L'anestesiologia - Kataweb

4
m eno di un secolo e mezzo fa, prima dello sviluppo dell'a- nestesiologia, il compito di un chirurgo era soprattutto limitato all'ese- cuzione di amputazioni, alla riduzione di fratture e al trattamento di ferite super- ficiali. Il principale pregio di un buon chirurgo era la rapidità di intervento: una gamba poteva essere amputata nel breve tempo di 25 secondi. Non vi era, tuttavia, a disposizione nessun mezzo per ridurre con successo il tormento del paziente e il trattamento chirurgico di malattie a localizzazione addominale, toracica e cranica era considerato prati- camente impossibile. Le basi per l'introduzione di anestetici efficaci si cominciarono a porre nell'ul- timo trentennio del XVIII secolo. Jo- seph Priestley scoprì l'ossigeno nel 1774 e la sua scoperta venne confermata da Antoine Lavoisier. Nel 1808 Humphrey Davy espose le sue ricerche sul protossi- do d'azoto («gas esilarante») e accennò alle possibilità d'impiego di questo gas in chirurgia. Per quanto riguarda l'etere e il cloroformio, essi erano già noti ai medici nel 1831 ma stranamente i primi tentati- vi di servirsene come anestetici furono fatti da dentisti. Di fatto è stato un denti- sta. W. T. G. Morton, a dimostrare l'ef- ficacia in chirurgia di un anestetico ge- nerale. Nel 1846, al Massachusetts Ge- nerai Hospital, Morton somministrò a Gilbert Abbott dell'etere permettendo così al chirurgo, John Collins Warren, di asportare un tumore dal collo del pa- ziente in stato di incoscienza. In seguito, si assistette a una trasfor- mazione della chirurgia e a un progresso dell'anestesiologia tanto rapidi quanto profondi. Oggi, sebbene sia ancora ov- viamente importante rendere il paziente insensibile al dolore durante l'interven- to chirurgico, non è più questo l'aspetto principale del compito dell'anestesista. Il maggiore impegno è volto a mantene- re l'equilibrio delle funzioni dei sistemi di organi vitali, controbilanciando gli effetti destabilizzanti della malattia, del- 96 l'intervento chirurgico e degli anestetici. L'anestesista rende tutto questo possibi- le, affrontando la situazione con una se- rie di interventi: misurazione continua, o ripetuta di frequente, e relativa corre- zione della frequenza cardiaca, della pressione del sangue, della frequenza e del volume respiratori, del livello di aci- dità del sangue, dei livelli di ossigeno e di anidride carbonica ematici, della tempe- ratura corporea, della funzionalità rena- le e di tutti quegli altri parametri che sono espressione della funzione degli organi vitali del paziente. uesto procedimento può essere de- scritto meglio con l'esempio di un caso clinico come quello di una donna di mezza età, per il resto in buone condi- zioni di salute, che si sottoponga a un intervento alla cisifellea presso un mo- derno ospedale degli Stati Uniti. L'ane- stesia verrà eseguita o direttamente da un anestesista o sotto la sua guida. (L'a- nestesista è un medico con un minimo di tre anni di specializzazione in anestesio- lo&i.a dopo la laurea.) E stato dimostrato che i pazienti che hanno ricevuto adeguate informazioni e istruzioni prima dell'intervento chirur- gico tendono ad avere minori complica- zioni nel decorso postoperatorio e ne- cessitano pertanto di una degenza più breve in ospedale. Così, il compito del- l'anestesista comincia la sera precedente all'intervento: egli si reca dalla paziente per avere informazioni di ordine genera- le, oltre che sulla malattia a causa della quale si procede all'intervento, sulla presenza di altre eventuali patologie, sugli eventuali farmaci che sta assumen- do, sul suo grado di conoscenza dell'in- tervento a cui sta per essere sottoposta e sul suo stato di preoccupazione a questo riguardo. È anche questo il momento in cui la paziente ottiene risposte ai quesiti che pone sulle modalità dell'intervento e sul decorso postoperatorio, in cui riceve spiegazioni - nella misura in cui ciò si dimostra auspicabile - sulle eventuali complicazioni, e in cui viene istruita per- ché possa partecipare in modo consape- vole al trattamento postoperatorio. In questa fase l'anestesista deciderà anche la tecnica anestesiologica più opportuna per il tipo di intervento, le condizioni della paziente e tutti gli altri problemi di ordine medico che influiscono sul suo stato, tenendo conto inoltre della pro- pria preferenza soggettiva che gli deriva dalla pratica. Il giorno dell'intervento, l'anestesista si occupa di sistemare nella sala operato- ria i dispositivi di monitoraggio che ser- vono a fornire informazioni relative alle funzioni dei sistemi di organi vitali. Que- ste informazioni devono essere fornite con una frequenza e con un grado di precisione tali da permettere il controllo dello stato del paziente momento per momento. L'insieme dei dispositivi per il moni- toraggio dovrebbe comprendere almeno uno stetoscopio, o posto sul torace della paziente o inserito nell'esofago (dopo che la paziente stessa è stata anestetizza- ta) per controllare in modo continuo l'attività cardiaca e polmonare; uno sfigmomanometro per la misurazione della pressione arteriosa, una sonda al- l'interno dell'esofago per la misurazione della temperatura corporea; un elettro- stimolatore o al polso o alla tempia (per controllare la funzione muscolare) e un elettrocardiografo che permette la vi- sualizzazione continua dell'attività car- diaca su un oscilloscopio. Oltre a questo, l'anestesista posiziona un catetere sotti- le in una vena periferica (o in più di una) in modo da avere un accesso diretto alla circolazione del paziente per l'introdu- zione di farmaci, per il mantenimento del volume di sangue e della quantità di elettroliti e per trasfusioni di sangue (se necessarie). Se si trattasse di un caso più comples- so, di un intervento chirurgico più inva- sivo o di un paziente in condizioni gene- rali di salute più precarie, l'anestesista potrebbe anche decidere di posizionare un catetere in un'arteria per controllare direttamente la pressione arteriosa e la funzionalità polmonare, un altro catete- re nell'atrio destro del cuore o nell'arte- ria polmonare (che trasporta il sangue dal ventricolo destro del cuore ai pol- moni) e gli elettrodi di un elettroencefa- lografo sul cuoio capelluto (per control- lare l'attività cerebrale). Le infórmazio- ni che provengono da questi dispositivi vengono elaborate e visualizzate in for- ma digitale o analogica sia per essere utilizzate immediatamente sia per segui- re nel tempo le variazioni dei parametri fisiologici del paziente. U na tipica operazione preliminare che precede l'induzione dell'ane- stesia generale consiste nel sommini- strare al paziente tramite una maschera facciale ossigeno (0 2 ) puro per un breve tempo. L'ossigeno rimuove l'azoto (N2) che si trova normalmente nei polmoni e aumenta (da circa 30 secondi a due mi- nuti) la durata del tempo nel quale, per avviare l'anestesia, il paziente può esse- re lasciato senza respirare. Nel somministrare l'anestesia, il me- dico ricorrerà a due gruppi di farmaci. Il primo gruppo è costituito da sostanze che agiscono rapidamente ma per un tempo breve. Esse servono a indurre l'anestesia e a facilitare l'instaurarsi di un controllo sulle vie aeree del paziente. Vengono immesse direttamente nel cir- colo venoso e ciò spiega in parte la rapi- da insorgenza del loro effetto. Sarebbe- ro in grado di mantenere l'anestesia, ma per molte ragioni - la principale delle quali è che si rivelano tossiche se som- ministrate di frequente - sono meno utili per lo scopo che ci si propone dei farma- ci del secondo gruppo. Questi farmaci servono a mantenere l'anestesia. Includono tutti gli anestetici somministrati per inalazione (sia gas sia liquidi volatili) come pure i miorilassanti ad azione prolungata, i narcotici e pochi altri agenti. In generale, agiscono in un tempo più lungo e vanno somministrati in modo tale che la loro azione cominci quando si esaurisce quella dei farmaci che inducono l'anestesia. Per la somministrazione dei farmaci del primo gruppo alla paziente che si L'anestesiologia Oltre al compito fondamentale di rendere il paziente insensibile al dolore l'intervento dell'anestesista ha anche un'altra funzione: mantenere in equilibrio i sistemi organici dai quali dipende la vita del paziente di Peter M. Winter e John N. Miller L'anestesia generale durante un intervento chirurgico fu impiegata per la prima volta nel 1846 al Massachusetts Generai Hospital. In questo dipinto, eseguito molti anni dopo da Robert Hinckley, e che si trova alla Countway Librar y of Medicine a Boston, il paziente Gilbert Abbott viene operato al collo per l'asportazione di Un tumore. Vicino a lui, con un recipiente di vetro che contiene una spugna imbevuta di etere, si trova W. T. G. Morton, un dentista, che ha somministrato l'anestetico. L'intervento viene eseguito dal chirurgo John Collins Warren.

