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Le Terre della Resilienza Un’Italia oltre Testi di Nicola Patruno Fotografie di Luca Santese Abbiamo percorso l’entroterra italiano in tutta la sua longitudine, dal nord-est veneto alle zone montuose della Sicilia occidentale, cercando un fil rouge che tenesse insieme la incantevole eterogeneità di diversi borghi che sono parte del programma del Touring Club Italiano denominato “Bandiere Arancioni”. Questa iniziativa dello storico club valorizza comuni dell’entroterra che abbiano meno di 15.000 abitanti e che posseggano diversi fattori di eccellenza: capacità di accoglienza al di là della semplice prestazione turistica; inclusione di persone e contesti di norma difficilmente attive nel tessuto sociale; partecipazione dei cittadini alla vita civica del borgo; coesione sociale attorno al mantenimento del patrimonio storico, culturale ed economico; impulso all’imprenditorialità locale. Con la collaborazione del TCI ne abbiamo selezionati cinque: Soave in Veneto; Fontanellato in Emilia Romagna; Peccioli in Toscana; Morigerati in Campania; Petralia Sottana in Sicilia. Ognuno di questi comuni ha dimostrato un carattere unico nella sua resilienza rispetto a diverse problematiche che si sono presentate negli ultimi decenni. La resilienza è un fenomeno sia individuale, psicologico, che sociale, comunitario, e consiste nella capacità di reagire ad una difficoltà non solo mediante una “resistenza” ad essa, vale a dire la capacità di sopportare il problema in quanto tale, ma anche di reagire positivamente approntando una reazione progettuale decisa e concreta, che sia in grado di apportare cambiamenti nel medio e nel lungo termine. A problemi radicalente diversi tra loro i vari comuni “arancioni” hanno opposto una particolare attitudine resiliente: perseverare nell’innovazione, recuperando talvolta saperi e pratiche che erano stati messi in ombra nel lungo periodo di industrializzazione cominciato durante il boom economico del dopoguerra. Abbiamo indagato le diverse anime di ogni comune instaurando un rapporto diretto coi protagosti di ogni realtà, visitando i luoghi in cui effettivamente la resilienza è in atto ogni giorno. Ci siamo chiesti che cosa permetta a un piccolo borgo dell’entroterra italiano di resistere e reagire ai macrofenomeni storici, economici e sociali che hanno letteralmente svuotato da dentro migliaia di paesini italiani dal dopoguerra in poi, soprattutto nel’Italia meridionale. I fenomeni verso cui le diverse realtà hanno mostrato resilienza sono molteplici ed irriducibili ad un unico denominatore. Se nel nord-est, ad esempio, la comunità di Soave ha saputo reagire alle conseguenze della deindustrializzazione, borghi del sud come Petralia nelle Madonie e Morigerati nel Cilento devono lottare ogni giorno col problema dello spopolamento e dell’emigrazione giovanile. In generale, però, ciò che permette la reazione ai diversi problemi è l’incondizionato amore per la loro terra e per la comunità, che, senza nessuna idealizzazione idilliaca, permette agli attori economici e sociali di impegnarsi sul territorio al di là della ricerca di un profitto a breve termine. È un impegno ostinato infatti, possibile solo grazie ad un alto grado di coesione sociale, che ha permesso ad imprese innovative di radicarsi nel territorio, alle volte superando uno scetticismo iniziale. Il percorso che proponiamo in “Terre della Resilienza. Un’Italia oltre” vuole mostrare le diverse declinazioni della resilienza incrociate durante gli incontri che hanno costituito il nostro itinerario. Moltissime persone ci hanno aperto le porte delle loro case, botteghe, officine, industrie. Abbiamo visitato i loro terreni agricoli, le loro viti, i loro allevamenti; abbiamo ascoltato decine di ore di racconti e condiviso frazioni della loro giornata lavorativa; abbiamo imparato moltissimo dalle loro esperienze, dalla ricchezza delle loro storie. È impossibile menzionarle tutte, per questo abbiamo selezionato una serie di immagini che possano rivelare non solo la bellezza della resilienza, ma anche lo spirito che vi presiede. Le Terre della Resilienza. Un’Italia Oltre Un ringraziamento speciale al Touring Club Italiano e ai suoi referenti, alle Amministrazioni e agli abitanti dei comuni di Petralia (PA), Morigerati (SA), Peccioli (PI), Fontanellato (PR), Soave (VR) e a tutti i protagonisti intervenuti. Fotografie di Luca Santese Testi di Nicola Patruno Sponsor Geico Taikisha Sponsor Tecnico Cesura Con il patrocinio di Touring Club Italiano Bandiere Arancioni Produzione Andrea Bora Maria Elisa Ferraris Un’idea di Luca Santese Nicola Patruno

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Le Terre della Resilienza Un’Italia oltre

Testi di Nicola Patruno Fotografie di Luca Santese

Abbiamo percorso l’entroterra italiano in tutta la sua longitudine, dal nord-est veneto alle zone montuose della Sicilia occidentale, cercando un fil rouge che tenesse insieme la incantevole eterogeneità di diversi borghi che sono parte del programma del Touring Club Italiano denominato “Bandiere Arancioni”. Questa iniziativa dello storico club valorizza comuni dell’entroterra che abbiano meno di 15.000 abitanti e che posseggano diversi fattori di eccellenza: capacità di accoglienza al di là della semplice prestazione turistica; inclusione di persone e contesti di norma difficilmente attive nel tessuto sociale; partecipazione dei cittadini alla vita civica del borgo; coesione sociale attorno al mantenimento del patrimonio storico, culturale ed economico; impulso all’imprenditorialità locale.Con la collaborazione del TCI ne abbiamo selezionati cinque: Soave in Veneto; Fontanellato in Emilia Romagna; Peccioli in Toscana; Morigerati in Campania; Petralia Sottana in Sicilia.

Ognuno di questi comuni ha dimostrato un carattere unico nella sua resilienza rispetto a diverse problematiche che si sono presentate negli ultimi decenni. La resilienza è un fenomeno sia individuale, psicologico, che sociale, comunitario, e consiste nella capacità di reagire ad una difficoltà non solo mediante una “resistenza” ad essa, vale a dire la capacità di sopportare il problema in quanto tale, ma anche di reagire positivamente approntando una reazione progettuale decisa e concreta, che sia in grado di apportare cambiamenti nel medio e nel lungo termine.

