LEGISLATURA VI — DISEGNI DI LEGGE E RELAZIONI - DOCUMENTI

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Senato della Repubblica — 1 — Camera dei Deputati LEGISLATURA VI — DISEGNI DI LEGGE E RELAZIONI - DOCUMENTI PARTE PRIMA I DIBATTITI PARLAMENTARI SUL FENOMENO DELLA MAFIA IN SICILIA E L'ISTITUZIONE DELLA COMMISSIONE D'INCHIESTA * * Gli atti parlamentari verranno, per brevità, indicati nel testo con le sigle A.C. I, A.C. II e A.C. Ili (relative agli Atti della Camera, rispettivamente della I, 'della II e della III legislatura) e A.S. I, A.S. II e A.S. IH (relative agli Atti del Senato, rispet- tivamente '•della I, della II e della III legislatura). 1.

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Senato della Repubblica — 1 — Camera dei Deputati

LEGISLATURA VI — DISEGNI DI LEGGE E RELAZIONI - DOCUMENTI

PARTE PRIMA

I DIBATTITI PARLAMENTARI SUL FENOMENO DELLA

MAFIA IN SICILIA E L'ISTITUZIONE DELLA COMMISSIONE

D'INCHIESTA *

* Gli atti parlamentari verranno, per brevità, indicati nel testo con le sigle A.C. I,A.C. II e A.C. Ili (relative agli Atti della Camera, rispettivamente della I, 'della II edella III legislatura) e A.S. I, A.S. II e A.S. IH (relative agli Atti del Senato, rispet-tivamente '•della I, della II e della III legislatura).

1.

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CAPITOLO PRIMO

I DIBATTITI NELLA PRIMA LEGISLATURA

1. — // dibattito alla Camera dei deputatinel 1948.

L'esigenza di un'inchiesta parlamentaresul fenomeno della mafia che, procedendoda uno studio analitico della sua genesi edelle sue caratteristiche, sfociasse nella pro-posta di un'articolata serie di misure attea reprimerne le manifestazioni e ad elimi-narne le cause, è maturata attraverso un lun-go e serio dibattito durato quasi ininterrot-tamente nelle prime tre Legislature repubbli-cane. Un dibattito parlamentare che, se ta-lora si è inserito nella tematica connessa al-l'indirizzo politico dei Governi succedutisialla guida del Paese, spesso è stato solleci-tato da una pubblica opinione colpita e di-sorientata da ogni nuova manifestazione diquel particolare tipo di delinquenza organiz-zata che è la mafia.

Il 27 luglio 1948, il deputato Berti, svol-gendo alla Camera dei deputati una inter-pellanza (1) chiedeva conto al Governo dellapolitica che si intendeva condurre per porrefine ai soprusi verificatisi contro il movimen-to operaio e contadino e ai delitti di mafiache avevano insanguinato la Sicilia. La stra-ge di Portella della Ginestra, l'attentato al-

ti) Interpellanza dei deputati Berti Giuseppe fuAngelo, Di Mauro, Failla, D'Agostino, Calaodrone,Pino e Sala. « Al Presidente del Consiglio dei mini-stra e al Ministro dell'interno per conoscere a qua-li crateri si è ispirato il Governo nella sua politicasociale e d'ordine pubblico in Sicilia, particolar-mente in relazione ai soprusi verificatisi nelle agi-tazioni contadine e operaie e ai delitti di mafiae di banditismo che hanno insanguinato la Sicilia ».A.C. I, p. 1389.

l'onorevole Li Causi, gli assassini dei sinda-calisti Li Puma, Rizzotto e Cangelosi mostra-vano come la mafia « forza delittuosa per-manente e in un certo senso dominante del-la Sicilia » ~(À.C. I, p. 1389) e il banditismoavessero assunto il ruolo di « avanguardiaarmata » (A.C. I, p. 1391) contro operai econtadini a difesa degli interessi dei lati-fondisti e delle loro clientele politiche. Ma-fia e banditismo, latifondo e ambienti poli-tici siciliani creavano, avvalendosi anche del-le relazioni internazionali tenute, anche peril tramite della malavita americana, dal Go-verno regionale in vista di una « utilizzazio-ne militare » della Sicilia, quella strutturadi potere che, con il favore del Governo, do-minava la Sicilia ed era responsabile della« ondata di terrorismo contro i comunistie... contro le organizzazioni operaie ». (A.C.I, p. 1393).

Rispondendo all'interpellanza il ministroSceiba respingeva l'ipotesi di collegamentie rapporti internazionali tenuti dal Gover-no regionale e negava che il Governo nazio-nale avesse « qualsiasi responsabilità su fat-ti o su delitti politici della mafia o nondella mafia accaduti in Sicilia » (A.C. I, pa-gina 1395). La mafia, proseguiva il Ministro,essendo un fenomeno secolare, non era im-putabile ad una determinata linea politica.« Certamente la mafia trova protezione insfere molto elevate che essa protegge a suavolta » (A.C. I, p. 1396), e nelle recenti ele-zioni tutti i partiti — affermava il ministroSceiba — « compresi quelli dell'estrema si-nistra hanno approfittato, in quella zonadella Sicilia, della mafia, anche se per ledimensioni che la lotta elettorale ha rag-giunto non è la protezione di un capo ma-fia locale che può determinare la vittoria

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di un partito » (A.C. I, pa. 1396). Il feno-meno mafioso doveva risolversi, conclude-va il ministro Sceiba, non solo con l'azionedi polizia, ma realizzando quella linea poli-tica, seguita dal Governo, volta al progres-so economico e sociale della Sicilia.

Il fenomeno mafioso, ribadiva il deputatoBerti, dichiarando la propria insoddisfazioneper la risposta del Ministro, doveva essere ri-solto « colpendo la classe di latifondisti rea-zionari » (A.C. I, p. 1399) e le attività mafiosenelle zone di Piana dei Greci, di S. GiuseppeIato, di Corleone e di Petralia, che rende-vano possibile il controllo dell'intera pro-vincia di Palermo.

A sua volta, il deputato Nasi, svolgendoalla Camera, il 14 settembre 1948, un'inter-pellanza (2) presentata a seguito dell'arrestodel deputato regionale Cortese che aveva pre-stato la propria assistenza ai contadini du-rante l'occupazione delle terre, giudicava ne-gativamente l'esperimento autonomistico si-ciliano. Governo e Assemblea regionale —rilevava il deputato Nasi — in occasione del-l'episodio dell'arresto di Cortese, « si sonopreoccupati più di una questione di prero-gative e di immunità che dell'oltraggio e del-l'attentato alle organizzazioni operaie del la-voro ». (A.C. I, p. 1907) « L'autonomia deverestare... ma non deve essere il mezzo peril consolidamento delle vecchie classi... nédeve essere il feudo di un partito ».. (A.C.I, p. 1912) In Sicilia, invece, sosteneva il de-putato Nasi, al dominio della mafia che pro-teggeva alcune ben individuabili forze poli-tiche, si aggiungevano il banditismo e Giu-liano « che è anche il frutto della condottamolto discutibile degli organi di polizia ».(A.C. I, p. 1908) Le gravi condizioni della Si-

(2) Interpellanza del deputato Nasi « Al Presiden-te del Consiglio dei ministri -e al Ministro dell'inter-no, per conoscere a quali cause e responsabilità èdovuto il permanere delle gravi condizioni dellap.s. in Sicilia e perché chiariscano se fra i provve-dimenti adottati per correggere la situazione non-ché per vendicare tanti organizzatori impunemen-te uccisi nell'Isola, è da comprendersi, ora, l'arre-sto di un deputato della Regione e di altri sinda-calisti della provincia di Caltanissetta ». (A.C. I,p. 1906)

cilia avrebbero richiesto — concludeva il de-putato Nasi — non solo il rinvigorimentodell'azione di polizia, ma « riforme di strut-tura profonde le quali cambino l'aria socia-le in Sicilia». (A.C. I, p. 1909).

Lo stesso cambiamento veniva invocatodal deputato Sansone, che, nello svolgereun'interpellanza (3) nella medesima seduta,indicava nella mafia « una formazione, unastratificazione sociale » (A.C. I, per 1913) do-vuta a determinate strutture economiche cheavrebbero dovuto essere radicalmente modi-ficate.

Solo un'opera di rinnovamento a livellodei rapporti sociali, quale quella condotta dalmovimento operaio e contadino che avevaprovocato la violenta reazione della mafia,avrebbe potuto eliminare il fenomeno ma-fioso. Ma, concludeva il deputato Sansone,« la verità è che la mafia è legata in Siciliaad alcuni gruppi politici, alcuni dei quali so-no rappresentati nel Governo, ed il Governoè inerte ». (A.C, I, p. 1915).

Riprendendo le tesi già esposte nel luglio,il deputato Berti riaffermava, illustrandoun'interpellanza (4) presentata insieme al de-

(3) Interpellanza del deputato Sansone « Al Pre-sidente del Consiglio e al Ministro deli'dnterno, perconoscere le responsabilità ed i provvedimenti adot-tati o da adottare per ovviare alla grave situazionesiciliana specie dopo i fatti di Partinico e se nonappare come inefficace l'opera del Governo chefa perseguire sindacalisti ed uomini politici anzi-ché avere effettiva cura dell'ordine pubblico e del-la incolumità dei cittadini ». (A.C. I, p. 1906)

(4) Interpellanza dei deputati D'Amico e BertiGiuseppe fu Angeio « Al Presidente del Consigliodei ministri e al Ministro dell'interno, per conosce-re i motivi che hanno portato, dopo otto mesi dal-la dimostrazione popolare di Caltanissetta del 19dicembre 1947, all'arresto del deputato regionaleGino Cortese e dei sindacalisti nisseni e ad altrinumerosi arresti nell'Isola, per sapere per qualimotivi, mentre si colpiscono con arresto i depu-tati regionali siciliani e si infierisce senza motivocontro le organizzazioni democratiche, si continua-no invece a minimizzare le sanguinose e nefandemanifestazioni di delinquenza le quali stanno ren-dendo impossibile la vita civile in tutta la Sici-lia occidentale, con la connivenza e l'appoggio diinfluenze politiche ben note alla -popolazione sici-liana e ben note al Governo ». (A.C. I, p. 1906)

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putato D'Amico, come vi fossero « alla basedei fenomeni della mafia e del banditismo...la questione del latifondo, la connivenza po-litica dei ceti privilegiati, una rete grandis-sima e fittissima di responsabilità e di inter-ferenze politiche ». (A.C. I, p. 1917). « To pen-so — proseguiva il deputato Berti — che lavia di uscita sia questa: nominare una Com-missione parlamentare di inchiesta per l'or-dine pubblico in Sicilia ». (A.C. I, p. 1920).L'istituzione della Commissione non avreb-be dovuto — sosteneva il deputato Berti —assumere un significato di sfiducia nei con-fronti del Governo, ma un « carattere diaiuto all'opera del Governo che si è dimo-strata insufficiente ». (A.C. I, p. 1920).

I deputati delle diverse regioni d'Italia e ditutte le parti politiche chiamati a far partedella Commissione — proseguiva il deputatoBerti — « prenderanno posizione di frontea questi efferati delitti di cui si conosconoi responsabili e alleggeriranno il Governo,dopo tutto, delle gravissime responsabilitàche sono sulle sue spalle ». (A.C. I, p. 1920).La Commissione avrebbe dovuto « stabilirele cause della situazione eccezionale, gravis-sima dell'ordine pubblico in Sicilia », i lega-mi tra mafia e banditismo — questo una« organizzazione di fuorilegge che vivono al-la macchia » (A.C. I, p. 1921), quella un'orga-nizzazione « che vive legalmente nei centriabitati » (A.C. I, p. 1921) — le strategie del-la mafia e dei politici ad essa legati, nonchéle pressioni esercitate sulla magistratura.

L'istituzione della Commissione, sosteneva,però, nella risposta il ministro Sceiba, avreb-be suonato « aperta sfiducia al Governo »,una sfiducia ingiustificata per i progressi rag-giunti dall'attività di repressione della delin-quenza in Sicilia, anche di quella « associataagguerrita e pericolosa ». A.C. I, p. 1928). LaCommissione non avrebbe potuto fare altroche « aprire l'adito a nuove speculazioni poli-tiche e ad agitazioni contro le forze dello Sta-to ». (A.C. I, p. 1933).

Dopo che il deputato Nasi aveva giudicatocarente sotto il profilo politico la rispostadel Ministro e dopo che il deputato Sansoneaveva sostenuto che essa evidenziava l'impo-tenza del Governo a stroncare la delinquen-

za mafiosa, il deputato Berti annunciava lapropria intenzione di trasformare l'interpel-lanza in mozione, allo scopo di giungere adun voto che impegnasse la Camera ad istitui-re una Commissione di inchiesta sulla mafia.Nella seduta del 14 settembre veniva, poi,annunziata la presentazione, da parte dei de-putati Berti, Sansone, Failla e Pino dellaprima proposta di legge (5) per l'istituzionedi una Commissione parlamentare d'inchie-sta sulla situazione dell'ordine pùbblico inSicilia, che, nella sua scarna semplicità, pre-vedeva un organismo monocamerale, la cuicomposizione era demandata (articolo 2) alPresidente della Camera dei deputati.

2. — // dibattito in Senato del giugno 1949

A distanza di alcuni mesi, il 22 giugno 1949anche di Senato affrontava, 'in un 'approfondi-ta discussione introdotta dalla mozione (6)Casadei ed altri, i temi connessi al fenome-no mafioso.

Il senatore Casadei, illustrando la mozioneche invitava il Governo, considerata la re-

<5) Proposta d'inchiesta parlamentare d'iniziatd-va dei deputati Berti Giuseppe fu Angelo, Sansone,Failla, Pino « Costituzione di una Commissione d'in-chiesta sulla situazione dell'ordine pubblico in Si-cilia» - Art. 1). E costituita una Commissione par-lamentare d'inchiesta sulla situazione dell'ordinepubblico in Sicilia. - Art. 2) La composizione del-la Commissione è demandata alla Presidenza dellaCamera. (A.C. I, n. 98)

(6) Mozione dei senatori Casadei, Tonello, Ma-riotti, Picchiotti, Banfi, Fantuzzi, Tambarin, Fab-bri, Cermignani, Morandi, Molinelli, Maffi: « IISenato, di fronte alla gravissima situazione crea-tasi in talune zone della Sicilia in seguito allarecrudescenza e all'audacia impunita del banditi-smo organizzato e ai sistemi di terrorismo instau-rato dagli organi responsabili locali contro intereinnocenti popolazioni, considera non più oltre tol-lerabile che le forze dell'ordine e le masse lavo-ratrici siano costrette ad un continuo e inutilesacrificio di vite dalla errata e colpevole azionedegli organismi responsabili. Invita il Governo aprovvedere alla immediata sostituzione del Mini-stro dell'interno dimostratosi ormai totalmente in-capace a ripristinare l'ordine" e la tranquillità nel-l'Isola ». (A.S. I, p. 8588)

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crudescenza del banditismo organizzato intalune zone della Sicilia, a provvedere allaimmediata destituzione del Ministro dell'in-terno Sceiba, delineava la mafia come unfenomeno organizzato da una struttura agri-cola basata sul feudo, tipica di alcune zonedella Sicilia, dove ai grandi proprietari terrie-ri si opponevano masse di contadini poveris-simi e, « in mezzo, una categoria formatasinegli anni, di mediatori, di gabellotti, di inter-mediari: ^la mafia ». (A.S. I, p. 850). La ma-fia, secondo i presentatori della mozione, ga-rantiva nelle zone prive di strade e villag-gi — perché il feudo di tali strutture nonha bisogno — la proprietà feudale e lasottomissione dei contadini, ricorrendo aldelitto e, contemporaneamente, inserendosinelle strutture politico-amministrative, ancheattraverso la manipolazione delle elezioni,riusciva a creare, in tal modo, quel « grovi-glio di interessi economici, amministrativi epolitici » (A.S. I, p. 8590), che costituiva labase di un tipico sistema di repressione edi dominio. La repressione, peraltro, notavaancora il senatore Casadei, generava l'omer-tà, che, lungi dall'essere un abito mentaleconnaturato al contadino siciliano, era inve-ce una dura necessità. Se la mafia potevaritenersi un fenomeno legato alle struttureeconomiche di una società agricola arretra-ta, il banditismo, a giudizio del senatore Ca-sadei, si configurava come una forma diazione illegale connessa ad avvenimenti cheavevano profondamente sconvolto la strut-tura della società.

Nell'immediato dopoguerra il banditismo,apparso in diverse province siciliane, era sta-to debellato ovunque tranne che nella pro-vincia di Palermo, perché in questa zona es-so aveva assunto una colorazione politica.In una prima fase, l'audacia del banditismoe l'organizzazione della mafia erano serviteal separatismo; successivamente, dopo lavittoria del Blocco del popolo nelle elezioniamministrative del 20 aprile 1947, il bandi-tismo e la mafia « vennero scagliati controil movimento sindacalista e il movimentosindacalista e il movimento cooperativisti-co ». (A.S. I, p. 8592). Questa seconda fase delbanditismo, che il senatore Casadei definiva

anticomunista, caratterizzata da frequenti uc-cisioni di sindacalisti (Cangelosi, Miraglia,Pipitene, Li Puma, Rizzotto) e culminatanella strage di Portella della Ginestra, eraterminata il 18 aprile 1948. « II successo, elet-torale governativo » dichiarava il senatoreCasadei « aveva reso problematica la funzio-ne del banditismo, mentre la mafia, più " le-gale ", si (era costituita) un forte titolo dimerito verso i partiti di governo ». (A.S. I,p. 8592). Nella nuova fase, mentre si eraattenuata la repressione nei confronti dicontadini e sindacalisti, si era intensificatala lotta al banditismo e si erano moltiplica-te le perdite fra le forze dell'ordine « comenel lontano 1944, all'alba del separatismo »(A.S. I, p. 8592). Su questa analisi il sena-tore Casadei innestava la propria critica neiconfronti del Governo e in particolare delministro dell'interno Sceiba, responsabile, a'suo parere, del fallimento della lotta controil banditismo. Il ministro Sceiba, non aven-do compreso, a giudizio del senatore Casa-dei, le dimensioni del fenomeno, che nonpoteva essere affrontato come un sempliceproblema di polizia, ma che, al contrario,affondava le sue radici nella struttura socia-le e politica dell'Isola, mostrava di non esse-re in grado di dirigere efficacemente la lot-ta al banditismo.

Le considerazioni del senatore Casadei, ilquale aveva concluso il suo intervento conla richiesta delle dimissioni del ministroSceiba, vennero contestate dal senatore Ce-rica nello svolgimento di una sua interpel-lanza (7) nel corso della seduta del 22 giu-gno 1949. Le statistiche offrivano, a giudiziodel senatore Cerica, un quadro della situa-zione dell'ordine pubblico in Sicilia ben di-verso da quello tracciato dal senatore Ca-sadei: mentre la delinquenza appariva infase nettamente decrescente, il banditismo« fenomeno endemico » (A.S. I, p. 8597) cheaveva sempre seguito le grandi crisi della

(7) Interpellanza del senatore Cerica: « Al Mi-nistro dell'interno sulle condizioni della Pubblicasicurezza, nella provincia di Palermo ». (A.S. I,p. 8588)

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storia italiana, andava ricondotto, nell'inte-resse del Paese che stava usecndo faticosa-mente dalla crisi del dopoguerra, alle suereali proporzioni.