Transcript of L'anestesiologia - Kataweb

m

eno di un secolo e mezzo fa,prima dello sviluppo dell'a-nestesiologia, il compito di un

chirurgo era soprattutto limitato all'ese-cuzione di amputazioni, alla riduzione difratture e al trattamento di ferite super-ficiali. Il principale pregio di un buonchirurgo era la rapidità di intervento:una gamba poteva essere amputata nelbreve tempo di 25 secondi. Non vi era,tuttavia, a disposizione nessun mezzoper ridurre con successo il tormento delpaziente e il trattamento chirurgico dimalattie a localizzazione addominale,toracica e cranica era considerato prati-camente impossibile.

Le basi per l'introduzione di anesteticiefficaci si cominciarono a porre nell'ul-timo trentennio del XVIII secolo. Jo-seph Priestley scoprì l'ossigeno nel 1774e la sua scoperta venne confermata daAntoine Lavoisier. Nel 1808 HumphreyDavy espose le sue ricerche sul protossi-do d'azoto («gas esilarante») e accennòalle possibilità d'impiego di questo gas inchirurgia. Per quanto riguarda l'etere e ilcloroformio, essi erano già noti ai medicinel 1831 ma stranamente i primi tentati-vi di servirsene come anestetici furonofatti da dentisti. Di fatto è stato un denti-sta. W. T. G. Morton, a dimostrare l'ef-ficacia in chirurgia di un anestetico ge-nerale. Nel 1846, al Massachusetts Ge-nerai Hospital, Morton somministrò aGilbert Abbott dell'etere permettendocosì al chirurgo, John Collins Warren, diasportare un tumore dal collo del pa-ziente in stato di incoscienza.

In seguito, si assistette a una trasfor-mazione della chirurgia e a un progressodell'anestesiologia tanto rapidi quantoprofondi. Oggi, sebbene sia ancora ov-viamente importante rendere il pazienteinsensibile al dolore durante l'interven-to chirurgico, non è più questo l'aspettoprincipale del compito dell'anestesista.Il maggiore impegno è volto a mantene-re l'equilibrio delle funzioni dei sistemidi organi vitali, controbilanciando glieffetti destabilizzanti della malattia, del-

96

l'intervento chirurgico e degli anestetici.L'anestesista rende tutto questo possibi-le, affrontando la situazione con una se-rie di interventi: misurazione continua,o ripetuta di frequente, e relativa corre-zione della frequenza cardiaca, dellapressione del sangue, della frequenza edel volume respiratori, del livello di aci-dità del sangue, dei livelli di ossigeno e dianidride carbonica ematici, della tempe-ratura corporea, della funzionalità rena-le e di tutti quegli altri parametri chesono espressione della funzione degliorgani vitali del paziente.

uesto procedimento può essere de-scritto meglio con l'esempio di un

caso clinico come quello di una donna dimezza età, per il resto in buone condi-zioni di salute, che si sottoponga a unintervento alla cisifellea presso un mo-derno ospedale degli Stati Uniti. L'ane-stesia verrà eseguita o direttamente daun anestesista o sotto la sua guida. (L'a-nestesista è un medico con un minimo ditre anni di specializzazione in anestesio-lo&i.a dopo la laurea.)

