arnbiarnenti-dirnatici globali Il ... -...

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immagine è centrata a una longitudine di 180 gradi. È stata trac- ciata usando una proiezione sinusoidale che, al contrario delle mappe realizzate con la tradizionale proiezione di Mercatore, non distorce l'area superficiale a latitudini differenti. Le zone scure cor- rispondono a terreni lisci alla scala della lunghezza d'onda del ra- dar (13 centimetri); le zone brillanti sono accidentate. Le striature lungo i meridiani sono artefatti dell'immagine. arnbiarnenti-dirnatici globali su e Il clima di Venere, come quello della Terra, è variato nel tempo, a causa di interazioni - che solo oggi cominciamo a comprendere - fra un'intensa attività geologica e le alterazioni dell'atmosfera di Mark A. Bullock e David H. Grinspoon ds4.- La superficie di Venere è stata scandita da un sistema radar a bor- do della sonda Magellan con una risoluzione di 120 metri, produ- cendo la vista più completa disponibile per qualsiasi pianeta, Ter- ra compresa. Un sistema equatoriale di altopiani e creste decorre dalla Terra di Afrodite, simile a un continente che appare a sinistra del centro, attraverso l'altopiano brillante Atta Regio (a destra del centro), fino alla Beta Regio (all'estrema destra e a nord). Questa 32 IL SCIEN/I 369/ ma gg io 1999 LE SCIENZE 369/ maggio 1999

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immagine è centrata a una longitudine di 180 gradi. È stata trac-ciata usando una proiezione sinusoidale che, al contrario dellemappe realizzate con la tradizionale proiezione di Mercatore, nondistorce l'area superficiale a latitudini differenti. Le zone scure cor-rispondono a terreni lisci alla scala della lunghezza d'onda del ra-dar (13 centimetri); le zone brillanti sono accidentate. Le striaturelungo i meridiani sono artefatti dell'immagine.

arnbiarnenti-dirnatici globalisu

e

Il clima di Venere, come quello della Terra,è variato nel tempo, a causa di interazioni - che solo

oggi cominciamo a comprendere - fra un'intensaattività geologica e le alterazioni dell'atmosfera

di Mark A. Bullock e David H. Grinspoon

ds4.-

La superficie di Venere è stata scandita da un sistema radar a bor-do della sonda Magellan con una risoluzione di 120 metri, produ-cendo la vista più completa disponibile per qualsiasi pianeta, Ter-ra compresa. Un sistema equatoriale di altopiani e creste decorredalla Terra di Afrodite, simile a un continente che appare a sinistradel centro, attraverso l'altopiano brillante Atta Regio (a destra delcentro), fino alla Beta Regio (all'estrema destra e a nord). Questa

32 IL SCIEN/I 369/ ma gg io 1999 LE SCIENZE 369/ maggio 1999

opogra i. 'enere mostralorti dishvelli: circa 13 000 me i•dalle zone più basse (in blu) alle più alte (in giallo). Ma i tre quintidella superficie si trovano entro 500 metri dall'altitudine media,

, corrispondente a un raggid' planetario di 6051,9 chilometri. Vi-' ceversa, la topografia terrestre mostra due distinte quote princi-

pali, corrispondenti ai continenti e ai fondi oceanici.

I crateri da impatto sono sparsi casualmente su tutta la superfi-cie di Venere. La maggior parte di essi non mostra segni di alte-razione (punti bianchi); quelli che sono stati modificati da colatedi lava (in rosso) o dallo scorrimento di faglie (triangoli) sonoconcentrati in alcune regioni, come la Terra di Afrodite. Le aree,con una bassa densità di crateri (in blu) sono spesso situate suglialtopiani, mentre quelle più fortemente craterizzate (in giallo) sitrovano in genere nelle pianure a quote più basse.

TIPI DI TERRENO

Il paesaggio di Venere è costituito prevalentemente da pianurevulcaniche (in grigio). Nel loro interno vi sono aree deformatecome le cosiddette tesserae (in rosa) e zone di rift (in bianco), ol-tre a strutture vulcaniche chiamate coronae (in color pesca), co-late laviche (in rosso) e vulcani di varie dimensioni (in arancione).I vulcani non sono disposti in catene come avviene sulla Terra, aindicazione del fatto che non vi è tettonica delle zolle.

ETÀ "RRENI .11~111.

NASA/Jet Propulsion Laboratory

Questa carta geologica mostra i diversi terreni e le loro età relati-ve, dedotte dalla densità dei crateri. I vulcani e le coronae tendo-no a raggrupparsi lungo zone di rift equatoriali, che sono più gio-vani (in blu) del resto della superficie venusiana. Le tesserae, lecreste e le pianure, al contrario, sono più antiche (in giallo). In ge-nerale, tuttavia, le strutture della superficie non hanno età estre-mamente diverse, come avviene invece sulla Terra e su Marte.

