Le immunotossine - Kataweb

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Gli anticorpi monoclonali, localizzati in questa sezione congelata di carcinoma del seno sulle cellule neoplastiche, si legano in maniera specifica a un antigene associato al tumore, molecola della superficie cellulare peculiare delle cellule neoplastiche. Gli anticorpi sono resi visibili con la tecnica indiretta della immunoperossidasi, grazie alla quale la superficie ricoperta di anticorpi di ogni cellula neoplastica assume una colorazione marrone: i nuclei sia delle cellule neoplasti- che sia di quelle normali subiscono una controcolorazione blu chiaro. Gli anticorpi sono stati preparati nel laboratorio di Arthur E. Fran- kel alla Cetus Corporation, dove è stata eseguita anche la microfoto- grafia. Anticorpi monoclonali come quelli illustrati vengono uniti agli agenti tossici allo scopo di ottenere immunotossine, molecole composite che si legano alle cellule neoplastiche uccidendole, mentre non si legano alle cellule normali, le quali rimangono così intatte. C ome si riesce a distruggere un par- ticolare sottoinsieme delle cellu- le di un paziente e a lasciare in- denne il resto? E il difficile obiettivo che si propone di raggiungere la chemiotera- pia del cancro e di certe altre malattie. Una cellula tumorale o neoplastica è in pratica una cellula normale che si è gua- stata. Liberata dai normali vincoli alla crescita, si moltiplica rapidamente e può dar luogo a metastasi in tessuti distanti. La maggior parte dei prodotti che la che- mioterapia fornisce oggi all'oncologo sono farmaci che vengono assunti da cel- lule in fase di rapida moltiplicazione o che le colpiscono primariamente. Purtroppo, tutto questo costituisce una base margina- le per la selettività. Non è detto che anche le cellule normali non vengano colpite da questi farmaci. Dosi sufficientemente for- ti da distruggere le cellule tumorali pos- sono essere letali per il paziente e perfino dosi moderate possono provocare effetti collaterali dannosi. C'è un modo alternativo di affrontare il male: un «proiettile magico» che distrug- ge il proprio bersaglio senza danneggiare in misura significativa le altre cellule. Proiettili del genere sono, per esempio, gli antibiotici. Un antibiotico può uccide- re i batteri o impedirne la moltiplicazione senza danneggiare le cellule umane per- ché inibisce i processi metabolici caratte- ristici della cellula batterica procariote. È più arduo mettere a punto agenti analoghi con una tossicità selettiva per i funghi o i parassiti patogeni, dato che il metaboli- smo delle loro cellule eucarioti è troppo simile a quello delle cellule infettate dei mammiferi. Un differente tipo di proiettile magico sarebbe quello la cui «magia» risiedereb- be nella capacità di fissarsi su un bersaglio designato, per esempio un particolare tipo di cellula neoplastica. L'agente tossi- co in sé, cioè, sarebbe tale per la maggior parte delle cellule, ma può raggiungere solo una ben definita popolazione di cel- lule. Nell'ultimo decennio i progressi compiuti nell'immunologia della superfi- cie cellulare, la scoperta degli anticorpi monoclonali e una migliore conoscenza di certe sostanze naturali estremamente tos- siche hanno cominciato a fare intravvede- re come questo modo di affrontare il pro- blema sia probabilmente realizzabile. La strategia è semplice, almeno in teoria: si sviluppa un anticorpo monoclonale che si leghi in maniera specifica a una cellula bersaglio e non ad altre e si accoppia tale anticorpo con una molecola tossica. Il complesso anticorpo-tossina, o immuno- tossina, dovrebbe uccidere con alta effi- cacia le cellule bersaglio, ma non le altre. In teoria, come spiegheremo, esistono delle difficoltà in questo modo di affron- tare il problema, e bisogna percorrere ancora un lungo cammino prima che le immunotossine diventino agenti terapeu- tici standard. Numerosi ricercatori, tutta- via, sono riusciti a dimostrare la capacità di queste sostanze di uccidere in modo mirato cellule che si sviluppano in coltura e il metodo è in fase di controllo sugli animali. I a d membrana superficiale lipidica di una cellula vivente è fittamente costellata di centinaia di strutture chimiche diverse (in prevalenza proteine, alcune delle qua- li presentano legami con catene carboi- dratiche); queste strutture svolgono di- versi ruoli nella comunicazione e nel me- tabolismo della cellula. Molte differisco- no da specie a specie e da individuo a individuo della stessa specie; in uno stesso individuo, molte differiscono da un tipo di cellula all'altro. È significativo il fatto che alcune strutture della superficie cellulare siano peculiari di certe cellule maligne e permettano di distinguere le cellule tu- morali perfino dalle cellule normali dello stesso tessuto. Quando cellule umane vengono intro- dotte nel corpo di un animale, i marcatori della superficie cellulare diversi da quelli propri del ricevente vengono riconosciuti come estranei. Fungono pertanto da anti- geni e il sistema immunitario dell'animale reagisce alla loro presenza producendo contro di essi degli anticorpi. Questi sono molecole proteiche estremamente speci- fiche in grado di riconoscere e di legarsi in modo molto stretto con i particolari anti- geni che hanno indotto la loro sintesi. La funzione naturale che essi svolgono consi- ste nell'avviare i processi difensivi che inattivano o distruggono le sostanze estranee dannose, ma da qualche tempo i ricercatori sono riusciti a sfruttare la spe- cificità degli anticorpi per trovare, identi- ficare, marcare e separare particolari cel- lule o molecole. Pertanto gli anticorpi suscitati da particolari cellule umane do- vrebbero fornire un mezzo per distingue- re queste cellule da altre. In effetti, già all'inizio di questo secolo il batteriologo e immunologo tedesco Paul Ehrlich aveva avanzato l'idea che gli anticorpi possano servire in qualche modo a fornire a parti- colari cellule agenti tossici a essi chimi- camente accoppiati. Per molti anni l'idea non si è potuta realizzare. Fino a epoca recente gli anti- corpi che reagiscono in maniera specifica con un solo antigene, e pertanto si legano in maniera affidabile a una singola classe di cellule, potevano essere ottenuti solo in quantità esigue, perché era difficile riusci- re a ottenerli puri dal miscuglio di anti- corpi presente nel siero di un animale immunizzato. Ogni anticorpo specifico viene sintetizzato e secreto da plasmacel- lule derivate da un particolare clone di linfociti B, destinato alla sintesi di quel- l'anticorpo, ma non vi è alcun modo per riuscire a far propagare questo clone in la- boratorio, perché le cellule che secernono anticorpi non si possono far sviluppare in laboratorio su un terreno colturale. Questo problema è stato però superato nel 1975 da Cesar Milstein del Medical Research Council Laboratory of Molecu- lar Biology di Cambridge grazie alla mes- sa a punto della tecnologia degli ibridomi. Milstein ha trovato un modo per fondere i linfociti B con le cellule affini, ma mali- gne, di un mieloma. Le cellule del risul- tante ibridoma sono come le cellule B per il fatto che ciascuna produce un singolo anticorpo; sono inoltre come le cellule del mieloma per il fatto che possono svilup- parsi indefinitamente in coltura. Una sin- gola cellula di ibridoma può essere fatta sviluppare in un clone di cellule identiche, che serve da fonte ininterrotta di un dato Le immunotossine Derivano dal legame di un agente tossico con un anticorpo monoclonale contro un antigene tumorale; come «proiettili magici» prendono di mira, distruggendole, le cellule tumorali e lasciano indenni quelle normali di R. John Collier e Donald A. Kaplan 54 55

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Gli anticorpi monoclonali, localizzati in questa sezione congelata dicarcinoma del seno sulle cellule neoplastiche, si legano in manieraspecifica a un antigene associato al tumore, molecola della superficiecellulare peculiare delle cellule neoplastiche. Gli anticorpi sono resivisibili con la tecnica indiretta della immunoperossidasi, grazie allaquale la superficie ricoperta di anticorpi di ogni cellula neoplasticaassume una colorazione marrone: i nuclei sia delle cellule neoplasti-

che sia di quelle normali subiscono una controcolorazione blu chiaro.Gli anticorpi sono stati preparati nel laboratorio di Arthur E. Fran-kel alla Cetus Corporation, dove è stata eseguita anche la microfoto-grafia. Anticorpi monoclonali come quelli illustrati vengono unitiagli agenti tossici allo scopo di ottenere immunotossine, molecolecomposite che si legano alle cellule neoplastiche uccidendole, mentrenon si legano alle cellule normali, le quali rimangono così intatte.

