Le leve di cambiamento dell’assistenza primaria: una proposta della salute... · Il secondo...

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1 Le leve di cambiamento dell’assistenza primaria: una proposta Antonio Brambilla 1 , Francesco Longo 2 , Davide Botturi 3 1 Responsabile Servizio assistenza distrettuale, medicina generale, pianificazione e sviluppo dei servizi sanitari, Regione Emilia-Romagna, Bologna. 2 F. Longo, Prof. Management pubblico e sanitario, direttore Osservatorio Oasi, CERGAS e SDA, Università Bocconi 3 Ricercatore Agenzia Sanitaria e Sociale Regionale dell’Emilia-Romagna, Bologna. Intendiamo contribuire alla discussione odierna dell’Assemblea Nazionale della CGIL “Salviamo la Salute” (Roma, 20 giugno 2014), in coerenza col mandato ricevuto, proponendo una serie di riflessioni sulle leve di cambiamento per lo sviluppo dell’assistenza primaria in Italia. Il nostro intervento si articola secondo 3 contenuti principali: 1) il contesto (pg. 2-5): il quadro economico-finanziario, l’appropriatezza/efficacia dell’assistenza sanitaria, la variabilità inter- / intra- regionale; 2) lo sviluppo dell’assistenza primaria (pg. 6-9): il quadro europeo, il dibattito nazionale, l’esperienza delle Case della Salute in Emilia-Romagna; 3) le leve di cambiamento dell’assistenza primaria (pg. 10-13): una differente metrica, lo sviluppo delle professioni sanitarie, l’appropriatezza dell’assistenza specialistica, la ricomposizione dell’area socio-sanitaria e socio-assistenziale. Nell’ultima pagina abbiamo riportato una serie di riferimenti bibliografici essenziali.

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Le leve di cambiamento dell’assistenza primaria: una proposta

Antonio Brambilla1, Francesco Longo2, Davide Botturi3

1 Responsabile Servizio assistenza distrettuale, medicina generale, pianificazione e sviluppo dei servizi sanitari, Regione Emilia-Romagna, Bologna.

2 F. Longo, Prof. Management pubblico e sanitario, direttore Osservatorio Oasi, CERGAS e SDA, Università Bocconi

3 Ricercatore Agenzia Sanitaria e Sociale Regionale dell’Emilia-Romagna, Bologna.

Intendiamo contribuire alla discussione odierna dell’Assemblea Nazionale della CGIL “Salviamo la

Salute” (Roma, 20 giugno 2014), in coerenza col mandato ricevuto, proponendo una serie di

riflessioni sulle leve di cambiamento per lo sviluppo dell’assistenza primaria in Italia.

Il nostro intervento si articola secondo 3 contenuti principali:

1) il contesto (pg. 2-5): il quadro economico-finanziario, l’appropriatezza/efficacia dell’assistenza

sanitaria, la variabilità inter- / intra- regionale;

2) lo sviluppo dell’assistenza primaria (pg. 6-9): il quadro europeo, il dibattito nazionale,

l’esperienza delle Case della Salute in Emilia-Romagna;

3) le leve di cambiamento dell’assistenza primaria (pg. 10-13): una differente metrica, lo sviluppo

delle professioni sanitarie, l’appropriatezza dell’assistenza specialistica, la ricomposizione dell’area

socio-sanitaria e socio-assistenziale.

Nell’ultima pagina abbiamo riportato una serie di riferimenti bibliografici essenziali.

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1) Il contesto

1.1. Il quadro economico e finanziario

L’Italia presenta una spesa sanitaria complessiva e pubblica, pro-capite e in rapporto al PIL, e una

variazione di spesa inferiori alla media europea (UE a 15) (figura 1).

Figura 1. Spesa sanitaria: Italia vs UE 15. Anno 20101.

Fonte: CERGAS, Rapporto OASI 2013.

Negli anni 1991-2011 il tasso di crescita della spesa sanitaria corrente è progressivamente

diminuito, seppur con qualche oscillazione (negli anni 1996, 2000 e 2004), fino a raggiungere valori

prossimi allo 0,0%, nel 2011 (figura 2), diversamente alla serie storica precedente in cui la spesa

del SSN cresceva del 4% all’anno. Negli stessi anni, il divario tra tasso di crescita della spesa

corrente e tasso di crescita del PIL è stato piuttosto contenuto, presentando valori di scostamento

al massimo di 4-5 punti percentuali (solo in alcuni anni).