Un fiume su Venere? Questo delta si trova al termine di unostretto canale che scorre per 800 chilometri attraverso le pia-nure vulcaniche settentrionali. Non può essere stato scavatodall'acqua, perché il pianeta è troppo caldo e secco. Probabil-mente è invece dovuto all'azione di lava ricca di carbonati esolfati; questo implica che la temperatura media fosse diversedecine di gradi più alta dell'attuale. La regione qui mostratamisura all'incirca 40 chilometri per 90.

Le «creste corrugate» sono i lineamenti piùcomuni delle pianure vulcaniche di Venere. Ilfatto che siano parallele e regolarmente distan-ziate fa pensare che si siano formate in un pe-riodo in cui le pianure nel loro insieme venne-ro sottoposte a una intensa sollecitazione, for-se indotta da un drastico e rapido cambiamen-to della temperatura superficiale. Questa re-gione, che fa parte della pianura equatorialedenominata Rusalka Planitia, ha un'ampiezzadi circa 300 chilometri.

N

el momento in cui emersero insieme dal calderonedel protosistema solare, Venere e la Terra avevanoquasi la stessa grandezza e composizione; eppure

oggi sono mondi radicalmente differenti. La temperaturaalla superficie del pianeta gemello della Terra è di circa 460gradi Celsius: tanto calda che le rocce stesse apparirebberoluminescenti a un eventuale sfortunato visitatore organico.Il clima è dominato da un effetto serra terribilmente effi-ciente, sostenuto da un'atmosfera il cui costituente princi-pale, l'anidride carbonica, è una vera e propria trappola peril calore. L'acqua allo stato liquido non esiste. La pressioneatmosferica alla superficie è quasi 100 volte più elevata chesulla Terra; per molti versi, si può dire che il pianeta possie-de un oceano anziché un'atmosfera. Una miscela di compo-sti gassosi dello zolfo, insieme con il poco vapore acqueopresente, fornisce la materia prima per le nubi di acidosolforico che circondano tutto il pianeta.

Questa immagine da calderone infernale ci è stata fornitada una flottiglia di 22 sonde automatiche che, nel corso de-gli ultimi 37 anni, hanno fotografato, scandito, analizzatoVenere e si sono posate sulla sua superficie. Fino a tempi re-centissimi, però, le dense nubi di Venere hanno impeditouna ricognizione completa della sua superficie. L'immagineche gli scienziati avevano del pianeta rimaneva statica per-ché si sapeva ben poco di eventuali processi dinamici - vul-canismo o tettonica, per esempio - che potevano avvenirvi.La sonda Magellan ha cambiato radicalmente questa pro-spettiva, cartografando, fra il 1990 e il 1994, l'intera super-ficie del pianeta ad alta risoluzione, grazie al radar che lepermetteva di «sbirciare» oltre le nubi (si veda l'articolo Lasuperficie di Venere di R. Stephen Saunders in «Le Scienze»n. 270, febbraio 1991). La missione ha rivelato un pianetache nel passato ha subìto gigantesche eruzioni 'vulcaniche equasi sicuramente è attivo ancor oggi. Prendendo spunto daqueste . indagini sull'evoluzione geologica di Venere, detta-gliate simulazioni al calcolatore hanno tentato di ricostruirel'ultimo miliardo di anni della storia climatica del pianeta.L'intenso vulcanismo - adesso si comincia a comprenderlo -ha alimentato cambiamenti climatici a grande scala. Comela Terra, ma a differenza di ogni altro pianeta conosciuto,Venere ha un clima complesso e in via di evoluzione.

L'altro pianeta nostro vicino, Marte, è stato anch'essosoggetto a radicali cambiamenti climatici (si veda l'articoloCambiamenti climatici globali su Marte di Jeffrey S. Kargele Robert G. Strom in «Le Scienze» n. 341, gennaio 1997).La sua atmosfera attuale, tuttavia, è un relitto del passatogeologico. Oggi l'interno di Marte è troppo freddo per con-sentire un vulcanismo attivo, e la sua superficie è gelata fino

in profondità. Sebbene variazioni nei moti orbitali e rota-zionali di Marte possano indurvi cambiamenti climatici, ilvulcanismo non potrà mai più contribuirvi. Sulla Terra e suVenere, viceversa, il clima è determinato dall'interazione di-namica fra processi geologici e atmosferici.

In qualità di «vicini di casa » nel sistema solare, non pos-siamo fare a meno di riflettere su come forze così simili aquelle che sono all'opera sulla Terra abbiano prodotto suVenere un risultato tanto diverso. Lo studio di quel pianetaha ampliato le ricerche sull'evoluzione del clima al di là delsingolo esempio terrestre e ha aperto nuove prospettive perrispondere a domande urgenti: fino a che punto è unico ilclima della Terra? Quanto è stabile? L'umanità è impegna-ta in un enorme esperimento non controllato sul clima ter-restre, che viene sottoposto a un impatto sempre più gravedalla società tecnologica. Distinguere i fattori che influisco-no sull'evoluzione climatica degli altri pianeti è fondamen-tale per comprendere in che modo le forze di origine natu-rale e antropica alterino il clima terrestre.