C

ome si riesce a distruggere un par-ticolare sottoinsieme delle cellu-le di un paziente e a lasciare in-

denne il resto? E il difficile obiettivo chesi propone di raggiungere la chemiotera-pia del cancro e di certe altre malattie.Una cellula tumorale o neoplastica è inpratica una cellula normale che si è gua-stata. Liberata dai normali vincoli allacrescita, si moltiplica rapidamente e puòdar luogo a metastasi in tessuti distanti.La maggior parte dei prodotti che la che-mioterapia fornisce oggi all'oncologosono farmaci che vengono assunti da cel-lule in fase di rapida moltiplicazione o chele colpiscono primariamente. Purtroppo,tutto questo costituisce una base margina-le per la selettività. Non è detto che anchele cellule normali non vengano colpite daquesti farmaci. Dosi sufficientemente for-ti da distruggere le cellule tumorali pos-sono essere letali per il paziente e perfinodosi moderate possono provocare effetticollaterali dannosi.

C'è un modo alternativo di affrontare ilmale: un «proiettile magico» che distrug-ge il proprio bersaglio senza danneggiarein misura significativa le altre cellule.Proiettili del genere sono, per esempio,gli antibiotici. Un antibiotico può uccide-re i batteri o impedirne la moltiplicazionesenza danneggiare le cellule umane per-ché inibisce i processi metabolici caratte-ristici della cellula batterica procariote. Èpiù arduo mettere a punto agenti analoghicon una tossicità selettiva per i funghi o iparassiti patogeni, dato che il metaboli-smo delle loro cellule eucarioti è tropposimile a quello delle cellule infettate deimammiferi.

Un differente tipo di proiettile magicosarebbe quello la cui «magia» risiedereb-be nella capacità di fissarsi su un bersagliodesignato, per esempio un particolaretipo di cellula neoplastica. L'agente tossi-co in sé, cioè, sarebbe tale per la maggiorparte delle cellule, ma può raggiungeresolo una ben definita popolazione di cel-lule. Nell'ultimo decennio i progressicompiuti nell'immunologia della superfi-cie cellulare, la scoperta degli anticorpimonoclonali e una migliore conoscenza di

certe sostanze naturali estremamente tos-siche hanno cominciato a fare intravvede-re come questo modo di affrontare il pro-blema sia probabilmente realizzabile. Lastrategia è semplice, almeno in teoria: sisviluppa un anticorpo monoclonale che sileghi in maniera specifica a una cellulabersaglio e non ad altre e si accoppia taleanticorpo con una molecola tossica. Ilcomplesso anticorpo-tossina, o immuno-tossina, dovrebbe uccidere con alta effi-cacia le cellule bersaglio, ma non le altre.In teoria, come spiegheremo, esistonodelle difficoltà in questo modo di affron-tare il problema, e bisogna percorrereancora un lungo cammino prima che leimmunotossine diventino agenti terapeu-tici standard. Numerosi ricercatori, tutta-via, sono riusciti a dimostrare la capacitàdi queste sostanze di uccidere in modomirato cellule che si sviluppano in colturae il metodo è in fase di controllo suglianimali.

I ad membrana superficiale lipidica di una cellula vivente è fittamente costellatadi centinaia di strutture chimiche diverse(in prevalenza proteine, alcune delle qua-li presentano legami con catene carboi-dratiche); queste strutture svolgono di-versi ruoli nella comunicazione e nel me-tabolismo della cellula. Molte differisco-no da specie a specie e da individuo aindividuo della stessa specie; in uno stessoindividuo, molte differiscono da un tipo dicellula all'altro. È significativo il fatto chealcune strutture della superficie cellularesiano peculiari di certe cellule maligne epermettano di distinguere le cellule tu-morali perfino dalle cellule normali dellostesso tessuto.

Quando cellule umane vengono intro-dotte nel corpo di un animale, i marcatoridella superficie cellulare diversi da quellipropri del ricevente vengono riconosciuticome estranei. Fungono pertanto da anti-geni e il sistema immunitario dell'animalereagisce alla loro presenza producendocontro di essi degli anticorpi. Questi sonomolecole proteiche estremamente speci-fiche in grado di riconoscere e di legarsi inmodo molto stretto con i particolari anti-

geni che hanno indotto la loro sintesi. Lafunzione naturale che essi svolgono consi-ste nell'avviare i processi difensivi cheinattivano o distruggono le sostanzeestranee dannose, ma da qualche tempo iricercatori sono riusciti a sfruttare la spe-cificità degli anticorpi per trovare, identi-ficare, marcare e separare particolari cel-lule o molecole. Pertanto gli anticorpisuscitati da particolari cellule umane do-vrebbero fornire un mezzo per distingue-re queste cellule da altre. In effetti, giàall'inizio di questo secolo il batteriologo eimmunologo tedesco Paul Ehrlich avevaavanzato l'idea che gli anticorpi possanoservire in qualche modo a fornire a parti-colari cellule agenti tossici a essi chimi-camente accoppiati.

Per molti anni l'idea non si è potutarealizzare. Fino a epoca recente gli anti-corpi che reagiscono in maniera specificacon un solo antigene, e pertanto si leganoin maniera affidabile a una singola classedi cellule, potevano essere ottenuti solo inquantità esigue, perché era difficile riusci-re a ottenerli puri dal miscuglio di anti-corpi presente nel siero di un animaleimmunizzato. Ogni anticorpo specificoviene sintetizzato e secreto da plasmacel-lule derivate da un particolare clone dilinfociti B, destinato alla sintesi di quel-l'anticorpo, ma non vi è alcun modo perriuscire a far propagare questo clone in la-boratorio, perché le cellule che secernonoanticorpi non si possono far sviluppare inlaboratorio su un terreno colturale.

Questo problema è stato però superatonel 1975 da Cesar Milstein del MedicalResearch Council Laboratory of Molecu-lar Biology di Cambridge grazie alla mes-sa a punto della tecnologia degli ibridomi.Milstein ha trovato un modo per fondere ilinfociti B con le cellule affini, ma mali-gne, di un mieloma. Le cellule del risul-tante ibridoma sono come le cellule B peril fatto che ciascuna produce un singoloanticorpo; sono inoltre come le cellule delmieloma per il fatto che possono svilup-parsi indefinitamente in coltura. Una sin-gola cellula di ibridoma può essere fattasviluppare in un clone di cellule identiche,che serve da fonte ininterrotta di un dato

Le immunotossineDerivano dal legame di un agente tossico con un anticorpo monoclonalecontro un antigene tumorale; come «proiettili magici» prendono di mira,distruggendole, le cellule tumorali e lasciano indenni quelle normali

di R. John Collier e Donald A. Kaplan

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CELLULA NEOPLASTICA

N

BATTERI

CELLULENEOPLASTICHE

AGENTE TOSSICO

PIANTE

ANTICORPO 441

SITO DI LEGAME PER L'ANTIGENE

2:\l"IMMUNO-TOSSINA

Il concetto su cui si basa una immunotossina è semplice. Le cellule neoplastiche, che includono trale molecole superficiali un antigene associato al tumore (in nero), vengono inoculate in un topo,che sintetizza gli anticorpi contro l'antigene. Una sostanza tossica derivata da una fonte batterica odi altra natura viene legata a uno di questi anticorpi e si ottiene così una immunotossina.L'immunotossina si unisce poi all'antigene associato al tumore che è presente sulle celluleneoplastiche e le uccide (in basso a sinistra). Non si unisce, invece, agli antigeni presenti sullecellule normali (in basso a destra) e pertanto queste non vengono danneggiate dalla tossina.

