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ISSN 2280-8825 RIVISTA SCIENTIFICO-DIVULGATIVA DELL’ORDINE DEGLI PSICOLOGI DELLA CALABRIA PSICOLOGI CALABRESI UNA COMUNITÀ PROFESSIONALE IN CRESCITA LA COSTRUZIONE DEL LEGAME DI COPPIA PERCHÉ CI SI SCEGLIE? SI FA PRESTO A DIRE “È DEPRESSIONE” QUALI INTERVENTI EFFICACI NELLA PREVENZIONE PRIMARIA DEI DCA IL COUNSELLING PSICOLOGICO UNIVERSITARIO IL CORPO CONVERSARE CON PSICOLOGI E PSICOLOGIE A COLLOQUIO CON MARIO SELLINI SEGRETARIO NAZIONALE AUPI ANNO IV • N. 1-2 Gennaio- Dicembre 2013 PSICOLOGIA IN CIFRE EMDR E COPPIA PSICO NEURO DIAGNOSI PSICO PREVENZIONE BEST PRACTICE RECENSIONI

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ISSN 2280-8825

RIVISTA SCIENTIFICO-DIVULGATIVA DELL’ORDINE DEGLI PSICOLOGI DELLA CALABRIA

PSICOLOGI CALABRESI UNA COmUNITà PROFESSIONALE IN CRESCITA

LA COSTRUzIONE DEL LEGAmE DI COPPIA PERChé CI SI SCEGLIE?

SI FA PRESTO A DIRE “È DEPRESSIONE”

QUALI INTERVENTI EFFICACI NELLA PREVENzIONE PRImARIA DEI DCA

IL COUNSELLING PSICOLOGICO UNIVERSITARIO

IL CORPO

CONVERSARE CONPSICOLOGI E PSICOLOGIE A COLLOQUIO CON mARIO SELLINI SEGRETARIO NAzIONALE AUPI

S/CZ26/2010 Valida dal 18/05/2010

ANNO IV • N. 1-2Gennaio- Dicembre

2 0 1 3

RIVISTA SCIENTIFICO-DIVULGATIVA DELL’ORDINE DEGLI PSICOLOGI DELLA CALABRIA

pSiCOlOgiA iN CifRE

EMDR E COppiA

pSiCO NEuRO DiAgNOSi

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conversare con 3 Dall’esperienza regionale a quella nazionale: azioni e prospettive per la salvaguardia della professione Psicologo in ospedale e nei settori emergenti di AngelA PiAttelli

psicologi in cifre 7 Gli Psicologi calabresi: una comunità professionale in crescita di Armodio lombArdo

psico prevenzione10 Identificazione della tipologia di intervento più efficace nella prevenzione primaria dei disturbi dell’alimentazione di CristinA segurA gArCíA - FlorA sinoPoli

emdr e coppia18 La costruzione del legame di coppia: perché ci si sceglie? di AngelinA FunAro - steFAniA AlFAno - iolAndA mArtino

best practice22 Il Counselling Psicologico Universitario di AngelA CostAbile - PAolA mAnFredi

psico neuro diagnosi29 Si fa presto a dire: “È depressione” di FrAnCesCo megnA

recensioni37 Il corpo di FrAnCesCo lAndo

in memoria di40 Gianni Caruso

indice

ISSN 2280-8825

RIVISTA SCIENTIFICO-DIVULGATIVA DELL’ORDINE DEGLI PSICOLOGI DELLA CALABRIA

PSICOLOGI CALABRESI UNA COmUNITà PROFESSIONALE IN CRESCITA

LA COSTRUzIONE DEL LEGAmE DI COPPIA PERChé CI SI SCEGLIE?

SI FA PRESTO A DIRE “È DEPRESSIONE”

QUALI INTERVENTI EFFICACI NELLA PREVENzIONE PRImARIA DEI DCA

IL COUNSELLING PSICOLOGICO UNIVERSITARIO

IL CORPO

CONVERSARE CONPSICOLOGI E PSICOLOGIE A COLLOQUIO CON mARIO SELLINI SEGRETARIO NAzIONALE AUPI

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ANNO IV • N. 1-2Gennaio- Dicembre

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RIVISTA SCIENTIFICO-DIVULGATIVA DELL’ORDINE DEGLI PSICOLOGI DELLA CALABRIA

pSiCOlOgiA iN CifRE

EMDR E COppiA

pSiCO NEuRO DiAgNOSi

pSiCO pREVENziONE

bESt pRACtiCE

RECENSiONi

ISSN 2280-8825

RIVISTA SCIENTIFICO-DIVULGATIVA DELL’ORDINE DEGLI PSICOLOGI DELLA CALABRIA

ISTITUZIONI IN ANALISISOGNO E mANUTENzIONE ANALITICA DELLE ISTITUzIONI

PREmESSE mETODOLOGIChE PER UNA BUONA (CTU)

DIAGNOSI? NO GRAzIE!

CONVERSARE CON

bEST pRACTICE

RIFLESSIONI IN NETWORK

A COLLOqUIO CON GIUSEPPE LUIGI PALmA PRESIDENTE NAzIONALE

RIVISTA SCIENTIFICO-DIVULGATIVA DELL’ORDINE DEGLI PSICOLOGI DELLA CALABRIA

S/CZ26/2010 Valida dal 18/05/2010

ANNO III • N. 1-2Gennaio- Dicembre

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Anno 4 - Numero 1-2Rivista scientifico-divulgativa semestrale dell’ordine degli Psicologi della Calabria

Gennaio-Dicembre 2013Iscritta al n. 6 del Registro Stampa del Tribunale di Catanzaro in data 10.06.2009

DirettoreArmodio LombArdo

Direttore ResponsabileAntonio FAzio

Capo RedattoreAngeLA PiAtteLLi

Segretario RedattoreSAndro AutoLitAno

RedazioneAntoneLLA AbbonAnteCAterinA CoreAFrAnCeSCo LAndoSerAFinA LAvignAPASquALe montALto

Comitato ScientificoAngeLA CoStAbiLeiSAbeL FernAndezdomeniCo Arturo neSCiriCCArdo giorgio zuFFo

Grafica e stampaRubbettino printSoveria Mannelli (Catanzaro)

Grafica di copertina a cura di giAnFrAnCo ConFeSSore e AnitA brAndi

Finito di stampare nel mese di giugno 2013

rdine deg i ico ogi de a a abria - Via Acri 1 • 100 a an aroe . 0 1. • a 0 1. 2 0

. ico ogica abria.i • e-mai ri i a ico ogica abria.i

ISSN 2280-8825

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2 Anno IV • n. 1-2 • gennaio-dicembre 2013

Norme redazionali per gli autori

PSICOLOGIA CALABRIA, è la rivista degli psicologi calabresi; sirivolge a tutti i professionisti psicologi e psicoterapeuti della regioneallo scopo di promuovere la crescita professionale e il dibattito cultu-rale e scientifico tra i diversi indirizzi teorici della disciplina e la loroapplicazione nei contesti di cura.La mission della rivista è quella di favorire la condivisione di espe-rienze professionali, saperi e riflessioni sui temi che riguardano lapromozione, la contestualizzazione e l’innovazione della professionein Calabria facilitando sempre più un approccio interdisciplinare delprendersi cura del disagio psicologico. Conoscere e condividere le at-tività dei colleghi e con i colleghi significa migliorare l’assistenza agliutenti dando risposte terapeutiche sempre più incisive ed efficacialle complesse esigenze e richieste d’aiuto.PSICOLOGIA CALABRIA è una rivista di Psicologia a caratterescientifico-divulgativo ed esce con una cadenza semestrale. Si propo-ne la pubblicazione di lavori/riflessioni, resoconti di attività cliniche,di ricerca e di formazione, review della letteratura scientifica, recen-sione di libri, esperienze, eco delle attività scientifiche e culturali alivello nazionale ed internazionale. Nella rubrica “Conversare con”vengono invece affrontati, temi di ordine burocratico, politico e am-ministrativo che riguardano la professione Psicologo in Italia e nelmondo.

I lavori da inviare al comitato di redazione devono essere inedi-ti. La responsabilità del contenuto scientifico è esclusivamentedegli autori. È vietato riprodurre o trasmettere sotto qualsiasiforma o con qualsiasi mezzo, per fotocopia, registrazione o al-tro, qualsiasi parte della pubblicazione senza l’autorizzazionedella redazione della rivista. È obbligatoria la citazione dellafonte. La pubblicazione degli articoli e delle eventuali immaginiè subordinata all’approvazione della redazione che ha facoltàdi non accettare il manoscritto o di chiedere all’autore even-tuali modifiche e, in ogni caso, non coinvolge la responsabilitàdell’editore.I lavori, redatti in formato microsoft word (carattere TimesNew Roman, dimensione 12) devono essere inviati tramite e-mai a indiri o di o a e e ronica ri i a ico ogica abria.it attivando l’opzione di notifica alla lettura del messaggio. Èpossibile inviare il lavoro per posta ordinaria allegando n. 3 co-pie cartacee dello stesso alla Segreteria dell’Ordine PsicologiCalabria insieme ad un supporto elettronico adeguato (es. pendrive, CD Rom, ecc). La correzione delle bozze sarà fatta dagliautori i quali disporranno di massimo sette giorni di tempo. Siraccomanda che gli autori conservino una copia del lavoro, per-ché la redazione non può considerarsi responsabile di eventualismarrimenti degli originali. I dattiloscritti non pubblicati nonsaranno restituiti. Gli articoli a carattere scientifico sarannoesaminati dal comitato scientifico della rivista che riceverà gli

stessi oscurati dei dati identificativi degli autori e dell’istitutodi appartenenza. Tali articoli debbono essere contenuti entroun massimo di otto cartelle dattiloscritte, inclusi bibliografia eria n o e debbono eg ire o ibi men e i eg en e c emaIntroduzione; Modalità di effettuazione dell’intervento clinico,di ricerca, di formazione od esperienziale; Risultati; Commentoconclusivo;Riassunto di massimo 150 parole;Numero massimodi 6 parole chiave; note (che devono riportare sempre il nume-ro di riferimento anche nel testo) e bibliografia.Le pagine debbono essere numerate progressivamente. Nellarima agina de mano cri o aranno indica i I i o o ma i-

mo 40 caratteri); Il nome e cognome degli autori; L’istituto diappartenenza; Le parole chiave; L’indirizzo privato dell’autorecon nr. di e e ono a ed e-mai c i in iare e en a i com ni-

cazioni, bozze ed estratti.e abe e o ono e ere rea i a e ia in ord c e in e ce

penserà l’editore ad adattarle alla grafica della rivista. I graficide ono e ere e c i amen e in orma o e ce o in d e o-riale, non è possibile accettare altri formati. Sia le tabelle che igrafici vanno citati nel testo senza abbreviazioni e con numeriarabi. ra ci abe e e immagini ne oro e na i o e ce gtiff, pdf ecc.) devono essere raccolti in un’unica cartella insiemeal file word del contributo prima di essere inivati alla redazione.e o ogra e debbono e ere e eg i e in orma o digi a e g

tiff,eps, ai) purché in buona risoluzione (300 dpi e di grandidimensioni), provvederà l’editore ad interpolarle nella misuraadeguata.Le voci bibliografiche vengono riportate alla fine dell’articolonel loro ordine progressivo di citazione del testo a prescinderedall’ordine alfabetico. Per quanto riguarda gli articoli pubblicati,la relativa voce bibliografica deve essere riportata nel modoeg en e ognome de a ore ed ini ia e de nome n a o.

Nel caso di più autori vanno riportati tutti i cognomi e le inizialidel nome di ciascuno separati da virgola. Titolo dell’articoloin corsivo, Titolo della rivista per esteso, tra caporali (« »),ne ordine anno di bb ica ione n mero de o me aginainiziale e pagina finale segnalate con p. o pp.Per quanto riguarda la citazione di libri, la relativa voce biblio-gra ca de e e ere co ri or a a ognome de a ore ed ini-ziale del nome puntato. Nel caso di più autori vanno riportatitutti i cognomi e le iniziali del nome di ciascuno separati da vir-gola. Se il libro è costituito dal contributo di più capitoli di auto-ri diversi, indicare tra parentesi (Ed).Titolo del libro in corsivo;Casa editrice, città, anno.Eventuali estratti potranno essere ordinati all’editore al mo-mento della restituzione delle bozze corrette e definitive osubito dopo la stampa definitiva della rivista sulla base del ta-riffario applicato dall’editore Rubbettino. L’autore interessatoall’acquisto delle bozze dovrà rivolgersi al Dr. PaoloTalaricoDirezione Commerciale Rubbettino print, tel. 0968-6664.252monica.bonacci r bbe ino.i .

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3Anno IV • n. 1-2 • gennaio-dicembre 2013

“La qualità in sanità è la frequenza con cui si compiono inter-venti sanitari di provata efficacia e si evitano interventi ineffi-caci e/o dannosi”

Sackett Dave

Ordine degli Psicologi della Calabriafesteggia quest’anno i suoi venti annidi presenza sul territorio. Al dott.Mario Sellini, in qualità di primo pre-

sidente dell’Ordine Psicologi Calabria,va sicura-mente il merito di avere gettato le fondamentadell’azione di promozione della professione neivari ambiti lavorativi (sanitario, scolastico e dellavoro).Tante battaglie perseguite, tanti obiettiviraggiunti con una tenacia e una energia davverosorprendenti e tanti altri ancor più ambiziosida perseguire. Oggi il dott. Sellini, con la suacompetenza maturata negli anni, ci rappresentaa livello nazionale in un momento di crisi occu-pazionale e di tagli netti all’ambito della SalutePubblica. Ne è un esempio il recente decretosugli “standard ospedalieri” che ha praticamen-te tagliato le attività di supporto e assistenzapsicologica all’interno degli ospedali. I circamille psicologi ospedalieri di ruolo e gli altret-tanti che li affiancano con contratti a termine,rischiano dunque di dover cessare di erogare leloro prestazioni in tale ambito. Il CNOP (Con-siglio Nazionale dell’Ordine degli Psicologi), bennove società scientifiche del settore oltre chele stesse associazioni di malati hanno denun-

ciato l’assurdità di tale decreto predisposto dalMinistero della Salute che cancella appunto l’at-tività psicologica dagli ospedali italiani riportan-do così l’Italia indietro di almeno trent’anni. C’èda sottolineare che attualmente lo Psicologoospedaliero risulta presente in misura assolu-tamente insufficiente per assicurare interventiadeguati ed omogenei sul territorio nazionale,interventi purtroppo concentrati nella maggio-ranza dei casi negli ospedali del centro-nord.Ma che l’aiuto psicologico sia considerato mol-to importante dai pazienti viene confermatodal fatto che ciò rappresenta la terza voce dispesa che i cittadini affrontano pagando di ta-sca propria, dopo badanti e farmaci non erogatidal SSN. Inoltre gli esperti del settore lamenta-no che un approccio riduttivo alla malattia haportato ad organizzare gli ospedali come luoghidove si riparano corpi quasi alla stregua di mac-chine, dove si crede che medici ed infermieripossano lavorare come operai di una fabbricae dove i familiari sono più una complicazioneche una risorsa. Solo da poco tempo si è ini-ziato a parlare di umanizzazione per ricordareche il malato non smette di essere una persona,che non esiste la malattia in astratto ma indivi-dui, che sono diversi tra loro anche se hannola stessa patologia. Eppure temi come umaniz-zazione delle cure, promozione del benesserepsicosociale e attenzione alla persona nella sua

Psicologi e PsicologieDall’esperienza regionale a quella nazionale: azionie prospettive per la salvaguardia della professionePsicologo in ospedale e nei settori emergenti

A colloquio con il dott. Mario Sellini,Segretario Nazionale dell’AUPI(Associazione Unitaria Psicologi Italiani)

a cura di ANGeLA PIAtteLLI

L’

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globalità risultano oggi come non mai di grandeimpellenza per la comunità scientifica interna-zionale.Da qui la evidente contraddizione tra promo-zione della umanizzazione delle cure in ospeda-le e tagli netti proprio di quelle figure preposteall’espletamento di tali e peculiari prestazio-ni professionali. Tra i compiti dello Psicologoospedaliero difatti c’è anche quello di trasmet-tere alle altre figure professionali le abilità acomunicare, relazionarsi e più in generale aridurre i livelli di stress e il disagio psicologicosperimentato dall’operatore sanitario soprat-tutto nei reparti ad alto carico emotivo. La fi-gura specialistica dello psicologo ospedaliero èparte integrante della cura, della umanizzazionee soprattutto della realizzazione dell’ospedalesenza dolore.Le evidenze scientifiche ci riportano come vis-suto psicologico e stress del paziente possonodeterminare importanti ricadute sui processibio ogici o re ico ogico di a i ra en a de40% il tempo di guarigione delle ferite chirur-giche, mentre una breve tecnica antistress mi-gliora il decorso postoperatorio con tre giornidi degenza in meno. Inoltre una quota signifi-cativa delle cause legali intentate agli ospedalinasce da come i pazienti si sono sentiti trattati,mentre problemi di stress del personale sonoalla base di molti errori che vengono commessi.

o ci a na dire a inciden a i co i naindagine su 9 milioni di cittadini americani hamostrato come i fattori psicologici aumentino icosti sanitari dal 30 al 170%.In considerazione di tutto ciò abbiamo chiestoal segretario nazionale dell’AUPI (AssociazioneUnitaria Psicologi Italiani), dott. Mario Sellini, divoler condividere con noi, come di prassi fa in-sieme ai suoi “primi compagni di viaggio” le sueriflessioni rispetto a temi attuali e più che maiimpellenti che riguardano l’ambito occupazio-nale/professionale dello Psicologo.D. In merito al recente decreto sugli standard ospe-dalieri quali azioni intende perseguire l’AUPI alloscopo di tutelare il lavoro di tanti colleghi che ope-rano in tale ambito?