A giudizio del senatore Bertini, intervenu-to nel dibattito, era necessario lasciarealle Forze dell'ordine il compito di reprimerel'attività del bandito Giuliano, mentre il Go-verno avrebbe dovuto impegnarsi in una co-struttiva opera di studio sulle condizionidella società siciliana, allo scopo di risol-verne i più angosciosi problemi.

Sempre nell'ambito della discussione dellamozione Casadei, il senatore Berlinguer, purriaffermando come il banditismo fosse un fe-nomeno connesso alla guerra e ai « periodidi perturbamento sociale» (A.S. I, p. 8600),sosteneva la necessità che si indagasse « sul-la particolare forma di banditismo che oggiaffligge la Sicilia, sulle complicità di questobanditismo ». A.S. I, p. 8600) « Giuliano, isuoi compiici politici e la mafia devono es-sere colpiti »; (A.-S. I, p. 8600) né potevarappresentare un freno il timore irragione-vole che una tale iniziativa del Parlamentopotesse costituire offesa al prestigio dellaSicilia.

Episodi di intolleranza a sfondo politicocome quello di Vili alba, dove il 16 settembre1944 era stato interrotto dagli uomini di Ca-logero Vizzini un comizio degli onorevoliLi Causi e Pantaleo'ne, ponevamo in dramma-tica evidenza — rilevava il senatore Berlin-guer — i metodi del potere mafioso, le di-sfunzioni e le incertezze della polizia, le com-plicità con ambienti politici. La situazioneormai intollerabile richiedeva un'iniziativaparlamentare che non poteva essere frena-ta dal timore, infondato, di recare offesa allaSicilia e imponeva, come primo atto, le di-missioni del ministro Sceiba, che aveva laresponsabilità politica dell'anomala situazio-ne dell'ordine pubblico in Sicilia.

Il ruolo storico della mafia come forza diconservazione era sottolineato dal senatorePicchiotti. « Noi sappiamo che nel 1800 si è ri-corsi alla mafia per non fare arrivare i prin-cìpi della rivoluzione francese in Sicilia, noisappiamo che nel 1812 nella legge di eversio-ne della feudalità non si potè combattere

questo male perché articoli di quella leggecollaudavano e difendevano la mafia; noisappiamo che nel 1860 Giuseppe Garibaldidisarmò queste squadre armate e le conse-gnò ai tribunali e alla polizia ». (A.S. I, pa-gina 8604). Al di là del ruolo storicamentesvolto dalla mafia, restava comunque — agiudizio del senatore Picchiotti — nella po-polazione siciliana la convinzione che esistes-se un'organizzazione che si opponeva alloStato e « quando il cittadino sente che l'au-torità dello Stato è umiliata e soffocata nonha altro mezzo che di schierarsi... in questamasnada di briganti e assassini ». (A. S. I,p. 8604).

La mafia e il banditismo — sosteneva il se-natore Sinforiani — non potevano conside-rarsi semplici problemi di polizia. Tali fe-nomeni avrebbero dovuto essere approfon-diti nelle loro cause più remote al fine direndere possibile un efficace intervento dellacomunità nazionale nella situazione di unaparte della società siciliana. Premettendo ta-li brevi considerazioni, il senatore Sinforianipreesntava un ordine del giorno (8) inteso« alla nomina di una Commissione parlamen-tare di inchiesta per studiare le cause del fe-nomeno (del banditismo) e per proporre imodi e i mezzi opportuni per farvi fronte edeliminarlo ». (A.S. I, p. 8607).

Alla proposta contenuta nell'ordine delgiorno Sinforiani aderiva il senatore Tom-

(8) Ordine del giorno del senatore Sinforianipresentato nella seduta del 22 giugno 1949. « II Se-nato, ritenuto che la repressione del banditismoin Sicilia, di cui le gesta del bandito Giuliano co-stituiscono la più chiara e più grave espressione,rappresenta un'esigenza imprescindibile della na-zione, nonché l'adempimento di un dovere nazio-nale verso l'Isola nobile ed illustre; che anchel'esperienza recente ha dimostrato che le causeda cui il banditismo è sorto e viene alimentato nonriflettono un puro e semplice problema di polizia;che perciò necessita acquisire anzitutto la cono-scenza esatta di tali cause perché sia possibileescogitare opportuni rimedi, delibera che si addi-venga alla nomina di una Commissione parlamen-tare per studiare le cause del fenomeno e perproporre i modi e i mezzi opportuni per farvifronte ed eliminarlo». (A.S. I, p. 8607)

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masi della Torretta il quale riteneva che« una Commissione parlamentare compostadi pochi uomini estranei agli interessi e allecompetizioni locali... (avrebbe potuto) rom-pere quel cerchio impenetrabile di omertà,di compromissioni e di paura che (ostacola-va) l'opera della giustizia e della polizia ».(A.S. I, p. 8608). « Tale Commissione... »concludeva il senatore Tommasi della Tor-retta « non implica sfiducia né al Governoné alle autorità locali, ma opera di collabo-razione ». (A. S. I, p. 8608).

« Si parla di Giuliano » sosteneva dal can-to suo il senatore Magri, negando che la fi-gura del bandito fosse un fenomeno provo-cato da profonde cause sociali, « più quiche in Sicilia... Giuliano è un bandito che,per particolari circostanze topografiche edambientali, ha potuto resistere più di altribanditi all'assalto e al rigore della legge ».(A.S. I, p. 8609). I problemi della Sicilia, do-ve la situazione dell'ordine pubblico, fattaeccezione per la zona dominata da Giuliano,non era diversa — sosteneva il senatore Ma-gri — da quella delle altre regioni italiane,erano quelli di un migliore sviluppo econo-mico al quale l'autonomia siciliana avrebbedato un efficace impulso. Per queste conside-razioni il senatore Magri approvava l'operadi un Governo che, « si rifiuta di ricorrerea mezzi eccezionali, a mezzi illiberali per re-primere sia il banditismo sia le altre formedi disordine». (A. S. I, p. 8611).

Nella discussione del giugno 1949 interven-ne anche il Ministro dell'interno. Il ban-ditismo nella provincia di Palermo, « nonpuò essere imputato » sosteneva l'onorevoleSceiba « ad un partito politico specifica-mente indicato. Non rappresenta una novi-tà di oggi, ma un fatto quasi permanente,normale nella storia dell'Isola ». (A.S. I, pa-gina 8611). I rilievi statistici fornivano indi-cazioni tali da permettere di prevedere, peril 1949, il più basso indice di delinquenzanel campo degli omicidi consumati mai re-gistrato nella storia della Sicilia. Le rapine,le estorsioni e i sequestri registravano, d'al-tro canto, una diminuzione dell'85,68 percento nell'arco dell'ultimo triennio. Tale di-minuzione della delinquenza siciliana era sta-

ta ottenuta, ricordava il ministro Sceiba,soltanto con i normali mezzi di polizia, sen-za il ricorso, pur in una situazione di emer-genza, a misure o a leggi di carattere ecce-zionale. « Almeno da 18 mesi non c'è statonessun attentato contro un qualsiasi orga-nizzatore sindacale, di qualsiasi corrente po-litica... Insieme con il miglioramento gene-rale abbiamo anche la sicurezza dei partitipolitici e dei rappresentanti sindacali ». (A.S.I, p. 8616). Quanto al problema più specifi-co di Giuliano, il ministro Sceiba sottolinea-va il fatto che negli ultimi cinque mesi, conl'arresto di 12 componenti della banda erastato inferto un duro colpo, anche se sussi-stevano, per la cattura di Giuliano, difficoltà« di carattere locale particolari, ambientali edi terreno. C'è il problema della omertà...(che) ... è frutto della paura, è frutto del-l'abbandono secolare, in cui quelle popola-zioni sono state lasciate». (A.S. I, p. 8618).Il fenomeno del banditismo « ridotto, limi-tato, ormai in fase decrescente » non richie-deva, secondo il ministro Sceiba, l'istitu-zione di una Commissione d'inchiesta..« Commissione d'inchiesta per che cosa? Peraccertare perché il commissario di pubblicasicurezza tale dei tali non è riuscito ancoraa catturare il bandito Giuliano? Commissio-ne d'inchiesta sulle condizioni generali del-l'Isola? Ma conosciamo quelle che sono lecondizioni generali dell'Isola e non abbiamobisogno di inchieste ». (A.S. I, p. 8621).

A favore della Commissione d'inchiesta sipronunciava invece il senatore Li Causi, ilquale sosteneva la necessità di condurre unaanalisi delle condizioni che avevano reso pos-tile il fenomeno del banditismo così comeesso si era manifestato nella provincia diPalermo. Tale analisi avrebbe portato adidentificare « alla radice di questo brigantag-gio che rimane ancora da estirpare... (un)substrato politico, (una) tattica politica del-le classi dure a morire, degli strati condan-nati dalla storia ». (A.S. I, p. 8627). Nel ban-ditismo che si riassumeva nel nome di Giu-liano si era inserita « la grande manovra del-la monarchia... Dalla collusione di questiesponenti della feudalità siciliana, cioè dalmovimento separatista con il banditismo, al-

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l'arroccamento attorno alla monarchia il pas-saggio è avvenuto ». (A.S. I, p. 8628). Secon-do la testimonianza del generale Branca, ci-tata ampiamente dal senatore Li Causi nelcorso del proprio intervento, « la mafia, co-me prima dell'avvento del fascismo al potere,è già riuscita ad imporre ai proprietari ter-rieri, campieri ed impiegati di suo gradi-mento, è riuscita a far concedere in gabellaterreni ed aziende a buon prezzo ai suoi af-filiati, ad influenzare in certo qual modocon la violenza anche la vita pubblica ».(A.S. I, p. 8630). Nel 1947, proseguiva il sena-tore Li Causi, « mercé l'azione di un uomopolitico che voglio ricordare in questa As-semblea, l'avvocato Giovanni Selvaggi, Altocommissario per la Sicilia, la situazione mi-gliora perché egli intuisce il problema essen-ziale di questa nostra terra: contemperare,affinchè non si versi sangue, la giusta esi-genza dei contadini con quella che, secondola sua concezione, è la giusta esigenza deiproprietari, avviando l'eliminazione del ga-bellotto, parassita e mafioso ». (A. S. I, pa-gina 8631). Queste mutate condizioni porta-rono alla « grande vittoria delle elezioni re-gionali del 20 aprile 1947 in cui il Blocco delPopolo, sotto l'insegna di Garibaldi, si af-ferma in maggioranza... Dopo una settimanasi ha Portella della Ginestra, lo scoppio tra-gico del bubbone della Sicilia arretrata. Conun'ondata di terrore sanguinoso si vuole ar-restare il movimento dei contadini siciliani »(A.S. I, p. 8631). Dopo Portella della Gine-stra e dopoxnumerosi altri episodi di violen-za contro partiti popolari ed organizzazionisindacali si saldava così, a giudizio del sena-tore Li Causi, un intreccio di interessi e diconnivenze: « Qual è la tattica politica? Èquesta: facciamo agire Giuliano contro i co-munisti e il movimento proletario. Così lamafia ha per schermo il banditismo; i partitipolitici hanno per schermo mafia e banditi-smo. Se sono i banditi ad agire è facile so-stenere a Sceiba che i delitti non sono poli-tici e che la responsabilità è tutta dei bandi-ti. » (A.S. I, p. 8635). Né i sospetti nei confron-ti del potere politico di servirsi di Giulianoin funzione anticomunista potevano esserevanificati dall'impegno, proclamato dal pre-fetto Vicari all'atto del suo insediamento a

I Palermo, di catturare Giuliano « entro 15; giorni ». (A.S. I, p. 8636). « Noi » conclude-

va il senatore Li Causi « dovremmo deside-rare tutti che Giuliano sia preso vivo e pos-sa, al cospetto del popolo italiano, al cospet-to del popolo siciliano, dire il nome di chigli ha armato la mano contro il popolo »(A.S. I, p. 8637).

11 senatore Adinolfi dal canto suo faceva ri-levare come la delinquenza, « una malattia...(che) resta in incubazione durante i periodibellici ed ha una esplosione estensiva di au-mento nell'immediato dopoguerra », (A.S. I,p. 8639) diminuisse con l'aumentare dellaviabilità dei traffici e dei commerci. Dunque,il Governo aveva la responsabilità, di fronteal fenomeno Giuliano e, in genere, alla crimi-nalità siciliana, di « non aver adoperato imezzi opportuni, di non aver fatto la diagnosivera » (A.S. I, p. 8641).

Il senatore Raja, intervenendo nel dibatti-to, esprimeva il proprio dissenso nei con-fronti del « processo politico al Ministrodell'interno » (A.S. I, p. 8642), condotto dal-l'estrema sinistra, che si risolveva in un«processo alla (sua) - regione... suscitando

j quello che è il legittimo ed istintivo risenti-mento ». (A.S. I, p. 8642). Anche la propostadi una inchiesta, « una proposta (che lo) haaddolorato in maniera straordinaria » (A.S. I,p. 8642) doveva essere respinta perché fonda-ta sull'ingiustificata convinzione dell'estre-ma sinistra che « la mafia e la delinquenzain Sicilia intanto (potevano) prosperare emantenere quella che è la loro potenza, inquanto c'è una connivenza politica » (A. S.I, p. 8642). « Niente inchiesta » concludevail senatore Raja « perché questa sarebbeuna mortificazione che la Sicilia non meri-ta!... perché (potrebbe) essere accolta conun senso di risentimento e di rivolta dallapopolazione siciliana » (A.S. I, p. 8643).

In un breve intervento, « una dichiarazio-ne di voto più che un discorso », (A.S. I, pa-gina 8644), anche il senatore Sanna Randac-oio si dichiara contrario sia alla mozione

I Casadei che all'ordine del giorno Sinforianiin quanto essi costituivano, a suo giudizio, un« attacco non all'azione tecnica del Ministrodell'interno, ma a tutta la politica del Gover-no » (A.S. I, p. 8644). Sarebbe stato un errore,

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sosteneva il senatore Sanna Randaccio « an-dare in Sicilia per consacrare questa doloro-sa verità che la mafia non è ancora estirpata,che è un fenomeno che ancora va curato »(A.S. I, p. 8645) e non aver fiducia nei sici-liani di ogni credo politico e nella loro ca-pacità di « guarire questa piaga se ancorasanguina» (A.S. I, p. 8644).

La delinquenza in Sicilia, come ogni feno-meno sociale, traeva « le sue origini » so-steneva a sua volta il senatore Umberto Mer-lin « dall'ambiente e dal clima, dalla mise-ria e dalla questione sociale. In Sicilia piùche altrove vi è una questione sociale chemerita di essere risolta » (A.S. I, p. 8647). II.fenomeno Giuliano però « non è specifico nédi una zona né di un ambiente » (A.S. I,p. 8646). E pertanto tutta la polemica con-tro Sceiba e il Governo non era mossa dallapreoccupazione « per il fatto Giuliano... cheè il pretesto » ma tendeva « a colpire la po-litica del Governo » (A.S. I, p. 8647).

Non si doveva mettere sotto inchiesta, ri-badiva il senatore Orlando, « la regione diSicilia, perché in questo spaventoso dopo-guerra c'è stato il caso di un bandito che èsfuggito agli sforzi della polizia. Inchiestano. Fenomeno siciliano no » (A.S. I, pagi-na 8651), concludeva il senatore Orlando,augurandosi che si potesse formare un una-nime movimento « di deplorazione nei con-fronti delle ingerenze di carattere esterno »già da lui segnalate il 30 luglio 1947 allorchéegli aveva denunciato « l'influenza inglese sulfenomeno del separatismo siciliano » (A.S. I,p. 8650).

Anche il ministro Sceiba, a conclusione deldibattito, definiva il fenomeno Giuliano co-1

me problema di polizia: « il fenomeno, me-glio possiamo chiamarlo qui l'episodio, diun bandito che rimane latitante per un cer-to periodo non è un fatto nuovo nella crona-ca di tutti i paesi e di tutti i tempi, ma non èche un problema della polizia e che la poli-zia dovrà risolvere... quello che conta è lavolontà decisa di raggiungere questo fine,non per togliere un motivo di speculazionepolitica contro il Governo o contro il Mini-stro dell'interno, ma per far cessare questadiffamazione contro il nostro Paese e contro

la Sicilia ». (A.S. I, p. 8654). Negando ogniconnessione tra mafia e banditismo e quindirespingendo l'ipotesi che la latitanza di Giu-liano fosse da attribuirsi ad una presuntaprotezione della mafia da parte del Governo,il ministro Sceiba osservava: « la mafia hale sue radici e le sue tradizioni secolari, maè certo che il Governo ha intrapreso un'azio-ne concreta per eliminare le cause sociali chepossono favorire il sistema della mafia... idecreti Cullo... i decreti Segni e le nuove ri-forme che sono annunciate dal Parlamento...rappresentano la volontà decisa del Governodi perseguire una linea di riforme sociali chetende ad eliminare anche le cause remote chepossono favorire il permanere di una similesituazione sociale ». (A.S. I, p. 9653).

Il Governo, per parte sua, affermava inun breve intervento il presidente del consi-glio De Gasperi, « sarebbe stato completa-mente indifferente a che l'inchiesta si faces-se o rnon si facesse » (A. S. I, p. 8655), anchese, osservava, « una inchiesta in una regioneche ha 90 tra deputati e senatori e quindi unGoverno regionale, una inchiesta veramen-te è difficile giustificarla e legittimarla »(A.S. I, p. 8655). La formulazione di una ri-chiesta quale quella contenuta nella mozioneCasadei, che invitava il Governo a provve-dere alla immediata sostituzione del Ministrodell'interno, era comunque, a giudizio delpresidente del Consiglio, improponibile:« gli attacchi contro un ministro, se sonofondati, portano con sé le dimissioni di tut-to il Gabinetto, se non sono fondati porta-no la resistenza di tutto il Gabinetto... Nonsi tratta della politica di un uomo, si trattadella politica solidale di un Governo demo-cratico che difende l'ordine nella solidarietàpolitica e nella responsabilità parlamentare »(A.S. I, p. 8655).

Dichiarando di mantenere il proprio ordi-ne del giorno, il senatore Sinforiani giudica-va negativamente l'orientamento, che anda-va delineandosi, della maggioranza, la qualesi limitava a prendere in considerazione ilproblema della cattura di Giuliano senza col-legarlo al fenomeno più generale del bandi-tismo che — a suo giudizio — sarebbe risor-to qualora non fosse stato colpito nelle sue

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radici. « Questo problema endemico che nonsi è riusciti a risolvere, continuerà a perdu-rare, se nulla faremo, come è perduralo finqui: io ho proposto una Commissione d'in-chiesta: proponete voi qualche altro rimedio,ma un rimedio ci vuole, qualche altra ini-ziativa deve essere presa » (A.S. I, p. 8656).

