Le risorse alimentari del mare -...

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p robabilmente non sapremo mai se l'uomo utilizzò il mare prima come mezzo di trasporto o co- me fonte di alimenti. Fino ai nostri giorni comunque, esso è stato sfruttato unicamente per la pesca e la naviga- zione. In questo articolo intendo, dopo tutto quanto si è detto e scritto sulle nuove risorse del mare, richiamare l'at- tenzione su alcune cifre. Il reddito an- nuale che i pescatori di tutto il mondo ricavano dalla loro attività si aggira attualmente sugli 8 miliardi di dollari; a circa due volte tanto ammontano i noli di trasporto marittimo. Per con- tro, il valore del petrolio e dei gas estratti dal fondo marino è appena la metà di quello della pesca e l'intera produzione di minerali marini non rag- giunge i 250 milioni di dollari. La situazione attuale naturalmente è suscettibile di variazioni, anche se non sappiamo in che misura e con quanta rapidità. Ciò che è certo è che in fu- turo ci serviremo del mare più inten- samente e con una maggiore varietà di scopi. È importante inoltre che ce ne serviamo saggiamente in modo che ogni risorsa marina sia abilmente sfruttata, ma anche conservata. A questo scopo è necessario un regolamento internazio- nale, specie per quanto riguarda le ri- sorse viventi, quale che possa essere l'eventuale regime legale dei mari e dei sottostanti fondali. Lo scopo generale delle ricerche eco- logiche, a cui la biologia marina dà un contributo importante, è di conoscere e di utilizzare tutti i processi biologici che conferiscono al nostro pianeta il suo carattere precipuo. Il nostro inte- resse è più limitato e ha per obiettivo la vita marina come risorsa continua- mente rinnovantesi anzitutto di alimen- ti ricchi di proteine e di supplementi dietetici per noi e per gli animali do- mestici e in secondo luogo di materie prime e di farmaci. Spero di dimostra- re come in questo campo scienza, indu- stria e governi debbano collaborare ora ed ancor più nel futuro. Prima di ogni altra cosa, però, passerò in rassegna al- cuni dati riguardanti l'attuale industria della pesca, i criteri con cui è ammini- strata e la situazione delle relative co- noscenze scientifiche. L 'industria ittica produce circa 55 mi- lioni di tonnellate all'anno. Più del 90 per cento è costituito da pesci, il re- sto da balene, crostacei, molluschi e al- tri invertebrati. Anche se buoni quan- titativi di pesca sono ricavati pratica- mente da tutti i paesi costieri, i tre quarti della pesca mondiale provengo- no essenzialmente da 14 paesi, ognuno dei quali produce ogni anno oltre un milione di tonnellate e qualcuno molto di più. Tra il 1850 e il 1950 si è veri- ficato un incremento al ritmo medio di circa il 25 per cento ogni dieci anni e nell'ultimo decennio i prodotti ittici sono quasi raddoppiati (si veda la fi- gura a pag. 93). Oggi è scontato che il pesce è uno dei pochi alimenti prin- cipali, la cui produzione globale pre- senti un incremento che continua a su- perare il ritmo di crescita della popo- lazione umana. Anche l'utilizzazione del pesce ha subito delle variazioni. Benché alcuni prodotti di alto valore unitario, in quan- to alimenti di lusso (i crostacei, ad esempio), abbiano mantenuto o anche aumentato la loro importanza economi- ca relativa, la tendenza è verso un mi- nor impiego del pesce per uso diretto come cibo da parte dell'uomo e verso una sua maggiore trasformazione in fa- rina per l'alimentazione degli animali. Appena prima della seconda guerra mondiale, meno del 10 per cento del pesce pescato in tutto il mondo veniva trasformato in farina, nel 1967 la metà. Nello stesso periodo di tempo la quan- tità di pesce conservato con l'essicca- mento o l'affumicamento scendeva dal 28 al 13 per cento e il pesce venduto fresco dal 53 al 31 per cento. La per- centuale di consumo del pesce in sca- tola non si è quasi modificata, mentre quella del pesce congelato è salita pra- ticamente da zero al 12 per cento. Confrontata la situazione pre-bellica o immediatamente post-bellica con la presente, possiamo dare uno sguardo alla composizione del pescato per grup- pi di specie. Nel 1948 i pesci dell'ordi- ne dei Clupeiformi (aringhe, sardine, acciughe, ecc.), che vivono soprattutto in prossimità della superficie dell'ocea- no, costituivano il 33 per cento della pesca mondiale e venivano in gran par- te utilizzati per la fabbricazione della farina di pesce. Oggi la percentuale è salita al 45 per cento, nonostante l'esau- rimento di parecchie grandi riserve (nel Mare del Nord e al largo della Cali- fornia, per esempio). Un altro impor- tante ordine: quello dei Gadeiformi (merluzzi, naselli, ecc.), che vive in ac- que abbastanza profonde, forniva il 25 per cento del totale. Quantunque la pe- sca di queste specie sia aumentata, in senso assoluto, la percentuale è ora ri- dotta al 15 per cento; mentre i pesci dell'ordine dei Perciformi come le so- gliole e le triglie hanno raggiunto com- Un banco di pesci viene individuato dall'alto, di notte, mediante la bioluminescenza provocata dal movimento delle acque, da un aereo addetto alla sorveglianza che sorvola il Golfo del Messico a un'altezza di 1200 metri. La tenue luminosità viene amplificata circa 55 000 volte e trasmessa sullo schermo televisivo che si vede nella fotografia del- la pagina a fronte. Si tratta di un banco di aringhe dell'Atlantico. Il rilievo dei pesci dall'alto è uno dei tanti mezzi per incrementare l'efficienza della pesca, provati a Pascagoula, nel Missouri, base di ricerca dell'U.S. Bureau of Commercial Fisheries. Le risorse alimentari del mare L'industria ittica produce annualmente 55 milioni di tonnellate di pesce, la metà delle quali viene trasformata in farina. Uno sfruttamento razionale delle risorse del mare potrebbe quadruplicare la produttività di S. J. Holt 88

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robabilmente non sapremo maise l'uomo utilizzò il mare primacome mezzo di trasporto o co-

me fonte di alimenti. Fino ai nostrigiorni comunque, esso è stato sfruttatounicamente per la pesca e la naviga-zione. In questo articolo intendo, dopotutto quanto si è detto e scritto sullenuove risorse del mare, richiamare l'at-tenzione su alcune cifre. Il reddito an-nuale che i pescatori di tutto il mondoricavano dalla loro attività si aggiraattualmente sugli 8 miliardi di dollari;a circa due volte tanto ammontano inoli di trasporto marittimo. Per con-tro, il valore del petrolio e dei gasestratti dal fondo marino è appena lametà di quello della pesca e l'interaproduzione di minerali marini non rag-giunge i 250 milioni di dollari.

La situazione attuale naturalmente èsuscettibile di variazioni, anche se nonsappiamo in che misura e con quantarapidità. Ciò che è certo è che in fu-turo ci serviremo del mare più inten-samente e con una maggiore varietà discopi. È importante inoltre che ce neserviamo saggiamente in modo che ognirisorsa marina sia abilmente sfruttata,ma anche conservata. A questo scopoè necessario un regolamento internazio-nale, specie per quanto riguarda le ri-sorse viventi, quale che possa esserel'eventuale regime legale dei mari e deisottostanti fondali.

Lo scopo generale delle ricerche eco-logiche, a cui la biologia marina dà uncontributo importante, è di conosceree di utilizzare tutti i processi biologiciche conferiscono al nostro pianeta ilsuo carattere precipuo. Il nostro inte-resse è più limitato e ha per obiettivola vita marina come risorsa continua-mente rinnovantesi anzitutto di alimen-ti ricchi di proteine e di supplementidietetici per noi e per gli animali do-mestici e in secondo luogo di materieprime e di farmaci. Spero di dimostra-

re come in questo campo scienza, indu-stria e governi debbano collaborare oraed ancor più nel futuro. Prima di ognialtra cosa, però, passerò in rassegna al-cuni dati riguardanti l'attuale industriadella pesca, i criteri con cui è ammini-strata e la situazione delle relative co-noscenze scientifiche.

