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edizione light COLLANA TIMONE 266 EDIZIONI GIURIDICHE E IMON S Gruppo Editoriale Esselibri - Simone ® ESAMI e CONCORSI LEGISLAZIONE COMUNALE Ordinamento (funzioni, autonomia, organi, forme associative e partecipative) Organizzazione (personale, attività contrattuale, sistema dei controlli) Servizi pubblici (forme di gestione, servizi di amministrazione generale, servizi di interesse locale) XI Edizione

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edizione light COLLANA TIMONE 266

EDIZIONI GIURIDICHEEIMONSGruppo Editoriale Esselibri - Simone

®

ESAMI e CONCORSI

LEGISLAZIONECOMUNALE

Ordinamento (funzioni, autonomia,organi, forme associative e partecipative)Organizzazione (personale, attivitàcontrattuale, sistema dei controlli)Servizi pubblici (forme di gestione, servizidi amministrazione generale, servizi diinteresse locale)

XI Edizione

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TUTTI I DIRITTI RISERVATI

Vietata la riproduzione anche parziale

Vol. 271/1 • Elementi di contabilità e finanza degli enti localiV edizione • pp. 224 • € 10,00

Il volume offre un quadro completo e nel contempo sinteti-co dei principali temi riguardanti l’ordinamento finanziarioe contabile degli enti locali, analizzati e descritti alla lucedelle più recenti modifiche legislative.

Tra le novità più rilevanti di cui tiene conto questa quintaedizione, si segnalano:

— la L. 42/2009 (cd. federalismo fiscale);— il D.L. 5/2009 (cd. decreto incentivi), convertito in L.

33/2009;— il D.L. 207/2008 (cd. decreto milleproroghe), converti-

to in L. 14/2009.

Il testo si caratterizza, inoltre, per la chiarezza espositiva e per la presenza, in ogni capitolo,di brevi glossari e di risposte ai quesiti più ricorrenti sull’argomento, risultando di grandeutilità per coloro che devono sostenere esami universitari o partecipare a concorsi banditidegli enti locali nell’area economico-finanziaria.

Tutti i diritti di sfruttamento economico dell’opera appartengono alla Esselibri S.p.a.

(art. 64, D.Lgs. 10-2-2005, n. 30)

Il catalogo aggiornato è consultabile sul sito Internet: www.simone.itove è anche possibile scarica alcune pagine saggio dei testi pubblicati

Il volume è a cura della dott.ssa Giovanna Basile

Finito di stampare nel mese di novembre 2009

dalla «Officina Grafica Iride» - Via Prov.le Arzano-Casandrino, VII Trav., 24 - Arzano (Na)

per conto della ESSELIBRI S.p.A. - Via F. Russo, 33/D - 80123 - Napoli

Grafica di copertina a cura di Giuseppe Ragno

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PREMESSA

Questo volume analizza l’ordinamento, l’organizzazione e i servizi svoltidall’ente locale più vicino al cittadino e deputato alla cura degli interessidella collettività locale: il Comune.

Il testo tratta, in particolare, della struttura, delle funzioni, dell’autono-mia normativa e finanziaria, degli organi, del sistema elettorale, degli istitu-ti di partecipazione, delle forme associative, del personale, dell’attività con-trattuale, del sistema dei controlli, dei servizi di interesse statale e locale.

Il volume è, inoltre, opportunamente aggiornato alle novità legislativeintervenute in materia. Ci si riferisce, in particolare, alla L. 15 luglio 2009,n. 94 (cd. pacchetto sicurezza), che ha introdotto novità in materia di sicu-rezza urbana e controllo sugli organi, alla L. 5 maggio 2009, n. 42 (cd.federalismo fiscale), in materia di autonomia finanziaria degli enti locali ealla L. 4 marzo 2009, n. 15 (riforma Brunetta) in materia di pubblico impie-go e relativo decreto di attuazione (D.Lgs. 27 ottobre 2009, n. 150).

La presente edizione, infine, pur mantenendo inalterata l’impostazioneadottata in precedenza, è arricchita da box di approfondimento e pratici glos-sari che facilitano il percorso di apprendimento della materia, permettendocosì una preparazione spedita in vista di prove concorsuali.

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Vol. 25/1 • Compendio di Diritto Regionale e degli Enti LocaliXV edizione • pp. 480 • € 24,00

Il volume fornisce un quadro esaustivo di due complesse materie quali ildiritto regionale e il diritto degli enti locali i cui contenuti, a partire dallariforma al Titolo V, Parte II della Costituzione, sono in costante fermento.

La disciplina oggetto del testo risulta mutata, infatti, nei principi, nel-l’organizzazione delle istituzioni e nel quadro normativo complessivo che èormai interessato dalla forte spinta al federalismo, concretizzatasi, da ulti-mo, nell’emanazione della L. 5 maggio 2009, n. 42.

Il compendio, pur tenendo in conto le più importanti novità legislative egiurisprudenziali intervenute in materia, lascia inalterate le caratteristicheespositive e didattiche che ne hanno scandito il successo nelle quattordiciedizioni precedenti e costituisce, pertanto, un valido strumento di prepara-zione di esami e concorsi nonché un utile mezzo di approfondimento perquanti già operano presso un ente territoriale.

