Le interpretazioni delle cinque vie del tomismo spagnolo del secolo XVI (presentazione breve)
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Le interpretazioni delle cinque vie
del tomismo spagnolo
del secolo XVI
(presentazione breve)
Interpretazioni…Alcuni richiami di storia del tomismo…
1270: condanna a Parigi
1274: morte di Tommaso a Fossanova
1277: condanna a Parigi e ad Oxford
1280: Correctorium di Guglielmo de la Mare (difesa OP, …corruptorium)
1323: canonizzazione
1368: traslazione a Tolosa del corpo di Tommaso
+1444: Giovanni Capreolo: Deffensione theologiae divi doctorum Thomae Aquinatis
(Ludovico Longo +1475; Leonardo da Ragusa +1480; Ferrarese…)
1491: Egidio di Charronnelle a Parigi spiegava la Summa
1505: tutti i conventi OP devono studiare Tommaso d’Aquino
1509: Pietro Crockaert (Bruxellensis) spiegava la Summa a Parigi con grande pubblico
Altri commentatori importanti: Konrad Koellin (1476-1563) a Colonia
Tommaso de Vio (Gaetano, 1468-1534) a Roma
Francisco de Vitoria (1483-1546) a Parigi e Spagna
Tra i tanti…
gli autori della cosiddetta “prima Scuola di Salamanca”
…
Francisco de Vitoria
Domingo de Soto
Melchor Cano
Pedro de Sotomayor
Ambrosio de Salazar
…
…
CUMEL Francisco, Commentaria in Primam Partem Sancti Thomae Aquinatis, Salmantica 1575 (q. 2, pp. 81-95).
BAÑEZ Domingo, Scholastica Commentaria in Primam Partem Angelici Doctoris D. Thomae usque ad sexagesimamquartam quaestionem, Salmantica 1585 (q. 2 [ed. crit. 1934], pp. 99-116).
…
FRANCISCO
DE VITORIA
(ca. 1492 – 1546)
- Studia a Parigi (1509-1523), collabora con Pietro Crockaert e commenta il Prologo della II-IIae
- 1523: torna in patria, e insegna a Valladolid (1523-1526) dove certamente commenta la I Pars ma i materiali sono andati persi
- 1531-1546: insegna nella cattedra “de Prima” a Salamanca ogni 7 anni commenta tutta la Summa
VITORIA Ms 2 (San Esteban – Salamanca), ff. 14v-15r
MELCHOR
CANO
(ca. 1509 – 1560)
- Comincia gli studi di Artes y Humanidades nella Università di Salamanca nel 1523.
- Nello stesso anno indossa l’abito domenicano entrando nel convento di San Esteban. Discepolo di Francisco de Vitoria
- Grazie a Francisco de Vitoria Melchor Cano si riconosce debitore di uno “spirito nuovo” nel fare teologia (cap. XII dei Loci Theologici); specialmente il modo con il quale lo stesso Vitoria commentava direttamente la fonte tomista.
1. La dimostrazione dell´esistenza di Dio è un tema che indubbiamente offre a Cano una nuova occasione per considerare il rapporto tra fede e ragione
2. Cano denuncia i ragionamenti sofistici e la vacuità con cui certi scolastici affrontavano le controversie teologiche, facendo passare per vera dialettica quell’arte del sofisma, una pericolosa ars argutandi che intendeva presentarsi come dialettica
SULLE 5 VIE (ST I, q. II, a. 3)
3. Nel testo Cano ricorre anzitutto ad Aristotele, ricordando proprio l’avvertimento del filosofo sulla mancanza di cultura “rudis et stulti hominis”. Nel De Locis Theologicis Cano dedica l´intero capitolo V del libro X alla trattazione dell’autorità dello Stagirita, mettendo in evidenza l’impronta troppo dichiaratamente aristotelica che gli pareva ancora caratterizzare la teologia scolastica.