L'industria ittica produce circa 55 mi-lioni di tonnellate all'anno. Più del

90 per cento è costituito da pesci, il re-sto da balene, crostacei, molluschi e al-tri invertebrati. Anche se buoni quan-titativi di pesca sono ricavati pratica-mente da tutti i paesi costieri, i trequarti della pesca mondiale provengo-no essenzialmente da 14 paesi, ognunodei quali produce ogni anno oltre unmilione di tonnellate e qualcuno moltodi più. Tra il 1850 e il 1950 si è veri-ficato un incremento al ritmo mediodi circa il 25 per cento ogni dieci annie nell'ultimo decennio i prodotti itticisono quasi raddoppiati (si veda la fi-

gura a pag. 93). Oggi è scontato cheil pesce è uno dei pochi alimenti prin-cipali, la cui produzione globale pre-senti un incremento che continua a su-perare il ritmo di crescita della popo-lazione umana.

Anche l'utilizzazione del pesce hasubito delle variazioni. Benché alcuniprodotti di alto valore unitario, in quan-to alimenti di lusso (i crostacei, adesempio), abbiano mantenuto o ancheaumentato la loro importanza economi-ca relativa, la tendenza è verso un mi-nor impiego del pesce per uso direttocome cibo da parte dell'uomo e verso

una sua maggiore trasformazione in fa-rina per l'alimentazione degli animali.Appena prima della seconda guerramondiale, meno del 10 per cento delpesce pescato in tutto il mondo venivatrasformato in farina, nel 1967 la metà.Nello stesso periodo di tempo la quan-tità di pesce conservato con l'essicca-mento o l'affumicamento scendeva dal28 al 13 per cento e il pesce vendutofresco dal 53 al 31 per cento. La per-centuale di consumo del pesce in sca-tola non si è quasi modificata, mentrequella del pesce congelato è salita pra-ticamente da zero al 12 per cento.

Confrontata la situazione pre-bellicao immediatamente post-bellica con lapresente, possiamo dare uno sguardoalla composizione del pescato per grup-pi di specie. Nel 1948 i pesci dell'ordi-ne dei Clupeiformi (aringhe, sardine,acciughe, ecc.), che vivono soprattuttoin prossimità della superficie dell'ocea-no, costituivano il 33 per cento dellapesca mondiale e venivano in gran par-te utilizzati per la fabbricazione dellafarina di pesce. Oggi la percentuale èsalita al 45 per cento, nonostante l'esau-rimento di parecchie grandi riserve (nelMare del Nord e al largo della Cali-fornia, per esempio). Un altro impor-tante ordine: quello dei Gadeiformi(merluzzi, naselli, ecc.), che vive in ac-que abbastanza profonde, forniva il 25per cento del totale. Quantunque la pe-sca di queste specie sia aumentata, insenso assoluto, la percentuale è ora ri-dotta al 15 per cento; mentre i pescidell'ordine dei Perciformi come le so-gliole e le triglie hanno raggiunto com-

Un banco di pesci viene individuato dall'alto, di notte, mediante la bioluminescenzaprovocata dal movimento delle acque, da un aereo addetto alla sorveglianza che sorvolail Golfo del Messico a un'altezza di 1200 metri. La tenue luminosità viene amplificatacirca 55 000 volte e trasmessa sullo schermo televisivo che si vede nella fotografia del-la pagina a fronte. Si tratta di un banco di aringhe dell'Atlantico. Il rilievo deipesci dall'alto è uno dei tanti mezzi per incrementare l'efficienza della pesca, provatia Pascagoula, nel Missouri, base di ricerca dell'U.S. Bureau of Commercial Fisheries.

Le risorse alimentari del mare

L'industria ittica produce annualmente 55 milioni di tonnellate di pesce,la metà delle quali viene trasformata in farina. Uno sfruttamentorazionale delle risorse del mare potrebbe quadruplicare la produttività

di S. J. Holt

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Le maggiori aree di pesca marina sono 14: una nel Mediter-raneo e nel Mar Nero (a sinistra, in alto), due nell'OceanoIndiano (a sinistra), cinque nel Pacifico (al centro) e sei nel-

l'Atlantico (a destra). Grazie alla straordinaria espansione del-la pesca peruviana, il ricavato totale del Pacifico è attualmentedi circa un terzo superiore a quello dell'Atlantico. L'Oceano

Indiano, con una pesca totale di poco più di due milioni di tonnellate, in peso vivo,è la regione sottosfruttata più grande del mondo. Il numero posto sotto ogni denomi.nazione di area di pesca indica i milioni di tonnellate pescati nel 1967, secondo la FAO.

MEDITERRANEO EMAR NERO

1,1

°oPACIFICO SETTENTRIONALE

6,4

00„

ATLANTICONORD-ORIENTALE

10,2

ATLANTICONORD-OCCIDENTALE

4,0

.E•ATLANTICO

° CENTRO-OCCIDENTALE1,3

cr.PACIFICO CENTRO-

-OCCIDENTALE10,5

ATLANTICOCENTRO-

-ORIENTALE1,6

PACIFICOCENTRO-OCCIDENTALE

0,4

PACIFICO SUD--ORIENTALE

11,2 ATLANTICOSUD-OCCIDENTALE

1,3

ATLANTICOSUD-ORIENTALE

2,5

PACIFICO CENTRO--ORIENTALE

0,7

plessivamente il 15 per cento e tonnie sgombri il 7 per cento. Circa un quin-to della pesca totale continua ad es-sere riportato nelle statistiche sotto lavoce « varie », che comprende un grannumero di specie e di gruppi, tuttiquantitativamente scarsi, ma formantiun complesso notevole.

L'aumento della produzione di cro-stacei e di farina di pesce spiega un'al-tra spiccata tendenza nel quadro dellosviluppo dell'industria ittica. Un quintodel pescato del 1957 fu venduto suimercati stranieri; nel 1967 ne venneroesportati i due quinti per un valore di2,5 miliardi di dollari. Inoltre, duran-te lo stesso periodo, il contributo alcommercio internazionale da parte di

paesi meno sviluppati era salito da unsesto a oltre il 25 per cento. In granparte questi prodotti erano destinati amercati di paesi ricchi, soprattutto cro-stacei nell'America settentrionale e fa-rina di pesce in questo stesso paese ein Europa e Giappone. Più recentemen-te sono diventati importatori di farinadi pesce anche parecchi paesi sottosvi-luppati, come Messico, Venezuela, Co-rea del Sud e Formosa.

Negli Stati Uniti la pesca si è ferma-ta per molti anni sui due milioni ditonnellate, cifra bassa se si consideranola grandezza del paese, la lunghezzadelle coste e l'accesso immediato a lar-ghe disponibilità nell'Atlantico, nel Gol-fo del Messico e nel Pacifico. L'alto

livello di consumo negli Stati Uniti (cir-ca 35 chili pro capite) è stato raggiun-to con un costante aumento del consu-mo di pesce e di farina di pesce: dal25 per cento del totale nel 1950 a piùdel 70 per cento nel 1967. Nell'Ame-rica settentrionale il 6 per cento dellapopolazione mondiale consuma il 12per cento della pesca di tutto il mon-do, però i pescatori non americani cat-turano quasi il doppio della quantitàdi pesce che gli americani ottengonodalle acque più facilmente accessibilidagli Stati Uniti.