CELLULANEOPLASTICA CELLULA

NORMALE

anticorpo «monoclonale» contro unospecifico antigene.

Per isolare un anticorpo monoclonaleche riconosca un certo tipo di cellula siinocula in topi di laboratorio una colturapura delle cellule che interessano oppureun preparato della loro membrana cellu-lare (che contiene gli antigeni della super-ficie cellulare). Vengono quindi isolatilinfociti B dell'animale; essi sono succes-sivamente fusi con cellule del mieloma e irisultanti ibridomi vengono vagliati inbase alla loro capacità di produrre anti-corpi monoclonali che si legano alle cellu-le bersaglio in coltura o alle loro mem-brane, ma non si legano in modo efficacea tutto un gruppo di cellule o membranedi controllo. La specificità di legame deglianticorpi monoclonali è di rado assoluta,

ma può essere estremamente elevata,perché l'antigene riconosciuto dall'anti-corpo è presente in misura maggiore sullasuperficie delle cellule bersaglio che suquella delle altre cellule.

Accor prima che fossero disponibili glianticorpi monoclonali contro gli an-

tigeni della superficie cellulare, i ricerca-tori stavano studiando le proprietà degliagenti tossici che potevano essere liberatidagli anticorpi per uccidere le celluleneoplastiche. Vi sono parecchi candidati.Vi sono i farmaci tossici, come quelli aiquali abbiamo già accennato e che vengo-no abitualmente somministrati nellachemioterapia del cancro. Vi sono gli iso-topi radioattivi di vari elementi, alcuni deiquali hanno un'affinità per particolari tes-

suti (per esempio lo iodio per la tiroide).E vi sono proteine tossiche naturali, pro-dotte da certi batteri, piante e animali.

Tutti questi candidati sono stati accop-piati con anticorpi e saggiati, ma il lavorosulle immunotossine è stato perloppiùeffettuato con proteine tossiche naturali,alcune delle quali sono tra le più potentisostanze «citocide» (che uccidono le cel-lule) note. Nelle condizioni appropriate,una cellula umana può essere uccisa dauna singola molecola della tossina secretada Corynebacterium diphtheriae, l'agenteresponsabile della difterite, oppure dellaricina, una proteina che si trova nei semidi ricino. Il nostro lavoro è stato compiutoprevalentemente sulla tossina difterica.

La tossina difterica è un enzima cheinattiva una componente essenziale delmeccanismo di sintesi proteica di una cel-lula non batterica. Essa catalizza il trasfe-rimento dell'adenosindifosfatoribosio,che è una parte del nicotinammideade-nindinucleotide (NAD), trasportatore dielettroni, a una proteina chiamata fattoredi allungamento 2(EF-2). Questo fattoreè indispensabile per la sintesi delle pro-teine sugli organelli cellulari adatti, i ribo-somi, e viene inattivato in seguito all'at-tacco del gruppo ADP-ribosio. All'incir-ca in un giorno, una singola molecola ditossina difterica può inattivare la maggiorparte dei due milioni di molecole di EF-2(e forse anche tutte) che sono presenti inuna tipica cellula animale. Incapace disintetizzare proteine, la cellula muore.

L'azione enzimatica di questo tipo, inconseguenza della quale una molecola ditossina può funzionare ripetutamente perinattivare un numero molto elevato dimolecole bersaglio, è probabilmente ca-ratteristica della maggior parte delle pro-teine dotate di una forte tossicità. Peresempio, Sjur Olsnes, Alexander A. Pihle collaboratori dell'Istituto per le ricer-che sul cancro della Norsk Hydro di Oslohanno dimostrato che la ricina e alcunetossine vegetali affini dipendono ancheda un processo enzimatico (diverso tut-tavia da quello della tossina difterica) perinattivare i ribosomi.

p otenti tossine come quelle che abbia--1- mo descritto sembrerebbero idealiper unirsi agli anticorpi e formare un'im-munotossina efficace. Tuttavia, c'è unproblema importante. Una molecola ditossina ha propri siti di legame, mediante iquali può unirsi alla maggior parte dellecellule di mammifero. Un'immunotossinaprodotta semplicemente legando unamolecola di tossina a un anticorpo con-serva questa capacità non specifica di le-game. Si attaccherà non solo alle cellulebersaglio che l'anticorpo riconosce, maanche praticamente a ogni altra cellula eucciderà così le cellule normali all'incircacon altrettanta efficienza di quella chemostra nell'uccidere le cellule tumorali.chiaro, allora, che si cercherà in qualchemodo di eliminare la capacità propria del-la tossina di legarsi alle cellule e si farà inmodo che la tossina dipenda per il legamedall'anticorpo al quale è associata.

Un sistema per raggiungere questo

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CELLULE NEOPLASTICHE

FUSIONE

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IBRIDOMA

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MEZZO oSELETTIVO • •«0

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PROVA DELL'ANTICORPO,COLTURA POSITIVA DI CLONI

PROVA DELL'ANTICORPO,PROPAGAZIONE DEL CLONE POSITIVO

difterica non sarebbe in grado di cataliz-zare la ADP-ribosilazione dell'EF-2.Questa attività enzimatica è stata osserva-ta solo quando la tossina veniva in primoluogo scissa in due parti disuguali. Innan-zitutto la lunga catena polipeptidica dellatossina ha dovuto essere tagliata in duecatene più piccole da una proteasi (unenzima che attacca le proteine) e quindi è

0 o Q.LINFOCITI B 0 0 0 0

scopo è emerso dagli studi particolareg-giati sulla struttura delle proteine tossi-che, compiuti agli inizi degli anni settanta.Uno di noi (Collier), lavorando con alcunicollaboratori all'Università della Califor-nia a Los Angeles, e D. Michael Gill,Alwin M. Pappenheimer, Jr., e collabora-tori della Harvard University hanno tro-vato che la molecola intatta della tossina

stato necessario scindere un legame disol-furo che unisce le due catene. (Un legamedisolfuro è un legame chimico tra dueatomi di zolfo, ciascuno dei quali è unito auna catena polipeptidica.)

La più corta delle due catene risultanti,detta catena A, è parsa responsabile del-l'attività enzimatica della tossina. Unacatena A, separata dalla più lunga catenaB, è riuscita a inattivare l'EF-2 negliestratti cellulari. Si è trovato che la catenaB, invece, è responsabile del legame dellatossina con i recettori della superficie cel-lulare. Né l'una né l'altra delle due cateneera tossica di per sé nei riguardi dellecellule intatte, il che sottintende che sia illegame con i recettori sia l'ADP-ribosila-zione sono essenziali per il normale pro-cesso tossico. La ricina e alcune altre tos-sine derivate dalle piante hanno - come siè potuto riscontrare - caratteristiche simi-li. Ciascuna si compone di due catene uni-te da legami disolfuro: una catena A conattività enzimatica e una catena B cheserve per legare la tossina alla superficiecellulare.

