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STUDIO DI PSICOLOGIA PESCARA DR. LUCA DI VENANZIO PSICOLOGO Il benessere è un tuo diritto! LE TECNICHE UTILIZZATE

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STUDIO DI PSICOLOGIA PESCARA

DR. LUCA DI VENANZIO PSICOLOGO

Il benessere è un tuo diritto!

LE TECNICHE UTILIZZATE

!

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Lo studio psicologico del Dr. Di Venanzio si occupa degli interventi di sostegno

psicologico individuale e di coppia, fondamentali in situazioni di disagio emotivo e

relazionale, in presenza di crisi (ansia, panico, fobie, problemi sessuali, depressione,

dipendenze, ossessioni etc etc) durante il ciclo di vita, o semplicemente per avere

maggior consapevolezza riguardo ciò che accade dentro di sè, per acquisire nuovi

strumenti volti a migliorare la qualità della vita sia in ambito privato che professionale, in

uno psicologia preventiva e del BENESSERE.Il sostegno psicologico è un utile strumento, nel consentire lo strutturarsi di nuove

modalità relazionali; rende la persona libera di scegliere, così che possa vivere la propria

vita senza paura ed angosce, distaccandosi attraverso il decondizionamento dagli

schemi di comportamento usuali, così da diventare capace di godere pienamente

della gioia, affrontando il dolore in modo che non diventi intollerabile o bloccante.Lo studio si occupa altresì di perizie consulenziali legali e diagnostiche e

all’orientamento scolastico e professionale.

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ALCUNE DELLE TECNICHE UTILIZZATE DAL DR. DI VENANZIO

Dr. Di Venanzio Luca usa le tecniche classiche dell’approccio cognitivo-

comportamentale come: ipnosi relax, EMDR, training autogeno, desensibilizzazione

sistematica (D.S.), ristrutturazione cognitiva, training assertivo, training abilità sociali etc.

In continuo aggiornamento per dare un servizio sempre all’avanguardia applica anche le

moderne tecniche A.C.T. (Acceptance and Commitment Therapy).

La psicoterapia cognitivo-comportamentale:

La psicoterapia cognitivo-comportamentale è un percorso di trattamento dei disturbi

psicologici che mira ad alleviare la sofferenza emotiva attraverso la modifica di schemi

mentali e comportamenti controproducenti.  La terapia cognitivo-comportamentale

prevede incontri settimanali per una durata media di tre-sei mesi che si può estendere

fino a dodici mesi in casi di grave sofferenza emotiva.

Il termine del percorso viene eventualmente seguito da alcune sedute di controllo. Gli

obiettivi generali della psicoterapia cognitivo-comportamentale sono:  (1)  identificare

regole, credenze, stili di pensiero e comportamenti che generano e mantengono il

malessere emotivo,  (2)  imparare a riconoscerli nel momento in cui si

attivano, (3)modificarli e sostituirli con pensieri e comportamenti alternativi e più utili.

Attraverso queste tre tappe la psicoterapia guida il cliente verso un cambiamento che

permetta di raggiungere obiettivi personali, migliorare la qualità delle relazioni con gli

altri e ridurre la propria sofferenza emotiva. La psicoterapia cognitivo-comportamentale

si avvale di tecniche basate sul colloquio clinico, esercizi comportamentali e tecniche

immaginative.  L’acquisizione stabile delle nuove strategie richiede sempre un

esercitazione continua che avviene attraverso compiti da svolgere tra le sedute.

A.c.t. (“Terza generazione” Cognitivo-Comportamentale)

Acceptance and Commitment Therapy, o ACT (“ACT” si pronuncia come singola

parola, non come lettere separate) è una nuova forma di psicoterapia, con solide basi

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scientifiche, e fa parte di quella che viene definita la “terza onda” della terapia cognitivo

comportamentale (Hayes, 2004). L’ACT è basata sulla Relational Frame Theory (RFT):

un programma di ricerca di base sulle modalità di funzionamento della mente umana

(Hayes, Barnes-Holmes, e Roche, 2001). Questa ricerca suggerisce che molti degli

strumenti che le persone utilizzano per risolvere i problemi, conducono in una trappola

che crea sofferenza.L’ACT prende in considerazione alcuni concetti non convenzionali:

• La sofferenza psicologica è normale, è importante ed accompagna ogni persona.

• Non è possibile sbarazzarsi volontariamente della propria sofferenza psicologica,

anche se si possono prendere provvedimenti per evitare d’incrementarla

artificialmente.