Non vi sono state notevoli modifica-zioni nella distribuzione geografica

della pesca (si veda l'illustrazione in

queste due pagine). L'Oceano Pacificofornisce la quota maggiore (53 per cen-to), ma l'Atlantico (40 per cento, a cuiva aggiunto il 2 per cento del Mediter-raneo) rende molto di più in rapportoalla superficie. L'Oceano Indiano forni-sce meno del 5 per cento del pescatoe, dato che non è un mare biologica-mente povero, è un evidente obiettivodi sviluppo per il futuro. Nell'ambitodelle aree degli oceani maggiori, però,vi sono state modificazioni significati-ve. Nel Pacifico certe zone come le ac-que del Perù, del Cile e del Golfo del-la Tailandia hanno rapidamente acqui-stato importanza. La zona centrale equella meridionale dell'Atlantico, siaorientale sia occidentale, hanno un in-

teresse crescente per molte nazioni.Benché, salvo poche eccezioni, la pe-sca tradizionale delle acque più fred-de dell'emisfero settentrionale dominiancora le statistiche, la trasformazionedi alcuni paesi sottosviluppati in mo-derne nazioni di pescatori e l'introdu-zione di flotte a largo raggio indicanoche le acque tropicali e sub-tropicalicominciano a contribuire significativa-mente alla produzione mondiale.

Infine, in questa breve rivista delletendenze dell'ultimo decennio o quasi,dobbiamo ricordare il cambiamento diimportanza di paesi considerati poten-ze ittiche. Il Perù è diventato il paeseguida in termini di quantità assoluta dipesca (anche se non per valore o per

varietà di pesce) grazie allo sviluppodella maggiore industria ittica del mon-do: 10 milioni di tonnellate di acciugheall'anno, quasi tutti ridotti in farina (siveda l'illustrazione a pag. 95). Anchel'URSS si è messa in evidenza comepotenza ittica di dimensioni mondiali,pescando una notevole varietà di pescinei mari di tutto il mondo, specie connavi fattoria e frigorifere.

A questo punto ci si può soffermaresulle future prospettive del mare comemaggiore fonte di proteine. Nonostantel'aumento che ho citato, il pesce costi-tuisce ancora soltanto un decimo delleproteine animali della nostra dieta, an-che se è una proporzione che varia no-tevolmente tra una parte e /'altra delmondo. Prima di affrontare tale argo-mento è però necessario dire qualcosasul problema della superpesca.

Generalmente, una popolazione dipesci si trova nel massimo dello svilup-po quando non viene sfruttata; in talestato naturale essa comprende una pro-porzione relativamente alta di indivi-dui adulti. Ogni anno entra nel gruppoun certo numero di giovani reclute etutti, ma soprattutto i più giovani, au-mentano di peso. Quest'aumento com-plessivo viene bilanciato dalla mortenaturale di pesci di tutte le età permalattia, per finire preda di altri pescie forse per senilità. Quando cominciala pesca, un grosso banco frutta buo-ne catture a ogni peschereccio, ma finquando i pescherecci sono pochi le per-dite complessive sono piccole.

In questo caso, le perdite dovute amorte « naturale » saranno minori de-gli aumenti per afflusso di nuovi indi-vidui e per ingrossamento dei singoli.Allora, se la pesca è minore della dif-ferenza tra aumenti e perdite natura-li, il banco tenderà a crescere ancora;se la pesca è maggiore, tenderà a dimi-nuire. Quando il banco non aumentané diminuisce abbiamo un rendimentofisso, che è piccolo quando il banco ènumeroso o scarso, ma è invece mas-simo quando il bancostadio intermedio, più o meno sui dueterzi o su un terzo della quantità ini-ziale.

La massima quantità di pescato che,in media, si può raggiungere anno peranno, senza provocare danni irrimedia-bili, è detta massimo prodotto sosteni-bile. La soluzione ideale sarebbe quel-la di lasciare libero il pesce giovane edi pescare il più vecchio; però ci sipuò avvicinare a questo risultato pe-scando con moderazione e prendendopesci di tutte le dimensioni ed età. Que-sto fenomeno delle catture che primaaumentano e poi diminuiscono manmano che aumenta la quantità di pe-scato non dipende da alcuna correla-

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o1938 1948 1957 1958 1959 1960 1961 1962 1963 1964 1965 1966 1967 1968

ANNO

PESCI DI ACQUA DOLCE

INVERTEBRATI

PESCI DI MARE

ALTRI

h

lioni di tonnellate; il nasello dell'Alaska (d) con 1,7 milio.ni di tonnellate; la sardina (e) con 1,1 milioni di tonnellate;tra gli invertebrati: le ostriche (f) con 0,83 milioni di ton.nellate; i calamari (g) con 0,75 milioni di tonnellate; i gambeni e le aragoste (h) con 0,69 milioni di tonnellate e le variespecie di molluschi bivalvi (i) con 0,48 milioni di tonnellate.

zione tra numero di pesci progenitorie numero di pesci da essi generato. Ineffetti molti tipi di pesci depongononumerosissime uova e i fattori che re-golano la sopravvivenza delle uova fi-no allo sviluppo dei pesci giovani sonotanti e cosí complessi che non è facileosservare qualche dipendenza tra il nu-mero di nuove reclute e quello dei pro-genitori.

Solo quando la pesca è intensiva ela popolazione si riduce proporzional-mente a una piccola percentuale dellesue dimensioni originali, assistiamo adun declino del numero di nuove reclu-te annuali. Anche allora in tale nume-ro c'è spesso un'ampia fluttuazione an-nuale. In effetti tale fluttuazione, a cuisi devono le grandi variazioni annualinella quantità complessiva, è una delle

caratteristiche significative delle risorsemarine viventi. Le fluttuazioni di nu-mero, insieme con la notevole variazio-ne della « disponibilità » (modificazio-ni della distribuzione geografica dei pe-sci in rapporto alle normali aree dipesca), sono in gran parte responsabilidei noti rischi della pesca.

Per alcune specie le caratteristiche dicrescita e di mortalità naturale sono ta-

li che il massimo prodotto sostenibile ènettamente definito. Il ricavato dellapesca, raggiunto il massimo di resa, siridurrà piuttosto rapidamente; in altrespecie invece il massimo non è definitocosí nettamente; aumentando la pescaal di sopra di un livello ottimale, le cat-ture notevoli non si riducono significa-tivamente, ma nemmeno aumentano.

Tuttavia, se non è regolata, ogni in-dustria ittica tende ad espandersi

al di là delle sue condizioni ottimali,a meno che qualcosa come una doman-da notevolmente bassa ne freni l'espan-sione. La ragione è purtroppo sempli-ce: per il singolo pescatore o per la sin-gola nave di solito è sempre vantaggio-so pescare dopo che la pesca comples-siva del banco non aumenta più o di-minuisce, anche se la quantità di pe-scato si riduce. Per la stessa ragionepuò continuare ad essere utile per ilsingolo pescatore usare una rete a ma-glie piccole e catturare cosí pesci gio-vani e vecchi; ma, agendo in tal modo,non fa che ridurre sia le sue che lealtrui possibilità future di pesca. Natu-ralmente se la cattura totale si riduce,o non aumenta di molto, a mano a ma-no che la quantità di pesce continuaad aumentare, il ricavato economiconetto della pesca – cioè la differenzatra il costo totale della pesca e il va-lore dell'intero pescato – avrà netta-mente superato il suo massimo. Il notocaso della diminuzione delle balene del-l'Antartico costituisce un drammaticoesempio di superpesca e, si dovrebbesperare, una notevole spinta ad unaconduzione più razionale, nel futuro,della pesca oceanica.