Questi risultati hanno indotto parecchiricercatori a pensare che, se si potesseaccoppiare soltanto la catena A a un anti-corpo specifico per una cellula, verrebbeeliminata la capacità della tossina di le-garsi al proprio recettore; l'anticorpo dasolo dovrebbe allora mediare il legamecon la superficie cellulare e verrebberouccise soltanto le cellule bersaglio. Inol-tre, il fatto che la catena A da sola è prati-camente non tossica (non potendo legarsialle cellule) significava che qualsiasi scis-sione casuale dell'immunotossina in cate-na A e nei componenti dell'anticorpo nonavrebbe mai fornito agenti non specifica-tamente tossici.

Il fatto che le due catene delle tossinecon le quali lavoravamo fossero unite l'u-na all'altra da legami disolfuro ha suggeri-to che si dovesse accoppiare la catena A aun anticorpo mediante un legame analo-go. È noto che i legami disolfuro si rom-pono facilmente all'interno di una cellulae pertanto dovrebbero permettere facil-mente la liberazione della catena A in unacellula bersaglio e così anche l'attivazionedella catena attraverso l'esposizione delsuo sito enzimatico.

I.

Gli anticorpi monoclonali diretti con-tro cellule specifiche non erano allo-

ra facilmente disponibili e, pertanto, pa-recchi gruppi di ricercatori cominciaronoa mettere alla prova quell'idea accop-piando le catene A a ormoni o a lectine.Gli ormoni si legano a recettori specificidella superficie cellulare; le lectine, chesono proteine vegetali non tossiche, silegano avidamente a varie glicoproteine eglicolipidi sulle superfici cellulari. DavidM. Neville, Jr., e collaboratori del Natio-nal Institute of Mental Health sono stati iprimi a unire una catena A di una tossina aun ormone.

All'Università della California a LosAngeles, D. Gary Gilliland e uno di noi(Collier) hanno unito la catena A dellatossina difterica alla lectina nota comeconcanavalina A. Il prodotto di questa

• ••• • CELLULE• • • DI MIELOMA

.•• e::••

L'anticorpo monoclonale contro uno specifico antigene della superficie cellulare viene prodottoinoculando in un topo delle cellule, raccogliendo i linfocitiB dell'animale immunizzato e fonden-doli con cellule di mieloma maligno. Le cellule in cui la fusione si è svolta con successo, chiamateibridomi, sono riconoscibili per la capacità di sopravvivenza e di moltiplicazione in un mezzoselettivo. Esse hanno la proprietà del mieloma di essere immortali e possono essere mantenuteindefinitamente in coltura. Alcuni ibridomi secernono l'anticorpo desiderato (in colore), cheviene individuato nel mezzo. Una coltura positiva è trasferita su piastra per isolare una sin-gola colonia, cioè un clone di cellule che producono tutte l'anticorpo. Il clone viene poi propa-gato per ottenere una grande quantità di cellule, fonte continua di anticorpo monoclonale.

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CELLULE DI CARCINOMA AGGIUNTA CELLULECOLORETTALE DELL'AGENTE TOSSICO DI MELANOMA

AGGIUNTA DIINCUBAZIONE

AMMINOACIDI MARCATI

INCUBAZIONE

V

PROTEASI

REGIONEIDROFOBA

SITO DI LEGAMECON IL NADK SITO DI LEGAME

SITO DI LEGAME CON IL RECETTORECON L EF-2

S — S/_

CATENA B

La tossina difterica agisce da enzima. Il suo compito consiste nell'inatti-vare il fattore di allungamento 2 (EF-2), una componente essenziale delmeccanismo cellulare per la sintesi proteica. La tossina catalizza il

trasferimento all'EF-2 dell'adenosindifosfatoribosio, parte del traspor-tatore di elettroni nicotinammideadenindinucleotide (NAD). Unamolecola di tossina difterica può inattivare in un solo giorno un EF-2.

NICOTINAMMIDENAD

ADP-RIBOSIO

TOSSINA DIFTERICA

V

L'attività enzimatica viene osservata solo dopo che la molecola ditossina (a sinistra) è stata scissa in due catene. La più piccola, cioè la A,contiene siti enzimatici che catalizzano il trasferimento dell'ADP-ribo-sio all'EF-2. La B, invece, ha un sito di legame per il recettore e una

regione idrofoba in grado di inserirsi in una membrana biologica. Perprodurre un'immunotossina che non si leghi alle cellule non bersaglio sipuò utilizzare solo la catena A. Le catene vengono scisse tagliando illegame (al centro) e il ponte disolfuro (S-S) che le unisce (a destra).

SH HS

S —

AGENTE PER LA FORMAZIONEDI LEGAMI TRASVERSALI

TOSSINADIFTERICA

L'immunotossina con catena A si ottiene coniugando un anticorpo controun antigene associato a un tumore (a sinistra) con la catena A dellatossina difterica. Un'estremità di un agente in grado di formare legami

trasversali e che porta un legame disolfuro si attacca a un gruppo ammini-co (NH2) sull'anticorpo (al centro); l'altra si attacca alla catena A di unamolecola di tossina (a destra); l'anticorpo sostituisce così la catena B.

z CONTROLLI

IMMUNOTOSSINACONTRO IL CCR

TOSSINA DIFTERICA

IMMUNOTOSSINACONTRO IL CCR

--\\(

....TOSSINA DIFTERICA

z CONTROLLI

Le immunotossine ottenute con un anticorpo monoclonale contro cellule di carcinoma colorettale(CCR) sono state analizzate per saggiarne la capacità di inibire la sintesi proteica. Le immunotos-sine, le catene A o gli anticorpi da soli, oppure la tossina difterica intatta, sono stati incubati concellule di CCR e di melanoma. Gli amminoacidi marcati con un isotopo radioattivo sono statiquindi aggiunti ed è stata provata la capacità delle cellule di incorporarli nelle proteine. Le cateneA e gli anticorpi da soli (controlli) hanno avuto effetto scarso o nullo. La tossina difterica ha inibitola sintesi proteica sia nelle cellule di CCR (a sinistra) sia nelle cellule di melanoma (a destra). Leimmunotossine sono state efficaci sulle cellule di CCR, ma non su quelle di melanoma.

CONCENTRAZIONE CRESCENTE

CONCENTRAZIONE CRESCENTE —›

50

coniugazione si è rivelato tossico, a basseconcentrazioni, per le cellule umane incoltura. La sua tossicità è stata inibita ag-giungendo al mezzo colturale un eccessodi concanavalina A non accoppiata. Chia-ramente la lectina libera si legava alla

H,N —NH,

H,N NH2

ANTICORPO

superficie delle cellule, bloccando l'attac-co del prodotto di coniugazione e, pertan-to, interferendo con il suo effetto tossico.Era questa una dimostrazione che la lec-tina accoppiata aveva effettivamente ilcontrollo del legame del prodotto di co-

niugazione, come avevamo sperato.Tsuyoshi Uchida e Yoshio Okada dell'U-niversità di Osaka hanno ottenuto risulta-ti simili legando la catena A della tossinadifterica a una differente lectina.

Mentre venivano ottenuti questi risul-

AGENTE RIDUCENTE

SITI ENZIMATICIESPOSTI

NH,

H,N NH,

IMMUNOTOSSINA CON CATENA A

tati, altri laboratori annunciavano il suc-cesso nell'isolamento di anticorpi mono-clonali contro antigeni della superficiecellulare. Alcuni di questi anticorpi eranodiretti contro antigeni associati a tumori,cioè antigeni trovati raramente, o addirit-tura mai, sulla superficie di cellule norma-li. Zenon Steplewski e Hilary Koprowskidel Wistar Institute di Philadelphia hannomesso a punto un anticorpo monoclonaleche è risultato in grado di legarsi a celluledi carcinoma colorettale (CCR) umano. Igruppi dell'Università della California aLos Angeles e del Wistar Institute hannodeciso allora di collaborare nella prepara-zione di immunotossina con l'anticorpoanti-CCR.

