L'eco della scuola nuova - Gen - Giu 2015

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L’ECO della scuola nuova LXX n.1 (234) Gennaio-Marzo e n.2 (235) Aprile-Giugno 2015 € 3.10 EDITORIALE Periodico trimestrale con supplemento - Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento postale 70% - DCB - Roma. Abbonamento e iscrizione alla FNISM su C.C.B. Unicredit - Iban IT 35 Y 02008 05198 000102040572 intestato a FNISM - Federazione Nazionale Insegnanti Organo della FNISM Federazione Nazionale Insegnanti fondata nel 1901 da Gaetano Salvemini e Giuseppe Kirner J’AI DEUX AMOURS... ISSN: 0012-9496 Parigi è ferita. Il primo colpo gliel’hanno inferto qualche anno fa le rivolte delle ban- lieux; ora è attaccata al cuore dal ter- rorismo islamista. Ora come allora molti si sono affrettati a decretare la definitiva sconfitta storica del mo- dello francese di integrazione, anzi del modello francese tout court, quello costruito sul trinomio fonda- tivo dell’Europa moderna: Liberté, Egalité, Fraternité. È in questo coro sospetto che hanno trovato modo di convivere allegramente i queruli con- trotenori della destra xenofoba e i seriosi baritoni del terzomondismo di fine stagione. Unione sacra un po’ paradossale, nella quale i primi già allora invocavano la chiusura della fortezza Europa, la difesa dei presunti valori occidentali nelle forme dello scontro di civiltà; mentre i secondi di quegli stessi valori si vergognavano, recuperando a casaccio qualche mal- digerito concetto dell’antropologia culturale. Sul banco degli imputati, naturalmente, restava l’egualitarismo giacobino, tacciato- come sempre ne- gli ultimi due secoli e oltre - di freddo astrattismo illuminista incapace di co- gliere l’effettiva complessità del reale. E il reato, naturalmente, consisteva nell’aver voluto estendere il trinomio rivoluzionario ai nuovi venuti, perlo- più dal continente geografico afri- cano e in gran parte dal continente ideologico musulmano, fossero essi di prima, seconda o terza genera- zione. Canto dei controtenori reazio- nari: “Errore, errore aver voluto estendere ai nemici giurati della no- stra civiltà europea il nostro patri- monio di diritti!” Controcanto dei co- rifei baritonali del progressismo d’accatto, quello facile facile che fa fine e non impegna: “Orrore, orrore aver voluto imporre quei diritti tutti occidentali e quindi macchiati dal peccato originale dell’imperialismo ideologico quando non militare!” Di qui la facile soluzione: rinunciamo una volta per tutte al modello di in- tegrazione alla francese. E ancora una volta, canto e controcanto. Bari- toni: “L’integrazione non può essere quella dell’incontro fra culture di- verse sul terreno neutrale delle isti- tuzioni repubblicane, quelle laiche per intenderci, che volenti o nolenti sono l’incarnazione della mai abba- stanza vituperata modernità occiden- tale; ma solo quella della convivenza fianco a fianco di monadi di civiltà senza finestre, capaci al massimo di sopportarsi a vicenda”. Controtenori: “L’Altro non si può in nessun modo integrare sulla base di valori che non è neppure in grado di comprendere; anzi, probabilmente non è neppure capace di convivere con coloro che continuerà sempre a considerare ne- mici irriducibili, e che essi stessi do- vranno prima o poi rassegnarsi a con- siderare alla stessa stregua: l’Altro, dunque, va cacciato”. E così, nel fuoco delle facili polemiche, è sfug- Sommario Editoriale di Marco Chiauzza Valutazione e difficoltà di apprendimento in matematica di Valentina Mastrogiacomo, Erminia Paradiso Vincent Van Gogh di Alessandro Casavola Questioni di genere Didattica delle differenze e Toponomastica Femminile di Pina Arena Archimede e le sue idee di Raffaella di Gregorio Storia e memoria attraverso narrativa e cinema di Elisabetta Bolondi Progetto EducAli di Paola Farina La congiura del silenzio intorno alle “Foibe” e alla questione adriatica di Anna Maria Casavola Il piacere di leggere a cura di Elisabetta Bolondi 1 3 6 15 12 16 18 21 23 27

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Periodico della Federazione Nazionale degli Insegnanti

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L’ECOdella scuola nuova

LXX n.1 (234) Gennaio-Marzo e n.2 (235) Aprile-Giugno 2015 € 3.10

EDITORIALE

Periodico trimestrale con supplemento - Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento postale 70% - DCB - Roma.Abbonamento e iscrizione alla FNISM su C.C.B. Unicredit - Iban IT 35 Y 02008 05198 000102040572 intestato a FNISM - Federazione Nazionale Insegnanti

Organo della FNISMFederazione Nazionale Insegnanti

fondata nel 1901 daGaetano Salvemini e Giuseppe Kirner

J’AI DEUX AMOURS...

ISSN

: 0012-94

96

Parigi è ferita. Il primo colpo gliel’hanno infertoqualche anno fa le rivolte delle ban-lieux; ora è attaccata al cuore dal ter-rorismo islamista. Ora come alloramolti si sono affrettati a decretare ladefinitiva sconfitta storica del mo-dello francese di integrazione, anzidel modello francese tout court,quello costruito sul trinomio fonda-tivo dell’Europa moderna: Liberté,Egalité, Fraternité. È in questo corosospetto che hanno trovato modo diconvivere allegramente i queruli con-trotenori della destra xenofoba e iseriosi baritoni del terzomondismodi fine stagione. Unione sacra un po’paradossale, nella quale i primi giàallora invocavano la chiusura dellafortezza Europa, la difesa dei presuntivalori occidentali nelle forme delloscontro di civiltà; mentre i secondi diquegli stessi valori si vergognavano,recuperando a casaccio qualche mal-digerito concetto dell’antropologiaculturale. Sul banco degli imputati,naturalmente, restava l’egualitarismogiacobino, tacciato- come sempre ne-gli ultimi due secoli e oltre - di freddoastrattismo illuminista incapace di co-gliere l’effettiva complessità del reale.E il reato, naturalmente, consistevanell’aver voluto estendere il trinomiorivoluzionario ai nuovi venuti, perlo-più dal continente geografico afri-cano e in gran parte dal continenteideologico musulmano, fossero essidi prima, seconda o terza genera-

zione. Canto dei controtenori reazio-nari: “Errore, errore aver volutoestendere ai nemici giurati della no-stra civiltà europea il nostro patri-monio di diritti!” Controcanto dei co-rifei baritonali del progressismod’accatto, quello facile facile che fafine e non impegna: “Orrore, orroreaver voluto imporre quei diritti tuttioccidentali e quindi macchiati dalpeccato originale dell’imperialismoideologico quando non militare!” Diqui la facile soluzione: rinunciamouna volta per tutte al modello di in-tegrazione alla francese. E ancorauna volta, canto e controcanto. Bari-toni: “L’integrazione non può esserequella dell’incontro fra culture di-verse sul terreno neutrale delle isti-tuzioni repubblicane, quelle laicheper intenderci, che volenti o nolentisono l’incarnazione della mai abba-stanza vituperata modernità occiden-tale; ma solo quella della convivenzafianco a fianco di monadi di civiltàsenza finestre, capaci al massimo disopportarsi a vicenda”. Controtenori:“L’Altro non si può in nessun modointegrare sulla base di valori che nonè neppure in grado di comprendere;anzi, probabilmente non è neppurecapace di convivere con coloro checontinuerà sempre a considerare ne-mici irriducibili, e che essi stessi do-vranno prima o poi rassegnarsi a con-siderare alla stessa stregua: l’Altro,dunque, va cacciato”. E così, nelfuoco delle facili polemiche, è sfug-

Sommario

Editorialedi Marco Chiauzza

Valutazione e difficoltà diapprendimento in matematicadi Valentina Mastrogiacomo,

Erminia Paradiso

Vincent Van Gogh di Alessandro Casavola

Questioni di genere

Didattica delle differenze eToponomastica Femminile

di Pina Arena

Archimede e le sue idee di Raffaella di Gregorio

Storia e memoria attraverso narrativa e cinemadi Elisabetta Bolondi

Progetto EducAlidi Paola Farina

La congiura del silenziointorno alle “Foibe” ealla questione adriaticadi Anna Maria Casavola

Il piacere di leggerea cura di Elisabetta Bolondi

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gita forse la considerazionepiù ovvia: il modello fran-cese non è affatto fal-lito, bensì ha mo-strato la cordaper lo scarso co-raggio con cui èstato perse-guito. Certa-mente al gio-vane di origineafricana chevive nelle ban-lieux il trinomio ri-voluzionario può ap-parire una presa in giro,più vessillo paradossale del-l’ex potenza coloniale che simbolo diliberazione. Che libertà è quella che - per dirlacon Marx - mi rende libero solo permancanza di proprietà e di un lavorodecente?Che uguaglianza, se devo constatareche quasi tutti coloro che hanno ilmio stesso colore di pelle o praticanola mia stessa religione non sono af-fatto uguali - e neppure lontana-mente simili - nelle condizioni mate-riali di esistenza rispetto ai mieiconcittadini un po’ più chiari e un po’meno musulmani?Che solidarietà, infine, è quella chedi fatto non riesce a spingersi finoalle strade delle periferie urbane? Maquesto non è un buon motivo per ri-nunciare; deve invece spingerci a ri-conoscere il problema non già nel tri-nomio giacobino, bensì nella suainsufficiente applicazione. La rispostadeve essere: più libertà, più egua-glianza, più solidarietà; sta insommanell’andare avanti, magari anche ac-celerando un po’, e non nel tornareindietro. Si tratta, insomma, oggicome oltre due secoli fa, di riuscire afar comprendere che i diritti borghesisono diritti di tutti, anche se equando, nella provvisorietà della sto-ria, possono essere momentanea-mente utilizzati e perfino strumen-talizzati a vantaggio dei soli interessidei gruppi dominanti. Si tratta anche- forse con qualche maggiore cautela,ma non per questo vergognandocidei migliori frutti della nostra civiltà

- di mostrare che in qualchemisura anche i valori

cosiddetti occiden-tali, pur se gene-

ratisi nel parti-co lar iss imo,irripetibile etragicamentedinamico cro-giolo dell’Eu-ropa mo-

derna, possonoessi pure assu-

mere significatouniversale, even-

tualmente curvati sulleparticolari tonalità di cia-

scun contesto specifico. Certo, taleatteggiamento, già non facile da te-nere all’epoca dei copertoni bruciatiin gesto di sfida perfino un po’ inge-nua dai giovani delle banlieux, di-venta oggi un esercizio improbo,dopo la ferocia degli attentati chehanno squassato materialmentequanto spiritualmente il cuore di Pa-rigi e della Francia, circondati comesiamo dallo schiamazzo inconsulto dichi torna ad invocare lo scontro di ci-viltà, credendo questa volta di potervantare a suffragio delle proprie po-sizioni il crisma indiscutibile di unatragica verifica empirica. Eppure, an-che in questo caso, non può non sfug-gire l’evidente contrad-dizione di tali posizioni.Tutti noi che ci siamoidentificati con CharlieHébdo lo abbiamofatto in nome del vol-terriano “Non condi-vido ciò che dici, ma sa-rei disposto a dare lavita affinché tu possadirlo”; e non possiamodimenticare che quelprincipio è figlio deiLumi, di quegli stessiLumi che, direttamenteo indirettamente, stanno proprio allabase del tanto vituperato modellofrancese di integrazione. E poi, vogliamo veramente difenderlaquesta nostra identità europea e oc-cidentale? Chiediamoci allora in checosa mai consista tale identità.

Dovremmo allora rispondere cheessa non coincide in alcun modo uni-vocamente con qualcuna delle pre-sunte radici del nostro continente,comprese ovviamente quelle per cuinon potremmo - noi europei - nondirci cristiani. Richiamiamoci piutto-sto alla ben più storicamente fondataconvinzione del filosofo John StuartMill, che così rifletteva nel Saggiosulla libertà: “Che cosa ha reso le na-zioni europee un settore dell’umanitàche si evolve e non resta statico? Nes-suna loro intrinseca superiorità – che,quando esiste, è un effetto e non unacausa -, ma piuttosto la notevole di-versità di caratteri e culture. Individui,classi e nazioni sono stati estrema-mente diversi gli uni dagli altri: hannotracciato una gran quantità di vie, cheportavano tutte a qualcosa di valido;e anche se in ogni epoca chi percor-reva vie diverse non tollerava gli altri,e avrebbe giudicato ottima cosa co-stringerli tutti a seguire la sua strada,i tentativi reciproci di impedire il pro-gresso altrui hanno raramente avutoun successo definitivo e a lungo an-dare tutti hanno avuto la possibilitàdi recepire i risultati positivi altrui. Amio giudizio, l’Europa deve a questapluralità di percorsi tutto il suo svi-luppo progressivo e multiforme”.

Questa, dunque, è lanostra Europa, e il suocuore è Parigi. Moltisbandierano oggi vieteforme di patriottismonazionalistico; ma oggipiù che mai chi amaveramente il propriopaese non può nonamare l’Europa eamare Parigi. Neglianni Cinquanta José-phine Baker (meticciaafroamericana e ame-rinda naturalizzata

francese: non dimentichiamolo) can-tava: “J’ai deux amours, mom pays eParis...”. Siamo tutti Charlie Hébdo;siamo tutti Joséphine Baker.

Marco Chiauzza

2 Gennaio-Giugno 2015 EDITORIALE L’ECO della scuola nuova

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Le loro competenze matematiche,infatti, si situano significativamenteal di sotto della media OCSE e, perdi più, se confrontiamo i risultati ot-tenuti dalle ragazze e dai ragazzi, ri-sulta che il differenziale medio inmatematica tra i 30 paesi OCSE èpari a 11 punti a favore dei maschi,invece l’Italia è la quart’ultima traquesti paesi con un divario pari a 18punti. L’OCSE sottolinea che taliscarsi risultati sono correlati con al-cune idee e atteggiamenti diffusi,come il credere di saper risolvere iproblemi di matematica (self-effi-cacy), l’autostima nelle proprie ca-pacità matematiche (self-concept) eanche la notevole dose di ansia e distress con cui si affronta la mate-matica.  Il differenziale persiste an-che a parità di istruzione dei geni-tori, di professione, di areageografica, di frequenza e di tipo-logia di scuola superiore. Pertanto, in Italia, al basso rendi-mento in matematica registratoper gli alunni quindicenni in gene-rale, si associa il notevole gap esi-stente nei risultati riportati dalleragazze e dai ragazzi. Alcuni studihanno sottolineato come le meto-dologie di insegnamento della ma-tematica siano rilevanti per abbas-sare il differenziale di genere efavorire lo sviluppo di competenzematematiche. A tale proposito, si richiamano duedefinizioni di competenza “…com-binazione di conoscenze, abilità e

[attitudini] atteggiamentiappropriati al contesto”(Raccomandazione del Par-lamento Europeo e del Con-siglio, 18 dicembre 2006) e“La competenza non si li-mita agli elementi cognitivi(che implicano l’utilizzo diteorie, concetti o cono-scenze tacite), ma com-prende anche aspetti funzio-nali (competenze tecniche), qualitàinterpersonali (per esempio, com-petenze sociali o organizzative) evalori etici” (Cedefop, 2004).

Una valutazione dell’apprendi-mento, quindi, richiede il confrontocon un profilo di competenza e devetener conto che l’apprendimentonon avviene acquisendo passiva-mente e successivamente le singolecomponenti contenutistiche, né av-viene rapidamente, ma avviene intempi lunghi, in un confronto conti-nuo con il mondo reale e richiedeun processo dove l’allievo deve svi-luppare abilità metacognitive e re-lazionali, svolgere un ruolo attivo,diventando egli stesso protagonistadel proprio apprendimento. In tal senso, può essere utile riflet-tere sulla difficoltà di comunicareadeguatamente i contenuti mate-matici e sugli aspetti del linguaggiomatematico che contribuiscono adeterminare una predisposizionepsicologica negativa verso l’appren-dimento della disciplina stessa.

È da tempo riconosciuto il ruolo im-portante che gioca la Comunica-zione nei processi di apprendimentodi tutte le discipline e, a maggior ra-gione, della Matematica.Per convincersi di ciò, si può ripren-dere la ricerca condotta da AnnaSfard, descritta nel suo libro “Psico-logia del pensiero matematico. Ilruolo della comunicazione nello svi-luppo cognitivo” (2009), che « si ri-volge allo studio del pensiero del-l’essere umano in generale e delpensiero matematico in particolare»,in cui si sostiene che la diffusa diffi-coltà nell’apprendere la matematicatragga origine dall’ambiguità insitanel nostro linguaggio. Infatti, è di-chiarato: «quali sono le caratteristi-che della matematica che la rendonocosì difficile da essere appresa» e,tra le cause, viene indicato il fattoche la disciplina ha alla base un sub-strato di regole logiche che la ren-dono sfuggente e inafferrabile.Quindi, la Sfard dedica il suo sforzoa dirimere la complessità che legal’apprendimento e il pensiero crea-

Gennaio-Giugno 2015 3LA DISCUSSIONEL’ECO della scuola nuova

VALUTAZIONE E DIFFICOLTÀ DIAPPRENDIMENTO IN MATEMATICA

È ANCHE UN PROBLEMA DI LINGUAGGIO?

di Valentina Mastrogiacomo*, Erminia Paradiso*

I risultati delle prove INVALSI degli ultimi anni, ma anche i datiOCSE PISA 2012, che hanno misurato le competenze degli studentiquindicenni in matematica e in problem solving, ci dicono che glialunni italiani non conseguono buoni risultati in Matematica.

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tivo, dando al linguaggio un ruolocostitutivo e coniando il termine «co-mognizione» combinazione di comu-nicazione e cognizione.

Un elemento di ulteriore complessitànella comunicazione dei contenutiafferenti alla matematica è costi-tuito dalla presenza di una moltepli-cità di registri linguistici presenti nelcontesto didattico (D’Amore, FandiñoPinilla, 2007), quali:• un linguaggio formale specifico

della matematica; • un linguaggio dichiarativo orale

dell’adulto che ha come oggettola matematica;

• un linguaggio dichiarativo scrittodell’adulto;

• un linguaggio dichiarativo oraledell’allievo;

• un linguaggio dichiarativo scrittodell’allievo;

• un linguaggio di comunicazione,cioè dialogico, dell’adulto direttoall’allievo;

• un linguaggio dialogico dell’allievodiretto all’adulto;

• un linguaggio dialogico dell’allievodiretto a un suo pari.