R. Il tema degli standard ospedalieri mi riportaalla memoria un Ministro della Sanità, allora sichiamava ancora così, l’on. Donat Cattin, leaderstorico della Democrazia Cristiana, prima sin-dacalista e poi politico.A mia memoria il migliorMinistro della Sanità.Donat Cattin fu il primo ministro a regolamen-tare gli standard ospedalieri con un Decretoche ancora oggi, se applicato risolverebbe tantiproblemi del settore sanitario e certamente ri-solverebbe anche quelli della nostra Categoria.Quello degli Standard Ospedalieri è un temache conosco e seguo da anni pur non essen-do un tema di pertinenza sindacale. Negli anni’70 l’AUPI ha curato e seguito la vicenda degliStandard Ospedalieri in virtù del fatto che lapresenza dello Psicologo e della Psicologia inambito ospedaliero è un elemento qualificantedella “politica” professionale e, in quanto tale,deve essere oggetto di attenzione da parte ditutti i soggetti esponenzialmente rappresenta-tivi della Categoria. Oggi, a distanza di oltre 30anni, lo è ancora di più. E le motivazioni sonotante. Senza voler scomodare la definizione diSalute che l’Organizzazione Mondiale della Sa-nità e l’ONU hanno fornito, il concetto socialedi Salute ha subito una evoluzione rapidissimae importante. Non è più solo cura. Non è nep-pure unicamente Prevenzione primaria. Oggi laSalute è sempre più“educazione al Ben-Essere”.Concetto apparentemente nuovo ma che è en-trato a pieno titolo nell’immaginario collettivo.Porre il paziente al centro dell’attenzione del“curante” è l’obiettivo cui deve conformarsiogni struttura e organizzazione sanitaria. Nelcorso degli anni importanti ricerche scientifi-che nazionali e internazionali hanno dimostra-to gli effetti assolutamente positivi e beneficidell’intervento dello Psicologo anche in ambitoospedaliero e in settori della medicina e chirur-gia da noi molto distanti. È acclarato l’effettopositivo della c.d.“Compliance” nelle cure me-diche, chirurgiche e farmacologiche. Su questopotremmo dilungarci all’infinito. Non è il casodi farlo in una intervista, ma lo dobbiamo farecon i nostri interlocutori istituzionali e con idecisori politici.

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La domanda che mi viene posta è cosa inten-diamo fare. Io racconterei, brevemente, cosastiamo facendo.Operativamente l’AUPI si è fatta carico di rac-cogliere e sistematizzare tutte le esperienze diPsicologia ospedaliera, strutturate e non, deli-neando gli ambiti, le competenze, le attribuzionie, importantissimo, i risultati raggiunti. Non èstato un lavoro semplice anche perché noi Psi-cologi non siamo granché abituati a lavorare inrete, a scambiarci le esperienze a socializzare ipunti di forza e di debolezza della nostra prati-ca professionale quotidiana.Un lavoro difficile e che riguarda oltre un mi-gliaio di colleghi che lavorano in ambito ospe-daliero.Un ulteriore intervento, questo di caratterepiù direttamente istituzionale è quello messoin atto dalla Segreteria Nazionale dell’AUPI eda tutte le Segreterie Regionali. Di concerto econtemporaneamente sono stati contattati ilMinistro della Salute e gli Assessori Regionalialla Sanità di tutte le Regioni, in virtù del fattoche il Decreto sugli Standard Ospedalieri devepassare al vaglio della Conferenza delle Regionie di quella Stato-Regioni.Un’opera di sensibilizzazione fondamentale perfar comprendere ai “decisori” politici l’impor-tanza del ruolo della Psicologia e dello Psico-logo in ospedale. Come sempre il lavoro, spes-so oscuro, dei quadri e dei Segretari Regionalidell’AUPI ha possibilità di riuscita se i nostri in-terlocutori politici hanno la concreta percezio-ne di una reale rappresentanza dell’AUPI rispet-to alle richieste della Categoria. Per ottenere ilmassimo dei risultati possibili è assolutamentenecessario che la Categoria si riconosca nellapolitica di cui l’AUPI è portatore e di conversol’AUPI deve essere capace di rappresentare lereali esigenze della Categoria. Se i colleghi nondovessero riconoscersi nelle richieste e nellebattaglie per la Professione di cui l’AUPI si faportavoce, ben difficilmente la “politica”, il Go-verno, gli Assessori Regionali accoglieranno lenostre richieste.

La forza e la capacità di incidere dell’AUPI di-pende direttamente dalla forza, dal consenso edalla fiducia che le colleghe e i colleghi ripon-gono nell’AUPI.D. Il modello adottato dall’Inghilterra ha prodottoevidenze inconfutabili (NHS) in tema di interventipsicologici e riduzione della spesa sanitaria. Comesi potrebbe proporre al governo italiano di replicarel’esperienza inglese?R. Il rapporto tra intervento Psicologico e ridu-zione dei costi collegati alla tutela della saluteè stato oggetto di studi e ricerche importan-ti. Dalla ricerca si è passati alla fase attuativae pratica. L’esperienza anglosassone confermaquanto gli studi e le ricerche avevano già evi-denziato. Il Governo inglese ha recentementeinvestito circa 200 milioni di sterline per im-plementare l’intervento psicologico in ambitosanitario potenziandolo. Il ritorno economico,rapporto costi/benefici è stato addirittura su-periore alle attese e i risultati si sono visti im-mediatamente. La stessa Direzione GeneraleSanità della Commissione Europea consideradi fondamentale importanza l’inserimento del-lo Psicologo in ambiti sanitari fino ad ora im-permeabili a contaminazioni di tal genere. Purin presenza di un riconoscimento importantecome quello della Direzione Generale, i paesidella Comunità faticano enormemente a trova-re un accordo sulle modalità di riconoscimentodi questa funzione. Interessi corporativi, di bot-tega, economici ecc. ne impediscono la realiz-zazione su vasta scala. Intanto la Gran Bretagnava avanti.Va avanti da sola, investe risorse cheaiutano il proprio Servizio Sanitario Nazionalea risparmiare. Le risorse così risparmiate sonorimesse in circolazione attivando un circuitovirtuoso di risparmio che a sua volta crea svi-luppo e crescita.Assolutamente il contrario diquanto avviene in Italia.D.AGeNAS ha da poco promosso un progetto perla realizzazione dell’Umanizzazione delle cure inospedale. I primi quesiti della check list riguardanoproprio la presenza dello Psicologo nei diversi re-parti. Come possono “pezzi” complementari dellostesso Istituto, il Ministero della Salute, non comu-

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nicare tra di loro? Mi riferisco ovviamente al fattoche il decreto sugli standard ospedalieri è in nettacontraddizione con lo studio di AGeNAS che sta in-teressando diversi ospedali del territorio nazionale.R. Questo è senz’altro uno dei principali pro-blemi strutturali del “Sistema Italia”. L’assolutaassenza di qualsiasi forma di coordinamento edi sinergia tra apparati dello Stato e tra ufficidella Pubblica Amministrazione. Davvero valeper l’Italia il detto evangelico “la mano destranon sappia quello che fa la sinistra”. I casi cuipotremmo far riferimento sono infiniti.A quel-lo su citato dell’Agenas ne posso aggiungereun altro, ancora più addentro al Ministero dellaSalute. Di recente (febbraio 2013) il Ministeropubblica i risultati di una ricerca sui c.d.“EventiSentinella”. La lettura dei dati di questa ricer-ca è univoca e inconfutabile. Una percentualerilevantissima di questi “Eventi Sentinella” puòessere evitata ed eliminata anche con l’inter-vento dello Psicologo. Eppure di tutto ciò ilMinistro e il Ministero sembrano non averneconoscenza e coscienza. Contraddizioni e di-sfunzioni che l’AUPI costantemente pone inevidenza. Il nostro è un lavoro certosino che ri-chiede enorme pazienza e costanza perché nonè affatto semplice far prendere coscienza unorgano Amministrativo e Politico (ministero eministro) di contraddizioni che possono esserefrutto di superficialità e/o di difesa di interessi,qualche volta non esprimibili. Il ruolo dell’AUPIè anche questo. La difesa, ad oltranza, degli inte-ressi della categoria e degli Psicologi. Nel corsodegli ultimi anni l’AUPI ha fatto passi in avantiimportanti. Non è più sufficiente fare gli inte-ressi anche corporativi degli Psicologi. Dobbia-mo fare innanzitutto gli interessi dei cittadini e

delle fasce deboli dell’utenza. I nostri interessi equelli dei nostri utenti devono condividere per-ché solo una categoria consapevole e capacedi coniugare interessi categoriali con quelli deicittadini e della società nella quale vivi ed operapotrà crescere.D.Al termine dei primi 20 anni di presenza dell’Or-dine degli Psicologi in Calabria cosa è possibileaugurare alle colleghe e ai colleghi, ai cittadini diquesta nostra Calabria e all’Ordine?R. Inizio dagli auguri all’Ordine. Per i prossimi20 anni l’augurio e la speranza per il nostroOrdine è quella di trovare altri colleghi capacidi governare il nostro Ordine come ha sapu-to fare a come sta facendo, egregiamente, contotale abnegazione e grandissima competenza,l’attuale presidente, il dott. Lombardo e chel’Ordine diventi, sempre più, la casa degli Psi-cologi e il luogo dove questi possano ricono-scersi creando tra i colleghi quello spirito dicondivisione e di appartenenza che, sempre piùspesso è base indispensabile per i successi dellacategoria. Alla Calabria l’augurio perché possaaffidarsi sempre più a professionisti, seri, capacie affidabili, capaci di diventare volàno di crescitaculturale, umana, politica e sociale.Ai nostri giovani colleghi che oggi si affaccianosul mercato del lavoro l’augurio è quello comu-ne a i i gio ani a eran a di o er ancorasognare un futuro. Di avere la possibilità di pro-vare a realizzare le loro aspettative. In realtàquello che per i giovani è un augurio e una spe-ranza per la mia generazione DEVE diventareun impegno. Siamo noi che abbiamo il dovere dioffrire opportunità, speranza e futuro.

Angela PiattelliDirigente Psicologo, Psicoterapeuta UOC OncologiaAzienda Ospedaliera Cosenzae a 0 1

Cell. 339/6716592ange a. ia e i i ca i.i

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PSICOLO

GIIN

CIFRE

Anno IV • n. 1-2 • gennaio-dicembre 2013

di ARMODIO LOMbARDO

Gli Psicologi calabresi:una comunità professionale in crescita

are colleghe e cari colleghi, sono pas-sati venti anni e da allora molte cosesono cambiate sia nell’ambito dellanostra Comunità professionale, sianel contesto culturale, sociale e poli-

tico che ci circonda.Come già da noi osservato in più occasioni, ilnumero degli iscritti sta aumentando vertigino-samente soprattutto in questi ultimi anni(vedigrafico), in Calabria come nel resto dell’Italia, inmodo tale da far sì che l’Italia è oggi l’unico pa-ese al mondo ad avere un numero di Psicologicosì alto rispetto alla popolazione totale.Nel tirare quindi un bilancio di questi venti anni(1993-2013) non si può non rilevare la funzioneche la nostra professione può e deve assumereper favorire lo sviluppo della nostra regione.Una professione sempre meno legata all’atti-vità prettamente clinica, all’interno degli studiprofessionali, e sempre più aperta a leggere esuperare tutte le criticità presenti all’internodel nostro tessuto sociale e culturale.Vent’anni di esercizio professionale degli psico-logi nella nostra regione hanno comportato unesperienza a tutto campo maturata in diversisettori e ambiti come la psicologia clinica e del-la salute, la psicologia scolastica ed educativa ela psicologia del lavoro e delle organizzazioni.

CIl castello, la fortezza del nostro sapere pro-fessionale a volte viene edificato su una rocciafluttuante nell’aria, senza alcuna presa con laconcretezza della realtà.Gli psicologi sono al servizio del paese per-ché si sanno porre, con umiltà e competenza,all’ascolto di tanti bisogni individuali e collettivi,la cui risoluzione determina l’appartenenza omeno ad una società evoluta e sviluppata.Dal 1993 ad oggi, il numero degli psicologi inCalabria è cresciuto in modo apprezzabile, conun numero di iscritti all’Ordine pari a 433 nel1993, rispetto a 1.305 ad oggi.Tra gli iscritti la componente femminile, paria 1.098 rimane in netta prevalenza rispetto aquella maschile pari a 207 iscritti.Si rileva però che il numero di psicoterapeutinon cresce in maniera simmetrica rispetto aln mero deg i i cri i in a re aro e dimin i ala richiesta di specializzazione in psicoterapiada parte dei giovani iscritti. Infatti, il numero dipsicoterapeuti pari a 304 nel 1994 oggi sale a682, poco più della metà degli iscritti.Gli Psicologi under 30 si posizionano più sulavori a contratto a termine e, in trend, unospostamento dalle forme subordinate verso lalibera professione. Anche l’orientamento ver-

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PSICOLO

GIIN

CIFRE

Anno IV • n. 1-2 • gennaio-dicembre 2013

so lo studio professionale è in netta crescita. Èampia anche l’articolazione dei luoghi di lavoro(cooperativa, ente non profit,azienda privata ein misura molto ridotta l’ambito pubblico).È in diminuzione anche il tempo dedicato al la-voro in media 25h/settimana, e il reddito me-dio/netto e di 625 £/mese.Il rapporto psicologi popolazione in Italia è di1 0 abi an i ne d I o e di 1 1.0 in

a abria di 1 1. 32 c e i ra or o i a odi tutte le regioni, questo per il solo fatto che inCalabria non esiste il Corso di Laurea in psico-logia e i nostri ragazzi sono costretti a studiarein altre regioni. Conseguita la Laurea si iscri-vono nell’Ordine di quella regione. Nell’Ordi-ne degli Psicologi della sola regione Lazio, sonoiscritti circa 1.000 psicologi residenti o nati inCalabria.Dall’ultima ricerca del Prof. A. C. Bosio, emer-ge questo nuovo contesto professionale che è“Lo psicologo flessibile” che si associa aglia ri con e i ro e iona i c e ono I -TERAPEUTA PRIVATO-PSICOLOGI SERVIZIPUBBLICI-PSICOLOGI EDUCAZIONE-PSI-

COLOGI ORGANIZZAZIONI. Lo psicologoflessibile, possiede delle competenze allargatee flessibili, ancor più che specialistiche, seppurcon una elevata specificità dei contesti profes-sionali.Internet, infine, rappresenta una risorsa rile-vante per 3 psicologi su 4, soprattutto per l’ag-giornamento professionale e lo scambio con icolleghi.L’attività di formazione post-laurea si confermavariegata e diffusa, sono in aumento tutte le at-tività formative, ad eccezione dei percorsi uni-er i ari ecia i a ione ni er i aria in ca o e

dottorato. In linea con i contenuti professionaliportanti, il core formativo più frequentato e va-ori a o concerne ambi o c inico ico era-pia professionalizzante-Supervisione-Specializ-zazioni non universitarie. Dai giovani arriva unaforte richiesta all’università di una formazionemeno disciplinare e più contestualizzata(=know how, metodi e conoscenza dei contestiprofessionali) e con ancor più forza la richiestadi formazione all’imprenditività.

La popolazione degli iscritti

Anno Iscritti x anno Totale iscritti

1989 259 259

1992 16 275

1993 158 433

1994 91 524

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9

PSICOLO

GIIN

CIFRE

Anno IV • n. 1-2 • gennaio-dicembre 2013

La popolazione degli iscritti: iscrizioni all’albo degli psicoterapeuti

Armodio Lombardo PresidenteOrdine Psicologi CalabriaResponsabile U.O.S.D. di Psicologia del DSM dell' ASP di Crotoneemail: [email protected]. 338.1429311

1995 33 557

1996 39 596

1997 25 621

1998 31 652

1999 31 683

2000 26 709

2001 25 734

2002 44 778

2003 35 813

2004 44 857

2005 55 912

2006 72 984

2007 68 1052

2008 55 1107

2009 50 1157

2010 57 1214

2011 65 1279

2012 81 1360

2013 73 1433*

* sono compresi i 128 cancellati per vari motivi.

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PSICO

PREVENZIO

NE

10 Anno IV • n. 1-2 • gennaio-dicembre 2013

di CRIStINA SeGURA GARCíA - FLORA SINOPOLI

Identificazione della tipologia di interventopiù efficace nella prevenzione primariadei disturbi dell’alimentazione

1. Introduzione

Disturbi del Comportamento Alimentare(DCA) sono gravi disturbi psichiatrici checolpiscono prevalentemente la popolazio-ne giovanile di sesso femminile. Essi de-stano grande preoccupazione per le loro

gravi ricadute sul piano fisico e psichico, la lorospiccata tendenza alla cronicità e l’alto tasso dimortalità associato.Gli studi di prevalenza indicano, a livello inter-nazionale, valori tra 0,5 e 2% per l’AnoressiaNervosa e l’1 e il 3% per la Bulimia Nervosa,nelle donne tra i 12 e i 25 anni. In base al PianoSanitario Nazionale e ai dati Istat, in Italia circail 5% della popolazione soffre di DCA ed i tas-si di incidenza e prevalenza relativi alla Regio-ne Calabria sono sovrapponibile a quelli dellamedia nazionale, vengono riportati inoltre nondi rado esordi prematuri di queste patologieche spesso non sono precocemente identifi-cati. Tutte queste circostanze hanno reso ne-cessaria l’implementazione di un protocollo diintervento volto alla prevenzione precoce ed

Si presentano i risultati di una ricerca condotta nella Regione Calabria per la valutazione prospet-tica di quattro tipi di interventi educativi precoci finalizzati alla prevenzione primaria dei Disturbidel ComportamentoAlimentare (DCA).Gli interventi combinano quattro approcci differenti cheincludono: la rieducazione alimentare, l’attività fisica, il riconoscimento delle proprie emozioni el’implementazione dell’autostima.Tutti gli interventi hanno dimostrato la loro efficacia a breve ter-mine.Gli interventi educativi che hanno incluso un approccio psicologico sull’autostima e sul ricono-scimento delle emozioni hanno dimostrato maggiore efficacia nella riduzione del rischio di sviluppodi DCA.