Dichiarano il loro voto a favore della mo-zione Casadei il senatore Scoccimarro, cheaderiva alla tesi secondo cui Giuliano era lostrumento di una volontà politica, e la sena-trice Palumbo Giuseppina, la quale sottoli-neava la necessità di combattere l'omertà,fenomeno naturale » (A.S. I, p. 8659), conmezzi diversi da quelli fino a quel momentoadoperati. A favore dell'ordine del giorno Sin-foriani si esprimeva anche il senatore Lussuche, ritenendo ingenua la richiesta di dimis-sióni del ministro Sceiba avanzata nella mo-zione Casadei, giudicava la proposta d'inchie-sta parlamentare « una proposta seria, poli-tica e onesta » (A.S. I, p. 8658).

Contro l'ordine del giorno Sinforiani si di-chiarava, invece, il senatore Buonocore se-condo il quale l'inchiesta avrebbe gettato « ildiscredito sulla nobile regione siciliana »(A.S. I, p. 8660).

AI termine del dibattito, nella seduta del23 giugno 1949 venivano respinti la mozionedei senatori Casadei ed altri e l'ordine delgiorno Sinforiani, mentre veniva approvatoun ordine del giorno Umberto Marlin edaltri (9) di adesione alla politica del Governo.

3. — II dibattito successivo. Le discussioniseguite alla morte del bandito Giuliano

A qualche mese dal dibattito tenuto al Se-nato nel giugno 1949, il problema del bandi-tismo e della mafia veniva riproposto all'at-tenzione della Camera nella seduta del 14ottobre 1949, nel corso della discussione sul

(9) Ordine del giorno dei senatori Merlin Um-berto, Vaccaio, Cava, Casardi, De Gasperis, Saio-mone e De Bosio. « II Senato, sentite le dichiarazio-ni del Governo, le approva e passa all'ordine delgiorno ». (A.S. I, p. 8660)

bilancio del Ministero dell'interno. In un am-pio intervento, il deputato Calandrane de-nunciava la intollerabilità della situazione si-ciliana dove « la prepotenza e la miseria crea-no mafiosi e banditi » (A.C. I, p. 12232). E aloro volta « mafia e banditismo in certe pro-vincie, prefetti e questori ovunque (si po-nevano) contro i diritti democratici dell'enor-me maggioranza della popolazione. Tristesorte è quella della Sicilia, triste sorte quelladi un popolo costretto a lottare per la appli-cazione delle leggi anche contro le autoritàche dovrebbero farle applicare ». (A.C. I, pa-gina 12233). Una lunga serie di episodi mo-stravano una realtà fatta di ingiustizie e disoprusi mentre, osservava il deputato Calan-drone, « si applica rigorosamente la leggenei riguardi dei lavoratori, ma non si proce-de contro i gabellotti mafiosi del feudo Sal-to di Granmichele che aggrediscono i mez-zadri per costringerli ad abbandonare il fon-do » (A.C. I, p. 12241). L'ordine, concludeva,il deputato Calandrone « caro all'onorevoleSceiba e al Governo è l'ordine a favore di unasparuta minoranza di nemici del popolo edel Paese » (A.C. I, p. 12242).

Al Senato, il 31 maggio 1950, il senatoreGasparotto, riferendosi alle condizioni del-l'ordine pubblico in Sicilia, ricordava l'ope-ra eroica delle Forze dell'ordine che avevanosaputo riportare « la pace nel territorio si-ciliano già infestato dal banditismo » (A.S. I,p. 16825). Ma il senatore Lazzaro, nel corsodella discussione del 6 giugno 1950 sul bi-lancio deU'Iraterno, sosteneva come -la repres-sione non potesse eliminare le cause del de-litto, cause che, in Sicilia, andavano ricerca-te nella storia stessa dell'Isola. Il popolo si-ciliano, oppresso nel corso dei secoli dalladominazione straniera, « ha imparato adodiare come nemici lo Stato, il Governo, lalegge, la società » (A.S. I, p. 17005), ed è sta-to costretto a scegliere tra la condizione diservo e quella di bandito, a « diffidare delpotere esecutivo, quindi della polizia che fusempre strumento politico del Governo anzi-ché mezzo di tutela indipendente della vitae dei beni dei cittadini » (A.S. I, p. 17006). Ladelinquenza siciliana che, a giudizio del se-natore Lazzaro, nasceva dalle carenze stesse

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della società nella quale operava, avrebbedovuto essere affrontata non con la sempli-ce azione di repressione, ma con un coordi-nato intervento dello Stato che riuscisse aporre « la regione siciliana sullo stesso pia-no delle altre regioni più progredite » (A.S.I, p.17008).

Anche il senatore Sacco, intervenendo il7 giugno 1950 nella discussione sul bilanciodell'Interno, faceva risalire a « profonde ra-gioni di carattere sociale » che differenziava-no la Sicilia occidentale da ogni altra regioned'Italia, il perdurare di una situazione cherichiedeva un'opera di « autorieducazione »della società siciliana, « un intervento in pro-fondità che lo Stato non è in grado di com-piere » (A.S. I, p. 17063).

Al termine della discussione sul bilanciodel proprio Dicastero, il ministro Sceiba an-nunciava che si era raggiunta « la sicurezzadal banditismo per merito degli uomini chehanno realizzato il programma del Gover-no » (A.S. I, p. 17070) e che « la sicurezzapubblica in provincia di Palermo era torna-ta assolutamente normale » (A.S. I, p. 17070).Il dibattito del giugno 1950 si chiudeva quin-di senza altri accenni alla situazione sicilianamettendo così in evidenza un limitato inte-resse nei confronti di un problema comequello dell'ordine pubblico in Sicilia chesembrava ormai risolto con l'eliminazionedi Giuliano.

In questo clima, il deputato Russo Perezpoteva presentare un'interrogazione (10) chesollecitava un riesame della posizione diquanti erano stati colpiti, nel momento piùaspro della lotta fra lo Stato e i fuorilegge,da provvedimenti di confino di polizia taloraadottati « con eccessiva severità » (A.C. I,

(10) Interrogazione del deputato Russo Perez:« Al Ministro dell'interno per conoscere se non ri-tenga opportuno, dopo le ultime felici operazionicontro il banditismo siciliano e nell'intento di ri-dare pace alle popolazioni di quelle contrade chepiù hanno dovuto soffrire le necessarie asprezzedella lotta fra lo Stato e i fuorilegge, ridare la li-bertà a tutti coloro che in questi ultimi tempi so-no stati assegnati al confino di polizia per gene-rici sospetti di connivenza con i banditi ». -A,C. I,p. 22792)

p. 22793) « per generici sospetti di conni-venza con i banditi ». (A.C. I, p. 22792).

Ma già nell'ottobre 1950, in sede di di-scussione del bilancio dell'Interno alla Ca-mera, il deputato Failla tornava a richia-mare l'attenzione del Parlamento sul proble-ma della mafia. La mafia, « elemento costan-te, il principale e più resistente sottoprodot-to del regime latifondistico che vige ancoraoggi in Sicilia » (A.C. I, p. 23012) dopo averabbandonato Giuliano aveva rafforzato i suoitradizionali, storici vincoli « con le autoritàe con gli uomini politici di destra » (A.C. I,p. 23012). La soluzione del fenomeno mafio-so veniva così riproposta come strettamentelegata alle riforme di struttura, prima fratutte la riforma agraria, e all'autonomia re-gionale che quelle riforme avrebbe dovutorealizzare rinnovando la vita politica e socia-le dell'isola.

Sugli stretti legami del banditismo con laclasse politica insistevano i presentatori diuna mozione (11) annunziata al Senato nelcorso della seduta del 17 maggio 1951. Ai fi-ni dello studio della natura e della dimensio-ne di questo vincolo, la mozione impegnavail Senato a deliberare un'inchiesta parlamen-tare sul problema dei rapporti tra banditi-smo e uomini politici in Sicilia. Su propostadel Presidente del Consiglio De Gasperi la di-scussione della mozione fu, però, rinviata inconsiderazione dell'inopportunità di discu-terla mentre era in corso il processo di Vi-terbo.

(11) Mozione dei senatori Scoccimarro, Sinfo-riani, Pertini, Li Causi, .Casadei, Labriola, Morandi,Lussu, Grisolia, Della Setta. « II Senato, di fronte aigravi fatti di banditismo che hanno profondamen-te turbato la Sicilia, culminando in episodi spa-ventosi quali gli eccidi di Portella della Ginestrae di Belloiampo, e, nello svolgimento dell'attualecampagna elettorale, nell'assassinio di un candidatoall'Assemblea regionale, episodi che manifestata-mente dimostrano eccezionali motivi di caratteresociale e politico, che sono al fondo dei fatti stessie ne costituiscono l'aspetto più grave e preoccu-pante; richiamato l'articolo 82 della Costituzione,delibera una inchiesta parlamentare sul problemadei rapporti tra banditismo e uomini politici inSicilia ». (A.S. I, p. 24300)

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L'argomento delle complicità politiche conil banditismo emergeva tuttavia nuovamen-te in sede di discussione sulle comunicazionidel Governo nella seduta del Senato del 2 ago-sto 1951. « Non vi è stata » osservava il sena-tore Pastore « né da parte degli organi di pub-blica sicurezza né da parte dell'Arma dei ca-rabinieri, né da parte del Ministero dell'inter-no, l'azione che sarebbe stata necessaria perstroncare il banditismo in Sicilia »: tale ca-renza, secondo il senatore Pastore, doveva at-tribuirsi ad una precisa volontà politica dellaquale il Governo e in particolare il ministroSceiba avrebbero dovuto rispondere. Il ban-ditismo, non più « fenomeno privato, ma fe-nomeno politico, in Sicilia... è diventatouno strumento politico dei parititi politiciche sono al Governo e della casta aristocra-tica agraria siciliana » (A.S. I, p. 25950).« Possiamo aggiungere che alle elezioni ge-nerali del 1948, l'80 per cento dei voti (aMontelepre e a Partinico) andò ad un depu-tato democristiano che oggi fa parte del Go-verno e che noi abbiamo il diritto di consi-derare come l'eletto del bandito Giuliano »(A.S. I, p. 25920).

Nella vicenda di Giuliano non c'era stato,aggiungeva il senatore Sinforiani, « il ricor-so, al confidente per arrestare il delinquen-te, ma la connivenza col delinquente, il favo-reggiamento del reo » (A.S. I, p. 26031).

Nel ribadire le tesi già ripetutamente so-stenute dalla propria parte politica in ordinealla mafia come fenomeno sociale creato « da•arretrati rapporti di classe conservati intor-no al feudo » (A.C. I, p. 31871), aspetti dun-que, « della esosa ed inumana politica disfruttamento condotta dai proprietari e dailoro gabellotti e campieri » (A.C. I, p. 31871),il deputato Basso, nel corso della discussio-ne sul bilancio dell'interno, svolta-alla Ca-mera nella seduta del 18 ottobre 1951, si sof-fermava sul tema specifico dei rapporti frale forze di polizia e i banditi. « Mafia, ban-ditismo e polizia costituiscono una trinitàe » aggiungeva l'onorevole Basso « una tri-nità al servizio delle classi dorninanti locali »(A.C. I, p. 31872). « II primo fatto salienteche colpisce ogni onesto cittadino è l'estremadimestichezza che lega banditi e funzionari.Tutti i principali esponenti della banda Giu-liano risultano essere in rapporti stretti con

personaggi altolocati ». (A.C. I, p. 31873).Dopo aver fatto riferimento a numerose cir-costanze emerse nel corso del processo diViterbo che avrebbero provato, tra l'altro,anche i rapporti tra esponenti delle forzedi Polizia da un lato, e i banditi Pisciot-ta e Ferreri dall'altro, il deputato Bassoosservava che la Commissione d'inchiestaavrebbe dovuto accertare anche « la veritàsu questi rapporti tra la Polizia e la ban-da che non formano oggetto dell'inchiestadell'autorità giudiziaria » (A.C. I, p. 31877).Se « dell'inchiesta si riparlerà » concludevail deputato Basso « occorre intanto saperedal Ministro come mai i funzionari che sisono comportati in questa maniera... nonsiano stati puniti » (A.C. I, p. 31877) ed inol-tre perché il Ministro « fu indotto a men-tire in comunicati ufficiali e innanzi allaCamera raccontando una falsa versione del-l'uccisione di Giuliano » (A.C. I, p. 31878).

Il tema della verità sull'uccisàone di Giu-liano veniva riproposto dal deputato Cullo,che lamentava il disorientamento dell'opinio-ne pubblica, sconcertata dalle contrastantiversioni fornite dai responsabili delle forzedi Polizia. Il fenomeno Giuliano rivelavauna « situazione anormale ed eccezionale »(A.C. I, p. 31979) che avrebbe richiesto « mez-zi di ricerca e di indagine più idonei e validiche (ci) possano dare contezza precisa di ciòche accade nel tessuto sociale della Sicilia »(A.C. I, p. 31979). Solo un'inchiesta parlamen-tare, concludeva il deputato Cullo, avrebbepotuto far luce sulle vicende specifiche cai-legate all'attività e alla fine idi Giuliano esulle profonde radici della realtà sociale si-ciliana.

Nella replica, il ministro dell'interno Scei-ba respingeva le argomentazioni di quantitentavano di far « credere alle masse popola-ri che i mandanti di Portella si debba-no ricercare tra gli uomini della Demo-crazia cristiana o addirittura tra gli uomi-ni investiti di responsabilità governative »(A.C. I, p. 32161). Sottolineata l'efficacia delC.F.R.B. nella lotta al banditismo, « il piùgrave fenomeno delinquenziale del dopoguer-ra (liquidato) in 9 mesi » (A.C. I, p. 32163),il ministro Sceiba assicurava la Camera che,

.non appena fosse terminato il processo diVLterbo, non avrebbe mancato « di portare

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la... attenzione sui risultati che sarebberoapparsi sicuramente acquisiti, e, se del caso,di discutere anche in sede parlamentare que-sti elementi... » « e ciò vale » concludeva ilministro « anche per le vicende della fine diGiuliano » (A.C. I, p. 32162).

Alla ripresa della seduta, sospesa al ter-mine ideila replica del Ministro dell'interno,si dava lettura, tra gli altri, di un ordine delgiorno (12) Calandrane e Di Mauro, che nonera accettato dal Ministro e, posto in vota-zione, non era approvato.

Nelle dichiarazioni di voto i deputati Cul-lo e Basso, annunciando il voto contrariosul bilancio, riproponevano i motivi già inprecedenza esposti che stavano alla base diuna negativa valutazione nei confronti dellapolitica interna del Governo, rilevando al-tresì l'insufficienza delle risposte del Mini-stro su taluni specifici episodi. « Qui siamoin presenza di fatti che sfuggono » soste-neva il deputato Basso « alla competenzadell'Autorità giudiziaria; qui non si trattadi rispettare l'indipendenza della Magistra-tura perché non si tratta di sapere che co-sa l'Autorità giudiziaria dovrà decidere; quisi tratta soltanto di sapere che cosa il Mi-nistro decide liei confronti di questi suoifunzionari che hanno prevaricato, che hannotenuto affettuosa corrispondenza con i ban-diti a banchetto, che hanno rilasciato ad ban-diti documenti falsi affinchè essi potesseroliberamente circolare, che hanno addirittu-ra, come il capitano Perenze, ospitato in casapropria uno idi questi banditi, e ciò non per-ché questi dovesse rendere dei servigi maquando non poteva più essere utile, quandoaveva già reso tutti i servigi che doveva ren-dere. È su questi elementi che l'onorevoleMinistro avorebbe dovuto rispondere, è suquesti elementi che noi ci attendevamo cheegli ci rispondesse » (A.C. I, p. 32183).

Due giorni dopo, al Senato, nella seduta del25 ottobre 1951, il senatore Secchia, nel piùampio contesto di uin giudizio negativo sulla

(12) Ordine del giorno dei deputati Calandranee di Mauro « La Camera, constatando che gli ar-gani governativi violano particolarmente in Sici-lia le leggi costituzionali ed ordinarie, invita ilGoverno al pieno rispetto della legalità costitu-zionale ». (A.C. I, p. 32168)

linea di politica interna seguita dal Governo,rilevava come 'si fosse permesso che talunifunzionari violassero « impunemente la leg-ge e si macchiassero di delitti e commettes-sero reati allo scopo di salvare losche con-sorterie che potevano essere compromessese certi banditi, e non solo Giuliano, fosserostati presi vivi » (A,S. I, p. 27730). E per que-sta connivenza delle classi dirigenti con ilbanditismo « decine di carabinieri e di agen-ti sono caduti vittime del dovere, assassi-nati da questi banditi, ed alcuni di costorooperavano con in tasca il lasciapassare el'autorizzazione, rilasciati da alti funzionaridi Pubblica sicurezza » (A.S. I, p. 27731).

Ribadendo la propria interpretazione, giàenunciata nella seduta del giugno 1949 sulleragioni politiche che avevano condotto allastrage di Portella della Ginestra, sbocco diuna reazione scomposta alla vittoria conse-guita dal blocco popolare nelle elezioni regio-nali del 1947 (A.S. I, p. 27791), il senatore LiCausi collegava l'azione del banditismo allapresenza della mafia nella società siciliana.La mafia — a suo giudizio — era « il sostegnonecessario senza del quale il banditismo nonsarebbe vissuto neanche un giorno. È unodegli elementi che determina, alimenta, so-stiene ed è sostenuta dal banditismo, la tro-viamo come un elemento assolutamente in-dispensabile, in determinati .paesi, di deter-minati uomini politici e quindi di determina-ti partati (A.S. I, p. 27793). La responsabilitàpolitica di strumentalizzare la mafia e il ban-ditismo con l'obiettivo di perseguire disegnidi potere ricadeva, a parere del senatore LiCausi, sul Ministro dell'interno, « responsa-bile di omertà e forse di complicità in questaterribile vicenda siciliana,... affossatore del-l'autonomia siciliana,... violatore della Co-stituzione italiana (A.S. I, p. 27798).

Invece il senatore Romita, riferendosi atalune osservazioni del ministro Scdba, os-servava come generalizzane episodiche di-sfunzioni o addirittura esagerare le dimen-sioni del banditismo significasse rendere uncattivo servizio al Paese. In risposta alle ar-gomentazioni del senatore Romita, che si eralimitato a spiegare le difficoltà incontrate dalGoverno all'epoca dell'ondata separatista edell'EVIS e, in particolare, le circostanze delmancato allontanamento dell'ispettore Mes-

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sana, il ministro Scelba sosteneva: « So be-nissimo quali sono le difficoltà che abbiamodovuto superare per risolvere il gravissimoproblema, ed d vari Governi, a mio avviso,hanno fatto tutto il loro dovere in quella de-licata situazione. Lo ha fatto l'onorevole Ro-mita e, mi si consenta, credo di averlo fattoanch'io » (A.S. I, p. 27816). In sede di replicaquindi, al termine della discussione sul bi-lancio dell'interno, il Ministro, rinnovatol'impegno preso alla Camera di valutare lerisultanze del processo di Viterbo, e di di-scuterle, eventualmente in sede parlamenta-re, aggiungeva: « Si è esagerato per tantianni sul fenomeno delinquenziale del bandi-tismo monteleprino, presentandolo addirit-tura come un fatto, un pericolo nazionale,e oggi che questo pericolo è scomparso, siesagera ancora un particolari connessi allalotta condotta per liquidare il banditismo »(A.S. I, p. 27840).

