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Senato della Repubblica — 447 — Camera dei Deputati LEGISLATURA VI — DISEGNI DI LEGGE E RELAZIONI - DOCUMENTI ALLEGATO N. 1 SINTESI DELLE CONCLUSIONI CUI ERA PERVENUTO NEL CORSO DEL- LA V LEGISLATURA IL COMITATO PER LE INDAGINI SUI CASI DI SINGOLI MAFIOSI, SUL TRAFFICO DI STUPEFACENTI E SUL LEGAME TRA FENOMENO MAFIOSO E GANGSTERISMO AMERICANO // Comitato per le indagini sui casi di singoli mafiosi, sul traffico di stupefacenti e sul legame tra fenomeno mafioso e gangsterismo americano, coordinato dall'onore- vole Della Briotta e composto dai deputati Azzaro, Bruni, Gatto Vincenzo, Tuccari e dai senatori Varaldo e Zuccaia, era pervenuto nel corso della V Legislatura ad una approfondita analisi del fenomeno affrontato dalla presente relazione. A quella analisi il relatore, per le ragioni di completezza descrittiva, esposte nel testo, intende fare rife- rimento.

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LEGISLATURA VI — DISEGNI DI LEGGE E RELAZIONI - DOCUMENTI

ALLEGATO N. 1

SINTESI DELLE CONCLUSIONI CUI ERA PERVENUTO NEL CORSO DEL-

LA V LEGISLATURA IL COMITATO PER LE INDAGINI SUI CASI DI

SINGOLI MAFIOSI, SUL TRAFFICO DI STUPEFACENTI E SUL LEGAME

TRA FENOMENO MAFIOSO E GANGSTERISMO AMERICANO

// Comitato per le indagini sui casi di singoli mafiosi, sul traffico di stupefacentie sul legame tra fenomeno mafioso e gangsterismo americano, coordinato dall'onore-vole Della Briotta e composto dai deputati Azzaro, Bruni, Gatto Vincenzo, Tuccari edai senatori Varaldo e Zuccaia, era pervenuto nel corso della V Legislatura ad unaapprofondita analisi del fenomeno affrontato dalla presente relazione. A quella analisiil relatore, per le ragioni di completezza descrittiva, esposte nel testo, intende fare rife-rimento.

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1. — MAFIA AMERICANA E MAFIA SICILIANA.

Le conclusioni cui è pervenuta la Sotto-commissione governativa statunitense di in-chiesta sull'organizzazione criminosa e sultraffico illecito di stupefacenti, pubblicate il 4marzo 1965 e meglio note come « RapportoMacClellan » (dal nome del senatore che l'hapresieduta) sono di importanza fondamenta-le nella lotta contro la malavita organiz-zata.

Il rapporto mette a nudo, per la primavolta e particolareggiatamente, genesi, atti-vità, evoluzione, struttura, funzionamento,finalità e metodi della mafia americana o« Cosa Nostra ».

Le meticolosità dell'inchiesta e la forzaprobante delle testimonianze raccolte, primafra tutte quella di Joseph Valachi, ex mem-bro dell'organizzazione, attribuiscono al rap-porto validità di primo piano e ne fannostrumento di indubbio interesse per l'operache il legislatore, gli organi dell'Esecutivo, igiuristi ed i sociologhi sono chiamati a com-piere per sradicare o almeno frenare il gra-ve fenomeno.

Per la parte riguardante l'Italia, il rap-porto pone in chiaro risalto gli stretti lega-mi di intesa e di mutua cooperazione chehanno tenuto avvinte, ininterrottamente, ma-fia americana e mafia siciliana: due organiz-zazioni criminose distinte ed indipendenti,ma collegate e accomunate dalla medesimaorigine siciliana dei loro membri, da ana-logie di strutture, di metodi e di attivitàillegali tra cui il traffico di stupefacenti haoccupato costantemente posto di rilievo.

La Sottocommissione statunitense è giun-ta alla constatazione che la mafia americanalimita l'appartenenza ai soli italiani per na-scita o discendenza; che, importata negliStati Uniti agli inizi del secolo da immigratisiciliani, ha conservato le tradizioni e i me-todi delle antiche società segrete che in Si-cilia si opponevano ai feudatari dell'Isola,assumendo però veste moderna nell'orga-nizzazione di stampo militare (famiglie, ca-pifamiglia, capiregime, soldati); che essa in-fine trae enormi guadagni dal gioco d'azzar-do, dall'usura, dal traffico di stupefacenti,dall'intermediazione parassitarla del lavoro,direttamente o mediante organizzazioni sin-dacali, e dallo sfruttamento della prostituzio-ne, ma tende spesso a mimetizzarli con lacostituzione di imprese che svolgono atti-vità economiche del tutto lecite.

Nelle principali città degli Stati Uniti lamalavita è dominata da una o più « fami-glie » mafiose rette da un capo o da un « co-mitato » di capi.

L'esatta ripartizione di attività e di zonedi influenza regola la convivenza dei varigruppi mafiosi: nella sola New York, adesempio, prosperano cinque « famiglie ».

L'intero sindacato nazionale della malavitaamericana è manovrato da un « consiglio »o « commissione » di capi di alto rango, va-rianti da 9 a 12 membri.

La lotta contro siffatta potente organizza-zione incontra notevoli impedimenti e diffi-coltà nella carenza di mezzi e di capacitàdelle polizie municipali nelle limitazioni giu-risdizionali di ogni città, nell'isolamento deicapi mafiosi, nelle inadeguatezze legislative.

Il rapporto MacClellan pone in rilievo ilfatto che la lotta al traffico di stupefacenti

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si è rivelata il punto di forza dell'azione an-timafiosa, grazie a leggi severe quale la leggeBoggs Daniel del 1956, che ha permesso diinfrangere il muro di omertà che isolava eproteggeva i capi della malavita, creando lar-ghi vuoti nelle file mafiose: molti di essi,usciti indenni da indagini ed incriminazioniper altri delitti, sono incappati nei rigoridi tale legge, come Vito Genovese, « capo fa-miglia » in New York il quale scontavadal 1958 una condanna a 15 anni di reclu-sione per traffico di stupefacenti, lo stessoJoseph Valachi, « soldato » della famigliaGenovese, che fu arrestato e condannato acomplessivi 35 anni di prigione per egualereato ed altri capi e membri di « Cosa no-stra ». Questo primo rilievo suggerisce estre-ma severità nelle condanne per questo rea-to che, tra l'altro, suscita generale esecra-zione.

2. — MAFIA E TRAFFICO DI STUPEFACENTI

I rapporti tra la mafia siciliana ed il traf-fico di stupefacenti sono numerosi e sicuri.

Le caratteristiche strutturali della mafiasi attagliano perfettamente a tale traffico, lacui peculiarità nel rifornimento, nel traspor-to e distribuzione della droga e l'altissimaremuneratività esigono efficienza organizza-tiva non comune e soprattutto collegamentiassolutamente sicuri onde eliminare l'alea diinfiltrazioni esterne da parte di elementi dipolizia o di suoi fiduciari. Tali peculiaritàsi trovano tutte nella mafia, composta di ele-menti nati, allevati e vissuti in un ambien-te in cui regna l'omertà, vige una ferrea di-sciplina la cui violazione è punita con lamorte.

Gli innumerevoli sequesti di droga e leampie investigazioni compiute negli ultimiventi anni dalle polizie degli Stati interes-sati alla repressione del traffico di stupefa-centi permettono di ricostruire con suffi-ciente verità schemi di approvvigionamento,itinerari, tecniche di trasporto adottati perfar giungere la droga nell'America setten-trionale.

Limitando l'analisi al traffico che investel'Europa, le principali fonti di alimentazio-ne si sono rivelate:

il dirottamento dalla produzione e dalcommercio legali;

il contrabbando da Paesi del Medio-Oriente.

In Italia, nell'immediato dopoguerra, no-tevoli quantitativi di stupefacenti special-mente derivati da oppio (morfina, eroina)furono abusivamente prodotti in alcune no-te aziende farmaceutiche (per es.: Schiap-parelli di Torino - doc. 514) approfittandodella scarsità dei controlli ed immessi sulmercato clandestino internazionale ad operadi elementi mafiosi italiani ed italo-america-ni. Il fenomeno fu eliminato con drasticheazioni di polizia condotte dalla Guardia difinanza col divieto di produrre eroina in-trodotto nel 1952 e con la legge sugli stu-pefacenti n. 1041 del 22 ottobre 1954.

È ancora attiva, invece, la seconda fontedi approvvigionamento, il contrabbando dalMedio-Oriente, il quale si è anzi ulterior-mente sviluppato in correlazione al diffon-dersi della tossicomania in America ed an-che al presentarsi in una, fortunatamentemodesta, domanda europea.

Nel lungo e complesso itinerario delladroga possono individuarsi tre tappe, cor-rispondenti sommariamente alle fasi di uti-lizzazione del prodotto:

a) dall'Oriente, dove si producono lematerie prime (oppio e morfina) all'Europa;

b) dall'Europa, dopo la trasformazionedi oppio e morfina in eroina, normalmente,all'America settentrionale;

e) dai punti di arrivo (porti e aeroportistatunitensi o canadesi) alle principali cittàdegli Stati Uniti per lo smercio attraversovaste reti di distribuzione. Se generalmentela prima fase vede impegnati soltanto for-nitori levantini ed acquirenti francesi, nel-le altre due la mafia siciliana e quella ameri-cana esercitano predominio assoluto.

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Esaminiamole distintamente:

a) nella zona del Medio-Oriente la Tur-chia è il più importante Paese produttoredi oppio.

Ad un fiorente commercio legale di espor-tazione fa riscontro un analogo mercato oc-culto, alimentato da coltivazioni clandestinedi oppio e dalla distrazione di parte dellaproduzione autorizzata. Forti quantitativi dioppio raggiungono così i porti della Siriae del Libano per essere affidati a corrieri,in genere marinai di navi di linea, che cu-rano il trasporto in Italia e in Francia.

Più spesso, per ridurre i quantitativi dimercé da trasportare, l'oppio è sottopostoad una prima lavorazione in Siria e nel Li-bano e verso l'Europa viene avviata con glistessi mezzi la morfina grezza; è raro, inve-ce, per la inadeguatezza della tecnica, chesi giunga fino alla produzione locale di eroi-na (da 10 kg. di oppio è possibile estrarrein media 1 kg. di morfina base o grezzache può essere trasformata in 1-1,2 kg. dieroina, in percentuali variabili in purezza).Il trasporto può effettuarsi anche per viaaerea, specie se si tratti di limitati quanti-tativi di morfina o di eroina; o, in altricasi, con autoveicoli attraverso i Balcani.

In questa fase si trovano di fronte dueforti organizzazioni contrabbandiere, la le-vantina e la francese (quest'ultima general-mente di estrazione corsa), ciascuna dellequali si snoda attraverso numerosi anelli;al vertice della prima sta il grosso trafficoturco, libanese, eccetera, che incetta oppioo morfina e provvede al trasporto ed all'im-barco; al vertice dell'altra il grosso trafficofrancese il quale cura il ritiro della mercéin Europa ed il trasporto verso i laboratoriclandestini ove sarà trasformata in eroina.

Fornitore ed acquirente regolano con pre-ventivi accordi il movimento della droga eciascuno di essi si serve di propri associatiche eseguono fedelmente e scrupolosamentegli ordini ricevuti.

Il traffico di stupefacenti richiede già nel-la prima fase impalcature organizzative par-ticolari che assicurino l'arrivo della materiaprima in Europa e poi ai laboratori clande-stini, non essendo essa suscettibile prima

di allora di altra utile destinazione finale.A tale scopo è necessario che i vari anelliattraverso cui passa la droga siano saldi ein numero limitato: l'elevata remunerativitàdel prodotto induce organizzatori o finan-ziatori ad associare soltanto membri di fi-ducia;

b] queste condizioni sono peraltro de-terminanti per la seconda fase, cioè per ilpassaggio dell'eroina dall'Europa all'Ameri-ca del Nord.

La complessità, i rischi e la remunerativitàdel traffico aumentano enormemente; si ac-cresce quindi l'esigenza di disporre di strut-ture organizzative assolutamente solide esicure e le organizzazioni mafiose offronoallo specifico commercio il suo « ambientenaturale », cioè un modello associativo fattoalla bisogna.

Mentre perciò nella prima fase va creataun'organizzazione che abbia le caratteristi-che necessarie per portare a termine il con-trabbando voluto, alla seconda provvede lamafia, cioè una organizzazione già solida-mente predisposta per finalità criminose,che può passare al traffico di stupefacentisenza modificazioni o ritocchi all'apparato,bastando solamente la scelta della modalitàpiù adatta nel caso specifico.

L'estrazione dell'eroina dall'oppio o dallamorfina avviene normalmente in laboratoriclandestini impiantati in Francia, specie nel-la parte meridionale; ma nel 1957 si è sco-perto un laboratorio a Milano, il che inducea ritenere che la lavorazione avvenga tal-volta anche in Italia.

Essa richiede complessi procedimenti especiali attrezzature, tuttavia anche a livelloartigianale è possibile ottenere un prodottosmerciabile.

Il prodotto finito viene venduto in granparte a mafiosi siciliani; per il resto vienespedito direttamente dalla Francia in Cana-da e di là negli Stati Uniti.