E stato dimostrato che i pazienti chehanno ricevuto adeguate informazioni eistruzioni prima dell'intervento chirur-gico tendono ad avere minori complica-zioni nel decorso postoperatorio e ne-cessitano pertanto di una degenza piùbreve in ospedale. Così, il compito del-l'anestesista comincia la sera precedenteall'intervento: egli si reca dalla pazienteper avere informazioni di ordine genera-le, oltre che sulla malattia a causa dellaquale si procede all'intervento, sullapresenza di altre eventuali patologie,

sugli eventuali farmaci che sta assumen-do, sul suo grado di conoscenza dell'in-tervento a cui sta per essere sottoposta esul suo stato di preoccupazione a questoriguardo. È anche questo il momento incui la paziente ottiene risposte ai quesitiche pone sulle modalità dell'intervento esul decorso postoperatorio, in cui ricevespiegazioni - nella misura in cui ciò sidimostra auspicabile - sulle eventualicomplicazioni, e in cui viene istruita per-ché possa partecipare in modo consape-vole al trattamento postoperatorio. Inquesta fase l'anestesista deciderà anchela tecnica anestesiologica più opportunaper il tipo di intervento, le condizionidella paziente e tutti gli altri problemi diordine medico che influiscono sul suostato, tenendo conto inoltre della pro-pria preferenza soggettiva che gli derivadalla pratica.

Il giorno dell'intervento, l'anestesistasi occupa di sistemare nella sala operato-ria i dispositivi di monitoraggio che ser-vono a fornire informazioni relative allefunzioni dei sistemi di organi vitali. Que-ste informazioni devono essere fornitecon una frequenza e con un grado diprecisione tali da permettere il controllodello stato del paziente momento permomento.

L'insieme dei dispositivi per il moni-toraggio dovrebbe comprendere almenouno stetoscopio, o posto sul torace dellapaziente o inserito nell'esofago (dopoche la paziente stessa è stata anestetizza-ta) per controllare in modo continuol'attività cardiaca e polmonare; unosfigmomanometro per la misurazionedella pressione arteriosa, una sonda al-

l'interno dell'esofago per la misurazionedella temperatura corporea; un elettro-stimolatore o al polso o alla tempia (percontrollare la funzione muscolare) e unelettrocardiografo che permette la vi-sualizzazione continua dell'attività car-diaca su un oscilloscopio. Oltre a questo,l'anestesista posiziona un catetere sotti-le in una vena periferica (o in più di una)in modo da avere un accesso diretto allacircolazione del paziente per l'introdu-zione di farmaci, per il mantenimentodel volume di sangue e della quantità dielettroliti e per trasfusioni di sangue (senecessarie).

Se si trattasse di un caso più comples-so, di un intervento chirurgico più inva-sivo o di un paziente in condizioni gene-rali di salute più precarie, l'anestesistapotrebbe anche decidere di posizionareun catetere in un'arteria per controllaredirettamente la pressione arteriosa e lafunzionalità polmonare, un altro catete-re nell'atrio destro del cuore o nell'arte-ria polmonare (che trasporta il sangue

dal ventricolo destro del cuore ai pol-moni) e gli elettrodi di un elettroencefa-lografo sul cuoio capelluto (per control-lare l'attività cerebrale). Le infórmazio-ni che provengono da questi dispositivivengono elaborate e visualizzate in for-ma digitale o analogica sia per essereutilizzate immediatamente sia per segui-re nel tempo le variazioni dei parametrifisiologici del paziente.

Una tipica operazione preliminareche precede l'induzione dell'ane-

stesia generale consiste nel sommini-strare al paziente tramite una mascherafacciale ossigeno (0 2) puro per un brevetempo. L'ossigeno rimuove l'azoto (N2)che si trova normalmente nei polmoni eaumenta (da circa 30 secondi a due mi-nuti) la durata del tempo nel quale, peravviare l'anestesia, il paziente può esse-re lasciato senza respirare.

Nel somministrare l'anestesia, il me-dico ricorrerà a due gruppi di farmaci. Ilprimo gruppo è costituito da sostanze

che agiscono rapidamente ma per untempo breve. Esse servono a indurrel'anestesia e a facilitare l'instaurarsi diun controllo sulle vie aeree del paziente.Vengono immesse direttamente nel cir-colo venoso e ciò spiega in parte la rapi-da insorgenza del loro effetto. Sarebbe-ro in grado di mantenere l'anestesia, maper molte ragioni - la principale dellequali è che si rivelano tossiche se som-ministrate di frequente - sono meno utiliper lo scopo che ci si propone dei farma-ci del secondo gruppo.

Questi farmaci servono a mantenerel'anestesia. Includono tutti gli anesteticisomministrati per inalazione (sia gas sialiquidi volatili) come pure i miorilassantiad azione prolungata, i narcotici e pochialtri agenti. In generale, agiscono in untempo più lungo e vanno somministratiin modo tale che la loro azione cominciquando si esaurisce quella dei farmaciche inducono l'anestesia.