Per fare un esempio, ben prima che il buco nell'ozono di-ventasse argomento di conversazione, i ricercatori stavanotentando di venire a capo dei bizzarri processi fotochimicidell'alta atmosfera venusiana. Hanno così scoperto che ilcloro riduceva i livelli di ossigeno libero al di sopra delle nu-bi; il chiarimento di questi processi nel caso di Venere è sta-to utile per far luce sull'analogo fenomeno terrestre, in cui ilcloro di origine artificiale distrugge l'ozono nella stratosfera.

Clima e geologiaLa variabilità del clima terrestre è in parte dovuta al fatto

che l'atmosfera è il prodotto di continui scambi di gas fra lacrosta, il mantello, gli oceani, le calotte polari e lo spazio. Ilmotore che guida tutti i processi geologici - l'energia geoter-mica - è anche uno dei fattori che determinano l'evoluzionedell'atmosfera. L'energia geotermica è prodotta prevalente-mente dal decadimento degli elementi radioattivi nell'inter-no della Terra, e un problema fondamentale nello studiodei pianeti solidi è quello di comprendere in che modo essiperdano il loro calore endogeno. I principali meccanismi re-sponsabili sono il vulcanismo e la tettonica delle zolle.

L'interno della Terra si raffredda soprattutto a causa deiprocessi convertivi della tettonica delle zolle, che esercitanoun effetto stabilizzante sul clima inducendo un continuo ri-ciclaggio dei gas (si veda la finestra a pagina 38). Mentre ivulcani pompano gas nell'atmosfera, la subduzione dellezolle litosferiche li riporta nell'interno del pianeta. La mag-gior parte dei vulcani è associata all'attività tettonica, ma al-

LE SCIENZE 369/ maggio 1999 LE SCIENZE 369/ maggio 1999 35

O

250,0 10,0 5,00 3,33 2,50 2,00 1,66

Lunghezza d'onda (micrometri)

SO2 —H20

1 I 1 I I I100 200 300 400 500 600 700

Tempo (milioni di anni)100 200 300 400 500 600 700

Tempo (milioni di anni)1 100 200 300 400 500 600 700

Tempo (milioni di anni)

cuni degli edifici vulcanici più imponenti (come le IsoleHawaii) si sono sviluppati in corrispondenza di «punti cal-di» indipendenti dai margini di zolla. Storicamente, la for-mazione di immense province vulcaniche - regioni caratte-rizzate da intense eruzioni verosimilmente dovute a enormipennacchi di magma in risalita entro il sottostante mantello- potrebbe aver immesso nell'atmosfera grandi quantità digas e dato origine a periodi di riscaldamento globale (si vedal'articolo Le grandi province magmatiche di Millard F. Cof-fin e Olav Eldholm in «Le Scienze» n. 304, dicembre 1993).

Che cosa è accaduto su Venere? Prima della missioneMagellan, gran parte della storia geologica del pianeta ri-maneva ipotetica, relegata a confronti con la Terra e aestrapolazioni basate sulle presunte affinità di composizio-ne e di produzione del calore geotermico. Ora sta emergen-do un quadro globale della storia della superficie di Venere,dal quale si deduce che la tettonica delle zolle non è stata unfattore cruciale, tranne forse che a scala limitata. Sembra in-vece che il calore sia stato trasferito - almeno nel passato re-lativamente recente - dall'effusione di vaste piane di lavabasaltica e, in seguito, dai vulcani che si sono sviluppati so-pra di esse. Comprendere gli effetti del vulcanismo è perciòil punto di partenza per ogni discussione sul clima.

Una caratteristica saliente emersa dalla ricognizione diMagellan è la scarsità dei crateri da impatto. Sebbene ladensa atmosfera di Venere riesca a proteggere la superficiedalle meteoriti più piccole - quelle di diametro inferiore aun chilometro, che altrimenti scaverebbero crateri larghi fi-no a 15 chilometri - vi è carenza anche di crateri più grandi.Le osservazioni del numero di asteroidi e di comete presentinel sistema solare interno, nonché il conteggio dei crateri lu-nari, ci danno un'idea approssimativa della velocità con cuiVenere avrebbe dovuto accumulare tracce di impatti: circa1,2 crateri per milione di anni. Magellan, all'ultimo conteg-gio, aveva osservato solo 963 crateri sparsi su tutta la su-perficie: in qualche modo, gli impatti avvenuti nei primi 3,7miliardi di anni della storia planetaria sono stati cancellati.