Iefficace di queste patologie e hanno sollevatol’interesse della comunità scientifica in mododa offrire validi programmi di profilassi nellapopolazione giovanile.Sono stati identificati alcuni fattori di rischiomodificabili ed in parallelo sono state individua-te diverse strategie di prevenzione primaria conesito positivo per prevenire altri disturbi psichia-trici in età infantile ed adolescenziale (1, 2). Nelcampo dei DCA sono stati condotti tentativianaloghi con approcci, target e risultati diversi.In generale tutti gli interventi proposti hanno untaglio educativo, ma sono strutturati secondome odo ogie di er e in n ione de o co o in-terattivi vs didattici, gruppi a rischio vs universali,sessioni multiple vs sessioni uniche, specifici pergenere o per entrambi i sessi, sopra o sotto i 15anni, condotti da personale sanitario specializza-to vs docenti della scuola (3).Alcuni studi hanno dimostrato la loro utilità, spe-cialmente a breve termine (4) mentre altri hannodimostrato il loro insuccesso a lunga scadenza (5).Tuttavia un programma di prevenzione primariapuò essere sviluppato tenendo conto dei fatto-

Parole Chiave i rbi de om or amen o A imen are be i re en ione rimaria.

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PSICO

PREVENZIO

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11Anno IV • n. 1-2 • gennaio-dicembre 2013

ri di protezione.L’intervento sui ragazzi mira adimplementare le conoscenze di uno stile di vitaa are e a ca aci di

a) identificare ed esprimere emozioni,b) comunicare in maniera efficace,c) adottare strategie di problem solving al fine di

affrontare e risolvere i problemi relativi all’i-dentità, alla difficoltà nell’identificare stati esensazioni interne, all’autostima, alla sensazio-ne di inefficacia, alla paura di diventare adulti;

che sono delle discriminanti in coloro che siammalano di un DCA, ma che possono predi-sporre allo svilupparsi di un’altra patologia psi-chiatrica quale la depressione, il disturbo d’an-sia, la tossicodipendenza, ecc.Pertanto, nell’approntare un efficace program-ma preventivo nei confronti dell’obesità e idisturbi dell’alimentazione occorre trattare 4arge eci ci

4. fornire cenni sul contenuto e sulle funzio-ni degli alimenti ed elementi di educazionealimentare;

5. acquisire una maggiore consapevolezza delrapporto tra emozioni e cibo;

6. stimolare una buona accettazione di sé, delproprio corpo e della propria immagine;

7. promuovere una corretta attività motoria.In questo lavoro vengono presentati i risultatia breve termine di una ricerca sulla valutazioneprospettica di quattro tipi di intervento educa-

2.Metodi

Lo studio, realizzato con fondi della Regione Ca-labria, Assessorato Cultura, Istruzione e Ricercadella Regione Calabria all’interno di un proget-to PON durante l’anno 2011-2012, ha previstol’applicazione di quattro diversi tipi di interventoeducativo relativi ai quattro target sopra citati, inaltrettanti Istituti Comprensivi della regione edun quinto gruppo di controllo. Per ottenere uncampione rappresentativo dell’intera popolazionecalabrese ciascuno di questi interventi è stato at-tuato in una provincia diversa.

2.1. Partecipanti

Sono stati coinvolti 550 ragazzi di 5 IstitutiComprensivi rappresentativi della popolazioneinfantile della regione, uno per provincia, delleclassi IV eV delle scuole elementari e I e II dellescuole medie inferiori. Il progetto ha previsto lasuddivisione degli studenti arruolati in quattrogruppi di formazione e ricerca che corrispon-dono ai quattro diversi protocolli di attuazionee di n in o gr o di con ro o ab.1

2.2. Procedure

Gli interventi educativi sono stati svolti in ora-rio e ra-c rric are in cia c no dei a ro

tab.1. Descrizione degli interventi educativi realizzati in ciascun gruppo

Interventi educativi Gruppo 1 Gruppo 2 Gruppo 3 Gruppo 4 Gruppo 5

Intervento di educazione alimentare

Intervento di attività motoria

Relazione emozione/cibo

Autostima

Nessun intervento

tivo precoci finalizzati alla prevenzione primariadei DCA in età preadolescenziale nella RegioneCalabria.

Istituti Comprensivi da ottobre 2011 ad aprile2012 per una ora e mezza due volte alla setti-mana. Per poter partecipare all’intervento edu-cativo ed alla valutazione, i genitori di tutti gli

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12 Anno IV • n. 1-2 • gennaio-dicembre 2013

studenti coinvolti hanno fornito previamente illoro consenso informato per iscritto.Per valutare a posteriori l’efficacia degli inter-venti attuati, tutti i partecipanti hanno eseguitouna serie di valutazioni prima (t0) e dopo (t1)l’intervento che includevano un’indagine cono-scitiva sulle abitudini alimentari, l’attività fisicae la percezione del proprio aspetto corporeo,così come i livelli di autostima e la capacità diidentificare le proprie e le altrui emozioni.

2.3. Materiali

I partecipanti hanno risposto ai seguenti teste questionari autosomministrati in presenzadi un ricercatore con adeguata preparazione,dopo aver spiegato che non c’erano rispostené giuste né sbagliate.– Indagine conoscitiva su abitudini alimentari e

a i i ica e ionario crea o ad oc condomande aperte e chiuse.

– Rosenberg Self-Esteem Scale (RSES) (6,7). Èuna scala di 10 item di tipo Likert a quattropunti valida ed affidabile ampiamente utiliz-zata nella ricerca su adolescenti e bambini(8).Valori elevati correlano un maggior gradodi autostima; range= 0-30. Punteggi tra 15 e25 sono considerati nel range di normalità;punteggi inferiori a 15 indicano una bassa au-tostima.

– o in e -11 i e a e e immagi-ni sesso-specifiche, con grado crescente dimassa corporea da una figura molto esilead una figura obesa. Ad ogni partecipante èstata fornita una scheda che mostra imma-gini corrispondenti al proprio sesso che ri-flettono un bambino della propria età; ognipartecipante deve indicare a quale immaginevorrebbe somigliare (Sé ideale) e l’immagineche attualmente si assomiglia di più a lui / lei(Sé reale). La discrepanza tra sé ideale e séreale è una misura del grado di insoddisfazio-ne corporea.

– Body Image Bidimensional AssessmentI A na ca a di egna a er a a a io-

ne dell’insoddisfazione corporea in età infan-

tile in relazione al peso ed all’altezza derivatadalla scala originale per età adolescenzialeed adulta (12). È composta da 8 items a cuirispondere in riferimento a una serie di fi-gure non identificabili per età, sesso o razza,attraverso una scala numerica che permettela quantificazione in percentuale di tre indicidiretti rispettivamente in relazione al peso ea a e a8. Body Dissatisfaction (BD-w e BD-h),9. Ideal Beauty Body Dissatisfaction (IBBD-

w e IBBD-h),10. Comparative Body Dissatisfaction (CBD-

w e CBD-h)ed il calcolo finale di un indice calcolato inriferimento sia al peso che all’altezza deno-mina o od i a i ac ion Inde I- eBDI-h). L’obiettivo del BIBA non è accertarese il soggetto scelga la figura che si adatta ve-ramente al proprio indice di massa corporea,ma in che misura la sua immagine corporeasi avvicini all’immagine corporea desiderata.Per questo motivo, questi quattro punteg-gi sono espressi in percentuale (range= da-100% a 100%); valori positivi indicano che ilsoggetto si considera più obeso/alto rispettoa quanto desiderato, all’ideale di bellezza orispetto agli altri, e viceversa. Il Body Dissati-

ac ion Inde I ca co a o a ra er o emedie dei valori assoluti degli indici diretti epuò oscillare tra 0 a 100.

– a ing A i de e A -2 13 1 nquestionario autosomministrato costitui-to da 26 domande a risposta multipla; è iltest più usato in letteratura per lo screeningdei sintomi caratteristici dei DCA. Punteg-gi uguali o superiori a 20 hanno evidenziatoun rischio significativo di avere un disturbodell’alimentazione o una “sindrome parziale”,anche se non permette di fare una diagnosispecifica.

– Successivamente, tutti i partecipanti hannoeseguito una valutazione antropometrica(peso ed altezza) per il posteriore calcolodell’indice di Cole per il peso e il percentiledi altezza in base a età e sesso, ed un test

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oggettivo in palestra sulla loro performancefisica attraverso tre prove standardizzate se-condo ordine ri or a o

• Ve oci di cor a or a e oce a na e a10 m a ida ione ro 1 . bie i ocorrere 5 m per 10 volte alla massima velo-cità possibile. Si esegue una sola prova e siregistra il tempo medio.

• Sit and reach test (validazione Eurofit, 1995).bie i o ar endo da a a ione ed a

flettere il busto in avanti cercando di rag-giungere con le dita il punto più lontano pos-sibile sul flessometro.

• i a ida ione ro 1 . bie i oEffettuare, in 30 secondi, il maggior numerodi elevazioni del busto possibili.

2.4. Disegno statistico.

I dati sono stati analizzati con il pacchetto sta-tistico Statistical Package for the Social Scien-ces (SPSS, versione 18, Chicago, IL) e vengonopresentati come medie, deviazioni standard,frequenze a percentuali. L’analisi univariata haprevisto l’uso del t-Test per campioni appaiati,il Chi-quadro e l’Analisi della varianza.L’analisi multivariata ha previsto lo studio diregressione lineare con metodologia forwardstepwise, per indagare quale dei programmieducativi si associa ad una migliore strategiapreventiva post-intervento, considerando ildelta dell’EAT-26 (differenza tra punteggio t0 et1) come variabile dipendente corretto per età,sesso ed indice di massa corporea. I criteri diingresso ed uscita dal modello sono stati fissatirispettivamente ad una valore p di 0.2 e 0.4.Il livello di significatività è stato fissato ad unvalore di p<0.05.

3.Risultati

Il campione appare omogeneo nei cinque centriper distribuzione di sesso ed età dei ragazzi.Nelcampione sono rappresentati in maniera omo-genea maschi e femmine (X2=4,217; p=0,239),

ma sono molto più numerosi i bambini dellescuole elementari (Tab.2).

tab. 2 Descrizione del campione

EtàSesso

Totalef m

9 anniFr 115 82 197

% 39,6% 32,1% 35,1%

10 anniFr 84 103 187

% 28,9% 40,0% 34,0%

11 anniFr 59 48 107

% 20,1% 18,6% 19,5%

12 anniFr

3425 59

% 11,3% 9,3% 10,7%

TotaleFr 292 258 550

% 100,0% 100,0% 100,0%

A t0 non sono state riscontrate differenze si-gnificative tra i partecipanti in nessuna delle mi-sure prese in esame.

3.1. Peso

La percentuale di ragazzi sovrappeso/obesirisulta molto elevata nel campione a t0, spe-cialmente tra le ragazze.A t1 si osserva un au-mento significativo dei bambini normopeso eriduzione dei bambini sottopeso/obesi trannenel Gruppo 5 (F=7.614; p<.05). (Fig. 1-4)

Fig. 1. Peso per età a t0 nei maschi

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14 Anno IV • n. 1-2 • gennaio-dicembre 2013

Fig.2. Peso per età a t1 nei maschi

Fig. 3. Peso per età a t0 nelle femmine

Fig. 4. Peso per età a t1 nelle femmine

3.2. Insoddisfazione corporea

Il livello di insoddisfazione corporea è sovrap-ponibile in entrambi i sessi; tuttavia le ragazzehanno valori superiori negli indici di insoddisfa-zione corporea legata al peso, mentre i ragazzihanno punteggi più elevati nell’insoddisfazionelegata all’altezza. (Fig. 5-6)Sebbene a t1 si assista ad una riduzione ge-nerale dell’insoddisfazione corporea in tutti equattro i gruppi in cui è stato realizzato qua-lunque tipo di intervento educazionale, questadifferenza raggiunge la significatività statisticasoltanto nei Gruppi 3 e 4 (F=5,904; p<.05)

Fig. 5. Risultati bIbA nei maschi a t0

Fig. 6. Risultati bIbA nei maschi a t1

Fig.6. Risultati bIbA nelle femmine a t0

Fig.6. Risultati bIbA nelle femmine a t1

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3.3.Alimentazione

Tra i risultati più rilevanti a t0 si riscontra che il18% degli intervistati dichiara di non fare cola-zione al mattino, il 28% di mangiare snack dolcia scuola, il 25% di non mangiare verdura, il 58%di mangiare pesce solo qualche volta, il 41% dimangiare spesso insaccati, il 21% di guardare latv mentre mangia.A t1 si osserva un modestomiglioramento delle cattive abitudini alimentarisoprattutto nelle femmine nei Gruppi 1-4.

3.4.Attività Fisica

Nella Fig.9 si mostrano le variazioni medie delcampione totale nelle diverse prove fisiche. Siosserva un miglioramento significativo delleprestazioni in tutti i gruppi tranne il Gruppo 5per entrambi i sessi.

3.5. Riconoscimento dell’emozioni

A t0 la percentuale di errori nel riconoscimen-to delle emozioni (79%) e di errori cognitivi(68%) è elevato in tutto il campione. Questi er-rori si riducono significativamente soltanto neigruppi 3 e 4 a t1 (F=9,271; p<.001).

3.6.Autostima

A t0 il livello di autostima è medio-alto in tuttoil campione ed aumenta in maniera molto signi-ficativa a t1 trai maschi del Gruppo 4.

Fig. 9. Variazione tra t0-t1 delle prestrazioni fisiche

Fig. 10.Variazione t0-t1 nel riconoscimento delleemozioni ed errori cognitivi

Fig. 11. RSe: variazione t0-t1 per sesso

3.7. Regressione lineare

L’analisi di regressione ha dimostrato un’as-sociazione significativa tra la riduzione dell’E-AT-26 ed intervento educativo sull’autostima(beta=,339; t=2,566; p=0,012), sulla relazioneemozione/cibo (beta=0,272;t=2,527;p=0,014)emaggiore indice di massa corporea (beta=,299;t=2,548; p=0,014), (Tab.2).

tab 2. Regressione Lineare

Predittori indipenti Beta t Sig.

Autostima ,339 2,566 ,011

Relazione emozione/cibo ,272 2,527 ,014

Indice di Cole ,299 2,548 ,014

Età -,185 -1,415 ,161

Variabi e di enden e ∆EAT-26; R2=,296; F=12,052; p<,001

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4.Discussione

Alcune importanti questioni metodologiche devo-no essere discusse prima di analizzare i risultatidi questo studio. L’obiettivo della presenta ricercaera valutare l’efficacia a breve termine di quattrodiversi tipi di intervento educativo nella preven-zione dei DCA in un campione di soggetti in etàpreadolescenziale.Se un punto di forza è stato estendere l’interven-to a cinque Istituti Comprensivi della regione perrendere il campione più rappresentativo dell’in-tera popolazione preadolescenziale calabrese, lascelta del tipo di intervento adoperato in ognistruttura ha ubbidito soltanto ad un ragionamentodi tipo logistico per facilitare l’accesso dei docentialle diverse scuole. Sarebbe stato metodologica-mente più corretto poter adoperare tutti i diversiprotocolli in ogni centro stratificando per età esesso. Questa opzione è stata impossibile da re-alizzare a causa del numero reale dei partecipantial progetto.Un ulteriore vantaggio di questo studio è il suodisegno prospettico; tuttavia i risultati si limitanoall’esito a fine progetto e pertanto non permettedi trarre conclusioni sugli effetti a lungo termine.I risultati hanno dimostrato che prima dell’inter-vento educativo la percentuale di soggetti sovrap-peso/obesi era piuttosto elevata nel campioneesaminato, che l’attività fisica non era regolarmen-te praticata dalla maggior parte di loro e che era-no frequenti le abitudini alimentari disfunzionali. Illivello di insoddisfazione corporea non è apparsoelevato nella maggior parte degli esaminati.Comeatteso, le ragazze esprimevano maggiore insoddi-sfazione corporea in relazione al peso e viceversai ragazzi in relazione alla propria altezza. Questodato trova spiegazione nell’influenza dei mass me-dia e nel più precoce sviluppo femminile, che a pa-rità di età fa si che i maschi sembrino più piccolirispetto alle loro coetanee.D’altro canto, sebbene il livello di autostima fos-se nella norma, si riscontravano frequenti erroricognitivi ed una diffusa difficoltà ad individuare leemozioni.