Al termine della discussione che si conclu-deva con un violento attacco del senatorePastore al Ministro, accusato di aver « datoil 'suo consenso alla uccisione del banditoGiuliano » (A.S. I, p. 27842), il senatore Rizzopresentava un ordine del giorno (13) che ilMinistro non accettava e che, a seguito diuna votazione a scrutinio segreto, non eraapprovato.

(13) Ordine del giorno presentato dal senatoreDomenico Rizzo « II Senato, pure ammettendoche la lotta contro d fuorilegge, funesti alla vi-ta civile di Sicilia e d'Italia, fu conclusa con be-nemerenze di quanti arrivarono fino ai supre-mi • sacrifici, riafferma che la guerra al delittodi uno Stato democratico moderno ha dei limi-ti insuperabili oltre che nelle leggi penali, ne-gli imperativi categorici della morale, nella sirucerila delle informazioni ail Parlamento ed al Pae-se ed anche in una dignità di stile per tutti i col-laboratori di giustizia;

riconosce che i metodi seguiti dal Ministerodell'interno per la repressione del banditismo inSicilia, a -mezzo della Polizia, non possono ritener-si rispondenti alle esigenze sopra espresse;

e si riserva di sollecitare un'organica riformadelle attuali leggi di pubblica sicurezza e di pro-porre un'approfondita indagine sulle eventuali re-sponsabilità, appena sarà definito il giudizio an-cora pendente davanti alle Assise di Viterbo, perla migliore informazione che ne seguirà e per ilrispetto dell'indipendenza fra i diversi poteri del-lo Stato» (A.S. I, p. 27845).

L'ampio dibattito sul banditismo, che ave-va impegnato il Senato e la Camera nell'au-tunno del 1951, ebbe un seguito nella pro-posta di inchiesta parlamentare, d'iniziativadei deputati Basso ed altri (14) sul compor-tamento delle pubbliche autorità nei con-fronti del banditismo siciliano e sulle rela-tive cause di natura sociale, economica e po-litica. Ma il relatore Paolo Rossi giudicavacomunque non opportuna, « malgrado la do-lorosa persistenza del fenomeno », una nuo-va inchiesta parlamentare, poiché essa si sa-rebbe svolta mentre le forze di Polizia eranoimpegnate nella battaglia attuale, avrebbeturbato l'opera dell'Autorità giudiziaria inordine a processi ancora pendenti a caricodi banditi, avrebbe urtato contro malintesesuscettibilità regionali quando erano ancoratroppo recenti « le agitazioni separatiste diuna minoranza faziosa in Sicilia... ». L'in-chiesta, concludeva il relatore Paolo Rossi,dichiarandosi contrario al passaggio agli ar-ticoli « oggi intempestiva e pericolosa potràessere disposta più ta'rdi con vantaggi note-voli per penetrare a fondo le cause del dolo-roso fenomeno e avvisare i rimedi ».

Le vicende connesse al banditismo e al-l'eccidio di Portella della Ginestra tornava-no ad essere nuovamente esaminate dal Se-nato in occasione della discussione sul bilan-cio dell'interno nella seduta del 14 ottobre1952. In quella sede, il senatore Li Causi es-sendo nel frattempo intervenuta la pubblica-

(14) II testo della proposta era il seguente:

« Art. 1. — E istituita ai sensi dell'articolo 82della Costituzione una Commissione d'inchiestacon lo scopo di condurre un'indagine approfon-dita sul comportamento delle pubbliche autorità,e in modo particolare della Pubblica sicurezza edei Carabinieri, nei confronti del banditismo nellaSicilia occidentale, .nel .periodo dal 1943 ad oggi, non-ché su tutte le cause di natura economica socialee politica che hanno avuto influenza su tale com-portamento, e di suggerire i rimedi più efficaciad una tale situazione.

Art. 2. — La Commissione è composta di 15 de-putati, scelti dal Presidente della Camera.

Art. 3. — La Commissione dovrà presentare lapropria relazione alla Camera entro il 30 giu-gno 1952».

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zione integrale della sentenza del processo diViterbo, ricordava al Ministro dell'interno,l'impegno preso dii accertare i fatti e chiede-va quale fosse « il risultato di questo accer-tamento » come avesse provveduto « affin-chè la coscienza non solo di noi parlamenta-ri, ma dell'uomo onesto, così profondamen-te turbato dalle terribili rivelazioni venutefuori al processo di Viterbo, (potesse) esseretranquillizzata » (A.S. I, p. 35972). Se al ban-ditismo era stato inferto un duro colpo, an-che se le circostanze della fine di Giulianorestavano misteriose, si profilava — ammo-niva il senatore Li Causi — « usn'altra formadi delinquenza che si manifesta nel nostropaese e che trae origine ed è collegata colgangsterismo italo-americano » (A.S. I, pa-gina 35975), e cioè il .traffico degli stupefa-centi diretto da « un tale Francesco PaoloCoppola, ex gangster americano . .., espulsodagli Stati Uniti e molto legato ad ambientipolitici della capitale e dell'Isola » (A.S. I,p. 35975), intimo idi Luciano e di Costello. Aprovare la collusione fra Coppola e il mondopolitico, il senatore Li Causi dava quindilettura di una lettera inviata dal direttorede « II Giornale d'Italia » Santi Savarino eda un deputato (A.S. I, p. 35975) a Coppola.Mentre intratteneva rapporti con il mondopolitico e si circondava di rispettabilità« "don Ciccio"» rilevava il senatore Li Causi« enorme ragno al centro della ragnatela spe-disce l'eroina in America, comprata a Milanoa 700 mila lire il chilo e rivenduta a 12 mi-lioni » (A.S. I, p. 35976). Questi « gangstersci furono dati dagli americani che se ne ser-virono per sbarcare in Sicilia; e furono al-levati per essere agenti americani in Sicilia;

dopo i servizi resi è naturale che sopravviva-no per rendere altri servigi ai padroni e in-tanto tessono e consolidano trame » (A.S. I,p. 35976). Il Governo con la sua politica eraresponsabile della situazione che si era crea-ta, concludeva il senatore Li Causi, e i me-todi adottati dal Ministro dell'interno « han-no rafforzato l'organizzazione manosa alpunto che queste organizzazioni possano er-gersi a giustiziere al posto degli organi delloStato ... I Prefetti non molestano delinquen-ti e mafiosi, purché siano con i partiti del-l'ondine » (A.S. I, p. 35976).

La replica del ministro Sceiba alle accusedel senatore Li Causi prendeva le mosse daun'indagine statistica che mostrava il calodella delinquenza nel periodo 1948-52, nelleprovincia occidentali della Sicilia, per negareche la situazione fosse « anormale e di emer-genza » (A.S. I, p. 36061) e respingere, quin-di, l'accusa mossa al governo di inerzia: ciònon solo non rispondeva alla verità, ma co-stituiva — secondo il Ministro — « una verae propria denigrazione dell'Isola » (A.S. I,p. 36061). L'onorevole Sceiba confermava, daultimo, l'impegno, precedentemente assun-to davanti alla Camera e al Senato in rela-zione ai fatti che interessavano il processodi Viterbo, che, « contrariamente a quelloche pensa il senatore Li Causi, non solo nonè finito, ma non ne è stata neppure pubbli*cata la sentenza » (A.S. I, p. 36061).

Al termine della discussione sul bilanciodell'Interno non veniva presentato alcun or-ddne del giorno sul problema dell'ordine pub-blico in Sicilia.

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CAPITOLO SECONDO

IL DIBATTITO NELLA SECONDA LEGISLATURA

1. — Iniziative parlamentari sul fenomenodella criminalità e sulle relative responsa-bilità governative.

All'inizio della II Legislatura repubblica-na, le interrogazioni presentate alla Cameradal deputato Berti (1) e dallo stesso insieme

(1) Interrogazione presentata dal deputato Ber-ti nella seduta del 25 settembre 1953:

« II sottoscritto chiede di interrogare il Mini-stro dell'interno, per sapere quali provvedimentidi carattere economico e sociale intende prendereper fare fronte alla piaga del banditismo, che ne-gli ultimi mesa è divenuta particolarmente acutain provincia di Agrigento con l'uccisione di uncarabiniere a Colamonici, con l'attacco, a mezzodi bombe, dell'automobile della camera del lavo-ro di Agrigento occupata dai dirigenti di quellacamera confederale, con l'assassinio del segreta-rio provinciale della Democrazia cristiana avvoca-to Vito Montaperto, e la rapina a carico di dueparlamentari che si trovavano nella stessa mac-china, con l'attentato sulla strada Sciacca-Riberaa un candidato politico del Movimento socialeitaliano e la rapina a carico di un altro esponentepolitico del Partito repubblicano italiano sfuggitomiracolosamente a una raffica di mitra, con l'at-tentato infine al deputato democratico cristianoRaimondo Borsellino il quale, -mentre transitavasulla strada Ribera-Montallegro, veniva fatto se-gno, verso mezzanotte, ad alcuni colpi d'arma dafuoco; e per sapere se oltre questi fatti accadutinel breve giro di 5 mesi e che hanno finito conl'essere noti o per la loro gravita o perché subitida personalità politiche di primo piano, non vene siano altri ugualmente non denunciati; e perconoscere infine le misure che intende prendereil Governo per estirpare la piaga del banditismosenza ricorrere a misure, più che inutili, dannose,perché spesso indiscriminate, nei confronti dellapopolazione civile, colpendo invece il male — cosìcome deve essere colpito — alle sue reali origini »(A.C. II, p. 997).

ai deputati Li Causi, Giacone e CalandraneGiacomo (2), nonché l'interpellanza del sena-tore Nasi (3) (che sollecitava il Governo adesprimersi sul fenomeno della criminalitàin Sicilia) indicavano un interesse ancoraprevalentemente volto al tema del banditi-smo e dei suoi collegamenti con il mondopolitico.

Alcuni mesi dopo veniva annunziata al-la Camera, nella seduta del 31 marzo 1954,una proposta di legge diretta ad istituire unaCommissione parlamentare d'inchiesta, cheavrebbe dovuto indagare su una serie di fattiilleciti, implicanti responsabilità del Governoe della Pubblica Amministrazione. (4). « Noi »sostenevano i presentatori « non proponia-mo alla Commissione il compito di accertareresponsabilità penali: questo sarebbe inva-dere la sfera del potere giudiziario. Noi pro-poniamo invece alla Commissione il compi-to di accertare, in ordine ai fatti articolati

(2) Interrogazione presentata dai deputati Ber-ti, Li Causi, Giacone e Calandrone Giacomo:

« I sottoscritti chiedono 'di interrogare il Mi-nistro dell'interno, per sapere se in seguito agliatti di banditismo verificatisi domenica scorsa inprovincia di Catania e Agrigento, che fanno se-guito a numerosi altri verificatisi particolarmentein quest'ultima provincia, non ritenga opportunoinformare la Camera sulla situazione dell'ordinepubblico nell'Isola » (A.C. II, pag. 997).

(3) Interpellanza presentata dal senatore Nasi:« Al Ministro dell'interno perché esprima solle-

citamente il suo pensiero ed i suoi propositi sullaevidente ed impressionante recrudescenza della cri-minalità in Sicilia» (A.S. II, pag. 18455, 18456).

(4) Proposta d'inchiesta parlamentare, d'inizia-tiva dei deputati Cullo, Pajetta Gian Carlo, Amen-dola Giorgio, Ingrao, Capalozza, Coggiola, Alicata,

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nella proposta, le responsabilità in sensolato, cioè politiche, morali e amministrative,nonché il compito di acclarare fatti che rien-trano nelle categorie indicate ma che oggisono ignoti e non potrebbero essere altri-menti scoperti che con il mezzo dell'indagineparlamentare » (A.C. II, doc. n. 750, p. 3).

2. — // fenomeno della mafia nel dibattitoalla Camera dei deputati.

Successivamente, nella seconda metà dellaLegislatura, cominciava ad emergere negliatti parlamentari, il tema della mafia, intesa

(segue nota 4)

Li Causi, Natoli, Boldrini, Ravera Carnilla, Magliet-ta, Laconi:

« Inchiesta parlamentare sulle responsabilità delGoverno e della pubblica Amministrazione inrelazione ai recenti clamorosi fatti, che hannovivamente commosso la pubblica opinione.

TESTO DELLA PROPOSTA

Art. 1.

È istituita una Commissione parlamentare d'in-chiesta con il compito di condurre un'approfon-dita ed esauriente indagine in ordine:

1) alle interferenze del potere esecutivo sulleindagini della polizia giudiziaria e sui procedimen-ti istruttori;

2) alle cause e responsabilità per gravi fattiverificatisi nel comportamento della polizia e de-gli organi preposti alla direzione delle carceri;

3) alle responsabilità per connivenze e collu-sioni di organi dello Stato nel traffico degli stu-pefacenti, e nei casi gravi di speculazioni e di il-leciti arricchimenti con frode all'Erario e, in ge-nere alle pubbliche amministrazioni.

Art. 2.

La Commissione è composta di 21 deputati.

Art. 3.

Per l'esecuzione del suo mandato, la Commis-sione -dispone di tutti i poteri di cui all'articolo 82della Costituzione della Repubblica.

Art. 4.

La relazione della Commissione sarà presentataalla Camera entro quattro mesi 'dalla data delladeliberata inchiesta.

come fenomeno autonomo e non più in fun-zione dei suoi rapporti col banditismo, indi-viduata come caratteristica di una società,come manifestazione di una particolare for-ma di violenza e di arbitrio.

Il 27 novembre 1956, infatti, a seguito ditre interpellanze (5), rivolte al Presidente

Art. 5.Le spese per il funzionamento della CoirLmis-

sione sono a carico del bilancio della Camera(A.C. II, Doc. n. 750, p. 4).

(5) Interpellanza presentata dai deputati LàCausi, Berti, Failla e Faletra: « Per cono-scere: 1) le ragioni per le quali non vengono sco-perti i colpevoli degli omicidi premeditati a ca-tena, che da qualche mese insanguinano giornal-mente le vie di Palermo e i suoi dintorni e vivis-simo allarme destano nell'opinione pubblica; 2) seil Governo si preoccupa del fatto che tali delittisono espressioni delle -lotte, o comunque sono le-gati alla lotta, senza risparmio di colpi, per il pre-dominio del mercato ortofrutticolo di Palermo ela conquista, anche mediante il delitto, dei set-tori più redditizi dell'economia palermitana daparte di cricche affaristiche facenti capo alla " ma-fia" e aventi le più svariate e molteplici dirama-zioni nel campo della vita pubblica; 3) se il Go-verno intende provvedere all'accertamento ed allaeliminazione, con mezzi adeguati, delle cause eco*nomiche, sociali e politiche del complesso feno-meno della " mafia " siciliana, sopravvivenza anti-sociale di un diritto barbaro, strettamente legatoalla grave arretratezza dell'Isola; 4) se il Governointende provvedere subito alla creazione di uncorpo specializzato di polizia giudiziaria alla di-retta ed esclusiva dipendenza della magistratura,come stabilisce l'articolo 109 della Costituzione;5) se e quali provvedimenti il Governo intendaadottare contro il prefetto di Palermo il quale,opponendosi alla Costituzione, alla Corte costitu-zionale e al tribunale .di Palermo, continua a pren-dere contro i cosiddetti " stracci " misure di poli-zia, che non solo sono inadeguate a risanare l'am-biente della criminalità, ma sono del tutto illegalie lo pongono tra coloro i quali con piena coscienzae volontà violano le leggi costituzionali e penali »;

Interpellanza presentata dai deputati Berti eGiacone: « Sulla situazione particolarmente preoc-cupante che sa è andata nell'ultimo anno crean-do nella provincia di Agrigento, territorio nelquale la povertà sempre più dilagante insie-me alla disoccupazione, d bisogni elementarimisconosciuti, le libertà conculcate, la corruzionee il favoritismo, divenuti sistema politico, hanno

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del Consiglio e ai Ministri dell'interno e digrazia e giustizia, ai apriva alla Camera unampio (dibattito, sui diversi aspetti del feno-meno mafioso, sulle sue ca'use e stille misurefino ad allora adottate per combatterlo.

Il deputato Berti, nello svolgere la propriainterpellanza sulla situazione della pubblicasicurezza nella provincia di Agrigento, trac-ciava un quadro delle condizioni economico-sooiali in quella zona. Una zona dominata dalfeudo, « struttura sociale (nella quale) alli-gnano alcuni fenomeni degenerativi gravi, fa-voriti ... da una certa parte delle classi di-rigenlii della provincia e favoriti dall'assenzadi una politica governativa » (A.C. II, pagi-na 29339). «Abigeati, rapine, sequestri dipersone, delitti idi sangue » (A.C. II, p. 29339)sono i reati, spesso impuniti e raramente de-nunciati, che caratterizzano la criminalitàmafiosa della zona. L'omertà, che favorival'attività della mafia, proseguiva il deputatoBerti, nasceva dalla sfiducia « nell'interven-

{segue nota 5)

finito col favorire (in maniera che le cifre denun-ziano come estremamente allarmante) i fenomenipeggiori di violenza e di mafia, a tal punto da at-tirare — su questa situazione del tutto particola-re — l'attenzione del procuratore generale dellaRepubblica presso la corte d'appello di Palermoche ha dato un quadro giustamente drammaticodella amministrazione della giustizia in quella par-te della Sicilia occidentale; e per sapere se invecedi ricorrere a ingiusti provvedimenti di confino,che invece di colpire i veramente responsabili .ecolpevoli colpiscono (spesso, in maniera del tuttoarbitrària) i più indifesi, aggravando ancora que-sta situazione estremamente malsana, il Governonon intenda colpire alle radici il male nei veriresponsabili, garantendo, al tempo stesso, la li-bertà, la sicurezza e il pane ad una delle popola-zioni più misere, più laboriose e più degne di unavita migliore, della Sicilia »;

Interpellanza presentata dai deputati Muset-to, Fiorentino, Andò e Gaudioso: « Per co-noscere quali provvedimenti intendano adottareper scoprire i colpevoli dei numerosi omicidi pre-meditati commessi nelle pubbliche vie di Palermo,che hanno vivamente allarmato la pubblica opi-nione e scosso la fiducia nell'amministrazione del-la giustizia. Il fatto ohe i numerosi delitti sianotra loro concatenati dimostra la necessità di in-tervenire in determinati settori, individuandonee sradicandone energicamente le cause ».

