincorreva il vuoto asso-luto… e mi pare che alla fine l’aveva trovato: ilsalone espositivo era deserto.Indipendentemente dalla volontà dell’artista, l’o-pera d’arte vuole parlare… e parla. Ma non tuttociò che l’opera dice è ricevuto dagli osservatoriallo stesso modo. Ognuno di noi ha la propriaCappella Sistina!La fruizione dell’opera e la sua comprensionedipendono dalla conoscenza e dalle previe espe-rienze di vita di ciascun osservatore. Non hobisogno di sapere nulla dell’opera per poterlasentire a mio modo, con intensità, ma non la sen-tirò allo stesso modo del mio vicino, né al modoin cui la sente il suo autore.I film western di Hollywood, per esempio quellisul generale Custer, invasore di terre altrui eassassino plurimo, tendono a mostrare gli indi-geni malvagi in quanto indigeni e gli uomini dirazza bianca, buoni… perché? Perché sonobianchi! I produttori di queste serie esaltano lafigura macabra del generale ma gli indigeni sannoche Custer fece strage di innocenti.Terribile esempio storico dei conflitti tra conte-nuto e forma è la filmografia di Leni Riefenstahlsu Hitler e sul nazismo, specialmente il suo filmsulle Olimpiadi di Berlino nel 1936: bello eodioso! Film come questo mentono non perchédicono menzogna, ma perché nascondono laverità. Sono bei film perché mostrano, in imma-gini, parte della realtà di quel periodo tragicodella storia umana; sono odiosi perché esaltano ilgenocidio di ebrei, zingari, comunisti equant’altro. I suoi film sono importanti per ilmodo in cui sono filmati e non per il filmato – perla tecnica, non per l’arte. Sono geometricamentebelle le parate quasi militari degli atleti delle dele-

33. Leni Riefenstahl fu stigmatizzata a causa della sua esplicita adesioneal nazismo. Registi più classici trasmisero, in modo ugualmente bello,idee favorevoli alla perpetuazione dell’ingiustizia sociale, come FritzLang nel suo celebre Metropolis. Per ordine dello stesso Hitler, Lang fuchiamato da Goebbels che gli offrì il ruolo di cineasta ufficiale delregime... e Lang non esitò a fare le valigie per esiliarsi ben lontano dallaGermania (Intervista di Sérgio Augusto in 100 Anni di Cinema, a curadi Amir Labaki, Imago, Rio de Janeiro 1995).

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com’erano belli! Forse li considerai ancor piùbelli di quel che erano perché sentivo d’averbisogno di espiare la mia colpa estetica d’averligiudicati senza informarmi del loro vero conte-nuto politico.Adam Smith, considerato dagli economisti comeil padre dell’Economia moderna, in un suo librofondamentale, La ricchezza delle nazioni, già nelsecolo XVIII suddivideva gli individui che pro-ducono ricchezza nel seguente modo: i lavoratori,remunerati con lo stipendio; i capitalisti, che for-niscono il capitale e traggono lucro dal lavoro deilavoratori; i proprietari terrieri, che riscuotono larendita. Smith definiva la ricchezza un potered’acquisto. Il lavoro domestico e l’attività artisticaerano da lui classificati come improduttivi.Il libro tratta della ricchezza delle nazioni, divisatra coloro che lavorano, coloro che hanno denaroe coloro che posseggono terra; tra quelli che rice-vono e vivono del proprio salario, lucro o rendita.In un paese così suddiviso, l’Arte tende a riflet-tere l’ideologia di quelli che hanno denaro o pos-siedono terre. Chi vive del proprio salario devemantenere la propria arte autonoma, perché nonsia fagocitata dal pensiero unico. Il diritto allaribellione che pulsa nel nucleo più intimo di ogniessere umano oppresso, è lo stesso consacrato neltesto cardine delle Nazioni Unite sui dirittiumani.Pulsa e vive, ma non vige.Anche quando le idee prevalenti in una societàsono quelle della classe o casta dominante, idominati mostrano malcontento. Anche nell’ap-parentemente immutabile Medioevo feudale, difianco al ferreo teatro catechetico che stava alpotere, resistevano parodie blasfeme e oscene chemettevano in ridicolo tutti i dogmi, incluso quellodella verginità sacra di Maria. Un’eresia sacrilega.In questo campo di battaglia, sorge la necessitàdell’Estetica dell’Oppresso.

oggetto le truci missioni di poliziotti violenti. Perevitare questa devianza nella tragedia greca, Ari-stotele raccomandava l’anagnorisis: l’eroe tragicoriconosceva il suo errore e per esso pagava uncaro prezzo conducendo gli spettatori, attraversol’empatia a sentirsi colpevoli e a correggere il pro-prio fallo morale. Shakespeare creò personaggiambiziosi come Macbeth e la sua Lady, RiccardoIII, Cassius e Bruto… tutti sconfitti entro la finedello spettacolo in nome della tranquillità pub-blica e della morale vigente.Spiegazioni sull’opera influenzano la percezione.Nei primi mesi del 2008, il Leopold Museum diVienna, in Austria, presentò quadri del pittoreAlbin Egger-Lienz. Risultò in uno scandalo.Associazioni ebraiche pretesero che la Mostrafosse smontata e i quadri confiscati mentre d’altraparte, il Museo adduceva a sua difesa l’impor-tanza storica del pittore e della sua opera.Stavo lavorando in quella città e decisi di andarea vedere con i miei occhi la ragione di tanto fer-vore. Entrai nel Museo contro voglia e scesi nelsalone dove stavano i quadri di Egger-Lienz. Eroandato lì pronto a detestarli; non sopporto i filo-nazisti, indipendentemente dal mestiere. Tuttavia,ammetto che trovai che i quadri non erano nientemale, nonostante l’ideologia del pittore, ma conti-nuai a cercare difetti in ciascuno di loro. Quandodecidiamo di detestare qualcosa, non mancanomai scuse.Nell’ultima parete della sala, un testo spiegava leragioni dello scandalo: alcuni di quei quadrierano stati rubati dalle case di ebrei perseguitatidal reich, confiscati da ufficiali dell’esercitonazista durante la Seconda Guerra Mondiale evenduti, dopo la guerra, a un collezionista privatoche a sua volta rivendette i quadri sospetti alMuseo. Questi, senza informarsi del percorso diogni opera, non esitò ad esporli. Le associazioniebraiche richiedevano che i quadri fossero con-servati in luogo sicuro finché non venissero fuori inomi dei veri proprietari ebrei. Albin Egger-Lienz, nato nel 1868 e deceduto nel 1926, nonera mai stato nazista. Che sollievo…Rifeci tutto il percorso che avevo fatto all’andataper osservare ogni quadro per la seconda volta:

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si fa strada e già lo invade, conquista spazio eimposta il nostro universo psichico. Senza questainvasione del mondo esterno – naturale e sociale– non esisterebbe vita psichica. Senza suoni, ilcervello sarebbe solo silenzio; senza immagini,sarebbe solo tenebre. Nel vuoto vacuo e insensi-bile, senza tatto, senza gusto e senza odore, i neu-roni sarebbero spenti.Le sensazioni si fanno strada attraverso le termina-zioni nervose fino al cervello e là si diffondono.Lasciano il segno e a loro volta sono marchiate datutto ciò che incontrano: memorie di altre sensa-zioni, idee ed emozioni, in associazioni libere ecomplesse. I cammini aperti dai sensi lo sono adoppio senso, ovvero nelle due direzioni, andata eritorno – fiumi la cui acqua scorre in giù cometutti i fiumi, ma risale per il suo letto, come nessunaltro fiume –. Acque impure: le sensazioni (acque)contaminano i nostri sensi (fiumi). Nessun senso èpuro!Questa facoltà ci permette di ricevere e proiettaresensazioni: le allucinazioni sono il miglioreesempio di memorie impure e contaminate.Per questa ragione, quando parliamo di “psico-logia umana” stiamo parlando della società cheessa abita. Ogni psicologia risiede in un determi-nato luogo: vive nel mondo, nel transito dentro efuori di ognuno di noi.Ogni neurone si specializza per conseguenza deifrequenti stimoli esteriori che riceve ed entra inrelazione con altri neuroni aprendo nuovi per-corsi nevralgici (omogenei) e reti neurali (etero-genei, compatibili).Il Neurone smarrito ed isolato, muore! Nel cer-vello non c’è posto per eremiti – il cervello èsociale –.Le sinapsi sono zone d’incontro tra neuroni, permezzo di cellule nervose dette neuriti16: i neuritipossono essere assoni, che trasmettono, e den-driti, che ricevono messaggi. Sono come braccialeggere che si cingono senza toccarsi, aprendospazi in cui circola l’informazione, che è imma-

Teoria dei NeuroniEstetici

Quando, a riguardo di un determinato soggetto,la scienza non ha una risposta precisa o un datodi conoscenza indiscutibile, apre la porta adinterpretazioni poetiche. Abbiamo il doveredella poesia e il diritto all’immaginazione. Sap-piamo senza sapere e dimostriamo senza prove –abbiamo a disposizione appena la ragione, sim-bolica e sensibile –.