Tra le organizzazioni intercorrono inten-si contatti al fine di concordare previamentequantità, prezzi, località, date, orari e moda-lità di consegna e di pagamento.

Nel primo caso, che qui interessa, i capio i loro emissari si incontrano più volte in

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Francia (Nizza, Marsiglia) o in Italia (SanRemo, Genova, Milano).

Da ambo le parti vivissima è la preoccu-pazione di non subire truffe relativamentealla bontà della mercé e alla puntualità dipagamenti, ma soprattutto di evitare inter-venti di polizia resi possibili da eventualidelazioni o « fughe » di notizie.

I francesi trasportano la mercé in Italiaservendosi normalmente di autovetture mu-nite di doppi fondi e la custodiscono in cit-tà diverse (es. Pisa) da quella prescelta perl'incontro con gli emissari siciliani (es. Ro-ma). Avviate le ultime trattative, un fidu-ciario dell'organizzazione siciliana raggiungel'altra località (Pisa) ove otterrà la mercésoltanto quando nella prima città (Roma)sarà avvenuto il pagamento.

La droga è così passata nelle mani delleorganizzazioni mafiose siciliane ed è fre-quente il caso che essa raggiunga in unprimo tempo la Sicilia, quale base di parten-za per l'America. Nell'Isola la mafia ha co-munque la propria roccaforte ed una orga-nizzazione capillare della quale può effica-cemente servirsi sia per l'invio della drogaai clienti americani da qualsiasi porto oaeroporto italiano e sia per tenere i collega-menti con costoro.

Accordi ad alto livello stabiliscono il quan-titativo da mandare in America ed il mezzoda usare per il trasporto.

Di regola una parte del prezzo convenutoviene versata anticipatamente ed il restoa consegna avvenuta.

Corrieri americani giungono in Italia inaereo con le somme di dollari occorrenti;gli stessi trasportano talvolta l'eroina nelviaggio di ritorno. Più spesso la spedizioneavviene via mare utilizzando autovetture, obauli con doppi fondi (questi ultimi affi-dati anche ad emigranti ignari del reale con-tenuto), oltre ad altri mezzi finora non in-dividuati perché la droga viene nascosta conmolta, abilità.

Messaggi convenzionali informano i ma-fiosi americani dell'arrivo della spedizione;nei porti statunitensi (principalmente NewYork) o canadesi (Montreal) la mercé vieneritirata da fiduciari dell'organizzazione.

I « corrieri » delle due organizzazioni so-no persone ben conosciute da ambo le parti;se viene ingaggiato un nuovo « corriere » eglisarà prima presentato ai capi dell'altra or-ganizzazione.

Eventuali difficoltà, contrattempi, disgui-di vengono rapidamente risolti con tempesti-ve comunicazioni fatte in gergo convenzio-nale.

Se sorgono contrasti, ad esempio, sullaqualità della mercé o sui pagamenti, cor-rieri speciali raggiungono subito l'Italia ol'America per appianare ogni questione ri-ferendo le volontà dei capi (si veda, ad esem-pio, nel rapporto Caneba — doc. 95 — apagina 89 e seguenti); all'occorrenza questistessi si incontrano pronti a giustificare ilviaggio, se richiesti da organi inquirenti,con motivi turistici o familiari.

Nel caso di sequestri riesce quasi impos-sibile risalire la catena dell'organizzazionemediante prove concrete; si riesce soltantoa stabilire, e non sempre, che tra i vari mem-bri sono intercorsi contatti, per contro age-volmente giustificabili in sede giudiziaria da ~rapporti di parentela o di conoscenza.

I capimafia, coloro che hanno la qualificadi massimi uomini « di rispetto », non par-lano, anche di fronte alle prove più evidenti;il che è logico altrimenti non avrebberoraggiunto tale posizione. È raro, però, checonfessino o ammettano alcunché anche isemplici membri dell'associazione, quali chesiano le minacce, le lusinghe, le promessedegli organi di polizia.

Essi sanno che tacendo possono contaresulla completa assistenza, anche economica,per loro e le proprie famiglie da parte del-l'organizzazione, ma che in caso contrariodovranno attendere dure rappresaglie.

Allorquando si profila l'evenienza che unassociato possa essere seriamente implicatonelle indagini di polizia l'organizzazione cer-ca di metterlo al sicuro facendolo riparare inaltro Stato con falsi documenti di identità,in attesa del ritorno quando la situazione sisia normalizzata; altrimenti gli procura al-tro impiego nella nuova residenza.

Negli Stati Uniti tuttavia, dove il delin-quente che agevoli dopo l'arresto o il fermo

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l'opera degli inquirenti è compensato conbenefici giudiziari, si è avuta qualche cla-morosa rivelazione. È da chiedersi se unaapplicazione in Italia, in questo senso, del-l'articolo 62-bis del codice penale possa por-tare a simili risultati;

e) negli Stati Uniti la mafia detiene ilcontrollo dell'intero smercio della droga, del-l'acquisto di grosse partite contrabbandatesino alla distribuzione all'interno del Paese.

Grossisti, medi grossisti e spacciatori alminuto costituiscono i tre stadi principalidi distribuzione monopolizzati dalla mafiache portano la droga nelle mani degli spac-ciatori al dettaglio e quindi dei tossicomani.

La remuneratività di tali passaggi rag-giunge punte elevatissime per due ragioni:durante il cammino dai paesi orientali agliStati Uniti la droga acquista via via valoreenormemente maggiore; inoltre sul mercatostatunitense essa viene adulterata con so-stanze neutre (lattosio, chinino, mannite),tanto che il chilogrammo iniziale di eroinapura incettata dal grossista si trasformasovente in ben sedici chilogrammi di pro-dotto adulterato nelle mani dei piccoli spac-ciatori o venditori al dettaglio che provve-dono allo smercio capillare e che in generesono membri della mafia ma elementi dellamalavita di quartiere.

Seguiamo il vertiginoso progredire deiprezzi dalla fonte al consumo, anche sullascorta del rapporto MacClellan (Doc. 414,pagina 133):

il trafficante francese acquista nel Li-bano o in Siria un chilogrammo di morfinabase al prezzo di 700-1.000 dollari (437.500-625.000 lire) e ne ricava un chilogrammo dieroina pura (si considera tale quella all'80per cento) che vende al mafioso sicilianoa 3.000-4.000 dollari (1.875.000-2.500.000 lire);

lo stesso chilogrammo di eroina puraviene acquistato dal grossista statunitense a18.000-22.000 dollari (11.250.000-13.750.000);

costui ripartisce il quantitativo general-mente tra quattro medi-grossisti ricavando-ne dollari 32.000-36.000 (da 20 a 22,5 milio-ni di lire);

il medio grossista, dopo aver adulteratoil prodotto fino ad un rapporto da 1 a 4,10 vende allo spacciatore al minuto al prez-zo di 17.000 dollari al chilogrammo, quo-tazione equivalente a 68.000 dollari (42,5 mi-lioni di lire) al chilogrammo se riferito al-l'eroina pura;

lo spacciatore al minuto, infine, sotto-pone il prodotto ad una seconda adultera-zione, sempre in rapporto da 1 a 4, sicché11 chilogrammo originario di eroina purasale a 16 chilogrammi, con percentuale uni-taria di purezza del 5 per cento circa.

Con questo quantitativo egli confeziona45.000 cartine che i piccoli spacciatori diquartiere cedono ai tossicomani al prezzo di5 dollari ciascuna.

Il valore terminale di un chilogrammo dieroina pura raggiunge così la punta dei 225mila dollari (L. 140.625.000).

Le autorità americane hanno calcolato cheil consumo di eroina negli Stati Uniti as-sorbe giornalmente tre chilogrammi di pro-dotto puro e che il totale delle vendite alminuto assomma annualmente a cifre com-prese tra 225-350 milioni di dollari (dai 140ai 219 miliardi di lire circa).

Le cifre indicate, soggette ovviamente adoscillazioni in dipendenza della maggiore ominore disponibilità di droga sul mercatoclandestino, fanno chiaramente intenderequali enormi interessi finanziari ruotano at-torno al traffico degli stupefacenti.

Appaiono evidenti altresì gli ingenti pro-fitti ricavati dai mafiosi siciliani nella se-conda fase del descritto traffico internazio-nale, considerato che il prezzo di rivenditaè di solito cinque o sei volte quello di ac-quisto.

Per queste ragioni la mafia monopolizza ilcommercio all'ingrosso della droga (in ispe-cie di eroina, che è lo stupefacente più ri-chiesto) nelle zone di smercio degli StatiUniti, assicurando con il concorso dei pro-pri membri la continuità delle forniture maanche evitando che un eccesso di mercé fac-cia cadere i prezzi.

La mafia siciliana svolge dunque un ruolodi primo ordine nel traffico internazionalefungendo da anello tra fornitori francesi e

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mafia americana: è opportuno quindi accen-nare agli episodi di maggiore rilievo emersidalle investigazioni degli organi di polizia edella Guardia di finanza, la quale in materiaha dato un maggiore contributo, con par-ticolare riguardo a quelli risultanti dallesentenze di condanna o di rinvio a giudizio.

3. — MAFIA SICILIANA E TRAFFICO DI STUPE-FACENTI

Gli episodi di cui furono protagonisti ele-menti mafiosi siciliani e statunitensi neglianni dal dopoguerra ad oggi mostrano co-me mancassero i collegamenti tra le forzedi polizia italiane e tra queste e le poliziestraniere; il che consentì alla mafia sicilianadi agire indisturbata; rare volte infatti i suoiaffiliati incapparono nella giustizia. È evi-dente che gli organi inquirenti trascuraronodi considerare il problema del traffico nellasua vera natura di attività prettamente ma-fiosa, la quale trova forza e sostegno nellegame associativo, sicché era questo che sidoveva colpire se si volevano distruggere icosiddetti canali del traffico. Mancò quindiper anni la visione di assieme che, supe-rando il fatto singolo, cogliesse la reale por-tata dei traffici scoperti e delle organizza-zioni che li avevano attuati. Soltanto nel1961, con una valutazione retrospettiva piùapprofondita, si constatò che singoli episodiritenuti isolati si inserivano in un vasto edininterrotto commercio di stupefacenti di-retto in America da efficienti e pericoloseorganizzazioni internazionali e che alcuniindividui, allora soltanto sospettati di averepartecipato al traffico, in realtà ne erano sta-ti i principali artefici.

A) Episodi di traffico accertati dal 1949 al1961.

L'8 febbraio 1949 venne arrestato nell'ae-roporto di Palermo Francesco Paolo Save-rino da Salemi, residente a Milano, perchétrovato in possesso di due chilogrammi dicocaina. Si sospettò che egli fosse associato

a Francesco Pirico da Palermo, residente aMilano, il quale nello stesso anno 1949 erastato denunziato per concorso nel trafficodi sette chilogrammi di eroina e due chilo-grammi di cocaina sequestrati all'aeroportodi Ciampino nelle mani dell'americano Char-les Vincent Trupia, collegato a Joseph DiPalermo (« caporegime » della « famiglia »Gaetano Lucchese di New York).

Tali sospetti furono rafforzati quando lapolizia francese nel 1953-1954 scoperse unvasto commercio di eroina dalla Francia al-l'Italia, nel quale era coinvolto il Pirico.

Nel giugno 1951 furono denunziati gli ita-lo-americani Francesco Callace, anch'egli del-la « famiglia » Lucchese di New York, e Giu-seppe Pici per traffico di kg. 17 di eroina dicui 3 circa sequestrati. Essi unitamente anumerosi altri individui palermitani, tra iquali Salvatore Vitale da Partinico, e Fran-cesco Lo Cicero da Palermo, furono sospet-tati anche di avere incettato notevoli quanti-tativi di eroina e morfina prodotti illegal-mente da due ditte farmaceutiche rette dalprofessor Guglielmo Bonomo e da altre dittedi Milano e Genova. Per questo traffico, de-nunciato nel novembre dello stesso anno1951, il 18 febbraio 1957 il tribunale di Mi-lano, con unica sentenza relativa alle duedenunzie, condannò Callace e Pici a due annidi reclusione e Bonomo a tre anni e seimesi di reclusione, oltre alle multe.

Il 15 maggio 1952 furono sequestrati adAlcamo 6 kg. circa di eroina nascosti neldoppio fondo di un baule e vennero denun-ziati per traffico di complessivi chilogram-mi 45 di eroina Francesco Paolo Coppoladetto « Frank », da Partinico, Giuseppe Cor-so (genero di Coppola), i fratelli Serafinoe Giuseppe Mancuso, da Alcamo, SalvatoreVitale, da Partinico (già citato), SalvatoreGreco, detto « Totò il lungo » (perché altomt. 1,83) o « l'ingegnere » (perché studentefuori corso di ingegneria), da Palermo, Ange-lo Di Carlo detto « il capitano », da Corleo-ne e residente a Palermo (deceduto nel no-vembre 1967), Giovanni (John) Priziola, ca-pofamiglia in Detroit, Peter Caudino e Raf-faele Quasarano detto « Jimmy », altri espo-

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nenti della mafia di Detroit (quest'ultimocognato di Vito Vitale, alias « don Vitone »,deceduto a Roma nel 1961, amico e comparedi Frank Coppola). Soltanto il Coppola, ilCorso e i fratelli Mancuso furono condan-nati; per questi ultimi risultò inoltre cheerano dediti alla lavorazione clandestina distupefacenti.