Figura 2. Tasso di crescita della spesa sanitaria corrente e del PIL in Italia. Anni 1991-2011.

-5,0%

0,0%

5,0%

10,0%

15,0%

20,0%

Tasso crescita spesa san corr Tasso crescita PIL

1 Ultimo anno disponibile per confronti internazionali.

3

Fonte: Rielaborazione CERGAS su dati RGSEP 2011 e ISTAT 2012

Le due osservazioni sulla spesa sanitaria e sul tasso di crescita trovano riscontro anche in

documento pubblicato l’anno scorso dalla stessa CGIL (CGIL, 2013). Ad esse, è da aggiungere come

nel 2012 il disavanzo del SSN sia stato sostanzialmente azzerato essendo pari allo 0,9% della spesa

sanitaria pubblica corrente (1,04 miliardi di euro), essendo progressivamente diminuito dal 1990,

in cui era pari al 12,3% (figura 3). Si tratta di un risultato particolarmente positivo se letto alla luce

dell’attuale situazione di forte tensione finanziaria.

Figura 3. Spesa sanitaria pubblica in Italia (mln €): finanziamento e disavanzo. Anni 1990 – 2012.

Fonte: CERGAS – Bocconi (a cura di). Rapporto OASI 2013. Osservatorio sulle Aziende e sul Sistema sanitario italiano. Egea: Milano.

2014.Elaborazione su dati RGSEP. Per l’anno 2012 i dati sono provvisori.

1.2 La appropriatezza/efficacia dell’assistenza sanitaria

E’ opinione sufficientemente condivisa tra gli esperti che l’Italia, a confronto con i Paesi europei e dell’area OCSE, presenti discreti livelli di appropriatezza dell’assistenza sanitaria come di esiti di salute (es. mortalità), seppur con forti variabilità inter-regionali. Riportiamo, a titolo esemplificativo, due esempi.

Il primo esempio riguarda l’ospedalizzazione potenzialmente evitabile, ritenuta frequentemente a livello internazionale una misura indiretta della appropriatezza/efficacia dell’assistenza primaria2. In particolare, con ospedalizzazione potenzialmente evitabile si intendono i ricoveri per una serie di patologie (es. asma, bronco pneumopatia cronico-ostruttiva, diabete – complicanze, scompenso cardiaco congestizio) che potrebbero essere efficacemente gestite in un setting territoriale e non

2 Si precisa che la spiegazione dei valori delle due misure selezionate richiede una analisi specifica dei singoli casi.

Sono, infatti, diversi i fattori che concorrono a determinare tali valori, non solo riconducibili alla appropriatezza

dell’assistenza primaria e/o ospedaliera. Tra questi, bisogna sicuramente includere la qualità delle informazioni

disponibili e il livello di gravità clinica della persona.

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ospedaliero. Pertanto, un elevato ricorso al ricovero ospedaliero da parte della popolazione sofferente di tali patologie rappresenta un segnale di criticità (da approfondire) a livello dell’assistenza primaria. Nel 2009, l’Italia presenta un tasso di ospedalizzazione *100.000 abitanti per asma, broncopneumopatia cronico-ostruttiva (BPCO) e complicanze del diabete inferiore alla maggior parte dei Paesi dell’area OCSE, se analizzato sia a livello complessivo che per singola patologia (figura 4).

Figura 4. Tasso di ospedalizzazione potenzialmente evitabile *100.000 abitanti. Anno 2009.

Fonte: CERGAS, 2014. Elaborazione su dati WHO 2013.

In Italia si registra, inoltre, un decremento rispetto al 2006 del tasso di ospedalizzazione

potenzialmente evitabile per tutte e tre le patologie considerate, a differenza della maggior parte

dei Paesi OCSE dove la situazione tende a rimanere sufficientemente stabile.

Il secondo esempio riguarda la mortalità a 30 giorni dopo infarto miocardico acuto (IMA), ritenuta

frequentemente a livello internazionale una misura indiretta dell’appropriatezza/efficacia

dell’assistenza ospedaliera2. Nel 2011, l’Italia presenta una proporzione di persone (età >= 45 anni)

decedute entro 30 giorni da un ricovero per IMA (sul totale delle persone ricoverate per IMA)

inferiore alla maggior parte dei Paesi dell’area OCSE3 (figura 5). Nel grafico sono presenti delle

barre nere orizzontali le quali esprimono il livello di variabilità del valore puntuale nel singolo

Paese: maggiore è l’ampiezza delle barre e maggiore è la dispersione del valore, il quale risulta

essere pertanto scarsamente rappresentativo della reale situazione di tale Paese. Analizzando tali

barre, emerge come la variabilità nella proporzione di decessi per IMA entro 30 gg. In Italia sia

inferiore rispetto a quella di tanti altri Paesi.