Oso pensare che questa Teoria dei Neuroni Este-tici che ora vado ad esporre non è un’ipotesi: èun battesimo. Esiste: è necessario nominarla!Essa giustifica una nuova concezione dell’Esteticache sorge e circola attraverso i sensi, organizzatied intelligenti, non puramente epidermici. Sensisociali e politici che condividono tutto ciò che siriferisce al pensiero e all’etica.

I sensi hanno un senso!

Il processo estetico è espansivo perché ogni sti-molo in un’area celebrale stimola aree adiacenti,si espande in esse e con esse si dispone: il cervelloè un ecosistema, non un disco rigido del com-puter. È elastico e plastico.Quando cominciano a formarsi nell’uteromaterno a partire dalla terza settimana di gravi-danza, i neuroni non posseggono qualità, nonsanno fare niente, non sanno dove andare né ache serviranno. Le loro funzioni dipendono dallaposizione in cui i gliociti li collocheranno: piazzatinel nervo ottico, impareranno a vedere; nel nervodell’udito, ad ascoltare15.È utile ripetere che, quando ancora non ha formail nostro cervello in costruzione, il mondo esterno

15. Cfr. A User’s Guide to the Brain, di John J. Ratey.

16. Ogni neurite ha un solo assone, ma può avere fino a dieci mila den-driti, uno scientista fece calcolare che esistono più possibilità di forma-zione di rete neuronali nel cervello di un solo individuo di quelle cheesistono negli atomi in tutto l’Universo conosciuto – ma non spiegòcome si contano gli atomi universali –.

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si esaurisce né si ostruisce. La saggezza nonoccupa spazio, dice un detto popolare brasiliano.Neuroni stimolati formano circuiti sempre piùbravi a ricevere, trasformare e trasmettere piùmessaggi simultaneamente – messaggi sensoriali emotori, astratti ed emozionali – acquisendonuove funzioni e stimolando neuroni prossimi odistanti che, anch’essi, si attivano creando retiogni volta maggiori di circuiti intrecciati che cifanno ricordare, letteralmente venire in mentealtri circuiti, in modo che si formano relazioni tracircuiti con evidenti oppure insospettabili affi-nità, il che ci permette di creare, scoprire, inven-tare ed immaginare. L’immaginazione va oltre ilricordo.L’immaginazione è la memoria trasformata daldesiderio.Neuroni e reti neuronali di questo tipo si localiz-zano preferenzialmente nella corteccia e neltalamo, che sono le parti più umane del cervelloumano, grazie alle loro infinite possibilità d’in-trecci creativi. Sono in grado di espandersi e, pur-troppo, anche di ridursi e atrofizzarsi.Chiedendo già da ora venia ai neuro scienziati,qui li battezzo “neuroni estetici” perché è questala funzione dell’Estetica: attraverso i sensi stimo-lati, far splendere le proprie ragioni, stimolaretrasformazioni.I messaggi ricevuti dalla corteccia cerebrale,mutati in reti neuronali, si relazionano con altrereti già esistenti in strati più profondi del cervello,facendole riemergere allo strato della cortecciadove dialogano con i nuovi messaggi: da questodialogo sorgono le azioni e decisioni del soggetto.Tutte queste reti modificate rientrano poi aglistrati sottocorticali, da dove, a loro volta, influen-zano la ricezione di ulteriori messaggi con i qualimantengono un nesso: i primi suoni uditi influen-zano la ricezione di nuovi suoni; le prime imma-gini percepite, quella di nuove immagini; le vec-chie parole saranno messe a confronto con lenuove; concetti precedenti con concetti nuovi;valori arcaici con valori recenti.Queste prime percezioni non sono immutabili epossono essere modificate, sostituite o perfinosradicate, perché non sono definitive – nulla nel-

gine, suono, parola, piacere e dolore, ricordi, dia-loghi… Ciò accade attraverso processi chimici estimoli elettrici che allacciano un neurite all’altro.Le sinapsi si moltiplicano e si diversificano dipen-dendo da come sono stimolate17. Quanto piùconosciamo, più cresce la nostra capacità diconoscere. Quanto più mi metto a dipingere, piùmi vengono idee di come maneggiare pennelli etempere, tale e quale ad un vero pittore. Quantepiù mattine mi metto a cantare, più imparo aconoscere l’estensione della mia voce, come uncantante. Quanto più faccio danzare le mieparole, più apprendo ad amarle, come se fossi unpoeta.Se lo facessi tutti i giorni, sarei un pittore, un can-tante, un poeta. Dunque, lo sono.Sapere, conoscere e far prove sono atti che espan-dono la mia facoltà di conoscere e imparare. Laespandono oltre i limiti della mia ricerca, mifanno trovare quello che neanche sapevo chestavo cercando. “Io non cerco: trovo!” esclamòun giorno il grande Pablo Picasso.Al contempo, incontriamo ciò che non cerchiamoquando ci concentriamo per vedere tutto ciò cheguardiamo, ascoltare tutto ciò che sentiamo, sen-tire ciò che tocchiamo, scrivere ciò che pensiamo,pensare ciò che percepiamo, dipingere ciò che cipare, cantare dispiegando tutta l’estensione dellanostra voce. Siamo tutti un po’ Picasso, ognuno asuo modo e a suo tempo, modestamente.Per nostra massima felicità, negli esseri umani cisono neuroni che sommano svariate funzioni neicircuiti che integrano: sono capaci di ricevere,produrre e trasmettere sensazioni fisiche, emo-zioni concrete e idee astratte.L’Estetica dell’Oppresso si basa sul fatto scienti-fico che questi neuroni multifunzionali, quandosono attivati in un individuo, non stazionano apancia piena, come i byte di un computer inattesa di un agente esterno che li stimoli. I nostrineuroni sono vivi e dinamici: la loro capacitàd’immagazzinare informazioni e trasformarle non

17. L’estrema delicatezza e la complessità delle cellule dette neuronihanno obbligato la natura a fare una curiosa eccezione: tutte le ossa delnostro corpo stanno nel corpo e lo sorreggono; nella testa, al contrario,l’ossatura avvolge il cervello e lo protegge.

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Senza metafore non esiste una comprensionepiena. Le metafore sono essenziali agli esseriumani, poiché permettono che allontanandosi daesse ed in esse riconoscendosi, l’individuo acqui-sisca una prospettiva propria della realtà e possacosì comprenderla meglio. Le metafore sonoforme evolute e sofisticate di conoscenza. Il pro-cesso estetico è un processo creatore di metafore.Al di là della sua utilità in sé, come processo, èancor più utile quando genera un prodotto arti-stico che possa essere condiviso e socializzato.Il prodotto artistico – l’opera d’arte – dev’esserecapace d’incentivare idee, emozioni e pensierisimili a quelli che spinsero l’artista alla sua crea-zione. Il processo estetico sviluppa le capacitàpercettive e creative che abbiamo in noi, atrofiz-zate, aumenta la nostra predisposizione a metafo-rizzare la realtà.Siamo tutti artisti, ma pochi di noi esercitano leproprie facoltà. Bisogna farlo! Non possiamoridurci ad essere meri consumatori di opere altruiperché esse ci comunicano pensieri altrui che nonsono i nostri, visioni altrui e modi diversi di com-prendere il mondo che non sono necessariamenteil nostro. Desideri altrui, non i nostri. Certo, tuttociò ci arricchisce; ma non c’impedisce di essereancora più ricchi, producendo la nostra arte einaugurando, così, un vero dialogo.Dostoevskij scrisse: “Solo la bellezza salverà ilmondo”. Vorrei tradurre questa frase così: “Solocon l’Estetica, che è la ragione del Pensiero Sensi-bile, sarà possibile una più profonda compren-sione del mondo, della società e di noi stessi”.