Una importante fonte di rifornimento dieroina fu individuata, sempre nel 1952, pres-so la ditta farmaceutica Schiapparelli diTorino, ove il direttore professor Migliardiera riuscito a deviare dalla produzione uf-ficiale al mercato clandestino 250 chilogram-mi di eroina.. Apparvero implicati nel traf-fico i già citati Frank Callace e GiuseppePici nonché tale Egidio Calascibetta da Ali-mena, residente a Milano, ma a loro cariconon poterono essere acquisiti sufficienti ele-menti di colpevolezza sicché fu condannatosoltanto il Migliardi.

Nel 1957 fu scoperto a Milano un labora-torio clandestino che produceva eroina dallafine del 1954. Esso era gestito dai traffi-canti Enzo Berti e Costantino Gamba arre-stati in Svizzera per un notevole traffico distupefacenti attuato tra Turchia, Svizzera eItalia. Si appurò che la droga fabbricata nellaboratorio era stata ceduta al Saverino eal Pirico i quali l'avevano consegnata ai fra-telli Ugo e Salvatore Caneba, dei quali si diràdiffusamente più avanti, e che l'eroina erastata poi inviata negli Stati Uniti via Genova.

In quell'occasione si accertò pure che ifratelli Caneba erano in rapporti con i fra-telli Pietro e Antonino Sorci, noti mafiosipalermitani, e con Angelo Di Carlo (già ci-tato) tutti da tempo sospettati di trafficodi stupefacenti e soci del Caneba in una so-cietà finanziaria costituita in Roma.

Il tribunale di Zurigo condannò nel 1958Enzo Berti, Costantino Gamba e due lorocompiici a pene detentive, mentre in Italiala sezione istruttoria del tribunale di Mi-lano assolse i Caneba per non aver commes-so il fatto.

Nel 1958, a seguito del sequestro in NewYork di una partita di eroina e di oppio,vennero ivi arrestati, tra gli altri, JosephPaul Lo Piccolo .e Vincenzo Todaro detto

« Vincent », associati al citato Joseph DiPalermo, tutti italo-americani di origine si-ciliana.

Si appurò che Vincenzo Todaro aveva avu-to contatti, nei suoi viaggi in Italia, conVincenzo Di Trapani da Paceco e residentea Salemi e con il proprio nipote GiuseppeProvenzano da San Giuseppe Iato e resi-dente a Roma, nonché con il francese Antoi-ne Cordoliani da Marsiglia.

Il nome del francese emerse di nuovo,quale fornitore della droga, nel 1959 a se-guito di un sequestro di eroina avvenuto nelCanada nei confronti di Giuseppe Cotrone,da Reggio Calabria, e residente a Montreal.

B) L'operazione Caneba (1961).

Alla Guardia di finanza va riconosciuto ilmerito di avere intrapreso in Italia, versola fine del 1960, azioni repressive a vastoraggio intese ad individuare e colpire noni singoli trafficanti, ma le loro organizzazio-ni sia interne che estere in ciò avvalendosidell'indispensabile ausilio di polizie stra-niere.

Con rapporto del 6 giugno 1961, laGuardia di finanza denunciò al Procura-tore della Repubblica di Roma i citati fra-telli Salvatore e Ugo Caneba ed altri 40 ele-menti italiani, francesi, americani ed italo-americani per i reati di associazione per de-linquere e traffico di considerevoli quantitàdi eroina.

Il rapporto di denuncia ha trovato giàmenzione nella relazione svolta dall'onorevo-le Della Briotta nella seduta del 6 ottobre1965 con la quale venne presentata una chia-ra sintesi del traffico di stupefacenti perpe-trato nel dopoguerra da organizzazioni ma-fiose italiane.

La notevole importanza della denuncia stanella dimostrazione, prima di allora mai rag-giunta, dell'esistenza di stretti rapporti trala mafia americana e quella siciliana nel traf-fico della droga e nella individuazione di ag-guerrite ed efficientissime organizzazionioperanti da anni in Italia, in Francia, negliStati Uniti e nel Canada; furono altresì ac-

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certate responsabilità precise e ricostruita,anche se in misura indubbiamente inferioreal reale, la entità dei traffici.

Il conseguente processo penale concluso-si a Roma il 1° novembre 1967, con severecondanne, ha avuto risonanza internazionaleper aver condotto, pur se mancò l'unifor-mità di consensi (Camera dei deputati 22maggio 1967 - Interrogazione dell'onorevoleAmodio), i giudici del tribunale di Romanegli Stati Uniti e in Francia, e principal-mente per aver posto sotto accusa e per-seguito le maggiori bande di trafficanti didroga che abbiano operato tra Europa eAmerica.

La così denominata « operazione Caneba »prese avvio dall'arresto avvenuto a NewYork, il 21 ottobre 1960, degli italo-ameri-cani Salvatore Rinaldo e Matteo Palmeri,trovati in possesso di 10 kg. di eroina, tra-sportata dalla Sicilia con la nave « Saturnia »nel doppo fondo di un baule di un ignaroemigrante imbarcatosi a Palermo.

Le indagini, protrattesi per mesi in Italia,negli Stati Uniti, Canada, Francia e Spagna,in perfetta intesa tra le varie polizie, si con-clusero con numerosi arresti di trafficantid'alto livello.

Dei 371 chilogrammi di eroina (il quanti-tativo corrisponde a quello accertato, ma iltraffico fu sicuramente superiore e non com-prende le partite di stupefacenti di cui allaprecedente lettera A) che le organizzazioniitaliane inviarono negli Stati Uniti nel pe-riodo 1951-1961, non meno di kg. 158 furo-no spediti da porti e aeroporti italiani.

L'eroina era stata prodotta per lo più inlaboratori clandestini francesi dall'organiz-zazione composta da trafficanti ben noti allapolizia francese ed alle altre; Edouard Giri-bone, Antoine Cordoliani, Joseph Andre Ce-sari, Jean Baptiste Piersanti, tutti residentia Marsiglia, i quali avevano poi provveduto atrasportarla in Italia generalmente con auto-vetture munite di doppio fondo ed a conse-gnarla, dietro pagamento del controvalore,ai fiduciari delle organizzazioni mafiose si-ciliane (nel corso dell'operazione Caneba ven-ne sequestrata una di queste autovetture edarrestato il corriere della banda francese,

tale Antoine Joseph Panza, trovato in pos-sesso anche di 60.100 dollari — pari a circa38 milioni di lire — che aveva appena rice-vuto, in Roma, da Giuseppe Palmeri, il notomafioso di S. Ninfa (Trapani) aneli'egli trat-'to in arresto).

Il trasporto della droga nell'America set-tentrionale era avvenuto nei modi indicatied i pagamenti erano stati effettuati da fi-duciari che trasportavano i dollari dall'Ame-rica in Italia. Dalle indagini eseguite risultòche la mafia preferiva tale sistema a quellodelle rimesse bancarie, per il controllo sulcredito esercitato negli Stati Uniti.

In Italia vennero individuate tre organizza-zioni le quali avevano operato sia indipen-dentemente e sia in concorso tra loro:

la più pericolosa, quella diretta dai ri-cordati fratelli Salvatore e Ugo Caneba (pa-lermitani, residenti a Roma), aveva inviatonel Nord America, tra il 1951 e il 1960, nonmeno di kg. 285 di eroina fornita dai fran-cesi e in parte prodotta nel laboratorio clan-destino di Milano;

l'altra, composta di siciliani originati diSalerai, Vincenzo Di Trapani, Francesco Pao-lo Fileccia, i fratelli Alberto e Vito Aguecied altri, aveva contrabbandato negli StatiUniti, tra il 1951 e il 1961, oltre 76 kg. dieroina, incettata in Francia;

la terza organizzazione, di minor contorispetto alle altre due, formata da AngeloDi Cosimo, Alberto Marazziti, siciliani resi-denti a Roma, e da altri, aveva ricevuto nel1958 dai francesi 10 kg. di eroina, poi con-segnati ai noti fratelli Giuseppe e SerafinoMancuso, da Alcamo.

Ricordiamole brevemente.

L'organizzazione Caneba è quella che se-condo gli accertamenti ha trafficato il mag-gior quantitativo di eroina. Le forniture piùconsistenti (non meno di 234 kg. accertati)furono fatte dal 1951 al 1955 ai trafficantidi New York, Rosario Mogavero, Joseph Mo-gavero e Carmine Lo Cascio. Dopo la rotturadei rapporti con questi, per dissensi sullabontà del prodotto e sui relativi pagamenti,i Caneba dal 1955 al 1960 fornirono non

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meno di 51 chilogrammi di eroina all'orga-nizzazione .statunitense-canadese capeggiatada Todaro, Mauro e Caruso, la quale operòprevalentemente con la squadra di Salemicome si dirà tra breve.

Per anni il corriere dei fratelli Caneba fuVincenzo Renna da S. Giorgio Ionico (TA),marittimo americano residente a New York,arrestato nell'aprile 1961 a Roma dietro or-dine di cattura, il quale ingaggiò a sua voltaun altro corriere, Franco Tarabella, da Ser-ravezza, emigrato a New York nel 1959 ecolà tratto in arresto nel maggio 1961.

Fiduciario dell'organizzazione americanafu invece Salvatore Rinaldo, cittadino ame-ricano, il quale venne arrestato, come giàdetto, nell'ottobre 1960 a New York in-sieme a Matteo Palmeri nel momento in cuiritirava un baule contenente 10 kg di eroi-na; in quell'epoca egli era già passato allaorganizzazione statunitense-canadese sopraindicata.

L'organizzazione di Salemi fu diretta ini-zialmente da Cristoforo Robino (della « fa-miglia » mafiosa Giuseppe Magliocco di NewYork) ucciso nel 1958 negli Stati Uniti e dal-l'italo-americano Vincent Todaro arrestato,sempre nel 1958, negli Stati Uniti per trafficodi stupefacenti, come ricordato nel prece-dente paragrafo.

Dopo il 1958 l'associazione fu manovratadai fratelli Agueci da Salemi, domiciliati inCanada, i quali tennero i contatti da un latocon i siciliani e dall'altro con i trafficantidi Toronto, Detroit e New York.

I principali organizzatori e finanziatori deltraffico in Italia furono il già indicato Vin-cenzo Di Trapani, Francesco Paolo Fileccia,Calogero Robino (cugino di Cristoforo Robi-no, sopra citato), Salvatore Zizzo e GiuseppePalmeri.

Altri mafiosi egualmente noti provvideroal ritiro delle partite di stupefacenti di pro-venienza francese ed al loro invio in Ameri-ca: Leonardo Crirni, Simone Maragioglio,Giacomo Ciaravolo e Salvatore Valenti; que-st'ultimo, sub-agente della società di navi-gazione « Italia » di Palermo, assolse l'inca-rico di procurare i trasportatori delle par-tite di eroina destinate al Nord America e

di imbarcare la mercé a Palermo o a Napoli,avvertendone trattando gli acquirenti ame-ricani a New York.

Eugenio Rocco Scopelliti ed il ricordatoGiuseppe Provenzano, nipote di VincenzoTodaro, ricoprirono il ruolo di corrieri difiducia.

L'organizzazione operò negli Stati Unitimediante il ripetuto Vincenzo Todaro, Vin-cent Mauro (della « famiglia » Vito Genovese)e Frank Caruso (alto esponente della fami-glia di Chicago) e nel Canada mediante i fra-telli Alberto e Vito Agueci, John Papalia,Benedetto Zizzo (fratello di Salvatore), Bal-dassarre Accardi, da Vita, e Settimo Accar-di, anch'egli da Vita, tutti mafiosi di To-ronto ben noti alle polizie statunitense ecanadese.

Il compito di ricevere le partite di eroinain arrivo dalla Sicilia era stato affidato aLuigi Lo Bue, pregiudicato palermitano, emi-grato clandestinamente in America, a MatteoPalmeri, nativo di Salemi e cittadino ameri-cano, ed a Salvatore Rinaldo, cittadino ame-ricano di origine siciliana, lo stesso che ave-va collaborato anteriormente con l'organiz-zazione Mogavero-Lo Cascio.

Fra il 1951 ed il 1961 la squadra di Salemitrafficò complessivamente non meno di 76chilogrammi di eroina, dei quali almeno 56chilogrammi furono spediti all'organizzazio-ne statunitense-canadese dianzi citata; maaltri quantitativi imprecisati vennero certa-mente ritirati in Francia e inviati negli StatiUniti.

L'organizzazione di Cosimo Angelo ed al-tri ricorre soltanto in un episodio avvenutoverso la metà del 1958 allorché i trafficantifrancesi Edouard Giribone, Antoine Cordo-liani e Jean Piersanti consegnarono 10 chi-logrammi di eroina ad Angelo Di Cosimo,Alberto Marazziti (entrambi siciliani resi-denti a Roma), Gerlando Ferruggia, da Pa-lermo, ed al più volte ricordato GiuseppeProvenzano, i quali non riuscirono però atrovare acquirenti sicuri per l'invio delladroga dn America, sicché i francesi, dopoavere sventato una truffa ordita a loro dan-no da certo Domenico Farina, servendosi

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della mediazione del Provenzano, consegna-rono ila partita ai fratelli Giuseppe e Sera-fino Mancuso da Alcamo, trafficanti già con-dannati in Italia, Francia e Stati Uniti eproduttori clandestini di stupefacenti.