(A.C. II, p. 29328, 29329).

to e nella giustizia di quella polizia mafio-sa ... in combutta con certe forze dellamafia e in contatto con sfere molto elevate »(A.C. li, p. 29340). Le commissioni per ilconfino finivano par colpire « gli stracci »(A.C. II, p. 29340) e per proteggere « i grossicapimafia della provincia dai quali sono ad-dirittura influenzate e dirette » (A.C. II, pa-gina 29340). Alla luce di queste considera-zioni si poteva comprendere, rilevava il depu-tato Berti, come la mafia non si fosse limi-tata ai reati conrumi, ma si fosse resa respon-sabile di una serie di « delitti di carattere po-litico » (A.C. II, p.'29342) contro esponentisindacali e politici di ogni tendenza (Mira-glia, Antona, Montalbano, Campo, Renda, Gi-glio, Montaperto, Realmente). Si imponeva— affermava ài deputato Berti — un'azionecapace di colpire « alle radici strutturali, so-ciali, nelle loro basi politiche, le connivenzedi determinati gruppi sociali e politici con ladelinquenza » (A.C. II, p. 29343). Un'azioneche avrebbe potuto essere utilmente avviatacon l'istituzione di una Commissione d'in-chiesta sui delitti della mafia e sulla situa-zione della pubblica sicurezza in Sicilia.« Ciò che noi non siamo riusciti a f a r e . . . »concludeva il deputato Berti « i rappre-sentanti regionali del popolo siciliano, sep-pure in altra forma, stanno cercando di far-lo. Infatti all'Assemblea regionale sicilianaè stata nominata una Commissione di studiodella situazione che io ho cercato qui di ca-ratterizzare ... Ciò che il Governo non hafatto, ciò che la Camera, o meglio la maggio-ranza della Camera non ha fatto (giacché dainostri banchi la proposta è stata più volteavanzata), lo farà l'Assemblea regionale»(A.C. II, p. 29344).

Rispetto alla Commissione di studio nomi-nata dalI'ARS, la Commissione d'inchiesta,nel giudizio del deputato Li Causi, che in-terveniva nella stessa seduta del 27 novem-bre 1956 per illustrare la sua interpellanza,« avrebbe avuto altre possibilità di metterein luce proprio gli alti favoreggiatori e i mi-steriosi mandanti: cioè si sarebbe dovutoandare a pescare l'uomo politico, il ministro,l'assessore regionale, gli ex ministri e i pre-sidenti del governo regionale e, insomma, ipersonaggi della vita politica siciliana, chia-

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mati ad uno ad uno a rispondere dei lorodelitti» (A.C. II, p. 29345). L'evolversi dellacoscienza democratica, secondo il deputatoLi Causi, avrebbe necessariamente portato al-l'istituzione di quella Commissione d'inchie-sta per la Sicilia « che non fu voluta da Scei-ba » (A.C. II, p. 29346), di quella Commis-sione che avrebbe dovuto assolvere ad unimpegno di lotta e non .solo dii rilevazione ecomprensione di un fenomeno sociale. I ri-medi repressivi contro le manifestazioni de-littuose della mafia non avevano sortito al-cun effetto: il confino di polizia, permanen-do le cause che avevano dato origine allamafia, non impediva la riproduzione dei me-todi e delle cosche mafiose, poiché rimaneva— proseguiva il deputato Li Causi — « im-mutata la base, il tessuto attraverso cui que-sto cancro si rinnova » (A.C. II, p. 29347). Lamafia poteva conservarsi nella società sici-liana e in quella americana, non già per unasorta di connotato razziale, ma perché, inquelle società, essa svolgeva un ruolo « didifesa di determinate istituzioni... in Sici-lia (la mafia) è uno degli elementi costitutividell'equilibrio sociale e politico di determi-nate zone» (A.C. II, p. 29348). Legata allevecchie strutture, si poneva come forza diconservazione di un .certo ordine che avrebbepotuto essere modificato, concludeva il de-putato Li Causi, dallo stesso popolo sicilianousando dell'autonomia e delle garanzie. adesso assicurate dallo statuto regionale: il po-polo sicàliamo avendo « la forza per 'andareavanti, per moralizzare il suo ambiente, perscacciare i suoi nemici » (A.C. II, n. 29349).

Rispondendo all'interpellanza del deputa-to Li Causi, il Sottosegretario di Stato perl'Interno Pugliese, esprimeva una valutazio-ne assai lontana dall'analisi tratteggiata dal

parlamentare siciliano e quindi anche dallemotivazioni che suggerivano • l'istituzione diuna Commissione parlamentare d'inchiesta.Il sottosegretario Pugliese rilevava infatticome la mafia « perduta sin dalla primaguerra mondiale ogni concezione cosiddet-ta morale e perduti i primitivi scopi a ca-rattere tutorio » (A.C. II, p. 29352), si fossedissolta nella delinquenza comune. « Puòdecisamente affermarsi » proseguiva il sot-tosegretario Pugliese « che non esiste in Si-cilia una veiia e propria organizzazione ma-fiosa alimentata da cause economiche, poli-tiche e sociali da ricercare ed eliminare »(A.C. II, p. 29352), mentre contro taluni sin-goli pregiudicaiti, gravemente indiziati, maprotetti dall'omertà, risultavano efficaci queiprovvedimenti di polizia criticati dal depu-tato Li Causi.

Nella replica il deputato Berti sottolinea-va l'importanza di identificare, al di là dellestatistiche, la natura di taluni « specifici de-litti che ... provengono da una determinataorganizzazione » (A.C. II, p. 29357), mentreil deputato Li Causi rammentava la collu-sione fra personaggi mafiosi e uomini poli-tici, segnalata in un precedente interventoalla Camera; ma anche di fronte a questeosservazioni il sottosegretario Pugliese riba-diva la posizione già sostenuta. Egli dichia-rava di non comprendere il criterio cheavrebbe reso possibile distinguere « fra rea-to commesso da un mafioso o da un nonmafioso » (A.C. II, p. 29358), I dati statisticimostravano una diminuzione della crimina-lità, e, concludeva il sottosegretario Pugliese,« se vi è uno spacciatore di eroina, se un se-questro di persona o una estorsione avvengo-no, il delitto che sia compiuto a Milano o chesia compiuto in Sicilia, è lo stesso » (A.C. II,p. 29358).

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CAPITOLO TERZO

I DIBATTITI NELLA TERZA LEGISLATURAE L'ISTITUZIONE DELLA COMMISSIONE D'INCHIESTA

1. — La ripresa del dibattito .sul fenomenomafioso.

Nei primi mesi della III Legislatura, ilsenatore Giacometti .richiamava l'attenzionedel Parlamento sul fenomeno della crimina-lità mafiosa; ma il ministro dell'interno Tam-broni, nel corso della discussione del bilan-cio del proprio Dicastero, nella seduta dellaCamera del 24 ottobre 1958 osservava comela recrudescenza dei delitti di mafia nellaSicilia occidentale non si traducesse in unaumento della delinquenza, ma nella « reite-razione » (A.C. Ili, p. 3307) della delinquen-za in alcuni determinati settori.

Subito dopo, il 27 novembre 1958, veniva-no presentati al Senato ed alla Camera deideputati rispettivamente il disegno di leggen. 280/S d'iniziativa dei senatori Farri eda/ltiri e la proposta di legge n. 609/C d'inizia-tiva del deputato Vincenzo Gatto e di altrideputati, che prevedevano l'istituzione diuna Commissione parlamentare d'inchiestasul fenomeno della mafia in Sicilia (v. piùoltre la nota n. 6). Su queste iniziative pa-rallele ed idantiche nel testo, si sarebbe aper-to, nell'aprile 1961, il dibattito, tormentatoe difficile, che avrebbe condotto alla istitu-zione della Commissione d'inchiesta. Maintanto continuava a svolgersi nei due ramidel Parlamento una serrata discussione po-litica sul tema della mafia.

Nel marzo 1959, i più recenti episodi de-littuosi di natura mafiosa, quali l'attentatoal giornale L'Ora e gli omicidi venificatisinegli ambienti della mafia dei mercati, avreb-bero dovuto iinidurre il Senato a riflettere,sosteneva il senatore Simone Gatto, nello

svolgere una sua interpellanza (1) al Mi-nistro dell'interno, come la mafia fosse di-ventata « in armonia coi tempi, mafia deiconsorzi di bonifica, degli appalti, delle or-ganizzazioni economiche e di categoria »(A.S. Ili, p. 4214). Di fronte a questi feno-meni e alla esistenza « di intima legami trapolitica di ambiente governativo e lotta dipotere da parte delle cosche manose » (A.S.Ili, p. 4214), erano necessarie, «una valuta-zione e una pubblica presa di coscienza »(A.S. Ili, p. 4214). La mafia, proseguiva il se-natore Gatto, « tende irresistibilmente a farsialleata dei governi, dei partiti di maggioran-za, degli stessi organi dello Stato ... tendea configurarsi e valorizzarsi come elementodel sistema di conservazione politica ed eco-nomica » (A.S. Ili, p. 4214), così da porrealla società non già « un comune problemadi sicurezza pubblica, (ma) un problema dimoralità politica ed amministrativa; ... unproblema di alte connivenze da smascheraree recidere; un problema infine di arcaiche

(1) Interpellanza dei senatori Gatto, Cianca ePalumbo Giuseppina. — « Al Ministro dell'interno:Per conoscere se non giudichi che le azioni com-piute in questi ultimi tempi dalle forze delinquen-ziali in Sicilia non denunzino ormai chiaramenteche grosse complicità abbiano impedito di stron-care un sistema, che è soprattutto di vessazionee di oppressione delle sane forze della produzionee del lavoro.

Si sottolinea in particolare l'attentato compiutoai danni di un organo di stampa di gloriose tra-dizioni democratiche il che rivela un chiaro at-teggiamento antidemocratico ed antipopolare dichi ha voluto tale atto intimidatorio nei confrontidi una meritoria azione di indagine e di denunzia,che non trova sinora riscontro nell'azione gover-tiva (A.S. Ili, p. 4213).

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strutture econonniche da rinnovare radical-mente » (A.S. Ili, p. 4215). Il Parlamento,esortava il senatore Gatto, avrebbe dovutoimpegnarsi, attraverso l'istituzione di unaCommissione d'inchiesta sulla mafia, a « farluce su una piaga che non è regionale, ma na-zionale, se è vero che non è concepibile atti-vità e impunità della mafia senza Roma »(A.S. Ili, p. 4215).

Nella risposta fornita dal sottosegretarioall'interno Bisori, mentre non si faceva rife-rimento alla proposta di inchiesta parlamen-tare, si sosteneva come la criminalità mano-sa, particolare forma di delinquenza, dovutaaid una « nota tendenza a fairsi giustizia dasé » (A.S. Ili, p. 4216), propria della zonaoccidentale della Sicilia, rendesse difficilel'opera della Polizia che, peraltro, aveva con-seguito notevoli successi. Ma il senatore Gat-to ribadiva nella replica che se la mafia si li-mitava a un problema di pubblica sicurezza,non era possibile tentare di risolvere il feno-meno che invece doveva essere colpito agen-do « sulla situazione siciliana nelle sue radi-ci, in quelle radiici che allignano insieme alleradici stesse del fenomeno delinquenziale »(A.S. Ili, p. 4218).

Analoghe considerazioni, ispirate ad insod-disfazione per la risposta del Governo, eranoespresse dal 'senatore Caruso, firmatario diuna interrogazione (2), presentata nella stes-sa seduta dell'I 1 marzo 1959, che criticava« l'indifferenza che, se protratta avrebbepotuto diventare complicità » (A.S. Ili, pa-gina 4218), con cui il Governo aveva accetta-to « il sowagoverno delle forze delinquenzia-li in Sicilia » (A.iS. Ili, p. 4218). La mancanzadi una politica di profonde riforme di strut-tura avrebbe continuato a favorire la mafiache si alimentava dei rapporti sociali esisten-ti: di fronte a tale cairenza dell'azione gover-nativa, « agisca il Parlamento » (A.S. Ili,

(2) Interrogazione dea senatori Pastore e Caru-so: « Al Ministro dell'interno: Sull'attentato com-messo contro il giornale " L'Ora " di Palermo,sulle indagini compiute dalle Autorità di pubblicasicurezza e sui provvedimenti che il Governo in-tende prendere per assicurare la libertà e le vitedi cittadini siciliani contro le attività ricattatorie,terroristiche e omicide che opprimono la societàsiciliana» {A.S. Ili, p. 3213).

p. 4219), esortava il senatore Caruso, attra-verso l'istituzione, proposta dal senatoreGatto, di una Commissione parlamentare diinchiesta.

Dopo poco più di un anno durante la di-scussione sul bilancio del Ministero dell'in-terno nel luglio 1960, il Senato approvavaall'unanimità quello che può considerarsi l'at-to parlamentare che aprirà la via alla isti-tuzione della Commissione d'inchiesta sullamafia, e cioè l'ordine del giorno presenta-to dai senatori Simone Gatto, Farri e Ber-ti (3) (4).

Alla Camera, d'altra parte, il deputato LiCausi, intervenendo, il 13 ottobre 1960, nelladiscussione sul bilancio dell'interno, sostene-va che la Commissione d'inchiesta avrebbedovuto chiarire l'opera della Polizia in Si-cilia, i collegamenti tra noti capimiafia e am-bienti politici e finanziari siciliani, le irre-golarità elettorali e avrebbe dovuto affron-tare i problemi connessi alle condizioni eco-nomiche della Sicilia, al tipo di rapporti so-ciali all'origine dei numerosi episodi di cri-minalità manosa.

Nella stessa seduta il deputato Pajetta ri-levava nella mafia una forma di criminalitàche traeva alimento dalle « connivenze e com-plioità » (A.C. Ili, p. 17594) che trovava negliorgani dello Stato e nella stessa politica se-

(3) M senatore Berti, nel maggio 1960, avevapresentato un'interpellanza sull'omicidio Tandoj esulle vicende ad esso collegate.

(4) Ordine del giorno, presentato dai senatoriGatto, Pani e Berti, approvato dal Senato nellaseduta del 5 luglio 1960:

« II Senato,

valutando il problema della sicurezza pubbli-ca in Sicilia nella sua reale portata, che trascen-de ampiamente sia i limiti regionali che quelli diun comune fenomeno delinquenziale;

considerando la recente ripresa di episodi de-littuosi non come fenomeno transitorio ma comeespressione idi una situazione assolutamente anor-male perpetuantesi attraverso i vari periodi dellavita nazionale;

ravvisa l'opportunità che l'iniziativa parlamen-tare per un'inchiesta sulla mafia sia portata avan-ti con la necessaria decisione e sollecitudine, alfine stesso di tutelare ed affermare i presuppostidella vita democratica e del progresso civile »(A.C. Ili, p. 13091).

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guìta dal ministro Sceiba. « Possiamo dire »aggiungeva il deputalo Pajetta « che lasua assunzione al Ministero è sempre legataad una recrudescenza dell'attività mafiosa.Perché? Perché i suoi prefetti non sono lìper combattere la mafia, considerano qual-che volta i .gruppi mafiosi nelle provamele diCaltanissetta, Palermo, Agrigenito e anchedi Trapani, come organi di potere locale »(A.C. IH, p. 17594). Un potere, ricordava il•senatore Berti nello svolgere il 30 novembre1960 una sua interpellanza (5) sull'uc-cisione del segretario della camera del lavoroe dirigente del PCI di Lucca Sicula, durantela campagna elettorale amministrativa, « chetrova la sua forza negli appoggi politici eintanto riesce aid avere una autorità in quan-to riesce a sfuggire alla giustizia » (A.S. Ili,p. 15328).

« Se Ja mafia è irraggiungibile, se questidelitti (rimangono impuniti è perché essagode di alte protezioni » (A.S. Ili, p. 15329).Il problema era dunque politico e doveva es-sere affrontato, concludeva il senatore Berti,in coerenza con l'ordine del giorno votato dal.Senato, da una Commissione parlamentaredi inchiesta.

(5) Interpellanza dei senatori Berti, Fiore, Pa-store, Granata e Caruso al Presidente del Con-siglio dei ministra ed ail Ministro dell'interno:

« Per conoscere per quali motivi, dopo il votounanime del Senato che chiedeva una Commissio-ne parlamentare d'inchiesta sulla mafia per leprovincie della Sicilia occidentale, con particolareriguardo alla situazione intollerabile determinatasinell'agrigentino, e che attirava l'attenzione del Go-verno sulle deficienze dell'autorità preposte all'or-dine pubblico e sulle prepotenti intromissioni ma-fiose e delinquenziali nella vita politica della pro-

vincia, nessuna misura veniva .presa dal Governocontro i responsabili dell'ordine pubblico confer-mando la mafia locale nel suo tracotante senti-mento di impunità, 'talché essa si è decisa ad uc-cidere in piena campagna elettorale il segretariodella camera del lavoro e dirigente del Partitocomunista di Lucca Sicula, candidato nelle elezio-ni amministrative.

Gli interpellanti chiedono di sapere quali mi-sure il Governo si impegna subito a prendere —in attesa che la Commissione parlamentare d'in-chiesta sulla mafia divenga operante — per garan-tire nell'insanguinata provincia agrigentina il re-golare svolgimento democratico delle consultazio-ni elettorali »> (A.S. Ili, p. 15325, 15326).

2. — // disegno di legge per l'istituzione dellaCommissione d'inchiesta.

Di Ji a pochi mesi, il 26 aprile 1961, avevainizio il dibattilo in Aula sul disegno di leg-ge 280/S (6), già precedentemente ricordato,d'iniziativa dei senatori Farri ed altri.

La Commissione avrebbe dovuto affronta-re, secondo i presentatori, il tema della sicu-rezza pubblica nelle provincie occidentalidella Sicilia e individuare i legami fra la de-linquenza organizzata, le attività economi-che e gli ambienti politici. Un'indagine dacondursi rapportando costantemente il feno-

(6) Disegno di legge 280/S d'iniziativa del se-natore Farri e di altri senatori:

Art. 1.

È istituita una Commissione d'inchiesta sul fe-nomeno della mafia, sulle sue cause e le .sue ma-nifestazioni, sia nelle forme delittuose, sia nelleforme economico-scciali, nel territorio delle pro-vincie di Agrigento, Caltanissetta, Palermo e Tra-pani.