L’insegnante, che ha già concettua-lizzato il contenuto che intende co-municare, può permettersi di cam-biare anche continuamente ilregistro linguistico, ben consapevoleche si tratta di rappresentazioni di-verse dello stesso concetto. L’allievo,invece, proprio in quanto tale, nonha a disposizione il concetto che l’in-segnante vuole trasmettergli, masoltanto le rappresentazioni espesso finisce con il confondere ilconcetto astratto con le sue rappre-sentazioni concrete. Di fronte allemolteplici rappresentazioni, la diffi-coltà del ruolo formativo risiedenell’imporre il rigore che la didatticamatematica esige. La necessità di ri-gore può generare ulteriori impor-tanti difficoltà nella comunicazionedella matematica, poiché i destina-tari di tale comunicazione sono per-sone prive di un particolare back-ground disciplinare (Dedò, 2012).Un’esperienza italiana ha dimostrato

la possibilità di mantenere il rigorerichiesto dalla didattica matematicapur assumendo uno stile di comuni-cazione – per quanto possibile – in-formale. Le ricerche del Centro In-teruniversitario di Ricerca per laComunicazione e l’ApprendimentoInformale della Matematica, per l’ap-punto, hanno suscitato un vivo di-battito, in quanto alcuni matematicihanno sostenuto che l’utilizzo del-l’aggettivo “informale” riferito alladisciplina, basata notoriamente sulformalismo, dia luogo ad una evi-dente contraddizione. I fondatori delCentro hanno, però, motivato la loroscelta e i loro intenti, sostenendo lapresenza di una grande domanda eun gran bisogno di comunicazioneinformale della matematica, sia nellescuole che nella società e anche per-ché l’informalità, ad ogni modo, nonesclude il controllo sulle possibili in-terpretazioni dei contenuti comuni-cati. Un utile strumento di controlloin ambito didattico è costituito dal-l’ascolto attivo (Gordon, Bruch, 1974;Rogers, Farson, 1979), consistentenell’accogliere incondizionatamentel’informazione di ritorno della comu-nicazione inoltrata, valorizzandola eintegrandola al fine di migliorarnela pratica. Il controllo va potenziatose l’approccio informale prevede im-magini (animazioni virtuali o modellitridimensionali che possano esseretoccati e manipolati) per comunicareun contenuto matematico, dato chenon si tratta di rappresentazioni per-fettamente corrispondenti al con-cetto da trasmettere. In seguito sono

stati presentati diversi studi a sup-porto del valore didattico dell’uso diimmagini e contenuti virtuali nelsuggerire concetti, ragion per cui laloro presenza in un approccio infor-male alla matematica va sicura-mente favorita. Analogamente l’insegnante di mate-matica ha il dovere di favorire lo svi-luppo di competenze di comunica-zione matematica, indipendentementedalla trasmissione dei concetti di rife-rimento (Kabael, 2012), si tratta di tra-sformare il sapere in un “sapere da in-segnare” (D’Amore, 1999). Gray(2004) fornisce un’ipotesi sul perchégli insegnanti tendano a trascurare leabilità comunicative, facendo riferi-mento alla teoria dell’auto-efficacia diBandura (1997). L’autore, infatti, so-stiene che l’insegnante tende a tra-scurare la componente comunicativao perché non conosce adeguate mo-dalità linguistiche di trasmissione delconcetto, oppure perché ritiene dinon essere in grado di comunicareefficacemente, esibendo in tal casodeficitari livelli di auto-efficacia. Laletteratura sull’argomento proponeuno strumento di valutazione diauto-efficacia del docente (Lan-guage of Mathematics Teacher Effi-cacy Scale; Gray, 2004), utile percomprendere le origini della lacunanella funzione d’insegnamento e po-ter eventualmente intervenire, inmodo tale da compensare il deficit. In una interessante sperimentazionecondotta sugli insegnanti di mate-matica di livello corrispondente allascuola media italiana, Kabael (2012)

4 Gennaio-Giugno 2015 LA DISCUSSIONE L’ECO della scuola nuova

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ha riscontrato difficoltà nella moda-lità di affrontare un discorso di va-lutazione e negazione di alcune pro-posizioni. È, quindi, possibileipotizzare che l’alunno, rapportan-dosi a un docente con simili caratte-ristiche, possa assimilare le modalitàcomunicative proposte dal docente,contribuendo alla diffusione di unmodello di apprendimento-insegna-mento basato su una «comunica-zione inefficace».

È necessario, quindi, promuovereesperienze di <comunicazione effi-cace> supportate dalla tecnologia,dato che l’uso delle ICT incoraggial’apprendimento attivo e collabora-tivo, nonché la conoscenza indivi-duale e la struttura dell’insegna-mento frontale. Inoltre, D’Aprile(2011) ha evidenziato, nelle sue ri-cerche, che gli strumenti fornitidalle piattaforme o ambienti virtualidi supporto aiutano l’organizza-zione dei documenti, dei riferimentibibliografici, delle attività didatti-che, semplificano e favoriscono lacompilazione di quiz, l’assegna-zione e la correzione di compiti e,soprattutto, attenuano alcune delledifficoltà di comunicazione tra do-cente e allievi. M. Tsuei, inun articolo del 2012, ha tracciato lelinee da seguire nell’implementa-zione di <peer tutoring system> dididattica della matematica: è neces-sario istituire un ambiente virtualesincrono, improntato alla costru-zione collaborativa della cono-scenza (Scardamalia e Bereiter,1994), per favorire l’intervento e lapartecipazione, necessari perché sirealizzi quell’apprendimento attivo,in grado di perdurare più a lungonella memoria. Però, Brahim et al. (2014), in un’in-dagine condotta tra gli insegnanti,hanno rilevato che gran parte degliinsegnanti di matematica utilizza lerisorse della rete Internet a scopi per-sonali e non didattici. L’introduzionedi supporti tecnologici (LIM, e-book,software 3D, risorse di rete, ecc.) alladidattica rappresenta, nella maggiorparte dei casi, ancora una semplice

prospettiva. Quindi, sarà necessarioproporre percorsi di formazione al-l’uso delle tecnologie di comunica-zione e informazione, in modalitàfunzionale al perfezionamento pro-fessionale e allo sviluppo di ambientidi insegnamento-apprendimento at-tivo e attendere i dovuti tempi di ma-turazione socio-culturali per poterusufruire a pieno dei vantaggi tec-nologici applicati alla didattica. I risultati degli studi proposti dallaletteratura sull’argomento offronopromesse incoraggianti e spunti dinotevole interesse. È possibile af-fermare che, allo stato attuale, leesperienze e le proposte letterarietracciano Linee Guida alle quali ispi-rarsi, nel caso in cui si riscontrinodinamiche di comunicazione ineffi-cace, da voler risolvere seguendole prospettive d’innovazione tecno-logica. A tale proposito, non si puòfare a meno di segnalare l’impor-tante esperienza in atto in alcunescuole italiane che aderiscono ad“Avanguardie Educative”, un movi-mento di innovazione educativa,nato dall’iniziativa congiunta di IN-DIRE con un primo gruppo discuole, che porta a sistema le espe-rienze didattiche più significativedella scuola italiana. Il movimentooffre e alimenta una <galleria diidee> che sono sperimentate dallescuole aderenti e presentate qualiesperienze come in un mosaico, ilcui obiettivo comune è rivoluzio-nare il modo di <fare scuola> neitempi, nello spazio, nella didattica.Sicuramente Avanguardie educativerappresenta un tentativo di riunirein modo organico le diverse bestpractices italiane nel campo dell’in-novazione didattico-tecnologica. Sispera che questo e altri contributisuccessivi possano contribuire a de-finire in modo ottimale le modalitàdi supporto alla didattica in mate-matica, proponendo percorsi con-creti e metodologicamente fondati,utili a sviluppare contemporanea-mente concetti matematici e com-petenze comunicative, affinché re-almente la Matematica diventi unpatrimonio di tutti.

Bibliografia

Bandura, A. (1997). Self-efficacy: The exerciseof control. New York: Freeman.

Brahim, N., Mohamed, B., Abdelwahed, N.,Ahmed, L., Radouane, K., Khalid, S., & Mo-hammed, T. (2014). The use of the Internet inMoroccan high schools mathematics teach-ing:state and perspectives.  Procedia-Socialand Behavioral Sciences,  116, 5175-5179.

D’Aprile, M. (2011). Blended learning” per stu-denti universitari di Matematica. TD Tecnolo-gie Didattiche,  19(3).

D’Amore B. (1999). Elementi di didattica dellamatematica. Bologna: Pitagora.

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Kabael, T. (2012). Graduate Student MiddleSchool Mathematics Teachers’ Communica-tion Abilities in the Language of Mathemat-ics.  Procedia-Social and Behavioral Scien-ces, 55, 809-815.

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Rapporto Nazionale OCSE PISA 2012, a curadi INVALSI

Rogers, C., & Farson, R. E. (1979). Active lis-tening.  Organizational Psychology, 168-180.

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Sfard, A. (2009). “Psicologia del pensieromatematico. Il ruolo della comunicazione nellosviluppo cognitivo”, Trento, Edizioni Erickson.

* Valentina Mastrogiacomo, psicologaspecializzata in “Formazione e gestionerisorse umane”.

* Erminia Paradiso, comandata c/o USRPuglia, esperta senior di Matematica, ICTe Valutazione.

Gennaio-Giugno 2015 5LA DISCUSSIONEL’ECO della scuola nuova

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(Zundert, Olanda – 1853; Auvers Sur Oise, Francia – 1890)

Ho saputo che il dott Livio Falsetto,mio amico, se ne é andato per sem-pre, l’ho saputo nel peggiore deimodi, addirittura chiedendo di sen-tirlo al telefono... Sono rimasto sgo-mento. Di lui mi porterò dietro il ri-cordo di una persona e di un medicoparticolare che era attento non soloal linguaggio e alle cose della suaprofessione ma che intravedeva altripiani... Mi chiese l’ultima volta, primadi congedarci, e non lo aveva maifatto prima:” Che cosa ci offrirà que-sta volta? Ed io: ”La vita di Van Gogh,sempre costruita su due piani, comeal solito, c’è tanto da dire epoi....quella fine... ”Lui mi rispose conslancio: “Sta bene, professore, mafaccia presto” E mi sorrise con queisuoi occhi rotondi e buoni...Così lo ricorderò

Questo personaggio, un pittore dellaseconda metà dell’800, criticato ierima importante ai nostri giorni, è co-nosciuto dai più per la fine tragicadella sua vita. Una conoscenza bio-grafica, invece, ci permetterebbe didire che ebbe una vita oltremodo dif-ficile sempre...Per esplorarla clinicamente non ba-sterebbe la formula freudiana di untrauma vissuto nell’infanzia (vediCharlotte Boiler “La psicologia nellavita del nostro tempo”) che certa-mente vi fu, e che non l’aiutò ad af-frontare l’età adulta conveniente-mente, ma a questo trauma dovetteaggiungersi, come diremo, anche al-tro... Il padre, un prete, più precisa-mente un pastore protestante, lo bac-chettava in continuazione. La madresi era raggelata dopo la morte pre-matura del primo nato, dando poi ilnome di questo al secondo figlio, aVincent che non si sentirà mai vera-

mente riconosciuto nella sua identità...L’unico zio, il fratello del padre, glimostrerà solo seriosità, mai uncenno di intesa affettuosa. Ma anche Vincent, crescendo, distri-buisce affetto a chi vuole. Mettendosia fare il pittore, senza soldi in tasca,avrebbe potuto organizzare una si-stemazione a due con un altro gio-vane collega. Non la realizzerà mai.A trentacinque anni nel 1888 facevanaufragare la coabitazione con Gau-ghin, portata innanzi tra malintesi eripicchi di entrambi... Un esito dram-matico verrà evitato all’ultimo mo-mento: un’aggressione con un ra-soio... Vincent, che avevaindubbiamente un fondo di bontà ma-gari a volte emotiva, fuggirà primadell’atto e si mozzerà un orecchio perautopunirsi...

Una vita difficile anche per una pre-disposizioneÈ questa la diagnosi che si fa oggi.Per questo affronterà scelte di vitasenza sufficiente ponderazione,come quella di mettersi a fare il mis-sionario da laico, da subito... mentresarebbe stato più conveniente pro-curarsi di che vivere fuori della fa-miglia, come segretamente deside-rava... Nel 1877 a ventiquattro anniscriveva al fratello Theo, che saràl’unico interlocutore dei suoi pensieri,“È bene essere dotti in quelle coseche sono celate ai sapienti del mondo,ma che sono svelate ai poveri, ai sem-plici, alle donne, ai bambini...” Questoprogetto missionario lo vivrà a modosuo, recandosi dalle persone da ca-techizzare spesso a piedi scalzi, comeper mortificarsi. Assiste famiglie dicontadini, di minatori, scendendo ad-dirittura con loro nelle miniere.E quando si convince che è bene gua-dagnare qualche soldo, tenta di farel’insegnante di francese a Londra, simette al servizio di un pastore prote-

stante, ma questo gli passa solamenteil vitto giornaliero senza un salario...Allora lascia l’Inghilterra ed entra, gra-zie a Theo, che segue ogni suo passo,in una società commerciale chevende articoli sacri, riproduzioni di di-pinti. Ma come commesso non dura esi fa licenziare. Cos’altro ha nella te-sta? Interesse per la letteratura e peri quadri che ammira visitando fre-quentemente i musei. Invece sua ma-dre, che lui a volte sentiva che siestraniasse dalla sua vita, vedendoloaffannato diceva:” Questo figlio si cal-merà quando avrà tra le mani i pen-nelli” Più che calmarsi si sarebbe ca-ricato di altra energia.... Al fratelloscriverà nel 1880, a ventisette anni :“Invece di abbandonarmi alla dispe-razione ho optato per la malinconiaattiva... alla malinconia che spera, cheaspira, che cerca, a quell’altra checupa e stagnante si dispera. Ho dun-que studiato, più o meno seriamente,libri alla mia portata, quali la Bibbia ela Révolution francaise di Michelet eBecher Stowe e poi ultimamenteEschilo e poi altri meno classici mamaestri grandi e piccoli...”

Ma nonostante la malinconia attivaè un perdenteInspiegabilmente viene respinto nelconcorso per frequentare ad Amster-dam la facoltà di teologia e si deveaccontentare di un patentino perpredicare... Messosi allora a dipin-gere raccoglierà critiche...Non po-teva rientrare nell’Impressionismo,un genere di pittura che dilagava inEuropa con Monnet, Degas, Césanne,Renoir e altri. Vincent ancora una

6 Gennaio-Giugno 2015 IL SAGGIO L’ECO della scuola nuova

VINCENT VAN GOGHUNA VITA DIFFICILE

di Alessandro Casavola

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volta si comportava a modo suo...Ilcolore non era luminoso, non era sfu-mato, si sovrapponeva a strati diversie riconoscibili, stesi a colpi nervosidi pennello. Le figure racchiusespesso da linee nere come scaraboc-chiate, i paesaggi con prospettive ap-prossimate. Impressionismo questo?

Anche per come si veste è criticatoÈ strano il suo modo di vestire, dipresentarsi alla gente. Non veste daborghese quale egli è, piuttosto vesteda operaio o da contadino. Lo am-mette lui stesso, sa di dare scandaloai benpensanti ...fa schocking, è que-sta la parola che usa. Inoltre è con-vinto che: ”... non solo la miseria e latimidezza servono a qualcosa ma an-che lo scoramento profondo, certevolte, è un buon mezzo per poter ap-profondire questo o quel problemache ti preme...”

Nasce un altro problemaLa solitudine adolescenziale sente diaverla prolungata oltre i limiti... co-mincia a pesargli e si chiede: “Se vo-lessi trovare una donna?” Dovrebbeaccantonare precetti severi e fre-quentare giovani che non conosce.Confesserà al fratello di sentirsi piùvecchio di un uomo di trent’anniquando avrà raggiunto questa soglia.

Non si può vivere senza una donna...KeeTrascurando un primo amore suivent’anni, dirò che fece cadere lasua attenzione, sulla soglia dei ven-totto anni, su una cugina più grandedi lui che è Kee, così era chiamatadai parenti. Ma questa, vedova conun figlio, si sentiva ancora legataall’antico amore coniugale e per-tanto lo respingerà. Vincent, tirandofuori l’impulsività che gli cono-sciamo, diceva: “O lei o nessun’al-tra!” Ma resterà mortificato venendoa sapere che, quando non riesce atrovarla, è perché lei, prudente-mente, se ne esce di casa.Ma non se ne fa subito una ragione,vorrebbe vederla, parlarle anche perpochi istanti quanti la sua mano po-trà sopportare la fiamma di una can-

dela e, mentre dice questo, mette lasua mano su quella fiamma.

SienNel 1882, appena un anno dopo, neincontrerà un’altra è Sien, più an-ziana della cugina, non bella, perchéil vaiolo ha lasciato tracce sul suoviso. Non può essere bella ma il suoviso ha un sorriso che talora sembrasmorzarsi nella tristezza. Non ama

né la pittura né la lettura ma fa ditutto perché quest’uomo che la stafrequentando sia scaricato da tantiimpegni faticosi e quotidiani e im-pieghi tutto il suo tempo per dipin-gere. Tutto questo naturalmentespinge Vincente ad esserle ricono-scente ma con calore, ma con af-fetto... Ai suoi trascorsi di prostituta,che tra l’altro, le hanno procuratouna gravidanza, non annetterà im-portanza. Una donna che avesseavuto un trascorso infamante per lasocietà, lui non l’aveva mai colpevo-lizzata. Anche da ragazzo indivi-duandole per strada, aveva avutopietà. Aveva sentito il peso della loroesistenza, le aveva sentite come so-relle... Ora pensa di legare la sua vitaa quella di lei, non avrebbe comin-ciato a frequentarla se non avessepreso in considerazione questo per-corso. Conviverà per più di un annoe per lui questo stare assieme po-teva dirsi matrimonio... Sentiamocome descrive la sua giornata in unoscenario di coniugalità.. Scriverà alfratello:” Quando lavoro ho una fi-ducia illimitata nell’arte e la convin-zione che dovrà riuscire, ma neigiorni di prostrazione fisica o quandomi trovo dinanzi ad ostacoli di ordinefinanziario, sento diminuire questa

fede... Lo stesso si verifica quandosono con loro (la sua donna e il suobambino) e il bimbo mi si fa innanzicarponi ridendo di gioia, allora nonho il minimo dubbio che tutto andràbene“ (lettera a Theo del luglio 1983)Ma in prosieguo di tempo, a seguitodi spinte e contro spinte sue e nonsolo dei parenti, tutti contrari a que-sta situazione, il “cosiddetto matri-monio” finirà...