Dalle indagini condotte sul fatto emerseche il Provenzano sino al 1958 era stato as-sociato alla squadra di Salerai con compitidi corriere tra Italia, Francia e Stati Unitiper il pagamento delle partite di eroina.

L'episodio dei 10 chilogrammi di eroinaavrebbe segnato perciò l'inizio di un traf-fico in proprio da dui avviato con i francesi,del quale mancano però più precisi elementiperché il Provenzano espatriò ed il luogo diresidenza è rimasto sconosciuto.

Interessante apparve la circostanza che ifrancesi, al fine di recuperare la partita dieroina che stava per essere loro truffata, pre-sero contatto con i più noti trafficanti si-ciliani: Vincenzo Di Trapani, Giuseppe Pal-meri, Pietro Davi, Nicola Gentile, AntoninoSorci e Salvatore Greco (« Totò il lungo »),riuscendo infine nell'intento, il che dimostraampiamente idi quale vasta rete di clientidisponessero i produttori francesi di eroina.

Alla considerevole entità del traffico at-tuato dalle organizzazioni italiane corrisposeun ingente movimento di mezzi finanziari.

Sulla base dei prezzi 'medi di mercato elimitatamente ai quantitativi di eroina ac-certati durante l'operazione Caneba, è pos-sibile calcolare con buona approssimazionei valori delle partite di droga per comples-sivi Kg. 371 trafficate dalle squadre di Sale-mi, dei fratelli Caneba e del Di Cosimo,espressi in milioni di lire:

dai laboratori clandestini ai mafiosi si-ciliani (dollari 3.500 per chilo): oltre 800;

dai mafiosi siciliani ai grossisti statu-nitensi (dollari 20.000 per chilo): oltre 4.600;

nella vendita iai consumatori statuniten-si (dollari 225.000 per chilo): oltre 52.000.

Si è già detto che le indagini di poliziapermisero di ricostruire solo parzialmenteil volume del traffico; è facile dedurre quan-to maggiore esso sia stato, tenuto conto del-la domanda di eroina >sul mercato statuni-tense (oltre mille chilogrammi annui).

La giustizia italiana ha ora colpito conseverità i responsabili del traffico.

Con sentenza del 1° novembre 1967 il tri-bunale di Roma ha irrogato pene detentiveper complessivi 246 anni e 11 mesi di re-clusione, di cui 22 condonati, e pene pecu-niarie per 2 miliardi 217 milioni e 100 milalire, di cui 5 milioni e 850 mila lire con-donati.

Tali condanne vengono integralmente ri-portate perché segnano un mutamento di in-dirizzo e 'la manifesta volontà di voler col-pire effettivamente la mafia nelle sue basieconomiche.

Esse sono:

Salvatore Caneba, Ugo Caneba e Vin-cenzo Renna: 10 anni di reclusione e 166 mi-lioni e 600 mila lire di multa (anni 2 e 600mila lire condonati);

Cannine Lo Cascio, Giuseppe Mogavero,Salvatore Rinaldo e Giuseppe Palmeri: an-ni 11 di reclusione e 210 milioni e 600 miladire di multa;

Vincenzo Di Trapani: 8 anni di reclu-sione e 50 milioni e 600 mila lire di multa(due anni e 600 mila lire condonati);

Giuseppe Provenzano: 11 anni di reclu-sione e 18 milioni e 600 mila lire di inulta;

Vincenzo Todaro: 10 anni ed 8 mesi 'direclusione e 70 milioni e 600 mila lire dimulta;

Salvatore Valenti: 9 anni di reclusionee 50 milioni e 600 mila lire di multa (di cui2 anni e 600 mila lire condonati);

Vito Agueci: 7 anni e sei mesi di reclu-sione e 50 milioni e 350 mila lire di multa;

John Papalia: 10 anni di reclusione e50 milioni e 600 mila lire di multa;

Vincent Mauro, Frank Caruso, MatteoPalmeri, Edouard Giribone, Antoine Cordo-Hani e Joseph Cesari: anni 10 e 50 milionie 600 mila lire di multa;

Rosario Mogavero: anni 10 e 170 milio-ni e 600 mila lire di multa;

Luigi Lo Bue: 11 anni di reclusione e5 milioni e 200 mila lire di multa;

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Baptiste Jean Piersanti: tre anni di re-clusione e 20 milioni e 300 mila lire di multa;

Antoine Panza: 7 anni e 6 'mesi di reclu-sione e 50 milioni e 360 mila lire di multa;

Eugenio Scopelliti: 3 anni di reclusionee 3 milioni e 300 mila lire di multa;

Giuseppe Mancuso: 4 anni e 8 mesi direclusione e 9 milioni e 480 mila lire di mul-ta (di cui un anno e 450 mila lire condonati) ;

Serafino Mancuso: 3 anni e 11 mesi direclusione e 6 milioni e 500 mila lire di•multa (di cui 3 anni e 500 mila lire con-donati) ;

Angelo Di Cosimo: 3 anni e 8 mesi direclusione e 3.380.000 lire di multa (di cui3 anni e 500 mila lire condonati);

Alberto Marazziti: 5 anni di reclusionee 5 milioni di multa (di cui 3 anni e 500 milalire condonati);

Gerlando Ferruggjia: 2 anni di reclusio-ne, e 4 milioni e 950 'mila lire di multa (dicui un anno e 450 mila lire condonati);

Domenico Farina: 3 ann/i di reclusionee 1 milione e 200 mila lire di multa (di cuiun anno e 450 mila lire condonati).

Sono stati assolti per insufficienza di pro-ve Franco Tarabella e Vito Di Prima.

In virtù della sentenza hanno lasciato ilcarcere Serafino Mancuso e Angelo Di Co-simo. Restano detenuti: i fratelli Caneba,Vincenzo Renna, Salvatore Valenti, Giusep-pe Mancuso, Alberto Marazziti, GerlandoFerrugg'ia, Vincenzo di Trapani e Domeni-co Farina.

Gli altri condannati <si trovano detenutiall'estero o sono latitanti.

C) Le associazioni mafiose palermitane LaBarbera, Greco, Torretta — / « boss » del-la mafia siciliana e americana

Le due sentenze di rinvio a giudizio emes-se dal giudice istruttore di Palermo, dottorCesare Terranova, l'una del 23 giugno 1964contro Angelo La Barbera ed altri 42 e l'al-

tra de'M'8 maggio 1965 contro Pietro Torret-ta ed altri 120, dei quali 31 .già compresinella sentenza anteriore, nonché la sentenza

: di rinvio a giudizio del 31 gennaio 1966 emes-sa dal giudice istruttore di Palermo dottorAldo Vigneri contro Francesco Garofalo edaltri 16, evidenziano principalmente il reatodi associazione per delinquere ed altri gravi

i reati comuni (sono stati enucleati i nomii ed d fatti connessi al traffico di stupefacenti).i L'insieme della documentazione conferma

che la mafia siciliana è da venti anni a que-sta parte la principale artefice del contrab-

| bando di stupefacenti diretto dalla mafiastatunitense.

Si riassumono qui di seguito gli episodipiù salienti risultanti dai documenti sopraricordati.

a) Sentenze istruttorie del 23 giugno 1964e dell'8 maggio 1965.

Com'è noto, le due sentenze formano at-tualmente materia del processo di Catan-zaro.

La prima .di esse trasse origine dal rap-porto giudiziario del 28 maggio 1963 redattodalla Squadra mobile e dal Nucleo di Poli-zia giudiziaria contro La Barbera ed altri 37,che il giudice istruttore, dottor Terranova,rinviò a giudizio, unitamente ad altri 5 in-dividui (in totale 43 imputati), per i reatidi associazione per delinquere, omicidio,soppressione di cadavere, furto, danneggia-mento ed altro; la seconda sentenza sca'turìdal rapporto del 31 luglio 1963 elevato daglistessi organi di polizia contro Pietro Tor-retta ed altri 53 per reati della stessa indolee determinò ài rinvio a giudizio da partedel medesimo giudice istruttore di 121 im-putati, trentuno dei quali già compresi nellasentenza precedente, avendo il magistratoritenuto esistente anche per essi il vincoloassociativo addebitato agli altri imputati.

•Le due sentenze si integrano poiché rico-struiscono le attività criminose compiute davari gruppi .mafiosi palermitani negli annidal 1952 al 1963, ponendo in rilievo la con-nessione causale dei singoli delitti che cul-minarono nei gravissimi fatti di sangue del

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giugno 1963, nell'ultimo dei quali, il gior-no 30, perdettero la vita sette appartenentialle forze dell'ordine e dell'esercito a segui-to dell'esplosione di un'auto Giulietta nellaborgata palermitana di Ciaculli.

Più precisamente la sentenza del 23 giu-gno 1964 prende in esame l'attività crimi-nosa degli imputati sino al 24 maggio 1963,giorno in cui Angelo La Barbera subì un at-tentato in una via di Milano e mette in lucela lotta fra le cosche rivali dei La Barbera,capimafia di Palermo-centro, e dei Greco, ca-pomafia di Palermo-orientale, .della quale sa-ranno ricordati più avanti gli episodi cheinteressano particolarmente il traffico di stu-pefacenti.

La sentenza 8 maggio 1965 continua ladescrizione dei fatti delittuosi accaduti dal24 maggio al 30 giugno 1963 (uccisione deipregiudicati Pietro Garofalo e Girolamo Tor-retta; uccisione di Bernardo Diana il 22 giu-gno in una via di Palermo; l'omicidio diBmanuele Leonforte il 27 giugno in un ne-gozio di Palermo; l'attentato dinamitardodel 30 giugno contro Giovanni Di Peri conla conseguente morte di due persone; laesplosione dell'autovettura che dilaniò lostesso giorno 30 giugno i sette tutori del-l'ordine), determinati dalla lotta scatenatasidopo l'arresto di Angelo La Barbera e dinumerosi suoi fiduoiari tra i gruppi mafiosicapeggiati dai Greco e da Pietro Torretta,capomafia della borgata palermitana Udi-tore.

Oltre alla connessione soggettiva ed og-gettiva esistente tra il procedimento controAngelo La Barbera e quello contro PietroTorretta, il dottor Terranova pone in chiarorisalto la comunanza di vincoli associativitra tutti gli individui rinviati a giudizio di-mostrando l'irrilevanza della costituzione,nell'ambito dell'associazione, di gruppi o co-sche spesso in lotta fra loro.

Pertanto a tutti gli imputati, attualmentesottoposti a giudizio avanti la Corte d'assisedi Catanzaro, viene contestata l'appartenen-za ad un'unica associazione criminosa cheoperò in Palermo e provincia sino all'estate1963.

Per dimostrare l'assunto, il magistrato, neidue documenti istruttori, richiama frequen-

temente il traffico di stupefacenti commes-so dai massimi esponenti della mafia napo-letana.

Fu infatti proprio un affare di stupefa-centi a far riesplodere verso la fine del 1962lotte cruenti fra le cosche rivali, rompendola tregua decisa dai capi per dimostrare lainesistenza di una pericolosa malavita asso-ciata: la sera del 26 dicembre 1962 in unapiazza di Palermo venne ucciso a colpi dipistola Calcedonio Di Pisa inteso « Doruc-cio », pregiudicato e contrabbandiere, e gliorgani inquirenti collegarono il delitto altraffico di una partita di eroina avviata ne-gli Stati Uniti. L'affare era stato promossoe finanziato da Salvatore Greco fu Giusep-pe, inteso « u ciaschiteddu », nato a Paler-mo il 13 gennaio 1923, dal cugino omonimoSalvatore Greco fu Pietro (« Totò il lungo »o « l'ingegnere »), nato a Palermo il 12 mag-gio 1924; da Cesare Manzella, italo-america-ni da Cinisi, e dai fratelli Angelo e Salva-tore La Barbera.

Calcedonio Di Pisa, dopo assolto l'inca-rico di consegnare la droga ai corrieri ame-ricani e di riscuoterne il controvalore, avevaconsegnato ai soci una somma inferiore aquella stabilita adducendo di essere statotruffato, ma un controllo del quantitativodi eroina giunto a destinazione lo avevasmentito. Un « tribunale mafioso » compostoda Salvatore Greco (« u cdasohiteddu »), Sal-vatore La Barbera, Cesare Manzella, RosarioMancino e Vincenzo D'Accardi indagò sullafaccenda, ma finì con lo scagionare il DiPisa dall'accusa di essersi appropriato diuna parte della somma, probabilmente perevitare la rottura della tregua suddetta econscguentemente un immediato interventodi questa Commissione.

I fratelli La Barbera dovettero però resta-re insoddisfatti dallo scagionamento del DiPisa perché ne seguirono il suo assassinio,il ferimento con colpi di pistola del suoamico e fiduciario Raffaele Spina, avvenutoa Palermo l'8 gennaio 1963, e l'attentatodinamitardo ai danni di un suo congiunto,Giusto Picene, compiuto il successivo gior-no 10.