La rarità di crateri è anche una caratteristica della Terra,dove le tracce di antichi impatti vengono erose dagli agentiatmosferici. Sul nostro pianeta, i siti di impatti meteoritici sipresentano in una vasta gamma di stati di alterazione, dal-l'incavo quasi intatto del Meteor Crater in Arizona ai con-torni appena distinguibili di crateri sepolti di epoca precam-briana nella crosta continentale più antica. Tuttavia la su-perficie di Venere è di gran lunga troppo calda perché possaesistervi acqua allo stato liquido, e i venti alla superficie so-no moderati. In assenza di erosione, i principali processi ca-paci di alterare e infine di cancellare i crateri da impatto do-vrebbero essere l'attività vulcanica e quella tettonica. E que-sto è il paradosso: la maggior parte dei crateri venusiani haun aspetto recente; solo il 6 per cento di essi mostra deposi-ti di lava solidificata sui margini, e solo il 12 per cento è sta-to danneggiato da ripiegamenti e fessurazioni della crosta.E allora dove sono andati a finire i crateri antichi, se lamaggior parte di quelli che restano non è alterata? Se sono

stati obliterati dalla lava, perché non vediamo un numeromaggiore di crateri solo parzialmente coperti? E come èpossibile che siano stati cancellati in modo tale da conser-varne la casualità della distribuzione iniziale?

Secondo alcuni ricercatori, la distribuzione casuale deicrateri osservati e il piccolo numero di quelli parzialmentemodificati implicano che un evento geologico di proporzio-ni globali, intorno a 800 milioni di anni fa, abbia improvvi-samente annientato tutti i crateri più antichi. In questo sce-nario, proposto nel 1992 da Gerald G. Schaber dello USGeological Survey (USGS) e da Robert G. Strom dell'Uni-versità dell'Arizona, gli impatti hanno bersagliato la nuovasuperficie formatasi dopo questo evento.

Ma l'idea che qualcosa abbia potuto «ripavimentare»l'intero pianeta non piace a molti geologi, e comunque nonesiste alcuna analogia terrestre per un siffatto fenomeno.Sempre nel 1992, Roger J. Phillips della Washington Uni-versity ha proposto un modello alternativo, chiamato rimo-dellamento superficiale all'equilibrio, secondo cui processigeologici costanti cancellano continuamente i crateri in pic-cole zone, mantenendone una distribuzione globale che ap-pare casuale. Un problema con questa ipotesi è l'esistenza suVenere di strutture geologiche immense, le quali fanno pen-sare che l'attività geologica non possa aver cancellato i cra-teri completamente e casualmente in ogni punto del pianeta.

Da queste due teorie si sviluppò un classico dibattitoscientifico, via via che le analisi dei dati di Magellan veniva-no perfezionate. La verità sta probabilmente nel mezzo. Ele-menti di entrambi i modelli sono stati incorporati nell'inter-pretazione oggi più accreditata dell'ultimo miliardo di annidella storia geologica venusiana: 800 milioni di anni fa, fe-nomeni vulcanici a livello globale spazzarono via la mag-gior parte dei crateri da impatto, creando vaste pianure vul-caniche; dopo di che, un livello ridotto di attività vulcanicaè proseguito fino a oggi.

Crosta al caramelloricoperta di cioccolato

Sebbene non vi sia dubbio che il vulcanismo sia stato unaforza determinante nel modellare la superficie di Venere,l'interpretazione di alcune enigmatiche strutture geologicheha potuto essere integrata solo di recente in un quadro coe-rente dell'evoluzione planetaria, e sembra indicare che il cli-ma di Venere sia cambiato drasticamente nel tempo.

Alcuni lineamenti della superficie somigliano in modosorprendente a strutture modellate dall'acqua. Lunghi finoa 7000 chilometri, sono simili ai fiumi sinuosi e alle pianealluvionali della Terra, e molti terminano in canali di de-flusso che ricordano delta fluviali. L'estrema aridità del-l'ambiente rende però assai improbabile che sia stata l'ac-qua a generare tali strutture. E allora da che cosa sono stateprodotte? Forse i responsabili sono sali come carbonato dicalcio e solfato di calcio. La superficie, che è in equilibrio

con una densa atmosfera ricca di anidride carbonica e con-taminata da composti gassosi dello zolfo, dovrebbe esserecostituita in buona parte da queste sostanze. In effetti, i lan-der sovietici Venera trovarono che le rocce superficiali so-no, per il 7-10 per cento, composte da minerali del calcio(quasi certamente carbonati) e per 1'1-5 per cento da solfati.

Le lave ricche di questi sali fondono a temperature alcunedecine o anche centinaia di gradi più alte della temperaturasuperficiale attuale di Venere. Jeffrey S. Kargel dell'USGS ecollaboratori hanno ipotizzato che vasti serbatoi di magmaricco di carbonati, analoghi agli acquiferi terrestri, potrebbe-ro esistere non più di alcuni chilometri sotto la superficie. Sein passato le temperature fossero state un poco superiori alleattuali, lave fluide ricche di sali avrebbero potuto scorrere insuperficie, dove sarebbero state stabili a sufficienza per inci-dere i lineamenti che osserviamo oggi.