Quindi vi è un limite alla quantitàche anno per anno può essere sottrat-ta a ogni banco naturale di pesci. Ilritmo con cui ci aspettiamo potrà au-mentare la nostra pesca nel futuro di-pende da tre considerazioni. Primo:quanti banchi finora non catturati at-

Il pesce catturato nel mondo si è piú che triplicato negli ultimi tre decenni, dopo il1938; la FAO ha stimato il ricavato totale del 1968 a 64 milioni di tonnellate. La

tendono uno sfruttamento e qual è–la—ntaggior_parte (colore pieno) è costituita da pesci di mare. L'uomo consuma solo metàdi questo quantitativo; il resto viene trasformato in sottoprodotti per il bestiame.

loro grandezza in termini di potenziale

Le maggiori prede marine comprendono cinque specie di pe.sci (a sinistra) e quattro gruppi di invertebrati (a destra). Se.condo le statistiche pubblicate dalla FAO nel 1967, esse so.no cosi suddivise: l'acciuga peruviana (a) con un ricavato di10,5 milioni di tonnellate; l'aringa dell'Atlantico (b) con 3,8milioni di tonnellate; il merluzzo dell'Atlantico (c) con 3 mi•

prodotto sostenibile? Secondo: quantibanchi su cui si basa l'attuale pescasono ancora ricchi o hanno superato illimite di produttività? Terzo: che pro-babilità di successo avremo nel dirigerela pesca, nel senso di assicurare il mas-simo prodotto sostenibile dai banchi?

La prima importante conferenza peresaminare la situazione ittica su un pia-no generale fu organizzata dalle Nazio-ni Unite nel 1949 a Lake Success, nel-lo stato di New York. Il piccolo grup-po di specialisti li riuniti concluse chei soli banchi veramente ricchi di pescierano in quel tempo costituiti da po-che specie pregiate tra cui Perciformi

e salmoni che si trovano nell'Atlanticoe nel Pacifico settentrionali. Gli scien-ziati formarono una mappa, che mo-strava altri 30 grossi banchi noti, cheessi ritenevano poveri di pesci. La si-tuazione è stata riesaminata nel 1968:la pesca in metà di quei 30 banchi èora vicina o al di là di quanto è ri-chiesto per il prodotto massimo. I ban-chi ricchi e molto ricchi di pesci com-prendono tonni in diverse aree ocea-niche, aringhe, merluzzi e Perciforminell'Atlantico settentrionale e acciughenel Pacifico sud-orientale. Il punto è

che la storia dello sviluppo di un'indu-stria ittica, dal modesto inizio allo sta-dio della completa utilizzazione o su-perutilizzazione, può essere concentra-ta, nel mondo odierno, in pochissimianni. Questo è accaduto per le acciugheal largo del Perù, come risultato di unmassiccio sviluppo della pesca totale.

È chiaro che il classico sistema del-le flotte che si spostano da un'area ul-traricca di pesce a un'altra, generalmen-te più distante e meno ricca, non puòcontinuare all'infinito. Vero è che dopol'incontro di Lake Success sono state

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70

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o•AMERICA

SETTENTRIONALE

• PESCE

scoperte altre grandi riserve, soprattut-to nell'Oceano Indiano e nel Pacificoorientale e altri banchi sono stati uti-lizzati in aree dalla lunga storia di pe-sca intensiva, come il Mare del Nord.Tuttavia in un altro ventennio resteran-no inesplorati pochissimi banchi consi-stenti di pesci, di tipo e dimensioni diinteresse commerciale. sfruttabili con imetodi di pesca oggi noti.

presso la FAO (l'organizzazione delleNazioni Unite che si occupa delle

risorse alimentari del mondo) è in sta-to di avanzata preparazione un pianoper lo sviluppo produttivo noto comel'Indicative World Plan (IWP). Conquesto piano si tenta di prevedere laproduzione alimentare negli anni dal1975 al 1985. Per la pesca esso com-prende la valutazione di risorse poten-ziali, la stima di modificazioni tecnolo-giche e l'incremento della domanda. Leultime due previsioni non sono pronte.ma i dati per le stime sono molto avan-ti. Tali stime sono state preparate connotevole dettaglio, sulla base di ogniarea, con la cooperazione di un grannumero di scienziati e di organizzazio-ni, che hanno preso in considerazione

PROTEINE VEGETALI

il potenziale di banchi noti, sia di quel-li in cui attualmente si svolge una pe-sca attiva sia di altri scarsamente o pernulla sfruttati. Alcune di queste stimesono disponibili, altre naturalmente sitrovano allo stadio di supposizioni. Unfatto è nettamente evidente: noi dispo-niamo tuttora di dati estremamenteframmentari, in termini quantitativi,delle risorse viventi del mare. Tuttaviapossiamo controllare gli ordini di gran-dezza confrontando i risultati di diffe-renti metodi di stima. Cosi, dove ci so-no precise informazioni sui ritmi di cre-scita e di mortalità e sulle quantità deipesci in termini assoluti, si possono fa-re delle valide previsioni. I pesci di qua-si tutte le specie ora possono esserepraticamente contati uno per uno me-diante l'impiego di scandagli acusticispecificamente calibrati per lo studiodelle aree, anche se questa tecnica nonè ancora adoperata largamente. Le di-mensioni delle popolazioni di pesci pos-sono essere dedotte da statistiche di pe-sca, da misure dell'età basate suglianelli di crescita delle squame e degliotoliti dei pesci, o da altri esperimenti.In alcuni casi, conteggi e mappe delladistribuzione di uova di pesci nel piane-

ton possono darci una buona idea del-l'abbondanza di pesci, in termini rela-tivi. Possiamo cercare di prevedere lefuture catture in un'area attualmentepoco ricca di pesce, confrontando ilpescato attuale con quello di un'altrazona simile per caratteristiche oceano-grafiche e produttività biologica di basee che è già sfruttata quasi al massimo.

Per quanto permettono i dati, que-sti metodi sono stati applicati ai mag-giori gruppi di pesci, zona per zona.Non tutte le previsioni per singole areee gruppi sono disponibili, ma lo sonoi totali parziali e quello generale. Tut-ti questi studi sembrano dimostrare chela pesca potenziale è circa tre voltequella reale odierna, con variazioni dapoco meno di due a poco più di quat-tro volte. Tale previsione è stata fattasulla stima del prodotto potenziale del-le acque adiacenti agli Stati Uniti: 20milioni di tonnellate in confronto al pe-scato attuale di poco meno di 6 tonnel-late. Ciò è più che sufficiente per sa-turare la domanda degli USA, che siritiene toccherà i 10 milioni di tonnel-late nel 1975 e i 12 milioni nel 1985.

Basandosi sul ritmo di sviluppo del-l'industria della pesca nel recente pas-

sato, si dovrebbe ragionevolmente sup-porre che il massimo sostenibile di pe-scato in tutto il mondo, tra 100 e 200milioni di tonnellate, potrà essere rag-giunto entro il limite di studio del pia-no della FAO, cioè nel 1985 o al mas-simo entro la fine del secolo. La veraquestione è di vedere se questo sforzosarà economicamente giustificato. Inquesto campo ogni previsione, a miogiudizio, si fonda su basi infide. Anzi-tutto, per raddoppiare il pescato do-vremo pescare più del doppio attuale,perché l'abbondanza delle riserve si ri-duce man mano che le si sfrutta; perdi più, come ci avviciniamo al massimoglobale, numerosi banchi in cui attual-mente vi è una pesca moderata verran-no ridotti a livelli intermedi. In secon-do luogo, la pesca diventerà sempre pii)competitiva e costosa se le nazioni nonsi accorderanno, e subito, sulle disposi-zioni per evitare le situazioni di super-pesca. Infine è piuttosto incerto quelloche accadrà nella lunga corsa dei costidi produzione e dei prezzi delle protei-ne di origine marina in rapporto allealtre fonti di proteine, specie di origi-ne minerale o vegetale.