Metafora, traslazione e transustanziazioneLa metafora, nel senso etimologico di transizionee transustanziazione, trasporta qualcosa da uncontesto quotidiano ad un diverso contesto,come quando una parola è citata e spostata da untesto originario ad un altro. La metafora fabbrica

l’essere umano è definitivo, a cominciare dallavita! Quanto più arcaici sono, però, tanto piùresistenti a qualsiasi trasformazione.Se una persona comincia a dipingere – nonimporta l’età, il sesso, il colore della pelle o le rugheintorno agli occhi, la condizione sociale, il conto inbanca – se inizia a ballare, far teatro o qualsiasi altraarte, attiva questi neuroni superdotati e multiformi,col risultato di aumentare non solo la sua sensibi-lità, ma anche l’intelligenza, non solo la sua capa-cità di comprendere, ma di percepire.Questo nuovo concetto di arte non ha niente ache vedere con le gerarchie monarchiche pirami-dali proprie dell’arte: non si distribuiscono titolionorifici di apprendista, artista, talento, genio.Ciascuno è ciò che fa: chi dipinge è un pittore.L’attività estetica è un attributo dell’essere umano,forse uno dei più soffocati e strangolati, che dob-biamo render libero. Alcuni prodotti estetici(opere d’arte) ci destabilizzano, spaventano, com-muovono e illuminano: altri no. Non dobbiamodimenticare, tuttavia, che imparare e compren-dere sono azioni del soggetto più che degli oggettiappresi o compresi: dinanzi allo stesso oggetto oevento artistico, alcuni di noi imparano molto,altri rimangono sordi e muti.I neuroni estetici sono i più importanti delsistema nervoso perché in essi, i sensi coesistonocon la ragione, il concreto con l’astratto.La percezione estetica assorbe ragione ed emo-zione, giudizi e valori, non appena sensazioni18!Data questa proprietà versatile, l’espansione dellereti non avviene solo per prossimità o per similitu-dine ma può dilatarsi all’intero spazio celebrale epsichico, dalla più remota regione della memoriafino all’immaginazione più complessa.I neuroni estetici stimolano il Pensiero Sensibile eil Pensiero Simbolico, rafforzano questa relazioneconsentendo che il soggetto produca e com-prenda metafore.

18. I neuroni motori che ci consentono di muovere l’alluce del piedesono ben più semplici. Lula perse il dito mignolo della mano sinistra, èstato eletto Presidente della Repubblica in Brasile e sta bene; Rooseveltperse la capacità motoria delle gambe e continuò a governare il suopaese; lo scienziato Stephen Hawking, paralizzato su una sedia a rotelle,continua a scrivere libri, anche se una buona parte del suo cervello èstata colpita dal suo male.

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La musica organizza il suono e il silenzio. Scrissela filosofa nordamericana Susanne Langer (1895-1985): “La musica ci fa sentire il silenzio”19. Èbello.La danza ci rivela la musicalità del corpo umanoconiugandolo con spazio, melodia e ritmo in unasintesi che dà forma al tempo. La fotografia, perimmagini, cattura il tempo nell’istante in cui essoci fugge. Il cinema, metaforico in sé per via del-l’atto di filmare, mostra l’immagine in movimentoe il movimento dell’immagine. La letteratura hacome strumenti il lessico e la sintassi, la rima e ilritmo, tutte le figure retoriche che esistono equelle che ancora possiamo immaginare.Il teatro regola le arti che organizzano e rappre-sentano la nostra vita sociale, in modo che ladistanza possa essere compresa metaforicamentee non con il naso incollato al nostro quotidiano. Èla distanza estetica che ci permette di vedere ciòche si cela agli occhi.Quando, con l’esercizio di tutte queste arti, atti-viamo i circuiti neuronali estetici, essi si sparpa-gliano in tutte le direzioni del cervello ed orche-strano nuove reti, mentre i neuroni specializzaticontinuano a cantare con una sola nota.I circuiti dei neuroni estetici, trasmettendo mes-saggi sensoriali intrecciati con i messaggi simbolici,a causa della loro imprevedibilità non seguonopercorsi già battuti e conosciuti. Vagano in tutti glispazi, tempi e rotte possibili. Vagano veloci nelcervello, cogliendo di sorpresa l’inaudito e inedito.Nei percorsi già noti, dove pure s’introducono,vanno alla scoperta di nuove prospettive e, attra-verso la memoria, ripercorrono circuiti neuronaliancora scottanti e sfavillanti per le fiamme diamori antichi, di un odio intenso, di stress sul la-voro, di panico inoculato dal crescente costo dellavita. Siccome queste sensazioni viaggiano su retisinaptiche, è come se ad un certo punto i circuitiaprissero gli occhi e potessero vedere, sensibiliz-zassero le orecchie e ascoltassero; svegliassero isensi e sentissero.Guidati dalla ragione, i neuroni permettonoall’individuo di organizzare il mondo di forma

con altra materia, rappresentazioni di una realtàoriginale, come avviene con un quadro e con unastatua.La metafora è una visione organizzata del mondo:non è la cosa, è un’altra cosa: una visione dellacosa. Metafora è meta: è oltre a, altro da.Nell’ambito dei linguaggi simbolici, la metaforapartecipa di tutti i generi di finzione, nella lettera-tura orale e scritta, tra cui la narrativa in qualsiasistile – con stile – includendo ma non limitandosialla parabola, alla favola e all’allegoria. Intervienein tutte le arti visive, plastiche e performatiche, dapalco o da stadio con registro audiovisivo suschermo, nastro o fotografia; in tutte le arti delsuono, acustiche o elettroniche, quelle che già esi-stono e quelle che ancora inventeremo.Le metafore si declinano in tre tipologie gramma-ticali, due delle quali letterarie: metafora attribu-tiva (esempio: “Il capitalismo è una tigre dicarta”) e metafora avverbiale (“La vettura volavasulla pista”, in cui il verbo volare è usato in modoavverbiale come un modo particolare di correre,omettendo l’avverbio).Tutte le opere d’arte visiva e performatica, invece,sono metafore sostantive. Sono sostanze solide,come la pietra e il corpo dell’attore, oppurefluide, come il suono e le parole al vento.Esistono anche metafore per metonimia (“Unbicchiere di vino”), metafore per analogia (“darele testate al muro”). Non ci mancano metafore!La parola denomina insiemi, la metafora comestrumento retorico organizza questi insiemi inmodo che possano essere fruiti. Questa organiz-zazione è compiuta da un individuo a partire dalsuo punto di vista storicamente e geografica-mente determinato – è un’organizzazione socialee politica, in qualsiasi contesto in cui il soggetto sitrovi ad agire, mai universale. Le arti visive orga-nizzano traccia, tono, volumi e colori in forme.Disegno, pittura e scultura prendono distanzadalla realtà originale, a causa della materialitàdegli elementi che utilizzano – matita, tempere,pennelli, tela, ferro, argilla, marmo – e ne creanoun’altra, simile ma differente: non si tratta solo diuna transizione letteraria ma di una transustanzia-zione.