MargotNel 1884, per un momento, la sua at-tenzione si poserà ancora su di unadonna di nome Margot più grande dietà, come gli era sempre accadutocon le precedenti. L’incontro avvenneperché occasionalmente frequentavala casa dei genitori, per assistere lamadre che si era infortunata.Anche questa volta tutti sono con-trari a che i due si corrispondano,perché lei era stata sul punto di pren-derlo in considerazione.. L’ostilitàdella casa, sappiamo però, la fecestar male e sembra che inscenasseaddirittura un suicidio. Noi avver-tiamo nella vita del povero Vincentun percorso di triste romanzo mapensiamo che lui, con certe personein certe situazioni, si rivelasse ingrado di suscitare affetto

Diamo uno sguardo al suo autori-trattoNon alto, piantato sulle gambe, nasopronunciato, affilato, zigomi spor-genti, sguardo fissante che potevamettere a disagio se non sorrideva..Ma nel ritratto è vestito non da bor-ghese, tale egli non si sentiva di es-sere, e diceva a volte di vivere comeun operaio... È sorprendente il suocompiacimento quando un medico

Gennaio-Giugno 2015 7IL SAGGIOL’ECO della scuola nuova

Ritratti di contadini

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che l’aveva visitato, lo prende, pervia della sua complessione fisica, perun fabbro... e lui nella lettera al fra-tello, dirà ” È proprio in questo sensoche ho cercato di modificarmi.Quando ero più giovane sembravoun intellettuale, ora sembro un chiat-taiolo o un fabbro“.

Uno sguardo ai suoi quadriNaturalmente rispecchiano nellamaggior parte,eccezion fatta per i ri-tratti a lui richiesti, gente popolana,gente che fatica: come quello deicontadini mangiatori di patate, dellagiovane contadina seduta, però bendisegnata, non scarabocchiata comei mangiatori di patate. Serena, piut-tosto che bella, ma forse anche unpoco bella. Il particolare che sottoli-nea sono però le mani deformate dallavoro dei campi, appoggiate sulleginocchia... Ancora mani deformateritornano nel contadino che lestringe alle tempie forse perché è di-sperato... Sono sempre deformate lemani del contadino seduto, massic-cio, abbastanza sereno che se lestringe al bastone...Ma la grazia femminile non avevapresa su di lui? Certamente sì, ma ditanto in tanto, in fondo la vedeva ri-fulgere nei quadri che ammirava neimusei... È interessante quello chesottolinea sul viso abbastanza bellodi una modella (Ne avrà solo qual-cuna per via delle sue ristrettezzeeconomiche).Questa ragazza gli aveva raccontatodi non essere riuscita a sentirsi unpo’ allegra pur avendo bevuto, la seraprima, in un locale con amici... E luiallora decide di smorzare una certaaria seduttiva che quella aveva soli-tamente... con della malinconia. Nelquadro a cui dà come titolo “Caffèdi notte” Vincent dipinge figure ne-rastre, quelle di avventori che nonbevono più perché già ubriachi,quella di chi se ne sta solo dinanzi alproprio bicchiere... mentre unadonna col suo amico (un borghese?)devono ancora bere e forse intri-gano... Il caffé di notte lo conside-rava un luogo di perdizione, innanzitutto un luogo squallido che forse,

anche lui, nella sua quotidiana soli-tudine aveva frequentato. La cu-pezza affiora in molte sue composi-zioni... per esempio in quella cheporta come titolo “Il giardino degliulivi“.per via di quegli alberi che sonodipinti in un esagerato contorci-mento di fusto e di radici che esconoaddirittura dal terreno..Un riposto significatomorale?Strano è il suo modo didipingere le stelle neicieli notturni, perchésono viste come globi difuoco ruotanti con unacoda di guizzi di luce.. Èquesto un motivo ricor-rente della sua visionepittorica, cercherò piùinnanzi di tentare unaspiegazione. Ma anchedei fiori nella sua imma-ginazione si configura-vano come accensionidi luce... sono i suoi famosi girasoli...

Vincent comincia a farsi diagnosida soloNel 1885 Vincent a trentadue anni in-forma il fratello di ricorrenti svigori-menti che spiega con i frequenti di-giuni... Ma la gente – e lui lo riferisce– è di diverso avviso. Va mormorandoqua e là che un antico male dovevaessersi aggravato. Lui invece lo spiegacon i digiuni, ma si intuisce che nonvuole essere catturato da un’ideaoscura e minacciosa! Comunque peravere un’idea di che cosa si nutrisseo come digiunasse, quando i soldi glifinivano, diremo che si nutriva di solopane, fumando moltissimo per smor-zare gli stimoli dello stomaco... Unmenù, reso meno drastico dal com-patimento dell’affittacamere, potevaelencare al mattino: una tazza di caffècon un pezzo di pane, a mezzogiornoun piatto di minestra, alla sera piùnulla... se non avesse avuto del suo,conservato in una cassetta di legno,una sorta di valigetta, un pezzo dipane indurito, di sola segale.Poi comincia ad avere affaticamentoalla vista, mentre la testa dopo averlavorato è stordita, incapace di con-

nettere...Pensa allora.. ad una grossaemozione vissuta in passato, magarinegli anni giovanili che lo abbia pre-giudicato psichicamente...

Nel Sud della Francia, ad Arles,spera di stare meglio.Raccoglierà nel 1888, a ormai tren-

tacinque anni, il consi-glio di trasferirsi nelSud della Francia, doveil clima temperato an-che di inverno potrebbefargli prendere abitu-dini più igieniche, comevivere di più all’ariaaperta... Ma purtropponon ci sono migliora-menti. Il problema co-mincia ad ossessionarlocome possiamo capireda questa lettera:“cerco di guarire, comeuno che avendo decisodi suicidarsi si tuffa in

mare. ma avendo trovata l’acquatroppo fredda cerca di riacquistareall’impazzata la riva...”

Non sarà così, dapprima in un ospe-dale poi in un manicomioIl primo ricovero è in un ospedale co-mune, dove forse chiede ai mediciun parere sui suoi disturbi : ne esce,ma gli capita un incidente: per stradaè molestato da dei passanti, scoppiauna zuffa piuttosto violenta, Vincentè fermato dalle guardie e finisce conl’essere ricoverato in un manicomioCosì, per la prima volta nella sua vita,prende contatto con un ambiente dicui sapeva confusamente e generi-camente qualcosa: la schedatura, l’as-segnazione di un posto letto tra tanti,le domande dei medici che lo trau-matizzano. Tante saranno le osser-vazioni che farà lì dentro... È incurio-sito del comportamento dei malatiperché si aiutano vicendevolmente,quando qualcuno è colto da una crisiviolenta. È infatti soccorso da chi glista vicino perchè cadendo non si fac-cia male. Capisce che certi disturbiche gli sono raccontati come gridalontane, come luci cangianti sonostati anche suoi... ma capisce altresì

8 Gennaio-Giugno 2015 IL SAGGIO L’ECO della scuola nuova

Giardino di Ulivi

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che sono sintomi di un male non dia-bolico che i medici di lì dentro cono-scono e potrebbero curare... Ma èsorpreso dal fatto che poche volte omai addirittura, vede medici aggirarsitra i dementi.. Quali sono allora lemedicine? Lui, nelle lettere al fratello,non ne parla. Solo una volta, a se-guito di una crisi convulsiva, (comin-cia ormai ad averne), informa di es-sere stato sedato con del bromuro dipotassio.Insiste sul fatto che i malati là dentro,anche quelli che sembrano essere inripresa, non siano impegnati a farealcunché.. ed è meravigliatissimo nelvedere alcuni che giocano agli scac-chi con attorno alcuni curiosi... È at-territo all’inizio quando i medici gliordinano di non farsi sorprendere afare qualcosa... È chiaro allora chenon potrà farsi portare lì dentro ilcavalletto e i pennelli. Mentre lui nonpuò fare a meno di dipingere , cosache gli dà un ruolo e che ha sempreconsiderato una sorta di paraful-mine... Se questo gli sarà rigorosa-mente vietato sarebbe pronto a fug-gire arruolandosi nella legionestraniera... Allora dice di sentirsi me-glio, e non è vero, ingenuamentepensa che gli saranno accordatedelle dimissioni, riuscirà solo a farsitrasferire in altro manicomio, saràquello di Saint – Remy... Sarà trasfe-rito senza una previsione di guari-gione. In questi termini gli parla il di-rettore, sono parole che lo segnano,lo incupiscono:” Devo dire - scriveràal fratello – che il signor Patron nonmi dà molte speranze per l’avvenire”È commovente la sua ingenuità circaquello che sta avvenendo nel suocervello: si sta disarticolando... Perguarirsi dovrebbe ricomporsi , comesi ricompone un braccio fratturato?non riesce a farsi un’idea.

Pur dimesso deve curarsi.. restasempre un malato.Accordate queste dimissioni, dal ma-nicomio di Saint – Remy si sistemain una pensione ad Auvers- sur l’Oise,una località lontana da Parigi solo un’ora di treno. Per questo è felice , po-trebbe essere più facilmente rag-

giunto dal fratello. Ma dovrà farsi pe-riodicamente visitare, lo promette, infondo continua ad essere un malato..a visitarlo sarà un medico di villaggioil dott. Gachet, un sessantenne pro-fessionalmente preparato, pieno ditatto, di affettività verso i propri ma-lati. In più è un uomo con interessiartistici: conosce tanti giovani pittori!L’effetto terapeutico si farà sentiresubito in Vincent.. tanto più perché ildott. Gachet lo invita settimanal-mente nella sua casa dove potrà por-tare l’occorrente per dipingere, il ca-valletto, le tele, i colori e in più,volendo, potrà restare a pranzo!

In un momento di solitudine è peròsconfitto dalla depressione...Il giorno in cui il dott.Gachet non riusciràa vederlo perchétrattenuto altrove, inquel giorno neppureil fratello potrà rag-giungerlo, Vincentsarà colto da unaprofonda depres-sione: allontanatosiin aperta campagna,smarrendo quel resi-duo di forza moraleche lo aveva sor-retto, cercherà difarla finita, sparan-dosi un colpo di rivol-tella all’inguine...Sente ormai di essere di peso a tanti,a suo fratello, a Jovanna, la ragazzache questi aveva finalmente sposatoconvinto dalla bontà delle sue argo-mentazioni: “ il matrimonio, i figli chenascono tracciano una strada nellavita, aiutano!”JO e non Jovanna aveva finito dichiamare la cognata che sentivacome una nuova sorella. Ma si rim-proverava di chiedere a loro troppo,doveva lasciarli in pace! Tra l’altroera stato aiutato dal fratello con unassegno mensile da sempre... Il ten-tativo di suicidio avveniva il 26 luglio1890 e lui aveva soltanto trentasetteanni: il soccorso e il ricovero nel-l’ospedale non valsero a nulla, Vin-cent morirà due giorni dopo, il 29 di

quel mese. Il fratello Theo riferiràalla mamma: “Ha finalmente rag-giunto quella pace che ha agognatoper tutta la vita...”A causa del tentativo di suicidio laChiesa protestante, alla quale lui or-mai solo formalmente apparteneva,gli negò la benedizione. In compensosi faranno vivi gli artisti e gli estima-tori che in vita si erano tenuti in di-sparte. La camera ardente verrà tap-pezzata di suoi quadri, tutti invendutimeno che uno... Un critico, tale A.Aurier (1865-1802) che qualchetempo prima aveva rotto il silenziodella critica ufficiale, pubblicando suVincent un articolo con un linguaggioda decodificare, cosa aveva detto dilui?: “Quella di Van Gogh poteva es-

sere definita una pit-tura con un eccesso diespressione, con qual-cosa di patologico edinsieme di sublime...”Forse voleva dire inparole meno accade-miche: una pitturaspesso non riconduci-bile negli ordinari mo-duli di disegno e di co-lore, ma con qualcosadi sublime?

La diagnosi più pro-babile circa lo spe-gnersi della suamente.

Vincent Van Gogh non fu affetto daschizofrenia senza ritorno, piuttostoda episodi schizofrenici sollecitati dadepressioni che negli anni diventanogravi e ricorrenti. È quanto sostienelo psicanalista americano Jonson M,Merloo dopo aver avuto modo di leg-gere l’epistolario pubblicato tardiva-mente, a suo parere la più ricca do-cumentazione psichiatrica dei nostritempi.Quali le altre ipotesi fatte e scartate?L’offuscarsi della sua mente provo-cata dalla ingestione devastante dialcool durata per anni...ovvero daun’infezione sifilitica non pronta-mente curata. Di infezioni di questogenere, data la vita che conduceva,ne ebbe più di una, ma i segnali sa-

Gennaio-Giugno 2015 9IL SAGGIOL’ECO della scuola nuova

Ritratto del dott. Gachet

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rebbero dovuti essere vistoseparalisi, mentre lui lamentòsolo, un tremito della mano alpunto da non poter reggere ilpennello. Merloo, da psicana-lista, scopre in lui un datochiaramente patologico, lapaura dello sgretolarsi dellesue idee che è caratteristicoin uno scenario depressivo,scopre cioè lo sgretolarsi del-l’indottrinamento religioso in-culcatogli dapprima dal padree poi dalle scuole presbite-riane da lui frequentate. Sic-ché da adulto dirà: ”Per mequel Dio che dagli uomini viene chia-mato Dio o Natura o altro è cosa chenon riesco a definire chiaramenteanche se mi rendo conto che è cosaviva e reale e che è Dio o un suoequivalente”... cioè a dire che nel-l’universo non siamo soli.Ma questi pensieri incompiuti, stareiper dire informi possono anche pre-occuparci lasciandoci per lo menosoprapensiero.. Ricordiamo quel suoquadro che ha per titolo “Il giardinodegli ulivi”? con i fusti contorti, conle radici contorte addirittura affio-ranti dal terreno ? Poi se le sue crisiavessero contenuto anche deglioscuri messaggi di rimprovero, lacosa diventando misteriosa, loavrebbe potuto pure terrorizzare.Vincent che aveva avuto la forza diriprendersi dopo ogni abbattimentocon uno scatto di energia, pianpiano non ce la farà più... L’energiagliela dava soprattutto il fratello, chedirà: “il rapporto che cercavo di col-tivare con lui mirava alla sospen-sione della sua volontà di morire...”Questa idea dunque lo aveva sempreaccompagnato.Alla vigilia della morte, dopo il ten-tativo di suicidio, dirà al fratello ac-corso in ospedale: “Coloro che misono più affezionati mai li ho vistialtrimenti che come attraverso unfondo di bicchiere, oscuramente...”cioè a dire le persone buone chepure gli stavano vicine le aveva vistesempre come lontane in una lucenon chiara come offuscate... appar-tenenti ad un’altra realtà..

Come si curavano nel passato lemalattie mentali ? Come si curanooggi?Nel Medio Evo la malattia mentaleera considerata un castigo per i pec-carti commessi... Solo le preghierepotevano soccorrere i malati non lemedicine. I cristiani potevano sbir-ciare da finestrelle i dementi che rin-chiusi urlavano, i malati meno graviche si lamentavano o piangevano.Le catene saranno ufficialmentetolte in Francia dopo la rivoluzioneper ordine dell’Assemblea Nazionale,ma a sollecitare questo provvedi-mento sarà un medico Philippe Pinel(1745-1826) che sosteneva: “Ancheil malato mentale ha una dignità enei momenti di tregua del male sideve tentare con lui un approccioverbale con l’intento di sanarlo inqualche modo...”.Ricordiamo invece che Vincent nonsi accorge di questo nell’ospedale diArles.! È lui involontariamente a con-statare come un demente, che gliaveva rivolto un giorno suoni inarti-colati, incomprensibili, poi ritorni acercarlo meno agitato, più sereno.Benjamin Russel (+ 1813) pubblica inAmerica solo ai primi del XIX secoloil primo trattato sulle malattie men-tali, il che farà sì che i medici ab-biano tante informazioni comuni.Sulla psicoterapia, come si sa, insi-sterà Sigmund Freud (+ 1939) con-vinto della utilità di aprire lo scrignodell’inconscio che può custodire lecause delle turbe mentali.In seguito per agevolare il rapporto

verbale rivelatore si ricorreràa farmaci disinibitori comel’LSD (vedi “L’uomo e la medi-cina” di Ritchie Calder).L’elettroshoc, tecnica terapeu-tica ideata nel 1938 dagli psi-chiatri italiani Cerletti e Bini,consistente nel produrre unacrisi convulsiva mediante laconduzione di energia elet-trica alle tempie del pazientea cui dovrebbe far seguito unadistensione, oggi non è piùpraticata perchè non sicuranei suoi effetti postivi. L’elet-tro-encefalografia, invece, è

un mezzo diagnostico largamentepraticato per accettare segni di de-terioramento cerebrale.

Voglio chiudere questo mio lavororiferendo testualmente dei pensieridi Vincent Van Gogh avviato ormaial tramonto della sua breve esi-stenza.Al fratello Theo scriveva: “Io mi sonosempre interessato alle stelle, ora levorrei raggiungere ma non so comesi potrebbe. Mezzi di comunicazionenon ce ne sono. Non c’è una ferroviaper le stelle, ci si potrebbe arrivaresolo dopo morti...! “Ma cosa vorrebbe fare Vincent, unavolta messo piede su di una stella?Forse scoprire qualche varco nel co-smo dal quale sentire il respiro diDio o altro?... Ricordiamo quella suasingolare opinione:” Per me quel Dioche dagli uomini è chiamato Dio oNatura o altro è cosa che non riescoa definire chiaramente, anche se mirendo conto che...”.Da quel varco potrebbe piovere lapioggia della vita: semi di vita, diogni vita... Significativo è quantoscrive alla madre proprio nell’annodella sua morte: “ la tristezza dureràtutta la vita (Ma di chi? Sua, di altri?)io desidero ritornare...“ .Ma dove? In quel varco dal qualepiove la vita?... Forse perché lui nonce l’ha fatta, non si è realizzato?Vuole ritornare perchè si sente unosconfitto?E se così fosse, noi lo ameremmoancora di più.