per molti il miglioramento delle con-dizioni di pesca si identifica nel-

l'aumento dell'efficienza dei dispositivi edelle navi. Vi è sicuramente molto dafare in questo campo: stiamo appenacominciando a capire come agisconoeffettivamente reti a strascico, scorti-carie, menaidi. Per esempio, ogni tan-to qualcuno disegna un nuovo tipo oinventa una nuova attrezzatura perreti di profondità, spesso sulla basedi tecniche acustiche e di studi idro-dinamici. Di rado questi ritrovati mi-gliorano la resa della pesca; spessoanzi essa diminuisce. L'errore sta nelpensare che la rete sia semplicemen-te un sacco, contenente pesce più o me-no mobile o che almeno si può preve-dere mobile. Non è affatto cosí. Nellarealtà ci troviamo di fronte a una com-plessa relazione dinamica tra animalimobili e il loro ambiente, il quale com-prende oltre al mezzo fisico e biologi-co, gli stessi dispositivi per la pesca.Possiamo riuscire a capire e a sfruttarequesta relazione ora che siamo in gra-do di studiare mediante telecamere i di-spositivi per la pesca, di osservarnel'idrodinamica con modellini nelle va-sche e di svolgere ricerche ed esperi-menti sul comportamento dei pesci sianel mare sia in grandi vasche. Proba-bilmente abbiamo anche da impararequalcosa studiando, prima che scom-paiano, alcuni tipi di dispositivi tradi-zionali per la pesca, ancora adoperatiin Asia, in Sudamerica e altrove, spe-

cialmente reti particolari che si basanosull'osservazione, effettuata per parec-chi secoli, delle astuzie nel comporta-mento dei pesci.

Un buon esito della pesca dipendenon tanto dalle dimensioni dei banchidi pesce quanto dalla concentrazionedegli animali nel tempo e nello spazio.Tutti i pescatori si servono di questoaccorgimento: pescano infatti dove ipesci si riuniscono per nutrirsi o ripro-dursi o quando si spostano lungo lecorrenti. Nel futuro i metodi di pescacontempleranno di sicuro un ruolo piùattivo dei pescatori per spingere i pe-sci a riprodursi. In molte parti delmondo già si adoperano luci o suoniper attirare i pesci.

Tutto il complesso delle operazionidi pesca dipende dalla localizzazio-

ne delle zone di concentrazione e daprevisioni efficienti, o almeno dall'osser-vazione rapida, dei cambiamenti di talizone. Le grandi riserve di pesci pelagi-ci, o di mare aperto, si rinvengono prin-cipalmente nelle aree di « divergenza »,nel punto cioè di incontro di correntiascensionali e orizzontali. Molte di taliaree si trovano al largo delle coste oc-cidentali delle masse continentali, per

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6

4

2

O1937

1942

1947

esempio dell'Africa, dell'India occiden-tale e dell'America meridionale. Quiventi stagionali, correnti e configurazio-ne dei continenti si combinano per da-re origine a periodici arricchimenti del-le acque superficiali.

Le « divergenze » sono anche asso-ciate con determinati sistemi di corren-ti del mare aperto. La nozione classi-ca è che la produzione biologica è ele-vata in tali aree, perché gli alimenti,necessari per la crescita delle piante,vengono in tal modo rinnovati neglistrati superficiali dell'acqua. D'altraparte, si sostiene che il fiorire del fito-plancton è collegato più al fatto chel'acqua che risale in superficie è piùfredda che non alla sua ricchezza insostanze nutritive. Un regime di acquefredde è caratterizzato da picchi sta-gionali di produzione di sostanza orga-nica; lo sviluppo del fitoplancton è se-guito, dopo un certo intervallo di tem-po, da abbondante zooplancton erbivo-ro che a sua volta rappresenta una con-centrazione di nutrimento per numero-se popolazioni di pesci. I pesci, comei pescatori, prosperano meglio non tan-to dove le loro prede sono ricche, quan-to dove esse sono concentrate. In ognicaso, i tempi e i luoghi di concentra-

ALTRE PROTEINEANIMALI

Il diagramma mette in evidenza l'importanza relativamente bas-sa del pesce nel consumo totale di proteine da parte dell'uo-mo mediante il confronto tra i grammi di pesce utilizzati per

EMJOCEANIA EUROPA EUROPA MEDIO AMERICA AFRICA ESTREMO

OCCIDENTALE ORIENTALE ORIENTE LATINA ORIENTEE URSS (COMPRESA CINA)

persona al giorno nelle varie regioni della terra (colonna disinistra di ogni gruppo) e il consumo di altre proteine di ori•gine animale (colonna centrale) e vegetale (colonna di destra).

1952ANNO

1957 1962 1967

Il grafico rappresenta l'aumento esplosivo della pesca dell'acciuga peruviana tra il1938 e il 1967. Fino al 1958 la pesca restò al di sotto del mezzo milione di tonnellate;dal 1967, raggiunti i 10,5 milioni di tonnellate, la pesca necessita di regolamentazione.

94 95

Lo sfruttamento della pesca durante gli ultimi 20 anni è messoin evidenza da questa carta, in cui sono localizzati i 30 maggiori

banchi che nel 1949 si supponeva fossero poveri di pesci. Oggi14 di essi (in colore) si trovano in pericolo di superpesca.

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nuesti cambiamenti nel grado e nel-la qualità dello sfruttamento ag-

giungeranno una dimensione in più aiproblemi già esistenti per l'elaborazio-ne di un efficace sistema internazionaledi direzione delle attività della pesca,specialmente in alto mare. Attualmente questo sistema_è_ basato su un gran nu-

mero di organizzazioni intergovernativeregionali o specializzate — più di 20 —costituite mediante accordi bilaterali omultilaterali o sotto l'egida della FAO.Scopo di ognuna di esse è di dirigere ecoordinare le ricerche per la valutazio-ne delle risorse, di emanare disposi-zioni per la migliore conduzione dellapesca o per entrambi gli scopi. Le or-ganizzazioni sono integrate dalla con-venzione di Ginevra del 1958 sulla pe-sca e sulla conservazione delle risorseviventi in alto mare. La prima organiz-zazione, l'International Council for theExploration of the Sea, che ha sede aCopenhagen e si occupa in particola-re delle ricerche ittiche nell'Atlantico

La fotografia rappresenta la nave fattoria russa Stella Polare all'ancora nel Mare diBarents nel giugno del 1968, con due battelli della stessa flotta di pescherecci, chescaricano il pescato per consentirne il trattamento. L'attività, diffusa in tutti i mari,dei pescherecci russi ha fatto dell'URSS la terza nazione al mondo per la pesca.

zione variano di anno in anno e conessi anche le dimensioni dello zooplanc-ton erbivoro.

Sarebbe un grande vantaggio praticoriuscire a prevedere queste variazioni.Poiché il clima ha una cosí larga par-te nel creare le condizioni fisiche peruna produzione biologica elevata, laWorld Weather Watch, sotto gli auspicidell'Organizzazione Meteorologica Mon-diale, contribuirà molto alle operazionidi pesca per mezzo di previsioni a lun-ga scadenza e di un miglioramento diquelle a breve scadenza. Naturalmenteil nostro interesse non sta solo nelleprevisioni atmosferiche o nello statodella superficie del mare, ma nei rap-porti specifici tra atmosfera e mare.Cosí, dal punto di vista della pesca,un'azione assai utile e complementarea quella della World Weather Watchsarà svolta dall'Integrated Global OceanStation System (IGOSS), che sta orasviluppando la Commissione Oceano-grafica Intergovernativa. L'IGOSS cidarà i dati fisici, ottenuti dalle reti diboe automatiche controllate tramite isatelliti e da altri sistemi per l'acquisi-zione di dati sul mare (chiamati com-plessivamente ODAS), con i quali lacircolazione dei mari potrà essere os-servata nel « tempo reale » e si potran-no prevedere i parametri pertinenti al-la pesca.