19. Feeling and Form, 1953.

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quest’attività metaforica veniva utilizzato a finireligiosi o altro; in quanto metafora, essa precedeil proprio uso. Non dobbiamo vederli con occhimoderni: gli ominidi non dipingevano la cavernacome noi possiamo arredare un appartamentoma stavano creando rappresentazioni metafo-riche di animali in modo da poterli studiare.Dovevano cacciarli e abbatterli: avevamo fame.Perché dedico tante parole alla metafora? Perchéè necessario!Essi dipingevano scene della propria vita quoti-diana e disegnavano astrazioni geometriche dellarealtà che li circondava. Negli stati del Nordestdel Brasile, nel Piauí e nel Rio Grande do Norte,a Mato Grosso e a Minas Gerais, come in altreparti del mondo, esistono esempi dello stile rea-lista e di quello geometrico. Non si sa se il com-portamento geometrizzante implicava l’uso diregole e norme matematiche, come il comporta-mento realista testimonia una visione realistadella realtà – ma è probabile.Gli umani crearono qualcosa di simile a ciò chePlatone definiva il mondo delle idee perfette, incontrapposizione alle realtà sensibili. Socrateaveva già stabilito il concetto di logos: non unfenomeno ma un concetto, che attinge tutti ifenomeni caratterizzati dalla stessa natura. Conuna licenza poetica, potremmo dire che la danzaè il logos del movimento; la musica è logos delsuono; il teatro, logos della vita.Contrariando Platone, Aristotele diceva che ilmondo sognato della perfezione risiedeva nelcuore del mondo imperfetto, era anzi motore delsuo movimento verso la perfezione. In questosenso, la morale è l’imperfezione di ciò che ècome è, le usanze, costumi, abitudini. In seno allamorale, nasce l’etica, indicando ciò che deveessere: la ricerca della perfezione.Integra la nostra idea dell’Estetica creare le con-dizioni perché gli oppressi possano sviluppare laloro capacità di simbolizzare, costruire parabole eallegorie che gli consentano di vedere meglio, adistanza, la realtà che vogliono trasformare.

estetica e non appena noetica, per conoscerlo conuna piena padronanza della tavolozza della cono-scenza sensibile che acuisce e amplia la tavolozzasimbolica.La materia acquista coscienza di se stessa ed ilcervello diventa una mente. Salto misteriosocome quello delle molecole chimiche che saltanoper conquistare la vita, il che contraddice Lieb-nitz, filosofo tedesco del secolo XVIII secondo ilquale “natura non facit saltus”. Ma lo fa! Era luiche non lo sapeva.Nell’arte, l’argilla rimane argilla; manipolata dalMaestro Vitalino, ne sorgono i personaggi delNordeste brasiliano che l’argilla bruta occultava:solo Vitalino li scorgeva. La nostra malinconia ègià in Amleto; la nostra ambizione è quella di Ric-cardo III; la nostra ipocrisia è in Tartufo.Gli scienziati hanno studiato alcune specie animaliper determinare in cosa ci assomigliano. Sembrache l’elefante e il delfino sono in grado di ricono-scersi allo specchio, come noi; orango tango escimpanzé possiedono un linguaggio rudimentaleche va oltre i consigli per i cuccioli o l’avviso dellaminaccia di nemici: quando in cattività, peresempio, fanno gesti simbolici per indicare chehanno fame e sete. Pare che alcune razze di canisiano capaci di capire il significato di alcune frasi,anche in lingue diverse. Pare... ma nessun’altraspecie animale sa formulare metafore.L’evoluzione degli ominidi fino all’attuale essereumano non fu rettilinea né continua. Nell’Isola diFlores, in Indonesia, è stato ritrovato lo scheletrodi un ominide risalente alla stessa epoca in cuiuomini e donne di Neanderthal sparironoimprovvisamente, venti o trenta mila anni fa,quando essi convivevano sul pianeta terra con iCro-Magnon e forse con altre specie pre-umaneancora non indagate dagli studiosi. Noi saremmola discendenza di una di queste specie o il risul-tato dell’incrocio tra esse, Neanderthal, Cro-Magnon, Homo Floresiensis e altri che stannoancora sottoterra.Gli ominidi si umanizzarono quando inventa-rono la parola, la pittura, la musica, la danza e ilteatro. Per capire la realtà, è necessaria unadistanza estetica. Non importa se il prodotto di

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L’obiettività dell’Arte

I tre livelli della percezione

Per occupare i nostri territori, dobbiamo comin-ciare a percepire il mondo in cui viviamo.Tale percezione avviene a tre livelli:

Informazione. La luce si riflette sugli oggetti,attraversa il cristallino dei miei occhi, stimola laretina, la quale informa il nervo ottico, che fa cir-colare quest’informazione fino a quella zona delcervello che mi farà vedere ciò che mi sta davanti.Ricevo il messaggio, che si collega con altri cir-cuiti neurali che formano reti – ecco la cono-scenza –.

Conoscenza e decisione. L’individuo collega lenuove informazioni con quelle che aveva già rice-vuto e prende delle decisioni. Fino qui umani eanimali si assomigliano: decidono, reagiscono.Topi allevati in laboratorio, che non hanno maivisto il colore di un gatto, fuggono spaventatiquando sentono l’odore felino; pur senza cono-scere il nemico, reagiscono biologicamente erifuggono l’odore. Negli animali la conoscenzanon si traduce in ponderazioni, ma in decisionidefinitive.Nell’essere umano, informazione e conoscenzaconducono ad una valutazione soggettiva, checostituisce il terzo livello della percezione: la deci-sione etica o morale.Prendiamo quest’esempio: apro la porta di casa evedo una tigre, scappata dal circo; il mio nervoottico registra la sua presenza ed io ricevo imme-diatamente l’informazione. Benissimo! I mieisensi funzionano alla perfezione – constato con-

tento –. La tigre si avvicina e i dati continuano adaffluire al mio cervello con precisione: ventimetri, dieci, cinque. La tigre ruggisce; sento il suoruggito. Il mio nervo auditivo è allerta, ottimo!Mi rallegro per il funzionamento impeccabile deimiei sensi. La tigre spalanca la sua enorme bocca,il mio odorato si attiva e sento il suo alito caldo.Calcolo che le informazioni sono corrette: sonoben informato. La tigre mostra le fauci e digrignai denti! Meraviglioso: ora riesco a percepire tuttoallo stesso tempo, tanto vicina è la mia testa allesue fauci affilate.Se il mio processo psichico si limitasse a ciò cheho appena descritto, io verrei sbranato dalla tigre,con voracità e senza ulteriori indugi. Al livellodella conoscenza, già sapevo che la tigre è unabestia pericolosa; già sapevo di poter chiudere laporta e oltretutto a chiave; già sapevo d’aver lachiave e due gambe – posso rifugiarmi al piano disopra, posso salvarmi esattamente come il topoche sfugge alle grinfie del gatto –. Però, in quantoessere umano, io non mi limito all’ipotesi di fug-gire; posso anche trovare soluzioni alternative eprendere decisioni altamente creative: cioè possoinventare e scegliere cosa fare. Nel cassetto houna pistola: posso uccidere la tigre. Chiudo laporta, salgo un piano, apro il cassetto, mettomano all’arma e...

Coscienza ed etica. Livello esclusivo dell’essereumano, consiste nel dar significato e valore alledecisioni che si prendono. È l’ambito del dubbio,delle ponderazioni etiche. Devo proprio ucciderela tigre? In fin dei conti, la povera bestia è affa-mata – la crisi economica ha fatto diminuire laquantità delle sue razioni nel circo in cui lavora! –.La tigre vuole solamente mangiarmi, nient’altro,saziando la fame senza alcuna malevolenza.Inoltre: io posso salvarmi restando chiuso in casaad aspettare che la tigre vada via: ma, se la lascioscappare, potrebbe divorare il figlio dei mieivicini, che sta giocando col triciclo ricevuto aNatale – e tutti sanno che carne di bambino è piùtenera della mia... –. La tigre sa scegliere il meglioper sé. Ancora: chiamo i vigili del fuoco? Lanciola mia scrivania in testa all’animale in modo che

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rimanga stordito? Grido? Faccio le smorfie? Mala tigre sarà in grado di apprezzare quanto sonospiritoso?Questo terzo livello è etico: conferisce valori adogni atto che pratichiamo e proietta le nostreazioni nel futuro, nelle conseguenze delle nostrescelte. È un ambito creativo: esige l’invenzione dialternative. Non basta vedere ciò che accade masoprattutto ciò che può succedere; vedere ciò chenon esiste.È su questo livello etico che si devono muovere ilTeatro e l’Estetica dell’Oppresso: non bastanobuone idee, è necessario che siano giustificate;non basta lavorare su idee già esistenti, è neces-sario inventarne, poiché ogni situazione, anchequando si ripete, è sempre nuova. Nel nostrolavoro teatrale dobbiamo amplificare tutti i livellidella percezione, specialmente quello etico,affinché le nostre scelte siano coscienti – cioè,“con scienza” – delle possibilità che esistono opossono essere create in ogni situazione!Gli animali agiscono tenendo conto di ciò chehanno di fronte. Gli umani immaginano, inven-tano ciò che non esiste. La nostra Estetica deveessere conoscenza e invenzione.