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PARTE PRIMA

L’ORDINAMENTO COMUNALE

CAPITOLO PRIMO

EVOLUZIONE STORICO-LEGISLATIVADEGLI ENTI LOCALI

Sommario: 1. Autonomia e decentramento nella Costituzione repubblicana. - 2. Lanormativa in materia di enti locali antecedente alla riforma costituzionale. - 3. La L.cost. 3/2001 di riforma del Titolo V, Parte II della Costituzione. - 4. L’adeguamentodell’ordinamento della Repubblica alla riforma costituzionale: la legge La Loggia.

1. AUTONOMIA E DECENTRAMENTO NELLA COSTITUZIONEREPUBBLICANA

La Costituzione repubblicana, all’art. 5, afferma, in subordine all’in-tangibile principio dell’unità e indivisibilità della Repubblica, il princi-pio del decentramento dei poteri cui consegue la promozione ed il rico-noscimento delle autonomie locali quali criteri guida per il legislatore or-dinario.

In virtù di tali principi, gli ordinamenti delle comunità locali — sia quel-li preesistenti all’avvento dello Stato repubblicano, che quelli di creazionesuccessiva — si inseriscono nel più generale ordinamento statale come suearticolazioni. Questi enti hanno, con il territorio che li delimita, lo stessorapporto che lo Stato ha con il proprio: essi sono politicamente rappresenta-tivi e operano come enti esponenziali delle comunità stanziate su quel terri-torio, ovvero nel generale interesse di queste ultime.

Il decentramento cui si riferisce il Costituente all’art. 5 è da intendersicome la «formula di organizzazione dei poteri pubblici» in virtù della qualeun complesso di compiti e poteri di spettanza degli organi centrali dello

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Parte Prima - L’ordinamento comunale6

Stato viene trasferito nella sfera di competenza di organi periferici dellostesso apparato statale ovvero di altre soggettività giuridiche.

La natura dei poteri oggetto di decentramento definisce in maniera più specifica il fenomeno.Si parla, così, di decentramento politico o costituzionale nell’ipotesi di trasferimento di

funzioni pubbliche, di natura prevalentemente politica (STADERINI parla di poteri di indiriz-zo politico-amministrativo), in capo agli organi locali più largamente rappresentativi quali iConsigli regionali, provinciali e comunali, allo scopo di realizzare una più ampia partecipazio-ne democratica alla vita pubblica.

Ricorre, invece, il decentramento amministrativo nel caso di «potere amministrativodiffuso» (PIZZETTI), ovvero quando lo Stato organizza la propria amministrazione secondoun «sistema binario» che individua accanto agli organi centrali altri centri di azione o appa-rati di potere.

L’autonomia di cui è dotato un determinato ente è rinvenibile sostan-zialmente nella sussistenza di due poteri: la potestà di darsi un proprio as-setto normativo (autonomia normativa) e la potestà di indirizzo politico-amministrativo.

L’autonomia normativa può variamente atteggiarsi a seconda degli attiin cui si estrinseca. Relativamente agli enti locali essa si estrinseca nella:

— autonomia statutaria, che è la capacità di porre in essere il proprio statu-to. Essa è costituzionalmente riconosciuta ai Comuni, alle Province, alleCittà metropolitane e alle Regioni (art. 114 Cost., comma 2);

— autonomia regolamentare, che è la capacità degli enti pubblici di emanareregolamenti. A seguito della riforma attuata dalla L. cost. 3/2001 anche iComuni, le Province e le Città metropolitane rivengono il fondamento ditale potestà direttamente nella Costituzione (art. 117, comma 6 Cost.).

Inoltre, la circostanza che l’organo fondamentale di tali enti sia il popo-lo organizzato in corpo elettorale, li rende titolari della potestà di formulareun proprio indirizzo politico-amministrativo sulla base delle sollecitazioniprovenienti dalla comunità sottostante o, più precisamente, dalla maggio-ranza di essa.

2. LA NORMATIVA IN MATERIA DI ENTI LOCALI ANTECEDEN-TE ALLA RIFORMA COSTITUZIONALE

A) La L. 8 giugno 1990, n. 142

La L. 8-6-1990, n. 142 è stata la prima legge generale che, recependo inlarga misura il disegno tracciato in sede europea, ha provveduto a dettare i

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7Capitolo Primo - Evoluzione storico-legislativa degli enti locali

principi informatori dell’ordinamento delle autonomie locali, abrogando pergrossa parte il R.D. 383/1934 (cd. legge comunale e provinciale).

La disciplina recata dalla legge del ’90 ha attribuito una nuova fisionomia al modo diessere dei Comuni e delle Province improntando su nuove basi il rapporto con lo Stato, con leRegioni e con le comunità civiche.

B) Le riforme Bassanini

La successiva L. 15-3-1997, n. 59 (nota come legge Bassanini) ha inte-so realizzare un progetto ancor più ambizioso: un ampio decentramento difunzioni a Regioni ed enti locali senza modificare in senso federalista laCostituzione.

Il meccanismo della cessione di poteri statuali verso le periferie è molteplice anche secompendiariamente riassunto nell’espressione atecnica di «conferimento». A discrezione dellegislatore delegato esso può concretizzarsi in trasferimento, cioè in una definitiva dismissionedi competenze da parte dello Stato; può tradursi in deleghe, quindi in cessioni a tempo indeter-minato ma, almeno teoricamente, revocabili di esercizio di poteri dello Stato; può, infine,consistere nell’attribuzione di «funzioni e compiti» nuovi, costituiti all’uopo in occasione delridisegno delle strutture amministrative.