In secondo luogo, le misteriose tesserae - il tipo di terrenopiù antico di Venere - fanno anch'esse pensare che in passa-to la temperatura fosse più elevata. Queste regioni fortemen-te corrugate si trovano su altopiani simili a continenti, eleva-ti di diversi chilometri al di sopra delle pianure laviche. Ana-lisi eseguite da Phillips e da Vicki L. Hansen della SouthernMethodist University indicano che gli altopiani si sono for-mati per estensione della litosfera (lo strato più esterno e ri-gido del pianeta, costituito dalla crosta e dal mantello supe-riore). Il processo può essere visualizzato immaginando distirare uno strato di caramello coperto di cioccolato, molle eviscoso all'interno, con una crosticina sottile e fragile in su-perficie. Oggi la parte esterna e fragile della litosfera è trop-po spessa per comportarsi in questo modo; al tempo dellaformazione delle tesserae doveva essere più sottile, il che im-plica temperature superficiali significativamente più alte.

Infine, pieghe e fenditure percorrono tutto il pianeta. Al-meno alcune di queste strutture potrebbero essere correlate avariazioni climatiche. Insieme con Sean C. Solomon dellaCarnegie Institution di Washington, abbiamo proposto chele pianure documentino episodi di deformazione coerenti alivello planetario, che potrebbero essere avvenuti in brevi pe-riodi della storia geologica. Ciò significa che l'intera litosferadovrebbe essersi stirata o compressa simultaneamente. È dif-ficile immaginare un meccanismo interno di un pianeta soli-do capace di fare una cosa del genere. Ma che dire di uncambiamento climatico globale? Solomon ha calcolato chele sollecitazioni prodotte nella litosfera da fluttuazioni dellatemperatura superficiale di circa 100 gradi centigradi avreb-bero potuto arrivare fino a 1000 bar, un valore confrontabi-le a quelli associati alla formazione delle catene montuosesulla Terra e sufficiente a deformare la superficie di Venere.

Mentre infuriava il dibattito sulla storia geologica recentedi Venere, noi stavamo lavorando a un modello dettagliatodella sua atmosfera. Un esame teorico rivela che le condizio-ni aliene e ostili dell'ambiente venusiano sono mantenutedalle proprietà complementari dei costituenti dell'atmosfe-ra. Il vapore acqueo, anche se presente in tracce, assorbe laradiazione infrarossa a lunghezze d'onda a cui non si ha as-

Il terreno «a nastri» consiste in solchi poco profondi (400 metricirca), dai fianchi ripidi e dal fondo piatto. Questi lineamenti su-perficiali potrebbero risultare dalla fratturazione di uno stratosottile e fragile di roccia sovrapposto a un substrato più debole eduttile. I riquadri mostrano un ingrandimento della regione con-tornata; in quello in basso a destra sono evidenziati i solchi.

sorbimento da parte dell'anidride carbonica. Il biossido dizolfo e altri composti gassosi dello zolfo bloccano un ulte-riore insieme di lunghezze d'onda infrarosse. Nel comples-so, questi gas-serra rendono l'atmosfera di Venere parzial-mente trasparente alla radiazione solare in arrivo, ma quasicompletamente opaca a quella emessa. Di conseguenza, latemperatura superficiale (in kelvin) è tre volte più alta diquanto sarebbe in assenza di atmosfera. Sulla Terra, perconfronto, l'effetto serra attualmente causa un aumento del-la temperatura superficiale del 15 per cento circa.

Se veramente i vulcani «ripavimentarono» la superficie diVenere 800 milioni di anni fa, dovrebbero avere immessonell'atmosfera una quantità ingente di gas-serra in un tem-po relativamente breve. Una stima ragionevole è che sia sta-ta eruttata abbastanza lava da coprire il pianeta con unostrato di 10 chilometri di spessore. In questo caso, la quan-tità di anidride carbonica nell'atmosfera sarebbe a malape-na cambiata (dato che ce n'era già moltissima); ma le ab-bondanze di vapore acqueo e biossido di zolfo sarebberoaumentate di 10 e 100 volte rispettivamente. Affascinatidalle possibili implicazioni, abbiamo costruito un modellodel clima planetario trattandolo come un sistema intercon-nesso di processi, che comprendeva l'emissione di gas daparte dei vulcani, la formazione delle nubi, la perdita diidrogeno verso lo spazio nell'alta atmosfera e le reazioni deigas atmosferici con i minerali della superficie.

EFFETTO SERRA CONCENTRAZIONE Di GAS COPERTURA NUVOLOSA TEMPERATURA

I gas-serra permettono alla luce

solare di raggiungere la superfi-

cie di Venere, ma bloccano la ra-

diazione infrarossa in uscita. L'a-

nidride carbonica (in rosso), l'ac-

qua (in blu) e il biossido di zolfo

(in giallo) assorbono ciascuno un

particolare insieme di lunghezze

d'onda. Se non esistessero questi

gas, la radiazione solare e quella

infrarossa si equilibrerebbero a

una temperatura superficiale di

circa —20 gradi Celsius.

L'acqua e il biossido di zolfo

espulsi dai vulcani vengono ri-

mossi dall'atmosfera, li biossido

di zolfo (in giallo) reagisce con

relativa prontezza con i carbona-

ti della superficie, mentre l'acqua

(in blu) è lentamente decompo-

sta dalla radiazione ultravioletta

solare.