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Questi delitti, attribuiti tutti al gruppoLa Barbera, provocarono la reazione di Sal-vatore Greco (« u ciascbìteddu ») e di Ce-sare Manzella, ai quali si attribuisce la scom-parsa, sicuramente l'uccisione, di SalvatoreLa Barbera, avvenuta il 17 gennaio 1963.

Angelo La Barbera, nel frattempo allon-tanatosi da Palermo e stabilitosi a Romainsieme a Rosario Mancino, fu l'ispiratoredell'attentato dinamitardo contro SalvatoreGreco, ora citato, avvenuto il 12 febbraio1963.

Il 19 aprile 1963, in un negozio di Palermo,lo stesso La Barbera ed i suoi gregari Ste-fano Giaconia e Vincenzo Sorce furono fattisegno a colpi di arma da fuoco.

Il 21 aprile 1963 venne ucciso a Palermo,probabilmente ad opera di La Barbera, ilcontrabbandiere e noto mafioso VincenzoD'Accardi (« u muticeddu»), già ricordato.Qualche giorno dopo, il 24 aprile, venne as-sassinato a colpi di rivoltella sulla sogliadella sua officina a Palermo Rosolino Gu-lizzi già gregario di La Barbera come il pre-cedente. Entrambi furono perciò eliminatiperché ritenuti colpevoli di tradimento. Il26 aprile, infine, fu ucciso a Cinisi mediantel'esplosione di un'autovettura, Cesare Man-zella.

Come ritorsione, il 24 maggio 1963, a Mi-lano, Angelo La Barbera rimase ferito dacolpi di pistola sparatigli da ignoti. Trat-to in arresto e tuttora detenuto, egli haconcluso così per ora la sua carriera di capotemuto della mafia palermitana.

Una così feroce catena di repressione dif-ficilmente può essere originata da una solatruffa, pur nell'ambiente infocato della ma-fia siciliana. Gli inquirenti si sono formatiperciò il convincimento che una delle causefondamentali debba essere ricercata nellavolontà di predominio nel traffico di stupe-facenti. Questa tesi trova conferma nei fre-quenti contatti dei mafiosi palermitani contrafficanti internazionali, nei loro rapportidi natura finanziaria, nonché nei rapidi ar-ricchimenti risultati dalle investigazioni con-dotte per anni dalla Guardia di finanza, giu-stificabili soltanto con un'attività contrab-bandiera nel settore degli stupefacenti ed

anche dei tabacchi come si esporrà in altroparagrafo.

A questo proposito risulta dalla sentenzache Angelo La Barbera ebbe contatti a Mi-lano col noto gangster americano GiuseppeDoto, alias Joe Adonis; che intimo amico esocio in affari illegali dei fratelli La Bar-bera fu Rosario Mancino, e che con questie con Pietro Davi, detto Jimmy l'america-no, il noto contrabbandiere internazionale,Angelo La Barbera si recò nel Messico e nelCanada, viaggio che non può non collegarsial traffico di stupefacenti.

Tra gli affiliati ai fratelli La Barbera spic-cano per la loro intensa attività in taletraffico:

Tornmaso BUSCETTA, il quale abbandonònel 1961 il gruppo La Barbera non condi-videndone il programma di vendetta ad ol-tranza e passò al gruppo dei Greco, tenen-dosi tuttavia nell'ombra per timore di es-sere soppresso;

Rosario MANCINO, dedicatosi sin dal 1951al traffico di stupefacenti insieme al fratelloVincenzo e associatosi poi ai più noti traf-ficanti italiani e italo-americani come Fran-cesco Callace, Giuseppe Pici, Francesco Pao-lo Coppola, Salvatore Vitale, Angelo Di Car-lo, Francesco Paolo Saverino, i fratelli Anto-nio e Pietro Sorci, Vito Di Bella (italo-ame-ricano parente del Sorci ed intimo amico diSalvatore Lucania, alias Lucky Luciano). Nelperiodo 1954-1955 il Mancino risiedette perlunghi periodi a Beyrouth nel Libano, puntonevralgico nel Medio Oriente per il trafficodi droghe, associato al noto contrabbandieregenovese Elio Forni;

Pietro DAVI, detto Jimmy l'americano, fuun big del contrabbando dei tabacchi,ma numerosi episodi .rivelarono le sue coin-teressenze anche in quello di droghe. Giànel 1950, implicato in un traffico di 300 chi-logrammi di cocaina scoperti in Germania,ebbe continui rapporti negli anni successivicon Rosario Mancino, Angelo La Barbera,Giovanni Mira, insieme ai quali mei 1960 ef-fettuò il ricordato viaggio mei Mesisico e nelCanada. Nel 1958 da un importante servi-zio condotto dalla Guardia di finanza e dal-

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la Questura di Roma nei eanlranti di una va-sta organizzazione contrabbandiera compo-sta dai francesi Pascal Molinelli e Michel DeVal e da elementi 'palermitaini dediti al traf-fico dei tabacchi emerse che oltre ad essereil principale cliente dei francesi in materiadi tabacchi, era ad essi associato anche neli.raffioo di stupefacenti verso gli Stati Uniti.

Anche il gruppo dei Greco era compositoda individui ben conosciuti quali contrab-bandieri di tabacchi e trafficanti 'di stupe-facenti.

L'attività dei due cugini, Salvatore Greco(« u ciaschiteddu ») e Salvatore Greco (« To-tò il lungo » o « l'ingegnere »), fu per lungotempo seguita anche da polizie straniere acausa dei loro legami associativi con ele-menti della malavita intemazionale.

Pur essendo meglio noti come contrabban-dieri di tabacchi, essi si interessarono ancheal traffico di droga come risultò in occasio-ne 'dell'omicidio di Calcedonio L>i Pisa. Piùprecisamente:

Salvatore GRECO, « u ciaschiteddu », fui'1 maggiore esponente 'del 'gruppo, continua-tore dell'antica tradizione mafiosa della fa-migerata famiglia Greco di contrada Ciaculliin Palermo. Insieme ai propri cugini Salva-tore, già ricordato, Nicola, nato il 26 luglio1929, e Paolo, nato il 20 maggio 1931, eglidetenne l'assoluta preminenza nel campo delcontrabbando fin quando dovette subire l'al-leanza coi La Barbera impostisi rapidamen-te con metodi di estrema violenza al molodi capi di una mafia più intraprendente.La rottura 'tra i due gruppi determinò i fattidi sangue già indicati;

Salvatore GRECO, detto « Totò il lungo »o « l'ingegnere » è stato già ricordato cometrafficante di stupefacenti. Nel 1952 si 'tro-vò implicato con Serafino Mancuso nel con-trabbando di circa 6 chilogrammi di eroina,ma dal processo uscì assolto con formulapiena. Nel corso delle indagini risultaronocomunque evidenti i suoi rapporti con notitrafficanti, quali Francesco Coppola, Anto-nino Sorci, Francesco Callace, Salvatore Vi-tale e i gangsters americani di Detroit PeterCaudino e Raffaele Quasarano. Nel 1960emersero suoi rapporti con la nota squadra

di trafficanti di Salemi nel contrabbandodi 10 chilogrammi di eroina sequestrati aNew York verso la fine dell'animo. Ininter-rotti e intensi legami egli tenne con la ma-lavita francese, spagnola, còrsa e tangerina,divenendo un big del contrabbando inter-nazionale. Nell'aprile 1963 si rese irrepe-ribile e lo è tuttora, pur continuando a diri-gere dall'estero grosse operazioni di contrab-bando di tabacchi.

Altri membri del gruppo capeggiato daiGreco dediti al traffico di stupefacenti,sono: i già ricordati Tommaso Buscetta, 'An-tonino Sorci e Pietro Davi, nonché Gaeta-no Badai amenti, Gioacchino Pennino, Gia-cinto Mazzara, Bernardo Diana (uccisi nelgiugno 1963), Antonino Oamporeale e Eme-sto Marchese.

o) Sentenza istruttoria del 31 gennaio 1966.

Il giudice istnittorc, dottor Aldo Vigneri,ha rinviato a giudizio per il (reato di associa-zione a délinquere diciassette autorevolibosses della mafia siciliana e americana.

L'istruttoria ha tratto origine da vari rap-porti della Squadra mobile di Palermo e dal'apporti integrativi della Guardia di finanzaredatti per la maggior parte nel 1965 e si èsviluppata, collegando fatti, indizi, dichiara-zioni, testimonianze eccetera, verso la dimo-strazione che gli indicati esponenti dellamafia, anche quelli in precedenza non denun-ciati, avevano operato — soprattutto nel traf-fico di stupefacenti — in stretto collegamen-to con da mafia americana.

Gli imputati appartengono tutti alile piùalte gerarchle del crimine organizzato in Si-cilia e negli Stati Uniti:

Francesco GAROFALO, alias Frank Car-rol, nato a Castellammare del Golfo il 10settembre 1901 e residente a Palermo, cit-tadino statunitense.

Elemento di primo piano melila organizza-zione « Cosa Nostra », egli è affiliato ad unadelle cinque grandi « famiglie » ohe domi-nano la malavita di New York, quella capeg-giata da Giuseppe Bonamno, nella quale ri-copre la carica di « consigliere ».

Nel luglio 1957 rientrò dagli Stati Unitiin Sicilia stabilendosi a Palermo ed assuinen-

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do il ruolo di destinatario ed esecutore de-gli ordini di « Cosa Nostra » diretti alla ma-fia siciliana.

Oltre ad essere persona -malto vicina al« capofamiglia », egli è legato anche a Gae-tamo Lucchese, capo dell'omonima famigliadi New York, ed a William Tocco, uno deimassimi rappresentanti della « famiglia » diDetroit facente capo a John Priziola.

Presenziò negli Stati Uniti alla nota riu-nione generale dalla mafia di Binghamtonnel 1956, ed a Palermo ad analogo conve-gno nell'ottobre del 1957;

Giuseppe BONANNO, alias Joe Bananas,nato a Castellammare del Golfo il 18 gen-naio 1905, cittadino 'Statunitense, capo dellacitata omonima famiglia di New York.

Considerato uno dei maggiori' esponentidella malavita internazionale, è membro del-la « commissione » che regge le 'sorti dellamafia statunitense; partecipò in tale quali-tà alle riunioni dei capi di « Cosa (Nostra »a Binghamton nel 1956, a Palermo ed a Apa-lachin nel 1957.

Il 21 ottobre 1964 scomparve da New Yorkin circostanze misteriose poche ore primadi comparire davanti al Grain Giurì per testi-moniare sull'attività dalle famigiHe di « CosaNostra »; ancora oggi non si conosce se fuucciso o se volle sottrarsi alla testimonianza;

Giovanni BONVENTRE, alias Joe Bonven-tare, nato a Castellammare del Golfo il 18 apri-le 1901, cittadino 'Statunitense.

Più volte arrestato negli Stati Uniti pergravi reati egli appartiene, con funzioni di« 'sottocapo », alla famiglia 'Bonanno; in taleveste partecipò alle ricordate 'tre riunionigenerali dei capimafia.

Subito dopo il convegno di Apalachin (no-vembre 1957) lasciò clandestinamente gliStati Uniti trasferendosi in Sicilia ove sistabilì definitivamente a Castellammare ideiGolfo;

CamiMo GALANTE, alias Cannine Galante,nato a New York il 21 febbraio 1910, citta-dino statunitense, « sottocapo » come il Bon-ventre della famiglia Bonanno, anch'egli par-tecipante alle note riunioni mafiose.

Autentico gangster, resosi responsabile ne-gli Stati Uniti di omicidio, rapina e .trafficodi stupefacenti, fu condannato nel 1962 perquest'ultimo reato dalla Corte federale diNew York a 15 anni di reclusione che statuttora s contando ;

Giovanni PRIZIOLA, alias John Papa, na-to a Partinico il 3 febbraio 1893 e domicilia-to negli Stati Uniti.

Capo della mafia di Detroit, nel Michigan,e pregiudicato per gravi reati è uno dei piùimportanti organizzatori del traffico intema-zionale di stupefacenti, associato in partico-lare a Giuseppe Bonanno ed a Frank Coppo-la; con costui mantenne costanti relazionimediante il proprio fiduciario Raffaele Qua-sarano, genero di Vito Vitale (« don Vito-ne »), il quale partecipò al convegno .di Pa-lermo in rappresentanza del Priziola stesso.

Come già ricordato, nel 1952 Priziola eQuasarano furono denunziati daia Guardiadi finanza per traffico -di eroina, unitamentea Coppola, ai fratelli Mancuso ed altri, ma'furono prosciolti in istruttoria;

Raffaele QUASARANO (nella sentenza in-dicato Quarasano), nato a Mauch Chunk -Detroit - il 20 dicembre 1910 e residente ne-gli Stati Uniti.

Trafficante di stupefacenti noto anche inItalia per la ricordata denunzia del 1952,egli curò i collegamenti tra le organizzazio-ni mafiose effettuando numerosi viaggi da-gli S,tati Uniti in Sicilia.

Egli è membro della mafia di Detroit ca-peggiata dal citato Priziola ed ha al suo at-tivo vari arresti negli Stati Uniti per rapina,conflitto a fuoco' ed altri crimini.

Genero di Vito Vitale — come già accen-nato — mantenne con questi e con FrankCoppola continui rapporti;

Santo SORGE, nato a Mussomeli l'il gen-naio 1908, cittadino americano residente ne-gli Stati Uniti.