10 Gennaio-Giugno 2015 IL SAGGIO L’ECO della scuola nuova

Il cielo di notte

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Dopo l’esclusione della scuola del-l’infanzia da ogni discussione sullaBuona Scuola già denunciata dal Co-ordinamento Nazionale delle Politi-che dell’Infanzia e della sua Scuola,ora il Governo attacca frontalmentequella fin qui considerata da espertie comuni cittadini come un’ eccellenza educativa.

Per la scuola dell’infanzia, che ha il compito di portareal 100% dei bambini opportunità formative capaci dirimuovere precocemente i gap che impediscono l’in-clusione  e  il successo formativo abbattendo i rischidella dispersione scolastica,  il DDL presentato dal go-verno non assegna l’organico funzionale, blocca lageneralizzazione e impedisce le assunzioni, con mo-tivazioni a dir poco incoerenti!

L’inserimento dei servizi educativi per lo 0-3 anni  trai  diritti a domanda collettiva costituisce un passo im-portante ma non placa la preoccupazione che lascuola dello Stato  possa perdere le sue peculiaritàall’interno di un sistema integrato. 

Porre  la relativa spesa per l’Istruzione a carico deiComuni e delle Regioni riporta la scuola dell’ infanziaindietro di 46 anni.

Nel 1968 la legge 444 ha istituito la scuola dell’infan-zia statale,  in un sistema tripartito che si è qualificatosul campo, con la capacità degli insegnanti di porreogni bambino al centro di una ricerca metodologicasempre all’avanguardia. 

Tale assetto- sostiene il Coordina-mento- ha favorito la costituzionedel sistema integrato di istruzionee educazione per l’infanzia. 

La scelta odierna, invece, riportaad un ormai superato assistenzia-

lismo -   e l’ esperienza delle sezioni primavera lo te-stimonia  - cancellando una tradizione pedagogica,considerata un modello per il mondo intero.

Anche le sezioni primavera, avviate nel 2007 per ibambini tra i 24 e i 36 mesi, hanno perso qualità edu-cativa ed attrattività  da quando i finanziamenti sonoesclusivamente a carico degli enti locali - evidenzia ilCoordinamento.

L’organismo, formato dai rappresentanti delle quattromaggiori organizzazioni del sindacalismo scolastico,rafforzate dalle recenti elezioni delle RSU e dalle cin-que e più storicamente radicate associazioni profes-sionali della scuola, dice no allo smantellamento dellascuola dell’infanzia statale.

Per dare un futuro  vero alla scuola ed al paese, pervalorizzare gli insegnanti occorre cominciare dallascuola dei piccoli!

Anche per la scuola dell’infanzia organico funzionale,stabilizzazione dei precari e generalizzazione - sotto-linea il Coordinamento- vanno previsti e garantiti su-bito! 

Gennaio-Giugno 2015 11IL DOCUMENTOL’ECO della scuola nuova

ORGANICO FUNZIONALE GENERALIZZAZIONE

E ASSUNZIONI PER LA SCUOLA DELL’INFANZIA, ADESSO!

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PER DARE PIÙ FORZA ALL’ASSOCIAZIONISMO DEGLI INSEGNANTIVia delle Montagne Rocciose, 69 - 00144 Roma

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e

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12 Gennaio-Giugno 2015 QUESTIONI DI GENERE L’ECO della scuola nuova

che, insieme a tante altre iniziative,porti a formare persone consapevolie rispettose delle differenze, allequali siano davvero date pari oppor-tunità. In anteprima già possiamoscrivere che sarà proposto ancheper l’anno scolastico 2015/2016 il 3°bando di concorso su scala nazio-nale.

Il 29 maggio 2015 con il patrociniodel Senato della Repubblica,presso il Rettorato dell’UniversitàROMA TRE, per l’anno scolastico2014/2015, si è concluso il 2° con-corso nazionale “Sulle vie della pa-rità”, con una affollatissima ceri-

monia di premiazione dei vincitorie delle vincitrici. Studenti, inse-gnanti, genitori e gruppi di ricercahanno riempito festosamente l’am-pio spazio dell’aula magna.Anche quest’anno hanno parteci-

pato al concorso datutta Italia le scuole diogni ordine e grado, leuniversità e numeroseassociazioni femminili.I lavori presentati sonostati esaminati dalla giu-ria presieduta da LiviaCapasso. Gli studenti ele studentesse hannogeneralmente preferitola modalità digitale: tan-tissime produzioni in po-wer point e video, maanche numerosi elabo-rati artistici sotto formadi disegni, dipinti, colla-ges, manifesti, plastici,sempre accompagnatida ricerche approfon-dite sulla biografia delledonne riscoperte,  per lequali si chiedeva aglienti preposti di intitolarevie, giardini, piste ciclabili, rotonde. Alla presenza della vice presidentedel Senato della Repubblica, ValeriaFedeli, sono stati premiati 2  gruppiuniversitari, 24 scuole superiori, 12scuole medie, 7 scuole primarie, uncircolo interculturale.Il successo dell’iniziativa ci spronaad andare avanti su questa strada,

ESITI DEL CONCORSO NAZIONALE "SULLE VIE DELLA PARITÀ"

di Paola Farina

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Gennaio-Giugno 2015 13QUESTIONI DI GENEREL’ECO della scuola nuova

Il libro di Ester Rizzo, Camicette bianche,Navarra Editore, Marsala, 2014, fa final-mente chiarezza sulla vera storia dell’ 8marzo, la giornata internazionale dedi-cata alle donne. Le origini sono contro-verse e per tanti anni si è attribuita laricorrenza ad un incendio scoppiato nel1908 nella fabbrica Cotton di New York,dove il proprietario Mr. Jonson avrebberinchiuso più di cento operaie che sareb-bero morte bruciate.Oggi è stato provato che non è mai esi-stita nè la fabbrica Cotton nè di conse-guenza quell’incendio. L’8 marzo in realtàè una data convenzionale che ricordavari eventi tutti collegati alle lotte perl’emancipazione delle donne e per l’ac-quisizione dei loro diritti di lavoratrici invarie parti del mondo, dagli Stati Unitialla Russia all’incirca dal 1907 in poi. Traquesti eventi vera e documentata è lastoria delle centoventisei operaie mortenel rogo della Triangle Shirtwaist Com-pany di New York, una fabbrica di camiciefemminili, quelle tanto di moda all’epocaa vita stretta e maniche a sbuffo, il 25marzo 1911, tutte in gran parte emigrateo figlie di emigrati, di queste trentotto ita-liane (ventiquattro siciliane), e dieci figliedi emigrati italiani, quindi una larga rap-presentanza di quell’Italia povera di fineottocento, che per miseria e disperazionelasciava il proprio paese in cerca di for-tuna altrove. Questa la dinamica del disa-stro: più di cinquecento operaie, lesartine come erano affettuosamentechiamate, quella mattina 25 marzo 1911alle ore 7 in punto, entrarono in fabbrica(un edificio di dieci piani), in gran parterusse e come abbiamo detto italiane. Al-cune avevano soltanto 13 e 14 anni. Alleore 16,30 quando la giornata lavorativavolgeva al termine ed era sabato, per cuiquel giorno sarebbero uscite prima, scop-piò l’incendio: ad un tratto, all’ottavopiano, la signora Eva Harris, sorella di unodei proprietari, sentì odore di bruciato edette l’allarme, 18 minuti dopo la tragediasi era già consumata, 146 vittime, cento-

ventinove donne e dicias-sette uomini. Un gruppo dioperaie riuscì ad entrarenegli ascensori stracolmi eguadagnare la salvezza,mentre altre tentavanoinutilmente di aprire leporte che purtroppo eranotutte chiuse a chiave.Scene allucinanti che pos-siamo immaginare: fumo,fuoco, singhiozzi, grida di aiuto in tantelingue diverse. Una trentina circa arriva-rono alla scala di sicurezza, ma questaper il peso ed il calore cedette, facendolescivolare nel vuoto. Molte con i vestiti infiamme si gettarono dalle finestre, e lafolla sottostante assistette atterrita e im-potente a questa pioggia di corpi che bru-ciavano, dissero che somigliavano allecomete. Inutilmente i pompieri subito ac-corsi stesero dei teloni per tentare di sal-vare quelle che si buttavano, il loro pesolacerava la stoffa e le povere donne sischiantarono sui marciapiedi. Si salva-rono, meno due operaie, quelli del de-cimo piano, dove erano gli ufficiamministrativi, perchè riuscirono a saliresul tetto. Non si ebbe mai la certezzadella causa che aveva scatenato l’incen-dio, fu comunque escluso che si trattassedi incendio doloso, Harris e Blanck furonoaccusati di omicidio colposo, dopo ottomesi ebbe luogo il processo, iniziò il 4 di-cembre 1911 e si concluse dopo soli 23giorni, l’avvocato difensore riuscì a dimo-strare che non si poteva essere certi dellachiusura a chiave delle porte e che pro-babilmente le ragazze in preda al paniconon erano riuscite ad aprirle. Harris eBlanck furono assolti da una giuria com-posta di tutti uomini che arrivò al ver-detto in sole due ore, ma quando ipadroni uscirono dal tribunale furono cir-condati da una folla che piangeva gri-dando “ridateci le nostre mogli, le nostrefiglie, le nostre sorelle. Dove è andata afinire la giustizia?”, l’assicurazione pagò445 dollari per ogni operaia morta, ai fa-

miliari ne andarono 75, mamolti, sentendosi offesinell’animo, rifiutarono l’in-dennizzo nonostante lacondizione di bisogno. Co-munque queste donne nonmorirono invano, neglianni successivi si approva-rono delle leggi che miglio-rarono la loro situazionelavorativa, leggi che final-

mente obbligavano i proprietari a realiz-zare nei luoghi di lavoro idonee entratee uscite dagli edifici, a dotare le strutturelavorative di estintori, sistemi di allarme,spruzzatori automatici, inoltre furonostabiliti orari limitati di lavoro per donnee bambini. e le donne in quel periodoconquistarono il diritto di essere rappre-sentate nel mondo sindacale. C’è da direche l’incendio dell’Asch Building fu unevento straziante nella storia della cittàdi NewYork e molti si mobilitarono peraiutare le famiglie colpite. Uno storico Mi-chael Hirsch ha recentemente dedicatodieci anni delle sue ricerche per il recu-pero delle identità delle vittime, che graziealla sua caparbietà hanno avuto tutte unnome. Sappiamo anche che spesso va avisitare le loro tombe. Lo stesso ha fattoper le vittime italiane, in particolare quellesiciliane, l’autrice Ester Rizzo, una ricerca-trice appassionata e di talento, che è riu-scita a ricostruire dietro quei nomi le loropovere, vere storie di donne generose,donne coraggiose, desiderose con il lorolavoro di aiutare le famiglie d’origine o dicostruirsi per sé un più sereno focolare. Ecosì sono andate incontro all’ignoto e a undestino crudele in un paese straniero. Donne coraggiose, pioniere inconsape-voli del movimento di indipendenza delledonne, alle quali per uscire dall’oblio, incui per tanti decenni erano precipitate,sarebbe giusto intitolare qualche stradadelle nostre città italiane, in modo che laloro memoria ci accompagni e incoraggiin un cammino che è ancora per noi, ognigiorno di più, tanto difficile da percorrere.

LA VERA STORIA DELL’8 MARZOLA FESTA DELLE DONNE LAVORATRICI

di Anna Maria Casavola

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14 Gennaio-Giugno 2015 QUESTIONI DI GENERE L’ECO della scuola nuova

Per un libro di qualche anno fa riguar-dante le donne in armi, raccolsi le te-stimonianze di alcune bresciane. Unadi esse era Elsa Pellizzari. «Mi disseroche dovevamo cambiare nome, di-menticare tutto: amici, compagni, pa-renti – dice Elsa -. A Gazzane c’erauna bambina che si chiamava Gloria.Era tanto carina, ma morì piccolis-sima, sette, otto anni. Quando è statoil momento di scegliere un nome dibattaglia scelsi quello».«I documenti li nascondevo in unacassetta di latta che tenevo nel pol-laio, ma un giorno, mentre tornavocon formaggio e granturco mi sonotrovata nel cortile di casa quattro re-pubblichini, che dovevano perlustrarele case e stavano per entrare nel pol-laio. Ho mollato tutto il frumento perterra, così le galline sono uscite a bec-care con le piume che volavano datutte le parti, e i repubblichini se nesono andati».«Prima di partecipare a vere e pro-prie azioni, ho fatto la staffetta. Scu-civo l’orlo di una gonna o di unsoprabito e infilavo il messaggio. Manon portavo solo biglietti, facevamotutto quello che poteva danneggiarela Rsi, come la manomissione dellasegnaletica stradale. Una volta mitrovavo nella stalla della mia amicaIole, a Sabbio Chiese, quando entròuna pattuglia di tedeschi per pren-dere del latte. Mentre erano lì, arrivòil fratello di Iole, io mi accorsi chesotto il cappotto aveva un’armalunga, così gli corsi incontro comefosse il mio ragazzo e lo spinsi fuori».«Riuscivamo anche a ridere, però.Uno dei nostri disse che avremmovinto di sicuro perché don Angeloaveva chiesto aiuto al Signore, un

altro ribatté che forse anche qualcheprete tedesco aveva chiesto la stessa,allora quello rispose: “Ma secondo teDio parla tedesco?”».«Un pomeriggio stavo tornando daRivoltella, con due bombe a manosotto la sella della bicicletta e una pi-stola infilata nelle mutande, oltre adalcuni documenti nel reggiseno. Lapistola s’era però spostata e mi davaparecchio fastidio, costringendomi aposture innaturali: di ciò si accorse untedesco a un posto di blocco, che alzòil braccio per fermarmi. Fui salvata dauna sventagliata di un provvidenzialecaccia americano».«Per me la guerra finì in un giornod’aprile. Una colonna tedesca moto-rizzata proveniente da Salò s’era ac-campata al crociale dei Tormini,presidiando con una mitragliatrice ilpassaggio verso la Valsabbia, dove sitrovava la maggior parte dei parti-giani, i cui comandanti, dopo averconstatato l’impossibilità di eliminarequella postazione tedesca per quellamitragliatrice, decisero di bluffare,mandando me come staffetta di unmessaggio: bluffando, chiesi la resaincondizionata in cambio del lascia-passare per tutti i soldati della co-lonna. La risposta delle SS fu unaspaventosa sventagliata verso la Val-sabbia. Poi però decisero di andar-sene. Con le mani legate, io fui fattasalire sull’ultimo mezzo, a fianco di untedesco di una certa età. Parlava unpo’ l’italiano e mi raccontò della suafamiglia, che gli mancava, poi,quando il camion che precedeva il no-stro scomparve al di là di una lungacurva, frenò e, aperta la portiera, mifece scendere. Sparii correndo a per-difiato».

«Non mi sono mai sentita un’eroina.Le donne non si sentono mai eroine.L’uomo è più portato a sentirsi uneroe. Credo che questa sia una cosamolto maschile e lo dico con tutto ilrispetto per quei tanti ragazzi chesono morti».In molte azioni con Elsa ci fu MariaBoschi, nome di battaglia «Stella», ilcui fratello Ippolito – nome di batta-glia «Ferro» – fu ucciso a Salò quandotentò di liberare un suo compagnopiantonato in ospedale.«Tenemmo nascosto il suo cadaverefino al 25 aprile, quando fu celebratoil funerale con tanta gente. Posso diredi aver partecipato alla lotta di Ippo-lito col suo stesso ardore, con la suastessa forza. Non c’era niente che di-stingueva me da lui, se non che lui eramaschio e io femmina. Dicevano cheero coraggiosa, ma a me sembrava difare tutto in modo naturale. Comem’era parso naturale pulire i poveriresti dei partigiani massacrati a Pro-vaglio, e ancora più naturale farlo conmio fratello. Facevo parte anch’io delgruppo che aveva scelto la località di“Madonna della neve” come base,nella zona di Prandaglio».Sono molte altre le storie delle donnebresciane impegnate nella Resi-stenza. Ci sono infatti anche quelle diDelfina, Maria, Ines, Gina, Severina,Maddalena, Rita, Claudia, Rosa, ealtre ancora. Donne che si trovaronoa combattere una guerra lontana lemille miglia dal loro mondo, anche se,per dirla con le parole di “Stella”:«Non abbiamo fatto la guerra, noi.Noi abbiamo fatto solo le donne».

* dal Corriere della Sera,Brescia, 21 Aprile 2015

LA RESISTENZA IN ROSA di Pino Casamassima *

Sono 35.000 le partigiane inquadrate nelle formazioni combattenti; 20.000 le patriote, con funzioni di supporto;70.000 le donne organizzate nei Gruppi di difesa; 16 le medaglie d’oro, 17 quelle d’argento; 683 le donne fucilateo cadute in combattimento; 1750 quelle ferite; 4633 le arrestate, torturate e condannate; 1890 le deportate inGermania. Questi, alcuni numeri della Resistenza al femminile: una realtà misconosciuta, che riguarda anche ilterritorio bresciano.

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Gennaio-Giugno 2015 15DALLE SEZIONIL’ECO della scuola nuova

tualità didattica che recupera la me-moria storica femminile attraversola ricerca-azione e percorsi labora-toriali. Seguono le voci, tante, dellee dei docenti ed il discorso siespande: della prevenzione del fem-minicidio attraverso i saperi e la di-dattica di genere, della nuovadimensione della scuola come cen-tro di una rete di cooperazione conle Istituzioni e con il mondo dell’as-sociazionismo. La parole che più conquistanosono quelle degli studenti e dellestudenti del “Vaccarini”, giovani edesperti poiché già coinvolti in altriprogetti di didattica di genere: oggisono qui in veste di cronisti ed os-servatori. “Questa-dice Mara- è lascuola che parla di noi , ci dà valoree ci ascolta. Ci vede come personee non come contenitori da riem-pire”. Quali parole potrebbero daremiglior conferma che il convegnoconsolida la via giusta del rinnova-mento della didattica?