Queste immunotossine sono state «co-struite» all'Università della California,unendo la catena A o della tossina difteri-ca o della ricina all'anticorpo. Sono statesottoposte a prova presso il Wistar Insti-tute: è stata saggiata in cellule l'attività disintesi proteica, cioè quella funzione che èinibita dalla tossina. Cellule di CCR incoltura sono state incubate per 24 ore conl'immunotossina, con gli anticorpi nonconiugati o con le catene A, oppure con latossina difterica intatta; è stata anche sag-giata la capacità delle cellule di incorpo-rare amminoacidi in proteine. Le celluledi melanoma sono state sottoposte a pro-va allo stesso modo.

I risultati sono stati incoraggianti. Per-fino a concentrazioni piuttosto basseambedue le immunotossine con la catenaA hanno efficacemente bloccato la sintesiproteica in cellule di CCR, ma non nellecellule di melanoma, mentre la tossinadifterica integra aveva un potente effettosia sulle cellule di melanoma sia su quelledi CCR. Su ambedue i tipi di cellula glianticorpi non coniugati non avevano al-cun effetto e le catene A, anch'esse nonconiugate, avevano scarso effetto. In altreparole, la parte di anticorpo dell'immuno-tossina dettava la specificità per le celluledel CCR e la tossina esercitava il proprioeffetto su quelle cellule. È stata questa laprima dimostrazione che un anticorpomonoclonale contro un antigene associa-to a un tumore potesse dirigere l'azione diuna potente tossina contro cellule specifi-che. All'incirca nello stesso periodo KeithA. Krolick, Ellen S. Vitetta e JonathanW. Uhr dello Health Science Center del-l'Università del Texas a Dallas hanno ri-ferito che gli anticorpi contro un antigenedi cellula leucemica di topo possono ren-dere le cellule leucemiche bersagli speci-fici della catena A della ricina.

ueste immunotossine di prima gene-razione ottenute con la sola catena A

rappresentavano soltanto un promettentepasso iniziale. La loro tossicità per le cel-lule bersaglio variava ampiamente; inalcuni casi era di molti ordini di grandezzapiù bassa di quella della tossina parentaleintatta. All'incirca nello stesso periodo incui queste enigmatiche differenze di tos-sicità venivano rese note, cominciavano aemergere alcune possibili ragioni per queltipo di variazioni. Chiaramente la parteenzimaticamente attiva di una tossina

INCUBAZIONE

deve svolgere il suo compito nel citopla-sma, cioè laddove risiedono l'EF-2 (ilbersaglio della tossina difterica) e i ribo-somi (bersaglio della ricina). Non si sape-va molto del modo in cui una grossa pro-teina penetra in una cellula. Nel nostroprimo lavoro speravamo che i prodotti diconiugazione della lectina e quindi leimmunotossine si facessero strada verso ilcitoplasma, ma non sapevamo propriocome questo sarebbe accaduto, o con qua-le efficacia.

Si sa che molte proteine riescono a pas-sare attraverso la membrana esterna dellacellula, la membrana plasmatica, grazie aun processo chiamato endocitosi mediatadai recettori (si veda l'articolo Proteine eparticelle Omesse dai recettori nelle cel-lule di Alice Dautry-Varsat e Harvey F.Lodish, in «Le Scienze», luglio 1984, p.28). La membrana plasmatica è costellatadi recettori, ciascuno dei quali è specificoper una particolare proteina o piccolaparticella. Si ritiene che una molecola ditossina difterica si leghi a uno di questirecettori (che probabilmente ha, nellavita della cellula, un ruolo benefico e vie-ne semplicemente occupato dalla tossi-na). Il recettore o si sposta verso o si trova

INCUBAZIONE

già in corrispondenza di una delle nume-rose fossette rivestite presenti sulla super-ficie cellulare. In corrispondenza di questisiti la membrana plasmatica si invagina,cioè si ripiega verso l'interno, formandouna vescicola delimitata da membrana,l'endosoma, che trasporta i recettori equalsiasi ligando unito a essi (per esempiouna molecola di tossina) all'interno dellacellula.

Una molecola di tossina in un endosomasi trova sì all'interno della cellula, ma ri-mane nascosta rispetto ai suoi substrati,EF-2 e NAD, dalla membrana dell'endo-soma. Non è stato ancora stabilito chiara-mente in che modo una catena A sfuggadall'endosoma per raggiungere il propriobersaglio. Nel caso della tossina difterica,si hanno prove che un ambiente via via piùacido all'interno dell'endosoma fa sì che lamolecola della tossina si inserisca nellamembrana dell'endosoma stesso. Il lega-me disolfuro che unisce le catene A e Bviene chiaramente scisso da sostanzechiamate composti riducenti, presenti nelcitoplasma e capaci di lasciare libera lacatena A nel citoplasma mentre la catenaB rimane nella membrana dell'endosoma.

È evidente, dunque, che la tossina dif-

62

63

TOSSINA

IMMUNOTOSSINADIFTERICA

1 1 CITOPLASMA

Si ritiene che la tossina difterica intatta venga introdotta in una cellula per endocitosi mediata darecettori (a sinistra). La catena B della tossina si lega a un recettore sulla superficie della cellula ela tossina viene così portata a una delle numerose fossette rivestite, dove la membrana plasmaticasi invagina staccandosi poi per formare una vescicola chiamata endosoma. L'ambiente acidoall'interno dell'endosoma (colore chiaro) fa inserire la regione idrofoba della catena B nellamembrana endosomale; la catena A, invece, attraversa chiaramente la membrana e penetra nelcitoplasma, dove inattiva l'EF-2. Una immunotossina con catena A, d'altra parte, si lega presumi-bilmente a un antigene associato a un tumore (a destra). Può raggiungere una fossetta rivestita edessere portata entro il citoplasma in un endosoma. Dall'endosoma la catena A in qualche modoemerge nel citoplasma. Le catene A raggiungono il citoplasma, però con una scarsa efficienza; leimmunotossine con catena A sono meno efficaci delle molecole della loro tossina parentale.

A NT IGEN EASSOCIATOA TUMORE

MEMBRANAPLASMATICA

ENDOSOMA,•

GTG AGC AGA AAA CTG TTT GCG TCA ATC TTA ATA GGGGCG CTA CTG GGG ATA GGGGCC OCA CCT TCA GCC CAT GCA(fMet)Ser Arg Lys Leu Phe Ala Ser lie Leu lle Gly Ala Leu Leu Gly lie Gly Ala Pro Pro Ser Ala His Ala

-21 -11 -1

GGC CCT GAT GAT GTT GTT GAT TCT TCT AAA TCT TTT GTG ATG GAA AAC TTT TCT TCG TAC CAC GGG ACT AAA CCT GGT TAT GTA GAT TCCGiy Ala Asp Asp Vai Vai Asp Ser Ser Lys Ser Phe Vai Met Glu Asn Phe Ser Ser Tyr His Gly Thr Lys Pro Gly Tyr Vai Asp Ser