A problemi radicalente diversi tra loro i vari comuni “arancioni” hanno opposto una particolare attitudine resiliente: perseverare nell’innovazione, recuperando talvolta saperi e pratiche che erano stati messi in ombra nel lungo periodo di industrializzazione cominciato durante il boom economico del dopoguerra.Abbiamo indagato le diverse anime di ogni comune instaurando un rapporto diretto coi protagosti di ogni realtà, visitando i luoghi in cui effettivamente la resilienza è in atto ogni giorno.Ci siamo chiesti che cosa permetta a un piccolo borgo dell’entroterra italiano di resistere e reagire ai macrofenomeni storici, economici e sociali che hanno letteralmente svuotato da dentro migliaia di paesini italiani dal dopoguerra in poi, soprattutto nel’Italia meridionale.

I fenomeni verso cui le diverse realtà hanno mostrato resilienza sono molteplici ed irriducibili ad un unico denominatore. Se nel nord-est, ad esempio, la comunità di Soave ha saputo reagire alle conseguenze della deindustrializzazione, borghi del sud come Petralia nelle Madonie e Morigerati nel Cilento devono lottare ogni giorno col problema dello spopolamento e dell’emigrazione giovanile. In generale, però, ciò che permette la reazione ai diversi problemi è l’incondizionato amore per la loro terra e per la comunità, che, senza nessuna idealizzazione idilliaca, permette agli attori economici e sociali di impegnarsi sul territorio al di là della ricerca di un profitto a breve termine. È un impegno ostinato infatti, possibile solo grazie ad un alto grado di coesione sociale, che ha permesso ad imprese innovative di radicarsi nel territorio, alle volte superando uno scetticismo iniziale.

Il percorso che proponiamo in “Terre della Resilienza. Un’Italia oltre” vuole mostrare le diverse declinazioni della resilienza incrociate durante gli incontri che hanno costituito il nostro itinerario. Moltissime persone ci hanno aperto le porte delle loro case, botteghe, officine, industrie. Abbiamo visitato i loro terreni agricoli, le loro viti, i loro allevamenti; abbiamo ascoltato decine di ore di racconti e condiviso frazioni della loro giornata lavorativa; abbiamo imparato moltissimo dalle loro esperienze, dalla ricchezza delle loro storie. È impossibile menzionarle tutte, per questo abbiamo selezionato una serie di immagini che possano rivelare non solo la bellezza della resilienza, ma anche lo spirito che vi presiede.

Le Terre della Resilienza.Un’Italia Oltre

Un ringraziamento speciale al Touring Club Italiano e ai suoi referenti, alle Amministrazioni e agli abitanti dei comuni di Petralia (PA), Morigerati (SA), Peccioli (PI), Fontanellato (PR), Soave (VR) e a tutti i protagonisti intervenuti.

Fotografie di Luca SanteseTesti di Nicola Patruno

Sponsor Geico Taikisha

Sponsor Tecnico Cesura

Con il patrocinio di Touring Club ItalianoBandiere Arancioni

ProduzioneAndrea BoraMaria Elisa Ferraris

Un’idea di Luca SanteseNicola Patruno

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Petralia

San Calogero è festeggiato il 18 giugno del calendario gregoriano con una processione che si protrae per diverse ore coinvolgendo e impegnando tutta la comunità petralese, senza distinzione di età o estrazione sociale.

Petralia ha in passato, inoltre, ospitato diverse comunità di rifugiati e richiedenti asilo, che la città è riuscita ad integrare a tal punto che alcuni di loro hanno deciso di restare e partecipare alla festa di “San Calòiro”, come si dice nel dialetto locale, nonostante essi appartengano a confessioni religiose differenti dal cattolicesimo.

Vista notturna del borgo Statua del Museo Civico Antonio Collisani Chiesa di San Francesco

Petralia Sottana è uno dei più importanti comuni delle Madonie, le montagne palermitane. Da lì, sciando in inverno, è possibile scorgere il mare “colore del vino”, come lo chiamava Leonardo Sciascia. Il connubio tra neve e Mediterraneo è una assoluta rarità.Petralia Sottana è stata detta per decenni la “Parigi delle Madonie” per merito della floridezza del settore terziario legato principalmente all’Ente Parco Regionale delle Madonie. Diversi uffici sono stato delocalizzati, causando gradualmente spopolamento e di conseguenza un invecchiamento della popolazione che ha portato attualmente ad avere una popolazione che per il 30% ha più di sessantacinque anni. Nonostante questo fenomeno l’attaccamento al territorio e alle tradizioni locali è molto forte, a tratti viscerale, e la partecipazione massiccia alla festa patronale di San Calogero ne è una delle manifestazioni più fulgide.Tutte le imprese locali che abbiamo incontrato costituiscono non solo una risorsa economica per il comune, ma sono anche degli incentivi concreti per i giovani che pur amando la loro terra sono attratti inevitabilmente dalle possibilità di lavoro e sviluppo personale offerte dalle grandi città del sud, Palermo in primis, e del resto d’Italia.

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Processione di San Calogero

Una madre sostiene la giovane figlioletta intenta a baciare il santoFedeli attendono la distribuzione rituale del pane

Michael Dekny partecipa alla processione di San Calogero

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La pesantissima statua del santo è portata a spalla da un nutrito gruppo di uomini che si avvicendano nella fatica e che per questo sacrificio sono rifocillati continuamente durante il percorso con pane fresco, vino e dolci. In questa manifestazione il rito cattolico si fonde dalla notte dei tempi con elementi rituali arcaici precristiani legati al culto della madre terra. Questi elementi sono tuttora vivi, seppure sublimati, e presenti nel simbolismo legato al santo patrono. Le decorazioni della statua, infatti, comprendono ad esempio spighe di grano e foglie di acanto.