Pregiudicato di vecchia data con prece-denti 'penali in Italia, in Francia e in Bel-gio, egli raggiunse nell'anno 1957 in seno a« Cosa Nostra » la posizione di rappresen-tante del sindacato dei bosses, di membrodi assoluta fiducia incaricato di imbastire

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relazioni commerciali e di procurane investi-menti col denaro proveniente dalle attivitàillecite dell'organizzazione.

Dati questi compiti, Santo Sorge non puòessere inserito esattamente in una determi-nata famiglia mafiosa, in quanto la sua ope-ra interessò l'intera organizzazione; egli in-fatti ebbe stretti rapporti con tutti i capidi « Cosa Nostra » ed anche in Sicilia iniziònel 1957 una intensa attività economKxxfi-iianziaria rivolta allo scopo indicato, comesarà esposto nel paragrafo concernente ilcredito;

Giuseppe GENCO Russo, nato a Musso-meli il 26 gennaio 1893 ed ivi residente.

Si tratta del capo riconosciuto delia ma-fia in Sicilia; aneh'egli partecipò al conve-gno di Palermo del 1957.

Molto intensi furono i rapporti con LuckyLuciano, Giuseppe Sonammo, Camillo Galan-te e Santo Sorge; per la sua attività mafio-sa il Tribunale di Caltanissetta gli inflisse,con decreto del 24 febbraio 1964, ili provve-dimento delia sorveglianza speciale per ladurata di cinque anni con obbligo di soggior-no in altro comune;

Francesco Paolo COPPOLA, nato a Parti-nico il 6 ottobre 1889 e residente in Ardeadi Pomezia.

Fu più volte arrestato negli Stati Unitiper omicidio ed altri 'reati, conquistandosila fama di pericoloso criminale e killer;espulso nel 1948, tornò in Italia ove entròin rapporti con i noti mafiosi Vito Vitale,(« don Vitone »), e Angelo Di Carlo, d'etto« capitano », anch'essi espulsi dagli Stati Uni-ti, con Salvatore Greco (« Totò il lungo » o« l'ingegnere »); mantenendo peraltro stret-ti contatti con l'organizzazione « Cosa No-stra ».

Il 14 aprile 1950 fu fermato dalla poliziamessicana in Tia Juana dove era giunto do-po un viaggio clandestino dall'Italia agliStati Uniti, perché sospettato di omicidiodel gangster Charles Binacelo, avvenuto po-co tempo prima a Kansas City.

Espulso dal Messico come individuo inde-siderabile, rientrò in Italia e anche qui fudenunciato per omicidio e sequestro di per-

sona. Dalla Sicilia si trasferì successivamen-te nel Lazio.

Non v'è dubbio che egli raggiunse in senoalla .mafia posizione di netto prestigio.

Più precisamente la funzione da lui svol-ta per 'anni fu quella di collegamento traItalia e Stati Uniti nel -traffico di stupefa-centi; ne ^dettero conferma le condanne su-bite per tale reato in entrambi i paesi.

In siffatta attività particolari vincoli lounirono a John Priziola, a Raffaele Quasa-rano ed a Vito Vitale.

Da quest'ultimo si fece rappresentare alcongresso di Palermo del 1957;

Gaspare MAGADDINO, nato a Castellam-mare del Golfo il 1° agosto 1908 ed ivi resi-dente.

Capo defila mafia di Gasteliainmare delGolfo, partecipò nell'ottobre 1957 alla riunio-ne di Palermo dei capi idi « Cosa Nostra »e dei capi della mafia siciliana.

Egli è parente di Giuseppe Magaddino,capo della famiglia 'Statunitense di Buffalo,presso il quale si ritiene abbia trovato rifu-gio allorquando lasciò l'Italia l'8 ottobre1964, proprio nello stesso giorno in cuiera stata inoltrata a suo carico la propostaper l'applicazione della sorveglianza specia-le. Giunto negli Stati Uniti si rese irreperi-bile ed a pochi giorni di distanza dal suoarrivo avvenne la ricordata scomparsa delcapofamiglia Giuseppe Bonanno, ila quale siritenne dovuta a decisioni di Gaspare Ma-gaddino;

Vincenzo MARTINEZ, nato a Marsala il25 dicembre 1896 ed ivi (residente, cittadinostatunitense.

Membro di « Cosa Nastra » durante la sualunga permanenza negli Stati Uniti, rientròdefinitivamente in Italia nel 1962.

Nel periodo 1955-1962 effettuò frequentiviaggi dagli Stati Uniti in Italia per motividi collegamento .tra il « sindacato » ameri-cano ed il gruppo operante in Sicilia agliordini di Francesco Garofalo.

Anch'egli fu presente nell'ottobre 1957 alconvegno di Palermo;

Giuseppe MAGADDINO, nato il 16 luglio1935 a Castellammare del Golfo, figlio .di Ga-

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spare Magaddino, dianzi citato, è membrodella mafia castellamimarese, ideila quale èautorevole esponente ancihe ài .proprio suo-cero Diego Plaia; in associazione con questie con il padre egli svolse un iruolo 'di coper-tura dei loro illeciti 'guadagni mimetizzan-doli con la propria attività di imprenditoreedile. Fu arrestato nel novembre 1964 insie-me al Plaia, per attentati dinamitardi, vio-lenza privata e simulazione di reato.

Con decreto del 14 maggio 1965 il Tribu-nale idi Trapani lo sottopose alia sorveglian-za speciale per tre anni;

•Diego PLAIA, nato a CastaMammaire delGolf o il 14 ottobre 1908 ed ivi residente.

Come indicato, egli è membro autorevoledella mafia locale strettamente associato alcapo Gaspare Magaddino; secondo tipiche•usanze mafiose il vincolo luna i due fu raf-forzato col matrimonio dei rispettivi figli.Tratto in arresto nel novembre 1964, comegià detto, fu sottoposto nel maggio 1965 asorveglianza speciale per tre anni con sog-giorno obbligato in altro comune;

Imperiale CIOÈ, nato a Palermo il 2 gen-naio 1914 ed ivi residente.

Pregiudicato piar reati di conlrabbando,egli ha sempre agito sotto de direttive .di Fran-cesco Garofalo, assumendo la figura dell'in-termediario o « cuscinetto » secondo il gor-go mafioso, cioè di chi tiene i contatti coni materiali esecutori del contrabbando, deltraffico di stupefacenti, dell'emigrazioneclandestina, eccetera;

Giuseppe SCANDARIATO, nato a Casitel-lamniare del Golfo il 9 marzo 1920 ed iviresidente.

Egli è membro dell'associazione mafiosasiciliana, alle dipendenze dei bosses Fran-cesco Garofalo, Gaspare Magaddino, DiegoPiada e Vincenzo Rimi 'da Alcamo. Per teli•motivi fu diffidato, nel 1958, ai sensi dellalegge n. 1222 del 1956;

Rosario VITALITI, nato a Giardini il 25maggio 1897 e residente a Taormina.

Fu uno dei « corrieri » di Lucky Luciano,ma anche dopo la morte di costui continuòl'attività a favore dell'organizzazione « CosaNostra » e della mafia isolana.

30.

Soggiornò negli Stati Uniti ove fu feritoalla nuca da un colpo di arnia da fuoco peravere disobbedito — a quanto si ritenne —

• agli ordini impartiti dai capì della malavita;

Francesco SCIMONE, nato a Boston, Sta-ti Uniti, il 17 novembre 1911 e residente aTaormina.

Fu, tìl pari del Vitaliti, uno dei « cor-rieri » di Lucky Luciano sino ali 1951.

Altri quattro imputati del (processo sonostati prosciolti in istruttoftìia per insufficien-za di prove.

Essi sono:

Calogero ORLANDO, alias Charles Orlan-do, nato a Terrasini il 12 aprile 1906 e iviresidente, cittadino statunitense;

Giuseppe CERRITO, nato a Villabate il5 febbraio 1911 e residente in California,cittadino statunitense;

Gaetano Russo, nato a Pailermo il 21aprile 1891 e residente a New York, cittadi-no statunitense;

Angelo COFFARO, nato a Palermo il 21gennaio 1900 ed ivi residente.

L'indagine istruttoria abbraccia il periodoche va dal 1956 al luglio 1965 e si avvale,oltre che dei rapporti di organi di poliziaitaliani, delle risultanze del noto rapportoMcClellan.

Il traffico di stupefacenti costituisce iltema fondamentale o il filo conduttore nellaricostruzione dei fatti e nell'accertamentodelle responsabilità.

Negli anni 1956-57 i capi di « Cosa Nostra »decisero di valorizzare la Sicilia come zonadi transito per il traffico della droga diret-ta nel nord-America, poiché la crisi politicacubana li aveva privati di quell'importantecentro di raccolta; essi si preoccuparono al-tresì di approntare nuovi mezzi e idonee di-fese onde neutralizzare la nuova legislazionestatunitense (legge Boggs Daniel del 1956) laquale, oltre ad inasprire le sanzioni per iltraffico di stupefacenti, aveva previsto anchela responsabilità per conspiracy, assimila-bile alla nostra associazione per delinquere,ma con più gravi pene.

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Allo scopo di concordare comuni linee diazione con la mafia siciliana furono promos-se nel 1956 e nel 1957 tre riunioni generaliad alto livello (o « sedute » secondo il gergomafioso) di cui due tenute negli Stati Unitinel 1956 e nel 1957 ed una, intermedia, inItalia nello stesso anno 1957:

1) il primo convegno, svoltosi dal 17 al19 ottobre 1956 a Binghamton — Stato diNew York — presso l'albergo Arlington, videriuniti Giuseppe Bonanno, Giovanni Bonven-tre, Camillo Galante, Francesco Garofalo (ri-spettivamente capo, sottocapi e consiglieredella famiglia Bonanno), Joseph Di Palermo(della famiglia newyorchese Gaetano Lucche-se) e Joseph Barbara (« capitano » della fa-miglia John Priziola di Detroit);

2) il secondo convegno avvenne in Italiaa Palermo, presso 'l'albergo Delle Palme, dal12 al 16 ottobre 1957 con la partecipazionedegli stessi Giuseppe Bonanno, Giovanni Bon-ventre, Camillo Galante, Francesco Garofalo,oltre che di Santo Sorge, Salvatore Lucania(Lucky Luciano, esponente della famiglia Ge-novese), Vito Vitale (« don Vitone »), Giusep-pe Genco Russo, Gaspare Magaddino e JohnDi Bella (nato a Montelepre il 24 giugno 1890,esponente della famiglia Genovese di NewYork, parente dei noti fratelli Pietro e An-tonino Sorci e, al pari di costoro, intimoamico di Lucky Luciano);

3) a distanza di appena un mese, il 14novembre 1957, fu tenuto negli Stati Unitiil terzo convegno. Ad Apalachin — Stato diNew York — nella villa del già citato JosephBarbara intervennero numerosi membri delsindacato di « Cosa Nostra », e tra essi i ci-tati G. Bonanno, G. Bonventre, G. Galantee J. Di Bella reduci dal convegno palermita-no. Durante la riunione di Apalachin si di-scusse anche della successione di Vito Geno-vese nel comando della famiglia di AlbertAnastasia ucciso a New York il 25 ottobre1957 e di Carlo Gambino nel comando dellafamiglia di Frank Costello, che si era ritiratodopo il tentativo di omicidio subito in NewYork nel settembre 1957.

Varie circostanze ed in particolare il fattoche Bonanno, Bonventre e Galante avessero

partecipato a tutte le riunioni dimostrò chetra esse ci fu un collegamento e che il traf-fico di narcotici aveva costituito il moventeprincipale delle riunioni medesime.

È da ricordare che Camillo Galante suc-cessivamente venne arrestato, unitamente aJoseph Di Palermo, proprio per traffico distupefacenti e condannato nel 1962 a 15 annidi carcere.

Quanto alla riunione di Palermo, inseritasitra quelle dell'ottobre 1956 e del novembre1957 tenute negli Stati Uniti, si accertò cheparteciparono agli incontri effettuati nel cor-so di essa Giuseppe Bonanno, Giovanni Bon-ventre, Francesco Garofalo e Camillo Galan-te (quest'ultùno venuto per la prima voltain Italia) — già presenti nel 1956 a Bingham-ton e successivamente presenti, tranne ilGarofalo, ad Apalachin — e John Di Bella,anch'egli poi presente ad Apalachin.

Chiara apparve la relazione tra il convegnodi Palermo e quello di Apalachin, data lapersonalità dei partecipanti — tutti mafiosie gangsters dediti al traffico di stupefacentisu vasta scala — e tenuto conto del brevetempo intercorso tra le due riunioni e, in-fine, della particolare circostanza che Giu-seppe Bonanno subito dopo il convegno diApalachin fece una brevissima apparizionea Palermo il 18 dicembre 1957, molto proba-bilmente per rendere edotti i mafiosi sici-liani ed il loro capo Francesco Garofalo deirisultati del convegno.

La riunione palermitana dell'ottobre 1957era stata preceduta dal definitivo ritorno inSicilia del Garofalo, qui giunto il 7 lugliodello stesso anno.