Gli interventi proposti hanno dimostrato in pri-mis di non essere nocivi ma anche di essere ingrado di migliorare molti aspetti disfunzionali trai partecipanti. Così è stato evidente un migliora-mento rispetto ai livelli di sovrappeso/obesità ele prestazioni atletiche nei gruppi rispettivamentecoinvolti nelle attività di rieducazione alimentare edi attività motoria.Parallelamente gli interventi a sfondo psicologicohanno apportato miglioramenti significativi neigruppi dove sono stati adoperati (15, 16). È co-munque interessante osservare che i cambiamentipiù significativi siano stati riscontrati nel sesso ma-schile.Senza dubbio, il risultato più interessante riguardal’analisi di regressione lineare.Il rischio di poter soffrire un DCA appare signifi-cativamente ridotto nei gruppi nei quali sono statiattuati gli interventi di implementazione dell’auto-stima e di riconoscimento delle emozioni e deglierrori cognitivi.Questo rischio si rende ancora più evidente trai ragazzi con maggiore indice di massa corporea.Senza dubbio tutti i ragazzi che hanno godutodell’intervento psicologico hanno anche seguito gliinterventi di rieducazione nutrizionale ed il pro-gramma di attività fisica, ma questi ultimi da soli,non sono stati in grado di giustificare il cambia-mento dell’EAT-26.

5. Conclusioni

Tutti e quattro i tipi di intervento hanno dimo-strato a breve termine la loro utilità nell’im-plementazione di stili di vita salutari rispetto algruppo di controllo.Tuttavia gli interventi edu-cativi che hanno incluso un approccio psicolo-gico sull’autostima e sul riconoscimento delleemozioni sono stati in grado di ridurre in ma-niera significativa il rischio di un DCA.È in atto la raccolta dei dati dei partecipanti adun anno dall’intervento, la cui analisi aiuterà acapire se l’intervento mantiene la sua efficacianel lungo termine.

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Nella lotta ai DCA e dell’obesità, un interventostrutturato su quattro target specifici (alimen-tazione, attività fisica, autostima ed emozioni)ha dimostrato che è possibile ottenere un’a-deguata prevenzione preadolescenziale di co-munità a basso costo all’interno dell’istituzionescolastica, che è l’agenzia formativa più impor-tante dopo la famiglia per la vita dei ragazzi.

Ringraziamenti

Assessorato Cultura, Istruzione e Ricerca dellaRegione Calabria. Alle scuole partecipanti nelroge o I a ari- odari di a an aro I e-

lesio di Reggio Calabria, IC Cariati Marina e ICCirò Marina ed i plessi didattici di Sant’Ono-frio, San Costantino Calabro e Stefenaconi del-la provincia di Vibo Valentia. Docenti coinvoltine roge o o . ca ombardiere o . aRenata Menniti, Dott. Cristiano Nisticò, Dott.ssa Domenica Pannace, Dott.ssa Maria CristinaPapaianni e Dott. Leonardo Procopio.

CriStinA SegurA gArCíA

U.O di Psichiatria,Ambulatorio di Ricerca Clinica e Terapia dei DCAAzienda Ospedaliera Universitaria Mater Domini e Dip. Scienze della Salute. Università Magna Graecia di CatanzaroCell. 331.6718232eg ra nic .i

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desirability on adolescent girls’responses to an ea-ting disorders prevention program. Int J Eat Disord200 3 2 211- .

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EMDRECOPPIA

18 Anno IV • n. 1-2 • gennaio-dicembre 2013

di ANGeLINA FUNARO - SteFANIA ALFANO - IOLANDA MARtINO

La costruzione del legame di coppia:perché ci si sceglie?L’intervento di coppia attraverso l’integrazione dell’approccioSistemico-relazionale e EMDR(Eye Movement Desensitization and Reprocessing)

L’idea di Bowlby (1979) che l’attaccamento giochi un ruolo cruciale nella vita di un individuo“dallaculla alla tomba”,ha convinto molti clinici a considerare il legame di coppia in età adulta come unprocesso di attaccamento.Questo significa che, in una relazione sentimentale, il partner viene per-cepito come figura in grado di proteggere e soddisfare il bisogno di conforto e sicurezza.Una letturain questi termini del legame di coppia,porta a valutare la rottura della relazione,per perdita,sepa-razione o conflitti,come un trauma,in quanto viene meno la responsività di un partner verso l’altro.Gli effetti del trauma non sono dati dall’evento in sé, ma dal significato che assume quell’eventoall’interno della relazione. In questo articolo, proponiamo un modello integrato traTerapia Siste-mica-relazionale,AIP (Adaptive Information Processing),e EMDR (Eye Desensitization and Repro-cessing),per lavorare sulle ferite di attaccamento,che riteniamo essere alla base sia della scelta delpartner sia della rottura della relazione di coppia.

Parole Chiave e a ione di co ia A accamen o era ia i emico-re a iona e AI

“L’amore immaturo dice: ‘ti amo perché ho bisogno di te’.L’amore maturo dice: ‘Ho bisogno di te perché ti amo’”.

Erich Fromm.

Costruzione del legame di coppia.Perché ci si sceglie?

amore è un impulso potente chespinge due persone a legarsi, e puòessere visto come il frutto dell’e-voluzione e della selezione naturalee, pertanto, può essere assimilabile

all’amore che lega il bambino alla madre.Questonon significa che si ama il proprio partner comese questi fosse la propria madre, ma che esisto-no delle somiglianze sostanziali fra i due legamia tal punto che nella sua struttura universale, il

rapporto madre-bambino può essere utilizzatoper capire la complessità del legame d’amorefra gli adulti. Il legame madre-bambino è com-plementare, in quanto c’è un piccolo che chiedeaiuto di fronte ad un pericolo, a seguito dell’atti-vazione del suo sistema di attaccamento; dall’al-tra parte c’è un adulto che dà cure perché siattiva il suo sistema di accudimento. Il legame dicoppia, invece,è un rapporto caratterizzato dallareciprocità, che a differenza del primo, a secon-do delle situazioni, attiva sia il sistema dell’attac-camento sia dell’accudimento (Attili G., 2004).Infatti, le componenti fondamentali che caratte-rizzano la relazione di coppia come legame diattaccamento sano, sono simili alle componen-i de egame madre-bambino man enimen o

del contatto, rifugio sicuro, il bisogno di sentirsirassicurati e confortati dal partner, base sicuraquando il partner è percepito come disponibile

L’

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19Anno IV • n. 1-2 • gennaio-dicembre 2013

in caso di necessità e ansia da separazione quan-do il partner è assente.Nel momento in cui c’è una distorsione in en-trambi i tipi di legame,per esempio è la madre achiedere aiuto e non capisce i bisogni del bam-bino, oppure il partner non assolve le funzionidi sicurezza e protezione (es. un tradimento), larelazione diventa patologica e patogena.Quali sono le fasi che caratterizzano il legamedi coppia?La prima fase è caratterizzata dal desiderio eda a ra ione a co ia erimen a n de iriopassionale” o “simbiosi”, durante il quale l’ide-alizzazione del partner è estrema, si pensa a luicome l’anima gemella ed è l’oggetto che sod-disfa ogni desiderio. Si è molto egoisti rispettoai propri bisogni che hanno la precedenza sulresto e che, comunque, sembrano essere to-talmente appagati dall’altro. Questa prima fasesi interrompe, per favorirne il passaggio ad unanuova, caratterizzata da conflitti, da ambiguità eda ricerca della differenzazione, inoltre, si mani-festano le primi crisi d’ansia utili per lo sciogli-mento della simbiosi. Questa fase corrispondeal periodo della contro-dipendenza, della disil-lusione, della sofferenza dovuta alla scissionetra l’ideale e il reale, nascono i primi sintomi diincompatibilità e si comincia a pensare alla ne-cessità di creare una giusta distanza. Una buonaelaborazione di questa fase ne permette il pas-saggio alla successiva.L’indipendenza caratterizza la terza fase. Si trat-ta di un periodo di sperimentazione, la coppiasente l’esigenza di uscire dal nucleo a due e diesplorare l’esterno. È forse il periodo più pro-blematico e pressante dal punto di vista con-flittuale; si presentano litigi e crisi emozionalilegate all’alternarsi di rimpianti e speranze.L’ultima fase dell’interdipendenza si basasull’accettazione dell’integrazione di un legameim er e o i ar ner gi ngendo a a con a e-volezza che l’altro possa essere imperfetto eche la scelta del partner è indubbiamente col-legata ai modelli di attaccamento appresi neltempo, attuano un processo di riavvicinamen-to che permette loro di acquisire una costanzadell’oggetto d’amore che travalica i conflitti e

permette il riaccendersi del desiderio (MahlerM.,1968).I processi di separazione e individuazione gio-cano, quindi, un ruolo fondamentale nella co-struzione della coppia. Ed è a quel punto cheogni partner porta nella relazione i propri mo-delli operativi interni, gli schemi cognitivi, e lerappresentazioni di sé e degli altri e i suoi miti.La scelta del partner può, quindi, essere con-siderata come espressione di questa strutturache, come i miti, si costruisce, si modifica neltempo e viene a collocarsi dentro una serie dirapporti in continua evoluzione, in cui si creanosempre nuove connessioni o divergenze rispet-to al significato originario. La decisione inizialeapparentemente spontanea e libera, non ‘ragio-natà, acquista un senso solo alla luce di quelloche accade in seguito e dall’intreccio tra i mitidell’uno e dell’altro (Angelo C., 1999). Quan-do il mito è rigido, non evolutivo, incapace diadattarsi alle trasformazioni delle fasi del ciclovitale, si crea un rimescolamento di “infedeltàirrisolte”, di prescrizioni familiari implicite, diattese, di idealizzazioni di sé, del partner e del-la relazione, e la coppia si avvia verso una fasedi “stallo”. Il sistema tende a irrigidirsi perchévive il cambiamento, (ad es. attraverso il matri-monio), come un attacco all’omeostasi ed è suquesto che le forze nascoste delle generazioniprecedenti agiscono, minando l’intimità dellacoppia attuale (Boszormenyi-Nagy I., 1988).È fondamentale, quindi, che il mito familiare dientrambi possa essere trasformato, per poteravere la possibilità di evolversi e di crescere,senza che cessi l’appartenenza alla famiglia d’o-rigine. In tal senso, possiamo considerare lostallo e le difficoltà di coppia, non solo comemomenti di crisi e di difficoltà ma anche come“sforzi riparativi per correggere, controllare,cancellare e difendersi da storie disturbanti ap-partenenti alle famiglie d’origine”. La maggiorparte delle persone non “vede” il partner perquello che esso è, ma viene caricato da aspettiappartenenti al proprio passato, a quelli dellapropria famiglia d’origine e da aspetti scissi disé (Framo, 1999). Riassumendo, questi aspettiscissi di sé e aspetti intergenerazionali non ri-

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solti, sono alla base del fallimento dell’intimitàdi coppia e della mancanza di reciproca prote-zione.La coppia verrebbe ad essere imprigionata in unaspirale d’incomprensioni e fraintendimenti in cuile rotture delle comunicazioni affettive non sonoseguite da processi di riparazione. Essere “interdi-pendenti”, in questo contesto, significa che gli statidella mente dei due individui si influenzano reci-procamente però in senso negativo (Siegel, 2001).Gli aspetti che portano non alle incomprensio-ni, ma alla rottura del legame di coppia, sono dasituare all’ultimo stadio di questo continuum,e vanno ricercati nei contesti relazionali trau-matici, all’interno dei quali, i rispettivi partnerhanno appreso o la sfiducia nell’altro (es. un ge-nitore imprevedibile) o la paura dell’intimità af-fettiva (oscillando tra la ricerca di vicinanza e diseparazione), oppure comportamenti inappro-priati di controllo della relazione (Liotti, Farina,2011). Questo apprendimento, all’interno dellarelazione di coppia disfunzionale, viene ripro-posto attraverso schemi ripetitivi e rigidi comela svalutazione, la disconferma, e la ridicolizza-zione. Ne viene fuori una situazione parados-sale, in cui il partner prova dolore per questemodalità e contemporaneamente è costretto achiedere aiuto a colui che la infligge, a tal puntoda provare sintomi simili al disturbo post-trau-ma ico da re con ione en ieri o e i iirritabilità, sensazione di minaccia.Essendo l’EMDR (Eye Movement Desensitiza-tion and Reprocessing) un approccio psicote-rapeutico ampiamente riconosciuto da variericerche internazionali come metodo evidence-based per il PTSD, abbiamo ritenuto terapeuti-camente valida e interessante l’integrazione tramodello sistemico-relazionale, teoria dell’attac-camento, modello AIP e EMDR.L’EMDR e l’ottica Sistemica sono, infatti, pre-di o e ad na in egra ione ir o a a rimaper affrontare la rielaborazione dei traumi, faci-litandone la desensibilizzazione, l’altra concen-tra la propria attenzione sui contesti generatoridei traumi per analizzare, evidenziare e succes-sivamente rielaborare le dinamiche che le han-no permesse. In ultimo, ma non per ordine di

importanza, la teoria dell’attaccamento ci per-mette di identificare i modelli operativi internidi ciascun partner.Visto dalla prospettiva della Adaptive Informa-tion Processing dell’EMDR, le reazioni eccessivee la iper-regolazione della coppia in interazioneripetitive, sono alimentate da materiale trau-matico incapsulato nel cervello e innescato dalproprio partner. Utilizzando l’EMDR, per disin-nescare i precedenti ricordi, le coppie possonoraggiungere delle dinamiche più sane e dare aiproblemi e ai disaccordi del presente il giustopeso (Shapiro, 2001).Kaslow, Nurse e Thompson (2002) suggerisco-no che attraverso l’EMDR, le coppie aumenta-no la loro vicinanza, muovendosi verso lo stes-so obiettivo, quello di un attaccamento vitale.L’EMDR può essere applicato come trattamen-to individuale parallelo alla terapia di coppiaoppure congiuntamente con entrambi i part-ner presenti (Moses M.D., 2010). L’obiettivo ditale modello è quello di aiutare la relazione asuperare l’impasse. Lo scopo diventa quello diriparare le ferite di attaccamento offrendo, nelpercorso terapeutico, una esperienza tangibiledi disponibilità, empatia e affidabilità. La coppia,sciogliendo le proprie difese, può recuperare lafiducia e avviare un sano funzionamento.

Descrizione di un caso clinico

La coppia è formata da M. un uomo di 39 anni,di professione avvocato, attualmente disoccu-pato, e da C. una donna di 38 anni, insegnante.Sono sposati da quasi tre anni. Le prime sedu-te hanno avuto come oggetto le difficoltà del-la coppia riguardanti la possibilità di avere unbambino noi siamo in psicoterapia perché abbia-mo problemi, li stiamo vivendo male, non sappiamocome uscirne, noi abbiamo un problema che è lamancanza di un figlio”. Il figlio che non c’è, di-venta il paziente designato, la punta dell’icebergsotto il quale ci sono i problemi non risolti diC. e M.C. ha sempre sentito la necessità di sentirsi pro-e a con o a a e con en a mi sono fidanzata cre-

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dendo di avere un pilastro a fianco su cui aggrappar-mi”;“io sono figlia unica, nel momento in cui mi sonosposata mi sono affidata completamente a lui”.Nel momento in cui C. sente che M. non può piùdarle protezione e sicurezza lei diventa ansiosa,pessimista, assume uno stile accusatorio e para-noico. M., invece, accusato da C., si sente di nonessere, in questo momento, all’altezza della situa-zione,perché non riesce a darle un figlio e perchéha difficoltà lavorative.Durante le sedute,C. adot-a n ono acc a orio nei con ron i de mari o

“io voglio un figlio, altrimenti che mi sono sposata afare, io voglio un’evoluzione nel matrimonio, e non c’èstata.Abbiamo avuto un sacco di problemi, il lavoro, lasalute... c’è caduto il mondo addosso, stiamo tornan-do indietro, il mio matrimonio è un tornare indietro“.Vivono questa fase di stallo con un reale senso diinsoddisfazione e di accuse reciproche.Questo porta la coppia ad organizzare la lororelazione intorno alla tematica della colpa-ab-bandono-vergogna. La vergogna è rappresenta-ta dalla storia della madre di C. che ha vissutocon vergogna l’esperienza di essere figlia di una

raga a madre mia mamma l’ha vissuta come unpeso, per il fatto del rispetto … era una vergogna”,in un clima di violenza fisica e di segreti familiari.L’abbandono è rivissuto da M. attraverso la sto-ria della madre che è stata abbandonata in col-legio all’età di 4 anni. Un rapporto madre-figlioreddo e di acca o diciamo che lei non è riu-scita ad esprimere le emozioni, non è stata moltoaffettuosa con me.”Dalle loro aspettative infrante, dai bisogni nonriconosciuti e accolti, e dai miti delle rispetti-ve famiglie d’origine possiamo comprendere ilperché si sono scelti.Con l’EMDR congiunto (con entrambi i partnerpresenti) abbiamo lavorato sui ricordi genera-tori del senso di colpa, del vissuto di solitudinee di vergogna di C, appresi anche all’interno diuna storia di abuso da parte di un parente, inetà infantile. Per quanto riguarda M., invece, ab-biamo elaborato i suoi sentimenti di inadegua-tezza e di non valore, appresi all’interno dellarelazione distanziante con la figura materna.

Bibliografia

Bowlby J., (1979), Attaccamento e perdita,Volume I,II,III,Torino, Boringhieri

Attili G., (2004), Attaccamento e amore, Bologna, Il Mu-lino

Mahler M., (1968), On human symbiosis and the vicis-situdes of individuation, International UniversitiesPress, NewYork

Angelo C., (1999) La scelta del partner, in Andolfi M., Lacrisi della coppia, Milano, Raffaello Cortina.

Boszormenyi-Nagy I., Spark M. G., (1988) Lealtà invisibili,Roma,Astrolabio.

Framo J.L., (1999), Un approccio intergenerazionale allaterapia di coppia, alla terapia familiare e a quella indi-viduale, in Andolfi M., La crisi della coppia, Milano,Raffaello Cortina

Siegel D.J., (2001), La mente relazionale. Neurobiologiadell’esperienza interpersonale, Milano, Cortina Raf-faello

Liotti, G., Farina B. (2011) Sviluppi traumatici: eziopato-genesi, clinica e terapia della dimensione dissociativa.Milano, Raffaello Cortina.