3 Si precisa come tale proporzione rappresenti una sottostima della reale proporzione, dal momento che vengono considerati solo i

decessi avvenuti presso il medesimo ospedale sede del ricovero, e non tutti i decessi indipendentemente dal luogo in cui sono

avvenuti.

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Figura 5. Proporzione (%) di persone decedute entro 30 giorni dal ricovero per infarto miocardico acuto

(IMA), presso il medesimo ospedale sede del ricovero. Anno 2011.

Nota: standardizzazione per età e sesso; intervalli di confidenza al 95% rappresentati da . Fonte: OECD Health Statistics 2013

In Italia si registra, inoltre, un decremento rispetto al 2001 e al 2006 nella proporzione di decessi

entro 30 gg. per IMA, tendenza comune a tutti i Paesi dell’area OCSE.

1.3 La variabilità inter- / intra- regionale

Esiste una variabilità nell’assistenza sanitaria, sotto diversi punti di vista (es. spesa, organizzazione,

appropriatezza/efficacia, efficienza), tra le Regioni italiane, come pure all’interno delle Regioni (es.

tra Aziende Sanitarie, distretti). Non occorre approfondire ulteriormente, dal momento che sono

ormai documentati da anni i principali fattori che concorrono a spiegare tale variabilità e la sua

ampiezza. La notizia positiva è che c’è stata una convergenza tra le regioni sul piano dei livelli degli

equilibri di bilancio, mentre i differenziali di servizio sono crescenti.

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2) Lo sviluppo dell’assistenza primaria

2.1 Il quadro europeo

L’assistenza primaria rappresenta una delle principali strategie nella realizzazione della nuova politica

europea per la salute: “Health 2020”. Il 27 febbraio 2014 la Commissione Europea ha, inoltre, pubblicato un

rapporto preliminare dedicato alla “definizione di un modello di riferimento relativo all’assistenza primaria

con particolare attenzione ai sistemi di finanziamento e di referral” (EXPH, 2014). Il panel di esperti

internazionali, che ha redatto il documento, definisce l’assistenza primaria come (citando letteralmente):

“the provision of universally accessible, person-centered, comprehensive health and community services

provided by a team of professionals accountable for addressing a large majority of personal health needs.

These services are delivered in a sustained partnership with patients and informal caregivers, in the context

of family and community, and play a central role in the overall coordination and continuity of people’s

care”.

2.2 Il dibattito nazionale

Nella definizione proposta dagli esperti internazionali sono contenuti espliciti riferimenti a concetti già da

tempo oggetto del dibattito italiano, scientifico e politico. Rispetto a quest’ultimo, richiamiamo alcune

proposte al centro della attuale discussione per il nuovo Patto della Salute:

il consolidamento delle equipe multiprofessionali territoriali, con il coinvolgimento di tutti i

professionisti delle cure primarie e l’integrazione, anche funzionale, con gli operatori del servizio

sociale professionale degli Enti Locali;

lo sviluppo di strutture territoriali di riferimento per l’erogazione dell’assistenza primaria, con la

attivazione di ambulatori a gestione infermieristica per la gestione delle principali patologie

croniche in collaborazione con i medici di medicina generale.

Nell’ambito del dibattito nazionale non è, tuttavia, ancora stato chiarito, e nemmeno sufficientemente

condiviso che cosa si intenda per “assistenza primaria” (“E’ un sinonimo di cure primarie ?”). Tale criticità

dipende da diversi fattori, tra cui la assenza di un quadro normativo. Secondo Corsalini e Fattore (2012),

infatti, in Italia “il termine assistenza primaria riguarda principalmente le attività legate ai medici di

medicina generale, non esistendo nemmeno un riferimento normativo che espliciti formalmente i servizi

che essa è chiamata a offrire: il Dpcm del 29 novembre 2011, che definisce i Livelli essenziali di assistenza

(Lea), contiene indicazioni riguardo all’Assistenza distrettuale, a sua volta formata dai servizi dell’Assistenza

sanitaria di base (e, cioè, Mmg e Pediatri di libera scelta) e dell’Assistenza specialistica ambulatoriale. Non

esiste una sezione dedicata all’assistenza primaria”. La definizione di assistenza primaria proposta dal panel

di esperti europei potrebbe essere fatta coincidere in Italia col termine “assistenza territoriale”, intesa

sostanzialmente come tutto ciò che non è “assistenza ospedaliera per acuti”.