La vera novità, di portata quasi rivoluzionaria della legge Bassanini è rappresentata piut-tosto dalla quantità di funzioni e competenze trasferite a Regioni ed enti locali.

L’art. 1 della L. 59/1997, infatti, stabilisce che — con successivi decreti legislativi — sonotrasferite alle Regioni ed agli enti locali:

a) tutte le funzioni amministrative relative alla cura degli interessi ed alla promozione dellosviluppo delle rispettive comunità (criterio sostanziale);

b) tutte le funzioni amministrative localizzabili nei rispettivi territori, anche se esse venganoattualmente esercitate da organi o amministrazioni centrali o periferiche dello Stato (crite-rio formale-territoriale).

Per converso, restano allo Stato le funzioni relative alla cura degli interessi nazionali equelle non localizzabili in aree definite del territorio nazionale.

La L. 15-5-1997, n. 127 (cd. Bassanini bis) ha perseguito il fine ultimodi adeguare la struttura degli enti locali alle nuove competenze già ad essiattribuite ed a quelle che lo Stato avrebbe di lì a poco trasferito agli entilocali con il D.Lgs. 31-3-1998, n. 112, nonché di perseguire la semplifica-zione dell’attività amministrativa svolta dagli enti locali e la loro autonomadeterminazione nell’organizzazione della stessa.

Sull’assetto organizzativo dell’amministrazione così come delineato dalla L. 127/1997sono poi intervenuti due ulteriori provvedimenti legislativi: la L. 191/1998 (cd. Bassanini ter)e la L. 50/1999 (cd. Bassanini quater). In particolare la prima legge tra l’altro ha ampliato i

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Parte Prima - L’ordinamento comunale8

criteri di trasferimento di funzioni e compiti agli enti locali, introdotto innovazioni in materiadi stato civile, certificazione anagrafica, edilizia scolastica etc. nonché in materia di formazio-ne del personale e lavoro a distanza. La seconda legge ha dato un ulteriore impulso al processodi semplificazione delle procedure amministrative.

C) La L. 3 agosto 1999, n. 265 (cd. legge Napolitano-Vigneri)

A nove anni dalla sua entrata in vigore, la L. 142/1990 è stata incisiva-mente modificata dalla L. 3-8-1999, n. 265, cd. legge Napolitano-Vigneri.

Tale legge, tuttavia, non si è limitata soltanto a riformare la legge del ’90 (già ritoccata daaltre disposizioni normative), ma ha introdotto anche nuove disposizioni incidendo su aspettifondamentali dell’ordinamento degli enti locali. Essa ha, inoltre, delegato il Governo ad adot-tare un testo unico di coordinamento delle disposizioni legislative vigenti in materia di ordina-mento dei Comuni e delle Province e delle loro forme associative.

D) Il D.Lgs. 267/2000 (Testo unico degli enti locali)

Il momento simbolicamente conclusivo del decennio di riforme che hacoinvolto gli enti locali è dato dall’emanazione del D.Lgs. 18-8-2000, n. 267.In particolare le novità ivi introdotte possono così enuclearsi:

— la competenza della fonte statutaria nella disciplina dei modi di esercizio della rappresen-tanza legale dell’ente (art. 6, comma 2);

— il potenziamento delle competenze dirigenziali estese a tutti gli atti di gestione (salvopoche eccezioni) e a quelli di carattere amministrativo (art. 107);

— la riconduzione funzionale agli organi di governo dei soli atti «ricompresi espressamentedalla legge o dallo statuto fra le funzioni di indirizzo e di controllo politico amministrati-vo», rimarcando il principio di separazione fra la sfera politica e quella gestionale (art.107);

— il riconoscimento agli enti locali di una più ampia autonomia in merito alla regolamenta-zione delle selezioni del personale (art. 89);

— l’esclusione dai controlli del CO.RE.CO. delle delibere approvate dalle Giunte in via d’ur-genza concernenti le variazioni di bilancio e ratificate dal Consiglio nei sessanta giornisuccessivi, a pena di decadenza (art. 42, comma 4);

— la possibilità riconosciuta alle Giunte comunali e provinciali di svolgere controlli difatto sulla legittimità delle deliberazioni adottate dagli organi consiliari, sottoponen-dole ai CO.RE.CO. (art. 127, comma 3). Ciò si evince dalla previsione testuale secon-do cui al controllo del CO.RE.CO. la Giunta può sottoporre «ogni altra deliberazionedell’ente»;

— l’estensione agli eredi della responsabilità amministrativa dei dipendenti e degli ammini-stratori degli enti locali nei casi di illecito arricchimento (art. 93, comma 4);

— l’estensione dell’istituto della partecipazione popolare anche ai cittadini appartenenti all’Unione europea e agli stranieri regolarmente soggiornanti (art. 8, comma 5);

— la codificazione nell’ordinamento degli enti locali della società per azioni a partecipazio-ne pubblica minoritaria come forma specifica di gestione dei servizi pubblici locali (art.113, lett. f nella dizione ante L. 448/2001);

— l’obbligo della presenza delle minoranze nelle Comunità montane (art. 27, comma 2).