4. Cano fa notare cha attraverso le argomentazioni delle 5 vie il Dottore Angelico non intende dimostrare Dio nella sua essenza, a noi irraggiungibile: “Ergo non debet hic probari Deum esse”. L’Aquinate mostra solo, secondo Cano, che dalla realtà delle cose create emerge strutturalmente l´esigenza di Dio poiché:
“sunt aliqua praedicata in rerum natura quae nulli nisi Deo convenire possunt, et ex consequenti Deum esse”
Nella prima via
Cano ricorre ad Aristotele, al VII e VIII libro della Fisica; in rapporto all’unità del motore e del mosso e delle loro parti, e sul problema dell’intelletto agente in relazione al rapporto tra potenza e atto il riferimento si allarga anche al commento di AverroéSi riferisce poi a Duns Scoto, citando la q. II della dist. II del I libro della cosidetta “Ordinatio”, e affermando che Scoto negava il principio aristotelico “omne quod movetur ad alio movetur” (Phys. VII, I), assunto invece da San TommasoCano presenta anche la posizione di Alberto Magno, che condivise con Aristotele la prospettiva della necessità, per ogni ente soggetto al divenire, di rimandare ad un movente che sia distinto dal mosso. Questo insegnamento è impiegato da Alberto Magno proprio come prova per l’esistenza di Dio
Nella risposta Cano si riferisce nuovamente ad Aristotele, questa volta con un richiamo al “De generatione et corruptione”, ed uno successivo alla Physica, laddove il Filosofo discute se, sussistendo per natura, gli animali e le loro parti hanno in se stessi il principio del movimento e della quiete
Cano presenta anche la posizione di Alberto Magno, che condivise con Aristotele la prospettiva della necessità, per ogni ente soggetto al divenire, di rimandare ad un movente che sia distinto dal mosso. Questo insegnamento è impiegato da Alberto Magno proprio come prova per l’esistenza di Dio
- Cano si rifà, come emerge dal testo, a Sant´Agostino, rispettivamente nei capp. VI e VII del De Civitate Dei; testi nei quali Agostino riconosce ai platonici il fatto di aver compreso che la realtà si conosce alla luce di quel Dio “da cui tutte le cose sono state prodotte”.
- Cano afferma con molta coerenza che in Dio é la ragione ideale non creata delle cose e nella quale tutto é stato creato.
Per quanto riguarda invece la seconda e la quarta via
DOMINGO
DE SOTO
(ca. 1494 – 1560)
• Sulle cinque rationes metaphysicae dell’articolo III, Soto sottolinea la
concordanza di Tommaso d’Aquino con Aristotele.
• L’ultimo tema affrontato da Domingo de Soto riguarda l’argomento dei
due contrari (infinita bontà di Dio ed esistenza del male nel mondo), che
sembra impedire l’accettazione dell’esistenza di Dio:
- studia le posizioni di Giovanni Duns Scoto e del Gaetano;
- conclude affermando che la soluzione di Tommaso d’Aquino è
“multo melius” per risolvere la questione: “reducendo causam ad ipsam
bonitatem Dei”.
SULLE 5 VIE (ST I, q. II, a. 3)
La difficoltà dei due contrari - A
• La difficoltà: Dio, un bene infinito, dovrebbe distruggere il male, perché l’infinito distrugge totalmente il suo contrario finito. Non è ancora la domanda della teodicea
• Premesse per la risposta: Sant’Agostino distingue due modi del ripugnare il male da Dio.– modo formaliter: Dio è infinitamente buono, perciò il male non è mai stato e non può essere in Lui
– modo effective: Dio ripugna il male che è fuori di Lui cioè nella creazione, e lo distrugge. Tuttavia, perché non lo distrugge totalmente?
• Risposta di Scoto: Dio ex necessitate naturae dovrebbe annichilire tutto il male, anche quello fuori di sè. Ma Dio è libero, perciò non corrumpit totum sed sicut vult.
– Il male sarebbe una manifestazione della libertà di Dio
• Risposta del Gaetano: La bontà infinita di Dio si partecipa nella creazione nel modo imperfetto, perciò Dio non distrugge tutto il male nella creatura, ma solo in Lui stesso.
– Questa risposta, afferma Domingo de Soto, non esclude l’argomentazione di Scoto: forsan hoc voluit dicere Scotus.
• Secondo Domingo de Soto le soluzioni di Scoto e Gaetano sono buone, ma non rispondono al perché Dio non vuole distruggere il male nella creatura.
La difficoltà dei due contrari - B
• Secondo Domingo de Soto la soluzione di Tommaso d’Aquino è multo melius perché risponde anche alla domanda sulla “tolleranza” verso il male da parte di Dio.
• Dio permette il male per trarne dei beni, è così mostra pienamente la sua perfezione. Soto sviluppa così questo argomento:
– perfectio est ex minus bono facere bonum
– ex indifferentibus facere bonum est maioris perfectionis
– multo maioris perfectionis ex malis facere bona et hoc est maioris potentiae immo infinitae
SULLE 5 VIE (ST I, q. II, a. 3)
Vitoria, Cano e Soto: tre modi diversi di commentare lo stesso testo di San Tommaso, accomunati da:
- grande stima per la dottrina tomista- volontà di rendere il testo accessibile agli alunni- dialogo con scuole universitarie contemporanee
SULLE 5 VIE (ST I, q. II, a. 3)
In comune hanno anche un modo di accostare il testo distinto dal nostro: oggi si cerca in questa questione la soluzione al dilemma se Dio esiste o no. All’inizio del XVI sec. questa questione non suscitava alcun interesse, nel senso che per tutti e tre era comune il riconoscimento dell’esistenza di Dio.
Quello che volevano discutere era se l’argomentazione era ben costruita e il metodo seguito era consistente rispetto alle critiche del nominalismo.