* FNISM sezione di Catania

16 Gennaio 2015-Un convegno con-diviso dalla Fnism e da Toponoma-stica femminile, per riflettere sullenuove frontiere della didatticadella differenza. Il titolo, Didatticadelle differenze e Toponomasticafemminile: metodi ed esperienze,vuole dare evidenza ad azioni con-crete e a pratiche sperimentate dieducazione di genere attraverso ilaboratori permanenti e trasversalidi Toponomastica femminile. È evi-dente nella scuola un bisogno fortee diffuso di ripensare se stessa dal-l’interno, aprendosi all’ascolto dialtre voci colte: così nell’aulamagna dell’IIS ”Vaccarini” di Cata-nia sono arrivati da tante cittàdella Sicilia - Catania, Ragusa, Agri-gento, Palermo e Messina- maanche da altre regioni d’Italia, permettere a confronto esperienze eper progettare azioni condivise.Sono docenti e dirigenti dellescuole di ogni ordine e grado,donne delle Istituzioni e dell’asso-ciazionismo femminile. “Sono occa-sioni fondamentali di incontro e direlazione e di crescita, salutaripause di riflessione, in una scuolache cerca rinnovamento ma stentaa trovarlo” osserva Mauro Zennaro,docente romano che cura da annipercorsi di didattica di genere nellaCapitale. La scuola si riappropria del suoruolo centrale di formatrice di “per-sone e cittadini consapevoli”, alle-andosi con forze diverse, portatricidi contributi differenti: insieme allereferenti della Fnism e di Topono-mastica Femminile, ci sono le donnedella Fidapa che condividono le bat-taglie di intitolazioni toponomasti-che femminili; coordina gliinterventi Ester Rizzo, autrice di un

saggio “necessario”, “Camicettebianche”, dedicato alla tragedia delrogo della Triangle a New York incui morirono 121 donne, di cui 38 ita-liane, quasi tutte meridionali; MariaAusilia Mastrandrea, consigliera delComune di Catania, racconta l’impe-gno dell’amministrazione cataneseche ha proposto una revisione delregolamento toponomastico inchiave di genere, ascoltando lascuola di Toponomastica femminiledi cui Il “Vaccarini” è il centro nelterritorio etneo; è vulcanico l’inter-vento della docente romana MariaPia Ercolini, fondatrice di Topono-mastica Femminile: racconta l’invi-sibilità femminile attraverso isimboli dell’immaginario collettivo;Graziella Priulla, docente di sociolo-gia presso la Facoltà di Scienze Po-litiche di Catania, conduce un’analisiserrata del linguaggio sessista eneutro che produce discriminazionee che persiste anche nei testi scola-stici; la relazione della Fnism cata-nese ripercorre l’iter delrinnovamento della didattica di ge-nere attraverso una nuova proget-

DIDATTICA DELLE DIFFERENZE ETOPONOMASTICA FEMMINILE

di Pina Arena*

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16 Gennaio-Giugno 2015 DALLE SEZIONI L’ECO della scuola nuova

Nel liceo classico statale sperimen-tale “Bertrand Russell” di Roma èstata allestita una mostra dedicataad Archimede dal titolo: “Archimedee le sue idee, un museo itinerante”.L’esposizione, inaugurata il 30 gen-naio 2015 con la conferenza “Cosapossiamo ancora imparare da Ar-chimede?” del prof. Lucio Russo,docente di Calcolo delle Probabilitàall’Università di Roma Tor Vergata estudioso di Storia della Scienza, è ri-masta aperta al pubblico fino al 6febbraio 2015.

Nella mostra, che è stata allestitaanche in altre cinque scuole diRoma e provincia, sono stati espostimanufatti e modelli realizzati dascuole di tutto il territorio nazionale,che hanno partecipato al concorsoPremio Archimede 2013, indetto dal-l’Unione Matamatica Italiana (UMI),e che ora sono acquisiti dal Centrodi Ricerca e Formazione permanenteper l’insegnamento delle discipline

scientifiche (CRF) dell’Università diRoma Tor Vergata.

Oltre a questi oggetti, è stato espo-sto un grande orologio ad acquafunzionante, di origine archimedea,per la prima volta realizzato col con-tributo del Dipartimento di Matema-tica dell’Università di Roma TorVergata, sulla base di un mano-scritto arabo del X secolo. L’orologiosegna le “ore diseguali” ottenute di-videndo in 12 parti uguali l’intervallodi tempo, variabile di giorno ingiorno, dall’alba al tramonto.Ad Archimede sono attribuite mol-tissime invenzioni fra le quali un pla-netario, la vite senza fine (coclea),dalla forma che ricorda una chioc-ciola, gli specchi ustori, potenti edoriginali macchine belliche, i cui mo-delli, realizzati da diverse scuole,

sono stati esposti nella mostra.A questa esposizione si sono ag-giunti laboratori, articolati intornoalla figura di Archimede e alle suescoperte e gestiti dagli studenti delRussell, coadiuvati dalle professo-resse Paola Santucci, Anita Biagini eFrancesca Burgos.

Cosa possiamo imparare oggi leg-gendo Archimede, qual è la lezionepiù importante?Secondo il professore Lucio Russopossiamo imparare molto, se siamodisposti ad affrontare testi difficili,che richiedono un impegno serio;inoltre la lezione più importante chesi può  trarre dalle sue opere riguardal’unità della cultura e in particolare ilcompleto dissolversi dell’attuale con-fine tra Matematica e Fisica.

* FNISM sezione di Roma,Regione Lazio

ARCHIMEDE E LE SUE IDEE UN MUSEO ITINERANTE

di Raffaella di Gregorio *

Riproduzione Orologio ad acqua di Archimede. Università di Tor Vergata.

Coclea (LS Amaldi, Novi Ligure,Alessandria).

Planetario (Liceo Fogazzaro, Vicenza).

Catapulta (Liceo “Principe di Napoli”,Siracusa).

Manoscritto arabo. Bibliothèque Nationale de France.

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Gennaio-Giugno 2015 17DALLE SEZIONIL’ECO della scuola nuova

LE RELIGIONI COME SISTEMI EDUCATIVI

Europa e cultura europea Il convegno si prefigge dianalizzare e divulgare gli strumenti educativi dellereligioni storicamente presenti in Europa: ebraismo,cristianesimo ed islam. L’iniziativa si rivolge ad unpubblico di educatori (docenti, insegnanti, assistentisociali e genitori) per attivare una maggioreconsapevolezza delle principali matrici culturali chehanno forgiato l’identità europea, in modo daintraprendere un comune cammino verso l’integrazionee la convivenza religiosa. L’evento avrà una cadenzaannuale ed i percorsi formativi che riguardano le trereligioni si svolgeranno attraverso conferenze-lezioni-festival articolati in tre momenti distinti ma tra loroconnessi. Nel 2015 la tematica tratterà l’ebraismo, nel2016 e nel 2017 il cristianesimo e l’islam. Gli obiettivi delprogetto sono orientati a potenziare i processi educativiin quanto la convivenza multietnica e multiculturale trasoggetti autoctoni e nuovi immigrati non è un percorsospontaneo ma richiede inevitabilmente delletrasformazioni conoscitive in tutti i membri dellasocietà. In tal senso sia gli individui che la collettivitàdovranno abbandonare vecchi stereotipi e pregiudiziper adottare delle prospettive mentali, emotive, econoscitive che possano permettere la reciprocaconoscenza, lo scambio dialettico e l’integrazione tragruppi diversi. A questo proposito diventa necessario

comprendere che alla base di ogni cultura, la religionerappresenta spesso il nucleo più forte ed antico, cheforgia l’identità degli individui e delle rispettivecollettività condizionandone gli stili di vita. Infatti ognicredo religioso è strettamente connesso con l’agire deipropri adepti, regolandone i comportamenti tramitevalori etici espressi con precetti, norme e regole. Ciòproduce modelli diversificati di concepire la realtà,filtrati dalla dimensione religiosa che si manifestasopratutto nei sistemi di relazioni tra individui e gruppi.La consapevolezza di queste dinamiche diventa unostrumento indispensabile sia per comprendere lasocietà in cui viviamo, sia per sviluppare strumenti diconvivenza civile nella costruzione di nuovi scenarisociali, antropologici, e culturali. Questo processo puòscaturire solo da un approccio che prende in esame lapositività del contatto tra culture, approfondendone irispettivi modelli, senza paure di possibili ed inevitabilicontaminazioni tra diversi valori e prospettive. in talsenso, ebraismo, cristianesimo e islamismo, possonoessere esaminati non solo come matrici storico-culturalifondamentali nella cultura occidentale, ma anche cometrasmettitori di strumenti educativi disciplinari ed etici,da riconoscere all’interno della società multiculturaleodierna e da consolidare nei paradigmi pedagogici deicontesti di apprendimento primario e secondario.

Si è svolta a Roma l’11 maggio 2015 nella sala del Refettorio della Camera dei Deputati, il convegno “Le religionicome sistemi educativi” promosso dall’Istituto di Psicologia Interculturale. Al convegno la FNISM ha portato il suocontributo con la relazione della professoressa Elisabetta Bolondi.

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18 Gennaio-Giugno 2015 L’ECO della scuola nuovaDALLE SEZIONI

Questa breve comunicazione si rife-risce alla mia esperienza didatticadi insegnante di italiano e storia inun istituto tecnico della semiperife-ria romana, il Carlo Levi,nome evocativo di cultura ememorie, ora rinominatoLeopoldo Pirelli, perché lasede di via Assisi dell’Isti-tuto   si trova nei localidi  una ex fabbrica di coper-toni Pirelli.

Alla base della mia didatticaho posto l’obiettivo della let-tura, un patrimonio perso-nale che in un’Italia che nonlegge o legge troppo poco,solo la scuola, e in partico-lare la scuola pubblica, puòfornire a tutti gli studenti,anche a quelli che nonhanno libri a casa, che nonpossono viaggiare e cono-scere, che provengono dafamiglie deprivate, una co-noscenza della nostra ori-gine, della nostra identità,dei valori a cui riferirsi, deglierrori del passato da non ri-petere.Conoscere la storia, in par-ticolare quella che ha scon-volto il secolo scorso, quelladelle dittature che hanno in-sanguinato l’intera Europatrascinandola nell’orroredella Seconda guerra mon-diale, è un dovere civile emorale per tutti i cittadiniitaliani. L’istituzione dellaGiornata della Memoria hacontribuito, come pure iviaggi organizzati dalle au-torità cittadine nei lager, a

rendere conosciti e studiati argo-menti per troppo tempo rimossidalla coscienza collettiva e dalla cul-tura diffusa.

Mi sono trovata per caso ad essereinvitata, con la mia classe, unaquarta superiore, a partecipare adun viaggio organizzato della Provin-

Con il Patrocinio di

STORIA E MEMORIA ATTRAVERSONARRATIVA E CINEMA

UN PERCORSO DIDATTICO

di Elisabetta Bolondi *

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Gennaio-Giugno 2015 19L’ECO della scuola nuova

cia di Roma nei primi anni 90: siamoandati a Buchenwald, accompagnatida due testimoni che non erano tor-nati in Germania dopo la loro libera-zione: Vera Michelin Salomon,deportata a Dachau per ragioni po-litiche, e Mario Limentani, ex depor-tato a Mauthausen. Il viaggio haavuto per me un impatto molto fortee mi ha coinvolto ad intraprendereun percorso didattico istituzionaliz-zato e non episodico nelle mieclassi. Infatti, dopo il Diario di Anna Franke Se questo è un uomo, testi dive-

nuti classici scolastici obbligatori, eper questo spesso mal sopportati,difficilmente i ragazzi venivano incontatto con testimonianze sottoforma di libri, saggi o romanzi, cheavessero circolazione nelle aule sco-lastiche o nelle modeste biblioteched’istituto.Ho cominciato dunque a cercare,leggere, far circolare, raccontarelibri che avessero come oggetto laShoah, e questo mi ha portato ascoprire che dagli anni Novanta inpoi c’era stato un risveglio dellevoci che per anni avevano taciuto

il dramma di cui erano stati vittime.Invitare gli autori a scuola, far par-lare i testimoni, andare al cinemacon gli studenti, celebrare la Gior-nata della Memoria con iniziativenon retoriche preparate nel tempocon gli stessi alunni, rendere la let-tura importante esperienza da tra-durre in recensione dei testi letti,queste le principali strategiemesse in atto, in diretto contattocon le Associazioni che della Me-moria hanno fatto il loro punto diforza: mi riferisco in modo specialeall’Aned (Associazione Nazionale

ex Deportati nei campi),all’Irsifar (Istituto romanoper gli studi su Fascismo eResistenza), la Fnism, dicui faccio parte e per laquale curo la rubrica di let-ture sulla rivista, L’Ecodella scuola Nuova.Nella mia lunga pratica di-dattica ho sperimentatol’importanza di trasmet-tere con entusiasmo e con-vinzione la passione per ilibri agli alunni: solo unlibro letto e amato dall’in-segnante ha buone possibi-lità di essere accolto comeproposta di lettura dallostudente, spesso svogliatoed indifferente.Ecco allora che la sinergiafra dirigenti scolastici ed in-segnanti colti ed intrapren-denti, aperti a progetti ediniziative tese a coinvolgerescrittori, storici, registipronti ad intervenire ascuola e a dialogare con glialunni, risulta una miscelavincente.Nella mia scuola sono pas-sati Lia Levi, Rosetta Loy,Angela Bianchini, FilippoTuena, Anna Foa, RiccardoChiaberge, Ettore Scola,Massimo Rendina, Anna-bella Gioia, Leone Fioren-tino, Vera MichelinSalomon.Film come Il Pianista, Lachiave di Sarah, Il bambino

DALLE SEZIONI

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20 Gennaio-Giugno 2015 L’ECO della scuola nuovaDALLE SEZIONI

dal pigiama a righe, La vita è bella,Concorrenza sleale, non sono man-cati nei pomeriggi trascorsi al cinemainsieme ai ragazzi, commentando leimmagini.Letture ad alta voce, sfide fra chileggeva di più e scriveva la migliorerecensione, pubblicata poi sul sitodella scuola, partecipazione apremi e concorsi letterari, adeventi culturali (mostre, presenta-zioni di libri, visite in libreria, per-corsi cittadini nei luoghi dellaMemoria, (Fosse Ardeatine e quar-tiere ebraico, Sinagoga e Pietred’Inciampo), incontri con scrittoristranieri, ricordo Abraham Yeho-shua all’Università di Roma3… que-ste le principali strategie che homesso in atto per far conoscere edinsegnare a studiare, capire e anon dimenticare.

Breve bibliografia dei libri per glialunni e che possono offrire spuntiper gli insegnanti, che vogliano se-guire questo percorso didattico,ricco di soddisfazioni.

Memorie

Non dimenticare Dachau di GiovanniMelodia , Mursia 1993

L’erba non cresceva ad Auschwitz diMimma Paulesu Quercioli, Mursia1994

Lettere 1942-1943 di Etty Hillesum,Adelphi 1990

L’esile filo della memoria, di LidiaBeccaria Rolfi, Einaudi 1995

Mi ricordo Anna Frank di Alison Le-slie Gold, Bompiani 1999

La marcia della morte di Leone Fio-rentino, Mursia 2002

L’eredità di Auschwitz di GeorgesBensoussan, Einaudi 2002

Le donne di Ravensbruck di LidiaBeccaria Rolfi e Anna Maria Buz-zone, Einaudi 2003

L’eco del silenzio. La shoah raccon-tata ai giovani, di Elisa Sprinter, Mar-silio 2003

Narrativa

Il cielo cade di Lorenza Mazzetti,Sellerio 1993

Lezioni di tenebra di Helena Janec-zek, Mondadori 1997

L’ebreo e la ragazza di ChristianeKohl, Baldini e Castaldi 1997

Tutti i giorni di tua vita di Lia Levi ,Mondatori 1997

L’amica italiana di Giuseppe Pede-riali, Mondatori 1998

Dora Bruder di Patrick Modiano,Guanda 1998

La bambina col cappotto rosso diRoma Ligocka, Mondatori 2001

Lasciami andare, madre di HelgaSchneider, Adelphi 2001

Stelle di cannella di Helga Schneider,Salani 2002

Il pianista di W. Szpilman, Loesher2004

16 ottobre 1943 di Giacomo Debene-detti, Einaudi 2005

Ho sognato la cioccolata per anni diTrudi Birger, Piemme 2005

Le variazioni di Reinach di FilippoTuena , Rizzoli 2005 e nuova edi-zione Superbeat 2015

Anni d’infanzia. Un bambino neilager, di Jona Obersky, Giuntina2007

La chiave di Sarah di Tatiana de Ro-snay, Mondatori 2008

Il bambino con il pigiama a righe diJohn Boyne, Rizzoli 2008

Uri Orlev, L’isola in via degli uccelli,Salani 2009

A voce alta - The reader, di Ber-nhard Schlink, Garzanti 2010

La pianista bambina di Greg Daw-son, Piemme 2010

La notte dell’oblio di Lia Levi , edi-zioni e/o 2012

Storia di una ladra di libri, di ZusakMarkus, Frassinelli 2014

Un pasto in inverno di Hubert Min-garelli, Nutrimenti 2014

Il braccialetto di Lia Levi, ed e/o2014

Per infiniti giorni di Francesca Ro-mana De Angelis, Passigli 2014

Una luce quando è ancora notte diValentine Goby, Guanda 2015

Charlotte di David Foenikos, Monda-dori 2015

Albi illustrati e libri per bambini discuole elementari e medie

Una bambina e basta di Lia Levi, edi-zioni e/o 1997

Sotto il cielo d’Europa, di FredianoSessi, Einaudi ragazzi 1998

La portinaia Apollonia, di Lia Levi eEmanuela Orciai, Orecchio Acerbo2006

Bruno, il bambino che imparò a vo-lare, di Nadia Terranova e Ofra Amit,Orecchio Acerbo 2012

L’ultimo viaggio. Il dottor Korczak ei suoi bambini di I.Cohen-Janca eA.C.Quarello, Orecchio Acerbo 2015

Saggi

La parola ebreo di Rosetta Loy, Ei-naudi 2006

L’ultimo treno di Carlo Greppi, Don-zelli 2012

Portico d’Ottavia 13 , di Anna Foa,Laterza 2013

Strumenti didattici

Memoria della Shoah, Dopo i testi-moni a cura di Saul Meghnagi, Don-zelli 2007

Il libro della Shoah di Sarah Kamin-ski e Maria Teresa Milano, EdizioniSonda 2009

Lettori si cresce di Giusi Marchetta,Einaudi 2015

* FNISM sezione di Roma,Regione Lazio

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L’interesse mostrato dal presidenteLuigi Manconi e dalla senatrice Sil-vana Amati per i temi trattati nel-l’audizione al Senato del 29 luglio2014 presso la Commissione straor-dinaria per la tutela e la promozionedei diritti umani, ha fornito all’Alle-anza contro la Fame e la Malnutri-zione Italia (Alliance Against Hungryand Malnutrition) l’occasione di te-nere il 3 marzo 2015 una conferenzastampa presso la prestigiosa salaNassirya di Palazzo Madama per illancio del Progetto EducAli. Eranopresenti all’iniziativa con le senatriciSilvana Amati, Rosa Maria De Giorgie Daniela Valentini, l’ambasciatoreitaliano presso le Nazioni Unite PierFrancesco Sacco, il direttore gene-rale di Bioversity International Ste-fano Padulosi, la responsabile dellacomunicazione del CRA-Nut CristinaGiannetti.