Finora si sono considerate soprattuttole riserve di pesci che abitano gli

strati superficiali del mare aperto e del-

le acque poco profonde sovrastanti lepiattaforme continentali. Vi sono an-che grandi aggregati di animali pelagi-ci che vivono molto più in profonditàe sono correlati in particolare con ilcosiddetto « strato profondo disperso ».lo strato riflettente il suono, osservatoin tutti i mari. L'impiego più diffuso disommergibili per la ricerca ci dirà mol-to sulla natura biologica dello strato,ma lo sfruttamento delle risorse pela-giche profonde dipende dallo sviluppodi attrezzature per la pesca idonee atale scopo.

Negli ultimi anni si sono fatti im-portanti progressi nell'ideazione di retipelagiche e nei mezzi per « dirigerle »verso i banchi di pesci. Forse avremodispositivi tali da consentire non solodi pescare molto più in profondità dioggi, ma anche di poter essere guidativerso banchi residenti a maggiori pro-fondità (di calamari, ecc.), adoperandoa tale scopo segnali acustici. L'OceanoIndiano è la parte del mondo dove sipotranno impiegare per la prima voltasu larga scala questi metodi: certamen-te è provato che in quell'Oceano vi so-no risorse pelagiche grandi, ma scar-samente utilizzate, e lungo le sue costevivono uomini dal notevole fabbisognodi proteine. Il Golfo di Guinea è unaltro posto in cui le conoscenze ocea-nografiche e i nuovi metodi di pescarenderanno accessibile una quantitàmaggiore delle grosse riserve di sardi-ne, che in effetti oggi sono sfruttatesolo durante la breve stagione in cui

i banchi si avvicinano alla superficie epossono essere catturati con le sciabi-che dai pescatori del Ghana e dei pae-si vicini.

I pesci che vivono sul fondo, i mol-luschi e i crostacei sono già discreta-mente sfruttati. Nel complesso sono lespecie a cui l'uomo attribuisce un valo-re commerciale particolarmente alto,anche per la loro relativa rarità, dovu-ta al fatto che essi vivono alla fine diuna catena alimentare assai lunga. Tut-te le forme di vita marina dipendonoda una produzione primaria annua di150 miliardi di tonnellate di fitoplanc-ton nel 2 o 3 per cento della massad'acqua in cui penetra la luce ed haluogo la fotosintesi. Al di sotto di que-sta zona, organismi morti e moribondivanno a fondo, in una continua piog-gia di materiale organico e vengonomangiati o si decompongono. Nei maripiù profondi ben poco, o nulla, di que-sto materiale organico raggiunge il fon-do, ma in prossimità delle coste essoriesce a nutrire un'intera comunità divita marina, il benthos, che a sua voltacostituisce alimento per animali comemerluzzi, passere di mare e gamberi.che in queste regioni dimorano o tran-sitano.

Ma non solo la zona della piattafor-ma continentale ha una popolazionenumerosa, possiamo trovare infatti areericchissime di pesci in prossimità dellecorrenti ascensionali dove la produzio-ne di plancton è elevata. I più recentimetodi di pesca si indirizzano verso le

acque assai profonde delle scarpate con-tinentali dove si potranno trovare ab-bondanti gamberi e pesci abissali. Sap-piamo ancora molto poco sulla naturae sulla quantità di queste risorse e leattuali tecniche di sondaggi acustici nonsono ancora abbastanza perfezionate.L'area totale delle scarpate continenta-li, tra i 200 e i 1500 metri di profon-dità, è più o meno la stessa di quelladell'intera piattaforma continentale, co-sí che i programmi futuri potrannoprendere in considerazione territori dipesca assai più vasti.

Un altro problema è costituito dalfatto che la pesca, a mano a mano chesi intensifica in tutto il mondo, diven-ta contemporaneamente meno selettiva.Però, in parte per gli sviluppi attualinel trattamento e nel commercio delpesce e in parte per il declino di mol-te specie, stiamo utilizzando quasi esclu-sivamente le specie più abbondanti. Ciòvale in particolare per le specie di ac-que più calde ed anche per alcune spe-cie di acque fredde precedentementetrascurate, come il piccolo ammoditelanceolato del mare del Nord. Questosignifica che non possiamo più ragio-nevolmente calcolare esclusivamente leriserve potenziali di specie importanti,come facciamo ora; abbiamo invece bi-sogno di un nuovo modello teoreticoper quella parte dell'ecosistema marinoformata da animali dalle dimensionimolto diverse. Man mano che andiamoverso una loro più completa utilizza-zione avremo bisogno di conoscernemeglio le condizioni di vita e i peri-coli a cui sono esposti.

nord-orientale e nell'Artico, ha più dimezzo secolo di attività. La più recen-te è l'International Commission for theConservation of Atlantic Tunas, la cuiconvenzione è entrata in vigore que-st'anno.

Purtroppo l'industria ittica si è tra-sformata più rapidamente delle organiz-zazioni internazionali che con essa han-no rapporto. I bilanci nazionali per laricerca ittica e gli ordinamenti delle or-ganizzazioni per la direzione delle ri-cerche, comprendenti tra l'altro idoneestatistiche, si sono dimostrati grande-mente inadeguati al compito della va-lutazione delle risorse. Le nazioni han-no dato, e continuano a dare, un aiutoassai scarso alle organizzazioni di cuisono membri e le stesse organizzazioninon hanno i poteri di cui avrebbero ef-fettivamente bisogno per dare disposi-zioni alle industrie e conservare le ri-sorse. Se a questi fatti si aggiungono larapidità di spostamento delle moderneflotte pescherecce e il crescente nume-ro di nazioni, a vario livello di svilup-po economico, che partecipano alla pe-sca internazionale, si capirà perché leorganizzazioni regionali sono in crisi.Pur accorgendosi di ciò, la FAO, cheper anni non è stata in grado di dareun adeguato apporto finanziario alle or-ganizzazioni per la pesca, costituite an-ni fa nell'area indo-pacifica, mediterra-nea e atlantica sud-occidentale, è stataspinta, soprattutto per l'entusiasmo del

suo nuovo comitato intergovernativoper la pesca, a creare ancora nuove or-ganizzazioni (nell'Oceano Indiano e nel-l'Atlantico centrale e sud-orientale) chenon verranno sorrette meglio di quellegià esistenti. Un grande piano per rad-doppiare nel 1966-71 il bilancio e ilpersonale dell'organizzazione della FAOper la pesca (compresi i segretariati ebudget di lavoro delle organizzazioniregionali associate), piano che le nazio-ni-membri sottoscrissero al principiodel 1965, sarà semplicemente dimezza-to verso la fine di quel periodo e nelfrattempo le varie nazioni interessatesono state ugualmente avare nel finan-ziare le altre organizzazioni internazio-nali per la pesca.

Parecchi di questi enti si trovano oradi fronte ad un problema cruciale, es-senzialmente politico: come possono es-sere equamente suddivisi i prodotti del-la pesca tra le nazioni partecipanti? Og-gi è chiaro che non si possono effetti-vamente trascurare esigenze notevoli,se si raggiungeranno elevate produzio-ni: questo significa limitare lo sforzoimpiegato nella pesca intensiva. Ciò po-trebbe essere ottenuto assegnando quo-te totali per ciascuna specie e per ognitipo di pesca, ma questo porterebbesoltanto ad una sconveniente lotta diogni nazione per accaparrarsi quotepiù larghe possibili. Si può evitare ciòsolo mediante un accordo sulla distri-buzione delle quote alle nazioni. Su

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Il fenomeno della superpesca nell'Atlantico settentrionale e neimari adiacenti ebbe inizio circa 80 anni fa nel Mare del Nord,quando al successivo intensificarsi della pesca delle passere dimare non corrisposero effettivi aumenti nelle catture di tali pe-sci. Dal 1950 lo stesso accadde per i merluzzi e le aringhe delMare del Nord, per i merluzzi e le passere di mare al largo

di Capo Nord, nel Mare di Barents, a sud e a est dell'Irlan.da e per i Perciformi e i merluzzi nel Golfo del Maine. Trail 1955 e il 1966 il fenomeno si è ripetuto per i Perciformie i merluzzi al largo di Terranova e del Labrador, a ovest dellaGroenlandia ed al largo di Capo Nord, dimostrando l'impove.rimento di banchi troppo a lungo e non razionalmente sfruttati.