Il suo rientro in Italia ebbe lo scopo pre-ciso di costituire in Palermo un gruppo ope-rativo della famiglia Bonanno di New York,capeggiato dal Garofalo stesso, con la parte-cipazione della mafia di Partinico e di Ca-stellammare del Golfo particolarmente col-legata alla famiglia di John Priziola di De-troit oltre che a quel'la del Bonanno, quasiinteramente costituite da mafiosi originari ditali località.

La riunione all'albergo delle Palme decisela costituzione di questo gruppo operativo,con l'avallo di Giuseppe Genco Russo e diGaspare Magaddino — capi della mafia sici-

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liana — di Salvatore Lucania, emanazionedella famiglia Genovese, e di Santo Sorge,rappresentante del « sindacato » di « CosaNostra ».

Nel quadro generale dei programmi cri-minosi di « Cosa Nostra » i partecipanti alcongresso di Palermo avrebbero concordatocompiti ben definiti:

BONANNO, GALANTE e BONVENTRE, quali capidi « Cosa Nostra », quello di stabilire un pro-gramma unitario e concorde tra i trafficantidegli Stati Uniti, Salvatore Lucania, FrankCoppola ed i trafficanti della mafia siciliana;

GENCO Russo quello di assicurare l'ordinenelle file di questi ultimi;

Santo SORGE quello di assicurare i collega-menti tra i capi di « Cosa Nostra », il Luca-nia e il Genco Russo;

Francesco GAROFALO, esponente della fami-glia Bonanno, quello di dirigere le attivitàdella mafia di Castellammare del Golfo e diPalermo mantenendo i collegamenti con lefamiglie di « Cosa Nostra »;

Gaspare MAGADDINO, capo mafia di Castel-lammare del Golfo, quello di garantire insie-me a Diego Plaia il regolare andamento del-l'attività mafiosa in quei territori considera-ti i migliori canali del contrabbando;

Vito VITALE quello di rappresentare gli in-teressi di Frank Coppola, di Raffaele Quasa-rano e di John Priziola, capo famiglia di De-troit.

A siffatte conclusioni il giudice è pervenu-to attraverso le minuziose indagini svoltedalla Polizia e dalla Guardia di finanza emediante approfonditi accertamenti istrut-tori.

Per ciàscun imputato la sentenza offre unquadro il più preciso possibile delle attività,dei movimenti e dei contatti verificatisi dal1957 al 1965, documentato da numeroso ma-teriale probatorio scaturito da perquisizioni,sequestri, interrogatori, accertamenti bancarie immobiliari, intercettazioni telefoniche, ve-rificazioni economico-tributarie eccetera, dalquale è possibile evincere — secondo l'inter-pretazione data dal magistrato — la chiaradimostrazione dell'attività associata a delin-

quere che la mafia siculo-americana ha eser-citato in Italia nel periodo indicato, soprat-tutto nel settore del traffico di stupefacentidestinato al mercato statunitense.

A Francesco Garofalo il giudice ha adde-bitato di aver organizzato e capeggiato l'asso-ciazione e a Giuseppe Bonanno di averla co-stituita.

Il processo penale non è stato ancora cele-brato; trovansi in stato di custodia preven-tiva Francesco Garofalo, Vincenzo Martinez,Diego Plaia, Giuseppe Magaddino, GiuseppeScandariato, Imperiale Cioè, Francesco Pao-lo Coppola, Rosario Vitaliti, Giuseppe GencoRusso e Giovanni Bonventre; sono invece la-titanti: Santo Sorge, Gaspare Magaddino,Francesco Scimone, Giuseppe Bonanno, Gio-vanni Priziola, Camillo Galante e RaffaeleQuasarano.

Attraverso l'esame delle tre sentenze istrut-torie è stato possibile enucleare dalla massadei mafiosi rinviati a giudizio coloro cheattraverso i canali pdù diversi hanno tenu-to continui collegamenti con la mafia ameri-cana.

È agevole constatare che si tratta sempredi individui originari delle province di Tra-pani e di Palermo, anche se stabilitisi inaltre zone del territorio nazionale o all'estero.

Per concludere occorre ricordare una del-le figure più sinistre della malavita interna-zionale: Salvatore Lucania alias Lucky Lu-ciano.

Nato il 27 novembre 1897 a Lercara Friddi,egli emigrò giovanissimo negli Stati Uniti ovesi impose ben presto nel mondo della mala-vita divenendone con il tempo uno dei mag-giori esponenti. Soltanto nel 1936 potè esse-re condannato al carcere per sfruttamentodella prostituzione. Nel 1946, dopo dieci annidi detenzione, venne espulso e rinviato in Ita-lia per violazione della legge sulla immigra-zione e naturalizzazione. Ciò nonostante ilLucania, servendosi di fiduciari, continuò amantenere stretti collegamenti con esponentidella mafia americana e siciliana dediti altraffico di stupefacenti.

La narrazione della vita di Salvatore Luca-nia dal 1946 al 1961 è contenuta nel rapporton. 5300/01505 del 30 marzo 1962 che la Guar-dia di finanza inviò all'Autorità giudiziaria di

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Roma in connessione al rapporto Caneba:ina qui interessa soltanto il periodo 1961-26gennaio 1962, data della sua morte a Napoli.

Tra i corrieri entrati in contatto con LuckyLuciano vi furono Thomas Vito Eboli daScisciano (Napoli) alias Totnony Ryan, « vicecaipo » della famiglia Vito Genovese, suc-ceduto ad Antony Strollo, alias Tony Benda,scomparso e probabilmente assassinato; Pa-squale Ebo'li, alias Pat Ryan, fratello delpredetto e « caporegime » della medesimafamiglia mafiosa, dal quale dipendevano inoti Vincent Mauro e lo stesso Joseph Va-lachi ed infine Henry Rubino da New York,collegato a Vincent Mauro.

Il controllo dei movimenti del Rubino edella moglie condussero all'arresto in Spa-gna nel 1962 del predetto Vincent Mauro,di Firank Caruso e di tale Salvatore Maneri;i tre erano stati arrestati a New York nelmaggio 1961 a seguito dell'operazione di po-lizia connessa all'affare Caneba; messi poiin libertà provvisoria dietro pagamento dialte cauzioni, si erano rifugiati in Spagnasotto falsi nomi. Estradati in America, furo-no condannati a pene rilevanti.

Tra i mafiosi italiani con i quali LuckyLuciano mantenne contatti vanno ricordati:Nicola Gentile, che aveva operato con lui neltraffico di stupefacenti degli Stati Uniti;Antonino Sorci, nipote di Vito Di Bella, per-sona assai vicina a Lucky Luciano ed indica-to in rapporti di polizia suo « luogotenente »in Palermo; Francesco Pirico; Egidio Cala-scibetta, Francesco Di Vincenzo, complicedi Pietro Davi nel menzionato traffico di300 kg di cocaina accertato in Germania nel1950; Antonio Lo Manto, noto contrabban-diere palermitano ed intimo amico di LuckyLuciano, Antonio Schillace, da Palermo, Gio-vanni Schillace, detto Al Brawn, da Cor-leone condannato negli Stati Uniti per traf-fico di stupefacenti e di là espulso nel 1947.

I legami mantenuti da Lucky Luciano congangsters di primo piano italo-americani econ importanti « membri » della mafia sici-liana costituiscono un altro anello di con-giunzione tra le due organizzazioni criminali.

4. — It TRAFFICO DI STUPEFACENTI NEGLI UL-

TIMI ANNI.

In corrispondenza con la fase finale conl'operazione repressiva conclusasi in Italiacon l'arresto dei fratelli Caneba, di VincentRenna, di Giuseppe Pakneri e di AntoinePanza, furono arrestati negli Stati Uniti nelmaggio 1961 numerosi trafficanti, tra cuiWilliam Holmes il quale, posto successiva-mente in libertà provvisoria, venne ucciso aNew York nell'imminenza dell'interrogatorioavanti l'Autorità giudiziaria, e Arnold Bar-bato che tentò di suicidarsi in carcere.

Anche la polizia canadese operò contempo-raneamente alcuni arresti, tra cui quelli diVito e Albert Agueci, John Papalia ed Eu-genio Rocco Scopelliti. La Magistratura au-torizzò la loro estradizione negli Stati Uniti,ma secondo le norme procedurali canadesil'esecuzione del provvedimento venne diffe-rita e gli arrestati furono posti in libertàdietro versamento di forte cauzione (30.000dollari).

Albert Agueci si rese irreperibile. Il 23 no-vembre 1961 il suo cadavere venne rinvenutoin un sobborgo di Rochester, nello Stato diNew York; era stato strangolato ed il suocorpo dato alle fiamme.

Settimo Accardi e Benedetto Zizzo abban-donarono il Canada rientrando in Italia.

L'ondata di arresti scompaginò le organiz-zazioni, che dovettero fare ogni sforzo percontenere le conseguenze delle azioni di po-lizia e per evitare l'arresto o gli interroga-tori. La crisi si aggravò per la morte di Lu-cky Luciano e in Italia per effetto dellacostituzione di questa Commissione.

In definitiva sembra si siano avuti un ral-lentamento e soprattutto una deviazione del-le correnti tradizionali del traffico, come puòevincersi dai seguenti episodi.

Nel febbraio 1962 infatti furono sequestra-ti a New York 40 chilogrammi di eroina, pro-babilmente provenienti dalla Francia perchétra i responsabili figurano elementi collegatial noto Pascal Molinelli. Dalle conseguentiindagini sui trafficanti italiani legati ai con-trabbandieri francesi emerse che emissarisiciliani collegati al Davi ed al Mancino e

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cioè Tommaso Buscetta, Giacinto Mazzara,Nicola D'Adelfio ed altri si erano recati spes-so in Francia ed in Liguria per non chiarimotivi, il che lasciò intendere che, se mai,essi curarono da tale paese la spedizionedella droga.

Il 26 dicembre 1962 fu assassinato, comericordato, a Palermo Calcedonio Di Pisa.

Seguì, nel 1963, a Marsala l'omicidio diGiuseppe Valenti collegato al traffico di eroi-na, anche se non ne fu raggiunta la prova.

Nello stesso anno si ebbero notizie dal-l'estero che Elio Forni e Salvatore Greco(nato nel 1924) avevano continuato il con-trabbando di eroina verso gli Stati Uniti, maneppure in questo caso gli accertamenti rela-tivi riuscirono a provarlo.

In Italia, nel settembre 1963, fu sequestra-to a Genova oltre un quintale di oppio delquale non si seppe mai la destinazione.

Negli anni dal 1964 al 1966 non sono ve-nuti alla luce episodi degni di rilievo chepossano aver riguardato direttamente o in-direttamente gli ambienti mafiosi siciliani.

L'attuale mancanza di notizie può deriva-re da tre cause:

1) l'estromissione dal traffico dei mafiosisiciliani perché i trafficanti stranieri, in ispe-cie statunitensi, preferirebbero rifornire illoro mercato clandestino trattando diretta-mente con i produttori francesi ed eventual-mente tedeschi (sembra che in questi ultimitempi abbia assunto notevole rilievo il con-trabbando di droga da parte di operai turchiche lavorano in ditte germaniche);

2) si sarebbe verificato uno spostamentodelle abituali rotte per sfuggire al pesantecontrollo determinato in Sicilia dalla Com-missione, ferma restando però l'ingerenzapersonale dei mafiosi siciliani;

3) si sarebbe infine verificata una per-dita dei contatti con gli informatori dellevarie polizie, che sarebbero stati individuatie posti in condizione di non nuocere.

Si può ritenere prevalente la seconda, an-che se il riordinamento delle file della delin-quenza induce ad attribuire notevole atten-dibilità anche alla terza, perché le indaginiininterrottamente compiute in questi ultimi

anni lasciano ritenere che alcuni trafficanti(implicati in CPU odi di primo piano nel com-mercio clandestino tra l'Italia e gli StatiUniti abbiano in questo ancora posizioni do-minanti.

Pur in mancanza di prave si ritiene perciòche la mafia, duramente colpita, abbia de-viato le correnti di traffico di stupefacentie .tnxwato sistema nuovi di .trasporto, ma nonrinunciato alle pingui entrate che il trafficole procurava.

Le forze di Polizia italiane devono perciòconsiderarsi ancora duramente impegnateper assicurare in questo settore il rispettodella legge, con un costante ed accurato con-trollo di tutti i mafiosi, dovunque essi vorlontariamente o coattivamente si (trovino adoperare.

5. — CONCLUSIONI.

In nessuno dei settori del crimine da essacontrollati la mafia esprime la sua potenzacome nel traffico internazionale di stupefa-centi.

Una efficienza associatila senza egualiregola il flusso della droga da un continen-te all'altro attraverso canali scorrevoli e im-penetrabili, neutralizza gli innumerevoli osta-coli frapposti al cammino della droga dagliorgani di vigilanza e di controllo nei varipaesi.

Combattere il traffico di stupefacenti equi-vale a perseguitare la mafia, immobilizzarla,porre i membri in condizione di non nuocere,bonificare cioè l'ambiente sociale dagli igno-bili individui che sfruttano la piaga della tos-sicomania a fine di lucro.

Per questo ogni paese civile concorre allalotta contro questo turpe mercato, com'èprovato dalle numerose convenzioni interna-zionali, alle quali ha aderito anche l'Italia.