Interno della chiesa santissima Trinità alla Badia

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La pace dell’agro della valle attorno a Petralia rimanda alle Bucoliche di Virgilio: “un dio ci donò questa quiete”, recita il poeta latino. Una quiete però tutt’altro che monotona, che promana dall’infinita varietà cromatica e aromatica del paesaggio madonita. A questa prosperità multisensoriale corrisponde una ricchezza agraria impressionante. Non solo vi sono coltivate molte varietà di grano, ma anche tutte le erbe aromatiche tipiche della Sicilia: alloro, rosmarino di montagna, lavanda, finocchietto, timo, salvia, peperoncino. Questi sono i protagonisti dell’attività agricola di Gandolfo Filippone, che ha deciso di dedicare la sua vita alla coltivazione di queste piante che vengono esportate, senza essere trattate industrialmente, in ogni parte del mondo. Mangiare in un ristorante stellato di Roma, Milano, Manhattan, Sydney o Mosca vuol dire, molto probabilmente, avere modo di conoscere l’opera, il tempo e la dedizione di Filippone.La cura dei campi richiede la pazienza rispetto ai tempi lenti che la natura prescrive. Questi non possono essere forzati se si vogliono ottenere prodotti biologici unici e di alta qualità. Il rapporto paziente col tempo non è però prerogativa solo dell’agricoltura. Mattia e Roberto hanno abbandonato Palermo e le loro professioni di architetto e avvocato per ristrutturare una vecchia casa di famiglia e avviare un bed&breakfast a Petralia. Una scelta in totale controtendenza rispetto ai loro coetanei del borgo che invece approdano a Palermo per gli studi universitari e solitamente

Gandolfo Filippone attraversa le sue coltivazioni di origano

Campi di grano dell’azienda Gandolfo Filippone Roberto e Mattia, gestori de La casa di Rò

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In questa attività Antonio rivendica inoltre la volontà di emancipare la coppola dalla simbologia mafiosa e riaffermare la sua vocazione popolare.Il problema dello spopolamento di Petralia si può affrontare solo offrendo ai giovani delle alternative convincenti rispetto alla prospettiva di emigrare verso le città evitando così la tendenziale desertificazione.

Il teatro della Rabba è una fitta rete di attività culturali opera di parecchi ragazzi e ragazze petralesi, che fanno attività sociali attraverso il teatro e non semplicemente del “teatro sociale”. Rappresentano, col teatro, oltre la rappresentazione e mostrano come il teatro sia ben oltre lo spettacolo, l’intrattenimento. Il primo nucleo di lavoro nasce nel 1999 e si costituisce come associazione nel 2004. Dal 2015 è divenuto un luogo di formazione permanente con la guida del direttore artistico Santi Cicardo. Il gruppo diffonde la cultura teatrale in tutto l’arco delle Madonie proponendo sia dei classici come Čechov che pezzi sperimentali scritti autonomamente.

Anche l’EXMA, “Officine Creative Madonite” è un luogo di sperimentazione. È un hub, un’incubatore di progetti informatici e tecnologici. È una sfida alla città, luogo tradizionalmente deputato all’innovazione e al progresso. Nel locali dell’ex macello comunale (da cui infatti il nome ex-ma) sono stato allestiti diversi spazi per il coworking, laboratori di fabbricazione e viene fornita consulenza di altissimo livello, grazie alle partnership con l’Università di Palermo, per startup e imprese che necessitano di superare grazie alla tecnologia la distanza dai grandi centri.

non torneranno più a vivere nel loro paese d’origine. Petralia infatti è stata storicamente la città madonita col maggior numero di laureati, proprio perché dotata di un settore terziario sviluppato che era in grado di offrire una domanda consistente di professionisti e dunque di recuperare a sé i giovani emigrati per motivi di studio. Da almeno due decenni, però, questo riassorbimento è venuto meno assieme al declino del settore dei servizi.

La compressione del settore terziario ha prodotto necessariamente una riduzione generale dell’occupazione, compreso il settore artigianale e alberghiero. Soprattutto nel primo c’è stata un’autentica resistenza di alcuni anni che si è trasformata in resilienza nel momento in cui alcune attività si sono riconvertite, reinventate. Una tradizionale maglieria, ad esempio, si è focalizzata nella produzione artigianale di coppole, il copricapo tradizionale siculo di origine anglosassone che Antonio Casserà produce a mano ed esporta in tutto il mondo.

Antonio Casserà indossa una delle coppole da lui prodotte

Maurizio Bracco, titolare di Bracco Pasticceria Silvana Di Maria del ristorante Il Castello

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La sfida non consiste solo nel colmare un gap, ma piuttosto di ribaltare la mentalità attendista, assistenzialista, che purtroppo si è radicata nei decenni e che tutt’ora si fa fatica a scardinare anche nelle giovani generazioni. L’alternativa che mostra EXMA è chiara: oltrepassare sia l’attendismo atavico che la smania di emigrare, mostrando che anche grazie alla tecnologia il territorio madonita può diventare un polo di innovazione.A Petralia si trova una delle più antiche cave di sale del mondo e lì ha sede la Italkali, azienda partecipata che da oltre quarant’anni estrae, lavora ed esporta un salgemma tra i più puri al mondo. L’artista Renzo Rinaldi è autore di sculture ed installazioni esposte in tutto il mondo. La cifra del suo lavoro è l’uso di materiali semplici come il ferro e il vetro, specialmente in forma di frammenti e chiodi che fa interagire con fonti luminose creando proiezioni e ambienti all’interno dei quali

L’obiettivo è quello di trasfomare la marginalità, la perifericità, in un vantaggio e permettere anche alle attività rurali di essere connesse al tessuto economico nazionale ed internazionale.