Dal processo estetico al prodottoartistico

Gli umani, in buona parte predatori33, cercano dioccupare il maggior territorio possibile, anche aldi là del necessario, escludendo gli altri dai nostridomini.Se nel regno animale, tale territorio è costituitosolo da terra, acqua e foreste, in cui le specie sidivorano le une alle altre, noi umani deprediamo

anche simboli, titoli nobiliari e potere, nomi edenaro – in quanto simbolo di tutti i territori –.Chi nomina è sempre il più forte, e il dare nomecomincia in culla, con il battesimo; a scuola, con ivoti che determinano chi è il miglior alunno; allalaurea, con i titoli accademici; nello sport, colpodio delle premiazioni nei campionati; nell’eser-cito, con la benedizione delle armi; in chiesa, coni gesti liturgici, d’inginocchiarsi o prostrarsi perterra. Il nome di “sposa” si riceve con il vestitobianco; quello di “dottore”, durante la cerimoniadi laurea; il Presidente della Repubblica è nomi-nato durante una cerimonia a palazzo, circondatodai suoi ministri. Napoleone si è incoronato da sénella cattedrale di Notre Dame perché sostenevache sopra di lui non ci fosse nessuno, certo non ilPapa, forse Dio... forse neanche lui...Nel Rinascimento, i nobili esibivano ricchezzeportandosi i soldi in una sola tasca, voluminosa,sopra il sesso – prova di monetaria virilità! – enon ai lati, sulle gambe come oggi. Usavano varistrati di stoffe pregiate ritagliate verticalmente inmodo che ognuno di esse fosse visibile allo stessotempo. Si auto-denominavano: “Sono nobile”.L’artista è nominato dai mezzi di comunicazioneche aspirano a trasformarlo in merce. Tuttavia,sebbene soltanto alcune rare persone venganonominate con l’epiteto di artista, ogni essereumano è, sostanzialmente, artista.Le società dovrebbero basarsi su fraterne strut-ture di solidarietà, ma le monarchie poggianoovunque su strutture di vassallaggio. Anche nellearti esistono re e regine; principesse e visconti,protagonisti e comparse... Non nego il talento: mioppongo al suo possesso esclusivo.Quando a coloro che non appartengono allamonarchia artistica, agli individui comuni, si offrela possibilità di realizzare un processo estetico edi fare arte, dalla quale sono stati allontanati ealienati, si allargano le loro possibilità espressiveatrofizzate, si approfondisce la loro percezionedel mondo, si mette in moto il loro desiderio ditrasformarlo.Distinguo tra il fare, cioè il processo estetico, e ciòche viene fatto, cioè il prodotto artistico. Affinchéquest’ultimo esista, il primo è necessario; al con-

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33. Chiaramente la maggioranza degli esseri umani non è, in ogni caso esempre, predatoria. La civiltà, anche se in forma disuguale nei diversipaesi, ha fatto passi avanti e si sta umanizzando – dobbiamo ricono-scerne i progressi. Non tutti, nonostante i genocidi e le ecatombi cuiabbiamo assistito e ancora assistiamo, conservano l’eredità insana deglianimali predatori: esistono buoni governanti, bravi mariti, padri e pro-fessori, giudici e avvocati in gamba. Non tutti sono oppressori. Ma dob-biamo impedire la regressione che ci minaccia e andare avanti, con lasperanza di una sempre maggiore umanizzazione. Dobbiamo compren-dere che, fin dagli inizi della Storia, il mondo è progredito e regredito,guidato in questo movimento pendolare, dalle forze sociali in conflitto.Nulla è stabile a questo mondo.

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trario non è necessario che il processo estetico siconcluda in un prodotto artistico, sia all’originedi un’opera d’arte. Il processo può restare tale,inconcluso, senza alcun danno per nessuno.Nella nostra democrazia ideale, dovremmodemocratizzare non solo la politica, tramite lamobilitazione popolare, non solo l’economia soli-dale, l’informazione, l’educazione e la salute, matutte le arti, poiché fanno parte essenziale di ogniindividuo, di ogni gruppo sociale, di ogni culturae nazione, e dell’armonioso sviluppo umano.Dobbiamo disatrofizzarci!Dobbiamo non solo consumare, godere, fruirel’arte, ma anche produrla.Quando il neo-artista lavora alla sua opera, purnon arrivando a produrre capolavori da museo,sente la piacevole soddisfazione di essere ricono-sciuto come insostituibile in ciò che fa e che sololui o lei sa fare in quel modo.

Il passaggio sociale dal singolare al plurale

L’artista è un esploratore che si tuffa in acqueprofonde. Come conciliare questa pericolosaavventura singolare con la necessità plurale delgruppo sociale di cui fa parte? Ogni arte è uncaso a sé stante. Nello scrivere un poema lirico, lacreazione del poeta è solitaria. Nel dipingere unquadro, il pittore esprime i suoi sentimenti insegni e colori: lavoro singolare. Ma nulla impe-disce che un gruppo dipinga collettivamente unmurale, metta su un lavoro teatrale, anche seognuno di essi segue differenti tecniche e possibi-lità, e ancora che un gruppo scriva un libro anto-logico di poesie individuali.La circolazione tra singolare e plurale non develimitare le soggettività né perdere di vista la crea-zione collettiva, la quale è una somma di sensibi-lità e non una passiva accettazione del minimodenominatore comune.Nel caso specifico del Teatro-Forum, una delleprincipali forme del TO, è necessario costruireun Modello – una scena o uno spettacolo intero –con l’intenzione di mettere in prova azioni con-

crete da realizzarsi nella vita sociale, che sianoagenti di cambiamenti e trasformazioni. TaleModello deve essere scritto (o almeno approvato)collettivamente, poiché deve rappresentare ilpensiero, l’esigenza e il desiderio del gruppo o deirappresentanti della stessa classe.La costruzione del Modello si realizza su duelivelli: gli autori devono tuffarsi fino a raggiungereil più intimo dei propri sentimenti ed esperienze divita, mentre al tempo stesso devono emergere,andando incontro ai partecipanti. Immergersidentro di sé e gettare ponti ai co-creatori.Nell’équipe di creazione, tutti possibilmenteappartengono ad una stessa categoria sociale,funzione o professione, o sono vittime dellamedesima specie di oppressione, oppure vivonoin condizioni simili e nutrono lo stesso desideriod’intervenire sulla realtà circostante per trasfor-marla. Persone di colore discriminate in quantodi colore, donne in quanto donne, contadinisenza terra, operai in sciopero, professori sotto-pagati... Questo è il livello superiore del processocreativo ed estetico del TO.Come negli scacchi, ogni pedina deve essere pre-sente e pronta sulla scacchiera – devono essercitutti i personaggi con un certo potere di deci-sione, tutti gli oppressi e tutti gli oppressori – o iloro rappresentanti: si tratta di una lotta cui tuttipartecipano.Il TO è una messa in prova della lotta per la tra-sformazione della realtà e non soltanto un feno-meno contemplativo, per quanto trasformatricepossa essere la contemplazione già di per sé.Il processo estetico della creazione deve poterprodurre un prodotto artistico di qualità – ilModello – che riflette la percezione del gruppo eil suo desiderio di cambiamento. Nello spetta-colo, il Modello verrà sottoposto a un originaleprocesso d’improvvisazione collettiva tramite ilconflitto drammatico e non la sola parola; unacreazione d’improvviso provocata dall’intera-zione degli spett-attori in cerca di alternative diazione.Gli interventi di ogni spett-attore valgono nonsolo per ciò che dicono, ma anche per la voce concui lo dicono: non solo per ciò che fanno, ma per