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3. LA L. COST. 3/2001 DI RIFORMA DEL TITOLO V, PARTE IIDELLA COSTITUZIONE

Il riconoscimento della piena autonomia agli enti locali e la conseguenteattribuzione ad essi di funzioni originariamente appartenenti solo allo Statoha comportato la necessità di rivedere quanto affermato in materia delledisposizioni costituzionali. Invero, la L. cost. 18-10-2001, n. 3 ha provve-duto a modificare pressoché integralmente il Titolo V, Parte II della Costitu-zione dedicato appunto a Regioni, Province e Comuni.

Gli aspetti salienti della riforma sono i seguenti:

— l’art. 114 Cost., che, nella sua formulazione originaria, prevedeva la ri-partizione della Repubblica in Regioni, Province e Comuni, vede ribal-tata l’elencazione degli enti territoriali evidenziando la profonda ra-dice territoriale del Comune, l’ente locale più vicino ai cittadini. Dopoi Comuni, risalendo, sono elencate le Province, le Città metropolita-ne, le Regioni e lo Stato;

— l’autonomia goduta dagli enti elencati nel nuovo art. 114 è piena, nelsenso che trova un limite invalicabile nei principi fissati dalla Costitu-zione;

— viene costituzionalizzato lo status di capitale d’Italia della città diRoma;

— la suddivisione della potestà legislativa tra lo Stato e le Regioni èdefinita dall’art. 117 Cost. secondo un’impostazione completamente di-versa. Il nuovo testo, infatti, individua:

a) i settori in cui lo Stato legifera in modo esclusivo, riservando a sében 17 materie (dalla difesa alla giustizia, dalla politica monetaria efiscale alla previdenza etc.);

b) i settori in cui vi è una potestà legislativa concorrente, vale a dire incui le Regioni sono tenute a legiferare nel rispetto dei principi fon-damentali definiti dalla legislazione statale;

c) i settori in cui esiste una potestà legislativa esclusiva delle Regioni,senza interferenze da parte delle autorità statali. Si tratta di materieche devono essere ricavate per esclusione e individuate tra quellenon esplicitamente incluse nei primi due elenchi (potestà legislativaesclusiva dello Stato e potestà legislativa concorrente);

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— l’individuazione all’art. 117, comma 2, lett. p), della competenza legi-slativa esclusiva dello Stato in materia di enti locali: legislazione eletto-rale, organi di Governo e funzioni fondamentali;

— l’attribuzione delle funzioni amministrative di pertinenza statale agli entilocali avviene in ossequio al principio di sussidiarietà;

— il principio di sussidiarietà si affianca al principio di differenziazione edi adeguatezza che ne costituiscono delle variabili;

— il federalismo fiscale viene costituzionalizzato con il nuovo testo del-l’art. 119;

— è prevista una forma di intervento sostitutivo dello Stato nei confrontidelle Regioni e degli enti locali a fronte di gravi inadempienze;

— sono abrogati gli articoli 115, 124, 125, comma 1, 128, 129 e 130 dellaCostituzione con conseguente eliminazione del sistema dei controlli;

— è istituito il Consiglio delle autonomie locali, quale organo di consulta-zione fra la Regione e gli enti locali.

4. L’ADEGUAMENTO DELL’ORDINAMENTO DELLA REPUB-BLICA ALLA RIFORMA COSTITUZIONALE: LA LEGGE LALOGGIA

Il primo passo normativo compiuto al fine di conformare il sistema legi-slativo vigente alla riforma del Titolo V della Parte II della Costituzione èdato dalla L. 5-6-2003, n. 131 (cd. legge La Loggia) recante «Disposizioniper l’adeguamento dell’ordinamento della Repubblica alla L. cost. 3/2001».

Si riportano di seguito, in sintesi, i lineamenti della riforma:

— l’art. 1 (recante l’attuazione dell’art. 117, commi 1 e 3 della Cost.) con ilquale vengono fissati i limiti da rispettare in materia di legislazioneregionale;

— l’art. 4 (recante l’attuazione degli artt. 114, comma 2, e 117, comma 6Cost.) con il quale viene ribadita la potestà normativa di Comuni, Pro-vince, Città metropolitane, nonché Unioni di Comuni e Comunità mon-tane ed isolane, esplicantesi in potestà statutaria e regolamentare;

— l’art. 7 (che attua l’art. 118 Cost.) che riconferma e specifica, in tema disuddivisione delle funzioni amministrative, i principi di sussidiarietà,adeguatezza e differenziazione affermando che tutte le funzioni spet-tano ai Comuni ad eccezione di quelle per le quali occorra assicurare un

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11Capitolo Primo - Evoluzione storico-legislativa degli enti locali

esercizio unitario che, invece, vengono spartite fra Stato, Regioni, Pro-vince e Città metropolitane;

— l’art. 8 (di attuazione dell’art. 120 Cost.) che detta le procedure con lequali può darsi luogo al potere sostitutivo del Governo nei confrontidegli organi degli enti locali al verificarsi di una delle tre ipotesi indivi-duate dallo stesso art. 120 Cost.;

— l’art. 9 (di attuazione degli artt. 123, comma 2 e 127 Cost.) che in temadi ricorso alla Corte costituzionale per illegittimità di Statuti regionali edi leggi o atti aventi forza di legge dello Stato, attribuisce un poterepropositivo rispettivamente alla Conferenza Stato-Città e autonomielocali ed al Consiglio delle autonomie locali.