Santi Cicardo durante le prove

Attori durante le prove

Sipario

Fabio Montagnino dell’ Ex-Ma Officine Creative Lio Serporta dell’Ex-Ma Officine CreativeBianca Librizzi, allieva della scuola del teatro Rabbat

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È una necessità esistenziale connaturata alla sua forma di vita. Non si tratta di solipsismo, tanto è vero che Renzo ha ideato e promosso la costruzione di una galleria d’arte pubblica all’interno della cava, in grandissimi spazi ricavati durante il processo di estrazione del salgemma. Come attorno ai dipinti nelle grotte di Lascaux in Francia 17500 anni fa gli uomini si riunivano attorno alle prime produzioni artistiche dell’umanità, così oggi ogni settimana la galleria viene visitata da decine di persone grazie alla la sapiente guida di Renzo. La galleria espone sculture ed installazioni prodotte sempre a partire dal sale. Attualmente sono esposte in questo spazio, che appare come una enorme grotta sottomarina con tonalità cangianti tra il color neve e il blu di Prussia, trenta opere, frutto di quattro esposizioni biennali. La scena artistica di Petralia è sostenuta anche dall’opera del liutaio Mirco Inguaggiato che ha aperto la prima liuteria delle Madonie.Mirco proviene da una famiglia di falegnami da tre generazioni e ha studiato liuteria a Gubbio. A Petralia produce strumenti ad arco e a pizzico e la sua bottega è frequentata da moltissimi musicisti professionisti siciliani.

il fruitore interagisce con le luci e le sculture stesse.Renzo ha deciso di restare nella sua terra natìa per dedicarsi alla produzione di arte nella sua casa-laboratorio, un vecchio rudere che ha interamente riprogettato e ristrutturato autonomamente. Non si tratta di una posa intellettuale la sua, non è nemmeno un rifuggire manieristico dalla frenesia metropolitana.

Mirco Inguaggiato nel suo laboratorio Dettaglio della Liuteria Mirco Inguaggiato L’artista Enzo Rinali Campi costeggianti la strada per Petralia

Museo Arte Contemporanea Sotto Sale, Miniere Italki. dettaglio.

Museo Arte Contemporanea Sotto Sale, Miniere Italki

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Fontanellato è un piccolo borgo della bassa parmense, che deve gran parte della sua ricchezza artistica, diffusa in tutto il paese, alla famiglia parmense dei Sanvitale. Questa casata ha mantenuto un profondo legame col borgo per più di cinque secoli, precisamente dal 1386 al 1948, anno in cui muore l’ultimo discentente della famiglia, il conte Giovanni Sanvitale.

Il nucleo del paese si irradia a partire dalla Rocca Sanvitale, la cui struttura originaria venne venduta alla famiglia parmense dai Visconti di Milano e venne completata solo nel XVI secolo, transformandola definitivamente da piazzaforte a edificio residenziale.La rocca ospita attualmente gli uffici comunali, ma un’intera ala è dedicata all’esposizione delle sale appartenute nei secoli alla famiglia Sanvitale.La casa conserva una collezione di armi antiche, dipinti, ritratti e molte pareti sono decorate con affreschi di pregio.

Fontanellato

Una stanza in particolare, però, interrompe il percorso scorrevole e armonioso all’interno della dimora dei Sanvitale: la cosiddetta Stufetta di Diana e Atteone, affrescata dal Parmigianino nel 1524 su commissione di Paola Gonzaga. La stanza, di modeste dimensioni, sembra non ricoprire nessuna funzione nell’economia della distribuzione dei volumi della casa. Le congetture sul suo senso e sul suo ufficio si tacciono solo dinnanzi alla contemplazione della sequenza affrescata. Si tratta di una trasposizione pittorica del mito di Atteone delle Metamorfosi di Ovidio, il cacciatore che, inoltratosi in un bosco sacro a Diana, viene punito per aver sorpreso Diana nuda. Immagine dell’uomo che si trova vis-à-vis col divino, Atteone viene trasformato in cervo, e i suoi cani, non riconoscendo il padrone mutato, lo inseguono e lo sbranano.Paola Gonzaga aveva da poco perduto una figlia ancora in tenera età e non si sa perché abbia commissionato al giovane Parmigianino, all’epoca poco più che ventenne, questo affresco altamente carico di simbolismo.

Rocca di Sanvitale. La Stufetta di Diana e Atteone. Particolare

Interno della Rocca di Sanvitale. Particolare d’arredamento Interno della Rocca di Sanitale. SpecchioRocca di Sanvitale

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Un altro edificio frutto del mecenatismo dei Sanvitale è il Teatro Comunale. Sorge nei pressi di un teatro seicentesco, voluto all’epoca da Alessandro III Sanvitale e poi demolito nel Settecento dal botanico Jacopo Sanvitale che occupò lo spazio con alcune serre. Nel 1855 il conte Luigi Sanvitale cedette al Comune un edificio di sua proprietà affinché venisse eretto nuovamente un teatro aperto al pubblico. I lavori terminarono nel 1866.Da allora il teatro ha goduto di un successo molto altalenante e negli anni Dieci del Novecento è stato anche adibito a stalle durante le sollevazioni dei sindacati agricoli. Scampato il pericolo, nel dopoguerra, che venisse convertito barbaramente in cinematografo, è stato restaurato grazie alla caparbietà del sindaco Pompeo Piazza una prima volta nel 1967 e definitivamente nel 2008. La stagione teatrale attuale è molto attiva e costituisce un punto di riferimento culturale nella provincia parmense.

Interno della Rocca di San Vitale. Piatto Teatro di Fontanellato. Particolare del sipario decorato Rocca di San Vitale. Particolare.

Rocca di Sanvitale. ParticolareRocca di Sanvitale. La Stufetta di Diana e Atteone. Particolare dell’affresco del Parmigianino

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Fontanellato è la dimora d’elezione dell’incisore, stampatore d’arte ed editore svizzero André Beuchat. Nella bassa parmense ha aperto il suo laboratorio ed atelier di stampa Alma Charta, dove svolge una professione decisamente unzeitgemäß, per dirla con Nietzsche. Questo termine tedesco è usualmente tradotto con “antiquato”, “anacronistico”, ma l’originale tedesco rende benissimo un aspetto dell’opera di André, vale a dire il suo “non essere adeguato ai tempi”. L’editoria condotta con la sua maestria, infatti, non è compatibile coi tempi rapidissimi, che tendono all’istantaneo, della contemporaneità. Anche lui, come moltissimi protagonisti del percorso di “Terre di resilienza”, ha deciso per la lentezza in favore di una qualità irraggiungibile forzando i tempi in vista di una produttività efficiente. Per produrre una delle sue incisioni sono necessari, infatti, diversi mesi e un lavoro certosino che viene portato avanti quotidianamente. Lui stesso paragona il proprio lavoro, l’incisione, al solco che il contadino deve tracciare con l’aratro per potere seminare ed attendere il raccolto. Egli si avvale solo della manualità e non utilizza alcun macchinario che necessita di energia elettrica.Attorno all’atelier, inoltre, André e sua moglie hanno in 30 anni piantato degli alberi che oggi costituiscono un vero bosco, un’autentica isola biologica, nel mezzo della umida pianura padana. La sua arte è parte di una forma di vita desueta, inattuale, non al passo coi tempi appunto. Le matrici delle sue opere sono conservate in diverse biblioteche nazionali ed estere e le sue stampe sono vendute in fiere internazionali sia in Europa che in America. Pur conducendo da trent’anni un mestiere antico, non ha alcuna nostalgia dell’epoca in cui Parma era l’olimpo dell’incisione – basti pensare all’attività di Giambattista Bodoni, morto a Parma nel 1813 -, dell’acquaforte, della tipografia e della rilegatura: «Non si deve essere nostalgici che del futuro», afferma André.