2.3 L’esperienza delle Case della Salute in Emilia-Romagna

In Emilia-Romagna, come in altre Regioni italiane, sono state avviate diverse iniziative orientate allo

sviluppo dell’assistenza primaria, coerenti con l’impostazione europea. Vi presentiamo sinteticamente

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l’esperienza emiliano-romagnola delle Case della Salute (CdS), anche attraverso la breve descrizione di due

casi: la Casa della Salute di San Secondo Parmense (PR) e la Casa della Salute di Forlimpopoli (FC).

Nel 2010 sono state deliberate dalla Giunta regionale dell’Emilia-Romagna (DGR 291/2010) le linee di

indirizzo per la realizzazione e l’organizzazione delle Case della Salute, che definiscono la Casa della Salute

come un presidio del Distretto, sede di accesso e di erogazione di servizi rivolti alla popolazione dell’ambito

territoriale di riferimento del Nucleo di Cure Primarie (NCP). Le Linee regionali individuano tre tipologie di

CdS (piccola, media, grande) a diversa complessità, in relazione alle caratteristiche orogeografiche del

territorio e alla densità della popolazione. La tipologia “Piccola” è finalizzata all’erogazione dell’assistenza

primaria, mentre quella “Grande” ad un’ampio range di servizi: sanitari, socio-sanitari e sociali (figura 6).

Figura 6. Schema organizzazione funzionale Casa della Salute “Grande”

Fonte: Regione Emilia-Romagna, DGR 291/2010

Nel 2013 (dati aggiornati a novembre 2013) risultano pianificate 124 Case della Salute, rispetto ad una

popolazione residente di 4 milioni e 471 mila abitanti (dato provvisorio, aggiornato al 01.01.2013), per un

investimento complessivo stimato pari a 117.146.413 euro, di cui 19.050.329 euro di fonte regionale

(Curcetti et al., 2013). Sul totale delle Case della Salute, 55 sono funzionanti e 69 sono programmate. Delle

55 Case della Salute funzionanti, 26 sono di tipologia “Piccola”, 17 “Media” e 12 “Grande”.

La Casa della Salute di San Secondo Parmense

La Casa della Salute appartiene alla tipologia “Grande” ed è stata avviata nel 2012. La Casa della Salute di

San Secondo Parmense offre i suoi servizi ad una popolazione di 16.787 abitanti, residenti nel territorio di

competenza del Nucleo di Cure Primarie, i cui Medici di Medicina Generale lavorano all’interno della Casa.

La sede della Casa della Salute era un ospedale per acuti, rispetto a cui era stato avviato un processo di

conversione in polo socio-sanitario prima dell’ipotesi di realizzare una Casa della Salute. Negli ultimi anni

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precedenti l’avvio della Casa della Salute tale polo offriva già un ampio range di servizi, con la presenza di

diverse figure professionali, come ad esempio: alcuni medici di medicina generale e pediatri di libera scelta;

la sanità pubblica; il consultorio familiare (anche diagnostica ecografica); un centro di salute mentale, e la

neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza; diversi ambulatori specialistici (es. neurologia, ortopedia,

fisiatria, urologia, oculistica, odontoiatria, dermatologia, gastroenterologia); un servizio di radiologia (RX,

ecografia, mammografia); un punto prelievi con connessa attività di distribuzione ausili per diabetici e

incontinenti e farmaci classe A; l’assistenza domiciliare integrata; la unità di valutazione geriatrica; il

servizio sociale comunale con assistenti sociali ed educatori dedicati a diverse popolazioni target (anziani,

disabili, minori, famiglie ed immigrati).

La attivazione della Casa della Salute è stata preceduta nel 2011 da un percorso formativo rivolto ad un

gruppo di professionisti, individuati come facilitatori, rappresentativi dei diversi servizi che ne avrebbero

fatto parte. L’obiettivo della formazione è stato lo sviluppo di una serie di competenze: tecnico-

professionali (es. gestione dei percorsi integrati, presa in carico multi professionale); trasversali-relazionali

(es. lavorare in gruppo, svolgere funzioni di coordinamento e connessione nella rete multiprofessionale);

organizzative e gestionali (es.progettazione organizzativa, valutazione del contesto, della domanda e

dell’attività svolta); di miglioramento continuo, ricerca e innovazione (es. audit, gruppi di miglioramento,

utilizzo informazioni scientifiche). L’iniziativa formativa è stata supportata da una piattaforma di

formazione a distanza (FAD), nella quale è stato predisposto anche un blog di discussione.