Le nubi di acido solforico variano

per densità dopo una serie di

eruzioni vulcaniche a scala pla-

netaria. Le nubi dapprima si

ispessiscono, via via che vapore

acqueo e biossido di zolfo si ri-

versano nell'aria; poi questi gas

vengono eliminati e le nubi si di-

sperdono. Circa 400 milioni di

anni dopo l'inizio dell'episodio

vulcanico, le nubi acide vengono

sostituite da nubi acquose, alte e

sottili.

La temperatura superficiale di-

pende dalla mole relativa delle

nubi e dall'effetto serra. Inizial-

mente il vulcanismo produce

dense nubi che raffreddano la

superficie. Ma poiché l'acqua si

sottrae all'atmosfera più lenta-

mente di quanto faccia il biossido

di zolfo, il successivo effetto serra

riscalda la superficie.

Perché Venere è una bolgia infernale?

I e radicali differenze fra l'attuale clima della Terra e quello di Venere sono stretta-mente legate alla storia dell'acqua su questi due pianeti. Gli oceani e l'atmosfe-

ra della Terra attualmente contengono una quantità d'acqua 100 000 volte supe-riore rispetto all'atmosfera venusiana. L'acqua allo stato liquido è ciò che permettela reazione dell'anidride carbonica con le rocce superficiali; è grazie a essa che l'ani-dride carbonica atmosferica può formare minerali. Oltre a ciò, la presenza di acquanel mantello superiore dà probabilmente origine all'astenosfera, lo strato a bassa vi-scosità sul quale scorrono le zolle litosferiche terrestri. La formazione di minerali car-bonatici e il loro successivo sprofondamento con i moti di subduzione litosfericaimpediscono all'anidride carbonica di accumularsi fino ai livelli presenti su Venere.

Tuttavia i modelli di formazione dei pianeti prevedono che entrambi dovesseroessere dotati in origine di quantità circa uguali di acqua, apportata dalla caduta dicorpi ghiacciati provenienti dal sistema solare esterno. In effetti, quando PioneerVenus entrò in orbita nel 1978, misurò il rapporto fra il deuterio e l'idrogeno comu-ne nell'acqua delle nubi di Venere. Sorprendentemente, il valore risultò 150 voltepiù elevato di quello terrestre (si veda l'articolo La missione Pioneer Venus di J. G.Luhmann, J. B. Pollack e L. Colin in «Le Scienze» n. 310, giugno 1994). La spiegazionepiù probabile è che un tempo Venere possedesse molta più acqua di oggi, ma l'ab-bia poi perduta. Sia l'idrogeno sia il deuterio, che sono chimicamente equivalenti,erano contenuti in molecole d'acqua. Quando il vapore acqueo risalì nell'alta atmo-sfera, la radiazione ultravioletta solare lo decompose in ossigeno e idrogeno o deu-terio. Poiché l'idrogeno, che è più leggero, sfugge nello spazio più facilmente, laquantità relativa di deuterio è andata aumentando.

Perché questo processo è avvenuto su Venere ma non sulla Terra? Nel 1969 An-drew P. Ingersoll del California lnstitute of Technology dimostrò che, se l'energia so-lare che raggiunge un pianeta fosse abbastanza intensa, l'acqua in superficie evapo-rerebbe rapidamente. Il vapore acqueo riscalderebbe ulteriormente l'atmosfera edarebbe il via a un effetto serra incontrollato. Il processo trasferirebbe gran parte del-l'acqua del pianeta nell'alta atmosfera, dove finirebbe per essere dissociata e sfuggi-rebbe nello spazio. In seguito James F. Kasting della Pennsylvania State University ecollaboratori misero a punto un modello più dettagliato (si veda l'articolo L'evoluzio-ne de/clima sui pianeti terrestri di J. F. Kasting, O. B. Toon e J. B. Pollack in «Le Scienze»n. 236, aprile 1988). Essi stimarono che il flusso solare critico capace di dare il via a uneffetto serra incontrollato è circa il 40 per cento in più del flusso attuale all'altezzadella Terra. Questo valore corrisponde all'incirca al flusso solare calcolato in corri-spondenza dell'orbita di Venere poco dopo la sua formazione, quando il Sole era del30 per cento più debole di oggi. Una quantità d'acqua pari a un oceano terrestreavrebbe potuto abbandonare Venere nei primi 30 milioni di anni della sua esistenza.

Un difetto di questo modello è che, se Venere avesse avuto fin dall'inizio unadensa atmosfera di anidride carbonica, come quella che ha oggi, avrebbe con-

servato gran parte della sua acqua. La quantità di acqua perduta dipende da quan-ta parte di essa può salire a quote abbastanza elevate da essere decomposta: talequantità è minore per un pianeta dall'atmosfera densa. Inoltre eventuali nubi che sifossero sviluppate nel processo avrebbero riflesso la luce solare nello spazio argi-nando l'effetto serra.