Per la somministrazione dei farmacidel primo gruppo alla paziente che si

L'anestesiologiaOltre al compito fondamentale di rendere il paziente insensibile al dolorel'intervento dell'anestesista ha anche un'altra funzione: mantenere inequilibrio i sistemi organici dai quali dipende la vita del paziente

di Peter M. Winter e John N. Miller

L'anestesia generale durante un intervento chirurgico fu impiegata per la prima volta nel 1846al Massachusetts Generai Hospital. In questo dipinto, eseguito molti anni dopo da RobertHinckley, e che si trova alla Countway Librar y of Medicine a Boston, il paziente Gilbert Abbottviene operato al collo per l'asportazione di Un tumore. Vicino a lui, con un recipiente di vetroche contiene una spugna imbevuta di etere, si trova W. T. G. Morton, un dentista, che hasomministrato l'anestetico. L'intervento viene eseguito dal chirurgo John Collins Warren.

10 0000,1 1 10 100

1000

• IDROGENO

• AZOTO

100

Cu- 10ccLuLL

o2

ooLu

LU

E

2E

5

o

0,01 —

cc

Luc.)

0,001—

0,1 —

FLUOROXENE

CICLOPROPANO

CLOROFORMIO

METOSSIFLURANO

ETERE

TIOMETOSSIFLURANO

TETRAFLUORURO DI CARBONIO

ESAFLUORURODI ZOLFO

• PROTOSSIDO DI AZOTO

XENO

0,0001_0,01

La strumentazione impiegata in anestesiologia comprende i dispositivi che si osservano in questafotografia eseguita presso il Medical Center dell'Università della California a San Francisco. Lamacchina cilindrica a sinistra, sulla quale è applicato un foglio di istruzioni, è un respiratore chemantiene regolare la respirazione del paziente anestetizzato. Lo schermo al centro visualizza i datiin uscita di uno spettrometro di massa e dà informazioni relative ai gas che si trovano nei polmonidel paziente, compreso l'anestetico. L'apparecchiatura cilindrica dinnanzi allo schermo è un filtrodi calce e soda che assorbe l'anidride carbonica che il paziente espira attraverso il respiratore. I dueelettrodi circolari sul polso del paziente stimolano i nervi periferici in modo da determinare l'ef-fetto di farmaci bloccanti neuromuscolari come il curaro. L'anestesista è John W. Severinghaus.

SOLUBILITÀ RELATIVA NEI LIPIDI

L'efficacia degli anestetici è correlata con la loro solubilità nei lipidi.Un criterio standard per definirla è la concentrazione minima di ane-stetico necessaria per abolire i movimenti di risposta a uno stimolodoloroso. La correlazione lineare fra solubilità nei lipidi ed efficaciapresuppone che il sito d'azione di un anestetico sia la membranalipidica cellulare. Tre sostanze (in colore) vengono regolarmente usatecome anestetici. L'idrogeno e l'azoto si distaccano dalla relazione

lineare caratteristica delle altre sostanze in quanto sono agenti cosìdeboli che, per essere in grado di produrre un'anestesia in condizionisperimentali, devono essere somministrati a una pressione elevata, laquale di per sé controbilancia in parte l'effetto anestetizzante. A destraè rappresentata la struttura chimica dei tre anestetici di più comuneimpiego; gli atomi che li costituiscono sono il fluoro (F), il cloro (CI), ilcarbonio (C), il bromo (Br), l'idrogeno (H), l'azoto (N) e l'ossigeno (0).

sottopone all'intervento alla cistifellea,l'anestesista procede solitamente attra-verso quattro stadi. Al primo stadio,somministra una dose minima di unbloccante neuromuscolare come il cura-ro. Il suo obiettivo consiste nell'evitarela contrazione muscolare dolorosa chesarebbe altrimenti indotta dalla doseparalizzante di succinilcolina che verràsomministrata in seguito.

Al secondo stadio, l'anestesista intro-duce per via endovenosa una dose mi-nima di un barbiturico (come il Pento-thal sodico) che agisce con grande rapi-dità: l'obiettivo è quello di accertarsi seuna successiva dose anestetizzante ab-basserà in modo eccessivo la pressione

del sangue e il livello di coscienza. L'in-troduzione di una dose anestetizzante diPentothal sodico (circa tre milligrammiper chilogrammo di peso corporeo) co-stituisce il terzo stadio; dal momento chequesto farmaco si ridistribuisce rapida-mente in tutto il corpo, esso è in grado diprovocare l'anestesia soltanto per pochiminuti.

Dopo il barbiturico è la volta delladose paralizzante di succinilcolina cheagisce soltanto per pochi minuti durantei quali è in grado di rilassare l'interamuscolatura scheletrica. Questo rilas-samento profondo è necessario perpermettere all'anestesista di servirsidegli strumenti che gli permettono di

vedere la trachea (laringoscopio) equindi di posizionare un tubo attraversoil quale poter controllare la respirazionedurante l'intervento. Questo accorgi-mento è necessario in quanto i miorilas-santi e gli anestetici da inalazione che lapaziente riceverà in seguito non rendo-no più possibile il respiro spontaneo. Percompletare l'installazione, l'anestesistagonfia un manicotto elastico all'estremi-tà inferiore del tubo, così da assicurareun adeguato dispositivo di tenuta fra latrachea e il tubo. Questo dispositivoimpedisce al contenuto dello stomaco diraggiungere i polmoni (evento poten-zialmente disastroso) e permette all'a-nestesista di controllare la funzione re-spiratoria della paziente insufflando ariain modo intermittente nei polmoni conuna pressione positiva.