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il modo che hanno di farlo. Non solo per l’azioneproposta ma anche per tutte quelle a cui si èrinunciato. Questa forma di teatro è rivoluzio-naria nella misura in cui il Teatro – dal grecotheatron – smette di essere “il luogo in cui siassiste ad uno spettacolo” e si trasforma nell’a-rena in cui spettatori e attori, coscienti della pro-pria funzione di artisti e di cittadini, fanno unospettacolo che pulsa in moto perpetuo, come lavita: práxis-tron.Facciamo praxis-tron, non thea-tron.Visto che il Teatro è l’incontro di tutte le arti,esiste Estetica dell’Oppresso nel suono, nellaparola e nell’immagine. È la linfa del suo albero –un albero vivo –. Non esiste il Teatro dell’Op-presso senza Estetica dell’Oppresso, che ne è illinguaggio.Lo spazio fisico, lo spazio estetico e lo spazio sce-nico sono già Estetica ancor prima che entri inscena il primo attore. Quando egli entra, il suocorpo è pittura, scultura, danza. Quando pro-nuncia la sua prima battuta, le sue parole sonopoesia, idea ed emozione. La sua voce è musica. Isuoi atti sono gli atti estetizzati di un cittadino.Non si tratta solo di rendere gradevole lo spetta-colo, renderlo estetico, ma di scoprire la veritànascosta dietro alle nostre abitudini quotidiane,di pensiero e di comportamento, automatizzate eripetitive.Al contrario di ciò che si dice, l’abito (e l’abitu-dine) fanno il monaco, e lo obbligano a pregareanche quando non ne ha voglia. Ma ora non par-limo di monaci: parliamo di noi.Questo compito ha bisogno di mezzi estetici enoetici – sensazioni e simboli – per rivelarsi nellasua interezza. Non si cerca un qualche tipo di bel-lezza, si ricerca il Bello. Non basta constatare,vogliamo trasformare! Abbasso la rassegnazione!La copia del reale riproduce le sue apparenzevisibili: duplica l’ovvio. Noi, artisti, c’immer-giamo nel fondo del mare per poi tornare a cam-minare in terraferma.

Il metodo ipotetico

Il teatro coniuga la realtà al tempo presente delmodo indicativo: “Io faccio!” oppure al gerundio:“Sto facendo”. La Tv e la pubblicità al modoimperativo: “Fa’!”. Nel Teatro dell’Oppresso, larealtà è ipotizzata al futuro: “... E se farò?” e alcongiuntivo imperfetto: “... E se facessi?”.Nel lavoro con i contadini che lottano per la terrada coltivare o con giovani detenuti in riforma-torio; con cittadini di comunità povere o condisabili affetti da deficienze fisiche o mentali; conoperai di una fabbrica o con colf e domestiche;con alunni, professori e parenti, o con noi stessi,dobbiamo essere, sempre, ipotetici.Tutto sarà se, perché quasi tutto può accadere.Il Metodo Ipotetico è l’instaurazione del dubbiocome seme della certezza. È antidogmatismo. È lasperimentazione di modelli di azione futura, pos-sibili in una data situazione, che precede l’azioneconcreta.Con atteggiamento pedagogico, dobbiamo aiu-tare ogni partecipante a scoprire ciò che sa già:riportare alla coscienza il suo sapere. Non dob-biamo dire: “Fate questo o quello, perché si facosì!” ma “se facessimo in questo o in quelmodo, cosa succederebbe?”.Anche quando i partecipanti dei nostri progettinel campo della scuola, della salute mentale, neicentri culturali e tra i contadini producono qual-cosa di ammirevole, un’opera d’arte, dobbiamofarci domande alternative: e se fosse differente,come sarebbe? Alla fine di ogni seduta, invece,dobbiamo decidere cosa fare, come e quandofarlo.Dobbiamo fare!

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Introduzione

La diffusione del Teatro dell’Oppresso in tutto ilmondo suscita due questioni essenziali: identitàe legittimità.

Chi siamo?

Il Centro Teatro dell’Oppresso (www.ctorio.org.br)è un’organizzazione non governativa senza fini dilucro che si occupa di studiare, praticare e diffon-dere il Teatro e l’Estetica dell’Oppresso in Brasile enei paesi dove sia necessaria e possibile la sua ap-plicazione.Il nostro principale parametro è la DichiarazioneUniversale dei Diritti dell’Uomo, che ci offrequanto di meglio possiamo desiderare come citta-dini: lavoro e svago, abitazione e dignità, parità digenere e razza, diritto alla vita e alla sicurezza per-sonale, educazione, salute, cultura, arte, ecc.Condanna la schiavitù, la tortura, il trattamento ocastigo crudele, disumano e degradante; ci pro-pone un mondo accettabile nel quale si potrebbevivere bene – ed è un mondo possibile –. È statafirmata da tutti i paesi membri dell’ONU il 10dicembre del 1948; oggi, è praticamente ignoratada sei bilioni di abitanti del pianeta e calpestatada quasi tutti i governi che la sottoscrissero.Onoriamo la Dichiarazione Universale e non per-mettiamo che si trasformi in una solenne ipo-crisia, com’è stato fino ad oggi.Rispettiamo qualsiasi modo di fare teatro, perquanto diverso. Non intendiamo entrare in com-petizione: crediamo nello scambio creativod’informazioni e scoperte in campo artistico,sociale o politico, specialmente con i movimenti anoi fraterni, che praticano il TO con le stesse

preoccupazioni etiche ed estetiche che motivanoil nostro lavoro.Movimenti così sono attivi in decine di paesi neicinque continenti, in svariate culture, mobilizzatida centinaia di gruppi, centri di lavoro, individui,coinvolgendo migliaia di donne e uomini disposti alavorare a favore dell’invenzione di società umanesolidarie (www.theatreoftheoppressed.org).Il concetto di legittimità è associato a quello dilegalità ma non coincide perfettamente con esso.Legalità è un congiunto di leggi, costumi, tradi-zioni e culture che formano una morale e nonpossiedono necessariamente un’etica, solo questapuò legittimare un’azione sociale e politica. Lamorale – dal latino mores – si riferisce ai costumiche esistono e sono ammessi dalla popolazione,come per esempio la schiavitù che in altri tempifu una pratica legalizzata e moralmente accetta.Etica – dal greco ethos – è ciò che si desidera perse stessi e per la propria società1. Questa defini-zione si basa sugli scritti di Aristotele che, nellaPoetica, afferma che ogni società tende alla perfe-zione. Ethos è l’ideale che si desidera e non ilreale esistente. Il comportamento etico è il con-giunto delle azioni consacrate al raggiungimentodi questo ideale e non all’obbedienza passiva. Noiapplichiamo queste parole in quest’accezionesemantica.Noi che pratichiamo il Teatro dell’Oppresso elavoriamo per una società senza oppressi e senzaoppressori, intendiamo dare il nostro contributoperché le promesse utopiche della DichiarazioneUniversale dei Diritti dell’Uomo diventino reali.Questa è la nostra principale identità.

Cosa facciamo?

Essere umano è essere artista. La percezione dellasocietà e della natura non sarà completa senzauna delle due forme del pensiero umano: il Pen-siero Sensibile, creatore dell’arte e della cultura eil Pensiero Simbolico, creatore delle parole. IlTO sviluppa entrambi questi modi di pensare

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1. Esiste anche l’ethos negativo come la tracotanza di Edipo che, sfi-dando Zeus, provoca il conflitto etico.