Tra i principali aspetti qualificanti la Casa della Salute di San Secondo Parmense si citano:

l’apertura di ambulatorio infermieristico per le patologie croniche, che svolge diverse attività

legate alla gestione delle persone arruolate nei percorsi assistenziali, tra cui l’informazione e

l’educazione sanitaria e la chiamata proattiva;

l’apertura di un ospedale di comunità (10 posti letto) 4, che nasce da un progetto condiviso tra

l’Azienda USL di Parma e i Medici di Medicina Generale dei 3 NCP afferenti di riconversione della

area di degenza (lungodegenza). La gestione clinica è affidata ai Medici di Medicina Generale,

mentre la gestione e l’organizzazione dell’ingresso è affidata ad un Dirigente Infermieristico;

Nella Casa della Salute di San Secondo trovano, inoltre, spazio anche le sedi di alcune Associazioni di

volontariato.

4 Sono eleggibili al ricovero in Ospedale di Comunità i pazienti: prevalentemente anziani provenienti da struttura ospedaliera, per

acuti o riabilitativa; fragili e/o cronici provenienti dal domicilio per la riacutizzazione di condizione clinica preesistente; che

necessitano di assistenza infermieristica; che necessitano di riattivazione motoria o di supporto riabilitativo-rieducativo respiratorio

o di altro organo/distretto (rif. Servizio Assistenza distrettuale, medicina generale, pianificazione e sviluppo dei servizi sanitari –

Regione Emilia-Romagna. Un nuovo approccio allo sviluppo della rete dei servizi di assistenza primaria e la realizzazione degli

Ospedali di Comunità in Regione Emilia-Romagna. Documento programmatico 2013-2015).

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La Casa della Salute di Forlimpopoli (FC)

La Casa della Salute appartiene alla tipologia “Grande” ed è stata avviata nel 2012. La Casa della Salute di

Forlimpopoli offre i suoi servizi ad una popolazione di 24 mila abitanti, residenti nel territorio di

competenza del Nucleo di Cure Primarie, i cui Medici di Medicina Generale lavorano all’interno della Casa5.

La Casa della Salute si trova a 10 Km dall’Ospedale di Forlì e circa a 15 Km dall’Ospedale di Cesena,

entrambe ospedali multi-specialistici, attrezzati per la gestione in emergenza-urgenza e acuta di casi

complessi.

La sede della Casa della Salute era uno stabilimento ospedaliero per la gestione della acuzie, post-acuzie e

per la riabilitazione intensiva, che comprendeva al suo interno anche un punto di primo intervento e

l’hospice (11 posti letto). A differenza della Casa della Salute di San Secondo Parmense, la realizzazione

della Casa della Salute di Forlimpopoli ha comportato un’ampia operazione di trasferimento di servizi

ubicati altrove presso la sede della Casa (o nel caso dei Servizi sociali in una sede contigua), come ad

esempio: il consultorio familiare; la pediatria di comunità e di libera scelta, il centro di salute mentale e la

neuropsichiatria dell’infanzia e adolescenza, la sanità pubblica (es. vaccinazioni, screening), e una serie di

ambulatori specialistici (es. cardiologia, ortopedia, dermatologia, oculistica).

Tra i principali aspetti qualificanti la Casa della Salute di Forlimpopoli si citano:

l’ambulatorio infermieristico, secondo i principi del chronic care model, per la gestione delle patologie croniche (diabete, scompenso cardiaco, BPCO);

l’ambulatorio di osservazione e terapie6 (trasformazione del precedente punto di primo intervento);

un Ospedale di Comunità con 28 posti letto (riconversione di parte dei posti letto del precedente stabilimento ospedaliero);

l’Hospice (già presente prima della realizzazione della Casa della Salute). L’intero percorso di realizzazione della Casa della Salute è stato accompagnato da un costante confronto con le Amministrazioni locali e con la cittadinanza, e dalla organizzazione di eventi formativi, teorici e sul campo, orientati in particolare alla sviluppo delle competenze della professione infermieristica. La conclusione del progetto è prevista entro l’anno 2014, nel rispetto del Piano Attuativo Locale 2012-2014,

il principale strumento di programmazione di medio periodo dell’Azienda USL di Forlì (dal 2014 “sede

operativa dell’Azienda USL Romagna”) contenente gli indirizzi e le scelte che, in condivisione con la

Conferenza Territoriale Sociale e Sanitaria (CTSS), si intendono realizzare per assicurare i livelli essenziali di

assistenza.