L’artista André Beuchat Laboratorio dell’artista André Beuchat

Stampa dell’artista André Beuchat Torchio Caratteri mobili

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Nostalgico del futuro è sicuramente anche un altro mecenate, editore e collezionista d’arte di Parma, Franco Maria Ricci. A Fontanellato costruisce un grande labirinto in collaborazione con l’architetto Pier Carlo Bontempi, il Labirinto della Masone. L’edificio d’ingresso del labirinto ospita la collezione d’arte personale di Ricci, che vanno da dipinti di Valentin De Boulogne e Jacopo Ligozzi alle sculture di Carlo Maria Giudici e Lazzaro Casario. Si possono consultare, inoltre, moltissimi libri editi dallo stesso Ricci.

Interno del Complesso Monumentale di Priorato

Labirinto della Masone

Interno del Complesso Monumentale di PrioratoLabirinto della Masone

Opera della collezione d’arte di Franco Maria Ricci

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Oltre alla ricchezza artistica Fontanellato mostra un’attenzione speciale all’inclusione sociale e alla facilità all’accesso alla salute pubblica. Abbiamo visitato un innovativo poliambulatorio, la Casa della Salute, dove la medicina di gruppo ha riunito cinque medici di famiglia, che a turno sono sempre a disposizione del bacino di pazienti del borgo e dei paesi vicini. La facilità con cui è possibile accedere a numerosissime prestazioni sanitarie, dalle visite specialistiche alle cure infermieristiche ambulatoriali, fa sì che non sia necessario recarsi all’ospedale se non in casi di estrema urgenza. L’ambiente della Casa non è per niente “ospedaliero”, quanto più familiare e svolge anche da incubatore di numerose iniziative di prevenzione informazione sanitaria per utenti di ogni età, ma con particolare attenzione ad anziani ed adolescenti.

A Fontanellato è presente altresì una clinica, punto di riferimento in Italia, di riabilitazione per cerebrolesi, il Centro Cardinal Ferrari. Viene presa in carico la riabilitazioni di persone che hanno subito gravi danni cerebrali. Il programma riabilitativo non tiene conto solo dell’aspetto clinico della malattia, ma anche della formazione e nell’assistenza delle famiglie degli ospiti. Il trauma colpisce infatti non solo il paziente, ma tutto il nucleo familiare, che deve essere opportunamente seguito sotto il profilo del sostegno psicologico e dell’accompagnamento durante il trattamente medicale al paziente. Il successo della riabilitazione si gioca anche, al di là dell’efficacia delle cure mediche, nel mantenimento della salute psichica del caregiver. Per questo motivo all’interno della struttura sono adibiti laboratori non solo

Centro Ippico Corte GhiaraIl Dottor Antonio De Tanti, responsabile del Centro Cardinal Ferrari

Il Dottor Enrico Guareschi della Casa della Salute Dottoressa Saviola del Centro Cardinal Ferrari Centro Ippico Corte Ghiara

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di riabilitazione motoria e psichiatrica per i pazienti, ma anche di reinserimento nella quotidianità. Si trovano infatti dei veri spazi domestici (e.g.: cucine, bagni, etc.) all’interno dei quali il traumatizzato può gradualmente recuperare la sua autonomia domestica.Sono previste inoltre diverse attività sportive, tra cui il nuoto in vasche appositamente progettate per accogliere disabili motori e l’equitazione, che viene praticata sia come pet-therapy ippica che come riaccompagnamento verso lo sport. Quest’ultima attività è praticata nel Centro Ippico Corte Ghiara, i cui spazi sono poco distanti dalle strutture della clinica.

L’inclusione sociale è una prerogativa della Onlus EMC2, che sviluppa percorsi di inclusione e sviluppo personale assieme a ragazzi svantaggiati allo scopo di incentivare un autentico inserimento lavorativo ed andare oltre, dunque, all’assisenzialismo. Anche qui troviamo dunque, non la semplice gestione di un problema, ma una resilienza rispetto ad esso, una progettualità che permette di contornare delle prospettive inaspettate. I ragazzi che partecipano ai progetti sono sia persone disabili che, ad esempio, migranti in attesa di una risposta alle loro domande di diritto d’asilo. I ragazzi vengono coinvolti in iniziative comuni, non solo di intrattenimento, ma di riconosciuta attività lavorativa, come ad esempio la cura del verde pubblico, attività di fattoria con animali e la raccolta dei riufiuti urbani, la progettazione e il confezionamento di prodotti all’interno di laboratori di design.

Stalla Ottocentesca dell’Azienza Ghiretti

Chikhou Khante, rifugiatoLuca Ghiretti, giovane agricoltore

Sangare Daouda, rifugiato senegalese Parveen Kaur, lavoratrice vdell’Onlus

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SoaveIl comune di Soave ha dovuto lottare con le conseguenze catastrofiche della deindustrializzazione, che ha drenato il tessuto socioeconomico a partire dagli anni Novanta. Molte aziende viti-vinicole hanno compreso che l’unico modo per superare la crisi era quello di abbassare i volumi della produzione in favore di un sostanziale elevamento della qualità del prodotto. Per fare ciò hanno gradualmente eliminato tutto il doping chimico che ha dominato a partire dagli anni Sessanta e da una decina di anni, infatti, le nuove generazioni di imprenditori vinicoli sono tornati a produrre con fertilizzanti naturali e in assenza di diserbanti.