1 10

20 30

GTA GAT AAT GAA AAC CCG CTCAsp Asn Giu Asn Pro Leu

70

AAA GCT GGA GGC GTG GTC AAP, GTG ACG TAT OCA GGA CTG ACG AAG

Lys Ala Gly Gly Vai Vai Lys Vai Thr Tyr Pro Gly Leu Thr Lys80 90

GAC GCT GCG GGA TAC TCTAsp Ala Ala Gly lyr Ser

TCT GGA

Ser Gly

GTT CTC GCA CTA AAA GTG GAT AAT GCC GA,A ACT ATT AAG AAA GAG TTA GGT TVA AGT CTC ACT GAA CCG TTG ATG GAG CAA GTC GGA ACC

Vai LOU Ala Leu Lys Val Asp Asn Ala Giu Thr ile Lys Lys Giu Leu Gly Leu Ser Leu Thr Giu Pro Leu Met Cdu Gin Vai Gly Thr

91 100 /10 120

GAA GAG TTT AT AAA A GGT GAT GGT GCT TCG CCT GTA GTG CTC AGC CTT CCC TTC GCT GAG GGG AGT TOT AGC GTT GAA TAT ATT

Glu Giu Phe ile Lys Arg Phe Giy Asp Gly Ala Ser Arg Vai Vai Leu Ser Leu Pro Pha Aia Glu Gly 9 Ser Sr Val rd:A Tyr lie

121 130 140

AAT AAC TGG GAA CAGGCG AAA GCG TTA AGC GTA GA CTT GAG ATT AAT TTT GAA 70 CGT

Asn Asn Trp Glu Gin Ala Lys Ala Leu Ser Vai Giu Leu Glu ile Asn Phe Glu Thr Arg Giy Lys

151 160 170

TAT ATG CCT CAA GCC TGT GCA GGA AAT CCT GTC AGG CGA TCA GTA CCT ACC TCA TTG TCA TGC ATA

Tyr Met Ala Gin Ala Cys Ala Gly Asn Arg Vai Arg Arg Ser Vai Gly Ser Ser Leu Ser Cys lie

181 190 S S

200 I

GAGArg Gly Gin Asp Ala Met Tyr

180

AAT CTT GAT TGG GAT GTC ATA ACCAsn Leu Asp Trp Asp Vai lie Arg

210

GAA AAA GCT AAA CAA TAC CTA GAA GAA TTT CAT CAA ACG GCA TTA GAG CAT OCT GAA TTG TCA GAA CTT AAA ACC GTT ACT GGG ACC AAT

Giu Lys Ala Lys Gin lyr Leu Glu Glu Phe His Gin Thr Ala Leu Giu His Pro Glu Leu Ser Giu Leu Lys Thr Vai Thr Giy Thr Asn241 250

260 270

CCT GTA OCTGGGGC. OGGCGTCO,-.7AGTA7•'-\

•,-F C GAT AGO GAA ACA GCT GAT AAT TTG GAA AAG ACA

Pio VaiVal Phe Ala Giy Ala Asn Tyr Ala Aia Trp Ala Val Asn Vai Aia Gin Vai ile Asp Ser Glu Thr Ala Asp Asn Leu Glu Lys Thr

271 280 290

ACT CCT CCT CTT TCG ATAThr Ala301

CTT CCT CCT ATC CCT ACC GTALeu Pro Gly Ile Giy Ser Vai

310

ATG GGC ATT GCA GAC GGT GCC GTT CAC CAC AAT ACA GAA GAG ATA GCA

Met Gly ile Aia Asp Gly iVai His His Asn Thr Giu Giu lie Val Ala320 330

Aia Leu Ser Ile

GTT CCT CAA GCT ATT OCA TTGVai Ala Gin Ala lle Pro Leu340

GTA GGA GAG CTA GTT GAT ATT GGT TTC GCT GCA TAT AAT TTTVai Gly Glu leu Val Asp ile Gly Phe Ala Ala Tyr Asn Phe

350 360

CAA TCAGin Ser331

ATA

ileGCT TTA TCG TCT TTA ATGAla Leu Ser Ser Leu Met

GTA GAG AGT ATT ATC AAT TTA TTT CAA GTA GTT CAT AAT TCG TAT AAT CGT CCCGCG TAT TCT CCGGGG CAT AAA ACG CAA OCA TTT CTTVai Glu Ser lie lie Asn Leu Phe Gin Vai Val His Asn Ser Tyr Asn Arg Pro Ala Tyr Ser Pro Gly His Lys Thr Gin Pro Phe Leu

361 370 380 390

CAT GACGGG TAT GCT GTC AGT TGG AAC ACT GTT GAA GAT TCG ATA ATC OCA ACT CCT TTT CAA GGG GAG AGT GGG CAC GAC ATA AAA ATTHis Asp Gly Tyr Ala Vai Ser Trp Asn Thr Vai Giu Asp Ser ile lie Arg Thr Gly Phe Gin Giy Glu Ser Gly His Asp ile Lys lie

391 400 410 420

ACT GCT GAA AAT ACC CCG CTT OCA ATC GCG CCT GTC CTA CTA CCG ACT ATT CCT GGA AAG CTG GAC GTT AAT AAG TCC AAG ACT CAT ATT

Thr Ala Glu Asn Thr Pro Leu Pro lie Ala Giy Vai Leu Leu Pro Thr lie Pro Gly Lys Leu Asp Vai Asn Lys Ser Lys Thr His lie

421 430 440 450

TCC GTA AAT GGT CGG AAA ATA ACC ATG CCT TGC AGA GCT ATA GAC GGT GAT GTA ACT TTT TGT CGC CCT AAA TCT CCT GTT TAT GTT CCT

Ser Vai Asn Gly Arg Lys lie Arg Met Arg Cys Arg Ala lie Asp Giy Asp Vai Thr Phe Cys Arg Pro Lys Ser Pro Vai lyr Vai Gly

451 460 S SI 470 I 480

AAT CCT GTG CAT GCG AAT CTT CAC GTG GCA TTT CAC AGA AGO AGO TCG GAG AAA ATT CAT TOT AAT GAA ATT TCG TCG GAT TCC ATA GGCAsn Gly Vai His Ala Asn Leu His Vai Ala Phe His Arg Ser Ser Ser Giu Lys lie His Ser Asn Glli ile Ser Ser Asp Ser lie Gly

481 490 500 510

GTT CTT GGG TAC CAG AAA ACA GTA GAT CAC ACC AAG GTT AAT TOT AAG CTA TCG CTA TTT TTT CAA ATC AAA AGO TGA

Vai Leu Giy -11Yr Gin Lys Thr Vai Asp His Thr Lys Val Asn Ser Lys Leu Ser Leu Phe Phe Glu ile Lys Ser FINE511 520 530

terica è un enzima insolito, estremamentespecializzato. Essa deve eseguire perlo-meno tre funzioni distinte: legarsi a unrecettore, inserirsi nella membrana del-l'endosoma e attraversarla, trasferirel'ADP-ribosio all'EF-2. Come abbiamospiegato, la prima funzione viene svoltadalla catena B e l'ultima dalla catena A. Èstato stabilito di recente che l'inserimentonella membrana è anch'esso una funzionedella catena B. Dipende, in realtà, da unaparticolare regione della catena, che è ric-ca di amminoacidi idrofobi, adatti perl'inserimento nella membrana lipidica,anch'essa idrofoba.

Meno buone sono le conoscenze sucome la ricina raggiunge il citopla-

sma. Non sembra che l'acidità all'internodell'endosoma abbia un ruolo. Cionon-dimeno, la presenza della catena B faaumentare in maniera marcata l'attivitàtossica della catena A della ricina, sugge-

rendo che possa esservi una regione fun-zionale della catena B che (come nel casodella tossina difterica) è operante duranteil trasporto della catena A all'interno delcitoplasma.