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1955 MERLUZZI ARINGHEMERLANI 1955?

1930PASSERE DI MARE1930 MERLUZZI

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1950

Le più moderne colture marine giapponesi comprendono anche parecchi tipi di alghepluricellulari. Queste schiere di pali e di reticolati nel Mare Interno fanno da soste.gno a un allevamento di un'alga rossa commestibile e assai apprezzata, la Porphyra.

quali basi si può raggiungere tale ac-cordo? Sulle tendenze storiche delle na-zioni che vi prenderebbero parte? E. nelcaso, di quale periodo: degli ultimi due,cinque o venti anni? Sul fabbisogno diproteine, sulla grandezza o sulla ric-chezza dei popoli o sulla loro vicinan-za alla costa? Possiamo trovare un si-stema per massimizzare l'efficienza eco-nomica assicurando un ottimo ricavatonetto? Come si può misurarlo in cam-po internazionale? Sarebbe giusta lavendita di licenze all'asta o si tradur-rebbe inevitabilmente in favore dellenazioni ricche? Si può fissare il nume-ro totale o il tonnellaggio dei pesche-recci, come proposero nel 1946 gli Sta-ti Uniti per il Mare del Nord, ma qualibandiere batteranno le navi e in qualeproporzione? E ancora, possiamo con-siderare « internazionalizzate » le risor-se, garantite le concessioni di pesca eadoperare almeno una parte del rica-vato economico delle concessioni perfinanziare ricerche marine, svilupparela pesca, mantenere l'ordine sui mari e

aiutare la partecipazione di nazioni me-no sviluppate?

Alcuni scienziati sono ottimisti sulrisultato delle trattative in corso su ta-li questioni e infatti, quando i paesi chevi partecipano sono poche nazioni chesi trovano nello stesso stadio di svilup-po economico e tecnico, come nel casodella pesca alla balena nell'Antartico,spesso, dopo accanite contrattazioni,si raggiunge un accordo. Però, che co-sa succede quando i paesi partecipantisono numerosi, hanno interessi moltodiversi e vanno dalle nazioni più po-tenti del mondo agli stati da poco di-venuti indipendenti? Devo confessareche eravamo in molti a essere ottimi-sti, venti anni fa, quando cominciam-mo a proporre disposizioni abbastanzaragionevoli sulle dimensioni delle ma-glie delle reti, per preservare gli indi-vidui più giovani di certe specie di pe-sci. Ci accorgemmo allora che questesemplici — ritengo anzi semplicissime —idee vennero bloccate dalle modalitàpratiche di misurare le maglie di un

particolare tipo di rete e di risolverele innumerevoli situazioni speciali pro-spettate dai singoli paesi, si che sembra-va talora che le ricerche sulla pesca ve-nissero snaturandosi dalle precedentiposizioni di chiarezza e di ampia pro-spettiva.

Preoccupazioni e dubbi sul realevalore del concetto delle disposizioniemesse da commissioni regionali di que-sto tipo hanno contribuito all'interesseriposto negli ultimi anni nei regimi al-ternativi: o l'« assegnazione » di risorsed'alto mare a qualche organizzazioneinternazionale, al posto della condizio-ne odierna di non assegnazione, oppu-re, all'altro estremo, l'assegnazione diaree di mare sempre più vaste a pro-prietà nazionali di stati costieri. Comeè noto, una simile alternativa si poneanche per i fondali marini e le loro ri-sorse minerali. Ognuna delle soluzionipresenta vantaggi e svantaggi, relativa-mente al punto di vista, alla scala ditempo che si adopera e all'orientamentopolitico. Non intendo discuterle qui,

benché personalmente sia sempre piùconvinto del fatto che l'umanità hamolto più da guadagnare dalla soluzio-ne « internazionale », considerando chele risorse del fondo del mare e dellapesca sono un patrimonio comune.

L'assiduo sforzo per la caccia del so-lo merluzzo nell'Atlantico nord-orienta-le e del solo salmone nel Pacifico set-tentrionale, se razionalmente diffusoovunque, potrebbe far aumentare il ton-nellaggio mondiale della pesca del 5per cento. La pesca del merluzzo, cheoggi rende 350 milioni di dollari al-l'anno, potrebbe essere effettuata consolo metà dello sforzo attualmente ado-perato e il risparmio annuo sulle spe-se di pesca ammonterebbe a 150 mi-lioni di dollari o più. Il costo della pe-sca del salmone al largo della costaorientale dell'America settentrionale po-trebbe ridursi di tre quarti se le indu-strie si decidessero ad adoperare mezzidi pesca più efficienti; la loro introdu-zione farebbe aumentare la resa econo-mica netta di 750 000 dollari all'anno.

L'aumento di profitto annuo che siavrebbe se si approvassero e si rispet-tassero regolamenti sulle reti, in parti.colare nella pesca del nasello, nell'A-tlantico centro-orientale, a/ largo del-l'Africa occidentale, è dell'ordine di 1milione di dollari. Il non essere riuscitia coordinare negli anni più recenti l'in-dustria della caccia alla balena nell'An-tartico, quando le quantità di baleneazzurre e di balenottere erano vicinealle dimensioni ottimali, ora ci costadecine di milioni di dollari all'anno, co-me perdita secca di questa risorsa pre-ziosa, ma rinnovabile solo lentamente.Anche con regolamenti severi, questaperdita continuerà ad esserci per decen-ni, nel corso dei quali si dovranno ri-costituire le riserve di balene. I tonnidel Pacifico tropicale e orientale sonostati quasi completamente sfruttati. Viè una quota annuale di pesca, ma nonè- assegnata—a—nazioni o a navi,classici inevitabili risultati: un aumentodella capacità di pesca delle flottiglie,la pesca in stagione sempre più brevi euna perdita annua di forse il 30 percento del valore netto di quest'impor-tante pesca.

Disposizioni come quelle esistenti so-no estremamente difficili da far ri-

spettare. Più è severo il controllo sullerisorse naturali, maggiore è il sospettodei pescatori che « gli altri » non rispet-tino le regole e maggiore è la spinta anon rispettarle da parte loro. In certitrattati e in alcuni accordi ad hoc si ètalora deciso di imbarcare ispettori neu-trali o osservatori internazionali accre-

ditati a bordo di battelli da pesca (co-me per la pesca alle balene dell'Antar-tico, dove gli accordi furono perfezio-nati, ma mai resi operanti!). Queste di-sposizioni sono eccezionali; in realtà laeffettiva supervisione di una flotta dipescherecci è un impegno enormemen-te difficile. Il solo sapere dove sono di-retti i pescherecci, senza considerarequello che pescano, è sempre un pro-blema. Un giorno, forse, i satelliti ar-tificiali controlleranno trasmettitori si-gillati che ogni nave dovrà obbligato-riamente imbarcare. Ma come garanti-re l'adempimento di un minimo di di-sposizioni valide a terra quando sem-pre maggiori quantità di pescato ven-gono trattate in mare? Con le navi fat-toria che solcano tutti i mari, anche lestatistiche che riportano le catture perspecie e per area diventano difficili daottenere.