EducAli è un progetto ambizioso enecessario, che prevede una colla-borazione tra le Istituzioni del Paeseed in particolare tra il MIUR, in siner-gia con il Ministero della Salute,dell’Economia e delle Finanze, delLavoro e delle Politiche Sociali edelle Politiche Agricole e Forestaliper l’elaborazione di un Piano Nazio-nale di Educazione Alimentare.Un Piano Nazionale perché aldilàdelle buone pratiche messe in attoin tante scuole, in tante altre,troppe, l’educazione alimentarenon può rimanere un fatto episo-dico, isolato, ma deve stimolaretutti gli individui ad una cultura delrispetto nei confronti del cibo, del-l’ambiente, dell’individuo e di tuttala collettività.L’art. 25 della Dichiarazione Univer-sale dei Diritti Umani così recita:“ogni individuo ha diritto ad un te-nore di vita sufficiente a garantire la

salute e il benessere suo e della suafamiglia, con particolare riguardoall’alimentazione, al vestiario, all’abi-tazione, ai servizi sociali, alle curemediche necessarie…”La Dichiarazione di Roma sulla Nu-trizione, scaturita dalla conferenzaFAO e dell’OMS del novembre 2014,nel riconoscere la complessità e lamultidimensionalità delle causedella malnutrizione propone unaserie di opzioni di policy, che i go-verni, in collaborazione con tutti glialtri attori interessati, possono inte-grare nei rispettivi piani nazionali ri-guardanti nutrizione, sanità,agricoltura, sviluppo e investimento.Con la raccomandazione 19 si chiede

ai Paesi di realizzare interventi di in-formazione e di educazione nutri-zionale basati sulle linee guidanazionali in materia di alimenta-zione e su politiche coerenti relativead alimentazione, attraverso pro-grammi scolastici specifici.La raccomandazione 20 invita a svi-luppare e implementare compe-tenze e capacità in materia dinutrizione, tanto da consentire larealizzazione di attività di educa-zione alimentare per operatori im-pegnati in prima linea, assistentisociali, divulgatore agricoli, inse-gnanti e professionisti sanitari.Il diritto al cibo, sano, sicuro, ade-guato, sancisce il passaggio da un

Gennaio-Giugno 2015 21UNA QUESTIONE PER VOLTAL’ECO della scuola nuova

Progetto EducAlidi Paola Farina

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approccio essenzialmente assisten-zialista ad uno basato su protezionee promozione dei diritti umani.La AAHM Italia, in linea con i dati ag-giornati e integrati dell’OMS e dellaFAO - 1.500 milioni di persone nelmondo sono in sovrappeso, di cui500 milioni sono obesi e di questi29 milioni muoiono per patologie le-gate al cibo in eccesso – ha lanciatoun appello affinché siano proprio lescuole a fare da ponte tra i governie la società civile.Il sovrappeso e l’obesità’, che nelle

bambine e nei bambini, nelle ra-gazze e nei ragazzi italiani è diffusoa tal punto da determinare il gridod’allarme dei pediatri e dei medici difamiglia, non è certo soltanto unaquestione di estetica, ma è un pro-blema che incide pesantementesulla salute; in particolare può de-terminare disturbi nella crescita, nelsistema osteo-articolare, può in-durre diabete e sindromi dismetabo-liche, oltre a problemi psichici erelazionali e da adulti le malattiecronico-degenerative.La malnutrizione è all’origine di graviproblemi sociali, con costi elevati abreve, medio e lungo termine. Lebuone abitudini alimentari si acquisi-scono con interventi di informazionee formazione, che riguardano sia lescelte che il consumo degli alimenti.L’informazione deve essere correttae chiara, accessibile a tutti, per sen-sibilizzare al più basilare degliumani, il diritto al cibo. La forma-zione deve essere diffusa il più pos-

sibile nella società, per guidare acomportamenti alimentari e di con-sumo corretti e sostenibili. Educaread un uso delle risorse, anche ali-mentari, nel rispetto dell’ambiente,limitando gli sprechi, riducendo i ri-fiuti, attraverso percorsi formativispecificamente costruiti in un’otticadi sostenibilità ambientale.L’AAHM ha individuato nella scuola

il terreno ideale di realizzazione diun piano nazionale di educazionealimentare sia per la distribuzioneuniforme e capillare su tutto il terri-torio delle scuole, sia per la possibi-lità di intercettare con le scuolele/gli insegnanti, le/i giovani, che co-stituiscono la parte economica-mente e socialmente più utile daformare, non che indirettamente lefamiglie.È necessario avviare per tempobuone abitudini alimentari e stili divita sani, anche in rapporto alla re-lazione tra cibo, sfera delle relazionie affettività.Occorre quindi partire dalla scuoladei più piccoli, che si presta meglio

al coinvolgimento e alla sensibilizza-zione sia delle alunne e degli alunni,sia delle famiglie, che in questo seg-mento di scuola sono più presentinelle attività scolastiche dei proprifigli per continuare negli altri seg-menti, in una visione volta a realiz-zare il curricolo verticale.Un Piano Nazionale metterebbe a si-stema l’Educazione Alimentare, ga-rantendo ad ogni bambina e ad ognibambino il diritto alla salute, allascuola, all’uguaglianza, alla prote-zione (dalla Convenzione sui Dirittidell’Infanzia). Mettere a sistema significa ancheattribuire, nel rispetto dell’autono-mia scolastica, competenze, ruoli eresponsabilità, riconoscendo allescuole il ruolo chiave per l’attua-zione di politiche per la promozionedella salute, intesa nell’accezionepiù ampia del termine, innescando,in tal modo, un necessario processodi investimento di energie, profes-sionalità e risorse.

Quando occorre per ilbene di tutte e di tuttiinnescare un pro-cesso, senza badareal prodotto anche ec-cellente, ma estem-poraneo, è necessarioinvestire energie, pro-fessionalità, risorse.L’AAHM non chiedel’inserimento di unanuova materia nel

curricolo, ma una attività rendicon-tata, documentata e monitorata.Chiede competenze certificate pergli insegnanti, per i quali deve es-sere predisposta una formazioneadeguata al fine di offrire allealunne e agli alunni di tutte le scuolee alle famiglie le stesse opportunitàin tutto il Paese. L’AAHM Italia chiede per la predi-sposizione del Piano, l’apertura diun tavolo tecnico interministerialeinsieme a mass media, alla associa-zioni, agli enti pubblici e privati ealle amministrazioni locali e im-prese, mettendo in campo tutte ledifferenti competenze presenti al-l’interno dell’Alleanza stessa.

22 Gennaio-Giugno 2015 UNA QUESTIONE PER VOLTA L’ECO della scuola nuova

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Precedenti storici, lo Stato nazione

C’è un filo rosso che unisce molti deifenomeni di intolleranza e di puliziaetnica del XX secolo nonché le duesanguinosissime guerre mondiali.Questo filo rosso è la radicalizza-zione del concetto di nazione e la le-gittimazione e quasi santificazionedegli egoismi nazionali. Ma qui oc-corre fare un distinguo: dell’idea dinazione ci sono state due interpre-tazioni diverse, una di matrice più il-luminista, che non vede conflitto tralo Stato-nazione e il riconoscimentodi valori universali, e quindi è inclu-siva e tende ad identificarsi con lacomunità dei cittadini; l’altra di ma-trice più romantico – tedesca (risa-lente all’opera “Lo Statocommerciale chiuso” del filosofoAmedeo Fichte) che ipotizza comu-nità politiche chiuse e distinte, po-tenzialmente ostili le une alle altre equindi con l’implicita legittimazionedella guerra ”quel che è male perl’individuo diviene santo se è com-piuto dallo Stato.” La prima idea dinazione si coniuga con i regimi libe-rali democratici, con gli Stati costitu-zionali del novecento, con l’idea diEuropa come casa comune, la se-conda ipotizza maggiormente un go-verno autoritario in grado di imporreai cittadini quell’indirizzo di governoche si ritenga necessario. Quando ciò è iniziato a manife-starsi? Dopo il 1870 a seguito dellasituazione prodottasi con la guerrafranco-prussiana, la nascita dello

Stato tedesco e l’umiliazione dellaFrancia, l’idea di Europa è abbando-nata. Il concetto di nazione perdesempre più i suoi caratteri spiritualivolontaristici, che aveva avuto nelRomanticismo, ed accentua quellinaturali, positivisti, fondati sugli ele-menti della lingua, della geografia,del sangue e della stirpe. Non rico-noscendosi al di sopra della nazionenessuna autorità soprannazionalené principio etico universale, si af-ferma, su basi pseudo scientifiche etrasferito sul piano storico, il princi-pio darwinista della selezione natu-rale, cioè del diritto del più forte adominare o addirittura a eliminaregli altri popoli, comprese le mino-ranze all’interno del proprio territo-rio, considerate non assimilabili.Venuta meno l’idea di uguaglianzatra i popoli, si enfatizzano le diffe-renze, che diventano differenze divalore e le stesse caratteristiche

geografiche si leggono come confininaturali, cioè barriere poste dallanatura per salvaguardare le diverseidentità, e a sancire il diritto a pre-valere della nazione egemone.E l’individuo? Questi esiste unica-mente in funzione dello Stato Nelladottrina del fascismo italiano icasti-camente è scritto: ”Tutto nelloStato, niente al di fuori dello Stato,nulla contro lo Stato”. Ciò significavia libera alle persecuzioni, reclu-sioni di quelle persone considerateun pericolo per lo Stato totalitarioed anche, come nella Germania na-zista, l’eliminazione dei deboli, deimalati considerati per la nazione unpeso insopportabile, vite non degnedi essere vissute. Non a caso ilcampo di Dachau, il più antico deicampi di concentramento, è del1933, istituito subito, appena dopol’ascesa al potere di Hitler. Questo ècerto: nella storia gli eventi non na-

Gennaio-Giugno 2015 23STORIA E MEMORIAL’ECO della scuola nuova

LA CONGIURA DEL SILENZIO INTORNO ALLE “FOIBE”

E ALLA QUESTIONE ADRIATICA di Anna Maria Casavola

La Shoah, cioè lo sterminio degli ebrei e gli episodi terribili degli infoibamenti, che si sono verificati nel corso ealla fine della seconda guerra mondiale nella Venezia Giulia e nell’Istria non sono, come spesso si sente dire, fe-nomeni contrapposti e non assimilabili, sono piuttosto il risultato di un intreccio inestricabile di conseguenze,che rivelano una comune origine e che hanno travolto nel loro vortice moltitudini di persone innocenti e ignare.

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scono mai all’improvviso ma hannoquasi sempre una lunga gestazionee, se si vuole migliorare il futuro, èimportante rileggere il passato perrintracciarvi quei segnali, anche mi-nimi, che possono essere un campa-nello d’allarme. Questo significautilizzare la lezione della storia esentirci tutti responsabili.

***La questione adriatica tra le dueguerre mondiali

Fatta questa premessa io voglio ap-profondire in particolare la tragicastoria degli infoibamenti e la que-stione adriatica che agli italiani diquei territori è pesata come un ma-cigno.Dopo il ritorno di Trieste all’Italianell’ottobre 1954, negli anni succes-sivi fino agli anni 90 del secoloscorso, la parola d’ordine dei go-verni italiani è sembrata essere “di-menticare Trieste”Non una parola nei manuali scola-stici sulla questione adriatica de-classata a storia locale, disinteressedei media e degli storici ufficiali, cosìla storia di questa martoriata re-gione venne sospinta fuori dalla me-moria e dalla tradizione dell’Italia, ilricordo dei cittadini giuliani, vittimedelle foibe e del forzato esodo, la-sciato esclusivamente ai partiti didestra. Quelli di sinistra avevanoscelto la via della rimozione. L’istitu-zione del giorno del ricordo, votatadal nostro Parlamento il 10 febbraio2003, per riparare all’omissione du-rata cinquant’anni, ha riacceso i farisu questa tragedia italiana, favo-rendo una maggiore contestualizza-zione storica e una lettura a tuttocampo.Finché è durata la Repubblica Ve-neta (Pace di Campoformio del1797) tra le popolazioni, compresaquella italiana, che costituiva laquasi totalità degli abitanti dellacosta, c’era armonia. Lo stato diconflitto tra le diverse comunità et-niche, in particolare tra quella ita-liana e quella slava, risale al tempodall’Impero Asburgico, che se ne

serviva, mettendo le nazionalità leune contro le altre, per reprimere lespinte centrifughe ed indipendenti-stiche. Ricordiamo a questo propo-sito che, come antidoto, Mazzini,nella sua prospettiva europeistica,aveva auspicato un affratellamentotra i due popoli slavo e italiano e at-tribuito al popolo italiano, il popoloCristo, la missione di liberare tuttele nazionalità oppresse dall’ImperoAsburgico. Le cose però non anda-rono così e quegli eventi oscuri esanguinosi, che si sono verificati du-rante e alla fine della secondaguerra mondiale, sono sicuramentefrutto avvelenato dei nazionalismi.Dice Carlo Sgorlon: ”Lungo le fron-tiere, nei luoghi dove le etnie sonomescolate, vi è sempre un cane spa-ventoso che dorme. Esso viene sve-gliato dalle guerre“.Dopo la prima guerra mondiale sicostituì lo Stato jugoslavo, ma in Ita-lia la delusione, per come erano an-date le condizioni poste a Versaillesal tavolo della pace, alimentò il mitodella vittoria mutilata. All’Italia in-fatti era stata negata, per l’opposi-zione degli Stati Uniti l’annessionedella città di Fiume, nonostante ilplebiscito a favore, in quanto taleannessione non era stata previstadagli accordi del patto di Londra del1915. Di qui i consensi quasi dimassa all’impresa fiumana di Ga-briele D’annunzio, che occupò mili-tarmente la città e che costituì un

pericoloso precedente all’instau-rarsi in Italia di un regime forte-mente nazionalista, quale sarà ilfascismo. In quel caso però prevalselo spirito legalitario del governoNitti che fece sgombrare la cittàmanu militari e successivamente siaddivenne al trattato di Rapallo del1920 che accordava all’Italia: Trie-ste, Gorizia e tutta l’Istria, alla Ju-goslavia: la Dalmazia salvo Zara.Fiume era dichiarata città libera.Sotto il regime fascista Fiume di-venta italiana nel 1924 grazie ad unaccordo tra l’Italia, dove è salito alpotere Mussolini, e la Jugoslavia.Nelle dichiarazioni ufficiali questitrattati avrebbero dovuto porre lepremesse per una reciproca amici-zia e collaborazione anche nell’inte-resse dello stesso porto di Trieste,avviato ad un inarrestabile declino.Purtroppo così non fu e il regime fa-scista spinse verso una politica disnazionalizzazione e persecuzionedegli sloveni ribelli, una vera e pro-pri “bonifica etnica” della regione.Italianizzazione di tutti i toponimisloveni, di tutti i nomi e cognomi,uso esclusivo della lingua italiana, imaestri messi in pensione o trasfe-riti, abolita anche in chiesa la linguaslovena, perseguitati i parroci chepotevano costituire un riferimentoidentitarioIl solco tra i due gruppi nazionali siacuisce, l’odio divampa e si stabili-sce l’equivalenza tra Italia e fasci-smo, si passa dalla richiesta diautonomie entro i confini del regnoa quella dell’indipendenza politica oannessione alla Jugoslavia, e si dàvita anche ad organizzazioni terro-ristiche, contrastate dal fascismocon leggi speciali e condanne duris-sime. In Italia campi di internamentoper sloveni, a Forte Bravetta aRoma si eseguono condanne amorte di sloveni.