Shapiro F., (2001), Desensibilizzazione e rielaborazione at-traverso i movimenti oculari, Psicologia

McGraw-Hill, MilanoKaslow, F.W., Nurse,A.R. e Thompson P. (2002). eMDR

and family systems. In f. Shapiro (Ed), EMDR as anin egra i e c o era a roac e er odi er e orien a ion e ore e aradigm ri m

a ing on American c o ogica A ocia-tion Books.

Moses M.D., (2010), Migliorare gli attaccamenti: terapiacongiunta di coppia, EMDR Italia Febbraio n.19Anno IX

Angela FunaroPresidente Centro Trauma Ippoccampo, Psicologa, Psicoterapeuta sistemico-relazionaleDirigente ASP Cosenza-Centro di Salute Mentale, Supervisore EMDR, Membro della Mental Health Europe (MHE)e 33 31 2

ange a. naro ra mi.ne - . ra mi.ne

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22 Anno IV • n. 1-2 • gennaio-dicembre 2013

di ANGeLA COStAbILe - PAOLA MANFReDI

Il Counselling Psicologico UniversitarioUno spazio di incontro e di ascolto per gli studenti dell’Universitàdella Calabria

Il Counselling Psicologico Universitario, attivo da oltre 13 anni presso l’Università della Calabria,offre agli studenti universitari uno spazio di incontro e di ascolto dove lo studente può riflettere,conl’aiuto di uno psicologo,sulla propria realtà e su eventuali motivi di disagio inerenti la sfera emotivo-relazionale,affettiva e cognitiva.L’attività del Counselling psicologico è una forma di relazione d’aiuto che possiamo definire conRogers (1970)“una situazione in cui uno dei partecipanti cerca di favorire, in una o in ambedue leparti,una valorizzazione maggiore delle risorse personali del soggetto ed una maggiore possibilitàdi espressione,in un adeguato e autentico clima di autodeterminazione e responsabilizzazione ”.

Parole Chiave accog ien a ico ogica con a ione a co o di agio con a e o e a di .

Non sono quello che dovrei esseree neanche quello che ho intenzione di essereperò non sono quello che ero prima

e. erikson

Università della Calabria da diversianni offre agli studenti uno spaziodi consultazione psicologica, pen-sato e realizzato per sostenerlinell’iter universitario che è, al tem-

po stesso, percorso di crescita e formazione.Aperto ad accogliere, comprendere ed elabo-rare le inevitabili difficoltà e disagi che pos-sono ostacolare la definizione dell’identità el’acquisizione di un’autonomia quanto più pos-sibile sana, autentica e consapevole, il serviziopsicologico universitario, posto nell’habitat na-turale dello studente, facilita la richiesta d’aiu-to e, soprattutto, l’approccio della persona al

proprio mondo interno. Ha inoltre l’obiettivodi promuovere l’apertura di Sé ad aree proble-matiche, che potrebbero tradursi in disagio oin patologia mentale inibendo la possibilità dioccuparsi di sé.Il Servizio psicologico d’Ateneo, proponendosicome spazio d’ascolto per gli universitari, rico-nosce la possibilità che le difficoltà, nel corsodell’esperienza accademica, possano esistereed emergere, dando diritto di cittadinanza ainquietudini e turbamenti. Accoglie la formu-lazione di richieste d’ascolto e di aiuto per lequali lo studente potrebbe avere difficoltà nelrivolgersi ai servizi sanitari che, spesso, nell’im-maginario comune, evocano fantasie legate allapatologia.Attivo presso l’Università della Calabria da cir-ca 13 anni, il Servizio di Counselling Psicologico

L’

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Universitario propone agli studenti attività diconsultazione volte ad aiutarli nell’esplorarele difficoltà emozionali interne e nel superareostacoli di natura psicologica.Tali situazioni, inalcuni casi, interferiscono con il riconoscimen-to e l’attivazione delle potenzialità e con il ren-dimento nello studio, ostacolando una proficuaesperienza universitaria e determinando spes-so blocchi, insuccessi e abbandoni.A tal fine, ilservizio propone colloqui psicologici finalizzatial riconoscimento delle proprie risorse e deipropri limiti e all’individuazione del percorsoda intraprendere per affrontare difficoltà nellasfera cognitiva, emotiva e relazionale.L’Università della Calabria, attivando e ren-dendo istituzionale il Counselling Psicologico,ha colto già da tempo l’esigenza di coniugareil compito tradizionale di formazione dell’isti-tuzione accademica con quello di sostegno ri-volto al giovane nel processo di adattamento alruolo di studente universitario e di emancipa-zione verso nuovi ruoli culturali, professionalie sociali.L’istituzione accademica per i giovani universi-tari costituisce il naturale contenitore deputatoalla gestione della transizione dall’adolescenzaall’età adulta o, per lo meno, di una parte nonsecondaria a tale processo (Giusti, 1995). Essacostituisce un elemento importante a cui iprocessi maturativi debbono riferirsi, un rego-latore esterno che, come tale, può accogliere,facilitare o, viceversa, rallentare e bloccare taliprocessi maturativi. L’estrema flessibilità checaratterizza il percorso accademico nel nostroPaese, che non prevede scadenze obbligate masembra potersi dilatare all’infinito, offre, infatti,poche possibilità di accoglimento e di sostegnoallo studente che si trova in conflitto tra il bi-sogno di accudimento e il desiderio di emanci-pazione.L’inizio degli studi universitari, da un lato, rap-presenta il primo vero ingresso nella vita adul-ta, dall’altro, corrisponde ad un periodo di so-spensione nei confronti di impegni sociali e discelte definitive. Ciò alimenta una certa inde-terminatezza dell’identità personale e sociale,su cui possono innestarsi fattori di crisi. Così

come le aspettative nei confronti dello studio,i dubbi relativi al futuro, gli sforzi e le possi-bili frustrazioni legate ai risultati, possono darluogo alla caduta della motivazione e al bloccodi fronte alle prove. D’altra parte, le istituzionieducative, per come sono organizzate nel no-stro Paese, tendono a focalizzare l’attenzioneprevalentemente sugli aspetti cognitivi che uti-lizzano il rendimento e i risultati quantificabilicome unico criterio per la valutazione dellostudente. La formazione, secondo quest’ottica,consiste esclusivamente nell’essere preparati asvolgere al meglio uno specifico compito, attri-buendo scarso rilievo all’esperienza di vita e alconcetto di crescita emozionale, (Adamo,Vale-rio, Giusti 1992).Le problematiche di studio, in tale contesto,spesso costituiscono per il giovane un modoper esprimere un disagio emozionale che, puravendo radici nel suo vissuto, viene riattivatodalle difficoltà incontrate nel corso dell’espe-rienza universitaria (Erikson, 1968; Canestrari,1989).Il giovane, nell’affrontare i compiti richiesti dalruolo di studente universitario, deve metterein gioco inevitabilmente l’attivazione di abilitàemozionali e cognitive, confrontandosi con li-velli di ansietà, aspettative irrealistiche e pro-blemi psicologici irrisolti (Valerio, 1993).Organizzare e istituire un servizio d’ascoltopsicologico rivolto agli studenti universitarisignifica tener conto delle difficoltà emotivee di approccio allo studio che il ragazzo puòincontrare lungo il percorso accademico, so-stenendolo con iniziative e spazi opportuni percontenere e superare il suo disagio, stimolandola consapevolezza delle proprie risorse e la ri-attivazione della propria progettualità.È fondamentale che, nell’ambito universitario,gli spazi d’ascolto e di esplorazione delle dif-ficoltà emozionali interne che interferisconocon il riconoscimento e la conquista delle po-tenzialità cognitive e con la piena partecipazio-ne del ragazzo al percorso di studi, siano affidatia professionisti in grado di aiutare gli studentia contenere l’ansia e a mediare tra le diverseparti della personalità, tra tendenze distruttive

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e costruttive, tra bisogni emozionali infantili eparti adulte.L’attivazione di tali spazi d’ascolto nell’univer-sità rappresenta una concreta prova di comel’istituzione accademica stia evolvendo e si stiaattivando, sulla base dei diversi fattori che en-trano in gioco nel processo evolutivo che lostudente vive, e andando incontro, con le op-portune azioni, alle peculiari esigenze dellostudente, per sostenerlo nell’affrontare l’iteruniversitario e portare a termine gli studi conmotivazione e con successo.

Un po’ di storia…

Il Servizio di Counselling Psicologico all’internodell’Università della Calabria nasce in via spe-rimentale nell’anno accademico 1999-2000, inconcomitanza con l’istituzione del Servizio pergli studenti Disabili – attivato in base alla legge17 del 1999.Prosegue, con maggiore stabilità, presso il Cen-tro Sanitario universitario, nel periodo 2003-2005, nell’ambito del Progetto Oracolo - Pro-gramma operativo nazionale per le Regionidell’obiettivo 1 – Azione Orientamento – a se-guito del quale viene valutato dal MIUR comeazione di “best practice” e riapprovato tra leiniziative del Progetto Oracolo 2, attuato neglianni 2007-2008.DaAprile 2005 il Servizio di Counselling è statoinserito, come attività istituzionale, all’internodel Servizio diAteneo per le attività di Orienta-mento, proseguendo le sue attività e avviando-ne nuove, finanziate con fondi d’Ateneo.Il Servizio è nato con precipue caratteristichederivanti da riflessioni e valutazioni, svolte dal-la Responsabile del Servizio, relative ad un’a-nalisi del profilo dello studente dell’Universitàdella Calabria in relazione ad aspetti culturali,sociali, geografici. Nelle fasi d’avvio sono state,infatti, svolte indagini conoscitive degli studenti,attraverso la somministrazione di questionari,opportunamente realizzati e testati, che hannocoinvolto gruppi significativi di iscritti a tutte le

Facoltà, con l’obiettivo di conoscere in modopiù approfondito la loro condizione, eventualimotivi di disagio e informarli sull’apertura delServizio Psicologico in Università.Nei primi anni di vita del Servizio, si è ritenu-to di estrema importanza creare occasioni diincontro e confronto con altre realtà univer-sitarie, attivando contatti e collaborazioni conesperienze simili già presenti in altri ateneina iona i ed in erna iona i a i ado a ariNovara, Firenze, Palermo, Napoli – Federico II,Roma Tre.Diverse sono state le occasioni di incontro con

ni er i di ord con in er en o re -so l’Ateneo calabrese della Dott.ssa Elsa Bell,responsabile del Counselling Service dell’Uni-versità britannica, la visita tecnica di psicolo-ghe del Counselling Psicologico dell’Universitàdella Calabria presso il Servizio di Counsellingdi ord a ar eci a ione con re a ioni a e-minari e convegni organizzati presso l’Univer-sità britannica su tematiche relativa al disagioadolescenziale e alle esperienze universitarie diCounselling e di Peer Support.Varie attività trasversali sono state, inoltre,realizzate nell’ambito del Servizio Psicologico,nel corso degli anni, che hanno contribuito arenderlo solido ed efficiente rispetto alla suami ion incon ri orma i o e eren ia i congruppi di studenti su tematiche psicologico-relazionali e metacognitive; l’esperienza di con-sultazione psicologica on line, nell’ambito delprogetto Oracolo2, grazie alla quale gli studentipotevano contattare in tempo reale, tramitechat, uno psicologo per un primo approcciocon il servizio; incontri formativi rivolti ai do-centi per il potenziamento delle abilità didat-tiche, dei metodi e delle tecniche di supportoall’insegnamento; incontri individuali di orienta-mento e riorientamento psicologico alla sceltauniversitaria; incontri formativi per peer tutor,progettati, organizzati e realizzati dalle psicolo-ghe del Servizio.Negli anni 2008 e 2009, con l’attuazione deiprogetti di Azzeramento/potenziamento delleconoscenze e competenze di base per le matri-

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cole, realizzati dall’Università in concertazionecon la Regione Calabria, il Counselling Psicolo-gico Universitario è stato coinvolto nella pro-gettazione, programmazione e realizzazione diinterventi formativi sulle metodologie di studioe, in una fase successiva, in azioni di ricerca, va-lutazione e verifica sulle attività svolte, relativea capacità e competenze metacognitive.Tali at-tività sono state svolte in collaborazione con ilgruppo di lavoro del Prof. Cornoldi dell’Ateneodi Padova.Diverse sono attualmente le occasioni che ve-dono il Servizio di consultazione psicologicadell’Università della Calabria promotore di at-tività di studio e ricerca sulle tematiche inerentiil disagio e le problematiche psicologiche deigiovani.

L’organizzazione del Servizio

Il modello strutturale del Servizio di Counsel-ling Psicologico dell’Università della Calabria èarticolato in diverse azioni.

1.Accoglienza

Le attività di consultazione psicologica preve-dono una prima fase di accoglienza psicologica,presa in carico e prenotazione degli appunta-menti, svolta dalla responsabile del Servizio cheeffettua un primo colloquio di conoscenza, va-lutazione ed analisi della richiesta dello studen-te e attribuisce il caso ad un’altra psicologa perun ciclo di colloqui psicologici o lo invia per unpercorso idoneo per lo specifico disagio (inter-vento psichiatrico o psicoterapia).

2. Consultazioni

La fase preliminare di accoglienza è seguitadall’attività di consultazione clinica che preve-de un ciclo di colloqui psicologici individuali (dadue a sei) e un colloquio di follow up a distanzadi 3-6 mesi, da concordare alla fine del ciclo diincontri.

Le attività di Consultazione clinica offrono algiovane uno spazio d’incontro e di ascolto chegli permette di rivedersi e rileggere la propriarealtà di vita e le proprie difficoltà, attraversoun lavoro di esplorazione che, con il supportodella consultazione psicologica, può essere af-frontato in modo nuovo. L’ascolto tiene contodella risonanza emotiva come via d’accesso allacomprensione.Nei casi di elevata delicatezza, il percorso di con-sultazione psicologica può sollecitare nello stu-dente il riconoscimento dell’esigenza di un ulte-riore intervento psichiatrico o psicoterapeutico.Ciò non è semplice né immediato, in modo par-ticolare nella prima fase del percorso (accoglien-za) in cui lo studente esprime spesso estremareticenza rispetto ad interventi clinici, soprat-tutto per le proprie difficoltà a riconoscere edaccettare i reali bisogni. A tal fine, è necessarioun lavoro di consapevolezza e accettazione ef-fettuato nel corso dei colloqui di consultazione.È di fondamentale importanza, pertanto, la fun-zione preventiva, valutativa e di primo interven-to che il servizio psicologico assume nel conte-sto universitario, che non sarebbe proponibile,per molti ragazzi, in altri contesti sanitari.Da qualche anno è presente anche un servizio diconsulenza psichiatrica che, attraverso un proto-collo d’intesa tra Università e Azienda SanitariaProvinciale, prevede la presenza di una psichiatrache svolge la propria attività presso la sede uni-versitaria con cadenza settimanale per gli studentiche necessitano di tale tipologia di intervento.Taleservizio permette di arginare la difficoltà di moltistudenti, in particolari condizioni di disagio, a ri-volgersi ad operatori presso strutture sanitarie econtesti diversi da quello universitarioSe lo studente necessita di psicoterapia, può,inoltre, essere inviato presso il Centro Sanita-rio dell’Università, dove è attivo un servizio dipsicoterapia in collaborazione con l’ASP.Le attività di Consultazione, coordinate dalla re-sponsabile del Servizio di Counselling Psicologico,si avvalgono della collaborazione professionale didue psicologhe esterne che svolgono attività diconsultazione clinica e di uno psicoterapeuta chesi occupa della supervisione sul lavoro clinico.

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Counselling e sostegno psicologicoper studenti disabili

Le attività psicologiche per gli studenti con di-sabilità, svolte da personale specializzato, mi-rano ad individuare le difficoltà degli studentiin relazione all’inserimento universitario e allagestione dello studio e della vita all’interno delCampus e, quindi, a definire gli interventi diaiuto più opportuni per garantire loro pari op-portunità nello svolgimento delle attività quo-tidiane e nel raggiungimento dei traguardi diciascuno.A tal fine si organizzano ed effettuanoincontri con gli studenti, i loro familiari e, laddo-ve necessario, con docenti ed operatori. Gli in-terventi di tutorato a favore dei ragazzi che neesprimono l’esigenza, vengono monitorati concolloqui svolti nel corso dell’anno accademicoed eventualmente riorganizzati. Gli studentidisabili, inoltre, possono richiedere un percor-so di counselling psicologico presso il servizio,dove effettuano il ciclo di colloqui clinici con lemedesime modalità degli altri studenti, secon-do un’ottica di pari opportunità.Le disabilità che riguardano gli studenti iscrittial Servizio Accoglienza Studenti con Disabilitàdell’Università della Calabria sono prevalente-mente di entità medio-grave e appartengonoa e eg en i i o ogie– disabilità neurologiche con gravi compromis-

sioni nella sfera motoria;– disabilità neurologiche con compromissioni

nella sfera cognitiva e psichica;– disabilità sensoriali (visive ed uditive);– disabilità psichiche e della sfera socio-rela-

zionale;– patologie oncologiche;– patologie neurologiche ad insorgenza tardiva;– disturbi cognitivi.

Counselling e gruppi di incontro sul metodo di studio

Nell’ambito delle iniziative di Orientamento inItinere, il servizio di Counselling psicologico incollaborazione con il servizio di Peer tutoringdell’Ateneo,organizza incontri per studenti sul-le metodologie di studio.