Si fa presente, infine, che la L. 131/2003, all’art. 2, ha delegato il Gover-no all’individuazione delle funzioni fondamentali, di cui all’art. 117, com-ma 2, lett. p) Cost., essenziali per il funzionamento di Comuni, Province eCittà metropolitane e per il soddisfacimento delle comunità da essi rappre-sentate, nonché ad adeguare le disposizioni legislative in materia di entilocali alla riforma costituzionale del 2001. Tuttavia, ad oggi, il Governo nonha provveduto a dare esecuzione alla delega in esame.

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CAPITOLO SECONDO

IL NUOVO ASSETTO DEI RAPPORTI FRA STATO,REGIONI ED ENTI LOCALI

Sommario: 1. Generalità. - 2. Il Rappresentante dello Stato per i rapporti con le auto-nomie. - 3. La Conferenza Stato-città ed autonomie locali. - 4. Il sistema regionaledelle autonomie locali. - 5. Il Consiglio delle autonomie locali.

1. GENERALITÀ

A norma dell’art. 114 Cost., così come risulta a seguito dell’interventoriformatore della L. cost. 3/2001, la Repubblica è costituita oltre che dalloStato, anche dai Comuni, dalle Province, dalle Città metropolitane e dalleRegioni, tutti enti autonomi dotati di propri Statuti, poteri e funzioni secon-do i principi dettati dalla stessa Carta costituzionale. In altri termini, tutti idistinti livelli di governo si intendono collocati su di uno stesso piano istitu-zionale e sono tutti dotati di un’autonomia piena che trova vincoli alla suaesplicazione esclusivamente nei principi fissati dalla Costituzione.

Si noti, ad ogni modo, che la riforma ha lasciato immutato il disposto di cui all’art. 5 Cost.che afferma l’indivisibilità e l’unitarietà della Repubblica, principi che non vengono in alcunmodo messi in discussione anche perché garantiti da tutta una serie di poteri che fanno capoallo Stato-persona a salvaguardia di una politica nazionale unitaria. Ciò significa che unicoente sovrano resta comunque soltanto lo Stato anche se diversi compiti e funzioni, prima spet-tanti esclusivamente ad esso, sono ora affidati alle autonomie locali sulla base del principiodella sussidiarietà verticale secondo cui le funzioni amministrative vanno gestite dagli enti piùprossimi alla popolazione.

Le stesse Regioni non sono dotate di un potere sovrano e costituente e, pur godendo,nell’ambito dell’ordinamento nazionale, di importanti attribuzioni normative ed amministrati-ve, non hanno titolo per intervenire in settori fondamentali dell’organizzazione statale (quali,ad esempio, la giustizia, la difesa, la politica economica e monetaria etc.).

2. IL RAPPRESENTANTE DELLO STATO PER I RAPPORTI CONLE AUTONOMIE

L’art. 10 della L. 131/2003 (legge La Loggia) istituisce il Rappresen-tante dello Stato per i rapporti con le autonomie: in ogni Regione a Sta-

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13Capitolo Secondo - il nuovo assetto dei rapporti fra Stato, Regioni ed enti locali

tuto ordinario questo ruolo è svolto dal Prefetto preposto all’ufficio terri-toriale del Governo avente sede nel capoluogo della Regione. In particola-re il Rappresentante dello Stato cura in sede regionale:

— le attività dirette a rendere più agevole il rapporto con il sistema delleautonomie;

— la promozione delle misure di coordinamento tra Stato e autonomie lo-cali, di cui all’art. 9, comma 5 del D.Lgs. 281/1997. Tale comma si rife-risce alle funzioni della Conferenza Stato-città ed autonomie locali;

— l’esecuzione di provvedimenti del Consiglio dei Ministri costituenti eser-cizio del potere sostitutivo di cui all’art. 120, secondo comma, dellaCostituzione. Per tale compito il Rappresentante del Governo si avvaledegli uffici territoriali del Governo e degli altri uffici statali aventi sedenel territorio regionale;

— la verifica dell’interscambio di dati e informazioni rilevanti sull’attivitàstatale, regionale e degli enti locali di cui all’art. 6 del D.Lgs. 112/1998.

Nell’esercizio delle funzioni di cui sopra il Rappresentante dello Statosi avvale delle strutture e del personale dell’ufficio territoriale del Governo.

Si rende opportuno ricordare che il Prefetto è un organo burocratico, operante presso laProvincia, posto alla diretta dipendenza del Ministero dell’Interno, con compiti di rappresen-tanza generale del Governo sul territorio e di garanzia istituzionale a tutela dell’ordinamentogiuridico.

Il Prefetto è a capo degli Uffici territoriali di Governo (UTG), che rappresentano lestrutture chiamate ad assicurare l’esercizio coordinato dell’attività amministrativa degli ufficiperiferici dello Stato e a garantire la leale collaborazione di detti uffici con gli enti locali.

La normativa di riferimento si rinviene nel D.Lgs. 300/1999 contenente la riforma dell’or-ganizzazione del Governo, cui è stata data attuazione con il D.P.R. 180/2006 (Regolamentorecante disposizioni in materia di UTG).

3. LA CONFERENZA STATO-CITTÀ ED AUTONOMIE LOCALI

La Conferenza Stato-città ed autonomie locali è stata istituita, conD.P.C.M. 2 luglio 1996, presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, concompiti di coordinamento, studio, informazione e confronto sulle proble-matiche connesse agli indirizzi di politica generale che possono incideresulle funzioni proprie dei Comuni (e delle Province) e su quelle delegate aimedesimi enti da leggi dello Stato. Con il D.Lgs. 281/1997 è stata organiz-zata in modo compiuto dal legislatore, con contestuale attribuzione di fun-zioni maggiormente qualificanti.