La concorrenza tra i diversi produttori di vino Soave DOC e DOCG è oggi esclusivamente incentrata sulla qualità del vino, in uno spirito di cooperazione che sarebbe stato impensabile all’epoca dei massicci volumi produttivi di tipo industriale. Le nuove generazioni di viticoltori si sono formate molto spesso nelle stesse scuole ed università e collaborano sovente tra loro per rilanciare insieme il nome del vino Soave, coi suoi prodotti di punti quali il Soave DOCG e il Recioto di Soave.

Interno di una corte di Soave. Sottoscala affrescatoVista di Soave dal Castello Scaligero

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La cantina Corte Mainente è un esempio di questa riconversione della produzione verso l’alta qualità. Possiede vigneti da tre generazioni e noi abbiamo avuto modo di incontrare le ultime due. Nella loro storica corte da cento anni ha avvio la Festa dell’Uva di Soave che si tiene in settembre. L’uva coltivata è quasi totalmente Garganega, il vitigno più prestigioso delle colline soavesi.

Le tre generazioni di viticoltori sono state testimoni e protagoniste di tutte le ultime fasi della vita del Soave: il passaggio dall’agricoltura senza macchine a quella meccanizzata - il primo trattore è entrato nella corte nel 1952 -; dalla produzione di grandi tonnellaggi di vino con largo uso di prodotti chimici alla pratica di una viticoltura sperimentale tendente al biologico.

Interno di una corte di Soave. Glicine

Vigneti

Tralci di uva in essicazione per la produzione del vino Recioto Ugo Mainente rappresenta la seconda generazione dell’azienda Corte Mainente

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ex tossicodipendenti, ragazze madri o richiedenti asilo. La vita si svolge in maniera comunitaria all’interno della casa-famiglia e gran parte della giornata viene condivisa, sia durante le attività lavorative che durante i pasti, all’insegna di un sincretismo culturale e religioso. Nella struttura sono presenti dei laboratori per il confezionamento di conserve e una officina di falegnameria per il restauro.

La Cascina Albaterra è un ecovillaggio diffuso che collabora con l’azienda agricola Coffele. È una cooperativa sociale, una comunità, una casa-famiglia, che accoglie persone che non hanno altra possibilità di dimora, siano essi ex detenuti,

Laboratorio di falegnameria alla Cascina Albaterra

Deborah Agada e Elena Jessica Stoican della Cascina Albaterra

Francesca Bertoldi della Cascina AlbaterraCaio Claudio Dal Corso della Cascina Albaterra

Pranzo alla Cascina Albaterra

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La vita in comune prevede anche diverse attività lavorative che si svolgono spesso in collaborazione con l’azienda agricola Coffele. Ai ragazzi viene affidata ad esempio la cura degli animali e altre mansioni legate all’attività dell’azienda. L’ecovillaggio permette un’agricoltura a tendenza biodinamica, che implica un rapporto sinergico tra le varie componenti del sistema Albaterra. Tutti gli animali da pascolo sono liberi di brucare nei prati e nei boschetti verdi attorno all’ecovillaggio e col loro latte vengono prodotti diversi formaggi biologici.

Inoltre la cascina organizza sia attività formative rispetto all’interazione uomo-animale che percorsi riabilitativi attraverso la zooterapia. Anche le api vengono utilizzate a questo scopo, oltre che naturalmente alla produzioni di di miele, polline, cera d’api, pappa reale, propoli e veleno. L’orto sinergico e il bosco completano la costellazione del villaggio. L’orto produce verdure e frutta in armonia col resto dell’ambiente e degli animali, senza l’utilizzo di additivi sintetici. Anche quest’ultimo è utilizzato per esperienze formative e riabilitative con bambini e adulti.

Dettaglio del manto di una pecora Animali della fattoria della Cascina Albaterra

Animali della fattoria della Cascina AlbaterraAnimali della fattoria della Cascina Albaterra

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classico aiuto per i compiti, ma soprattutto la creazione di un ambiente inclusivo e un concreto processo di integrazione non solo dei bambini ma di intere famiglie di immigrati. Un’altra realtà inclusiva molto importante a Soave, sostenuta dal Comune, è la Onlus “Noi voi l’oro”, che funziona come centro diurno per persone disabili. Questi ragazzi hanno difficilmente una vita sociale al di fuori dalla famiglia e trovano negli spazi di questa onlus la possibilità di svolgere diverse attività e stringere amicizia sia tra loro che con gli operatori che coi familiari degli altri ragazzi. L’associazione si prende cura, indirettamente ma in modo assai efficace, anche delle famiglie dei disabili dando modo ai genitori di avere del tempo da dedicare a loro stessi, ad esempio spesso durante giorni festivi. In questo modo viene migliorato il benessere generale della costellazione familiare, a beneficio di tutti.

A Soave è presente una importante iniziativa socio-didattica, che ha preso forma grazie all’esperienza e alla ricerca della maestra Luciana Bertinato e alla collaborazione appassionata della maestra Antonella Scandolara. Due educatrici, inoltre, supportano le attività didattiche.Il gruppo del doposcuola è composta da bambini di nove nazionalità differenti e ha come obiettivo non solo il

I ragazzi del doposcuola Roberta Ange-Marcelle Bouah, di origini ivoriane Alice Taburni, ospite dell’ Onlus “Noi voi l’oro”

La maestra Luciana Bertinato

Ayoub Rezig, di origini marocchine

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Morigerati

Morigerati deriva il suo nome dal greco antico myrìke, ginestra, la pianta mediterranea che Giacomo Leopardi ha eletto a simbolo immortale della resilienza, capace di rinascere gioiosamente anche dopo la violenza inarrestabile del Vesuvio «sterminator»: «odorata ginestra, contenta nei deserti», sempre compagna di «afflitte fortune», dal «grave e taciturno aspetto». Le epigrafi che affiancano il percorso su Morigerati sono composte da alcuni versi della poesia di Leopardi, La ginestra.Morigerati è un piccolo borgo con poco più di seicento abitanti, divisi su due colline distanti qualche chilometro l’una dall’altra. Non è qui la lava del vesuvio a minacciare la vita, bensì, di nuovo, lo spopolamento. Vi si oppongono una tenace amministrazione comunale e alcuni imprenditori agro-alimentari che hanno deciso di valorizzare queste terre piuttosto che abbandonarle, così che, inoltre, le giovani generazione possano avere qualche motivo valido per restare.I tetti rossi del borgo sono dominati dall’alto dalla Chiesa di San Demetrio di Tessalonica, costruita nel XIV secolo sulle rovine di un tempio romano e grandemente rivisitata tra Otto e Novecento. Il campanile basiliano ricorda le origini orientali di San Demetrio grazie alla cupola orientaleggiante.