Negli ultimi anni, infatti, in seguito a una riflessio-ne relativa alle difficoltà nello studio di molti uni-versitari e alla necessità di migliorare il metododi studio, si è delineata l’esigenza di uno specificoambito di intervento che offra supporto agli stu-denti universitari che presentano difficoltà spe-cificatamente legate all’attività di studio.A tal fine, vengono proposti colloqui individualicentrati sulle rappresentazioni cognitivo-emo-tivo-motivazionali e interventi di gruppo voltia favorire e potenziare le strategie di studio, lamotivazione e la gestione dell’ansia d’esame.Essi costituiscono occasioni di incontro con etra studenti, che sperimentano percorsi basa-ti sullo scambio di esperienze, vissuti e bisogniche riguardano le abilità di studio, la capacitàdi utilizzare strategie e tecniche per affrontaresituazioni di ansia per l’esame e difficoltà nell’u-tilizzo di un adeguato metodo di studio.

Qualche dato

Negli ultimi anni, sono sempre di più gli studen-ti che richiedono aiuto presso lo sportello diCounselling psicologico, tra coloro che si rivol-gono al servizio per colloqui di consultazioneclinica, incontri sul metodo di studio e moti-vi legati ad una disabilità. I colloqui individualisvolti sono circa 800 l’anno, tra incontri d’ac-coglienza, di consultazione e di supporto aglistudenti disabili e ai loro familiari.Gli studenti che si rivolgono al servizio di con-sultazione psicologica presentano tutti un disa-gio psicologico o di studio che, in alcuni casi, sirivela espressione di un disturbo di altro tipo.I problemi che maggiormente emergono ri-guardano disturbi dell’umore, del sé, dell’identi-tà di genere, dei comportamenti alimentari.Nella maggior parte dei casi, il disagio vissu-to dallo studente può dar luogo al ritiro dallenormali e regolari attività quotidiane, disagionell’affrontare o proseguire le attività di studio,blocco nella realizzazione dei progetti persona-li e professionaliIl blocco nello studio e l’insuccesso nel rendi-mento alle prove d’esame nella maggior partedei casi sono correlati allo stato di malesse-

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re che gli studenti vivono. Essi rappresentanospesso “il campanello d’allarme” rispetto aproblematiche più profonde che danno luogoa scarsa autostima, a difficoltà di adattamento edi organizzazione dello studio, a demotivazionee quindi ad insuccessi che spesso si ripetono.Nel corso dei colloqui di counselling, la pos-sibilità di riconoscere e rivedere se stessi e leproprie difficoltà e di affrontarle con maggioreconsapevolezza, in diversi casi, dà luogo ad unaripresa proficua e soddisfacente delle attivitàdi studio; ciò avviene soprattutto negli studentiche non presentano disturbi di elevata gravità,ma un disagio che crea frustrazione ed insoddi-sfazione e specifici problemi nell’organizzazio-ne dello studio.Da un’analisi qualitativa dei dati è emerso l’ele-vato livello di soddisfazione e l’efficacia del ser-vizio, dimostrata dal raggiungimento da partedegli studenti del riconoscimento delle propriereali difficoltà e delle risorse per affrontarle,nonché di una nuova motivazione alla ricerca dipercorsi di approfondimento che in alcuni casirisultano indispensabili.

Conclusioni

L’esperienza di consultazione con gli studentiha posto in evidenza problemi solitamente os-servati in quella che è definita una popolazionedi tardo-adolescenti e giovani adulti.In questa cruciale fase della vita, i giovani sonoimpegnati in compiti evolutivi e gestione delleconflittualità coinvolti nello strutturarsi dell’i-dentità adulta. La fase della tardo-adolescenza,come afferma Blos, sembra connotarsi comeun periodo di crisi in cui il soggetto tende aricercare una maggiore integrazione di conflit-tualità infantili irrisolte le quali devono neces-sariamente essere affrontate perché l’identità

adulta possa strutturarsi e definirsi (Blos, 1971).Talvolta, sotto la pressione dei nuovi compitievolutivi, di cui il giovane deve farsi carico, pos-sono evidenziarsi problematiche e disturbi nonemersi prima.Dalla nostra esperienza osserviamo l’emergeredi conflittualità intense, concernenti in partico-lare la sfera delle problematiche separative epiù in generale la costituzione ed il consolida-mento dell’identità, collegata ai compiti matu-rativi specifici della fase evolutiva.Le difficoltà concernenti l’area dell’apprendi-mento, che rappresentano una delle motivazio-ni centrali della richiesta di consulenza psico-logica da parte degli studenti, possono esserecomprese e lette alla luce delle più generaliconflittualità evolutive che riguardano questafase della vita.Il setting in ambiente universitario, ponendol’esperienza di consultazione fuori dal sistemasanitario, permette ai giovani di esprimere leproprie problematiche o difficoltà in un con-testo che è essenzialmente di formazione e dicrescita. Ciò da luogo ad una concezione dinormalità e non di patologia che favorisce larichiesta d’aiuto e l’espressione del proprio di-sagio, dando la possibilità di affrontarlo e supe-rarlo per riconoscere e affermare aspetti dellapropria identità adulta e proseguire il propriopercorso verso la realizzazione di un progettodi vita.Possiamo perciò definire l’attività del counsel-ling psicologico con la definizione usata da Ro-ger er a re a ione d ai o na i a ionein cui uno dei partecipanti cerca di favorire, inuna o in ambedue le parti, una valorizzazionemaggiore delle risorse personali del soggettoed una maggiore possibilità di espressione, inun adeguato e autentico clima di autodetermi-nazione e responsabilizzazione”.

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Angela CostabileProf. Ordinario di Psicologia dello SviluppoDelegata del Rettore per le attività di OrientamentoUniversità della Calabriaange a.co abi e nica .i

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o prediliggo fare quello che tu stai facen-do ora eggere. i ccede di an o in an-to, però di imbattermi in disquisizioni sullescienze psicologiche che non sempre capi-sco, anche se mi sembrano belle e sofisti-

cate, oppure di trovarmi sotto gli occhi articolitalmente specifici che non vanno un millimetrooltre il contesto stesso e che nulla servono aigiovani colleghi, figurarsi agli anziani (si, fra di noicominciano ad esserci colleghi anziani). Per que-sto fra scrivere e leggere preferisco, di gran lun-ga, la seconda opzione.A volte sento la necessitàdi scrivere, quasi sempre quando mi imbatto indelle corbellerie, che non hanno fondamentoscientifico, ma sono presentati come certezzedimostrate e dal valore incontrovertibile, allorami arrabbio e comincio a pensare come confu-tare le assurdità lette; faccio mentalmente unascaletta, ma dopo alcuni giorni mi calmo, perchépenso che si sia scritto già quasi tutto e temoche il mio punto di vista potrei esprimerlo inmodo non perfettamente chiaro ed apparire, amia volta, banale. Da anni ho come argomentodi studio la depressione ed i miei dubbi sonotanti. Ho ancora nelle orecchie le parole di ung r de a ico armaco era ia c e a eri a a

di FRANCeSCO MeGNA

Si fa presto a dire: “È depressione”

Nella demenza e nelle cerebropatie frontali possono esserci degli stati comportamentali che senzala diagnostica e le conoscenze neuropsicologiche rischiano di essere scambiati per depressione ecome tali trattati per anni.L’errore diagnostico,oltre che aggravio di spesa per il SSR,è danno per ilpaziente e per i familiari e,soprattutto,espone tutti costoro a gravi rischi.

Parole Chiave e dodemen a e dode re ione ano ogno ia de ici n ioni e ec i e.

depressione è una malattia; è a tutti gli effetti unamalattia come la polmonite e,come la polmonitesi cura con gli antibiotici, la depressione si curacon g i I . on c c e dire be i ogi mo.Peccato che la premessa maggiore dello stessosia ancora tutta da dimostrare e, chiaramente,sballate sono le successive conclusioni. In certetrasmissioni televisive pubblicitarie camuffateda talk-show scientifico-divulgativi la figura del-o ico era ae a eni a deri a o ero inge-nuo, credeva, stregonescamente, di curare conle parole una malattia organica, anzi meglio, bio-chimica; si dava e continua a darsi come ormaidimostrato scientificamente che si tratti di unproblema a livello della ricaptazione della sero-tonina. La scienza, quella dei salotti televisivi, lastessa degli interessi economici non dichiarati,aveva accertato che il depresso era un amma-lato.Poi nel corso degli anni questi divulgatoriscientifici ci hanno informato che la cura deide re i anda a a a in modo combina o afarmacoterapia guariva e la psicoterapia dovevaconsolidare il risultato. Da alcuni anni asseri-scono che la farmacoterapia darà la spinta alpaziente a farsi aiutare e quindi, dopo, a cercareo ico era e a

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Tu ne hai visti? A me capita di vederne tanti, madavvero molti, quasi tutti con intossicazione ia-trogena o che dopo anni di trattamento hannoraggiunto il solo risultato di non riuscire piùa smetterne l’assunzione.Accidenti, ho perso il

o or e re io ono da in erire ne no erodei colleghi anziani, però questo aspetto va ri-a ron a a o in modo i e a i o a e o conan ia ana i n o o ange o de dico-no che farà miracoli. Si dice che moltiplicheràil numero delle malattie e con esse il pane edil pesce fresco per chi dello psicofarmaco vive.Nel frattempo, sempre indignato, ho letto, hofatto tanti schemi di quello che avrei volutoscrivere e dei paradigmi che intendevo confuta-re ed ho rinviato, rimandato e poi procrastina-o ono igro. ggi er e er e o o deci-

so di scrivere,mi sono imbattuto nell’ennesimocaso di persona anziana trattata da circa cin-que anni con multiterapia psicofarmacologica,antidepressiva-ansiolitica-anticomiziale, benchèseguita da professionisti che personalmentestimo che lavorano alla presenza (o assenza?)di colleghi psicologi, quando in realtà è in attouna demenza in fase avanzatissima con persinol’identità personale compromessa. È impossibi-le che sia depressa una persona che non sa piùchi sia, che ha deficit dell’identità personale, chemagari, presentando autoprosopoagnosia, nonsi riconosce allo specchio.Succede, anche se raramente, nostante la let-tura citi questi casi come se fossero tantissimi,che delle persone appaiano dementi quando lareale patologia sia una depressione non diagno-sticata o quella sottotraccia (la terribilmentefamosa “depressione mascherata”), uno squili-brio ormona e o na caren a n ri iona e ertali casi è stata formulata la dizione PSEUDO-DEMENZA.Con queste riflessioni, invece, voglio porre l’at-tenzione su una ben più vasta pletora di pa-zienti, quelli a cui viene erroneamente postala diagnosi di depressione, e come tali, quasisempre trattati solo farmacologicamente, e peranologia con quanto sopra detto, credo che siail caso di designarla come PSEUDODEPRES-SIONE.

Il DSM-IV-TR dedica le pagine comprese fra la375 e la 459 ai disturbi dell’umore e continuan-do a definirsi “a-teoretico”1, non dice cosa siala depressione,mentre descrive,molto somma-riamente, come identificare gli episodi di altera-zione, senza distinguere fra disturbo affettivo edisturbo dell’umore. Più episodi, ma anche unosolo,possono essere inquadrati come DISTUR-BO DEPRESSIVO MAGGIORE. Il testo rilevasolo i sintomi, ne consegue che l’intervento te-rapeutico sottaciuto badi solo al controllo dellemanifestazioni riscontrate.“Il Disturbo Depressivo Maggiore è caratteriz-zato da uno o più Episodi Depressivi Maggiori(per almeno due settimane umore depressoo perdita di interesse, accompagnati da alme-no altri quattro sintomi depressivi)”2. Il DSM-IV-TR con questi criteri, di cui si riportano gliaspetti più significativi, determina l’Episodio

e re i o aggiore“A. Cinque (o più) dei seguenti sintomi sonostati contemporaneamente presenti duranteun periodo di 2 settimane e rappresentano uncambiamento rispetto al precedente livello difunzionamento; almeno uno dei sintomi è co-stituito da 1) umore depresso o 2) perdita diinteresse o piacere.

o a on inc dere in omi c iaramen e do-vuti ad una condizione medica generale o delirio allucinazioni incongrui all’umore.1. umore depresso per la maggior parte del

giorno, quasi ogni giorno, come riportatodal soggetto.

2. marcata diminuzione di interesse o piace-re per tutte, o quasi tutte, le attività per lamaggior ar e de giorn

3. significativa perdita di peso, senza essere adieta, o aumento di peso

4. insonnia o ipersonnia quasi ogni giorno5. agitazione o rallentamento psicolmotorio6. faticabilità o mancanza di energia7. sentimenti di autosvalutazione o di colpa

eccessiva o inappropriati8. ridotta capacità di pensare o di concentrar-

si, o indecisione9. pensieri ricorrente di morte (non solo pau-

ra di morire), ricorrente ideazione suicida-

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ria senza un piano specifico, o un tentativodi suicidio, o l’ideazione di un piano specifi-co per commettere suicidio.

B. I sintomi non soddisfano i criteri per un Epi-sodio misto.C. I sintomi causano disagio clinicamente signi-ficativo o compromissione di funzionamentosociale, lavorativo o di altre aree importanti.D. I sintomi non sono dovuti agli effetti fisio-logici diretti di una sostanza (per es. droga diabuso, un medicamento) o di una condizionemedica generale 8per es., ipotiroidismo).E. I sintomi non sono meglio giustificati da Lut-to, cioè, dopo la perdita di una persona amata, iin omi er i ono er i di 2 me 3.

Come risalta evidente agli occhi affinati a tro-vare le discordanze, i sintomi 3-4-5 del puntoA sono rappresentati da opposti. Non ricordoche lo scienziato del talk-show dicesse che lapolmonite ci fosse con ipertermia o ipotermia,deficit respiratori o iperventilazione, indifferen-temente con un sintomo, ma anche con il suoo o o. A ro o i o co a o o o di nsintomo?Ho inteso qui riportare parte dello schema delDSM IV TR proprio per evidenziare che, nono-stante la condraddittorietà di questo strumen-to, chi fa diagnosi di depressione negli anziani,nei traumi cranici, nei cerebropatici, ect, ignoraa i o o a on inc dere in omi c iara-

mente dovuti ad una condizione medica gene-ra e . or e c e g i e en i cerebro a o arinon appartengano a questa categoria? Si arrivaall’assurdo che la psichiatria biologistica pur diaccaparrarsi il trattamento farmacologico di unpaziente, parta da una manifestazione che ritie-ne affettiva, da inquadrare in ambito psicologico(relazionale, psicodinamico, socio-economico odel ciclo di vita), la trasformi in un’alterazionedell’umore e curi il sintomo come tale igno-rando il resto della persona, persino lo stessoencefalo.“La distinzione fra le turbe delle facol-tà cognitive (turbe del pensiero) e quelle deglistati d’animo (turbe dell’umore) ha rappresen-tato una tappa importante nei primi tentatividi stabilire una classificazione moderna dellemalattie menali. Nella classificazione clinica, il

termine umore si riferisce ad uno stato d’ani-mo persistente, che può durare settimane opiù, mentre vengono denominati stati affettivi(o reazioni affettive) gli stati d’animo transitorio momen anei di na er ona. i direche gli stati affettivi stanno all’umore come iltempo (piovoso o soleggiato) sta al clima (tro-picale, temperato o freddo)”4.In queste riflessioni non prendo in nessunaconsiderazione le varie scale per la rilevazionedella depressione, largamente utilizzate, soprat-tutto in ambito geriatrico, ma dall’attendibilitàuguale a zero, anche se c’è chi si ostina a consi-derarle dei test e sulla scorta di esse formularediagnosi5.La consapevolezza di un bisogno, o di un de-siderio, è il motore dell’agire intenzionale. Lavolizione necessita, quindi, della consapevolezzadella propria situazione, di cosa si vorrebbe, dicome si vorrebbe cambiare, cioè di un pianoesecutivo. L’esecuzione del progetto, a sua vol-ta, necessita che la persona sia idonea a veri-ficare passo-passo i progressi, o i regressi, delsuo agire e modificare quanto non rientra nellesue attese; il tutto presupponendo che siano in-tegre le funzioni attentive e la working memo-ry, ma non si può trascendere dall’integrità del-la memoria prospettica (il “ricordo” del futuro,ricordare cosa di deve fare), sia di quella basatasull’evento, che di quella basata sul tempo. Unapersona con danni della “memoria prospettica”,c e embra n arado o a memoria de -

turo), può organizzare la propria quotidianità efare progetti a breve, medio e lungo termine?Succede che la persona con danni frontali nonpossa essere più in grado di programmare lapropria quotidianità e che, quindi, non agisca,semplicemente perché non “sa” più cosa fare,oppure nell’ipotesi, per assurdo, che lo sapesse,non sappia “quando” farlo, oppure non “sa” selo ha appena fatto.Il paziente con danni delle funzioni esecutive,sempre che non ci sia una demenza conclama-ta, per tutto l’agire di risposta automatica aglistimoli ambientali non evidenzia difficoltà alcu-na, avendo nel proprio repertorio procedura-le modelli comportamentali adeguati già usati

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in passato. La situazione diventa problematicaallorquando ci sono elementi di novità che larendono percettivamente diversa dal solito,quando la persona deve analizzare il nuovocontesto, riposizionarsi ed effettuare la sceltase perseverare in quella che era la risposta au-tomatica o attivare nuove procedure.Non ti sembri rara o strana la situazione.Ti èmai successo di percorrere un tratto di stra-da frequentata quotidianamente, ma imbocca-ta da un accesso diverso, magari 10 km prima?Quando si arriva nel tratto noto si ha un sensodi estraneamento che può durare anche perparecchi minuti. Il panorama è il solito, ma tiappare diverso, farai le stesse manovre di guida,ma non sarai in “automatico”, oppure imma-gina di percorrere lo stesso tratto ad un’oraer a rima o a di er a da e a con e a

necessariamente ti sembrerà tutto diverso. Intale stato si trova, escluse le situazioni abituali,che hanno la stessa gestalt, la persona che nonriesce a prevedere o ipotizzare il suo prossimoed immedia o ro o or renden e in-comprensibile, nuovo.“Per gli psicologi è stato più difficile valutareabilità più complesse di pianificazione e di or-ganizzazione- alcuni malati frontali superanotutti i test di laboratorio sulle funzioni frontali,anche se manifestano deficit gravi e chiari nellagestione della loro vita di tutti i giorni.”6