• Il dolore e la sofferenza sono due differenti stati dell’essere.

• Non bisogna identificarsi con la propria sofferenza.

• Si può vivere un’esistenza dettata dai propri valori, iniziando da ora, ma per farlo si

dovrà imparare come uscire della propria mente ed entrare nella propria vita.

In definitiva, ciò che viene richiesto dall’ACT, è un fondamentale cambiamento di

prospettiva: uno spostamento nel modo in cui viene considerata la propria esperienza

personale.

I metodi di cui si avvale forniscono nuove modalità per affrontare le difficoltà di natura

psicologica e cercano di cambiare l’essenza dei problemi psicologici e l’impatto che essi

hanno sulla vita.

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L’Acceptance and Commitment Therapy si basa su tre punti fondamentali:

Mindfulness: è un modo di osservare la propria esperienza che, per secoli, è stato praticato

in oriente attraverso varie forme di meditazione. Recenti ricerche nella psicologia

occidentale, hanno provato che praticare la mindfulness può avere benefici psicologici

importanti (Hayes, Follette, & Linehan, 2004). Attraverso tali tecniche si impara a

guardare al proprio dolore, piuttosto che vedere il mondo attraverso di esso; si può

comprendere che ci sono molte altre cose da fare nel momento presente, oltre a cercare

di regolare i propri contenuti psicologici.

Accettazione: si basa sulla nozione che, di norma, tentando di sbarazzarsi del proprio

dolore si arriva solamente ad amplificarlo, intrappolandosi ancora di più in esso e

trasformando l’esperienza in qualcosa di traumatico. L’ACT opera una chiara distinzione

tra dolore e sofferenza. Per la natura del linguaggio umano, quando ci si trova di fronte

ad un problema, la tendenza generale è di capire come attaccarlo.

Capire come liberarci dagli eventi indesiderati (come predatori, freddo, inondazioni) è

sempre stato un fattore essenziale per la sopravvivenza della razza umana; tuttavia il

tentativo di usare questa stessa organizzazione mentale dinanzi alle proprie esperienze

interne non funziona. Quando ci si imbatte in un evento interno doloroso infatti, si

tende a fare ciò che si fa solitamente: organizzarlo e risolverlo per sbarazzarsene. In

realtà però le esperienze interne non sono uguali agli eventi esterni e i metodi per cercare

di eliminarle non funzionano. Deve essere chiaro che l’accettazione, come viene intesa in

questo contesto, non è un atteggiamento nichilistico auto-distruttivo ; né un tollerare il

proprio dolore, o il sopportarlo, ma è un vitale e consapevole contatto con la propria

esperienza.

Impegno e vita basata sui valori: quando si è coinvolti nella lotta contro i problemi

psicologici spesso si mette la vita in attesa, credendo che il proprio dolore debba

diminuire, prima di iniziare nuovamente a vivere. L’ACT invita a uscire dalla propria

mente ed entrare nella propria vita intraprendendo azioni impegnate in direzione di

quelli che sono i propri valori. 

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Emdr (eyes movement desensitization and reprocessing)

EMDR è un approccio complesso ma ben strutturato che può essere integrato nei

programmi terapeutici aumentandone l’efficacia. Considera tutti gli aspetti di una

esperienza stressante o traumatica, sia quelli cognitivi ed emotivi che quelli

comportamentali e neurofisiologici. Questa metodologia utilizza i movimenti oculari o

altre forme di stimolazione alternata destro/sinistra, per ristabilire l’equilibrio

eccitatorio/inibitorio, provocando così una migliore comunicazione tra gli emisferi

cerebrali. Si basa su un processo neurofisiologico naturale, legato all’elaborazione

accelerata dell’informazione.   

L’EMDR vede la patologia come informazione immagazzinata in modo non funzionale

e si basa sull’ipotesi che c’è una componente fisiologica in ogni disturbo o disagio

psicologico.  Quando avviene un evento ”traumatico” viene disturbato l’equilibrio

eccitatorio/inibitorio  necessario per l’elaborazione dell’informazione.  Si può affermare

che questo provochi il ”congelamento” dell’informazione nella sua forma ansiogena

originale, nello stesso modo in cui è stato vissuto. Questa informazione ”congelata” e

racchiusa nelle reti neurali non può essere elaborata e quindi continua a provocare

patologie come il disturbo da stress post traumatico (PTSD) e altri disturbi psicologici.   I movimenti oculari saccadici e ritmici usati con l’immagine traumatica, con le

convinzioni negative ad essa legate e con il disagio emotivo facilitano la rielaborazione

dell’informazione fino alla risoluzione dei condizionamenti emotivi. Nella risoluzione

adattiva l’esperienza è usata in modo costruttivo dalla persona ed è integrata in uno

schema cognitivo ed emotivo positivo. 