Il patrimonio culturale agricolo, assieme alla “memoria alimentare”, è custodito e diffuso anche grazie alle attività dell’associazione “Terra di resilienza”, che pratica agricoltura sociale col progetto “Ripartire dalla terra”, occupandosi del reinserimento nel tessuto socio-economico di persone che hanno intrapreso un percorso di recupero dalla tossicodipendenza.L’associazione, presieduta da Antonio Pellegrino, si occupa inoltre di agricoltura organica e rigenerativa, fornendo consulenza agli agricoltori e allevatori locali in vista della produzione di alimenti sani a costi contenuti. L’associazione riunisce diversi giovani cilentani che hanno deciso di trasformare la tradizionale marginalità economica della loro terra in una risorsa, credendo in una crescita endogena del Mezzogiorno attraverso la pratica di un’agricoltura sostenibile e di qualità.

Interno di una corte di Morigerati

Vicolo del paese Interno di una corte

Architetture del paese

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Dove tu siedi, o fior gentile, e quasiI danni altrui commiserando, al cielo

Di dolcissimo odor mandi un profumo,Che il deserto consola

Chiesa di San DemetrioParticolare della Chiesa di San Demetrio Fontebattesimale della Chiesa di San Demetrio

Vista della piazza principale Ginestra

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Il rispetto e la valorizzazione della terra cilentana è prerogariva anche dell’azienda viti-vinicola della famiglia De Conciliis. L’agricoltura che praticano è tendenzialmente biodinamica, vale a dire con un approccio che considera il suolo vivente quanto le piante che su di esso crescono. Viene inoltre favorita la biodiversità tanto vegetale quanto animale presso i luoghi di coltivazione.

Le radici degli alberi sono la loro vera “testa” secondo la visione di Rudolf Steiner, primo teorico della biodinamica, ed è per questo che hanno bisogno non solo di acqua ma anche di ossigeno. Nutrire il terreno significa evitare ogni concimazione sintetica e questo fa sì, inoltre, che le piante abbiamo bisogno di meno acqua per crescere. Il colore verde intenso delle foglie delle viti dei De Conciliis è segno di grande vitalità pulsante della pianta intera.

Il viticoltore Bruno De Conciliis Foglia delle viti dei De Conciliis

Antonio Pellegrino della coperativa Terra di ResilienzaCantina Bruno De Conciliis. Botti Papaveri in un campo di grano

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Qui mira e qui ti specchia,Secol superbo e sciocco,

Che il calle insino alloraDal risorto pensier segnato innanti

Abbandonasti, e volti addietro i passi,Del ritornar ti vanti,E proceder il chiami

Pasquale Vallone dell’Osteria I Compari Preparazione artigianale della pasta all’Osteria I Compari Preparazione artigianale della pasta all’Osteria I Compari

Eugenio Cioffi dell’agriturismo MurikèUlivo plurisecolare cresce nei terreni dell’agriturismo Murikè

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A Morigerati è presente una Oasi del WWF presso le grotte del fiume carsico Bussero. Questa oasei è frutto della caparbietà, l’abnegazione e l’intelligenza di un gruppo di donne del borgo che nel 1995 danno avvio a questo progetto. La superficie attuale dell’oasi è di 607 ettari ed è frequentato da circa duemila visitatori all’anno.Questa zona è attraversata dal sentiero detto “delle donna”, perché tradizionalmente era percorso per giungere al mulino per produrre farina e al fiume per lavare i panni. La dimensione femminile si è mantenuta molto molto forte, seppure trasfigurata ed è rivendicata dalle socie del WWF che sono, appunto, tutte donne appartenenti a diverse generazioni. L’oasi gode, oltre che di un’atmosfera natuale primigenia, di una straordinaria biodiversità faunistica e di flora.

Il fiume carsico Bussento, Oasi WWF

Felicia Barra, guida dell’Oasi WWF

Le grotte del Bussento, Oasi WWFOasi WWF

Oasi del WWF. Damigelle

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PeccioliCamminare per le strade del borgo di Peccioli significa incrociare continuamente opere di arte contemporanea, che l’amministrazione ha acquisito negli anni e messo a disposizione della comunità cittadina e dei turisti esponendole in pubblico, anche nei luoghi più inaspettati, celati, insoliti. È anche questa una delle declinazioni del benessere che promana dal comune di Peccioli. Questo non è però il frutto di un generoso mecenatismo, bensì di un progetto trentennale che ha come ideatore e protagonista il sindaco Renzo Macelloni, che lavora nell’amministrazione comunale dagli anni Ottanta.All’epoca la Regione Toscana dichiarò una “emergenza rifiuti”, che per l’amministrazione di Macelloni fu in grado di sublimare in una risorsa i cui risultati continuano a prodursi. All’epoca era vicesindaco e propose di progettare una discarica innovativa costituendo attorno a sé un’equipe di geologi, ingnegneri e architetti del paesaggio. Venne fondata una società partecipata, la Belvedere spa, che oggi è al 64% di proprietà del comune e al 36% dei cittadini che la posseggono con azionariato diffuso, che partecipando alle decisioni

Il Sindaco Renzo Macelloni Piazza del Popolo a Peccioli.