La Seconda guerra mondiale e gliinfoibamenti

L’Italia mette in atto una guerra pa-rallela a quella di Hitler: attacca laGrecia il 28 ottobre senza nessun

24 Gennaio-Giugno 2015 STORIA E MEMORIA L’ECO della scuola nuova

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motivo e successivamente la Jugo-slavia.Nell’aprile 1941 colpo di Stato antina-zista a Belgrado (La Jugoslavia fa-ceva parte del patto Tripartito) epatto di non aggressione con la Rus-sia. Immediata occupazione della Ju-goslavia da parte delle truppeitaliane, tedesche e ungheresi. An-nessione all’Italia della provincia diLubiana e della Dalmazia con Sebe-nico, Spalato, e Cattaro, dove gli ita-liani erano chiaramente inminoranza. Lo Stato jugoslavo sispacca: la Croazia fascista si di-chiara indipendente sotto il duceAnte Pavelic, collabora con le forzedell’Asse e si sposta verso la Germa-nia nazista, gli Ustascia compionoterribili stragi di ebrei e serbi, at-tuando forme di pulizia etnica. InSerbia si forma un governo fantoc-cio collaborazionista del generaleUedic e un movimento partigianoantiasse (i cetnici), guidato dal gene-rale monarchico anticomu-nista Mihajlovic, orientatoverso gli inglesi e gli ameri-cani.Mussolini costituita la Re-pubblica Sociale agli ordinidi Hitler, cede alla sovra-nità della Germania benotto provincie: Bolzano,Trento, Belluno che assu-mono la denominazione diAlpenvorland,mentre Trie-ste, Udine, Gorizia, Pola,Fiume formano le Adriati-sches Kustenland sotto unGauleiter nazista FriedrichReiner.Successivamente Josip Broz Tito,segretario del partito comunista,con l’aiuto di Mosca, si afferma allaguida del movimento di liberazionenazionale e riunisce le forze antifa-sciste sparse. Dopo l’8 settem-bre1943 anche soldati italiani delledivisioni Tridentina e Venezia vannoa combattere per “l’onore dell’Italia”con i partigiani di Tito, confluendonella divisone Garibaldi. La Jugosla-via diviene teatro di una delle piùsanguinose guerre civili d’Europa. Ipartigiani titini si scatenano contro

gli italiani tutti, considerati gli occu-panti fascisti. A questo propositonon possiamo non ricordare, tra lealtre vittime, il martirio di NormaCossetti, aliena dalla politica, stu-dentessa di lettere a Padova, sevi-ziata, torturata,violentata, e gettataforse ancora viva in una foiba nel-l’ottobre 1943. Il padre, ex podestà,che era andato a protestare, ilgiorno dopo è anche lui infoibato. Ilprof. Concetto Marchesi le conferiràla laurea alla memoria. Le milizie fa-sciste, d’altra parte, durante l’occu-pazione avevano commesso ancheloro, come i tedeschi, crimini e rap-presaglie di massa contro le popola-zioni dei villaggi (cfr. Costantino DiSante, Italiani senza onore. I criminiin Jugoslavia e i processi negati1941-1951, Editrice Ombre Corte, Ve-rona, 2005).Il 14 ottobre 1944. congiungendosi letruppe partigiane con quelle sovie-tiche presso Negotin, ha inizio la li-

berazione del territorio jugoslavo.Il 30 aprile 1945 Tito occupa militar-mente Trieste e la tiene per 40giorni.La Jugoslavia ha mire espansionisti-che sulla città e sull’intero territorio.Violenze e uccisioni indiscriminate,una vera mattanza, si succedono neiconfronti dei cittadini italiani consi-derati oppositori del progetto an-nessionista jugoslavo: cacciaall’uomo a fascisti, non fascisti, ca-rabinieri, militari, anche reduci deiLager nazisti, civili, partigiani delCLN, migliaia di infoibati cioè preci-

pitati, a volte ancora vivi, nelle fen-diture carsiche (tredicimila secondolo storico triestino Gianni Oliva mapotrebbero essere anche ventimila,comunque a detta di altri storicicome Raoul Puppo è impossibilequantificare i morti perchè moltefoibe sono rimaste inesplorate)Ecco un’aghiacciante raccontodello scrittore Carlo Sgorlon: ”Ca-mion enigmatici si fermavano da-vanti ad una casa, ad una porta, nelcuore della notte. Prelevavano unitaliano, con la scusa di accerta-menti burocratici o politici. Losventurato non tornava a casa maipiù. Diventava un disperso, un fan-tasma di cui non erano noti i modidella morte. Poi anch’essi comincia-rono ad essere risaputi. Solita-mente i sequestrati venivano legatia due a due con filo di ferro. Poiuno veniva ucciso con un colpo allanuca, come toccò ai polacchi diKatin, e trascinava l’altro, ancora

vivo nella foiba carsica. Lefoibe in Istria sono più dimille, sono inghiottitoi divaria profondità… Spesso gliinfoibati non morivano su-bito, ma restavano vivi nelfondo a soffrire per giorni,con lo scheletro stritolato ele ossa che foravano lacarne. Ci sono testimoni cheudivano i lamenti, che usci-vano da quelle buche di in-ferno”. (Carlo Sgorlon, da IlGazzettino, Venezia 8 ago-sto. 1996).

Luglio 1946 - Conferenza di Parigi

Per l’Italia pace Diktat, a De Gasperinon è dato di patteggiare alcunché.L’URSS appoggia le richieste dellaJugoslavia sull’Istria, la Dalmazia, eanche su Trieste, i vincitori non vo-gliono tenere in alcun conto la vo-lontà della popolazione dalmato-giuliana. Gli unici a pagare per leconseguenze della guerra fascistasaranno loro. Il 10 febbraio 1947 sifirma l’accordo: Istria e Dalmazia ce-dute alla Jugoslavia, il territorio di

Gennaio-Giugno 2015 25STORIA E MEMORIAL’ECO della scuola nuova

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Trieste diviso in due zone A e B. Trie-ste con la zona A sottoposta a Go-verno Alleato. Comincia l’esodo degli italiani daiterritori giuliani: 350mila persone incerca di patria, pace e lavoro, ma inItalia dai comunisti nostrani riceve-ranno manifestazioni di ostilità,scambiati per fascisti. Dispersi intutto il mondo come gli ebrei aspet-tano ancora che la loro terribile vi-cenda sia conosciuta.La rottura fra Tito e Stalin avvenutanel 1948 rende secondario alla lea-dership sovietica il problema dell’as-segnazione di Trieste all’Italia. Laquestione di Trieste è investita dauna duplice guerra fredda, quella trai due blocchi Est e Ovest e quella fraTito e Stalin. Avvicinamento degliAlleati a Tito e anche dell’Italia aTito: silenzio di Stato sulle foibe incambio della non estradizione diufficiali e soldati accusati di criminidi guerra durante l’occupazione fa-scista 1941-43. Imbarazzo del par-tito comunista italiano, che é suposizioni internazionaliste e fedelea Mosca, di fronte al nazionalismoesasperato dei comunisti slavi.Continuano le manifestazioni e gliscontri di piazza a Trieste e nel restodell’Italia per premere sull’opinionepubblica internazionale per una so-luzione del problema.

5 ottobre 1954 - Memorandum diintesa fra gli Alleati, l’Italia e la Ju-goslavia.

Trieste torna all’Italia insieme con lazona A, la zona B è inglobata nellaJugoslavia. Con la successiva pacedi Osimo del 1974 gli accordi del1954 diventano definitivi con il pas-saggio a tutti gli effetti di sovranità.Il 26 ottobre1954 a Trieste si rin-nova l’ingresso trionfale dei bersa-glieri italiani del 3 novembre 1919.Da quella data comincia per un in-treccio di ragioni e un intreccio dicomplicità il silenzio di Stato, la fe-rita rimane aperta e bruciante nellepopolazioni di confine e in quelladella città di Trieste.Dopo cinquant’ anni, finalmente, in

discorsi ufficiali, Ciampi prima e Na-politano poi, riportano l’attenzionesu questo buco nero della nostrastoria. Nel 2005 Ciampi dice.: ”Ègiunto il tempo dei ricordi ragionati,tanta efferatezza fu la conseguenzadelle ideologie razziste e nazionali-ste del XX secolo”. Nel 2007, in oc-casione del giorno del ricordo,Napolitano, dopo aver definito unaforma di pulizia etnica le stragi ti-tine, pronuncia quella famosa frase:“Non dobbiamo tacere, assumen-doci la responsabilità di aver negatoo teso ad ignorare la verità per re-sponsabilità ideologiche”.Per concludere una buona notiziache è stata poco diffusa: una com-missione congiunta di storici e giu-risti, italiani e sloveni, incaricata dairispettivi governi, ha lavorato persette anni, dal 1993 al 2000, suun’enorme documentazione persciogliere i nodi e le interpretazionicontroverse della questione, giun-gendo ad una relazione condivisa,approvata all’unanimità, di cui ripor-tiamo un passo conclusivo:«Tali avvenimenti si verificarono inun clima di resa dei conti per la vio-lenza fascista e di guerra ed appa-iono in larga misura il frutto di unprogetto politico preordinato, in cuiconfluivano diverse spinte: l’impe-gno ad eliminare soggetti e strutturericollegabili (anche al di là delle re-sponsabilità personali) al fascismo,alla dominazione nazista, al collabo-razionismo ed allo stato italiano, as-sieme ad un disegno di epurazionepreventiva di oppositori reali, poten-ziali o presunti tali, in funzione del-l’avvento del regime comunista, edell’annessione della Venezia Giuliaal nuovo Stato jugoslavo. L’impulsoprimo della repressione partì da unmovimento rivoluzionario che sistava trasformando in regime, con-vertendo quindi in violenza di Statol’animosità nazionale ed ideologicadiffusa nei quadri partigiani.»(Relazione della Commissione sto-rico-culturale italo-slovena, Relazioniitalo-slovene 1880-1956, “Periodo1941-1945”, Paragrafo 11, Capodistria,2000).

Questo ci fa sperare nella funzionesociale e chiarificatrice della Storiae sulla possibilità, se si vuole, digiungere a qualche verità.

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26 Gennaio-Giugno 2015 STORIA E MEMORIA L’ECO della scuola nuova

Page 27: L'eco della scuola nuova  - Gen - Giu 2015

A cura di Elisabetta Bolondi

Hemingway e il ragazzo che suonava la tromba

Luisa MattiaIl Battello a vapore, 2014

Il centenario della Grande Guerra ècelebrato da ogni tipo di pubblica-zione, libri di storici celebri, articoli,film. Luisa Mattia ha pensato ad unpubblico diverso, i bambini chehanno oggi poco più di dieci anni, eche certamente non sono cresciuti,come me, leggendo “Il piccolo al-pino” di Salvator Gotta, e dunque diquella guerra lontana non sannoniente.Ha scelto per raccontare l’ultimoanno di guerra un personaggio difantasia, Benni ( Benvenuto) Parodi,un sedicenne di città il cui padre è afronte sin dall’inizio della guerra eche, grazie al suo fisico possente ealla sua energia, vorrebbe arruolarsima non ha l’età.... Ecco allora chegalvanizzato dal film “Maciste al-

pino”, decide di fuggire di casa e, ser-vendosi di un documento contraffatodi suo padre, al quale somiglia, si pre-senta al distretto militare ed impre-vedibilmente si trova arruolato.Il racconto si svolge tra maggio e ot-tobre 1918 nei pressi del Piave, vicinoa Fossalta, paesino distrutto dallabombe austriache, tranne un piccolotabernacolo che è rimasto miraco-losamente intatto. Benni si trova inguerra e conosce in pochi dramma-tici mesi l’amicizia, l’amore, il doloredella perdita, la morte, la generosità,il dono di sé.Ognuno di questi termini ha dietroun personaggio creato con la con-sueta abilità nel muovere le storiedi Luisa Mattia: l’amicizia è il senti-mento forte che lega il ragazzo adun personaggio d’eccezione, ErnestHemingway, giunto volontario sulfronte italiano e in servizio pressola Croce Rossa: Benni ha dato ilnome di suo padre, Ernesto, e l’omo-nimia fa scattare la scintilla che legaper pochi mesi l’ingenuo ragazzo ita-liano con lo scrittore che diventeràgrandissimo: i due si parlano in unalingua ibrida, un po’ italiano e moltoinglese, ma trovano una intesa pro-fonda mettendo su una piccola or-chestra insieme a Sisto, un napole-tano che suona il mandolino e intona“A Marechiaro”: Benni –Ernestosuona la tromba, ed ecco Hemin-gway, Hem, costruirgli una rudimen-tale “trumpet” con dei tubi, purchèsi stia allegri e si faccia musica neimomenti in cui la mitraglia non pro-duce il suo terribile suono. L’amoretrova la sua strada nell’attrazione diBenni per la giovane Emilia, una con-tadina che aiuta suo padre a rifor-nire di cibi le truppe e poi diventeràinfermiera, per rimanere vicina aBenni, di cui contraccambia un’ in-genua prima attrazione amorosa.

Ma dopo parecchie giornate di silen-zio e di apparente quiete, gli Au-striaci sono pronti a sferrare l’ultimodisperato attacco, ed ecco che i ra-gazzi italiani saranno decimati dallemicidiali armi nemiche: Benni, cheaveva prestato servizio solo comefuriere nelle retrovia, troverà l’occa-sione per un atto di vero eroismo,riuscendo a mettere in salvo Hem,che, per salvare un soldato ferito,era stato colpito a sua volta. Mai retorico, molto commovente so-prattutto nelle pagine finali, il piccololibro di Luisa Mattia fa sentire conforza i sentimenti, le paure, il corag-gio che furono di tanti giovani ita-liani, volontari o costretti, patrioti orenitenti, che si trovarono coinvoltinella carneficina del conflitto, e riu-scirono, solo in pochi, ad uscirne vivi.Hemingway diventerà un mito perle generazioni successive, ma è dav-vero originale l’idea di metterlo in-sieme il volontario celebre con il pic-colo volontario fuggito di casa eraggiunto finalmente dai genitori al-larmati.Il libro è corredato da cartine, noteesplicative, illustrazioni, nota storica( di Luciano Tas) e approfondimentia margine che lo rendono un ottimostrumento didattico, privo della “pe-santezza” del libro di scuola, ma in-vece leggero e facile da leggere:l’uso dell’anafora, che Luisa faspesso, è funzionale a sottolineare ipassaggi forti e a renderli determi-nanti …“Pedalava Benni, la tromba cel’aveva appesa al collo………PedalavaBenni, e non vedeva dove andava…..Pedalava Benni, e sapeva dove an-dava, Andava a cercare Heml’ame-ricano… Pedalava Benni, e poi s’ac-corse che la bicicletta s’erainchiodata nel fango, che i cerchionis’erano piegati all’improvviso….”

Gennaio-Giugno 2015 27RECENSIONIL’ECO della scuola nuova

IL PIACERE DI LEGGERE

Page 28: L'eco della scuola nuova  - Gen - Giu 2015

Charlotte

David FoenikosMondadori 2015

Lo scrittore francese David Foenikossi imbatte ad Amsterdam nella per-sonalità straordinaria della pittricetedesca Charlotte Salomon, e daquel momento la storia della giova-nissima vittima della persecuzionenazista subita a ventisei anni, dallagiovane donna, ebrea, incinta, di-venta per lui una ossessione. Il ro-manzo è la storia di questa osses-sione, che nasce nei primi anni delNovecento, a Berlino. La famigliaGrunwald, composta dai genitori eda due ragazze, Charlotte e Franzi-ska, vive serenamente alla vigiliadella Prima Guerra mondiale, ma ladiciottenne Charlotte, dietro una ap-parente leggerezza ed un grande at-taccamento alla sorella, cova un di-sagio esistenziale che presto sitrasforma nella nevrosi che la spingea gettarsi da un ponte, annegandoin una gelida notte del novembre1913. La disperazione dei genitori edi Franziska dura a lungo, e soloquando la sorella sopravvissuta siarruola come infermiera sul frontedella guerra, riprenderà a vivere. In-contra il chirurgo David Salomon,dedito totalmente alla sua profes-sione e l’anno successivo i due sisposano. La loro unica figlia prendeil nome della zia morta, sarà la se-conda Charlotte.La piccola cresce accompagnando

la madre che suona e canta, pas-seggiano lungo il Tiergarten, visi-tano spesso il cimitero. Franziskasembra aver dimenticato il drammadella sorella, ma anche lei ne se-guirà presto il destino ….Malattiamentale, inutilmente combattutadai familiari e infine l’inevitabile sui-cidio.Ecco allora Charlotte con i nonni,con il padre spesso assente, cresceresolitaria, introversa, selvatica, soffe-rente. “La morte non è più solo unfantasma”, scrive Foenikos, ma è inagguato nella vita della bambina.Nel 1930 Charlotte è ormai un’ado-lescente difficile e chiusa, e suo pa-dre, tutto preso della professione,incontra finalmente una celebre can-tante, adorata ovunque, Paula. I duepresto si sposeranno e la matrignaavrà una buona influenza sulla ra-gazza, sostituendo il padre Albert,sempre più concentrato nella suacarriera, e cercando di proteggerladalla nefasta influenza dei nonni,che forse non erano del tutto inno-centi dalla responsabilità del suicidiodi ambedue le figlie.Un maestro di canto di Paula, AlfredWolfsohn, entra nella loro casa e perCharlotte sarà l’amore, la passione,il coinvolgimento totale. Lei è en-trata faticosamente nell’Accademiadi Belle Arti di Berlino anche seebrea, e il giovane uomo ne loda idisegni, il tratto, la densità dell’ispi-razione. Di nascosto Charlotte imba-stisce una relazione con il silenziosoe stravagante artista, difficile cometutto ciò che la riguarda.Ormai però il nazismo sta strin-gendo l’assedio agli ebrei, siamo nel‘33 e dopo la Notte dei Cristalli an-che i più ottimisti capiscono che nonci si salverà dalla furia nazista. Char-lotte viene costretta a raggiungere inonni nel sud della Francia, a Ville-franche sur Mer, mentre i genitoririparano in Olanda. Gli ultimi anni diCharlotte sono tempestosi, dap-prima prigioniera con il nonno in uncampo di concentramento dal qualeriesce ad essere liberata, poi scam-pata per caso ad una retata, rischiaogni giorno di essere deportata. L’ul-

timo incontro, con Alexander Nagler,un austriaco che rimane affascinatodalla pittrice, ormai dimagrita e in-vecchiata, ma che vuole sposare.Charlotte è incinta di cinque mesiquando verrà catturata e deportata:il marito si unirà a lei.Intorno al personaggio di Charlottesi dipana la storia politica, sociale, ar-tistica dell’Europa del primo Nove-cento: i grandi Nolde, Munch, Kandin-skij sono gli ispiratori della suapittura, mentre la musica e la lette-ratura fanno da sottofondo alla suabreve vita….Kafka, Walter Benjamin,Cassirer, Hannah Arendt sono com-parse nel suo percorso artistico, men-tre su tutto aleggia la morte: i suicididi sua madre, sua zia, sua nonna,sono il leit motiv che accompagneràil suicidio di tanti ebrei, tanti intellet-tuali, la maggior parte dei quali spa-riranno nelle camere gas dei lager. Resta l’opera di Charlotte, chel’aveva affidata al medico francesesuo ultimo protettore con le parole“È tutta la mia vita”: che vuol direquella frase? “È tutta la mia vita èuna frase ossessiva che racchiudetante spiegazioni possibili”.Il fascino di questo libro sta nellascrittura fatta di frasi brevi o brevis-sime, di continui a capo, di una sin-tesi nella espressività che rendeestremamente incisivo il testo.Anche i dialoghi, le espressioni dellaquotidianità del narrato, rivestonouna forma poetica, costruita conversi nitidi e pieni di pause, moltospesso lirici:“Charlotte è davanti allo studio diMoridis.Suona.È il medico in persona ad aprirle.Ah, Charlotte, esclama.La ragazza non risponde.Lo guarda.E gli tende la valigia.Dicendo è tutta la mia vita.”Foenikos riesce a trasferire sui let-tori la sua urgenza, la sua osses-sione, e ne veniamo contagiati, com-mossi: la giovane Charlotte diventaper noi una nuova Anna Frank, piùadulta, più sofferente, più vicina allanostra sensibilità.