Ned nostro Paese, anche se vi sono sintomidi una tendenza all'aumento dei casi di intos-sicazione per abuso di stupefacenti, il feno-meno è per ora fortunatamente ristretto adambienti ben individuati, i quali attingonola droga principalmente dal traffico internodi fiale prelevate in farmacia con false ocompiacenti ricette mediche. L'Italia costi-tuisce però un'importante arteria del traf-

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fico internazionale, sia per la sua posizionegeografica e sia per la presenza di elementimafiosi.

Ogni mezzo idoneo ad interrompere iltransito della droga e ad inaridirne le fontideve essere messo in atto perché costituisceimpegno d'onore verso l'umanità oltre che unpreciso obbligo giuridico derivante dalle in-dicate convenzioni internazionali.

a) Strumenti legislativi.

Negli anni attorno al 1950 l'Italia fu accu-sata apertamente all'ONU di essere un'im-portante base del traffico diretto negli StatiUniti: era l'epoca in cui forti quantitativi dimorfina ed eroina legalmente prodotti eranostati avviati al mercato clandestino per ope-ra di mafiosi siciliani (affare ditta Schiappa-relli di Torino).

Accogliendo le vive raccomandazioni delleNazioni Unite, il Parlamento approvò la leg-ge n. 1041 del 1954 che impose rigorosi con-trolli sul movimento ufficiale di stupefa-centi, introdusse pene severe contro i traffi-canti e sancì l'obbligatorietà del mandatodi cattura.

In sede dottrinale e giurisprudenziale sonoemerse lacune delle legge specie in ordinealla punibilità del tossicomane che commercio detenga stupefacenti per consumo perso-nale, ma relativamente al traffico vero e pro-prio è costante e unanime l'opinione che Jalegge appresti mezzi sufficienti a colpirlo du-ramente.

Questa efficacia è peraltro praticamenteridotta dalla mancata emanazione del rego-lamento che la stessa legge preanniuncia eche dovrebbe precisare o completare gli ob-blighi astrattamente e genericamente dallastes'sa legge previsti.

Tra gli inconvenienti più gravi di questacarenza appare fondamentale quello relativoall'applicazione del primo articolo della leg-ge n. 1041 del 1954, il quale dispone:

« La produzione, il commercio e l'impiegodelle sostanze e preparati ad azione stupe-facente sono sottoposti ail controllo ed allavigilanza del Ministero della Sanità, che liesercita a mezzo dei propri organi centrali e,nelle provincie, a mezzo dei prefetti i quali

sonio coadiuvati dagli uffici dipendenti, dagliufficiali ed agenti della forza pubblica e, perquanto riguarda la vigilanza e il controllosulle navi e sulle aeronavi, dalle Capitaneriedi porto e dai Comandi di aeroporto.

Presso il Ministero della sanità è istituitol'Ufficio centrale stupefacenti che provvedeagli atti occorrenti all'applicazione delle di-sposizioni legislative e degli accordi interna-zionali in materia, all'esercizio della vigilan-za e del controllo sulle sostanze e preparatidi cui al primo comma, nonché alla organiz-zazione' della lotta contro la tossicomania.

L'Ufficio si avvale, per la prevenzione e larepressione di ogni illecita attività nel campodella produzione, del commercio e dell'im-piego delle sostanze o preparati ad azionestupefacente, di elementi specializzati dellaGuardia di finanza, del Corpo della pubblicasicurezza e dei Carabinieri, che saranno im-piegati secondo le norme del regolamento ».

Secondo il primo capoverso di questo arti-colo d'Ufficio centrale stupefacenti deve at-tendere perciò essenzialmente all'applicazio-ne delle disposizioni legislative e degli accor-di internazionali sul controllo della produ-zione, del commercio e dell'impiego di so-stanze stupefacenti, ed a compiti organizza-tivi nella lotta contro la tossicomania.

Allo stesso Ufficio il secondo capoversoattribuisce attività propulsiva e coordina-trice nel campo della .repressione dei traf-fici illeciti mediante l'impiego di elementispecializzati delle .tare forze di Polizia da im-piegare secondo modalità dettate dal rego-lamento.

La sua mancata emanazione ha reso vanala norma per oltre un decennio, sicché è ve-nuta a mancare qualsiasi cooperazione tral'Ufficio e gli organi di polizia.

L'abbinamento voluto dal legislatore di at-tività meramente tecniche con attività pret-tamente di polizia giudiziaria non deve in-durre i compilatoni del regolamento a disat-tendere la loro differente natura e l'impossi-bilità pratica di concentrare nell'Ufficio cen-trale stupefacenti l'esecuzione di entrambii compiti.

L'azione investigativa dovrà essere riser-vata agli organi tecnici strettamente colle-

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gati alilo .speciale ufficio per gli interventi di-retti 'all'accertamento preventivo o repressi-vo degli illeciti, oppure, più in generale, alloscambio di ogni notizia utile.

b) Attività di polizia.

b. 1) È fuori dubbio che de azioni di poli-zia incontrano .difficoltà notevoli nel campodella repressione del traffico internazionaledi stupefacenti.

Le associazioni mafiose operano con estre-ma cautela e soprattutto con l'impiego diindividui abili e fidati; esse trovano la loromigliore difesa nella impenetrabilità dellaorganizzazione la quale rende il più dellevolte vana i tenitafcivi di infiltrazione com-piuti da elementi di polizia o da loro infor-matori.

Per venire al sequestro di stupefacenti adall'annesto dei trafficanti non è pertanto im-presa agevole, e soltanto l'intuito e l'abilitàdegli investigatori possono avere ragione de-gli 'innumerevoli ostacoli che si frappongonoal raggiungimento di positivi risultati.

Di qui la duplice esigenza di disporre di'personale particolarmente addestrato e didotarlo di mezzi adeguati.

Ogni forza di Polizia dovrebbe munirsi dinuclei idi uomini concretamente specializzatinello specifico settore; pochi uomini, maperfettamente (padroni dell'arte di investiga-re i quali reggano le fila delle indagini, ese-guano materialmente gli interventi più impe-gnativi e sollecitino l'iniziativa o la collabo-razione dei reparti normali.

Respingendo la ricerca del rapido e facilesuccesso, la loro azione deve essere impron-tata alla paziente e incessante cura di nonperdere mai il contatto con i trafficanti, diseguirne attentamente le mosse, di costruirelentamente il mosaico delle loro relazioni,raccogliendo via via indizi, prove, elementicircostanziali, e quanit'altro possa condurliad intuirne le intenziioni e ad individuarne ilcomportamento usuale.

L'associazione rivelerà prima o poi puntideboli ed i suoi membri compiranno qualchepasso falso.La prontezza e la decisione degli investiga-

tori negli interventi conclusivi -segneranno il

crollo graduale dell'intera organizzazione cri-minale.

Il risultato migliore sarà dato dalla disgre-gazione della struttura assooiativa con laconseguente completa interruzione del flus-so del traffico.

b. 2) L'efficienza delle associazioni mafio-se, mai seriamente minacciate per molti annida incisivi interventi repressivi, sta a signi-ficare che vi sono fondamentali carenze coor-dinative nell'azione di tre organi di polizia:Carabinieri, Pubblica sicurezza, Guardia difinanza.

I risultata ottenuti, per quanto apprezzati,dimostrano la capacità, l'intuito, la passionedei singoli, ma non escludono la mancanzadi collaborazione dei tre organi, ciascuno deiquali opera autonomamente, laddove i cri-minali agiscono .in stretta intesa e con abi-lità e dovizia di mezzi.

Ciò spiega la discontinuità e la maggiore0 minore intensità di « rendimento » di cia-scuna forza di Polizia .in campo repressivo,non .tanto per quanto concenne ài trafficointerno il cui controllo non presenta parti-colari difficoltà essendo agevole risalire allefonti di alimentazione, quanto nel trafficointernazionale organizzato da bande agguer-rite che agiscono in più Stati.

È evidente che soltanto la paziente e co-stante vigilanza sui singoli trafficanti puòopporsi alla loro attività.

A tale scopo sembrano essenziali due con-dizioni:

— lo stretto collegamento informativo tra1 nostri organi di polizia;

— eguale collegamento tra essi e gli or-gani collaterali esteri.

La prima condizione è senza dubbio ca-rente; la seconda trova attuazione a livelloInterpool oppure nella iniziativa isolata diciascuna forza di Polizia, ma in entrambii casi con effetti parziali, non tempestivi,inidonei ad azioni di sorveglianza assidue eprofonde.

La realizzazione di coordinamento opera-tivo tra gli organi' di polizia rappresentereb-be l'optimum, ma motivi di ordine organiz-zativo, istituzionale, strumentale rendereb-bero prematuro ogni tentativo del genere.

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È possibile invece concretare un coordi-namento informativo.

Un apposito ufficio dovrebbe custodire etenere aggiornata una speciale documentazio-ne approntata a base di schede e grafici, laquale riparti ogni informazione che conflui-sca all'ufficio da fonti italiane od estere suimovimenti, contatti, eccetera dai trafficantipiù pericolosa, indicati in elenchi predispo-sti con competente cura e costantemente ag-giornati.

Ogni organo di polizia dovrebbe comuni-care all'ufficio qualsiasi notizia inerente atrafficanti di droga schedati, come pure tuttii dati ed elementi emersi durante le investi-gazioni; ma avrà la possibilità di prenderevisione delle notizie o di chiederle anche tele-graficamente ove abbia occasione di esple-tare indagini su determinati trafficanti.

Lo speciale ufficio potrebbe essere istitui-to presso la Criminalpol — peraltro già col-legata all'Interpol — dislocandovi persona-le specializzato deille >tre forze di Poliziail quale assicuri presso i rispettivi organismicontinuità e speditezza del flusso ascendentee discendente di notizie. La documentazio-ne dovrà contenere soltanto notizie utili adindagini immediate evitando riproduzione didocumenti di archivio già esistenti presso idiversi organi dei quali sarà sufficiente ri-chiamare l'esistenza e la collocazione.

Esso dovrà indicare, ad esempio, gli spo-stamenti effettuati da un trafficante, la suaresidenza, i contatti da lui avuti con altri,i viaggi all'estero, le parentele acquisite, ec-cetera, partendo da una situazione di baseche illustri schematicamente la rete di col-leganze da lui tenute e di cui si abbia co-noscenza.

In altri termini occorre creare per ciascuntrafficante e per i suoi compiici un « quadrodi posizione » da aggiornare continuamentein modo che l'organo di polizia che intra-prenda indagini a suo carico sappia comemeglio orientarle ed eseguirle.

Pochi ed esperti elementi delle tre forzedi Polizia i quali saranno in guado di vaglia-re, catalogare e diffondere gli elementi in-formativi effettivamente utili ad azioni inve-

stigative, evitando carteggi superflui' e garan-tendo riservatezza assoluta.

Il provvedimento avrà carattere generale,ma esso si dimostrerà sicuramente efficacenella lotta contro la mafia che da tale traf-fico trae, come si è osservato, la fonte prin-cipale di ricchezza.

e) Applicazione giudiziaria delle leggi.

Il solo modo di rendere innocuo il traffi-cante è di isolarlo per lungo tempo dallaorganizzazione alla quale appartiene: se que-sta ha modo di reinserirlo nei propri ranghi10 sforzo compiuto si rivelerà vano.

È necessario diradare le fila mafiose peril' tempo sufficiente a consentire lo smantel-lamento di tutta la struttura associativa e larottura definitiva dei legami che ne reggonole fondamenta.

La severa applicazione delle leggi può con-sentire il raggiungimento dello scopo.

Il mafioso detenuto oppure assoggettatoad efficaci misure di prevenzione è messo incondizione di non nuocere.

Sono ben note le difficoltà di acquisireprove processuali precise e circostanziate acausa dell'astuzia con cui il mafioso sa mi-metizzare i suoi illeciti traffici e l'omertàche lo circonda.

Pertanto è necessario avvalersi di ogniindizio, attuale o passato, ritenuto adeguatoa ricostruire la condotta, la personailità del(trafficante, l'ambiente in cui opera, ed appli-care di conseguenza le leggi attraverso valu-tazoni nel tempo stesso logiche e profondeonde evitare che egli riesca a sfuggire allagiustizia.

Va ricordato, ad esempio, che nel 1958 ifurateli Salvatore e Ugo Caneba furono as-solti in istruttoria per non aver commesso11 fatto, mentre un tribunale svizzero con-dannò i loro compiici; essi poterono conti-nuare il traffico di stupefacenti per altri treo quattro anni sin quando vennero di nuovoarrestati nel 1961.1 conseguenti accertamentiistruttori investirono anche fatti già malteriadi indagine giudiziaria nel 1957-1958, ma adifferenza di allora fu giudicata esistente la

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responsabilità dei due fratelli. I mandati dicattura e da .recente sentenza di condannahanno finalmente privato la mafia sicilianadi alcuni dei suoi membri più attivi.

Va dato atto non solo ai giudici romanima all'intera Magistratura italiana di avereforalito negli ultimi anni chiare e ripetutedimostrazioni di profonda sensibilità e viva

attenzione al danno ed a'1 pericolo socialeprodotti dal fenomeno della mafia.

La Commissione auspica che l'energicaazione intrapresa dagli origani giudiziarii perprevenire e reprimere le attività mafiose pro-segua, rigorosa e penetrante, onde si possagiungere alla definitiva eliminazione dellaorganizzazione criminosa.