Una volta completati questi quattrostadi, l'anestesista può dare inizio

agli interventi farmacologici che porta-no all'anestesia chirurgica. Egli connetteil tubo posizionato nella trachea dellapaziente all'apparecchio per l'anestesiache di solito eroga una miscela di protos-sido d'azoto (N 20) e ossigeno (0 2 ). Dalmomento che sia l'anestesia sia l'inter-vento chirurgico ostacolano la funzionepolmonare, la concentrazione dell'ossi-geno nella miscela è raramente al di sot-to del 30 per cento, il che costituisce unaumento del 50 per cento rispetto allaquantità normale di ossigeno presentenell'aria. Nel caso in esame, dal momen-to che si tratta di un intervento nellaparte più alta dell'addome, sulla basedella nostra esperienza noi impieghe-remmo l'ossigeno al 50 per cento inmodo da garantire un margine di sicu-rezza in più di fronte ad eventuali diffi-coltà respiratovie.

Come appresero con sgomento i chi-rurghi del secolo scorso, il protossidod'azoto non è tanto potente da produrreun'adeguata anestesia chirurgica. In ef-fetti, alla pressione di una atmosfera,una miscela che contenga il 50 per centodi protossido d'azoto si avvicina solo al50 per cento della quantità totale di ane-stetico necessaria. Bisogna così integra-re questo gas con un anestetico più po-tente. Fra i comuni additivi si annovera-no l'alotano, l'enflurano e l'isoflurano,tutte molecole organiche che contengo-no gli alogeni bromo, cloro e fluoro.Questi additivi esercitano effetti marcatisui sistemi cardiovascolare e polmonare,diminuendo la gettata cardiaca, la pres-sione del sangue, la resistenza dei vasiperiferici e il volume respiratorio cor-rente. Ecco perché vanno somministraticon grande precisione. Variazioni diordine modesto come una frazione del-l' l per cento possono provocare altera-zioni potenzialmente letali nella funzio-ne di organi vitali. In pazienti affetti dadisfunzioni cardiache di una certa im-portanza o che presentano controindi-cazioni particolari possono essere sosti-tuiti con dosi elevate di narcotici.

In seguito, la paziente riceve una doseparalizzante di curaro o di un farmacoanalogo in modo da creare un sufficienterilassamento dei muscoli addominali eda permettere al chirurgo un buon ac-cesso alla sede dell'intervento. Dal mo-mento che vengono paralizzati anche imuscoli respiratori, la respirazione dellapaziente viene sostituita completamen-te, di solito tramite la connessione delcircuito respiratorio con un respiratoremeccanico.

Il sito d'azione di questi farmaci para-lizzanti è la giunzione neuromuscolare(essi sono detti pertanto «bloccanti neu-romuscolari»). In condizioni normali,un impulso elettrochimico percorre ilnervo motore fino alla giunzione. Aquesto livello provoca la liberazione delneurotrasmettitore acetilcolina, che at-traversa la fessura sinaptica e stimola lacontrazione muscolare. La succinilcoli-na e il curaro, sebbene con meccanismid'azione differenti, provocano un blocconeuromuscolare interferendo con l'a-zione dell'acetilcolina.

Una volta completata l'anestesia ilchirurgo può dare inizio all'intervento.Per tutta la durata dell'operazione l'ane-stesista «sintonizza» la paziente e le sue

risposte agli effetti destabilizzanti del-l'anestesia e dell'intervento sui sistemivitali. Verso la fine dell'intervento eglideve prepararsi a eliminare gli effetti ditutti i farmaci di cui si è servito. L'opera-zione è complessa e rischiosa così comelo è stata l'induzione dell'anestesia. Imuscoli paralizzati devono essere ripor-tati a una condizione tale da permettereallapaziente di respirare autonomamen-te. E necessario eliminare i diversi far-maci impiegati per produrre e mantene-re sia l'assenza di dolore sia lo stato diincoscienza alla velocità e nell'ordineesatti. Occorre controllare il volume e lacomposizione del sangue per assicurarsiche rientrino nella norma. Infine, biso-gna rendere la paziente sufficientemen-te sveglia da essere in grado di reagirealle cure del personale infermieristicospecializzato nella sala di risveglio.

Fa parte di questo procedimento lasomministrazione di farmaci antagonistidegli anestetici. Per esempio, l'azionedei miorilassanti viene neutralizzatadall'azione di farmaci come la neostig-mina che sono in grado di ristabilire lanormale funzione dell'acetilcolina a li-vello della giunzione neuromuscolare.In altri casi l'anestesista deve sempli-

ALOTANO

F CI

F — C — C Br

F H

ENFLURANO

F H

H — C — 0 — C —C —CI

F F

PROTOSSIDO DI AZOTO

/NN

O

cemente accertarsi che abbiano luogo iprocessi naturali, per esempio che ven-gano rimossi dalla circolazione, me-diante la respirazione, gli anestetici dainalazione.

T 'intervento alla cistifellea è un'opera-L-2 zione estremamente semplice, magli stessi principi vengono applicati an-che nel caso di interventi molto più im-portanti: una persona in età avanzatache si sottoponga a una rimozione e ri-posizione dei grossi vasi sanguigni, unneonato con una malattia cardiaca con-genita (per la quale è necessario l'arre-sto del cuore durante l'intervento), unpaziente sottoposto all'azione di diversifarmaci perché affetto da più malattienon correlate fra loro, un paziente conlesioni multiple o con diversi sistemiorganici gravemente compromessi. Pro-babilmente il caso più grave è quello diun paziente che si sottopone a un tra-pianto di fegato. Egli si trova in pericolodi vita per insufficienza epatica, concompromissione di quasi tutti i sistemi.L'intervento può durare 24 ore o piùe non è insolita la trasfusione di 200litri di sangue (più di 35 volte il normalevolume).

98

99

ao o 0O

H l••••••• n••••• 00 • •

O o

•••••••n ^••MO

k •Ig••••••n • ••••••

o******~••••n••n•y

e

Il fatto che l'anestesista sia in grado dimantenere l'equilibrio dei parametri fi-siologici del paziente anche in presenzadi numerose e contemporanee variazio-ni degli stessi sta a indicare che egli offreun trattamento medico del tutto partico-lare. Per la maggior parte la medicinaviene praticata con prescrizioni: il medi-co fa una diagnosi, prescrive una cura eriesamina il paziente dopo un intervallodi tempo (in genere giorni) per verifica-re l'efficacia della terapia. L'anestesistamisura e regola continuamente le fun-zioni di sistemi interdipendenti di organivitali. In questo modo si sostituisce conla propria esperienza al meccanismoomeostatico che normalmente assicuraquesto delicato equilibrio.