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che, tra gli oppressi, sono atrofizzati dall’ege-monia del pensiero unico. La nostra filosofia poli-tica detta chiaramente un impegno di lotta controqualsiasi forma di oppressione, in tutte le fascedella società. La nostra identità legittima ciò chefacciamo. Come artisti, non abbiamo altre armiche non siano la nostra arte e le azioni concreteprodotte dalla sua pratica sociale. Come cittadini,ognuno di noi dispone, o può disporre, dialleanze politiche, integrando altre organizzazionicon obiettivi fraterni, mai contrari. Non si puòservire a due padroni. Il TO è il Teatro dell’Op-presso, per l’Oppresso e sull’Oppresso.

Teatro dell’Oppresso

Il TO è un metodo teatrale che si manifesta attra-verso l’Estetica dell’Oppresso, un sistema filoso-fico, sociale e politico che può servire da base pertutte le arti che integrano il teatro. Il fattore dioriginalità del metodo si riassume a tre trasgres-sioni maggiori:

• cade la parete tra palco e platea: tutti i presentipossono usare il potere della scena;

• cade la parete tra spettacolo teatrale e vita reale:il primo diventa una prova generale propedeu-tica alla seconda;

• cade la parete tra artisti e non-artisti: siamo tuttiesseri umani, artisti capaci di praticare qualsiasiarte e di pensare coi nostri mezzi sensibili: artee cultura.

Il TO è un Albero Estetico2: ha radici, tronco,rami e cima. Le sue radici sono piantate nella terrafertile dell’Etica e della Solidarietà che sono la sualinfa e il fattore essenziale all’invenzione di societànon oppressive. In questa terra, coesistono residuidell’istinto predatorio animale e punte estreme diprogresso e umanità. Nella terra vediamo la

miseria del mondo, sulla cima, il sole di domani.Il TO è una messa in prova della realtà ed è unintervento concreto in essa. Non si tratta soltantodi conoscere la realtà ma di trasformarla in unamigliore, opera degli oppressi coscienti, con iquali siamo solidali. La nostra politica è sosteneregruppi di oppressi di cui condividiamo la lottapolitica.Nessun laboratorio, formazione, incontro, provao altra attività di TO si conclude quando finisce;al contrario, essa si proietta nel futuro e provocaconseguenze individuali e sociali sempre con-crete, per quanto minime. Qualsiasi evento di TOdeve avere per obiettivo le azioni sociali concretee continue. Una proposta nuova non deve finirebensì cominciare quando finisce, e non conclu-dersi mai!

Mio sabià, mia zabelê, ti sogno ogni mattina.Non ci credi? Voglio sognarti ancora per dimo-strartelo3.

Etica e solidarietà

Sento il bisogno di alcune spiegazioni.

Partecipazione. Deve includere tutte le fascesociali oppresse. Una sola persona è vulnerabile:sosteniamo i nostri compagni perché si organiz-zino in gruppo e con altri gruppi che patisconooppressioni simili alle loro, evitando vizi corpora-tivi e individualismi. Se la farina è poca, riempi lamia ciotola per prima; se il letto è stretto, iodormo in mezzo – dice il proverbio –. La parteci-pazione politica è il braccio armato della Filo-sofia. E già diceva il filosofo latino: primumvivere, deinde philosophare (prima si vive, poi sifilosofa). O ancora, diceva Mario Moreno, l’at-tore comico messicano interprete del personaggioCatinflas: facciamoci venire pensieri profondi macon la pancia piena. È difficile pensare a panciavuota.

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2. Come l’albero di caju/mogano di Natal, che si estende su una super-ficie maggiore dello Stadio del Maracanã a Rio de Janeiro: quasi 8.000metri quadrati cresciuti durante 125 anni di pazienza. Il fenomeno sispiega perché i rami penetrano la terra e da lei risorgono come tronchi,idratati dal lenzuolo freatico e dunque rigogliosi, anche senza pioggia.Come l’opera di moltiplicatori creativi!

3. Canzoniere popolare dello Stato di Minas Gerais. Sabià è un uccellomigratorio tipicamente brasiliano e zabelê è una specie di pernice. Sonouccelli in estinzione, ma che possono essere preservate e cantare ancora,ognuno di esse con la voce che possiede.

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Filosofia. Non si tratta di studiare le biografie deifilosofi né le loro idee, separate dalla società incui vissero, ma piuttosto le relazioni tra il loropensiero e le conseguenze nella società reale o,ancora, ciò che la filosofia riflette dell’andamentodelle società umane. Il modo di spiegare è impor-tante quanto ciò che si spiega. Essere complessinon significa essere complicati. Se un’idea è com-plicata, non è una buona idea. Se invece è com-plessa, può essere spiegata a passo a passo, perparti.

Storia. Oggi, nel nord del Brasile, gli indigenisono espulsi dalle loro terre da proprietari terrieriabusivi. La Storia ci aiuta a comprendere le vio-lenze attuali messe a confronto con il genocidiodegli indigeni americani a causa delle invasionieuropee. Per comprendere i nostri vicini sudame-ricani, è utile studiare il genocidio della popola-zione del Paraguay a carico della TripliceAlleanza (Brasile, Argentina, Uruguay) tra il 1864e il 1870, massacrando quasi due terzi della popo-lazione di quel paese, specialmente uomini. L’o-dierna rivalità tra Argentina e Brasile forse risalealla disputa per l’Uruguay, ex Provincia Cispla-tina e a tempi alterni, proprietà di uno e dell’altropaese, prima dell’indipendenza all’inizio delsecolo XIX.Lavoratori senza terra, dal nord al sud del Brasile,accampano in fragili baracche al margine dilatifondi improduttivi. È utile sapere che la tra-gedia dei senza-terra in Brasile cominciò con ilsistema di capitanias o feudi ereditari, nel 1534-36, quando il re europeo invasore, D. João VI diPortogallo, distribuì la terra degli indigeni tra ivassalli favoriti della Corte per difendersi dalleinvasioni francesi e olandesi.Si capiranno meglio i recenti conflitti (2008) inBolivia, ricordando che gli invasori spagnoli findal secolo XVI spinsero gli indigeni verso le mon-tagne per occupare le terre a livello del mare,dove si trovano petrolio, gas e altre fonti di ric-chezza. Proprio questi territori, ora di popola-zione ispanica, ospitano le cinque province sepa-ratiste che pretendono di isolare la popolazioneamerindia in terre aride e tenersi tutti i lucri del

sottosuolo.La Storia rivela le lotte di classe che mobilitano lesocietà e spiegano il degrado climatico del pia-neta Terra, oggetto di studio dell’Ecologia. LaStoria studia i sistemi finanziari ed economici cheaggravano il divario tra ricchi e poveri – per ciòessi esistono – e tutti gli altri fattori pregressi chepossono illuminare i processi contemporanei. LaStoria ha a che vedere con l’oggi e non solo con ilpassato.Etica e Solidarietà, in declinazione estetica, sonola linfa che alimenta il Grande Albero del TO epulsa nelle sue arterie come Parola, Immagine eSuono, transitando attraverso i Giochi, metaforedella realtà che danno inizio al processo di sman-tellamento della spazzatura culturale che ci cir-cuisce, e sollecitano direttamente la creatività deipartecipanti.Il processo estetico pratico prende avvio neltronco dell’Albero con i giochi-ludici che hannoregole fisse ma, diversamente dai giochi d’az-zardo, esigono creatività, come la società che hale sue leggi ma esige libertà. Senza leggi non c’èvita sociale – senza libertà non c’è vita –.Il Teatro Immagine stimola la percezione non-verbale ma non a scapito della Parola.Il nostro Albero ha quattro grandi cime, più una.La prima cima è il Teatro Giornale. È ingenuocredere alla libertà di stampa. Il giornalismo è fin-zione a comando dei proprietari dei giornali chein essi vogliono veder riflessa la propria ideologia.Anche quando riportano il vero, i giornali adot-tano artifici come l’editing e la dimensione deicaratteri. Le dodici tecniche di Teatro Giornale(1970, Nucleo 2 del Teatro di Arena di SãoPaulo, riportate in Técnicas latino-americanas deTeatro Popular, São Paulo, Hucitec, 1975) pro-pongono la demistificazione di questa falsa obiet-tività dei mezzi stampa e trasformano notizie, cro-nache, verbali di incontri sindacali e qualsiasialtro testo stampato, perfino la Bibbia, in sceneteatrali.La seconda cima è l’Arcobaleno del Desiderioche ebbe inizio in un laboratorio di formazione aParigi, nel Centre du Theatre de l’Opprimé,diretto da me insieme a Cecília Thumim Boal dal