Installazione Lo sguardo di Peccioli di Vittorio Corsini Piazza del Popolo a Peccioli. Portici

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antropomorfe, grandi figure umanoidi, femminili, maschili e androgine, severe e sensuali allo stesso tempo. Le statue sono frutto del lavoro del gruppo Naturaliter di Capannoli Valdera (PI). L’anfiteatro e la sala congressi della struttura ospitano regolarmente conferenze, concerti, rappresentazioni teatrali, sfilate.

più importanti dell’azienda. Si trasformò così un problema, una emergenza, in una risorsa, una centrale di irradiamento di ricchezza, possibile solo grazie alla mutua resposabilizzazione di amministrazione e cittadini. La zona venne messa innanzitutto in sicurezza eliminando il rischio che il percolato inquinasse la falda acquifera (il terreno è argilloso e non ci sono falde nella zona); poi venne creata una centrale energetica a biogas. La Belvedere è un gande controesempio rispetto al comune sentire verso le società partecipate: i profitti vengono interamente reinvestiti in attività pubbliche, sia culturali che sociali. E queste cominciano nella discarica stessa, le cui pareti sono state progettate e dipinte dall’artista britannico David Tremlett. Le colline dell’impianto, inoltre, sono sormontate dalle gigantesche sculture Impianti della Discarica

Le opere del gruppo Naturaliter presso la Discarica

Arianna Merlini del Belvedere S.p.a.Le opere del gruppo Naturaliter presso la DiscaricaDiscarica di Peccioli. Particolare

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Numerose attività artistiche, culturali, sociali, scientifiche e tecnologiche sono legate alle attività della Belvedere, in particolare a partire dalla fondazione Peccioliper. La fondazione sostiene i quattro musei cittadini, un’accademia musicale e una scuola internazionale di restauro di icone russe.Peccioliper inoltre organizza la stagioni invernale ed estiva che animano la città con numerosi eventi culturali e che prendeno il nome di “Le 11 lune”.Viene sostenuto altresì un importante centro astonomico, dotato di aule didattiche, di un planetario e di un osservatorio astronomico. All’osservatorio vengono tenuti seminari sulla meccanica celeste e si organizzano regolarmente escursioni d’osservazione in occasione di particolare eventi astronomici, come ad esempio eclissi. L’osservatorio, diretto da Alberto Villa, nel 2009 ha individuato e classificato un asteroide, che porta il nome di 331011 Peccioli.Una delle partnership più notevoli della Belvedere è stretta con la Scuola Superiore di Studi Universitari e di Perfezionamento Sant’Anna di Pisa, in particolare nella figura del prof. Paolo Dario, ordinario di robotica biomedica.In passato Peccioli è già stata terreno di diverse sperimentazioni del DustBot, un robot che raccoglieva in modo differenziato i rifiuti, su chiamata degli utenti e porta a porta.

Osservatorio Astronomico. Alberto Villa, direttore della struttura

Rosario Floriddia. Azienda agricola Floriddia. Alle sue spalle una enorme silos refrigerato all’interno di una antica cascina

Il DustBot del Professor Paolo Dario Il professor Paolo Dario

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Una delle partnership più notevoli della Belvedere è stretta con la Scuola Superiore di Studi Universitari e di Perfezionamento Sant’Anna di Pisa, in particolare nella figura del prof. Paolo Dario, ordinario di robotica biomedica.In passato Peccioli è già stata terreno di diverse sperimentazioni del DustBot, un robot che raccoglieva in modo differenziato i rifiuti, su chiamata degli utenti e porta a porta.

La tecnologia si coniuga nella campagna pecciolese anche con l’agricoltura e in particolare con l’azienda agricola Floriddia, che produce farine biologiche semi-integrali da grani antichi. Dato che le farine biologiche hanno un periodo di conservazione inferiore a quelle trattate sinteticamente, è stato realizzato un avvenieristico silos refrigerato all’interno di una antica cascina, in modo tale da mimetizzare armoniosamente questo magazzino col paesaggio dei poggi toscani. La produzione avviene nel totale rispetto della biodiversità e il miglioramento genetico dei semi avviene ripiantando ciclicamente i semi del proprio raccolto.

La tenuta di Ghizzano della famiglia Venerosi Pesciolini, discendenti del conte Franco Nambrot condottiero di Carlo Magno, consta di 320 ettari, di cui 20 di vigneti e 20 di uliveti – il resto sono colture cerealicole e zone boschive. La tenuta della famiglia, giunta a Ghizzano nel 1370, è stata gestita con la mezzadria fino agli anni Novanta e nel 1985 Pierfrancesco Venerosi Pesciolini decide, per primo nella provincia di Pisa, di cominciare a produrre vino da imbottigliare. La sfida fu vinta dal conte e oggi la tenuta produce uno dei vini più pregiati della provincia e dal 2003 gode della certificazione dell’agricoltura biodinamica.

Tenuta di Ghizzano della famiglia Venerosi-PescioliniScuola di Restauro di Icone Russe. Lavorazione Tenuta di Ghizzano della famiglia Venerosi-Pesciolini

Palazzo Pretorio. Museo delle Icone. Particolare Tenuta di Ghizzano della famiglia Venerosi-Pesciolini. Cantine

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Peccioli è anche un borgo con un altissimo grado di inclusione sociale, in particolare rispetto all’immigrazione, al recupero delle tossicodipendenze e degli anziani non autosufficienti. Questo è possibile anche grazie ai progetti di Agricoltura Sociale della Cooperativa Sociale il Cammino. Questa cooperativa opera in diversi settori ed è stata in grado di coniugare in modo innovativo e temerario percorsi di riabilitazione dalla tossicodipendenza con un centro diurno per anziani. I ragazzi, oltre che a partecipare alle attività agricole della cooperativa, sono stati infatti calati in una rete affettiva e di responsabilità verso gli anziani che ha giocato molto spesso un ruolo determinante all’interno del ripido cammino della disintossicazione.

La scuola di restauro di icone russe nasce nel 2002, anno in cui vennero ospitate a Peccioli alcune restauratrici della Federazione Russa. Una di queste decise di rimanere nel borgo toscano dando avvio così alla scuola di restauro. Vengono impartiti corsi di restauro, pulitura e doratura e altresì corsi teorici di storia dell’icona, storia del restauro e teologia delle icone. Il museo delle icone si trova ora a Palazzo Pretorio e raccoglie icone prodotte a partire dal Settecento. La collezione proviene per lo più da una donazione di Francesco Bigazzi.

Matteo Lami della Coperativa Il Cammino

Vista dall’interno della comunità

Pavone ospite dei giardini della comunità

Cinta senese allevato in bosco dalla cooperativa sociale il Cammino Stalla con vista sul borgo di Peccioli