I dati sull'endocitosi indicano due possi-bili ragioni per la tossicità ridotta delleimmunotossine con catena A, rispetto allatossicità delle molecole della loro tossinaparentale. Se, come sembrerebbe, la cate-na A può raggiungere i propri substratisolo per mezzo di un endosoma, l'attivitàtossica di una immunotossina deve dipen-dere innanzitutto dall'efficienza con cui lamolecola viene incorporata negli endoso-mi. Ciò dipende a sua volta dalla capacitàdell'antigene della superficie cellulare, alquale l'immunotossina si lega, a trasportar-la a una fossetta rivestita per l'endocitosimediata da recettori. Una ragione dellaridotta tossicità di certe immunotossinepuò pertanto essere che gli anticorpi mo-noclonali con cui sono state coniugate le

catene A non si legano agli antigeni chefrequentano le fossette rivestite. Dovreb-be tuttavia essere possibile trovare deglianticorpi diretti contro tali antigeni.

Vi è una seconda ragione che può esse-re più importante. La catena A, essendostata portata all'interno della cellula in unendosoma, ha bisogno di emergere dal-l'endosoma per raggiungere il suo sub-strato. Perlomeno nel caso della tossinadifterica, la funzione di inserimento nellamembrana, necessaria per un trasportoefficiente attraverso la membrana del-l'endosoma, è una proprietà della regioneidrofoba della catena B. Sostituendo unanticorpo per la catena B della tossina sipuò dunque eliminare un'attività che ècruciale per un efficiente ingresso dellacatena A nel citoplasma. Le catene A le-gate agli anticorpi raggiungono - a quantopare - il citoplasma, ma in genere lo fannocon una efficienza inferiore a quella di-mostrata dalle molecole della tossina in-tatta. Sembra che la penetrazione nellamembrana endosomale sia una fase limi-tante nel determinare l'attività tossica diuna immunotossina.

Come si riesce a includere nell'immu-notossina la regione della catena B

necessaria per l'inserimento nella mem-brana senza conservare la funzione di le-game al recettore della catena stessa e,pertanto, precludendo il bersagliamento dicellule specifiche? Un modo per riuscirvisarebbe quello di conservare l'intera cate-na B, ma di bloccarne il legame con i proprirecettori sulla membrana plasmatica.noto da tempo che lo zucchero lattosioinibisce il legame della ricina con la super-ficie delle cellule, presumibilmente perchéoccupa il sito di legame della ricina con ilrecettore. Richard J. Youle e Neville han-no preparato delle immunotossine coniu-gando la molecola intatta della ricina conun anticorpo monoclonale. Quando cellu-le in coltura vengono trattate con questeimmunotossine contenenti tossina intera,in presenza di forti concentrazioni di latto-sio, la tossicità non specifica viene ridottaal minimo. Concentrazioni del generesono, tuttavia, tossiche per gli animali, epertanto non sembra che almeno il blocca-re i siti di legame con il lattosio sia realiz-zabile negli esseri umani.

Una via più promettente è quella dialterare la catena B in modo che l'attivitàdi legame con il recettore sia eliminata esia conservata, invece, l'attività di inseri-mento nella membrana. Un modo perrealizzare questa idea è trattare la tossinaintatta con una sostanza chimica che disa-bilita in maniera specifica solo la partedella catena B che si lega con il recettore equindi accoppiare a un anticorpo la tossi-na modificata. Ira H. Pastan del NationalCancer Institute e collaboratori hannorealizzato questo procedimento con l'eso-tossina A di Pseudomonas, una tossinabatterica che assomiglia a quella diftericanella modalità d'azione. Finora non è sta-to trovato un metodo analogo per la tos-sina difterica o per la ricina.

Vi è un importante metodo alternativoper alterare la catena B della tossina dif-

ATT CAA AAA GGT ATA CAA AAG CCA AAA TCT GGT ACA CAA GGA AAT

jrn Gin Lys Gly lie Gin Lys Pro Lys Ser Gly Thr Gin Giy Asn31 40

GAT AAA ACT AAG ACA AAG ATA GAG TCT TTGAsp Lys Thr Lys Thr Lys ile Giu Ser Leu

211 220

La sequenza nucleotidica del gene per la tossina difterica è stata deter-minata e successivamente è stata tradotta in base al codice genetico alloscopo di stabilire la sequenza amminoacidica della molecola della tossi-na. La proteina presenta un peptide «leader», o segnale (in verde), inte-ressato nella secrezione da parte del batterio; presenta inoltre unacatena A (in arancione) e una catena B (in blu). La catena B ha unaregione ricca di amminoacidi idrofobi (blu intenso), responsabile del-

TAT GAC GAT GAT TGG AAA GGG TTT TAT AGT ACC GAC AAT AAA TAClyr Asp Asp Asp Trp Lys Gly Phe lyr Ser Thr Asp Asn Lys Tyr

50 60

l'inserimento della tossina nella membrana dell'endosoma e. pertanto,della fuoriuscita della catena A dall'endosoma e del suo ingresso nelcitoplasma. Il sito di legame per il recettore si trova localizzato in qual-che punto della catena B della tossina, oltre la regione idrofoba. Duelegami disolfuro (S-S), uno dei quali unisce le due catene, sono indicatinell'illustrazione. L'amminoacido 148 (nel riquadro) si trova presumi-bilmente nel sito attivo che catalizza l'ADP-ribosilazione dell'EF-2.

AAA GAG CAT GGC CCT ATC AAA AAT AAA ATG AGO GAA AGT CCC AAT AAA ACA GTA TOT GAGLys Giu His Gly Pro lie Lys Asn Lys Met Ser Giu Ser Pro Asn Lys Thr Vai Ser Giu

230 240

vDNA VIRALE

---- REGIONE DI LEGAME

SEQUENZA«LEADER»

V

REGIONE IDROFOBA

BATTERIOFAGO

12731E—JA REGIONE

SEQUENZA IDROFOBA DI B«LEADER»

LE SCIENZEquaderni

GU ANTENATIDEU:UOMO

Francesco Fedele

17

ununbub

B. Chiarelli, F. Fedele, R.L. HoIloway,W.W. Howeks, Hublin. G. Isaac, P.ES. leakey,

Un Sheng-lun, D. Pilbeam, A. Walker,S.L. Washburn e Wu lInkang.

GLI ANTENATI DELL'UOMOè il titolo del nuovo quaderno di «Le Scienze»

disponibile in edicola e in libreria nel mese di ottobre.Vi troverete un ampio ed esauriente

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In questo numero:

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Homo erectus di W. W. HowellsL'uomo di Pechino di Wu Ju-kang e Lin Sheng-lunLe origini dell'uomo di tipo moderno in Europa di J.-J. HublinI cervelli degli ominidi fossili di R. L. HollowayL'evoluzione dell'uomo di S. L. Washburn

e inoltre :

L'evoluzione delle scimmie di F. FedeleLa paleoantropologia di F. FedeleNeandertaliani tra noi? di F. FedeleLo sviluppo del linguaggio umano di B. Chiarelli, C. Masetti e R. PieraccioliDa Darwin a Lucy: l'uomo scopre se stesso di F. Fedele

UNIONE

CATENA A CATENA B MUTILATA

Il gene per la tossina difterica modificata è stato donato nei batteri e tradotto in proteina. La fontedel gene per la tossina è un batteriofago che infetta Corynebacterium diphtheriae. Viene estratto ilDNA virale (in alto a sinistra) e viene isolato un frammento che codifica per la catena A e per laregione idrofoba della catena B, ma non per il sito di legame con il recettore. Il frammentoselezionato viene quindi inserito in un plasmidio, piccolo frammento circolare di DNA noncromosomico assunto dal batterio Escherichia coli. Il plasmidio ricombinante viene introdottonelle cellule diE. coli. I batteri producono elevate quantità di DNA estraneo (del quale è possibilestabilire la sequenza) e, inoltre, traducono il frammento del gene per ottenere una molecola ditossina modificata, priva del sito di legame per il recettore che si trova sulla catenaB. In un recenteesperimento, John R. Murphy della Harvard Medical School e collaboratori hanno unito unamolecola di tossina mutante, che presenta una analoga mutilazione, a un piccolo ormone ehanno trovato che il prodotto della coniugazione era caratterizzato da una elevata attività tossica.

