Le ICT per l’inclusione - Didasko Platfom¨ un mezzo per sostenere le opportunità di...

29
Le ICT per l’inclusione Rev. 4.0 del 12/09/2016

Transcript of Le ICT per l’inclusione - Didasko Platfom¨ un mezzo per sostenere le opportunità di...

Le ICT per l’inclusione 1

Le ICT per l’inclusione

Rev. 4.0 del 12/09/2016

Le ICT per l’inclusione 2

Premessa

Le ICT e i linguaggi della multimedialità sono strumenti flessibili che, se utilizzati con l’intento di valoriz-zare le differenze, consentono di abbattere le barriere di accesso all’apprendimento presenti nei contesti di istruzione.

La prospettiva dell’Universal Design (progettazione universale) e della sua declinazione nei contesti di ap-prendimento, permette una rilettura del concetto di accessibilità, configurandosi come approccio che rico-nosce la variabilità umana: si supera l’idea che ci sia una maggioranza di studenti che apprendono in modo più o meno omogeneo, e poi alcuni, con disabilità (o più in generale con un Bisogni Educativi Speciali), che apprendono in modo diverso. Ogni studente apprende in un modo differente, quindi le difficoltà dovute a un disturbo specifico dell’apprendimento o a una disabilità assumono il significato di “una differenza fra molte”.

La flessibilità dei percorsi e l’adattamento dei contenuti for all non è realizzabile con strumenti didattici tra-dizionali (libri di testo stampati o i materiali non modificabili), ma con le tecnologie digitali; le quali per-mettono di personalizzare i contenuti proposti grazie ai processi di digitalizzazione e alla combinazione di linguaggi differenti.

Integrare le tecnologie digitali nella didattica per l’inclusività significa riflettere sull’importanza di una cor-rispondenza tra le caratteristiche degli studenti e le modalità di insegnamento: si tratta di rispondere alle differenze tra gli alunni per le fasi di riconoscimento, organizzazione e attribuzione di significati emozionali a informazioni e concetti.

Il presente modulo 4 approfondisce le possibilità delle tecnologie digitali per l’inclusività, grazie alle quali è possibile: individualizzare e cooperare, fare insieme, esplorare, creare, inventare e programmare, comuni-care anche al di fuori dell’aula.

La LIM in questo contesto si presta a essere uno strumento versatile. Le sue potenzialità multimediali for-niscono numerosi e diversi stimoli nella fase dell’input del processo di insegnamento-apprendimento, sia a livello visivo che uditivo. Ma diventa importante anche nella fase di comprensione ed elaborazione dei significati, attraverso strumenti di facilitazione e semplificazione.

La LIM è uno strumento rivolto a tutta la classe, non solo ad alunni BES, e per questo è uno strumento davve-ro inclusivo: essa trova significato quando usata nel pieno delle sue potenzialità, in un contesto cooperativo, rivolgendosi a tutta la classe nel rispetto delle diversità e per la loro valorizzazione.

Certamente è condivisa l’importanza delle tecnologie per gli studenti con disabilità, ma ancora non è soddi-sfacente l’utilizzo delle stesse tecnologie rispetto agli obiettivi della didattica inclusiva: l’attività al computer svolta dal solo alunno disabile e il ricorso a software dedicati spesso vanno a tradursi in ulteriore occasione di isolamento, se non apportano alcuna modifica positiva all’ambiente comune, dunque alla scuola come Agenzia Culturale nella sua globalità.

Per alunni con disabilità o con Disturbi Specifici dell’Apprendimento, le tecnologie digitali permettono auto-nomia di studio e di lavoro. Ciò non è da sottovalutare nell’ottica di un processo di inclusività che, partendo dalla scuola, possa arrivare a coinvolgere e supportare realmente le attività quotidiane: come approfondito nella parte conclusiva del modulo, il computer non viene inteso come strumento compensativo, ma come strumento da integrare trasversalmente nell’offerta formativa, senza alcuna distinzione per categoria dei suoi utilizzatori.

La logica – fondata sulla facilitazione visuale – che sottende il funzionamento della maggior parte dei softwa-re per l’inclusione, è la possibilità di sintetizzare (semplificare) la conoscenza attraverso mappe concettuali e materiali multimediali.

Le ICT per l’inclusione 3

Disclaimer

Certipass ha predisposto questo documento per l’approfondimento delle materie relative alla Cultura Digitale e al migliore utilizzo del personal computer, in base agli standard e ai riferimenti Comunitari vigenti in materia; data la complessità e la vastità dell’argomento, peraltro, come editore, Certipass non fornisce garanzie riguardo la completezza delle informazioni contenute; non potrà, inoltre, essere considerata responsabile per eventuali errori, omissioni, perdite o danni eventualmente arrecati a causa di tali informazioni, ovvero istruzioni ovvero consigli contenuti nella pubblicazione ed eventualmente utilizzate anche da terzi.

Certipass si riserva di effettuare ogni modifica o correzione che a propria discrezione riterrà sia necessaria, in qualsiasi momento e senza dovere nessuna notifica.