Questa impostazione si basa intera-mente sull'accuratezza con cui si valutacome funziona ciascun sistema di organi.Questo spiega in grande misura la di-pendenza dell'anestesia e della chirur-gia di oggi dal contributo di strumenti dialta tecnologia e contribuisce a chiarireperché interventi chirurgici sempre piùradicali risultino sempre più costosi.Questo tipo di attività medica è, dunque,strettamente affidata alle capacità per-sonali e alla tecnologia. L'interventofarmacologico contro le modificazionipatologiche della malattia è stato de-scritto come una «politica del rischio

calcolato» in campo tossicologico. È danotare che essa viene esercitata negliospedali, in ogni parte degli Stati Uniti,con una mortalità approssimativamentedi un paziente su 10 000.

Il procedimento che abbiamo descrit-to per la paziente operata alla cistifelleaè il più comune, ma non è comunque ilsolo. Si può ottenere un'ottima anestesiachirurgica anche con diverse tecniche«regionali». Esse consistono nel blocca-re, mediante la somministrazione dianestetici locali come la lidocaina e latetracaina, la propagazione degli impulsinervosi in strutture periferiche rispettoal cervello. Per esempio il medico puòrendere un polso fratturato insensibile aldolore con l'iniezione di un anesteticolocale in prossimità dei nervi, nel puntoin cui passano dal collo o dall'ascella.

In modo analogo, l'iniezione di ane-stetici locali in prossimità del midollospinale con una delle tante tecniche adisposizione renderà insensibili al dolo-re le strutture oltre la sede dell'iniezio-ne. Questa tecnica ha rivoluzionato laconduzione dell'anestesia durante il tra-vaglio e il parto. Fino a una quindicina dianni fa il travaglio era in grande misuracontraddistinto da un dolore incontrol-labile o quanto meno difficilmente con-trollato. Il motivo risiedeva nel fatto chefarmaci come gli anestetici da inalazione

e i narcotici, che sarebbero utili per di-minuire il dolore della donna, passanoattraverso la placenta e deprimono lefunzioni vitali del feto. L'anestesia re-gionale allevia in modo ideale il doloreaddominale e pelvico, ma la partorienterimane sveglia e in grado di prendereparte e di rallegrarsi dell'evento del par-to. Gli anestetici locali che si usano aquesto fine sono relativamente non tos-sici; raggiungono il feto solo in piccolequantità e pertanto non ne disturbano lefunzioni vitali alla nascita.

La sperimentazione nel trattamentodel dolore ha condotto gli anestesisti indiversi campi di ricerca o di pratica me-dica che hanno ben poco a che fare con ipazienti sottoposti a intervento chirurgi-co. Questi campi includono il trattamen-to del dolore cronico, la medicina d'ur-genza, la ricerca sul meccanismo di azio-ne degli anestetici e la tecnologia del-l'immersione a elevate profondità.

Negli Stati Uniti un dolore cronico dientità tale da interferire con l'attivitàproduttiva e con il piacere di vivere af-fligge una popolazione calcolata intornoai 35 milioni di individui. Si rilevano casipiù svariati, da cefalee intrattabili a do-lori fantasma che sembrano provenireda un arto amputato. Il dolore cronico sipresenta come un ampio complesso disindromi, che può essere meglio curatoda un gruppo di specialisti comprenden-te tra l'altro anestesisti, neurologi, neu-rochirurghi, internisti e psichiatri.

Un'ulteriore specializzazione all'in-terno dell'anestesiologia riguarda lamedicina d'urgenza. Un trattamentobasato sulla misurazione e relativa cor-rezione della funzione dei sistemi di or-gani vitali costituisce la chiave per lasopravvivenza di pazienti gravementeammalati a causa della simultanea di-sfunzione di questi sistemi. Per esempio,un paziente con paralisi neuromuscolareacuta reversibile, oppure un portatore dilesioni multiple, può essere seguito pres-sappoco allo stesso modo di un pazienteanestetizzato, tranne per il fatto che laterapia intensiva si protrarrà per giorni esettimane. Inoltre alcuni interventi chi-rurgici particolari, come quelli sul cuoree i trapianti, hanno un'importante riper-cussione sull'omeostasi dei sistemi diorgani vitali e richiedono necessaria-mente un trattamento intensivo a lungotermine. Di solito, in questi casi partico-lari, gli anestesisti collaborano con altrispecialisti in un gruppo di medici che sioccupa di questi pazienti.

Nonostante che gli anestetici venganosomministrati a milioni di pazienti

ogni anno negli Stati Uniti, il meccani-smo farmacologico che causa la perditadi coscienza e l'analgesia è poco cono-sciuto. Una maggiore conoscenza per-metterebbe di progettare anestetici mi-gliori e fornirebbe informazioni chiarifi-catrici sull'azione di sostanze, come l'al-cool e i barbiturici, di cui si fa un grandeabuso.

oo o O o O

L'anestesia può insorgere per l'azione dell'anestetico sulla membrana lipidica cellulare, cheblocca la trasmissione degli impulsi nervosi. In una cellula a riposo (a), gli ioni sodio (in grigiochiaro) che partecipano alla trasmissione degli impulsi si trovano in massima parte all'esternodella cellula. Con l'arrivo di un segnale elettrochimico, si apre un canale in una proteina dimembrana (b), il che rende possibile il passaggio degli ioni sodio all'interno della cellula. Quandole molecole di un anestetico somministrato per inalazione (in colore) si sciolgono nella membrana(c), all'arrivo di un impulso il canale non si apre e, di conseguenza, gli ioni sodio rimangonobloccati. La membrana può modificare la propria fluidità o il suo volume oppure entrambi.