PLASMIDIORICOMBINANTE

ESCHERICHIA COLI

terica o della ricina. Anziché modificarechimicamente la tossina, si può alterare ilgene che codifica per essa. Le nuove tec-niche del DNA ricombinante hanno per-messo di modificare e manipolare i genipraticamente a volontà. All'Universitàdella California a Los Angeles, abbiamointrapreso la manipolazione genetica ditossine per la costruzione di immunotos-

ESCHERICHIA COLI

PLASMIDIO

sine. Il nostro programma prevedeva dieliminare le sequenze nucleotidiche chespecificano per il sito di legame con ilrecettore sulla catena B e quindi di intro-durre il gene così modificato nelle celluledi Escherichia coli. Questi batteri tradur-rebbero il gene producendo grandi quan-tità di una tossina modificata, una tossinaincapace di legarsi in maniera indiscrimi-

nata alle cellule, ma che conserva l'attivi-tà enzimatica e quella di inserimento nellemembrane e può quindi legarsi con unanticorpo monoclonale per produrre unaimmunotossina con specificità cellulare.

All'Università della California a LosAngeles, Michael J. Bjorn e uno di noi(Kaplan) hanno determinato la sequenzanucleotidica di parti del gene della tossinadifterica, il che ci ha permesso di identifi-care un frammento del gene che codificaper le regioni enzimatica e idrofoba dellatossina, ma non per la regione che lega ilrecettore. Dato che il prodotto proteicodel frammento sarebbe essenzialmentenon tossico, il Recombinant DNA Adviso-ry Committee dei National Institutes ofHealth ha autorizzato la donazione delframmento in E. coli. Il frammento è statodonato e quindi Lawrence Greenfield,Bjorn e uno di noi (Kaplan) ne hannostabilito completamente la sequenza allaCetus Corporation. Il frammento donatosi esprime in E. coli. Il prodotto battericoconserva le proprietà essenziali della tossi-na tranne la capacità di legarsi alle cellule.

Per quanto concerne le potenziali appli-cazioni mediche delle immunotossi-

ne, forse la più promettente per il prossi-mo futuro è il trattamento del midolloosseo nel corso di un trapianto. I pazientiaffetti da leucemia vengono talvolta sot-toposti a irradiazione o a chemioterapianel tentativo di uccidere le cellule leuce-miche. Tuttavia questo trattamento di-strugge anche le cellule staminali normali,presenti nel midollo osseo che sono i pre-cursori di tutte le cellule del sangue. Ilpaziente, pertanto, ha bisogno di un tra-pianto di midollo osseo per poter avereuna nuova popolazione di cellule stamina-li. Tuttavia il trapianto può dare origine arigetto, una condizione in cui i linfociti Tnel midollo ricevuto dal donatore ricono-scono come estranee le cellule del rice-vente e le attaccano distruggendole.

Per evitare questa complicazione, si vor-rebbero eliminare i linfociti T prima diintrodurre nel paziente il midollo del dona-tore. Daniel A. Vallera della MedicalSchool dell'Università del Minnesota e isuoi collaboratori hanno trattato cellule dimidollo in coltura con immunotossine ot-tenute unendo la ricilia intatta agli anti-corpi contro i linfociti T. Hanno aggiuntolattosio per rendere minima la tossicitànon specifica. Il procedimento ha ridotto lapopolazione di linfociti T del midollo dicirca il 99 per cento, con un effetto minimosulle cellule staminali. L'efficacia del mi-dollo trattato in questo modo è oggi ogget-to di esame nei pazienti.

Applicazioni di questo tipo, in cui i tes-suti vengono trattati con immunotossineall'esterno corpo, rappresentano un'inte-ressante fase di avvio nella dimostrazionedell'efficacia di tali sostanze. Il trattamen-to di cellule all'esterno del corpo è impli-citamente più sicuro della somministra-zione diretta dell'immunotossina a unpaziente, dato che si può rimuovere tuttal'immunotossina in eccesso lavando le cel-lule prima di inocularle nel ricevente.

La sfida a lungo termine, tuttavia, è lo

sviluppo di immunotossine in una nuovafamiglia di agenti chemioterapeutici concui trattare direttamente i pazienti. Saggicon le immunotossine sono stati effettuatiin animali e da alcune relazioni è risultataregressione, o riduzione delle dimensioni,dei tumori. Per esempio, Michael I.Bernhard del National Cancer Institute ecollaboratori hanno trattato il carcinomaepatico di cavie con una immunotossinacostituita dalla catena A della tossina dif-terica, unita con legame disolfuro a unanticorpo monoclonale diretto contro unantigene presente sulle cellule neoplasti-che. Una singola dose dell'immunotossi-na ha favorito la regressione del tumore,ma non lo ha sradicato completamente.

-p necessario compiere ancora moltericerche sugli anticorpi, sugli agenti

tossici e sui metodi di cura. Molti laborato-ri stanno oggi lavorando all'isolamentodegli anticorpi monoclonali contro varieforme di cancro umano. Quasi certamentesarà necessario sviluppare un grande nu-mero di immunotossine diverse, la cui por-zione di anticorpo sia specifica per variantigeni, associati a tumori, presenti su dif-ferenti cellule neoplastiche. Come abbia-mo già ricordato, un isotopo radioattivo ouno degli agenti chemioterapeutici con-venzionali potrebbe essere accoppiato aquesti anticorpi al posto di una tossina na-turale modificata. E anche possibile che glianticorpi stessi scatenino un attacco daparte del sistema immunitario del pazientecontro le cellule neoplastiche.

L'ingegneria genetica avrà probabil-mente un ruolo sempre più importantenello sviluppo delle immunotossine. Pro-prio come si può eliminare la regione del-la catena B che si lega al recettore mani-polando il gene della tossina difterica,così si possono modificare i geni per latossina in altri modi per migliorare l'effi-cacia e la sicurezza delle molecole di tos-sina. Alla fine, può darsi sia possibile co-struire l'intera immunotossina con tecni-che di ingegneria genetica: isolare il geneper un certo anticorpo monoclonale che sidesidera ottenere, forse anche modificar-lo per migliorarne l'affinità per un parti-colare antigene, unirlo a un gene per latossina giusta e far sì che batteri o celluleeucarioti come i lieviti sintetizzino l'im-munotossina come unico prodotto.

Nel corpo umano una immunotossinasarà soggetta a condizioni ambientalimolto più complesse di quelle di una col-tura di cellule. Per essere efficace, essadeve rimanere stabile durante lo sposta-mento che effettua nel sistema circolato-rio, deve essere in grado di accedere allecellule bersaglio sparse in molte parti delcorpo e, naturalmente, non deve danneg-giare i tessuti sani che hanno un'impor-tanza fondamentale per la sopravvivenza.Si sta studiando in che misura le variei mmunotossine soddisfino questi requisi-ti. Il compito di alleviare o di curare ilcancro con la chemioterapia è immane.Probabilmente un singolo modo di af-frontare il problema non sarà sufficiente:le immunotossine possono diventare unadelle tante armi a disposizione.

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