Perciò il gruppo di Kasting ha considerato la possibilità di un flusso solare legger-mente inferiore al valore critico. In questo scenario, Venere aveva oceani caldi e unastratosfera umida. I mari mantenevano bassi i livelli di anidride carbonica dissolvendoil gas e promuovendo la formazione di carbonati. Grazie alla presenza dell'acqua che«lubrificava» l'astenosfera, erano all'opera processi tettonici. In poche parole, Venereaveva meccanismi di stabilizzazione del clima simili a quelli terrestri attuali. Non era-no però meccanismi a tutta prova: la bassa densità dell'atmosfera non poteva impe-dire all'acqua di diffondere fino ad alte quote; in 600 milioni di anni andò perduta unaquantità d'acqua pari a un oceano. I processi tettonici cessarono, lasciando come uni-che vie di dispersione del calore interno il vulcanismo e la conduzione termica. A que-sto punto l'anidride carbonica cominciò ad accumularsi nell'atmosfera.

Questo quadro, chiamato effetto serra umido, illustra le complesse interazioni frai cambiamenti nell'emissione solare, nel clima e nei meccanismi geologici. I proces-si atmosferici e di superficie possono rinforzarsi a vicenda e mantenere lo statusquo, oppure possono cooperare alla propria stessa distruzione. Se questa teoria èesatta, Venere un tempo aveva oceani, e forse anche forme di vita, sebbene sia im-possibile stabilirlo con certezza.

L'interazione di questi processi puòessere delicata. Sebbene anidride car-bonica, vapore acqueo e biossido dizolfo riscaldino tutti la superficie, gliultimi due hanno anche un effettocontrario: la formazione di nubi. Con-centrazioni elevate di vapor acqueo ebiossido di zolfo potenziano sì l'effettoserra, ma rendono più dense le nubiche riflettono la luce solare verso lospazio e così facendo raffreddano ilpianeta. Per questo non è evidentequali conseguenze climatiche abbiaavuto l'introduzione di questi due gas.

Prospettiva planetariaLe nostre simulazioni indicano che

all'inizio le nubi ebbero la meglio, co-sicché la superficie si raffreddò di circa100 gradi centigradi; ma poi lo stratodi nubi venne lentamente consumato.L'acqua si diffuse a quote più elevatenell'atmosfera, dove fu dissociata dal-la radiazione ultravioletta solare. L'i-drogeno sfuggì a poco a poco nellospazio; metà di esso andò perduta nelgiro di 200 milioni di anni. Il biossidodi zolfo, nel frattempo, reagiva con lerocce carbonatiche. Come hanno di-mostrato esperimenti di laboratoriocondotti da Bruce Fegley, Jr., dellaWashington University e collaborato-ri, il biossido di zolfo nell'atmosferavenusiana viene assorbito dai carbo-nati molto più rapidamente di quantol'acqua vada perduta nello spazio.

Via via che le nubi si dissipavano,quantità sempre maggiori di energia so-lare raggiungevano la superficie. Dopo200 milioni di anni, la temperatura eraabbastanza alta da cominciare a far e-vaporare le nubi a partire dal basso. Siformò un ciclo di retroazione positiva:quanto più le nubi venivano dissolte,tanto meno la radiazione solare venivariflessa, tanto più calda diventava la su-perficie, tanto più le nubi evaporavanodal basso, e così via. Gli imponentibanchi nuvolosi scomparvero rapida-mente. Per circa 400 milioni di anni diessi rimase solo una distesa di nubi altee sottili composte soprattutto da vapo-re acqueo. In questo periodo, la tempe-ratura superficiale era circa 100 gradipiù alta dell'attuale, perché il vapord'acqua in atmosfera era ancora relati-vamente abbondante e le nubi sottilicontribuivano all'effetto serra, ma nonriflettevano molta radiazione solare.Circa 600 milioni di anni dopo l'iniziodel vulcanismo globale, e in assenza diulteriore attività vulcanica, le nubi sisarebbero dissipate completamente.

Dato che il biossido di zolfo e il va-pore acqueo vanno continuamente per-si, le nubi possono essere mantenute

LE SCIENZE 369/ maggio 1999

L'atmosfera di Venere è caratterizzata da temperature da fornace, pressioni simili aquelle dei fondi oceanici e nubi di acido solforico (H 2SO4 ). Le condizioni inospitali so-no dovute al fatto che il pianeta è privo dei cicli che sulla Terra stabilizzano il clima. Isuoi processi atmosferici non sono reversibili. L'anidride carbonica (CO2 ), una voltaimmessa nell'atmosfera dai vulcani, vi rimane; l'acqua (H 20), decomposta dalla radia-zione ultravioletta, si perde nello spazio; il biossido di zolfo (SO 2 ), fissato nei minerali,si accumula sulla superficie (anche se una piccola quantità di esso torna in ciclo).