La Commissione nell'esplicazione di detto com-pito dovrà accertare:

1) le cause strutturali della persistenza del fe-nomeno con particolare riguardo alla distribuzio-ne geografica, ai sistemi di conduzione ed ai rap-porti 'di produzione tuttora vigenti nella proprietàterriera ed alle modificazioni di quest'ultima in-tervenute negli ultimi anni; nonché l'incidenza delfenomeno stesso nel regime (degli appalti pubbli-ci, delle concessioni amministrative, del colloca-mento dei lavoratori, della gestione degli enti edegli istituti operanti nei settori dell'amministra-zione, dell'assistenza, dell'economia, del credito;

2) la natura, i limiti e le cause di persistenzadella rete di interferenze esistenti tra forze extralegali e organi del potere pubblico;

3) i rapporti tra forze extra legali e forze po-litiche a tutti i livelli;

4) le condizioni che limitano l'azione delle for-ze di polizia nella prevenzione e repressione dellemanifestazioni delinquenziali e le cause per cuila maggior parte dei delitti di mafia sono rimastie rimangono impuniti e in particolare i motiviper cui non è stato mai possibile perseguire i re-sponsabili degli omicidi di dirigenti politici e sin-dacali verificatisi dal 1946 al 1955.

Art. 2.

La Commissione d'inchiesta sarà composta da15 deputati e 15 senatori, nominati dai Presidentidelle rispettive Assemblee, in proporzione dei Crup-

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meno mafioso, che persisteva « con caratte-ristiche sostanzialmente immutate nella loronatura e nella loro origine », « alile struttureeconomicihe e ai rapporti sociali nella parteoccidentale dell'Isola ». La mafia, dopo lastasi seguita all'assorbimento di quella suafrazione che si era alleata al regime integran-dosi nel sisitema, spiù che, come comunemen-te si credeva, alla repressione condotta nelperiodo fascista, riprendeva il controllo dellavita economica e politica della Sicilia. Losfruttamento parassitario a danno della par-te economicamente attiva della società avevaoppresso, come 'mostrava la -serie di delittiperpratati nel periodo 1946-55 a danno dioperai e contadini, quelle zone della Siciliadove la mafia aveva consolidato il propriopotere trasferendo, « non senza forzatore econtraddizioni », il rapporto di produzioneche l'ha storicamente generata, dal latifondo« in campi più p-ropri del sistema capitalisti1-co, quali, ad esempio, gli appalti ». L'impu-nità per i delitti, le sempre « più estese e for-ti correlazioni con i centri della vita nazio-nale e i rapporti internazionali » facevanodella -mafia un fenomeno le cui dimensionisuperavano i limiti di un problema di sicu-rezza circoscritto ad urna parte del territorionazionale. Fatte queste affermazioni, i par-

(segue nota 6)

pi parlamentari. Essa potrà suddividersi in sotto-commiissioni per l'espletamento delle indagini ne-cessarie.

Il Presidente della Commissione sarà nominatoal -di fuori dei componenti la Commissione stessad'intesa fra i Presidenti della Camera e del Se-nato.

Ciascuna sottocommissione eleggerà nel proprioseno un Presidente.

Art. 3.

La Commissione riferirà le conclusioni dell'in-chiesta all'uno e all'altro ramo del Parlamento,.entro e non oltre 12 mesi dall'entrata in vigoredella presente legge.

Le spese per il suo funzionamento sono a ca-rico dei bilanci dell'uno e dell'altro ramo del Par-lamento per metà ciascuno .(A.S. Ili, p. 25174,25175, 25176).

[Come si è detto, una proposta di legge dell'iden-tico tenore era stata presentata alla Camera deideputati 'dal deputato Vincenzo Porro (A.C. Ili,n. 609)].

lamentar! concludevano che la Commissioneavrebbe dovuto, quindi, non già condurre unaindagine a fini giudiziari, ma completare unaccertamento obiettivo, premessa di unachiara e solenne denuncia, condizione indi-spensabile per una azione di risanamentosociale.

Il senatore Zotta, nella relazione presen-tata a nome della Commissione Affari costi-tuzionali, si dichiarava contrario ad una in-chiesta condotta sulle interferenze tra for-ze extra legali e organi del potere po-litico e comunque a tutto ciò che potessecomportare un riferimento a responsabilitàpolitiche, rispetto ad un fenomeno che ave-va origini assai <remo;te nel tempo e che avevatanto beneficiato dello stato di sconvolgi-mento postbellico. Dato atto di talune modi-fiche, che erano state proposte durante il di-battito in Commissione dalla minoranza, inte-se ad escludere ogni connessione tra feno-meno mafioso e responsabilità politica deiGoverni evitando, altresì, paventate interfe-renze tra organi costituzionali, la rela-zione Zotta giudicava tuttavia la Commis-sione d'inchiesita inutile, antigiuridica e ini-donea rispetto allo scopo da raggiungere.Inutile perché l'inchiesta avrebbe finito perindagare su cose già note e cioè sul feno-meno mafioso come prodotto di fattori etni-ci (la particolare natura vivace, violenta,impulsiva dei siciliani), storici (l'oscuranti-smo dei Governi che hanno oppresso la Si-cilia), economico-sociali (la prevalenza dellastruttura feudale), naturali (lo spopolamentoe l'asprezza dei luoghi). La Commissioneavrebbe individuato nella mafia una mani-festazione di criminalità peraltro in dimi-nuzione, 'secondo le statistiche, che parteci-pava di quello « sfrenato senso edonistico »che in Sicilia come altrove sembrava pre-valere.

Ma oltre che inutile la Commissione sa-rebbe stata anche antigiuridica in quantoavrebbe dovuto « penetrare negli ambulacriinviolabili del potere giudiziario », violandoil principio costituzionale dell'indipendenzadella magistratura. D'altro canto, non sem-brava, aggiungeva la (relazione Zotta, che ilParlamento attraverso la Commissione « po-tesse sindacare l'attiviità della Regione sici-liana nell'esercizio della sua autonomia ».

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Da ultimo la Commissione sarebbe risul-tata inidonea rispetto allo scopo da 'raggiun-gere perché, proponendosi di estirpare ilfenomeno, l'inchiesta, per come era configu-rata dal disegno di legge, non avrebbe te-aiuto conto che quell'opera era di compe-tenza della mag'j sitrat'Uira e della poilizia nellafase della repressione, mentre il momentodella prevenzione, che si identificava in unmiglioramento delle condizioni economiche,sociali e morali della società di quelle zone,era affidato ad un'energica collaborazionedel Governo centrale con il governo regio-nale, particolarmente impegnato in un'atti-vità di redenzione dell'Isola nella quale nonsi doveva « interferire ».

La relazione di minoranza, dopo aver ri-cordato la buona volontà dimostrata con lapresentazione di alcuni emendamenti pro-posti dal senatore Sansone, riaffermava lavalidità di una Commissione d'inchiestacome strumento del Parlamento che avrebbe,potuto fornire <un prezioso aiuto al Governosenza attenderne l'azione.

3. — // primo dibattito in Senato sul disegnodi legge per l'istituzione della Commissioned'inchiesta.

Sulla scia dell'ordine del giorno votato nelluglio del 1960, il testo del disegno di leggen. 280/S giungeva quindi alla discussione inAula, senza gli emendamenti proposti dal se-natore Sansone in Commissione.

Ad una necessità di coerenza fra quell'or-dine del giorno e l'approvazione del disegnodi legge Farri, si richiamava il senatore Bertiin apertura del dibattito. La maggioranzasosteneva il senatore Berti « pare aver-ci ripensato... la nostra opinione è che queicircoli politici che sono legati alla mafiae che sono rappresentati al Parlamento e alSenato <si sono mossi » {A.S. II, p. 17617).La relazione Zotta, affermava il senatore Ber-ti, non affrontava il nodo politico alla basedel fenomeno mafioso che aveva originenella formazione di una borghesia ru-rale e che intensificava il suo aspet-to di « organizzazione delinquenziale » (A.S.II, p. 17617), in occasione delle lotte conta-dine e popolari del 1893-94 come nel 1918-22

e nel 1946-47. La configurazione politica delfenomeno mafioso, i legami tra la mafia ele forze politiche parlamentari e di governorichiedevano l'intervento di una Commis-sione d'inchiesta che sarebbe [risultata diaiuto alla stessa Magistratura, anziché vio-larne l'autonomia. Del resto, aggiungeva ilsenatore Berti, « in un regime parlamentareil Parlamento è il potere supremo, non esi-ste magistratura superiore al Parlamentoe par il Parlamento non esistono ambulacriinviolabili; il Parlamento nelle sue Assem-blee può giudicare di ogni cosa » (A.S. Ili,p. 17620). Le statistiche fornite dal senatoreZotta non potevano, d'altronde, inquadrarela mafia « perohè la forma mafiosa delladelinquenza ha un aspetto capilalre, costan-te, che non appare e non può apparire nelletabelle della criminalità. Soltanto quando ilrapporto di sottomissione alla mafia per unmotivo e per l'altro -viene rotto, solo alloraappare il lato esterno del delitto (A.S. Ili,p. 17623). Contestato vigorosamente l'analisidella relazione Zotta, una relazione, tra l'al-tro, incompleta, perohè non teneva contodell'evoluzione della mafia che non era solodei campi, ma anche « delle miniere, delsettore creditizio e bancario, dell'assegna-zione degli impieghi, dei cantieri edili » (A.S.Ili, p. 17624) e « razzista » là dove indicavanello spirito violento dei siciliani una dellecause della mafia, il senatore Berti ribadivache l'oggetto essenziale, ignorato dalla rela-zione di maggioranza e sul quale l'inchiestaavrebbe dovuto fare piena luce, consisteva•nella protezione dei mafiosi da parte di uo-mini e gruppi politici. Nel ricordare che l'isti-tuzione della Commissione d'inchiesta erastata richiesta dalla stessa Assemblea regio-nale siciliana — la quale si era dovuta limita-re all'istituzione di una semplice Commissio-ne di studio, non disponendo dei poteri legi-slativi necessari per realizzare l'inchiesta —il senatore Berti dichiarava che, qualora il di-segno di legge non fosse stato approvato, l'ap-provazione avrebbe mosso al Governo e allamaggioranza l'accusa di complicità con lamafia.

Anche il senatore Gatto chiedeva che ilSenato, nell'esaminare il .disegno di leggeFarri, assumesse un orientamento coerenteall'ondine del giorno approvato all'unanimi- '

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là .ìiel luglio 1960. Gli emendamenti propostidal senatore Sansone servivano ad annul-lare quelle ragioni di dubbio che, anche se-condo quanto era emerso da uno dei primiConsigli dei ministri del nuovo Governo, co-stituivano l'umico ostacolo alla istituzionedella Commissione d'inchies-ta. Di fronte alcontinuo aumento dei delitti di mafia nel1959-60, il Parlamento, sollecitato dall'ARS,

. non avrebbe dovuto, concludeva il senatoreGatto, pendere quella « grande, storica occa-sione per occuparsi direttamente, con la suainsopprimibile autorità del fenomeno marfioso » (A.S. Ili, p. 17632).

A sua volta il senatore Gianquinto soste-neva che non si poteva credere, senza « svi-sare il fenomeno » (A.S. Ili, p. 17632), chela mafia risultasse già dalle relazioni deiProcuratori generali, ed osservava come,contrariamente a quanto si affermava nellarelazione Zotta, 'molti aspetti restassero an-cora oscuri: nulla si conosceva infatti, adesempio, sulla mafia del credito. Se la Re-gione non poteva condurre un'inchiesta, nonessendo previsto un potere.d'inchiesta regio-nale, il Parlamento nazionale avrebbe do-vuto porre in essere, senza con ciò istituireun processo all'Autorità giudiziaria, quellostrumento idoneo « ad accertare le cause diambiente, le cause oggettive che impedisco-no all'Autorità giudiziaria, alla stessa Poli-zia di reprimere i delitti. « Torniamo in Com-missione » concludeva il senatore Gian-quinto « per esaminare la legge nei suoivari articoli e poi discutiamola nuovamente,in Assemblea, sulla base di un testo concor-dato così che il Parlamento tenga fede adun ordine del giorno già votato » (A.S. Ili,p. 17635). L'invito del senatore Gianquìnto,formulato ainche a seguito di alcune battutepronunciate dal relatore Zotta, ohe lascia-vano intuire una possibilità d'accordo, siapure ancora indefinita, non rimase senzaseguito. Il dibattito sull'istituzione dellaCommissione parlamentare d'inchiesta sa-rebbe stato ripreso, dopo un anno, nell'apri-le 1962, con un accordo di fondo tra tutti iGruppi politici sull'opportunità di approvarela legge istitutiva della Commissione d'in-chiesta sul fenomeno della mafia in Sicilia.

Intanto, prima della ripresa della discus-sione del disegno di legge al Senato, la Ca-

mera si occupava, ancora una volta, del feno-meno mafioso.

Nella seduta del 21 giugno 1961, nel corsodalla discussione sul bilancio del Ministerodell'interno, il deputato Gaudioso sottolinea-va la capacità di adattamento della mafiache aveva saputo adeguarsi allo sviluppo eco-nomico della società e cambiare le proprieattività criminali, rinnovandosi al propriointerno. « E così, tra le antiquate e menocruente lotte per l'accaparramento dei feudisi passa al controllo dei mercati urbani, alcontrabbando delle sigarette, agli appalti dilavori pubblici, alla tratta delle bianche edanche al traffico di droghe. E gli orizzontisi allargano, i rapporti tra mafia e gangste-rismo siculo-americano diventano più inti-mi » .(A.C. Ili, p. 22144). Fase obbligata diquesta evoluzione era — proseguiva il depu-tato Gaudioso — l'incontro tra mafia e poli-tica. Il particolare tessuto sociale dellaSicilia occidentale, dove non si era formata,a differenza che nella parte orientale dell'Iso-la, la piccola "proprietà borghese, aveva per-messo al fenomeno mafioso di vivere e dialimentare un costume politico. L'inchiestaparlamentare — concludeva il deputato Gau-dioso — avrebbe dovuto realizzare non giàun processo agli organi di polizia e tantomeno alla magistratura, « ma un processoal costume politico di quella parte dellaSicilia dove il fenomeno (mafioso) allignapiù tenacemente » (A.S. Ili, p. 22148).

4. — // nuovo dibattito in Senato sul disegnodi legge istitutivo dell'inchiesta parlamen-tare e la sua approvazione.

Alcuni mesi dopo*, di 30 marzo 1962, l'Assem-blea regionale siciliana votava all'unanimi-tà, una mozione (7) che auspicava l'istitu-zione di una Commissione parlamentare d'in-

(7) Mozione Corallo, Lo Giudice, Romano Bat-taglia, Pettini e Cortese:

« L'ARS,considerato che il moltipllcarsi di atti crimi-

nosi diretti contro persone o beni rende semprepiù .palese ed incontestabile l'esistenza, in deter-minate zone di potenti organizzazioni delinquen-

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chiesta. Anche sotto l'impulso della richiestaregionale, riprendeva, così, al Senato, nel-l'aprile 1962 la discussione, interrotta unanno prima, del disegno di legge del senatoreFarri. E riprendeva con una comunicazionedel Presidente della Prima Commissione,senatore Baracco, che informava il Sena-to che il relatore Zotta, oltre che pergli impegni da ,lui assunti, era stato sosti-tuito dal relatore Zampierd per « una ragionesostanziale, in quanto il Gruppo di maggio-ranza, contrariamente a quanto aveva de-ciso nella prima riunione -della Commissio-ne, (era) venuto nella determinazione di ade-rire alla proposta che la Commissione d'in-chiesta (avesse) esito » (A.S. Ili, p. 25133)..Scomparso così dal dibattito ogni motivo dicontrasto sull'opportunità di istituire la Com-missione, gli interventi dei senatori si soffer-marono prevalentemente sugli aspetti pro-grammatici connessi alla sua futura attività.

L'inchiesta, secondo il senatore Caruso,avrebbe dovuto utilmente affrontare un pro-blema non giudiziario, ma politico, che tro-vava la sede più opportuna di esame in unorgano parlamentare. L'inchiesta avrebbedovuto chiarire la natura di quella passi-vità dello Stato che stava alla base del fe-nomeno del banditismo, non meno di quel« legame delittuoso che, prima nelle cam-pagne e poi nelle città siciliane, si costitui-sce tra gli uomini politici e i grossi eletto-

(segue nota 7)

ziali mafiose' che esercitano diretta o deleteria in-fluenza sulila vita economica e sociale dell'Isola;

considerato che per superare 'le difficoltà cheattualmente si incontrano nella persecuzione deidelitti, si rende sempre più necessario accertarequali interessi stiano alla base di tale fenomenoe quali forze assicurino complicità ed appoggi alleorganizzazioni delinquenziali;

ritenuto che, al fine di procedere a tale ac-certamento e alla individuazione dei mezzi idoneia stroncare il fenomeno è indispensabile promuo-vere una immediata inchiesta sulle cause e sullecaratteristiche dell'attività criminosa in Sicilia che,individuandone i limiti, .salvaguardi il prestigio el'onore dell'onesto popolo siciliano:

fa voti al Parlamento nazionale .perché vogliaprocedere alla costituzione di una Commissioneparlamentare d'inchiesta sulla mafia ».

ri » (A.S. Ili, pag. 25135). In quel legameera la vera origine del fenomeno mafiosoche non poteva essere limitato ad un « dram-ma della miseria » (A.S. Ili, pag. 25135). LaCommissione d'inchiesta, osservava inoltreil senatore Caruso, non avrebbe proceduto« alla revisione dei giudicati » (A.S. Ili,pag. 25136), né avrebbe fatto «il processoal potere giudiziario o all'opera della poli-zia giudiziaria ». Attraverso un accertamen-to obiettivo che fosse « premessa di unachiara e solare denuncia », la Commissioneavrebbe fatto luce « sugli interessi e le com-plicità delle formazioni delinquenziali » (A.S.Ili, pag. 25136)..., « (sugli) ingranaggi cri-minosi » (A.S. Ili, pag. 25138). La «mafiadel requiem aeternam » (A.S. Ili, pagina25138), degli stupefacenti, degli elettrodome-stici, delle aree fabbricabili non erano chealcuni aspetti di una criminalità che avevaesteso il proprio campo d'azione dalle cam-pagne verso le nuove attività urbane. Allabase dell'organizzazione mafiosa, riafferma-va il senatore Caruso, restavano comunquei rapporti con gli uomini politici: « soltan-to una Commissione parlamentare d'inchie-sta può rompere il muro del silenzio, puòpenetrare ed incidere nelle sfere molto ele-vate che proteggono la mafia dalla quale,a sua volta, sono protette » (A.S. Ili, pagi-na 25140). Il mandato da conferire allaCommissione avrebbe dovuto essere il piùampio possibile, tale da « consentire l'accer-tamento delle cause e delle molteplici ma-nifestazioni della mafia » (A.S. Ili, p. 25141),onde approntare « gli strumenti idonei alloscopo da raggiungere » (A.S. Ili, p. 25141).Il voto sull'istituzione della Commissioneparlamentare d'inchiesta avrebbe imposto,concludeva il senatore Caruso una sceltamolto precisa: « o si fa seriamente l'inchie-sta sulla mafia, o si avalla il fenomeno de-linquenziale » (A.S. Ili, p. 25141).