In questo scritto non voglio affrontare l’argo-mento delle localizzazione neurologiche deidanni cognitivi, compito che lascio volentieri airicercatori, né delle tecniche, degli strumenti odei test per la valutazione neuropsicologica deideficit delle funzioni esecutive, ma solo, e sem-plicemente, asserire che bisogna distinguere idanni dei domini esecutivi dalla depressione.Un siffatto grave errore diagnostico potrebbea ere e e i de a an i i a ien e ed i oi a-miliari, il primo spesso già anosognosico di suo,a causa dello stesso disturbo, ma anosognosi-ci anche i secondi con motivazioni emotive ocognitive, troverebbero nello specialista inter-pellato un rassicuratore sulla gravità del deficitesistente, ma, cosa, se possibile ancora più gra-ve, con la diagnosi di depressione ed il relativo

trattamento psicofarmacologico di stimolazio-ne-attivazione, si rischierebbe di dare inizio adattività, comportamenti e situazioni di difficilegestione. L’incolumità del paziente, quella deifamiliari, di chi gli sta vicino, e quella di ignaricittadini (pensiamo se il paziente guida o ha incustodia un’arma) potrebbero essere messe inpericolo. Immaginiamo quante sono le situazio-ni quotidiane di normale attività e come queste,se compiute da persone con danni della pianifi-cazione-escuzione, potrebbero trasformarsi inmomen i ne a i an iana c e decide di a a-re il lampadario, perché lo ha sempre fatto aprimavera, o l’anziano che si inoltra nei boschiper raccogliere funghi o la banalissima praticadell’uso dei fornelli da cucina. Non possiamoconfondere l’inattività della persona, che i fa-mi iari de ni cono de re o non a i og iadi fare le cose, non cura più i suoi passatem-pi, non accudisce più il cagnolino a cui tenevacome ad un figlio”, per una patologia dell’affet-tività o dell’umore. L’inerzia patologica, quandosia possibile supporre secondaria ad un dannocerebrale (età avanzata, patologie cardio-circo-latorie, stili di vita abusanti, traumi cranici, ect)dovrebbe metterci sull’avviso.La depressione può presentarsi con sintomicognitivi? No! In modo chiaro, assoluto e senzaequivoci; non possiamo confondere il rallenta-mento, l’ipomotilità, con l’inabilità e la lentez-za con l’incapacità, la scarsa collaborazione omotivazione con il non sapere partecipare. Mase troviamo in concomitanza alla “depressio-ne” deficit cognitivi dobbiamo rivedere la pri-ma impressione e ricercare i danni cognitivi chesottendono tale stato. La neuropsicologia puòrilevare se ci sono danni cognitivi, anche se, avolte, tali pazienti possono superare le batteriedi test a cui li sottoponiamo ed essere, quin-di, “falsi negativi”, ma qualcosa emerge sempreda anamne i bi ogna a ere c iedere e oiascoltare, soprattutto, se ci sono stati episodistrani ed insoliti.“Fra le tante proposte per sistematizzare l’ar-gomento rimane attraente quella avanzata daKleist (1934) ed elaborata da Blumer e Benson(1975), che contrappone una “sindrome pseu-

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dodepressa”, con rallentamento e riduzione diogni attività (apatia, abulia, inerzia) e tono de-presso dell’umore, ad una “sindrome psicopa-tica”, caratterizzata da disinibizione (volubilità,scherzosità stolida, edonismo, anche sessua-le, egocentresmo impulsività,puerilità) e tonodell’umore euforico-maniacale”7

em re ne o e o e o . ag ioni Vo bi ifutilità e avventatezza per incapacità a formulareprogetti realizzabili e a perseguirli con coeren-za, indifferenza o tendenze a reazioni emotiveinadeguate, perdita di iniziativa, di originalità, dicreatività, sono gli elementi caratteriali descritticon maggiore frequenza nel paziente frontale”8.La persona con danni frontali, che non riuscendoper i motivi prima espressi a formulare proget-ti, e se li formula non riesce ad eseguirli, apparespesso, agli occhi non esperti o che giudicanosolo dalle apparenze comportamentali, acinetico,abulico, inerte. Le persone con danni frontali nonsi definiscono depresse, (anzi molti di queste-vedasi la nota 5- sono addirittura “maniacali”),mancano, comunque, della consapevolezza. Se,per caso, utilizza questa terminologia è che ripe-te i modi di dire degli altri del suo nucleo di vitasu di lui, il suo descriversi è privo della colorituranera caratteristica del vero depresso; il pazientesi definisce depresso, ma è come se la cosa nonlo riguardasse; non solo, è completamente privodell’idea suicidaria, mentre può parlare generica-mente della morte,argomento che trattano mol-ti anziani, alcuni di questi in modo scaramantico,altri perché ne hanno la consapevolezza da uma-ni. Di fondamentale importanza è che le personecon danni frontali, avendo deficit delle capacitàprogrammatorie ed esecutive non possono met-tere in atto tentativi autolesionistici e quando,ma molto raramente ci provano, i tentativi sonoincongrui, incompleti, se non addirittura goffi, mache comunque potrebbero esitare nella morte,non è detto necessariamente di chi ha cercatodi pianificare il suicidio. Non si vuole affermareche la depressione nell’anziano o nel cerebrolesonon esistano, anzi, personalità al limite, malattiecroniche o lentamente ingravescenti, solitudine,crolli emotivi possono essere all’origine di scelteautolesionistiche.Mai il paziente con danno fron-

tale farà, comunque, un piano suicidario. Il veropericolo,per loro, i familiari, i care-giver e, spesso,i vicini di casa, possono essere le dimenticanzeo altre azioni non adeguatamente ponderate. Unrischio vero, per es., è dato da una prosopoagno-ia mai diagno ica a en iamo ad na er ona

con una qualche arma (i coltelli sono di diffici-le reperimento?), se tale persona si sentisse inpericolo, non riconoscendo i familiari, anzi scam-biandoli per aggressori, in fondo sono quelli chelo “costringono” a fare cose di cui lui non sentenessuna necessità, non risulta possibile escludereuna reazione aggressiva.La persona è portata dai familiari all’osserva-ione de o ecia i a erc de re o

il tecnico si trova davanti una persona acine-tica, adinamica, abulica e apatica. La diagno-si sembrerebbe la più facile del mondo, ma ilpaziente asserisce che non ha problemi, men-tre il depresso aspetta il “LA” della stura perraccontare tutta la sua sfortuna, con dovizie diparticolari, ripercorre tutte le sue sofferenze,ci dice di tutti gli iniziali lievi miglioramenti etutti i successivi drammatici tonfi, rievoca tuttigli specialisti e tutte le terapie assunte, quandoripercorre le sue sofferenze, sembra inarresta-bile, è quasi “felice” di avere trovato chi adessolo guarirà, oppure ci manifestrà tutta la sua in-condizionata sfiducia. Il “depresso” ha memoria,corregge i familiari e tiene la scena mettendo alcentro la sua sofferenza; l’altro si chiede comemai sia stato trascinato lì, non è contrario, manemmeno gli interessa, se si fanno battute sem-plici, ride. Per contro, provati a fare sorridereun depresso, si attiverà immediatamente, macontro di te.“I deficit conseguenti a lesioni frontali possonoe ere raggr a i in ca egorie .1. incapacità di valutare, pianificare e pro-

grammare strategie per l’esecuzione di uncompito;

2. incapacità a passare da un concetto all’al-tro e da uno specifico comportamento aun altro;

3. incapacità di inibire risposte comportamen-tali automatiche non congrue con la situa-zione stimolo;

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4. incapacità di inibire reazioni emotive inade-guate;

5. disturbi dei processi attentivi volontari.”9

A questa catalogazione vanno aggiunti i deficitdella working memory e quelli della memoriaprospetticaQuindi, se ci sono danni frontali la persona ac-cetta, perché non sa opporre argomentazioni,non sa vedere alternative; il paziente con dannifrontali che appaia depresso non commenta lasua situazione a differenza di quello depressoche prova “piacere” nel raccontare le sue sof-ferenze.Altra caratteristica dei pazienti frontali è ladifficoltà ad elaborare nuove strategie di adat-tamento all’ambiente. Tali pazienti sono rigidi,ripetitivi e perseveranti. Il paziente frontalenon sa programmare azioni in nuova sequenzafinalizzate ad uno scopo preciso, sicuramentenon attua comportamenti complessi di tipoorganizzato, non ce lo dice e probabilmentese riuscisse a fare un piano non lo saprebbeeseguire, dovrebbe trattenerlo nella workingmemory ed usare la memoria prospettica persapere quando farlo ed in quale contesto met-terlo in opera.Credo che sia abbastanza evidente che a frontedi n a en a o erico o ine i en e i a ien-te depresso, se non trattato, potrebbe suicidar-si”, ce ne sono altri estremamente gravi e piùrea i a er ona c e er e a o ogie re en istile di vita, traumi cranici o qualt’altro appa-ia “depressa”, non avendo mai mostrato similesintomatologia, prima di essere trattata con an-tidepressivi necessita di diagnosi differenziale.a ra ica ormai an o in oga de a diagno i e

an ib a o amen e da car are 1 ne equattro settimane di periodo finestra in casodi trattamento con SSRI potrebbe succederedi tutto; 2) se l’iniziale ipotesi diagnostica erasbagliata, errata sarà la valutazione a posterioredel risultato; 3) si dà uno stimolo ad agire aduna persona che non sa e non può programma-re cosa fare, che non sa controllare quello cheha fatto e non sa valutare quanto avvenuto equanto dovrà fare; 4) si impedisce ai congiuntila consapevolezza della patologia esistente; 5)

si inibisce una, anche se improbabile, ma checomunque va sempre provata, riabilitazioneneurocognitiva; 6) si offre un trattamento chesi basa su un’ipotesi serotoninergica ancoratutta di dimostrare10; 7) si rischia di aggravare,ma questo da psicologo posso solo supporlo,un già precario equilibrio biochimico cerebrale,enendo meno a rinci io rim m non noce-

re”.A lungo si è disquisito, e qualcuno continua afarlo, se la depressione dell’umore possa prece-dere la demenza, altri si chiedono se la demen-za sia secondaria alla depressione, altri ancorasi domandono quando all’interno del proces-so dementigeno compaia la depressione, mail massimo è dato da coloro che ritengono ladepressione naturale reazione emotiva al deficitcognitivo. Miseria, ma come si può? La demenzaè caratterizzata dalle difficoltà di nuove acquisi-zioni, quindi è priva di consapevolezza che non èdata una volta per tutte, ma è dinamica, variabilecontestualmente alle situazioni esterne ed inter-ne. La depressione, invece, è sinonimo di con-sapevolezza, che fra l’altro è anche amara, sof-ferta, con sensazioni di ineluttabilità, impotenzadavanti alle situazioni temute. Per contro invecela demenza ed i danni frontali che potrebberoessere scambiati per depressione, possono es-sere caratterizzati da anosognosia, cioè assenzadi consapevolezza di malattia. Non è raro cheil paziente sia addirittura anosodiaforico, cioèche mostri indifferenza rispetto ai propri distur-bi, come se la patologia non lo riguardasse, cioèche ci sia incongruità fra quello che dice di sof-frire e come lo dice. In definitiva nella demenza,ma come abbiamo visto in quasi tutti i cosiddettidanni frontali, non c’è insight, mentre i distrurbidepressivi sono caratterizzati dall’avvitarsi intor-no ad una introspezione spietata e sofferta. Avolte persino i familiari sono anosognosici e giu-sticano con uno psicologismo da trasmissionetv i deficit del familiare. Nella sindrome frontalenon si riscontra una visione negativa di sé e delmondo,né intenzioni suicide,perché non ci sonointenzioni nel senso di progetto,né sentimenti diinsoddisfazione o di colpa. È dura da accettare,ma sono due entità nosologiche completamente

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distinte e come tale vanno affrontate, analizzate,diagnosticate e curate.La patologia rilevata se la si vuole diagnostica-re nell’ambito organico si può usare l’ICD 10e potrebbe essere inquadrata come “Disturboorganico di personalità”, se invece facciamo ri-ferimento al DSM IV-TR per classificare la sof-eren a o remmo are a di ione odi ca-zione della personalità dovuta a una condizionemedica generale”, “Disturbo mentale NAS dacondizione medica generale”, oppure “Distur-bo dell’umore dovuto ad una condizione medi-ca generale”, ricordandoci, però, che il manualeDSM presuppone che le diagnosi siano effet-tuate su tutti e cinque gli assi, mentre è ormaiconsuetudine limitarsi agli assi I e II, ignorandoin modo sistematico gli assi IV e V; sarà forseperché si vuole restare sull’ambito organico?Ma allora l’asse III va menzionato! Potremmo,congruamente, saltando tutti gli steccati, permeglio comprenderla e farla comprendere,per quanto possibile, ai pazienti ed ai familiari,sempre e necessariamente, definirla SindromeFrontale Disesecutiva. Personalmente prefe-risco definirla Deficit Neurocognitivi Multiplidelle Funzioni Esecutive. Ma non intendo im-pelagarmi in definizioni, precisazioni che lasciovolentieri agli studiosi, il mio fine è operativo eimi a o a a diagno ica o idiana di eren ia-re i disturbi derivati dai danni cerebrovascolaria probabile localizzazione frontale dalla depres-sione e dagli episodi depressivi.Ciò che è stato fin ora esposto dimostra chenei pazienti con lesioni alle aree prefrontali èdeficitaria la capacità di controllare le abilitàpercettive, motorie e linguistiche per mante-nere un comportamento appropriato ai diversicontesti sociali. Le caratteristiche principali ditali funzioni sono la capacità di elaborare in-terpretazioni astratte da stimoli concreti, lacapacità di inibire comportamenti semplici eautomatici e nella capacità di organizzare leproprie esperienze secondo criteri coerenti enuovi. L’alterazione di queste funzioni esecutive(funzioni frontali), ovvero la capacità di organiz-zare e pianificare il comportamento, è definitaSINDROME DISESECUTIVA.

La prova scientifica che l’inerzia patologica, l’in-capacità a progettare, a ricordare i piani, se maifossero stati immaginati, riguarda i danni frontali,ci è data da un Premio Nobel ottenuto proprioper una tale pratica. Spero che nessuno dei let-tori abbia il coraggio di dire che la leucotomiaprefrontale, intervento di neurochirurgia co-nosciuto anche come lobectomia o lobotomia,messo a punto da Antonio Egas Moniz nel 1936,dallo stesso ampiamente utilizzato e per la qualegli fu attribuito il Premio Nobel per la Medicinanel 1949, abbia un effetto antiserotoninergico.Lapratica venne successivamente resa più semplicee impiegata quasi porta a porta con interventi dioc i min i no i e o rom ig iaggio eni a

inserito appena sopra la palpebra ed andava arecidere le connessioni prefrontali e, quasi sem-pre, il paziente diventava docile11. imen ica onel suo periodo aureo la lobotomia era indicataanche per i casi di depressione.Gli interventi ai convegni e gli articoli sulla stam-pa,mi diceva un amico,devono concludersi sem-re dando eran e robabi men e in o e io

allo scientismo neo-positivistico imperante. Sta-volta voglio quasi obbedire a questa regola.Che fare in caso di pseudodepressione?

na diagno i corre a1. aiutare i familiari ad elaborare ed accettare

la nuova situazione;2. informarli delle capacità residue del con-

giunto;3. indirizzarli verso la riabilitazione neuroco-

gnitiva;4. istruirli sul come aiutare il paziente a fare

dei progetti e loro a fare da “navigatore”per la realizzazione degli stessi.

Così, partendo da una situazione di consape-volezza, si attenuerà l’ansia di tutti gli attoricoinvolti e si lenirà la sofferenza dell’anzianoo della persona con la cerebrolesione. Però ioi consigli raramente li seguo fino in fondo e,come si vede sopra, non è nel mio stile dare fal-se speranze, ma la corretta diagnosi (nel sensoetimologico), quella va data sempre.Cari colleghi, se siete nuovi alla neuropsicolo-gia, non abbattetevi se alla vostra diagnosi di“deficit delle funzioni esecutive” i familiari e i

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gli altri sanitari coinvolti, preferiranno quelladi “depressione” (che si ritiene possa essere“curata” ed è meno angosciante di altre dia-gnosi “nuove”), purtroppo vi contatterannoanni dopo, quando ci sarà una demenza avan-zata, forse aggravata da un trattamento errato,o sarete informati di un drammatico incidentecoin o gen e o e dode re o non are ecertamente soddisfatti di quanto sarà succes-so, ma saprete che il vostro lavoro era statoeseguito in modo corretto e che ancora di piùdovrete impegnarvi per migliorare.

Bibliografia

F.Amenta (a cura), Malattia cerebrovascolare e funzionicognitive,Wolters Kluwer Health Italy 2009

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C.TempleIl nostro cervello, Bari, Laterza, 1997eca i i a ore

Note

1. Pag. XV della presentazione DSM-IV-TR.2. Pag. 375 (terz’ultimo capoverso) DSM-IV-TR.3.Tabella a pag 387 del DSM IV - TR.4. Pag. 1196. KAndeL, SChwArtz, JeSSeLL, Principi di neu-

roscienze.5. Si può solo inorridire all’ipotesi che con la sommini-

ra ione di ca e da o i em i o oddi a odelle sua vita?” si possa trovare conferma ed emette-re la diagnosi di depressione.