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1980 al 1983. Il laboratorio si chiamava “Il poli-ziotto in testa”. In questo ramo dell’albero stu-diamo tecniche introspettive che rivelano leoppressioni assimilate, come se fossero nate conla stessa mente e studiamo le relazioni tra indi-viduo e società. Queste tecniche sono terapeu-tiche ma non costituiscono una terapia.La terza cima è il Teatro Invisibile, cui mi sonodedicato con il Grupo Machete, quando ero inesilio a Buenos Ayres (1971-73). Qui si tenta sen-sibilizzare i cittadini delle oppressioni non perce-pite con evidenza. È necessario alienare l’oppres-sione per renderla evidente e poterla combattere.La trama del Teatro Invisibile non è sincronica,ma diacronica: non è vero che la scena che assi-stiamo sta accadendo nella realtà qui ed oraperché di fatto è una scena di finzione, ma è veroche può star accadendo esattamente a questomodo, vicino o lontano da qui, in questo stessomomento.La quarta cima, il Teatro Legislativo, è stata svi-luppata con i curingas4 del Centro Teatro doOprimido di Rio de Janeiro durante il MandatoPolitico Teatrale alla Camera del Consiglio delComune di Rio de Janeiro (1993-96). Consistenella simulazione di una normale sessione legisla-tiva, dopo il dibattito sulla scena di Teatro-Forum. La tecnica parte dal principio che èsempre meglio che la legge, anche se non appli-cata o trasgredita, sia con noi e non contro di noi!Nel Teatro Legislativo, i cittadini comprendono ilmeccanismo di approvazione di una legge e legi-ferano. Ad oggi, 13 leggi sono state promulgate econ questo sistema nella sola città di Rio deJaneiro (e due progetti di legge sono in fase diapprovazione al Congresso Federale).Nel Teatro-Forum, al cuore dell’Albero, glioppressi coscienti e in processo di coscientizza-zione espongono le proprie opinioni, necessità,desideri; mettono in prova azioni sociali concretee continue, che sono la cima suprema dell’Alberoe meta principale del TO: l’intervento nella realtà.Una donna è stata assassinata. Perché, in società

patriarcali, si ammazzano tante donne? Qualeregime sociale, morale ed economico concedeagli uomini il diritto di picchiare la propria sposaa morte? E perché su questi fatti cala sempre ilsilenzio?Una scena di Teatro-Forum deve essere espostanon in scala microscopica, ma mostrando semprela mappa dell’intera situazione. In cinema si chia-merebbe panoramica o zoom out (e non closeup): come la macchina da presa si allontana daldettaglio oggettivo della ripresa e include ele-menti circostanziali, così pure nel ritrarre un par-ticolare conflitto, non ci limitiamo sulla sua singo-larità congiunturale ma espandiamo la visione allastruttura. Dal fenomeno alle sue cause e alla leggeche lo regge: ascesi5!In una scuola un professore esausto, attaccatodagli alunni che esigevano più attenzione nell’in-segnamento, rispose che non ce la faceva a inse-gnare geografia di mattina in una scuola, matema-tica al pomeriggio in un’altra scuola, un salto acasa per la cena in famiglia e per un bacio allamoglie e via, per il terzo impiego di guardianonotturno in una terza scuola. Gli studenti ave-vano ragione e il professore pure. Mappa dellasituazione: colleghi docenti, dirigenti delle scuole,famigliari degli alunni e del professore, Provvedi-torato agli Studi, rappresentanti del Comune edel Ministero… cosa manca? Teniamo in consi-derazione tutto quell’universo e non la singoladiatriba del professore con i suoi alunni. Ascen-diamo dal micro al macrocosmo, perché è quasiin cima alla piramide che si trovano le origini delmale e si può far fronte con pressioni efficientiper ottenere le soluzioni possibili. Le alternativesorgono dagli stessi oppressi e non cadono dalcielo: dal cielo cade solo pioggia.A Recife è sorta una campagna per denunciare laviolenza massiccia contro le donne. Alcune di essehanno incominciato a girare con dei fischietti.Quando un incontro si fa minaccioso, la donnafischia e le altre le rispondono, fischiando e de-

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4. Curinga: Artista com função pedagógica, praticante, estudioso(a) epesquisador(a) do Teatro do Oprimido, um(a) especialista em constanteprocesso de formação [NdT].

5. Dal greco askesis, che significa esercizio, allenamento con la meta dicomprendere il fenomeno di forma più ampia e generale, il che per-mette di osservare meglio il caso particolare. Non è da confondere conasceta e ascetismo che pur avendo la medesima origine in greco, sonoparole zeppe di misticismo.

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nunciando l’aggressione. Questa è solidarietàattiva e non formale! In India, donne coi sari rosainvadono la casa dell’aggressore per punirlo, ma civanno in tante e armate di bastoni, in modo daspaventare lui e chiunque altro. Queste sonoazioni concrete sociali, continue e solidali.Shakespeare scrisse che il teatro è uno specchioche rivela vizi e virtù. Il Teatro dell’Oppressotende ad essere uno specchio magico; possiamotrasformare la nostra e tutte le immagini dioppressione in esso riflesse, attraverso un’azionepolitica organizzata. L’immagine è finzione machi la trasforma, no. Penetrando nello specchio,l’atto di trasformare trasforma chi lo pratica. Unpoeta si fa poetando, uno scrittore scrivendo, uncompositore componendo, un professore inse-gnando e imparando. Un cittadino si fa agendo,con responsabilità sociale e politica.L’atto di trasformare è trasformatore!

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Cop_L’Estetica_Fucsia 29-11-2011 15:10 Pagina 1

Colori compositi

C M Y CM MY CY CMY K

788861 5 32090

edizioni la meridianap a r t e n z e

Euro 18,50 (I.i.)

In copertina disegno di Silvio Boselli ISBN 978-88-6153-209-0

Lamentiamo spesso che nei paesi poveri, e tra i poveri dei paesi ricchi, sia tantoelevato il numero di cittadini che non godono di pari diritti per il fatto di nonsaper leggere né scrivere.Più deplorevole però è che molti cittadini non siano educati all’Estetica o nongodano dell’Arte. È questo un genere di analfabetismo ugualmente grave, senon peggiore: essere esteticamente ciechi, muti e sordi riduce individuipotenzialmente creatori alla condizione di meri spettatori.La “castrazione” estetica rende i cittadini vulnerabili e più facilmente plasmabilidai messaggi imperiosi dei media.Questo libro, che possiamo considerare l’eredità di Augusto Boal, ci consegnaun’idea forte: il Pensiero Sensibile, che produce arte e cultura, è essenziale allaliberazione degli oppressi, poiché accresce e approfondisce le capacità cognitive.Soltanto da cittadini che, con tutti i mezzi simbolici (parola) e sensibili (suoni eimmagini), si rendono coscienti della realtà in cui vivono e delle sue possibilitrasformazioni, potrà sorgere, un giorno, una democrazia reale.Come conclude lo stesso Boal: “In passato ho scritto che essere umano è essereteatro. Vorrei ora ampliare il concetto: essere umano è essere artista! Arte edEstetica sono strumenti di libertà”.

Augusto Boal (1931-2009) è stato il fondatore del teatro Arena di San Paolo e ha scrittodiverse opere teatrali con Chico Barque. Nei suoi testi, tradotti in trentacinque lingue,espone i metodi presentati nei suoi stage di formazione e diffusi ormai in tutto il mondo.Con la meridiana ha pubblicato Il teatro degli oppressi. Teoria e tecnica del teatro (2011),L’arcobaleno del desiderio (2010), Dal desiderio alla legge. Manuale del teatro di cittadinanza(2002) e Il poliziotto e la maschera. Giochi, esercizi e tecniche del Teatro dell’Oppresso (2009).

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L’Arte e l’Estetica come strumenti di libertà

L’ESTETICADELL’OPPRESSO

Augusto Boal