E

solo da un'attività vulcanica ininterrot-ta. Deve esservi stato un vulcanismo at-tivo negli ultimi 30 milioni di anni perconsentire la formazione delle attualispesse nubi. I processi endogeni che ge-nerano il vulcanismo superficiale ten-dono a coprire archi di tempo dell'or-dine di decine di milioni di anni o più,cosicché i vulcani sono probabilmenteancora attivi. L'ipotesi si accorda con ilfatto che la quantità di biossido dizolfo su Venere varia nel tempo. Nel1984 Larry W. Esposito dell'Universitàdel Colorado a Boulder notò che leconcentrazioni di biossido di zolfo ne-gli strati più alti delle nubi si erano ri-dotte di oltre un fattore 10 dal 1978 al1983. Concluse che le variazioni nellaquantità di questo gas e delle particelledi aerosol a esso associate erano dovu-te al vulcanismo. Le fluttuazioni del-la temperatura superficiale, provocatedall'attività vulcanica, sono pure unaspiegazione naturale di molte struttureenigmatiche scoperte da Magellan.

Sebbene sia anch'essa influenzatadal vulcanismo, la nostra atmosferaricca di ossigeno - generato dalla bio-sfera e dalla presenza di abbondanteacqua - rimuove facilmente i compostigassosi dello zolfo. Pertanto le nubi divapore acqueo sono la chiave del bilan-cio termico del pianeta. La quantità divapore acqueo disponibile per formarele nubi è determinata dall'evaporazio-

golato dal processo della tettonica dellezolle, questo meccanismo opera su sca-le temporali di circa 500 000 anni.

Questi cicli hanno preservato il cli-ma terrestre dalle enormi escursioni av-venute su Venere. Le influenze antropi-che, tuttavia, agiscono a scale tempora-li intermedie. L'abbondanza di anidri-de carbonica nell'atmosfera è aumenta-ta di un quarto dal 1860 a oggi. Sebbe-ne quasi tutti concordino sulla realtàdel riscaldamento globale, si continuaa discutere sul contributo dei combu-stibili fossili e delle variazioni naturali.Non si sa se esista una concentrazionedi anidride carbonica al di là della qua-le i cicli di regolazione del clima cessa-no di funzionare, ma una cosa è certa:il clima dei pianeti di tipo terrestre puòsubire brusche transizioni a causa di in-terazioni fra processi a scala planetaria.A lungo termine, il destino della Terranon è in dubbio. Invecchiando, il Solediverrà più luminoso; fra circa un mi-liardo di anni gli oceani inizieranno aevaporare rapidamente e il clima soc-comberà a un effetto serra incontrolla-to. Dopo tanto tempo la Terra e Vene-re potrebbero tornare a somigliarsi.

Agli inizi degli anni sessanta impera-va una visione utopistica, secondo cuila capacità della Terra di fornire risorsee assorbire i rifiuti sarebbe stata illimi-tata. Fra i cambiamenti che la scienzaha indotto negli ultimi decenni, uno deipiù profondi è la consapevolezza che ilnostro pianeta è una dimora ricca mafinita, prospettiva derivata dalla cre-scente certezza che i sottoprodotti diuna società tecnologica globale hannola capacità di alterare il clima planeta-rio. Lo studio di Venere è essenziale percercare di capire i princìpi generali dellavariazione climatica, e per accertare lafragilità, o la forza, della Terra.

ne degli oceani, che a sua volta dipendedalla temperatura superficiale. Un lieveincremento dell'effetto serra sulla Ter-ra trasferisce più acqua nell'atmosferae dà luogo a una maggiore coperturanuvolosa. L'aumento di riflettività ri-duce l'energia solare in arrivo e abbas-sa la temperatura. Questa retroazionenegativa mantiene la temperatura su-perficiale a un livello moderato pergiorni, o anni. Così pure, il ciclo delcarbonio stabilizza l'abbondanza del-l'anidride carbonica atmosferica. Re-

MARK A. BULLOCK e DAVID H. GRINSPOON sono planetologi dell'Uni-versità del Colorado a Boulder. Bullock ha iniziato la sua carriera studiando imeccanismi che hanno portato alla distruzione dei composti organici su Martee oggi analizza la scomparsa delle condizioni climatiche temperate su Venere.Grinspoon, oltre a studiare l'evoluzione delle atmosfere planetarie e della bio-sfera, è membro del Solar System Exploration Subcommittee, che svolge attivitàdi consulenza per la NASA sulla politica spaziale.

BULLOCK MARK A. e GRINSPOON DAVID H., The Stability of Climate on Venusin « Journal of Geophysical Research», 101, n. E3, marzo 1996.

BOUGHER STEPHEN W., HUNTEN DONALD M. e PHILLIPS ROGER i. (a cura), Ve-nus II: Geology, Geophysics, Atmosphere, and Solar Wind Environment, Uni-versity of Arizona Press, 1997.

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Un atlante interattivo di Venere è consulta bile in Internet presso il sitowww.ess.ucla .edu/hyperma p/Vmap/top.htm I

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