5 Per la precisione, il Nucleo di Cure primarie si articola in due sedi: una a Forlimpopoli, ubicata presso la Casa della Salute e

comprendente 10 medici di medicina generale; una a Bertinoro, comprendente 5 medici di medicina generale. Presso la sede di di

Bertinoro sono anche presenti: un ambulatorio infermieristico, gli assistenti sociali per anziani, disabili, minori e famiglie, la

pediatria di comunità, il punto prelievi e il servizio di igiene pubblica.

6 L’ambulatorio presenta un’apertura H 12; è presente un infermiere che opera in forma collaborativa con il MMG; sono accolte

persone con modalità programmata e non. Le persone che accedono in modalità non programmata possono soffrire, ad esempio,

di odontalgie, otalgie, faringiti, rinofaringiti, tracheite, ulcere varicose, sindromi gastroenteriche e dermatiti.

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3) Le leve di cambiamento dell’assistenza primaria

Le nostre proposte si basano sull’ipotesi che nel breve-medio termine non si presentino variazioni

significative (di segno positivo o negativo), rispetto alla situazione presente, nella disponibilità di

risorse economiche pubbliche e nel quadro normativo.

Una differente metrica

Proponiamo che nel governo e anche nella gestione dei servizi sanitari, socio-sanitari e socio-

assistenziali si passi da una metrica “prestazionale” ad una metrica legata al tasso di

“reclutamento rispetto alle prevalenze epidemiologiche stimate”. Tale cambiamento è doveroso

non solo sul piano normativo, da decenni nella legislazione, ad esempio in materia sanitaria, si

parla di risposta ai bisogni di salute della popolazione, più che di prestazioni, ma anche sul piano

della appropriatezza/efficacia ed efficienza dell’assistenza fornita.

Proviamo ad offrire qualche chiarimento.

La stima dei bisogni di salute dovrebbe riguardare in particolar modo le popolazioni target che

ricorrono più frequentemente ai servizi e/o che necessitano di una risposta costante nel tempo da

parte del sistema pubblico, come ad esempio le persone sofferenti di una o più patologie croniche

(30% degli italiani), le persone non autosufficienti (4% degli italiani), le persone disabili. Sono, già,

disponibili alcuni strumenti di rilevazione del bisogno a livello nominativo, basati su fonti

amministrative correnti, sia a livello nazionale, come ad esempio “Matrice” (Moirano, Bellentani,

2014) per le patologie croniche, sia a livello regionale, come ad esempio un modello predittivo del

rischio di fragilità sanitaria e sociale sviluppato in Emilia-Romagna. Un nodo critico rimane “come

linkare” sulla singola persona fonti informative sanitarie, socio-sanitarie e sociali al fine di avere

una rappresentazione del bisogno nelle sue varie dimensioni, sanitarie e sociali, definendo dei

modelli di segmentazione standardizzabili.

Parlare di “servizi di presa in carico” e non di “prestazioni” vuol dire allargare l’orizzonte di lettura

della risposta pubblica. Per “servizi di presa in carico” intendiamo, infatti, un insieme di elementi,

di cui la singola prestazione è parte, che vanno dal sistema formale di accesso, alla valutazione del

bisogno (trasformazione del bisogno in domanda) fino alla appropriatezza/efficacia delle

prestazioni erogate.

La definizione della misura di copertura, in particolare il nostro numeratore (assumendo che il

denominatore sia rappresentato dal numero di persone che presentano un determinato bisogno,

ovvero la prevalenza epidemiologica), potrà quindi variare a seconda dell’elemento del servizio su

cui intendiamo porre l’attenzione.

Passare quindi da una metrica prestazionale ad una orientata al bisogno potrebbe rappresentare

una modalità efficace nel supportare:

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un approccio pro-attivo all’assistenza, attraverso la identificazione del bisogno prima che si

trasformi in domanda; ovviamente, si tratterebbe inizialmente di concentrarsi sulle

persone che presentano un livello elevato di bisogno;

lo sviluppo di programmi trasversali che integrino le attività di tutti gli operatori coinvolti

nei processi di assistenza (territoriali ospedalieri, servizi sociali, associazioni di volontariato

e associazioni dei pazienti)

la comprensione dei meccanismi impliciti di selezione (e pre-selezione) dei destinatari dei

servizi (Fosti et al, 2013).