L'inchiesta parlamentare avrebbe dovuto,secondo il senatore Farri, tenere conto del-la produzione scientifica che, a livello sto-rico e sociologico, aveva definito il nessotra il cristallizzarsi di una certa mentalitàe le strutture economiche più tipiche dellasocietà siciliana. Ma la tipologia tradizio-nale della mafia aveva subito mutamenti, il

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fenomeno mafioso si era esteso ed evolutoe se da un lato si richiedeva un interventovolto ad eliminare la « miseria e... forse an-cor più l'ignoranza » (A.S. Ili, p. 25145),dall'altro doveva essere resa più efficacel'opera di repressione. Uno dei compiti dellaCommissione sarebbe stato quello di indi-care — osservava il senatore Farri — ancheriforme di procedura giudiziaria che realiz-zassero « misure di intervento rapido anchese estremamente controllato » (A.S. Ili,p. 25145). Dopo il voto espresso dalla Re-gione siciliana che aveva, tra l'altro, dissi-pato le critiche, secondo le quali l'istituendaCommissione avrebbe violato l'autonomiadella Regione, il senatore Farri auspicavache il Parlamento italiano riuscisse a rom-pere con « ferma convinzione politica »(A.S. Ili, p. 25146), attraverso la rapida ap-provazione del disegno di legge in discussio-ne, « la cerniera di questo problema della ma-fia, la cerniera dell'impunità che copre que-sti gruppi illegali di potere » (A.S. Ili,p. 25146).

A parere del senatore Di Rocco, il feno-meno mafioso, che pure era una triste realtàin alcune provincie della Sicilia occidenta-le, non doveva essere deformato, come ave-va fatto l'opposizione di sinistra, ed essereridotto ad una denunzia contro i governinazionali e regionali, e, in particolare, con-tro il partito di maggioranza relativa e ta-luni dei suoi esponenti. In realtà la Demo-crazia cristiana, che si ispirava « alla tradi-zione cattolica antimafia » (A.S. Ili, p. 25148),poteva trovarsi a subire l'azione della mafiache, non volendo rimanere estranea ai fattidella politica, ricercava « appoggi e protezio-ni dai potenti » (A.S. Ili, p. 25148). È la ma-fia, cioè, che in vari modi e vuole infestarela politica, « ma non che gli uomini politicivadano verso la mafia» (A.S. Ili, p. 25148).La Commissione d'inchiesta, muovendo daqueste premesse, avrebbe dovuto, osservavail senatore Di Rocco, occuparsi di un feno-meno circoscritto alle quattro provincie oc-cidentali dell'Isola, e, nel contempo, evitaredi istituire un processo alla Sicilia, dove lacriminalità non rivestiva « affatto punte ec-cezionali nei confronti di altre regioni »(A.S. Ili, p. 25150). La mafia, « organizzazio-

ne parassitarla che esercita un potere di in-termediazione di attività economica » (A.S.Ili, p. 25150), era anche un costume sociale,« un'abitudine ad impostare i rapporti so-ciali sull'autorità e sulle pressioni personali,piuttosto che sulle leggi e sul diritto » (A.S.Ili, p. 25150). Essa « si alimenta », prosegui-va il senatore Di Rocco « dall'atteggiamentodel siciliano verso la cosa pubblica, che è didiffidenza verso lo Stato e verso i suoi rap-presentanti... diffidenza che, originata davicende storielle, sopravvive in taluni am-bienti più arretrati di altri dal punto di vistaeconomico e culturale » (A.S. Ili, p. 25150).Nata in una società agricola basata sul lati-fondo, a difesa delle strutture agrarie e feu-dali, la mafia aveva saputo adattarsi allemutate condizioni economiche ed aveva spo-stato il campo di azione verso settori diver-si da quello tradizionale e maggiormente re-munerativi, mantenendo comunque intattala sua fondamentale caratteristica di « im-porre una legge, un ordine » (A.S. Ili, pa-gina 2515l)r~Un ordine che si consolidava edera rafforzato dall'omertà che « da effettoè divenuta causa di criminalità e di soprusoper la paura che attanaglia tutti, anche lagente onesta, e corrompe tutte le coscien-ze » (A.S. Ili, p. 25152). Il fenomeno ma-fioso, rilevava inoltre il senatore Di Rocco,avrebbe posto problemi di intervento sulcostume, e quindi avrebbe interessato anzi-tutto la scuola, ma avrebbe richiesto ancheun'opera di riscatto economico... la rimo-zione dei fattori ambientali avversi al pro-gresso e favorevoli alla persistenza della cri-minalità » (A.S. Ili, p. 25153); in questo sen-so « la demolizione del latifondo » (A.S, III,p. 25153) era un'importante tappa nell'azio-ne di risanamento delle campagne, peraltroancora travagliate dal fenomeno dello spo-polamento che, come quello della volontariaguardiania campeste, avrebbe costituito untema di estremo interesse per la Commis-sione d'inchiesta. Oltre ad affrontare le ra-dici sociali del fenomeno mafioso, la Com-missione avrebbe comunque dovuto porsiil problema dell'organizzazione dell'attivitàimmediatamente repressiva. « I compiti e ilimiti fissati dallo schema di disegno di leg-

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LEGISLATURA VI — DISEGNI DI LEGGE E RELAZIONI - DOCUMENTI

gè che la mia parte propone (8), concludeva ilsenatore Di Rocco, sono i soli sostanzial-mente validi per raggiungere lo scopo... Nel-l'esclusivo intento di fare il bene della Si-cilia che è tanto parte del Paese » (A.S. Ili,p. 25136).

A sua volta, il senatore Nencioni osserva-va che l'azione repressiva, nel rispetto dellaCostituzione e in mancanza di mezzi spe-ciali, non avrebbe potuto trovare un'adegua-ta risposta nell'opera della Commissione diinchiesta. 11 disegno di legge presentato dal-l'opposizione di sinistra, appariva, a giudiziodel senatore Nencioni, « velleitario » e « in-sufficiente » « rispetto agli scopi che si in-tendevano raggiungere » (A.S. Ili, p. 25158),in quanto configurava una Commissione d'in-chiesta che avrebbe finito per sostituirsi al-l'autorità giudiziaria, là dove attribuiva allaCommissione il compito di accertare i par-ticolari motivi per i quali non era statopossibile perseguire i responsabili degli omi-cidi, o quando affidava alla Commissione,senza indicare i limiti di tale funzione, l'ac-certamento della « natura », (dei) limiti e(delle) cause della persistenza della rete diinterferenze esistente tra le forze extra le-gali ed organi del potere pubblico (A.S. Ili,p. 25156). Il senaitore Nencioni rilevava poiche il nuovo testo del disegno di legge,presentato dalla maggioranza, dall'altra par-

te, limitando i poteri della Commisssio-ne, ne pregiudicava in partenza l'efficacia:« là dove è fallita l'Autorità giudiziaria do-vrà inesorabilmente fallire una Commissioned'inchiesta che ha gli stessi mezzi, gli stessipoteri, e le stesse limitazioni » (A.S. Ili,p. 25159). E il fallimento di una Commis-sione parlamentare che è « il Parlamentostesso nella sua dignità » (A.S. Ili, p. 25160),concludeva il senatore Nencioni, dichiarardosi contrario ai due progetti presentati,« colpisce l'autorità dello Stato nella suapiù alta espressione. Il fenomeno (mafioso)sarebbe così incrementato senza speranza »(A.S. Ili, p. 25160).

Invece il senatore Sansone, relatore diminoranza, sosteneva che compito del Se-nato era quello di approvare l'inchiesta par-lamentare, precisandone i limiti e gli scopi,senza attardarsi in una analisi della mafia.Ili testo piropoisto dai senatori Camaggda Me-dici, Donati ed altri poteva, perciò, a suoavviso, essere accettato con la soppressionedella seconda parte dell'articolo 2.

Mentre la Commissione non avrebbe dovu-to fare « un'indagine sulla magistratura osugli organi da essa dipendenti » (A.S. Ili,p. 25161), né operare un « controllo sull'ope-rato del magistrato » (A.S. Ili, p. 25162),restava inteso, osservava il senatore Sanso-ne, che la soppressione del secondo comma

(8) II nuovo testo cui fa riferimento il senatoreDi'Rocco si concretava, sostanzialmente, in unaserie di emendamenti sostitutivi che i senatoriCorneggia Medici, Moneti, Donati, Restagno, Tu-rarli, Cingolani, Azara, Varaldo e De Unterrichteravevano proposto al disegno di legge Parrà. Gliemendamenti erano i seguenti:

« Sostituire l'articolo 1 con il seguente:

" È istituita una Commissione parlamentare d'in-chiesta sul fenomeno della mafia in Sicilia.

La Commissione è composta di 15 senatori edi 15 deputati, scelti rispettivamente dal Presiden-te del Senato e dal Presidente della Camera deideputati.

Il presidente della Commissione è scelto di co-mune accordo dai Presidenti delle due Assemblee,al di fuori dei predetti componenti della Commis-sione, tra i parlamentari dell'uno e dell'altro ramodel Parlamento.

La Commissione elegge nel suo seno due VicePresidenti e due Segretari " ».

« Sostituire l'articolo 2 con il seguente:" La Commissione, esaminate la genesi e le ca-

ratteristiche del fenomeno della mafia, dovrà pro-porre le misure necessarie per reprimerne le ma-nifestazioni ed eliminarne le cause.

Nell'espletamento dei suoi compati, la Commis-sione non potrà indagare sul comportamento esulle misure adottate dall'Autorità giudiziaria edagli organi da essa dipendenti " ».

All'articolo 3:« Sopprimere il primo comma »;« Sostituire il secondo comma con il seguente:" Le spese per il funzionamento della Commis-

sione sono poste per metà a carico del bilanciointerno del Senato della Repubblica e per l'altramela a carico del bilancio della Camera dei de-putati " ».

All'articolo 3-bis:« La presente legge entrerà in vigore il giorno

successivo a quello della sua pubblicazione nellaGazzetta Ufficiale » (A.S. III, p. 25175, 25176).

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LEGISLATURA VI — DISEGNI DI LEGGE E RELAZIONI - DOCUMENTI

dell'articolo 2 pregiudicava in alcun modo lapossibilità che la Commissione esaminasseatti processuali e acquisisse da tale esameelementi di conoscenza e di giudizio. Il se-natore Zampieri, relatore, accettava il testodel senatore Cornaggia Medici e degli altrisuoi colleghi, come pure accettava l'emenda-mento proposto dal senatore Sansone per lasoppressione del secondo comma dell'arti-colo 2, nell'intesa che la Commissione d'in-chiesta non avrebbe comunque potuto so-stituirsi al potere giudiziario.

A nome del Governo, il ministro dell'in-terno Taviani si dichiarava favorevole allaistituzione della Commissione parlamentared'inchiesta sul fenomeno della mafia. Controla mafia « le possibilità dell'azione governa-tiva » affermava il ministro « saranno stret-tamente collegate al senso di responsabilità,all'impegno e alla decisione con cui il Par-lamento affronterà il problema... solo ilParlamento, compreso della serietà della si-tuazione, può dare al Governo il necessarioconforto e i necessari strumenti- legislativi »(A.S. Ili, p. 25174).

Approvati senza discussione gli articolidel disegno di legge nel testo emendato, non-ché un'ordine del giorno Monni (9), i di-versi gruppi politici definivano con le di-chiarazioni di voto la propria posizionenei confronti della Commissione d'inchiesta,per come essa era configurata dal testo cherestava ormai da approvare nel suo com-plesso.

Il disegno di legge, rilevava il senatoreBattaglia, dopo i ritardi e gli ostacoli postiall'istituzione di una Commissione d'inchie-sta sulla mafia, da parte della Democraziacristiana, doveva essere approvato perché,nella nuova formulazione esso non invocava

(9) Ordine dal giorno presentato dai senatoriMorirli, Jannuzzi, Oliva, Donati, Criscuoli e De Lu-ca Angelo:

« II Senato, richiamandosi ai princìpi della Co-stituzione della Repubblica che consacrano1 l'indi-pendenza della Magistratura, ritiene che la Com-missione parlamentare d'inchiesta sul fenomenodella " mafia " in Sicilia, nell'espletamento dei suoicompiti non debba interferire nell'attività dell'Au-torità giudiziaria e degli organi da questa dipen-denti » (A.S. Ili, p. 25176).

« alcun limite se non quelli invalicabili po-sti dalla Costituzione » (A.S. Ili, p. 25178) erendeva possibile un'azione profonda e se-vera che la Commissione avrebbe dovutocondurre soprattutto nell'intento di elimina-re quella « certezza di immunità » (A.S. Ili,p. 25178) che era alla base della delinquenzamaliosa.

Dopo 14 anni dalla proposta presentataalla Camera dei deputati, si stava per ap-provare, osservava il senatore Berti, la isti-tuzione di una Commissione parlamentared'inchiesta sulla mafia. Un atto che, anchedopo l'ordine del giorno votato alla unani-mità dal Senato nel luglio 1960, aveva su-bito l'opposizione, in Commissione, dellaDemocrazia cristiana « in quel momentorappresentata dal relatore di maggioranzasenatore Zotta » (A.S. Ili, p. 25178). Dopouna interruzione di un anno, caduto il «du-plice pretesto » (A.S. Ili, p. 25179), secondocui la Commissione avrebbe leso le prero-gative dell'ARS e l'indipendenza della Ma-gistratura; si riprendeva la discussione, ri-levava il senatore Bérti, « per decidere fi-nalmente in termini diversi, cioè per acce-dere finalmente alla richiesta che i partitidi sinistra (il nostro partito e il partito so-cialista) hanno avanzato ormai da molti an-ni, di una Commissione d'inchiesta sullamafia » (A.S. Ili, p. 25178).

Il senatore Nencionì, invece, ribadiva chela genericità del mandato, come emergevadal disegno di legge, avrebbe finito per crea-re ostacoli alla funzionalità della Commis-sione che, costretta « prima di tutto (a)creare l'alveo nel quale muoversi » (A.S.Ili, p. 25179), si sarebbe trovata, « di frontea grossi problemi » (A.S. Ili, p. 25179). Eli-minata « la contraddizione esistente nel te-sto originario... cioè quel divieto di riesu-mare procedimenti che l'Autorità giudizia-ria aveva già archiviato » (A.S. Ili, p. 25180),restavano — concludeva il senatore Nen-cioni annunciando, tuttavia, il voto favorevo-le del proprio gruppo — motivi di perples-sità in ordine alla funzionalità della Com-missione.

Dal canto suo, il senatore Gatto, soffer-mandosi più sui compiti che attendevano laCommissione che sul disegno di legge peril quale annunciava il voto favorevole del

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proprio Gruppo, sottolineava come il votodell'ARS si fosse « fatto soprattutto inter-prete di (una) esigenza morale e politicaprofondamente intesa in larghissimi stratidella popolazione della Penisola e dell'Iso-la » (A.S. IIF, p. 25180). Un'esigenza cui laCommissione avrebbe dovuto corrisponderetenendo presenti più che gli aspetti « di or-dine pubblico » (A.S. Ili, p. 25180) la « na-tura reale del fenomeno, che è natura diprofitto parassitario e di pressione economi-ca, di inframmettenza amministrativa e diinframmettenza politica » (A.S. Ili, p. 25180).

Il senatore Monni, infine, rilevava che ilcompito che attendeva la Commissione,avrebbe dovuto essere demandato alla Re-gione, « che, chiedendo allo Stato la respon-sabilità di autogoverno, ha assunto... l'ob-bligo di fare un'indagine di questa natura »(A.S. Ili, p. 25181). 11 voto dell'ARS, co-munque, assicurava l'attiva collaborazionedel governo regionale con la Commissione,la quale avrebbe dovuto — sosteneva il sena-tore Monni annunciando il voto favorevoledel proprio Gruppo — nei limiti configuratidal disegno di legge e nel rispetto dei princìpicostituzionali, opportunamente richiamatidall'ordine del giorno Monni « più che ricer-care le cause, la genesi del fenomeno e le

sue manifestazioni... trovare i rimedi » (A.S.Ili, p. 25181).

Dopo le dichiarazioni di voto, il Senatoapprovò il disegno di legge nella sedutadell'I 1 aprile 1962.

5. — // dibattito alla Camera std disegno dilegge e la sua definitiva approvazione.

Prima della discussione del disegno di leg-ge approvato dal Senato, la Camera affron-tava ancora il problema della mafia, in oc-casione dello svolgimento di alcune interro-gazioni presentate dai deputati Russo e Mo-gliacci (10) nonché dal deputato Speciale eda altri deputati. (11) nel corso della discus-sione sul bilancio del Ministero dell'inter-no. Il deputato Russo, replicando alla rispo-sta fornita dal sottosegretario Mannironisulle vicende oggetto della sua interrogazio-ne, osservava come ogni manifestazione delfenomeno mafioso potesse ricondursi alla« collusione continua (della mafia) con gliorgani dello Stato e con la classe eco-nomica dirigente della Sicilia » (A.C. Ili,p. 29152). Così « i poteri pubblici » pro-seguiva l'onorevole Russo « non aiutanoil testimone che dice la verità in unprocesso, lo lasciano indifeso alla vendetta

(10) Interrogazione dei deputati Russo Sal-vatore, Mogliacci, Alessi Maria, Di Benedetto, Pel-legrino e di Piazza: «Al Ministro di grazia e giusti-zia, per sapere: 1) se sia informato dell'episodio,emerso dal dibattito processuale per l'uccisione delsindacalista Salvatore Carnevale che in atto sicelebra a S. Maria Capua Vetere, riguardante iltestimone Filippo Russo, ritenuto parzialmente re-ticente dall'autorità di pubblica sicurezza e per-ciò fermato e affidato alla direzione di un carce-re con la prescrizione dell'assoluto isolamento;2) se sia informato che il direttore del carcere nonsolo non tenne conto della prescrizione, ma prov-vide a farlo rinchiudere in cella con gli stessi im-putati dell'assassinio', notoriamente appartenenti agruppi mafiosi, con la conclusione che il testi-mone, terrorizzalo per 5 giorni e 5 notti dai com-pagni di cella, ha finito col negare tutto, anchequello che aveva confessato, conscio che la piùpiccola ammissione si paga con la vita, secondoil noto costume vigente nell'ambiente criminale;3) se pensi che l'episodio, che non è isolato, di-mostri come la potenza « dell'onorata società -si-

ciliana » arriva a influenzare taluni elementi del-la pubblica amministrazione, rendendo assai dif-ficile il corso della giustizia, portando all'impunitàdi innumerevoli delitti e annullando l'autorità eil prestigio dello Stato. Gli interroganti chiedonodi sapere quale provvedimento sia stato o saràadottato nei confronti di un funzionario che hacolluso con forze antisociali e criminose ».

(11) Interrogazione dei deputati Speciale, Gras-so Nicolosi Anna e Pellegrino: « Al Ministro digrazia e giustizia. Per sapere quali provvedi-menti abbia adottato' o intenda adottare perassicurare l'integrità fisica dei cittadini detenutinel carcere giudiziario di Palermo, dove due giu-dicabili hanno potuto essere recentemente sotto-posti a mostruose violenze da iparte di altri coim-putati; e ciò in seguito alla " sentenza " di un" tribunale della mafia ", colà funzionante, e perconoscere, altresì, se e quali responsabilità sianostate accertate a carico dei funzionari e degli agen-ti preposti alla direzione e alla custodia dello sta-bilimento ».