28 Gennaio-Giugno 2015 RECENSIONI L’ECO della scuola nuova

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Lettori si cresce

Giusi MarchettaEinaudi 2015

Solo chi ha passato moltissimi anni ascuola, avendo come obiettivo quellodi trasmettere ai ragazzi il piaceredella lettura come patrimonio perso-nale prezioso, può apprezzare inpieno lo sforzo e l’entusiasmo cheGiusi Marchetta mette nel suo lavoroquotidiano, testimoniato con grandeefficacia narrativa nel suo bel libro“Lettori si cresce”, che Einaudi pub-blica con una copertina color arancio,come la vitamina che si dà ai ragazziper aiutarli a crescere, in questo casoper aiutarli a nutrire la loro mentediventando lettori abituali, in una Ita-lia dove le statistiche ci pongono infondo a tutte le possibili classifiche,senza apparente speranza di ri-scatto…..Eppure si deve agli inse-gnanti più sensibili e coraggiosi, piùdeterminati e colti, più motivati in-traprendenti, la possibilità di crearenuove generazioni per le quali la let-tura non sia un compito triste impo-sto dalla scuola, ma il piacere dellascoperta di realtà che aprono la testa,che confortano, che aiutano a deci-frare il mondo e a vivere meglio.Giusi Marchetta si rivolge ad un suoalunno, Polito, che non legge nulla, èostile alla pagina scritta per principio,insomma uno dei tanti nostri alunnidi scuola media che affollano demo-tivati e annoiati le aule delle nostrescuole, interlocutori atoni, muti,

spesso ribelli e ostili, quando non ir-ragionevolmente violenti, di inse-gnanti che devono costruire strategieinnovative ed intelligenti per sfon-dare il muro di indifferenza e di lon-tananza che si trovano a fronteg-giare.Nel libro di Marchetta c’è il raccontodi come si può fare, di quali mezzi sipossono mettere in campo, di comesi può ricostruire un rapporto fidu-ciario con l’alunno apparentementeperso, di quanto sia importante l’au-torevolezza costruita sul campo dal-l’insegnante.Marchetta sa, e lo sappiamo tutti, cheCalvino, Il giovane Holden, Zeno Co-sini e Mattia Pscal, Jack Frusciante,Delitto e castigo e tanti altri classicidella lettura a scuola non funzionanopiù, soprattutto non per tutti: in unaclasse di venticinque persone ci sonoaltrettante teste e personalità, e nonè detto che tutto sia adatto a tutti.Ecco allora l’insegnante, entusiastalettore onnivoro, capace di leggere econoscere diversi generi, diverseforme di linguaggio, dal fumetto allagraphic novel o al manga, dall’e-bookal formato tradizionale, dal video-gioco al film, dal fantasy al noir, di-sposto a suggerire ed incoraggiarela lettura libera, magari leggendo adalta voce in classe, a seconda dei gu-sti e delle inclinazioni del lettore cheè necessario scoprire e far emergerein ogni studente che è prima di ognialtra cosa una persona in crescita. L’autrice sa bene che imporre librifatti di parole a ragazzi che semprepiù appaiono come analfabeti di ri-torno è arduo se non impossibile…“Cosa dovrebbero apprezzare in untesto che non capiscono e in cui nonsi riconoscono? Come possiamo pre-tendere che si godano l’ironia di al-cune pagine quando nella loro vitanon ce n’è traccia? Che si emozioninoattraverso le parole quando le parolesono sempre meno veicolo di emo-zione e sempre più un codice che devitradurre sforzandoti e, spesso, uscen-done sconfitto?”Se è vero che per anni ci si è appro-priati del testo di Pennac che affermail diritto di non leggere sostenendo

che la lettura non richiede imperativi,Marchetta nel suo ragionare su untema così impegnativo arriva a di-verse conclusioni: leggere sopportal’imperativo, purché si trovi la chiavegiusta per penetrare in un mondo chela società odierna ha scelto di tenerechiuso..( con la cultura non si mangia,a che serve leggere e via banaliz-zando):Rivolgendosi dunque al suo immagi-nario ( ma molto reale) giovane in-terlocutore , Marchetta scrive:“ (Leggere) È un ordine, sì. È la so-cietà che te lo impone: la tua igno-ranza, il tuo vocabolario scarso, latua incapacità di capire il contenutodi un testo o di un discorso, insommail tuo analfabetismo di ritorno, mi-nacciano te stesso e poi tutti noi cheabbiamo a che fare con le conse-guenze di questa tua difficoltà neldecifrare il mondo. Per il bene di tutti,tu e i tuoi coetanei dovete impararea leggere”Nel libro vengono raccontate molteesperienze vissute dall’autrice: daquella intensa e coinvolgente con iragazzi del carcere minorile di Torino, a quella con la ragazzina romana,viziata ed arrogante che affascinatadalla lettrice Giusi chiederà di divi-dere con altri ragazzini la sua nuovaconquista, un libro.L’incontro con gli adulti ( genitori,presidi, colleghi) mostra quanto siadifficile il dialogo con mondi che ap-parentemente si sono distanziati inquesti anni di sottocultura televisiva,di trash, di libri scritti dal primo voltosportivo o televisivo capace di fareprofitto immediato, adulti non lettorie quindi incapaci di essere testimonicredibili di un’abitudine che non faparte della loro vita.Le citazioni di libri nel testo sonotante e tutte stimolanti, dai disprez-zati e dimenticati Salgari, alle fiabedi La Fontaine, da Le streghe di RoaldDahl, imperdibile, alle fiabe tradizio-nali, Hansel e Gretel, a HuckleberryFinn…..Insomma Marchetta nel corsodei capitoli del suo saggio, dai titoliben definiti (leggere non serve aniente, leggere è andare in bicicletta,chiudere le scuole per amore dei libri)

Gennaio-Giugno 2015 29RECENSIONIL’ECO della scuola nuova

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ci accompagna in un breve viaggionel mondo degli adolescenti con l’en-tusiasmo di chi ha scoperto che l’in-differenza, l’apatia, la noia di frontealle parole scritte si possono scon-figgere, indicando strumenti, strate-gie, atteggiamenti che sono l’unicavera riforma possibile della scuola edella società odierna. Il mio ringra-ziamento ad una insegnante più gio-vane, ha l’età di mia figlia, che ha rac-colto i semi che molti di noi hannogettato negli anni passati.

Riparare i viventi

Maylis de Kerangal Feltrinelli 2015

Scrivere di questo romanzo duris-simo mi è difficile; leggendolo ho do-vuto spesso fermarmi, tanta era lacommozione e il forte coinvolgi-mento che non si può non provare difronte ad un dramma che viene rac-contato dalla scrittrice senza rispar-miare nulla al lettore, che vieneimmesso nella vicenda e deve viverlafino in fondo, come faranno i due ge-nitori del ragazzo Simon Limbres e imedici che prendono su di loro la re-sponsabilità di gestire la vicenda chesi consuma in poche difficili ore.Simon è un ragazzo bello e sano, undiciannovenne che ama la natura ededica le sue energie al surf, in-sieme a due amici; tornando da unasessione notturna, stremati dopoaver catturato le onde gelide dellaManica, all’altezza di Le Havre, i tre

ragazzi su un antiquato e decoratis-simo pulmino hanno un incidenteche per Simon, privo di cintura di si-curezza, sarà fatale. Ricoverato inospedale in coma profondo, si ponesubito al medico anestesista, Révol,il compito di rivelare il dramma aigenitori, Marianne e Sean, e con-temporaneamente allertare ThomasRémige, l’infermiere che gestisce laprocedura dei trapianti d’organo: ilcuore di Simon continua a battere,attaccato alle macchine, ma in po-chissime ore il suo cervello smettedi dare impulsi. Come convincere igenitori distrutti ad accettare che illoro bambino, che apparentementeè ancora vivo, il cui cuore batte an-cora, il cui aspetto è quello diprima,si trasformi in poche ore inuna banca che fornisce organi a chi,in lista di attesa, li attende per con-tinuare un altro pezzo di vita?Il combattimento interiore dei duegenitori, fra pianti e disperazioni,reazioni forti, interrogativi irrisolti sirisolve, grazie alla preparazione psi-cologica di Thomas, infermiere checanta per hobby ed ha comprato inAlgeria un cardellino che imita i tonimusicali della natura. La coppia ac-cetterà di donare fegato, reni, pol-moni, e alla fine il cuore del loroamatissimo figlio, ma impediscono iltrapianto delle cornee. PreganoRévol che prima di intervenire sulcorpo integro di Simon gli venganosussurrati i saluti di mamma, papà,la sorellina Lou, la nonna, Juliette, ilgrande amore, e la traccia della mu-sica preferita.Tutta la seconda parte del libro rac-conta la macchina efficientissimache riguarda il multitrapianto di or-gani, che deve avvenire entro po-chissime ore dall’espianto.Non riesco a dire di più su questolibro che va letto, con sofferenza,ma va letto, ripeto, nella sua integrae coraggiosa durezza.Marianne, la madre di Simon: unpersonaggio che la de Kerangal co-glie quando avvertita dell’incidenteesce di casa per raggiungere l’ospe-dale, ancora ignara:“la madre che s’infila i vestiti in

fretta…poi corre in bagno per schiz-zarsi acqua fredda sul viso, ma nes-suna crema, niente, quandorialzando la testa dal lavandino in-crocia il proprio sguardo nello spec-chio……stupita di non riconoscersi,come se fosse l’inizio della sua tra-sfigurazione, come se fosse già un’al-tra donna: un pezzo della sua vita,un pezzo bello grosso, ancora caldo,compatto, si stacca dal presente, percolare a picco in un tempo passato,per crollarvi e scomparire.”Una prosa fredda, tagliente, acumi-nata, che racconta il dopo della per-dita di un figlio, la trasfigurazionefisica e mentale che una simile trage-dia provoca nel corpo di una madre.Ci sono molti altri personaggi di con-torno a questo evento così corale:l’infermiera Cordelia, nuova del re-parto, che si trova coinvolta nel tra-pianto dopo una notte di sesso conun lui che forse sparirà e di cui at-tende la chiamata su un cellulare acui non potrà rispondere; il cardio-chirurgo di fama, Harfang, quasi undivo celebrato, che a Parigi ha la pa-ziente cinquantenne compatibile cheaspetta un cuore nuovo e il miracolodi una vita nuova che solo lui potràdonarle: Claire è una traduttrice dipoesia inglese, trasferitasi in un mo-nolocale vicino all’ospedale, che ri-ceve in nottata la notizia, saràoperata entro pochissime ore, oreterribili nelle quali riflette su chi èmorto per donarle una nuova oppor-tunità, ma lei non potrà saperlo néringraziarne la famiglia. Il chirurgoche espianta il cuore di Simon è unitaliano, Virgilio, che viene avvertitodell’emergenza mentre sta aspet-tando che scenda in campo la nazio-nale italiana, per la quale tifaovviamente, contro quella francese.Festeggerà il gol di Pirlo nel tragittoavventuroso ma rapidissimo tra LeHavre e Parigi, in aereo, in auto, conuna organizzazione capillare che inpochissimo tempo fa arrivare la pre-ziosa “valigia” che contiene il cuoregiovane di Simon fino al letto opera-torio dove l’equipe sta già lavorando“Il cuore di Simon adesso migra, èin fuga sulle orbite, sulle rotaie,

30 Gennaio-Giugno 2015 RECENSIONI L’ECO della scuola nuova

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sulle strade, trasportato in quellacassa dalle pareti di plastica….scor-tato con attenzione assoluta, comeun tempo si scortavano i cuori deiprincipi, come se ne scortavano leviscere e lo scheletro, le spoglie di-vise per essere ripartite, inumatedentro una basilica, una cattedrale,un’abbazia, al fine di garantire un

diritto al suo lignaggio, preghiereper la sua salvezza, un avvenire allasua memoria…”In pagine come queste, di alta com-mozione e di qualità letteraria digrande spessore, si ritrova l’affer-mazione riportata sulla copertina al-gida del libro: “Questo romanzo èbello come una tragedia antica”.

Traduzione impeccabile di Maria Ba-iocchi e Alessia Piovanello, cherende in pieno questo tempo brevee così intensamente lungo raccon-tato da Maylis de Karangal. Un libroche non si dimentica, costruito su unlinguaggio capace di coniugare labrutalità della scienza medico chi-rurgica con la grande letteratura.

Gennaio-Giugno 2015 31RECENSIONIL’ECO della scuola nuova

I libri sono gli amci più costanti e tranquilli; sono i consiglieri più saggi

e gli insegnanti più pazienti.Charles William Eliot

Non c’è molto di nuovo nel documento di riformadella scuola preparatorio del disegno di legge su cuisi esprimerà il confronto Parlamentare (o almeno cosìci piace pensare).Siamo sempre in una logica dell’annuncio in assenzadi documentazione. Rispetto al precedente, si sonoaggiunti alcuni topoi, affermazioni diventate ormaidei veri e propri luoghi comuni dal forte potere evo-cativo nel dibattito sulla scuola, istanze innegabili maancora a livello di affermazioni cui non corrispondonoprospettive o ipotesi di soluzione.Così per la valutazione, la cui assenza ha favorito ladequalificazione del sistema e lo svilimento del lavorodegli insegnanti, l’assenza di qualsiasi forma di svi-luppo professionale, un egualitarismo che ha copertoe favorito i meno impegnati.Esce invece rafforzato il ruolo dei dirigenti scolastici,in una versione dell’autonomia scolastica a carattereverticistico poco rassicurante.Ma - e dovrebbe farci piacere - troviamo un accentopiù forte sugli insegnanti, di cui si afferma il ruolostrategico nel funzionamento del sistema. Chi è unbuon insegnante? Stando al documento ne esceun’immagine a cifra individuale, lontana dallo spiritodi collaborazione indispensabile in un’attività incen-trata su un team di professionisti, ciascuno espertonella propria area disciplinare ma uniti dalle finalità

che perseguono, abituati a confrontarsi sulle pratichedidattiche e che sanno ascoltare studenti e colleghi,facendo del loro lavoro un’occasione di ricerca e dicrescita professionale. I docenti della buona scuolasono invece divisi, in corsa per un più che modestopremio di produzione che potranno ottenere dalla be-nevolenza del dirigente. Una vecchia strada: chi nonricorda la valutazione e il merito distinto elargiti dadirettori didattici e presidi, che decadde per assolutainefficacia e un uso indiscutibilmente personalistico? Il nodo è che una buona scuola ha bisogno di buoniinsegnanti e buoni dirigenti, ciascuno con un suoruolo che definisce il patto sociale che li lega al si-stema e delinea i confini di quella libertà d’insegna-mento affermata dalla Costituzione che fadell’insegnamento una delle professioni più affasci-nanti e umanamente significative, ben lontana dal ca-rattere impiegatizio e routinario in cui la si e’ volutaimbrigliare. O forse qualcuno crede davvero che uninsegnante farà meglio il suo lavoro per pochi euro inpiù, guadagnati con un occhio deferente al preside euno timoroso al collega visto che, per definizione, i“bravi” non possono essere più dei 2/3 in un istituto?Riusciamo a volare solo cosi’ basso dopo le grandi af-fermazioni sulla scuola?

16 marzo 2015

MOZIONE FNISM

LA BUONA SCUOLA NON ASPETTA

Page 32: L'eco della scuola nuova  - Gen - Giu 2015

32 Gennaio-Giugno 2015 L’ECO della scuola nuova

DIRETTORE e DIRETTORE RESPONSABILEGigliola Corduas

COMITATO DIRETTIVOMarco Chiauzza, Luisa La Malfa, Domenico Milito, Elio Notarbartolo, Fausto Dominici.

REDAZIONEElisabetta Bolondi, Anna Maria Casavola, Paola Farina.

DIREZIONE E REDAZIONE“L’ECO della scuola nuova”via delle Montagne Rocciose, 69 - 00144 RomaTel/Fax 06.5910342www.fnism.it - [email protected]

A QUESTO NUMERO HANNO COLLABORATOPina Arena, Elisabetta Bolondi, Alessandro Casavola,Anna Maria Casavola, Marco Chiauzza, Raffaella diGregorio, Paola Farina, Valentina Mastrogiacomo,Erminia Paradiso.

EDITOREFnism, Federazione Nazionale Insegnanti,Registazione del Tribunale di Roma n. 424/81 del21/12/81

ABBONAMENTIPer gli iscritti FNISM l’abbonamento è gratuito.Il costo di un numero singolo è di € 3.10È possibile sottoscrivere l’abbonamento su- c.c.b. UNICREDIT IBAN:IT 35 Y 02008 05198 000401020572Intestato a Fnism - Federazione Nazionale Insegnanti

Quote:Abbonamento ordinario € 25,00Abbonamento sostenitore € 50,00

IMPAGINAZIONE E STAMPAGrafica Di MarcotullioVia di Cervara, 139 - 00155 RomaTel. 06.4515569info@graficadimarcotullio.comwww.graficadimarcotullio.com

Finito di stampare Giugno 2015

PUBBLICITÀFnism, Federazione Nazionale Insegnanti,via delle Montagne Rocciose, 69 - 00144 Roma

La FNISM, Federazione Nazionale Insegnanti,fondata nel 1901 da Gaetano Salvemini e GiuseppeKirner, è la prima associazione professionale diinsegnanti costituita in Italia.Ha una struttura federale che si articola insezioni territoriali e associa insegnanti dellescuole pubbliche di ogni ordine e grado,personale direttivo e ispettivo della P.I., docentidell’Università. Offre ai propri associatil’opportunità di partecipare a progetti di ricercae di innovazione scolastica, seminari e corsi diaggiornamento, gruppi di lavoro su argomentididattici e dibattiti, proposte di politicascolastica e associativa.La FNISM, che si richiama alla laicità come metodo diconfronto e di vaglio critico delle conoscenze, vuoleil potenziamento della scuola pubblica, scuola di tutti,la valorizzazione della professionalità docente, ilriconoscimento di uno status di soggetti del processoformativo alla componente studentesca,l’attribuzione ai capi di istituto di una funzione dicoordinamento dell’attività didattica e di gestionedelle risorse scolastiche.È affiliata alla Fédération Européenne del’Enseignement et de la Culture, attraverso la qualepartecipa a programmi finanziati dell’UnioneEuropea e organizza scambi e partenariati. L’iscrizione si può effettuare versando la quotapresso una delle sedi locali o utilizzando ilc.c.b. Unicredit IBAN: IT 35 Y 02008 05198 000401020572Intestato a Fnism - Federazione NazionaleInsegnanti.Si dovranno indicare, oltre alla causale delversamento, nome e cognome, indirizzo, materia/edi insegnamento, eventuale sede di servizio.

L’ECOdella scuola nuova

Organo della FNISMFederazione Nazionale Insegnanti

fondata nel 1901 daGaetano Salvemini e Giuseppe Kirner

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