100

E 5

• <LIJ

<Htoc)-)

LLJ

2L12

PLuZ

z°0

(=EH< D5

en 4.1

E5‹IZH

<—(2

• EMI)(.1) zE ci) H.(f)_,

—zE-Cg<cr)<LL.1 p-2 O

cf)

c)E-iwsOCO(nZE-1CDLI3u/Xt.1.2

ooo

4

4

Tutta l'attrezzatura che W. T. G. Morton aveva a disposizione per somministrare, nel 1846, ilprimo anestetico in chirurgia era questo recipiente di vetro contenente una spugna imbevutadi etere. Il paziente, Gilbert Abbott, inalando attraverso la bocchetta sulla destra, facevapassare l'aria sopra la spugna arricchendola così di etere. Fortunatamente l'anesteticoimpiegato da Morton presentava un ampio margine di sicurezza, tanto che Abbott soprav-visse all'intervento nonostante le caratteristiche rudimentali dell'attrezzatura impiegata.

SkysensorIfixen

M ii

G7 , * t 9

E F S N4 ALI b

DATE e Ni i 2 3

A O CD

Finalmente l'osservazione del cielo è alla portatadi tutti senza bisogno di approfondite conoscenze

Per ricevere documentazione e listini prezzi scrivereallegando L. 2.000 in francobolli a.'

4IAGN

Auriga S. Via Zanella 56 20133 MILANO - Tel. (02) 7386045Sala di esposizione a Roma:

Via Antonio Bertoloto 23/2 00197 ROMA - 7bL(06)878243.

astronomiche e matematiche. Oggi Auriga presenta inItalia Skysensor Vixen, il microcomputer che pilotaautomaticamente i telescopi della serie Vixen Super

Polaris. Volete osservare M31, la Galassia diAndromeda, distante oltre 2 milioni di anni luce?Impostate M31 sulla tastiera dello Skysensor edil vostro telescopio Vixen, centinaia di volte più

potente dell'occhio umano, si muoverà puntandosirapidamente su questo stupendo oggetto celeste.E nella memoria dello Skysensor sono registrate

le posizioni di 280 stelle e altre 450 galassie,nebulose, ammassi...

Alla vostra portata saranno anche il sole, la luna, i pianetile comete e gli innumerevoli oggetti celesti chepopolano il cielo notturno, oggetti che potrete

osservare e fotografare con qualsiasi fotocamerareflex grazie alla vasta gamma di accessori Vixen.

Come agiscono gli anestetici? La mor-fina, la codeina, l'eroina e altri farmacicon proprietà anestetiche hanno struttu-re molecolari specifiche che si adattanoai recettori presenti sulla superficie dellecellule, così come una chiave si adattaalla serratura. Questo discorso non è va-lido per gli anestetici da inalazione. Laloro struttura molecolare è molto varia,dai gas nobili come l'azoto e l'argo agliidrocarburi alogenati complessi comel'alotano e l'enflurano.

Vi sono alcuni indizi per capire l'azio-ne di questi anestetici. Fin dal XIX seco-lo si sapeva che l'efficacia di un anesteti-co può essere stabilita con grande esat-tezza sulla base della sua solubilità neilipidi: maggiore è la solubilità dell'ane-stetico, maggiore è la sua efficacia eminore la concentrazione necessaria perprovocare l'anestesia. Questa relazionedi per se stessa non spiega come agisca-no gli anestetici, tuttavia suggerisce inmodo molto marcato che la loro azionesi svolge a livello dei lipidi presenti nellamembrana delle cellule nervose.

L'ipotesi attualmente accettata pre-vede che l'anestetico si sciolga nei lipididi membrana e, reagendo o con essi ocon i complessi proteici a essi associati,modifichi la fluidità o il volume dellamembrana. Essa trova sostegno nel par-ticolare fenomeno dell'antagonismo dipressione. L'alta pressione, come dimo-strato nel nostro laboratorio e da altriricercatori, annulla l'effetto di un ane-stetico. L'azione è lineare e quantitati-

vamente prevedibile, indipendentemen-te dall'efficacia dell'anestetico impiega-to. Per esempio, se un topo viene aneste-tizzato con alotano in una camera ad altapressione, esso ritorna allo stato nonanestetizzato se si aumenta la pressionedi 50 atmosfere.

La somministrazione di un'ulteriorequantità di anestetico può essere neutra-lizzata da un aumento di pressione am-piamente prevedibile. Nessun altro in-tervento noto sia farmacologico sia fisi-co può realizzare un antagonismo diquesto tipo.

L'antagonismo di pressione è statodimostrato per tutti gli anestetici da ina-lazione e per altri gas che non rientranogeneralmente fra gli anestetici. Uno diquesti gas è l'azoto che costituisce il 79per cento dell'aria normale. Dalla solu-bilità dell'azoto nei lipidi si prevede cheesso produrrebbe anestesia a una pres-sione di 28 atmosfere. In effetti, la nar-cosi da azoto (la cosiddetta «estasi degliabissi») subita dai sommozzatori è sem-plicemente un basso stadio di anestesiadovuto alla maggiore quantità di azotoche il sommozzatore respira. Un som-mozzatore che respiri aria alla profondi-tà di 46 metri sotto il livello del marericeve azoto in quantità uguale a circa il15 per cento della dose anestetizzante diprotossido d'azoto o di alotano.