Alcune di queste considerazioni pes-simistiche per una facile soluzione han-no avuto, suppongo, una parte di rilie-vo nello stimolare altri approcci all'in-tensificazione della pesca. Uno di essiè la teoria del « lavoro alla base dellacatena alimentare ». Al posto di ognitonnellata di pesce che peschiamo, noi,in teoria, potremmo pescare circa 10tonnellate degli organismi di cui queipesci si nutrono. Cosí, raccogliendo gliorganismi più piccoli potremmo allon-tanarci dal limite massimo per la pe-sca di 100 o 200 milioni di tonnellatee avvicinarci ai 150 miliardi di ton-nellate di produzione primaria. La dif-ficoltà sta nella concentrazione. I mi-

liardi di tonnellate di « alimento perpesci » non si trovano in una forma cheinteressi direttamente l'uomo né sonocosí concentrati nello spazio come glianimali che se ne nutrono. In effetti, ilrapporto 10:1 tra alimento per pesci epesci rappresenta un impiego di ener-gia — forse abbastanza efficiente — colquale si concentra la biomassa; se il pe-sce non consumasse quest'energia man-giando, l'uomo dovrebbe spendere unaidentica quantità di energia — in carbu-ranti, ad esempio — per raccogliere glialimenti dispersi. Sono certo che i pro-blemi tecnologici relativi alla utilizza-zione da parte nostra dell'alimento perpesci saranno risolti, ma soltanto unaanalisi accurata rivelerà se sarà meglioimpiegarlo, al posto della farina di pe-sce, per nutrire polli o trote di alleva-mento o invece pescare dal mare ilpesce.

Vi sono però poche situazioni in cuila concentrazione, l'abbondanza e laomogeneità dell'alimento dei pesci so-no sufficienti per rappresentare, nel fu-turo, un reale interesse. La più nota ditali situazioni è quella del « krill », del-le acque dell'Antartide, costituito dapiccoli crostacei, simili a gamberetti,che rappresentano il principale nutri-mento delle balene azzurre. Ricercatorirussi e di altri paesi stanno attentamen-te registrando la distribuzione e la pro-duzione del krill, sperimentando specia-li dispositivi per la pesca (qualcosa dimezzo tra una rete a sciabica per acquemedie e una ingrandita per plancton)e sviluppando metodi per convertirlo in

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la sua profondità, dalle proprietà idro-lizzanti, corrosive e biodegradanti del-l'acqua marina e dei microbi in essapresenti. Ci aspetteremmo però chequest'impiego non sia indiscriminato,ma venga sottoposto a una regolamen-tazione internazionale, controllata con-tinuamente e che vi siano rigide dispo-sizioni per lo scarico di sostanze noci-ve (come gli aggressivi chimici e bio-logici di guerra, per esempio), compre-si gli scarichi degli oleodotti che siestendono lungo le coste. Sembra chele nazioni si stiano preparando ad ac-cettare tali responsabilità e ad agire inaccordo per risolvere i problemi. Spe-riamo che in questo campo il progres-so sia più veloce di quello che si è avu-to su alcuni problemi della pesca, al-trimenti in pochi decenni la pesca co-stiera ancora in atto sarà estremamen-te scarsa.

Le colture marine australiane producono 60 milioni di ostriche all'anno negli estuarisalmastri del Nuovo Galles del Sud. Le rastrelliere della fotografia, lasciate scopertedalla bassa marea, reggono migliaia di pali ricoperti di ostriche in accrescimento.

farina e impasto accettabili. Il solo krillpotrebbe dare un raccolto che in peso,se non certamente in valore, sarebbeuguale all'attuale cattura di pesce intutto il mondo; ma dovremmo rinun-ziare alle balene. Cosí pure gli stratipiù profondi degli altri oceani possonofornire grandissime quantità di piccolianimali marini in concentrazione utileper la pesca.

Un approccio opposto al lavoro allabase della catena alimentare è co-

stituito dalla tendenza al miglioramen-to delle risorse ittiche naturali e soprat-tutto alla coltura di specie di alto va-lore. Schemi per il trasporto di pescigiovani in buone aree di produzione inalto mare o per aumentare il ripopola-mento mediante pesci giovani, vengo-no ostacolati dal problema di prote gge-re tutto ciò, il che richiederebbe inve-stimenti piuttosto larghi. Quale agri-coltore si preoccuperebbe di allevareanimali domestici se la legge non lo as-sicurasse che altri non verranno a pren-derseli appena ingrassati a dovere? Co-si le colture in mare aperto esigono unregime legale, conduzione efficiente emaggiori ricerche.

Intanto l'attenzione è sempre più ri-chiamata dalle possibilità di coltivaremaggiori quantità di pesci e di crosta-cei nelle acque costiere, dove ogni sfor-zo avrebbe per lo meno la protezionedelle leggi nazionali. Si sono riesamina-te tradizionali coltivazioni di crostaceie si può aver fiducia che sono state po-

ste basi scientifiche per un loro mag-giore sviluppo. Tutte queste attività di-pendono fondamentalmente dall'utiliz-zazione di situazioni dell'ambiente ma-rino, naturali o artificialmente modifica-te, per intrappolare una produzione bio-logica di diretto interesse per l'uomoderivante da un'area più vasta. In que-sto modo schiudiamo immense possibi-lità di utilizzare paludi di mangrovia earee produttive di estuari, di costruirebanchi artificiali, di coltivare speciesempre più efficienti come il salmone,di aumentare la produzione naturalecon alimenti o con acque calde prove-nienti da impianti costieri, di control-lare predatori e competitori, di abbre-viare la catena alimentare e cosí via.Per progredire in questo campo sarànecessario un'ecologia proiettata nel fu-turo, migliore di quella che abbiamoora e inoltre molti esperimenti-pilotacon i relativi rischi di fallimento e pos-sibilità di successo.

La maggiore minaccia alle colturemarine è forse il crescente inquinamen-to del mare; questo sta diventando unvero problema per la pesca in genere,specie la costiera e per le colture ma-rine, che si svilupperebbero meglio pro-prio nelle regioni che sono maggior-mente minacciate dall'inquinamento, so-prattutto quelle vicine a coste riccamen-te popolate e a centri tecnologici. Nonci aspettiamo, credo, che il mare nonvenga usato affatto come ricettacolo dirifiuti, cosa che oltre tutto può esseregiustificata dal suo enorme volume, dal-

Ho sottolineato la necessità di ricer-che scientifiche per assicurarsi l'uso

futuro del mare come fonte di alimen-ti. t una necessità che mi sembra diper sé evidente, ma viene sottovalutatada alcune persone ed enti che si occu-pano di sviluppo economico. t relati-vamente facile assegnare un milione didollari dei fondi per lo sviluppo inter-nazionale al rispettabile scopo di aiuta-re un paese a partecipare alla pesca in-ternazionale o a costituire scuole diaddestramento per i suoi pescatori eesplorare la piattaforma continentaleper cercare pesci o crostacei. Più diffi-cile è giustificare una spesa uguale oanche minore per lo sviluppo scientifi-co delle nuove risorse per la pesca eper lo studio dell'ambiente marino.

Ricordo che 10 anni fa Lionel A.Walford, del U.S. Fish and WildlifeService, scrisse, in uno studio da luicompiuto per la Conservation Founda-tion: « Il mare è un meraviglioso de-serto, pieno di segreti; è abitato soloda animali selvatici e, salvo poche si-tuazioni particolari, non è coltivato. Lamaggior parte di ciò che ne sappiamol'abbiamo imparato indirettamente, me-diante artifici meccanici, atti a scanda-gliare, sentire, prendere campioni, pe-scare ». Probabilmente ora vi sono me-no animali selvatici di prima — o alme-no sono diminuiti quelli utili — ma visono buone possibilità perché nel girodi un secolo il mare sia sempre menodeserto e più coltivato. A noi e ai no-stri figli molto resta da compiere perfar si che non si tratti di un desertocontaminato o di un campo di battagliaper scontri sempre più gravi tra naz; o-ni e tra individui che sfruttano le suerisorse.

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