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Parte Prima - L’ordinamento comunale14

La Conferenza in particolare è sede di discussione e di esame:

— dei problemi relativi all’ordinamento e al funzionamento degli enti lo-cali, ivi compresi gli aspetti concernenti le politiche finanziarie e di bi-lancio e le risorse umane e strumentali, nonché delle iniziative legislati-ve e degli atti generali del Governo a ciò attinenti;

— dei problemi relativi alle attività di gestione è di erogazione dei servizipubblici;

— di ogni altro problema connesso con gli scopi di cui sopra che vengasottoposto al parere della Conferenza dal Presidente del Consiglio deiMinistri o dal Presidente delegato.

La Conferenza svolge altresì il compito di favorire:

— l’informazione e le iniziative per il miglioramento del livello di efficien-za dei servizi pubblici locali;

— le attività relative alla organizzazione di manifestazioni che coinvolgo-no più Comuni da celebrare in ambito nazionale.

Ricordiamo, inoltre, che l’art. 9 della L. 5-6-2003, n. 131 (c.d. legge La Loggia), modifi-cando la L. 87/1953, attribuisce alla Conferenza in esame un potere di iniziativa per quantoconcerne i ricorsi alla Corte costituzionale aventi ad oggetto la legittimità di Statuti regionali.Ai sensi del novellato art. 31 della legge del ‘53, infatti, tale ricorso può essere sollevato dalPresidente del Consiglio dei Ministri, previa deliberazione del Consiglio stesso, anche su pro-posta della Conferenza Stato-città ed autonomie locali.

Un ruolo di primaria importanza per quanto concerne la partecipazione degli enti localialla formazione degli atti normativi comunitari è stato attribuito alla Conferenza in esame daparte della L. 4-2-2005, n. 11 recante «Norme generali sulla partecipazione dell’Italia al pro-cesso normativo dell’UE e sulle procedure di esecuzione degli obblighi comunitari».

L’art. 6 di detta legge, invero, stabilisce che qualora i progetti di atti comunitari e dell’UE,nonché gli atti ad essi preordinati, e le loro modificazioni riguardino questioni di particolarerilevanza per gli enti locali, la Presidenza del Consiglio dei Ministri — Dipartimento per lepolitiche comunitarie è tenuta a trasmetterli alla Conferenza in esame ed a cura di quest’ultimadevono essere trasmessi alle associazioni rappresentative degli enti locali. Per il tramite dellaConferenza tali associazioni possono trasmettere osservazioni al Presidente del Consiglio deiMinistri o al Ministro per le politiche comunitarie, ovvero possono richiedere che i progetti inquestione siano sottoposti all’esame della Conferenza stessa.

Come è costituita e quali sono le competenze della Conferenza unificata?

I membri della Conferenza Stato-città ed autonomie locali assieme ai membri della Conferen-za Stato-Regioni, costituiscono la Conferenza unificata istituita dal D.Lgs. 281/1997 su spe-cifica indicazione della legge Bassanini. Essa è competente nelle materie di interesse comune

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15Capitolo Secondo - il nuovo assetto dei rapporti fra Stato, Regioni ed enti locali

alle Regioni ed agli enti locali nel cui ambito assume deliberazioni, promuove e sancisce inteseed accordi, esprime pareri, designa rappresentanti.È altresì competente in tutti i casi in cui le due Conferenze summenzionate debbano esprimersisu un medesimo oggetto.Essa esprime, inoltre, il proprio parere in merito al disegno di legge finanziaria, agli schemi didecreto legislativo di conferimento di funzioni e compiti alle Regioni ed agli enti locali. Pro-muove e sancisce anche intese fra Governo, Regioni ed enti locali al fine di coordinare l’eser-cizio delle rispettive competenze e svolgere, in collaborazione, attività di interesse comune.

4. IL SISTEMA REGIONALE DELLE AUTONOMIE LOCALI

Il D.Lgs. 267/2000, all’art. 4, nel delineare il sistema regionale delleautonomie locali e nel ridefinire il problematico rapporto tra Regioni edenti locali ha ribadito la collocazione istituzionale della Regione quale «centropropulsore e di coordinamento dell’intero sistema delle autonomie locali»(Corte cost., sent. 343/1991), configurando così il rapporto fra lo Stato e glienti locali come un rapporto prevalentemente mediato, attraverso il ruolo digoverno attribuito all’ente regionale.

Secondo le indicazioni fornite dal D.Lgs. 267/2000 (TUEL), le leggiregionali:

— indicano i principi della cooperazione dei Comuni e delle Province traloro e con la Regione, al fine di realizzare un efficiente sistema delleautonomie locali al servizio dello sviluppo economico, sociale e civile(art. 4, comma 4);

— stabiliscono i modi e le forme della partecipazione degli enti locali allaformazione dei piani e dei programmi regionali e degli altri provvedi-menti della Regione (art. 5, comma 3);

— indicano i criteri e fissano le procedure per gli atti e gli strumenti dellaprogrammazione socio-economica e della pianificazione territoriale deiComuni e delle Province, rilevanti ai fini dell’attuazione dei programmiregionali (art. 5, comma 4);

— disciplinano modi e procedimenti per la verifica della compatibilità fra glistrumenti della programmazione socio-economica e della pianificazioneterritoriale con i programmi regionali, ove esistenti (art. 5, comma 5);

— prevedono strumenti e procedure di raccordo e concertazione, anchepermanenti, che diano luogo a forme di cooperazione strutturali e fun-zionali, per consentire la collaborazione e l’azione sinergica e coordina-ta fra Regione ed enti locali nell’ambito delle rispettive competenze.