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Il training autogeno

Il training autogeno, così come proposto e divulgato dal fondatore del metodo

J.H.SCHULTZ (1932), è oggi uno dei metodi psicoterapici più facilmente impiegabili nel

trattamento di gran parte delle turbe neuropsichiche.

Il t.a. è uno strumento ormai così diffuso che di esso si avvalgono sia le persone

bisognose di riequilibrare funzioni alterate, sia le persone “sane” che desiderano

migliorare la propria qualità di vita.

“Trainig” = allenamento

“Autogeno”= che si genera da sé

Per comprendere che tipo di allenamento è quello che riguarda il t.a., bisogna rifarsi al

concetto di commutazione che vuol dire cambiare uno stato di cose ormai stabilmente

strutturato; dal punto di vista fisiologico cambiano infatti le relazioni fra le strutture del

sistema nervoso, soprattutto a livello neurovegetativo. Dal punto di vista psicologico,

commutare significa cambiare atteggiamenti mentali radicati, usare in modo diverso il

pensiero, l’attenzione, la concentrazione; nella vita quotidiana ci si addestra a fare

qualcosa, nel t.a. ci si avvicina verso il non fare.

Con l’allenamento del t.a. conquistiamo la capacità di staccarci dalla passione di agire , di

operare sulla realtà per adattarla ai nostri fini: nel t.a. ci si allena a non allenarsi!

La pratica del t.a. infatti consiste in un apprendimento graduale di una serie di esercizi di

concentrazione psichica passiva, particolarmente studiati e concatenati, allo scopo di

portare progressivamente al realizzarsi di spontanee modificazioni del tono muscolare,

della funzionalità vascolare, dell’attività cardiaca e polmonare, dell’equilibrio

neurovegetativo e dello stato di coscienza (L.Peresson).

I principali risultati che si possono ottenere con la pratica del t.a. sono tre: equilibrio

neurovegetativo, stato di calma e modifiche di personalità.

In definitiva, il Training Autogeno si può definire come:

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“una psicoterapia breve, fondata sui principi dell’ideoplasia e della concentrazione

psichica passiva, che consente di realizzare, mediante uno speciale allenamento

psicofisico, l’equilibrio neurovegetativo, la calme e positive modificazioni di personalità.”

Desensibilizzazione sistematica:

Il nucleo della teoria della DS formulato da Wolpe afferma che: se è possibile fare in

modo che una risposta antagonista all’ansia compaia alla presenza dello stimolo

ansiogeno, in modo tale che essa provochi l’eliminazione parziale o totale della risposta

d’ansia, si viene ad indebolre il legame esistente tra questo stimolo e l’ansia stessa.

Gli elementi che costituiscono la desensibilizzazione sistematica cono: l’individuazione e

l’utilizzazione di stimoli che producono risposte in grado di inibire l’ansia, il graduale

passaggio da situazione-stimolo meno ansiogena a situazione-stimolo più ansiogena, la

sostituzione di risposte indicatrici di minore ansia a risposte indicatrici di una ansia

maggiore nei confronti di una stessa situazione stimolo.

Quindi:

1 - L’addestramento al rilassamento

2 - La costruzione di una gerarchia indivudualizzata di stimoli ansiogeni

3 - L’abbinamento degli item della gerarchia con lo stato di rilassamento

(desensibilizzazione sistematica vera e propria).

Molti dati sperimentali dimostrano che la desensibilizzazione sistematica è stata usata

con successo nel trattamento di un’ampia varietà di disturbi fobici, come la paura delle

altezze, della guida dell’automobile, di diversi animali, degli esami, di parlare  in pubblico,

di volare, dell’acqua, di figure autoritarie, delle iniezioni, della folla ed altre.

Prima di scegliere la desensibilizzazione sistematica come modalità d’intervento, è

importante assicurarsi che l’ansia che il soggetto prova di fronte a determinate situazioni

non sia legata ad una mancanza delle abilita strumentali necessarie per affrontare

positivamente quelle situazioni.

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Studio di Psicologia - Dr. Luca Di Venanzio Via Chiarini 116, 65126 Pescara

Tel. 339/8760814 [email protected] www.dottdivenanzioluca.tel