Lo sviluppo delle professioni sanitarie

Lo sviluppo dell’assistenza primaria secondo i principi del chronic care model comporta necessariamente

una ridefinizione della composizione, del ruolo e dello skill-mix delle figure professionali che lavorano nel

territorio, con un investimento maggiore sulle professioni sanitarie, in primis, l’infermiere (ma non solo).

L’esperienza delle Case della Salute in Emilia-Romagna (ad es. l’ambulatorio a gestione infermieristica della

cronicità), come anche tante esperienze in Italia (per non citare i numerosissimi riferimenti internazionali),

rappresentano un punto di partenza verso questa direzione.

Condividere la necessità di investire sulle professioni sanitarie, richiede innanzitutto di discutere e

affrontare una prima importante criticità: la disponibilità di professionisti. Facciamo l’esempio degli

infermieri.

A livello europeo, l’Italia (figura 7) presenta un tasso di infermieri dipendenti del Servizio Sanitario

Nazionale inferiore (e in alcuni casi ampiamente inferiore) rispetto al tasso di infermieri di altri Paesi

europei, e anche dell’Emilia-Romagna, mentre presenta un tasso di medici di medicina generale

sufficientemente allineato agli altri Paesi.

Figura 7. Tasso di medici, infermieri e medici di medicina generale *1.000 abitanti. Anno 2010.

Italia Emilia-Romagna UK Francia Germania Spagna Grecia

Medici 1,78 2,19 2,67 3,27 3,64 3,78 6,13

Infermieri 4,39 6,17 10,36 8,45 11,26 5,04 3,31

Medici di medicina generale 0,77 0,73 0,79 1,64 0,65 0,75 0,3

0

2

4

6

8

10

12 Medici Infermieri Medici di medicina generale

12

Fonte: Italia: Annuario Statistico del Ministero della Salute; Emilia-Romagna: Banca dati regionale;

Altri paesi: European Health for All Database-2014

Nel periodo 2000-2010 il tasso di infermieri dipendenti del Servizio Sanitario Nazionale italiano e anche

dell’Emilia-Romagna si è mantenuto costante e inferiore a quello di altri Paesi europei, i quali hanno,

invece, presentato un progressivo incremento, seppur di lieve entità, del tasso di infermieri (figura 8).

Figura 8. Tasso di infermieri *1.000 abitanti. Anni 2000-2010.

2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010

Italia 4,41 4,56 4,60 4,56 4,43 4,31 4,50 4,45 4,36 4,39 4,36

Germania 9,78 9,87 10,00 10,19 10,30 10,44 10,56 10,71 10,94 11,26 11,40

Francia 6,66 6,84 7,00 7,19 7,38 7,59 7,78 7,64 7,91 8,19 8,45

UK 10,14 10,19 10,36 10,12

Emilia-Romagna 5,98 6,04 6,09 6,09 6,16 6,20 6,22 6,19 6,17 6,11

Spagna 3,73 3,86 4,25 4,17 4,31 4,34 4,25 4,53 4,78 5,09 5,04

Grecia 2,72 2,93 3,28 3,29 3,27 3,3 3,21 3,19 3,22 3,31

0

2

4

6

8

10

12

Italia Germania Francia UK Emilia-Romagna Spagna Grecia

Fonte: Italia: Annuario Statistico del Ministero della Salute; Emilia-Romagna: Banca dati regionale;

Altri paesi: European Health for All Database-2014

L’appropriatezza dell’assistenza specialistica

Sulle prestazioni specialistiche converge un ampio insieme di temi (es. il contenimento dei tempi

di attesa, il sistema dei ticket e delle esenzioni, la regolamentazione dell’attività intramoenia, la

medicina difensiva, il consumismo sanitario, e altri ancora) oggetto di numerose discussioni,

interpretazioni circa le criticità, e proposte di soluzione.

Noi intendiamo circoscrivere l’ambito a quello della appropriatezza delle prestazioni specialistiche

nelle persone sofferenti di patologie croniche, in prevalenza anziani. Una quota non trascurabile di

prestazioni specialistiche rappresentano, infatti, prestazioni di monitoraggio e controllo

dell’andamento della patologia cronica, previste dalle linee guida internazionali e nazionali per

l’appropriata gestione della patologia, e un’altra quota di prestazioni specialistiche sono legate

all’insorgenza di problemi acuti in persone sofferenti di patologie croniche. La presenza di un

quadro clinico di multimorbilità contribuisce, infatti, ad aumentare la vulnerabilità dell’organismo,

incrementando il rischio di insorgenza di problemi di salute acuti, non solo come complicanze di

problemi pre-esistenti.