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della mafia» (A.C. Ili, p. 29152). Dal cantosuo, i,l .deputato Speciale osservava die lavendetta mafiosa colpiva indisturbata ancheall'interno del carcere di Palermo, dove « lamafia comanda e domina » (A.C. Ili, p. 29153)con i suoi tribunali: un aspetto, que-sto, « niente affatto secondario » (A.C. Ili,p. 29154) del problema che l'inchiesta par-lamentare avrebbe dovuto affrontare.

Nel corso della discussione sul bilanciodell'interno, che precedette di un mese ladiscussione, da parte della Camera, del dise-gno .di legge -istitutivo della Commissioneparlamentare, il deputato Nicosia anticipavail proprio giudizio sulla futura dnehiesta. Lamafia, fenomeno da tenere distinto dalla de-linquenza, .non sarebbe stata sconfitta — asuo avviso — « nemmeno con l'inchiesta par-lamentare... perché essa giocoforza (avrebbecoperto) alcune responsabilità » (A.C. Ili,p. 35292), tanto più che l'inchiesta sulla ma-fia era stata sollecitata all'unanimità dallaARS, cioè anche da « deputati che (credeva),non (fossero) molto lontani dall'in trattenererapporti di buona amicizia con certe co-sche » (A.C. Ili, p. 35292). Sarebbe stato ne-cessario, invece,' concludeva in propositoil deputato Nicosia, .realizzare un serio in-tervento degli organi dello Stato, tale darafforzare l'autorità dello Stato, perché« quando l'autorità dello Stato è forte, al-cuni gruppi non si muovono, né si muove-ranno mai » (A.C. Ili, p. 35292).

Riferendosi all'intervento del deputatoNicosia, il deputato Vincelli osservava comeil fenomeno mafioso non potesse risolversicon una più efficace azione di polizia, madovesse essere « valutato... con riferimentoalla situazione economica e sociale » (A.C.Ili, p. 35459).

Sarebbe stata, comunque, l'imminente di-scussione sul disegno di legge, osservava aconclusione della discussione sul bilanciodell'interno, il ministro Taviani, a definirele diverse posizioni politiche sull'inchiestaparlamentare, nonché a delineare la posi-zione del Governo.

Il disegno di legge, approvato dal Senato,veniva illustrato alla Camera dei deputatinella relazione svolta per incarico della se-conda Commissione permanente dal depu-

tato Veronesi, che si rendeva interprete del-l'accordo raggiunto fra tutti i gruppi poli-tici. Mentre il testo originario dell'articolo 1aveva sollevato il dubbio che la Commis-sione potesse divenire « strumento di batta-glia politica fra partiti », con la formulazionedel nuovo testo dell'articolo 1 si dava, se-condo la relazione Veronesi, una rispostapositiva e non equivoca all'esigenza espres-sa dal voto dell'ARS che aveva rimosso unimportante motivo di contrasto fra mag-gioranza e opposizione. Se tuttavia le divi-sioni fra i gruppi politici si fossero nuova-mente ripresentate nel corso dei lavori del-la -Commissione, questa, rilevava la relazio-ne, avrebbe fallito nel suo intento con gravedanno per la Sicilia e per tutta la comunitànazionale. Le statistiche della relazione Zot-ta conservavano una loro validità anche sedovevano considerarsi — a giudizio dellarelazione Veronesi — come il termometrorispetto ad una malattia che « è cosa piùprofonda e diversa », ancorché in parte no-ta. Restavano, tuttavia, da conoscere ed ap-profondire le occasioni offerte alla mafiadalla vita politica ed economica. Analizzan-do il fenomeno della mafia nelle provincieoccidentali della Sicilia, una limitazione geo-grafica ammessa da tutti, la Commissioneavrebbe dovuto indicare, oltre alle misureatte a realizzare una migliore azione di re-pressione, quei provvedimenti capaci di apri-re materialmente e spiritualmente gli angu-sti, tradizionali orizzonti di una parte dellasocietà siciliana. Lo sviluppo turistico e laindustrializzazione, concludeva la relazioneVeronesi, avrebbero permesso di rompereil vecchio tipo di società dove la mafia ave-va potuto prodursi e conservarsi, mentreun'opera di educazione, che si presentava piùlunga, ma più efficace, avrebbe dovuto ten-dere ad eliminare quella tradizionale im-magine della mafia « surrogato*dello Stato ».

Aprendo la serie degli interventi in Aula,il deputato Vincenzo Gatto osservava che,se la mafia era fenomeno che affondava lesue radici nelle strutture sociali ed econo-miche, essa era consolidata dalla carenzadei pubblici poteri e dalla legge. Il cittadinoera posto dallo Stato « nelle condizioni didover avere paura » (A.C. Ili, p. 35926), una

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paura che « non è un dato fisiologico bensìnecessità di autodifesa ai fini della stessasopravvivenza fisica » (A.C. Ili, p. 35926).Così diventava comprensibile come preva-lesse o comunque fiorisse « la legge dellaviolenza, la legge del più forte, quale è ap-punto la legge della mafia » (A.C. Ili, pa-gina 35925). Una parte della struttura delloStato, come risultava dalla sentenza di Vi-terbo, era malata; da un lato essa aveva resopossibile il grave fenomeno del banditismo,« dall'altro aveva dato modo ai vecchi capidella mafia agricola di approfittare della col-lusione fra mafia e organi dello Stato perdiventare capi elettori, procacciatori di votipreferenziali » (A.C. Ili, p. 35925). Traendoispirazione dalla battaglia ideale condottadagli -uomini di cultura, una battaglia cheaveva dato un impulso decisivo verso la de-liberazione che la Camera stava per adottare,e dalle lotte sindacali, la Commissione — af-fermava il deputato Gatto — avrebbe dovutooperare in profondità. « Alila necessaria azio-ne morale di ristabilimento degli autenticivalori deve essere abbinata la ricerca di re-sponsabilità ancora impunite » (A.C. Ili,p. 35925). « La violenza mafiosa costituisceancora il mezzo rudimentale tradizionaledella accumulazione capitalistica » (A.C. Ili,p. 35929): quindi la lotta che la Commissio-ne si accingeva a sostenere, ammoniva aconclusione del proprio intervento il depu-tato Gatto, sarebbe stata comunque moltodifficile perché essa si sarebbe scontrata conpotenti interessi costituiti.

L'inchiesta, avvertiva il deputato Restivo,« è una nuova analisi che dovrebbe portarenon solo e non tanto ad una conoscenzascientifica ufficiale del male, quanto e so-prattutto all'adozione di rimedi e della curaatti a sradicare il male stesso. Altri scopil'inchiesta non ha. Una finalità politica diparte, che venisse ad inserirsi, anche inci-dentalmente, tra le intenzioni degli inqui-renti, sarebbe inammissibile distorsione del-la volontà del Parlamento » (A.C. Ili, pa-gina 35930). Era dunque necessario, ad av-viso del deputato Restivo, mantenere un at-teggiamento obiettivo nei confronti del feno-meno mafioso, evitando « ogni deformazionepolemica ». Il deputato Restivo osservava

3.

inoltre che non si minimizzava òli fenomenoche sarebbe stato oggetto dell'inchiesta selo si definiva eccezionale e circoscritto aduna parte del territorio, se si segnalava unaflessione dalla criminalità, indicata dalle sta-tistiche, e .se si apprezzava lo sforzo condottodalla Polizia.

L'inchiesta doveva servire ad avviare asoluzione i gravi problemi connessi alla de-pressione economica e sociale della Sicilia,es'sa doveva inquadrarsi, concludeva l'ono-revole Restivo, « in una più viva attenzionedel Parlamento e del Governo nei confron-ti della Sicilia» (A.C. Ili, p. 35931).

Il deputato Li Causi, a sua volta, rilevavache in una società come quella siciliana, divi-sa fra « una esigua classe dominante e unamassa di contadini... si collocava con fun-zioni di intermediazione il gabellotto » (A.C.Ili, p. 35946), garante di un ordinamento« politico sociale imperniato sullo sfrutta-mento del contadino » (A.C. Ili, p. 35948).La funzione del gabellotto ed il potere adessa connesso erano storicamente la funzio-ne e il potere della mafia che, « frutto di undeterminato ordine sociale, .diventa parte in-tegrante della struttura politica » (A.C. Ili,p. 35948). Dalla valutazione della mafia come« elemento permanente dell'equilibrio poli-tico dello Stato » (A.C. Ili, p. 35948) dovevamuovere l'analisi politica del fenomeno ma-fioso, un'analisi che tendeva a definire « i•rapporti tra lo Stato italiano e la rappresen-tanza politica siciliana » (A.C. Ili, p. 35948).Oggi, con la nascita del ceto medio in Si-cilia — proseguiva il deputato Li Causi —la rappresentanza politica siciliana « non èpiù quella compatta e monolitica del passa-to, espressione della sola classe dominante »(A.C. Ili, p. 35948). La presenza di partitipopolari, la differenziazione sociale che nederivava, avevano modificato i rapporti tra-dizionali in seno alla società siciliana, finoa permettere di rimuovere quegli ostacoliche si erano opposti all'inchiesta parlamen-tare. « Lo Stato, in tutti questi anni, ha ri-sposto negativamente alle aspettative deisiciliani (che) hanno sollecitato l'interventodei poteri centrali contro questo fenomenodi prepotenza che è la mafia» (A.C. Ili,p. 35940). L'inchiesta, la cui istituzione costi-

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tuirebbe già un freno e un monito, avrebbedovuto proporsi di controllare, concludevail deputato Li Causi, « se l'impotenza delloStato deriva dal fatto che è incapace di risol-vere il problema politico siciliano in quantoteme e subisce ila forza della mafia » (A.C.Ili, p. 35950).

Il fenomeno mafioso, rilevava a sua voltail deputato Malagodi, originariamente fenormeno puramente agrario, « si è innestato ...sullo sviluppo industriale e commerciale del-1 Sicilia» (A.C. Ili, p. 35951), seguendoquella logica evoluzione verso le attivitàmaggiormente remunerative, imposta dallosviluppo economico. Dovevano respingersi,pertanto, le soluzioni anticipate dal -relatoreVeronesi che indicava nello sviluppo eco-nomico siciliano la soluzione idei problemadella mafia. Anche l'esperienza degli USA,aggiungeva il deputato Malagodi, indicavacome lo sviluppo economico non fosse « ne-cessariamente .un fenomeno ohe .indeboliscela mafia, che al contrario, si innesta pro-prio sulla prosperità e su determinate at-tività commerciali e industriali » (A.C. Ili,p. 35952); e cioè su quelle attività ohe piùdi altre, come aveva mostrato il fenomenodel gangsterismo negli Stati Uniti, poteva-no dare tanto maggiore profitto quanto piùrichiedessero l'esercizio della corruzione perottenere permessi e autorizzazioni e, in ge-nere, per superare i controlli pubblici daparte dello Stato e delle amministrazioni lo-cali. « Più sono necessari dei permessi peresercitare 'determinate attività économiche,più si sviluppa da corruzione » (A.C. Ili,p. 35952) e la mafia, che è « una forma estre-ma di corruzione (A.C. III, p. 35952), osser-vava il deputato Malagodi, si alimentava dalmoltipllcarsi di controlli publici che esal-tavano la connivenza tra quanti erano di-sposti a delinquere e le autorità amministra-tive ai diversi livelli. Si creava, così « unacollusione fra operatore economico, ammini-stratore e delinquente, estremamente gravee pericolosa» (A.C. Ili, p. 35952). La Com-missione, osservava inoltre il deputato Ma-lagodi, avrebbe dovuto accertare, tra l'altro,se taluni organismi regionali avessero avutouna « responsailità strutturale nelTespander-si del fenomeno » (A.C. Ili, p. 35952) per-

mettendo a certe attività « possibilità diazione che prima non avevano (A.C. Ili,p. 35952). Erano cotinunque spunti di rifles-sione, concludeva LI deputato Malagodi, an-nunciando il voto favorevole del proprioGroppo, per la futura attività della Com-missione che la Camera stava per istituire.

Intervenendo nell dibattito, il deputato Ni-cosia, sosteneva come la mafia non si po-tesse ritenere « un fenomeno connaturato amotivi sociologici... -(ma) a motivi di assenza.cor tinuata dello Stato in Sicilia ». Dopo l'ef-ficace opera di .repressione, condotta a par-tire .dal 1922, dopo il 1943 la mafia, presen-tandosi « come espressione idi antifascismo »(A.C. Ili, p. 35954), aveva potuto rinnovarele proprie posizioni di potere nella societàsiciliana, consolidandole con l'istituzione del-l'Ente regione, come .mostravano ,tra d'altro,le vicende che avevano condotto al fallimen-to della riforma agraria nell'Isola. La Com-missione, evitando comunque deteriori at-teggiamenti razzistici, avrebbe dovuto, se-cando il deputato Nicosia, approfondire l'in-chiesta sulla Regione siciliana, ponendosi ilproblema politico fondamentale, quello cioè« della presenza dello Stato... perché appuntoquesto manca in Sicilia » (A.C. Ili, p. 35955).

Ma la mafia, rilevava il deputato Gaudio-so, « è l'alleato di tutti i governi » (A.C. Ili,p. 35960), la stessa repressione del prefettoMori si era sviluppata contro la « mafia mi-nore ... creando l'illusione che la mafia fossestata sbaragliata e .distrutta » (A.C. III,p. 35960) con l'aiuto della mafia « organiz-zata nei circoli dei civili che costituiva iquadri del fascismo nel capoluogo e nei co-muni » (A.C. Ili, p. 35960). Era quindi nelfattore economico, come dimostrava l'espe-rienza storica offerta dalla Sicilia orientale,e quindi nella modificazione delle strutture,che doveva essere ricercato lo strumento ca-pace di liquidare il fenomeno mafioso. Gliinterventi sulla struttura economica dell'Iso-la, proseguiva il deputato Gaudioso, avreb-bero dovuto tendere ad industrializzare laSicilia, a togliere i contadini dal circolo vi-zioso del feudo e ad eliminare il discreditoverso le istituzioni che ancora prevaleva nel-la popolazione siciliana. Partendo da questopremesse l'inchiesta parlamentare avrebbe

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dovuto essere considerata dal Governo nongià « un processo agli organi di polizia etantomeno ailla Magistratura, (ma) un pro-cesso ail costume morale e politico di quellaparte della Sicilia dove il fenomeno allignapiù tenace » (A.C. Ili, ip. 35961).

Ricordando le tesi già illustrate dal depu-tato Nieosia, ili deputato Calabrò ribadivacome la causa principale della persistenzadel fenomeno mafioso dovesse ricercarsi nel-la carenza dello Stato nella Sicilia occiden-tale. « Ormai si è creata una mentalità del-la mafia ed anche gli uomini politici che nonvogliono avere a che fare con essa ad uncerto ipunto vi si trovano invischiati perchéla mafia ha origini politiche... Oggi essa »sosteneva il deputato Callabrò « appare netta-mente politicizzata e aggregata ai gruppi dipotere » (A.C. Ili, p. 35962).

Esaurita la discussione generale, il deputa-to Belotti svolgeva un ordine del giorno (12)che, ricalcando l'analogo ordine del giornoapprovato dal Senato, tendeva a richiamareil potere legislativo al « dovere di rispetta-re, in sede di inchiesta parlamentare, la pie-na autonomia del potere giudiziario (A.C. Ili,p. 35964).

Interveniva successivamente il relatore Ve-ronesi che riprendeva taluni concetti giàemersi nel corso della discussione generalequali l'evoluzione della mafia dall'economiaagricola a « quella industriale e cittadina »(A.C. Ili, p. 35965), l'insufficienza dell'azionerepressiva, di per sé in grado di eliminare oridurre le manifestazioni e non già il feno-meno alla sua radice, la necessità di un rin-novamento economico della Sicilia.

Il ministro Taviani, nel definire la mafiacome un'organizzazione di fatto che tende-

(12) Ordine del giorno presentato dal deputatoBeloni: «La Camera richiamandosi ai princìpidella Costituzione della Repubblica che consacra-no l'indipendenza della Magistratura, ritiene chela Commissione parlamentare d'inchiesta sul fe-nomeno della mafia in Sicilia, nell'espletamentodei suoi compiti, non debba interferire nell'attivitàdell'Autorità giudiziaria e degli organi da questadipendenti (A.C. Ili, p. 35964).

{ va a sostituirsi « a quella legalmente esisten-te, con le sue leggi non scritte, ma non me-no efficaci, con i suoi mezzi di oppressionee di violenza, i ,suoi capi protetti dall'omertàe dal silenzio » (A.C. Ili, p. 35967), ribadivacome la lotta alla mafia non fosse soltantoproblema della polizia, ma comportasse an-che « un'azione di sviluppo delle strutturee di elevazione sociale » (A.C. Ili, p. 35968).Il Governo — concludeva il ministro Tavia-ni — rinnovava anche alla Camera idèi de-putati la sua adesione all'iniziativa di isti-tuire una inchiesta parlamentare i cui risul-tati avrebbero fornito allo stesso Esecutivo« ulteriore, necessario conforto e, all'occor-renza, gli strumenti legislativi più adeguati »(A.C. Ili, p. 35968). Veniva quindi approvatol'ordine del giorno Belotti.

Successivamente la Camera approvava iquattro articoli del disegno di legge tra-smesso dal Senato, mentre la Presidenza di-chiarava assorbita la concorrente propostadi legge di iniziativa del deputato VincenzoGatto.

Nella seduta del 12 dicembre 1962, la Ca-mera, a scrutinio segreto, con 478 voti fa-vorevoli e 35 contrari, approvava definitiva-mente la legge istitutiva della Commissioneparlamentare d'inchiesta sul fenomeno del-la mafia in Sicilia, che risultava così for-mulata:

Art. 1.

È istituita una Commissione parlamenta-re di inchiesta sul fenomeno della mafia inSicilia.

La Commissione è composta di quindicisenatori e di quindici deputati, scelti rispet-tivamente dal Presidente del Senato e dalPresidente della Camera dei deputati.

li Presidente della Commissione è sceltodi comune accordo dai Presidenti delle dueAssemblee, al di fuori dei predetti compo-nenti della Commissione, tra i parlamentaridell'uno e dell'altro ramo 'del Parlamento.

La Commissione elegge -nel suo seno duevice Presidenti e due segretari.

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Art. 2.

La Commissione, esaminate la genesi e lecaratteristiche del fenomeno della mafia, do-vrà proporre le misure necessarie per re-primerne le manifestazioni ed eliminarne lecause.

Art. 3.

Le spese per il funzionamento della Com-missione sono poste per metà a carico del

bilancio interno del Senato della Repubbli-ca e per l'altra metà a carico del bilanciodella Camera dei deputati.

Art. 4.

La presente (legge entra in vigore il gior-no successivo a quello della pubblicazionenella Gazzetta Ufficiale.