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Parte Prima - L’ordinamento comunale16

In particolare, le Regioni sono chiamate essenzialmente a disciplinarel’organizzazione dell’esercizio delle funzioni amministrative a livello loca-le attraverso i Comuni (e le Province).

Si elencano, qui di seguito, gli interventi più significativi della Regione concernenti inparticolare i Comuni:

1) le Regioni possono modificare le Circoscrizioni territoriali dei Comuni sentite le popola-zioni interessate (art. 15 T.U.);

2) la Regione, fino all’istituzione della Città metropolitana, può definire ambiti sovracomu-nali per l’esercizio coordinato delle funzioni degli enti locali (art. 24 T.U.) e può procede-re, istituita la città metropolitana, alla revisione delle Circoscrizioni territoriali dei Comu-ni compresi nell’Area metropolitana (art. 25 T.U.);

3) la Regione, nelle materie di sua competenza, può prevedere forme di convenzione obbli-gatoria fra Comuni e Province per la gestione a tempo determinato di uno specifico servi-zio o per la realizzazione di un’opera (art. 30 T.U.) e può dare attuazione alla legge delloStato che prevede la costituzione di consorzi obbligatori (art. 31 T.U.);

4) il Presidente della Regione promuove la conclusione di accordi di programma per coordi-nare e integrare l’azione delle pubbliche amministrazioni (art. 34 T.U.);

5) alla Regione spetta coordinare e gestire il finanziamento degli enti locali per la realizza-zione dei propri programmi, la copertura degli oneri per l’esercizio delle funzioni trasferi-te o delegate e la distribuzione delle risorse spettanti ai Comuni per spese d’investimentopreviste da leggi settoriali dello Stato (art. 149 T.U.).

Non bisogna scordare, infine, il ruolo di programmazione svolto dalleRegioni che rappresenta uno strumento indispensabile per la realizzazionedi un compiuto ed integrato sistema delle autonomie locali.

La Regione, ad ogni modo, non può elaborare dall’alto un programma epoi autoritativamente imporlo ai Comuni; occorre richiedere, nel processodi formazione della legge-programma, la partecipazione di questi ultimi.

In questo senso, appare incisivo l’art. 5 D.Lgs. 267/2000 laddove sostie-ne che «Comuni e Province concorrono alla determinazione degli obiettivicontenuti nei piani e nei programmi dello Stato e delle Regioni, e provvedo-no per quanto di propria competenza alla loro specificazione ed attuazio-ne».

5. IL CONSIGLIO DELLE AUTONOMIE LOCALI

Il dispositivo dell’ultimo comma dell’art. 123 Cost., aggiunto dalla leg-ge di revisione costituzionale del 2001, istituisce il Consiglio delle autono-mie locali quale organo di consultazione fra Regioni ed enti locali.

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17Capitolo Secondo - il nuovo assetto dei rapporti fra Stato, Regioni ed enti locali

Il revisore costituzionale demanda allo Statuto regionale la disciplina ditale organo collegiale, attribuendo al legislatore regionale un ampio margi-ne di discrezionalità riguardo alla composizione e al funzionamento dellostesso.

Si noti, inoltre, che ai sensi dell’art. 32 della L. 87/1953, novellato dall’art. 9 della L. 131/2003, il Consiglio delle autonomie locali può proporre alla Giunta regionale il ricorso allaCorte costituzionale avverso leggi o atti aventi valore di legge dello Stato. Il ricorso viene poipromosso dal Presidente della Giunta previa delibera della stessa.

Sempre la legge La Loggia prevede all’art. 7, comma 8, che il Consiglio in questionefunga da tramite per Comuni, Province e Città metropolitane che intendano richiedere allesezioni regionali di controllo della Corte dei Conti ulteriori forme di collaborazione ai finidella regolare gestione finanziaria, dell’efficienza e dell’efficacia dell’azione amministrativa,nonché pareri in materia di contabilità pubblica, analogamente a quanto possono fare le Regio-ni pur senza detto tramite.

Il successivo comma 8bis del citato art. 7, aggiunto dalla L. 4 marzo 2009, n. 15 recante, tral’altro, disposizioni integrative delle funzioni attribuite alla Corte dei conti, stabilisce, infine, chele sezioni regionali di controllo della Corte dei conti possono essere integrate da due componentidesignati, salva diversa previsione dello Statuto della Regione, rispettivamente dal Consiglioregionale e dal Consiglio delle autonomie locali o, in mancanza di tale organo, dal Presidente delConsiglio regionale su indicazione delle associazioni rappresentative dei Comuni e delle Provin-ce a livello regionale e nominati con decreto del Presidente della Repubblica.

Glossario

Conferenza Stato-Regioni: la Conferenza permanente Stato-Regioni e Province autono-me è un organo collegiale, nel quale sono rappresentati lo Stato e le Regioni, sia a Statutoordinario che a Statuto speciale, nonché le Province autonome di Trento e di Bolzano, concompiti di consultazione, informazione, raccordo e concertazione sulle materie e sulle atti-vità politico-amministrative regionali.Essa è presieduta dal Presidente del Consiglio ed è composta dai Presidenti delle Regioni edelle Province autonome, nonché dai Ministri interessati, su designazione ed invito delPresidente, il quale può invitare anche rappresentanti di amministrazioni centrali dello Sta-to e di enti pubblici (composizione flessibile). Quanto alle funzioni, esse sono elencate nelD.Lgs. 281/1997.