6. C.temPLe, Il nostro cervello7. G. gAinotti, “Neuropsicologia delle emozioni” in

Denes-Pizzamiglio, pag 8248. P.FAgLioni,“Il lobo frontale” in Denes-Pizzamiglio pag

7499. E. LàdAvAS e A. berti, Neuropsicologia, p. 258.10. . o medicine.org ar ic ein o doi 10.13 1

o rna . med.00203 211. Emblematico è il caso di Rosemary Kennedy, sorella

del più famoso John Fitzgerald Kennedy.

Francesco Megnarancomegna ibero.ie a oro 0 2 2 2 2

ce 32 2 0

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Mi ha incuriosito molto il titolo dell’ultimo la-voro di Daniel Pennac – Storia di un corpo, 2012Feltrinelli Editore.Conoscendo alcune delle sueopere centrate sul personaggio Malaussène, dicui racconta le disavventure con tono lieve macon una tecnica di scrittura molto originale, misono chiesto, sfogliandolo, quale imprudenzaabbia potuto guidare questo autore ad avven-turarsi in un tema così complesso e ricco di si-gnificati per noi psicologi.Alla fine della letturami sono dovuto convincere che Daniel Pennacera in possesso di tutti gli strumenti tecnici ecreativi per trattare il tema.Storia di un corpo è letteralmente centrata sulcorpo del personaggio che a partire dall’età di 13anni, comincia a scrivere un diario.“Voglio scrivereil diario del mio corpo perché tutti parlano d’altro…quelli che tengono un diario, come Luc o Françoi-se, parlano del più e del meno, delle emozioni, deisentimenti, di storie di amicizia, di amore, tradimen-ti…ma non parlano mai del corpo”. Non sapre-mo mai il nome dell’io narrante né il lavoro chesvolge. Tutto quello che sapremo della sua vitaleggendo il libro, lo apprenderemo attraverso levicissitudini che hanno una qualche interazionecon il suo corpo. L’io narrante ci accompagna

ngo o i ercor o de a a ici e o -zione, sensi, dolori, piaceri. Decide di scrivere ilsuo diario quando perviene alla consapevolezzadel corpo. Consapevolezza che si materializzaper mezzo delle formiche che percorrono il suocorpo legato ad un albero, con il terrore chepossa essere divorato, al quale è stato immobi-lizzato dai suoi compagni scout quando, all’etàdi tredici anni, nel 1936, giocando alla guerra, lohanno fatto prigioniero. La vergogna dopo es-sere stato liberato, per le manifestazioni intem-

di FRANCeSCO LANDO

Il corpo

pestive del corpo e le urla di terrore che nonhanno reso onore all’uniforme degli scout, con ilconseguente allontanamento, hanno dato avvioa e o diario e e o inci i “Non avrò piùpaura, non avrò più paura, non avrò più paura, nonavrò MAI più paura”.Giorno per giorno l’io narrante racconta illungo viaggio attraverso le esperienze del suocorpo dalla prima eiaculazione notturna che ilpapà definisce il futuro che arriva, alla questionedel seno (delle donne). ai comba imen i di bosul ring del collegio dove è stato mandato dauna mamma anaffettiva e da un padre malatoe distratto, che rappresentano lo psicodrammadella sua lotta fisica contro la paura; alla sco-perta delle sensazioni fisiche del lavoro intel-e a e il silenzio vibrante dei libri, la peluria dellepagine sotto i polpastrelli, lo scricchiolio del penninosulle fibre di carta, il profumo acre della colla…così di seguito a descrivere per un intera pagi-na sensazioni propriocettive fini che allargano iconfini della consapevolezza di tutto ciò che ilcorpo può percepire.Poteva mancare in questo viaggio l’incontrocon le teorie della connessione mente-corpo,della psicosomatica? No, ecco infatti come ilnarra ore raccon a a a origina e eoria “die-tro la lettura univocamente psicosomatica si scorgein filigrana un’idea vecchia come il cucco: i mali delcorpo come espressione delle tare del carattere. Lavescica biliare del collerico, le coronarie esplosivedell’intemperante, l’Alzheimer inevitabile del misan-tropo… non soltanto malati, ma colpevoli di esser-lo!… È il tuo super-io a ucciderti.Alla fine della piacevole e scorrevole lettura,perché il tono di levità l’Autore lo conservatutto in questo libro, varie e contraddittorie

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possono essere le riflessioni e le sensazioni chesuscita. Da un lato viene da domandarsi tuttoqui? È tutta qui la compiutezza di una vita vis-suta? Eppure l’io narrante non trascura vera-mente nessun particolare della vita attraverso ilcorpo. Forse la risposta a questa domanda la sipuò trovare tornando all’inizio del libro, quan-do l’io narrante scrive alla figlia una lunga lette-ra di commiato che allo stesso tempo è il pro-prio testamento, dove il lascito è rappresentatodal suo diario-corpo. Ma questo sicuramentenon basta a soddisfare il bisogno di conoscenzadi chi legge questo libro con l’occhio di unopsicologo. Si avverte allora la necessità di ap-profondire il tema fondamentale dell’intrecciointimo del corpo, della fisicità, della materia, allaincorporeità, alla impalpabilità delle emozioni,dei sentimenti.Bisogna andare, allora, a togliere dallo scaffaledella libreria il saggio di Umberto Galimber-ti Il Corpo, Edizioni Feltrinelli 1987. Quando siprende in mano questo libro si avverte, primadi aprirlo, la cognizione che lo psicologo è chia-mato ad un impegno nella propria formazione,che abbia come sfondo un percorso culturale,accanto a quella tecnico-scientifico, che altreprofessioni sanitarie non hanno la necessità dipercorrere. Si pensi ai richiami intorno alla co-noscenza delle tragedie greche che la famosateoria del complesso edipico di matrice freu-diana richiede per capire quanto meno di cosasi stia parlando.Ma veniamo a questo fondamentale saggio diGalimberti. Si avverte già una vertigine di curio-sità al momento di scorrere l’indice dei vari ca-i o i Il Corpo in Occidente: l’equivalenza; Fenome-

nologia del corpo: l’ingenuità; Psicoanalisi del corpo:la presenza; Sociologia del corpo: l’iscrizione; Semi-ologia del corpo: l’ambivalenza. Ogni capitolo èintrodotto da un aforisma che anticipa lo spes-ore de argomen o ra a o a c e e em io

C’è più ragione nel tuo corpo che nella tua miglioresapienza (Nietzsche); Il corpo è l’oggetto psichicoper eccellenza, il SOLO oggetto psichico (Sartre).Vorrei intanto raccontare qual è stato il mioapproccio personale a questo testo. Mi è sta-to segnalato da un colto amico che proveni-

va dalla Normale di Pisa facoltà di IngegneriaElettronica. Me lo ha prestato con entusiasmoin un periodo della mia vita professionale e diformazione in cui in-seguivo, come penso lamaggior parte di quelli della mia generazione(credo!), strategie psicoterapeutiche che for-nissero risposte più o meno immediate ai bi-sogni di “guarigione” dei pazienti, cercando diincalzare in ciò l’approccio farmacologico deimedici psichiatri – allora lavoravo in un SPDC.Chimica vs Com-prensione; Remissione deisintomi vs Cambiamento. L’ho restituito, dopouna sommaria lettura, con la spocchia di chinon ha tempo da perdere. La disillusione èarrivata con l’esperienza e la maturità e conqueste, la necessità di comprare il libro di Ga-limberti.Riassumere il pensiero di Galimberti in questao era n im re a ard a e da n a o cocomplesso e profondo, dall’altro è puntigliosa-mente esaustivo. Dopo essersi convinti di averafferrato attraverso un concetto la sintesi diun intero capitolo, ci si accorge di quanto siariduttivo nel momento in cui lo si visualizza at-traverso la scrittura nel breve passaggio di unarecensione. Pertanto, mi limito qui a segnala-re brevi ma significativi passaggi che hanno loscopo di solleticare la curiosità e riprenderein mano, come dicevo, questo testo a chi giàlo possiede o fornirsene e studiarlo a chi nonlo possiede (sconsiglio l’edizione economica, èstampata con caratteri piccolissimi).Nel primo capitolo G. fa riferimento al testo diun antropologo nel quale racconta di un missio-nario che chiede ad un indigeno “Insomma nonè forse la nozione di spirito che abbiamo portatonel vostro pensiero?” e l’indigeno “No, noi cono-scevamo già l’esistenza dello spirito…quello che ciavete portato è il corpo”. Ma che nozione di cor-po aveva portato il missionario? Se indaghiamol’universo simbolico delle società primitive nontardiamo a renderci conto che per loro il cor-po non era quell’entità anatomica che noi co-nosciamo come qualcosa di isolabile dalle altreentità che compongono il mondo oggettivo eche identifichiamo come sede della singolaritàdi ogni individuo, ma sempre un corpo comuni-

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tario, dove ogni singolo corpo trovava, proprioin questa circolazione, non tanto la sua identitàquanto il suo luogo.Andiamo al capitolo della Psicoanalisi del cor-po. Questo è il capitolo che ovviamente megliofornisce le chiavi di lettura e di interpretazio-ne del romanzo di Pennac. Da questo capito-lo traggo un passo dal paragrafo “il corpo e lacomplicità della carne” che dovrebbe solletica-re, come detto, la curiosità di approfondimentointorno alla sfera sessuale, della quale La storiadi un corpo, come è facile prevederlo, è ampia-men e ra a a se con Freud crediamo che la sto-ria sessuale di un uomo fornisce la chiave dellasua vita, è perché nella sessualità di un uomo cisono le tracce del suo modo di essere al mondo.Generalizzando la sessualità non si intende direche tutta l’esistenza ha un significato sessuale, mache nelle manifestazioni sessuali sono ravvisabi-li le prime tracce e le direzioni di fondo che poil’esistenza è andata via via assumendo, altrimentinon si comprenderebbe come mai, non appena unmondo si destruttura e un’esistenza diventa nevro-tica, le prime tracce di questo dramma incipiente siavvertono nelle disfunzioni sessuali, quasi la carneraccogliesse in sé e custodisse i più profondi segretidel corpo.Il tema del corpo ricorre anche nel libro chela collega Francesca Zinno ha scritto a quattromani con Caterina Filardo, musicista e musi-coterapeuta, Giro armonico di Re lazione – Lui-gi Pellegrini Editore,2012. Il tema di un corpoferito, umiliato, annichilito da uno stupro “dovesoprattutto il corpo è stato il mezzo attraverso cuisi è scaricata la violenza ed è diventato espressio-ne manifesta del suo malessere”. È evidente giàin questo primo passaggio la funzione di traitd’union che il saggio di Galimberti svolge traquesto testo di Francesca Zinno e il preceden-te di Pennac.

Francesca Zinno e Caterina Filardo ci propon-gono una testimonianza di approccio terapeu-ico in egra o ra di ci ine di er e i e ing

superati i confini dell’allenza terapeutica dua-le terapeuta-paziente, si trasforma in all’alle-anza di terapie-paziente. La chiave del librova cercata nella necessità di dare parola ad uncorpo (di donna, ferito nella propria identità digenere) che ha subìto un insulto così profondo,come lo stupro, dove la mente razionale cheorganizza l’espressione verbale, ha superato iconfini delle proprie possibilità per esprime-re-descrivere il trauma attraverso la parola.La musica sollecita già nell’ascolto, per la suaessenza, il linguaggio del corpo, fosse anche ilmovimento ritmico di una mano nell’accompa-gnare le sensazioni che essa induce, per nonparlare del ballo. Quando la musica si fa terapiadiventa la guida del corpo alla ricerca del pro-prio suono che forma il linguaggio per tradurrei sentimenti più profondi - in questo caso si po-trebbe aggiungere pietrificati quindi senza possi-bilità di espressione - dell’anima. Questo lavoroassume le forme, come scrivono le Autrici, di“un caso in cui l’approccio scientifico-metodologicointrapreso individualmente dalle due figure di curaha superato i confini di intervento aprendosi ad al-tre prospettive teoriche e tecniche. Coincidenti nelfacilitare un clima di scambio e di confronto scevroda pregiudizi, che ha finito per essere elemento diforza, di cambiamento e di crescita nell’aspetto dicura e nella relazione tra le figure di cura”.La soddisfazione è che questo esperimento siastato eseguito da una collega della Calabria, dauna collega che presta la propria attività profes-sionale presso un Consultorio Familiare, luo-go istituzionale aperto libero e gratuito in cui lepossibilità che venisse attuato sono maggiori diqualunque altro Servizio.

Francesco LandoDirigente Psicologo, Consultorio familiareASP 5 Reggio Calabriavia Lombardi, 6 Polistenaco ando a amai .com

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INMEMORIA

DI Ricordando il collega e amico

GIANNI CARUSO

Un Collega perché la sorte ha voluto cheesercitassimo la stessa Professione, anche seil modo, la passione, la competenza, l’umanitàcon le quali Gianni esercitava la nostra comuneattività erano ben diverse e superiori di molto.Uno sviluppo professionale che lo ha portatoai vertici professionali, accompagnato però dauna umiltà, da una tensione etica, da uno spiri-to attivo, da una partecipazione e curiosità chenon lo ha mai abbandonato.Pur all’apice della professione non ha mai smes-so di studiare, di approfondire le competenze,di aprire nuove strade.Maestro nella sua grande capacità di insegnare.Lo ricordiamo e lo abbiamo apprezzato in tanti.Dai neo laureati e allievi specializzandi, ai colle-ghi che già lavoravano. Ha saputo farsi apprez-zare all’interno della nostra categoria.Ma ha ottenuto riconoscimenti altrettanto im-portanti nella sua funzione di docente ancheda altre categorie. Medici, infermieri, dirigenti,appartenenti alle forze dell’ordine, studenti, an-ziani. Per non parlare degli utenti e dei pazienti,che seguiva e guidava con determinazione, af-fetto e competenza. Una competenza che an-dava ben oltre la qualità necessaria per essereconsiderato un ottimo professionista.Lascia un vuoto ma anche un esempio. Amavala nostra professione. Quante volte ci confes-sava lo spirito che, secondo lui, avrebbe dovutoanimare ogni singolo psicologo. Curiosità, dedi-zione, umiltà. Caratteristiche e doti indispensa-bili per essere uno psicologo.Ma psicologo non si diventa per aver consegui-to una laurea. Professionista Psicologo si diven-ta con l’esercizio costante nel corso di anni edi decenni. Gianni ci diceva che non si deve maifinire di crescere sul piano professionale.

Ecco ciò che ci lascia. Un esempio per noi tutti.Un esempio che deve trasformarsi in impegnocostante e quotidiano.Ma è l’amico che ci manca. Ci manca il suo ot-timismo, la sua capacità di guardare molto piùin là di quello che normalmente siamo in gradodi fare; l’abnegazione totale di cui era capace,la capacità di “stare vicino”, senza distinzionedi ruoli e di stato sociale. Un’amicizia fatta dimille e mille episodi che non si possono e nonsi devono raccontare. Fanno oramai parte diun “intimo” e “personale” che non deve esserescalfito. Possiamo solo condividere, con chi loha conosciuto, il grande affetto che ci legava, lastima, la fiducia, il sapere che su Gianni potevisempre contare, che non avrebbe mai tradito lafiducia riposta in lui.Un uomo e un amico davvero eccezionale.Nessuno degli aggettivi che ci possono aiutarea descriverlo a chi non ha avuto la fortuna diconoscerlo è dettato dalla retorica nella qualespesso si cade.

Non è il caso di Gianni. Ci ha lasciato. Ci hailasciato troppo presto.Troppo presto.Che la serenità che davi a noi ti sia compagna.

Ciao Gianni, i tuoi colleghi

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conversare con 3 Dall’esperienza regionale a quella nazionale: azioni e prospettive per la salvaguardia della professione Psicologo in ospedale e nei settori emergenti di AngelA PiAttelli

psicologi in cifre 7 Gli Psicologi calabresi: una comunità professionale in crescita di Armodio lombArdo

psico prevenzione10 Identificazione della tipologia di intervento più efficace nella prevenzione primaria dei disturbi dell’alimentazione di CristinA segurA gArCíA - FlorA sinoPoli

emdr e coppia18 La costruzione del legame di coppia: perché ci si sceglie? di AngelinA FunAro - steFAniA AlFAno - iolAndA mArtino

best practice22 Il Counselling Psicologico Universitario di AngelA CostAbile - PAolA mAnFredi

psico neuro diagnosi29 Si fa presto a dire: “È depressione” di FrAnCesCo megnA

recensioni37 Il corpo di FrAnCesCo lAndo

in memoria di40 Gianni Caruso

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PSICOLOGI CALABRESI UNA COmUNITà PROFESSIONALE IN CRESCITA

LA COSTRUzIONE DEL LEGAmE DI COPPIA PERChé CI SI SCEGLIE?

SI FA PRESTO A DIRE “È DEPRESSIONE”

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ANNO IV • N. 1-2Gennaio- Dicembre

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IL COUNSELLING PSICOLOGICO UNIVERSITARIO

IL CORPO

CONVERSARE CONPSICOLOGI E PSICOLOGIE A COLLOQUIO CON mARIO SELLINI SEGRETARIO NAzIONALE AUPI

S/CZ26/2010 Valida dal 18/05/2010

ANNO IV • N. 1-2Gennaio- Dicembre

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RIVISTA SCIENTIFICO-DIVULGATIVA DELL’ORDINE DEGLI PSICOLOGI DELLA CALABRIA

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