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Proponiamo che nell’ambito dei percorsi diagnostico terapeutici assistenziali (PDTA) per problemi cronici di salute a più elevata prevalenza nella popolazione (diabete, post-scompenso cardiaco, post-infarto miocardico acuto, broncopneumopatie croniche) vengano condivisi e programmati tra medici di medicina generale e specialisti i luoghi (es. ospedale, Casa della Salute), le modalità ed i tempi di erogazione delle prestazioni specialistiche, e definite le modalità di accesso “facilitato” per problemi acuti.

La ricomposizione nell’area socio-sanitaria e socio-assistenziale

In Italia, i servizi socio-sanitari e socio-assistenziali sono caratterizzati, a livello locale, da una

frammentazione (ad esempio, rispetto ai servizi sanitari) delle fonti di finanziamento e dei soggetti

erogatori di prestazioni, istituzionali (es. Azienda Usl, Comune, INPS) e informali (es. famiglie, volontariato,

badanti), come anche dal mix di prestazioni offerte dagli erogatori istituzionali (trasferimenti finanziari e

prestazioni assistenziali). Uno degli aspetti più critici consiste nel fatto che ad oggi si conoscono le

prestazioni erogate da ogni attore pubblico, ma non si conoscono con sufficiente precisione e affidabilità i

destinatari, le persone in carico. Un altro aspetto particolarmente critico, legato al precedente, consiste

nella difficoltà di conoscere tutte le tipologie di interventi socio-sanitari e socio-assistenziali, erogate dai

diversi attori pubblici a favore del singolo destinatario. Tale situazione pone diversi rischi per la

appropriatezza e la efficienza dei singoli interventi erogati.

Proponiamo, pertanto, una “ricomposizione conoscitiva, fondata sull’identificazione di sistemi informativi

interistituzionali in grado di registrare e rendere comprensibili ai singoli attori pubblici l’insieme di soggetti

e di risorse che convergono su un singolo utente” (Fosti, Notarnicola, 2014)

Proponiamo, inoltre, che si approfondisca il dibattito necessario a giungere ad una definizione

sufficientemente condivisa:

- dei Livelli essenziali delle prestazioni sociali, su cui da anni si discute;

- di criteri per la stima, con sufficiente precisione e affidabilità, dei bisogni delle principali popolazioni target

oggetto degli interventi (es. anziani non autosufficienti), coerentemente con l’impostazione suggerita nel

punto “Una metrica differente”.

I tre ingredienti proposti sono basilari per impostare una discussione sul finanziamento il più possibile

orientata alla equità nell’allocazione delle risorse ed alla appropriatezza degli interventi erogati.

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Bibliografia (riferimenti in ordine alfabetico)

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italiano. Egea: Milano. 2014.

CGIL. Una sanità. Di tutti. Le proposte della CGIL. Assemblea pubblica a Roma il 22 gennaio 2013.

Corsalini E, Fattore G. L’assistenza sanitaria primaria in Europa: modelli, tendenze, scenario per l’Italia.

Mecosan 2012; 82: 61-75.

Curcetti C, Parisini L, Tassinari MC (a cura di). Le “Case della Salute” in Emilia-Romagna. Report conclusivo

2013. Regione Emilia-Romagna: Bologna. Novembre 2013.

Expert Panel on effective ways of investing in Health (EXPH). Preliminary report on definition of a frame of

reference in relation to primary care with special emphasis on financing systems and referral systems. 27

February 2014.

Fosti G, Notarnicola E (a cura di). Il Welfare e la Long Term Care in Europa. Modelli istituzionali e percorsi

degli utenti. EGEA: Milano. 2014.

Fosti G, Larenza O, Longo F, Rotolo A. Governare la domanda di servizi socio-sanitari: evidenze dalla

Regione Emilia-Romagna. Mecosan, 2013; 88: 9-24.

Moirano F, Bellentani M. Patologie croniche, ecco Matrice, un nuovo strumento di governante clinica. I

quaderni di Monitor, 2014; n.35

Regione Emilia-Romagna - Deliberazione della Giunta Regionale n.291 dell’anno 2010. Casa della Salute:

indicazioni regionali per la realizzazione e l’organizzazione funzionale. 2010; n. 291. Pubblicata sul

Bollettino Ufficiale Regionale (BUR) n.48 del 18.03.2010.