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CAPITOLO TERZO

IL COMUNE: GENERALITÀ E FUNZIONI

Sommario: 1. Il Comune nella realtà odierna. - 2. Elementi costitutivi del Comune. -3. Il territorio. - 4. Il decentramento territoriale. - 5. La popolazione. - 6. Personalità,simboli e sede del Comune. - 7. Funzioni del Comune.

1. IL COMUNE NELLA REALTÀ ODIERNA

In base all’art. 114 Cost., così come risulta a seguito delle modificherecate al Titolo V, Parte II della Costituzione dalla L. cost. 18-10-2001, n. 3,il Comune è un ente autonomo dotato di un proprio Statuto, nonché dipropri poteri e funzioni, che concorre assieme alle Province, alle Città me-tropolitane, alle Regioni e, naturalmente, allo Stato, a formare la Repubbli-ca.

Come detto in precedenza, la suddetta L. cost. 3/2001 ha completamen-te ribaltato l’elencazione degli enti territoriali di cui all’art. 114 Cost. po-nendovi al primo posto proprio il Comune quale ente più vicino alla cittadi-nanza e per questo maggiormente rappresentativo.

Al dettato costituzionale si aggiunge quanto stabilito dall’art. 3 del D.Lgs.267/2000 (T.U. degli enti locali), a norma del quale il Comune è l’ente loca-le che rappresenta la propria comunità, ne cura gli interessi e ne promuovee coordina lo sviluppo.

Da queste brevi considerazioni si può, dunque, evincere che il Comune è:

— ente locale dal momento che è portatore di interessi circoscritti al proprio territorio;— ente territoriale, in quanto il territorio è uno dei suoi elementi costitutivi;— ente autarchico, per il potere che ha di emanare atti amministrativi con efficacia uguale a

quella degli atti amministrativi dello Stato;— ente necessario in virtù di quanto sancito dall’art. 114 della Costituzione;— ente ad appartenenza necessaria in virtù dell’appartenenza ad esso di tutti i cittadini che

risiedono nel suo territorio;— ente esponenziale poiché rappresenta la propria comunità.

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19Capitolo Terzo - Il Comune: generalità e funzioni

2. ELEMENTI COSTITUTIVI DEL COMUNE

Gli elementi costitutivi del Comune sono:

— il territorio, costituito da quella porzione ben definita del territorio na-zionale in cui il Comune esplica le sue potestà (cd. elemento materiale);

— la popolazione, costituita da tutte le persone fisiche che hanno la dimo-ra abituale (residenza) nel territorio comunale (cd. elemento personale);

— la personalità, espressamente riconosciuta al Comune dalla Costituzio-ne, che lo definisce ente autonomo (cd. elemento giuridico);

— il patrimonio, costituito dal complesso delle attività economiche del Co-mune e cioè dai beni e dai diritti che possiede allo stesso titolo dei privati.

3. IL TERRITORIO

A) Generalità

Il territorio comunale è costituito da quella porzione di superficie nazio-nale entro la quale l’ente esplica la sua potestà ed esercita le funzioni adesso attribuite dall’ordinamento.

Esso rileva, in primo luogo, come ambito di competenza entro cui sonovalidamente efficaci gli atti del Comune e, di converso, oltre il quale essicessano di avere efficacia. In secondo luogo come oggetto di un diritto sog-gettivo dell’ente comunale che può opporsi all’esercizio degli stessi poterida parte di altri soggetti ed impedire l’usurpazione di territorio da parte deiComuni confinanti.

B) Modifiche territoriali

Secondo quanto disposto dall’art. 133, comma 2, della Costituzione, l’isti-tuzione di nuovi Comuni e la modificazione delle loro circoscrizioni e denomi-nazioni sono riservate alla legge regionale, sentite le popolazioni interessate.

La Regione provvede sia a definire in via generale le forme e le modalitàcon cui operare le modificazioni, sia ad attuare tali modifiche mediante pro-prie leggi.

Il procedimento per le modifiche territoriali, pur dovendo essere disciplinato con leggeregionale ex art. 133 Cost. ed art. 15, comma 1, del T.U. (D.Lgs. 267/2000), è comunquearticolato in modo simile in tutte le Regioni e presenta le seguenti fasi:

— iniziativa, che può provenire sia dalla Regione che dai Comuni o dalle popolazioni resi-denti;

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Indice generale256

6. I beni culturali ................................................................................... Pag. 2227. Lo spettacolo e lo sport ..................................................................... » 225

Capitolo Decimo: Polizia locale

1. Polizia amministrativa: generalità ..................................................... » 2272. La polizia amministrativa locale ....................................................... » 2283. I compiti di polizia spettanti agli enti locali ...................................... » 2294. Il servizio di polizia municipale ........................................................ » 230

Capitolo Undicesimo: Cenni di archivistica del Comune

1. Gli archivi comunali .......................................................................... » 2322. Classificazione degli atti e altri adempimenti ................................... » 2333. Consultabilità dei documenti ............................................................. » 2344. Il sistema di gestione informatica dei documenti .............................. » 235

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