Questo effetto interferisce material-mente con le immersioni in profonditàeffettuate per lavoro, ed è questo il mo-tivo per il quale nella bombola di un

sommozzatore l'azoto viene sostituitoda elio. In base alla sua solubilità neilipidi, l'elio dovrebbe avere effetti ane-stetici alla pressione di circa 80 atmosfe-re. In realtà, costituisce un'importanteeccezione rispetto alla relazione fra effi-cacia dell'anestetico e solubilità nei lipi-di. Non è infatti in grado di produrreun'anestesia a qualsiasi pressione. Con-duce invece all'antitesi dell'anestesia,cioè a uno stato di eccitazione del siste-ma nervoso centrale, che si manifestacon tremori fino alla comparsa di con-vulsioni epilettiche. È importante osser-vare che sia l'antagonismo nei riguardidell'anestesia sia l'eccitazione del siste-ma nervoso sono causati dalla pressionee non dall'elio.

In breve, l'anestesia è prodotta dafarmaci di diversa efficacia. L'efficaciadi un determinato farmaco dipende dal-la sua solubilità nei lipidi. Per un farma-co relativamente efficace come l'alotanoè necessario solo 1'1 per cento di un'at-mosfera per produrre anestesia. Per ilprotossido d'azoto, che è meno solubilenei lipidi, è necessaria all'incirca unaatmosfera. L'azoto si trova ancora piùin basso nella scala della solubilità neilipidi: in base a questa si calcola che sianecessaria una dose di azoto a 28 atmo-sfere per produrre anestesia.

Sulla base di queste osservazioni si può avanzare un'ipotesi che correla un

continuum comportamentale al volumecritico di una membrana lipidica. (Ilconcetto di volume è una ipersemplifi-cazione di cambiamenti molto più com-plessi che hanno luogo all'interno dellamembrana.) Le dimensioni normali del-la membrana corrispondono al normalelivello di coscienza. La compressionedella membrana da parte di una pressio-ne esterna elevata ne diminuisce il vo-lume, condizione - questa - correlata al-l'eccitazione del sistema nervoso centra-le che porta alle convulsioni. Se le mole-cole di anestetico si sciolgono nellamembrana, ne risulta un'anestesia comeconseguenza dell'aumento di volumedella membrana stessa. Quanto maggio-re è la solubilità nei lipidi della membra-na, tanto minore è la quantità di aneste-tico richiesta. Se viene poi applicata unapressione, il volume della membranaritorna nella norma e, quindi, si ha dinuovo un comportamento normale,nonostante la continua presenza dell'a-nestetico.

La conoscenza di questi eventi ha im-plicazioni importanti in un campo lonta-no da quello che si occupa della cura deipazienti: l'immersione in profondità e leattività connesse all'estrazione del pe-trolio in giacimenti sottomarini. Comegià si è accennato in precedenza, i som-mozzatori di professione evitano la nar-cosi da azoto respirando miscele di elio eossigeno. A mano a mano che scendonoin profondità essi risentono così di unostato di eccitazione del sistema nervosocentrale. Questo fatto pone un limite

alla profondità alla quale è possibilesvolgere un lavoro produttivo, in modoparticolare l'estrazione del petrolio dagiacimenti sottomarini.

Al Medical Center della Duke Uni-versity, Peter B. Bennett e uno di noi(Miller), insieme ad alcuni colleghi,hanno affrontato questo problema in unrecente esperimento: dei volontari han-no trascorso quattro giorni in un com-plesso di camere ad alta pressione, sot-toposti a pressioni fino a 69 atmosfere,equivalenti a una profondità marina di760 metri. Alcuni calcoli avevano indi-cato che, aggiungendo il 25 per cento diuna dose di anestetico, la membranasarebbe stata riportata al suo volumenormale. L'«anestetico» più sicuro dausare in questo caso è l'azoto e, di con-seguenza, la miscela utilizzata era com-posta di elio, azoto e ossigeno nelle pro-porzioni rispettivamente dell'89,3, del10 e dello 0,7 per cento. I volontari nonhanno sostanzialmente risentito dell'ec-citazione che sarebbe comparsa conmiscele standard di elio.

Il problema comunque non è risolto;la densità del gas fortemente compressofa aumentare il lavoro meccanico dellarespirazione e può porre dei limiti allaprofondità raggiungibile dal sommozza-tore. La densità della miscela da respira-re era dovuta per la metà circa all'azoto.La limitazione del livello di profonditàimposta dal gas a elevata densità po-trebbe essere ridotta al minimo sosti-tuendo l'azoto ai fini di ottenere un ef-fetto antipressorio, con un anesteticopiù potente come il protossido d'azoto(in quantità minori).

Un ulteriore aspetto della ricerca nelcampo dell'anestesia è di particolareimportanza. In esperimenti eseguiti incollaborazione con Edmond I. Eger II eRaymond Smith abbiamo dimostratocome gli anestetici da inalazione abbia-no effetti farmacologici molto simili aquelli causati dall'alcool e da sedativi deltipo dei barbiturici; negli animali daesperimento essi danno luogo a un'as-suefazione e a una sindrome d'astinenzasimili, sotto il profilo sia quantitativo siaqualitativo, a quelle riscontrate con talifarmaci. Abbiamo anche dimostrato cheun'assuefazione all'alcool conferisceun'assuefazione crociata nei confrontidegli anestetici. Questi risultati dannoun appoggio circostanziato all'ipotesiche esista, per i due gruppi di farmaci, unmeccanismo o un sito di azione (o forseentrambi) simile.

L'alcool e altri sedativi ipnotici sonole sostanze di cui si fa il maggiore abuso,con costi incalcolabili sia per chi vi ricor-re sia per la società. Nelle ricerche sul-l'alcool è difficile stabilire una correla-zione tra gli aspetti del comportamentoe la concentrazione del farmaco. Questoproblema è in gran parte superato dal-l'uso degli anestetici da inalazione. Noiprevediamo che questi anestetici daran-no un utile contributo allo studio di que-sti importanti problemi sociali.