L’Utenza destinataria è tenuta ad acquisire in merito periodiche informazioni visitando le aree del sito dedicate al Programma.

Copyright © 2016

Tutti i diritti sono riservati a norma di legge e in osservanza delle convenzioni internazionali.

Nessuna parte di questo documento può essere riprodotta con sistemi elettronici, meccanici o altri, senza l’autorizzazione scritta da Certipass.

Nomi e marchi citati nel testo sono depositati o registrati dalle rispettive case produttrici.

Il logo EIPASS® è di proprietà esclusiva di Certipass. Tutti i diritti riservati.

Le ICT per l’inclusione 4

INDICE

1. ICT4I .................................................................................................................................................................51.1 L’Universal Design for Learning e il PAI (Piano Annuale per l’Inclusività) ..................................51.2 Il panorama italiano .............................................................................................................................13

2. STRUMENTI, AUSILI E SOFTWARE PER L’INCLUSIONE .................................................142.1 BES e DSA ..............................................................................................................................................142.2 Il ruolo dello strumento LIM per l’inclusione ..................................................................................152.3 Gestione dei processi inclusivi con le tecnologie digitali................................................................162.4 Le possibilità dell’enhanced book per la didattica inclusiva ..........................................................202.5 Ausili e software per l’inclusione ........................................................................................................24

Le ICT per l’inclusione 5

LE ICT PER L’INCLUSIONE

1. ICT4I

1.1 L’UNIVERSAL DESIGN FOR LEARNING E IL PAI (PIANO ANNUALE PER L’INCLU-

SIVITÀ)

L’Agenzia Europea per lo Sviluppo dell’Istruzione degli Alunni Disabili è dal 1° gennaio 2014 un’organizza-zione indipendente e autonoma, l’Agenzia Europea per i Bisogni Educativi Speciali e l’Istruzione Inclusiva, sostenuta dai paesi membri dell’Agenzia e dalle Istituzioni Europee, la Commissione e il Parlamento.

Nel 2011, i paesi membri dell’Agenzia hanno proposto che le nuove tecnologie a sostegno dell’inclusione in contesti educativi (ICT4I) fossero argomento di indagine nel corso del 2012 e del 2013.

Il progetto ICT4I si basa sui contributi di: Belgio (comunità di lingua fiamminga), Cipro, Danimarca, Estonia, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Islanda, Italia, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Malta, Norvegia, Paesi Bassi, Polonia, Portogallo, Regno Unito (Inghilterra), Regno Unito (Irlanda del Nord), Regno Unito (Scozia), Repubblica Ceca, Slovacchia, Slovenia, Svezia, Svizzera ed Ungheria.

I membri del Consiglio di Rappresentanza dell’Agenzia e i Coordinatori Nazionali hanno svolto tutte le atti-vità di raccolta delle informazioni tramite le proprie reti nazionali; lo sviluppo delle conclusioni e degli esiti finali del progetto possono essere scaricati dall’area web del progetto:

http://www.european-agency.org/agency-projects/ict4i

Questo modulo affronta nello specifico le possibilità che le tecnologie digitali offrono rispetto all’accessibilità (incondizionata e non esclusiva) di materiali e contesti didattici: le ICT e i linguaggi della multimedialità sono strumenti flessibili che, se utilizzati con l’intento di valorizzare le differenze, consentono di abbattere le barriere di accesso all’apprendimento presenti nei contesti di istruzione.

Il MIUR ha elaborato un documento di linee guida che fornisce le indicazioni necessarie in materia di inte-grazione degli alunni disabili nella scuola, affinché gli operatori scolastici possano avere una visione orga-nica della materia e orientare le loro azioni formative nella direzione di una più piena conformità ai principi dell’integrazione: http://hubmiur.pubblica.istruzione.it/web/istruzione/prot4274_09

L’obiettivo dell’impiego delle nuove tecnologie per alunni con disabilità e bisogni speciali è quello di pro-muovere l’equità nelle opportunità educative: «l’uso delle nuove tecnologie non è fine a se stesso; piuttosto è un mezzo per sostenere le opportunità di apprendimento degli individui» (Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Educazione, la Scienza e la Cultura, Institute for Information Technologies in Education e Agenzia Europea per lo Sviluppo dell’Istruzione degli Alunni Disabili, 2011).

La prospettiva dell’Universal Design (progettazione universale) e della sua declinazione nei contesti di ap-prendimento, permette una rilettura del concetto di accessibilità (che assume un significato più complesso

Le ICT per l’inclusione 6

rispetto a quello di accesso), configurandosi come approccio che riconosce la variabilità umana; dunque in-vita a progettare ambienti, prodotti e servizi per il maggior numero possibile di utenti (senza la necessità di adattarli a posteriori o a dedicare soluzioni apposite).

Anche chiamato Design for All e Inclusive Design, è da considerarsi una filosofia progettuale che risponde alle esigenze del maggior numero possibile di persone, pertanto è un modello da seguire e applicare nelle politi-che e nelle azioni per l’inclusione sociale e l’eguaglianza.

La Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità chiarisce la filosofia dell’Universal Design (UD), per progettare la didattica a supporto di un approccio inclusivo alle tecnologie. La Convenzione, all’articolo 2, spiega che per progettazione universale si intende:

“La progettazione di prodotti, strutture, programmi e servizi utilizzabili da tutte le persone, nella misura più estesa possibile, senza il bisogno di adattamenti o di progettazioni specializzate. La progettazione universale non esclude dispo-sitivi di sostegno per particolari gruppi di persone con disabilità ove siano necessari.”

Infatti il benessere del singolo studente rappresenta il requisito di base, in assenza del quale non sarebbe possibile assicurare le condizioni del suo successo scolastico e formativo.

Lo stesso concetto di speciale normalità inclusiva afferma che ogni studente può raggiungere positivi esiti sco-lastici sulla base di due livelli di azione educativa:

• la normalità, che risponde al bisogno di appartenenza e a quello della valorizzazione di ciascun individuo nella sua dimensione personale;

• la specialità, che risponde al bisogno di identità, di sentirsi diverso dagli altri e insieme di percepire che tale diversità è un valore, una condizione di crescita individuale e sociale.

Si supera l’idea che ci sia una maggioranza di studenti che apprendono in modo più o meno omogeneo, e poi alcuni, con disabilità (o più in generale con un Bisogni Educativi Speciali), che apprendono in modo diverso: ogni studente ha un proprio personale modo di apprendere, quindi le difficoltà dovute a un disturbo speci-fico dell’apprendimento o a una disabilità assumono il significato di “una differenza fra molte”.

Ciò non significa negare le difficoltà presenti, ma considerarle da un altro punto di vista: le differenze nell’ap-prendimento sono la normalità, quindi tutti hanno punti di forza e difficoltà, seppure in misura diverse e per differenti motivi.

Costruire un contesto in cui tutti gli studenti possano imparare in un ambiente progettato sui bisogni diver-sificati di ognuno è un obiettivo utopistico, né auspicabile. Tuttavia è fondamentale progettare l’offerta for-

Le ICT per l’inclusione 7

mativa nel suo complesso, assicurando un ventaglio di proposte che siano di volta in volta facilitanti per al-cuni e sfidanti per altri; quindi creando un’alternanza in cui ognuno possa esplorarsi e percepirsi nei proprio punti di forza, pur lavorando – facendo leva – sulle proprie difficoltà.

I docenti che riconoscono le specificità degli alunni in fatto di apprendimento cominciano ad attrezzarsi con-cretamente per progettare spazi, tempi, materiali e attività didattiche che ne tengano conto.

Nell’attesa che venga superata la figura dell’attuale insegnante di sostegno come unico esperto della forma-zione di studenti con Bisogni Educativi Speciali, la didattica dovrebbe ricercare lo star bene per tutti attraver-so l’inclusività, basandosi sui princìpi dell’Universal Design e rispettando tali coordinate:

1. Lo studente con BES deve rimanere in classe per il maggior tempo possibile, superando l’idea che per la sua formazione sia necessario un rapporto esclusivo con il docente di sostegno e delle lezioni specifiche di recupero.

2. Lo studente con BES deve fare il più possibile le stesse attività che fanno i suoi compagni di classe: in quest’ottica, il ruolo del docente dovrebbe essere quello di tradurre l’attività formativa del gruppo classe a un livello a lui adatto, in modo che possa interagire positivamente e apprendere, pur in modo semplifi-cato, alcuni saperi basilari dell’attività formativa comune.

3. Lo studente con BES deve il più possibile essere posto nelle stesse condizioni formative degli altri studen-ti, quindi essere integrato nelle modalità operative proposte dal docente.

4. I migliori insegnanti di sostegno per lo studente con BES sono i suoi compagni, i quali, grazie alla media-zione del docente, devono essere coinvolti in compiti di sostegno e tutoring.

Le ICT per l’inclusione 8

5. Gli spazi di un’aula inclusiva devono essere ampi, per permettere una maggiore flessibilità delle attività didattiche (alcuni studenti possono lavorare al computer, altri in una zona attrezzata per attività pratiche, altri ancora in uno spazio attrezzato con divani e poltrone, per poter leggere o conversare in gruppo).

I princìpi e gli obiettivi dell’Universal Design sono stati sviluppati da The Center for Universal Design (North Carolina State University) nel 1997, e sono:

• Equitable Use (equità d’uso): il progetto deve essere commerciabile e utilizzabile per persone con abilità diverse.

• Flexibility in Use (flessibilità dell’uso): il progetto deve adattarsi a un’ampia gamma di preferenze e abilità individuali.

• Simple and Intuitive Use (uso semplice e intuitivo): l’uso del progetto deve essere semplice da capire, a pre-scindere dall’esperienza, dalle conoscenze, dalle capacità di linguaggio o dalla concentrazione dell’utente.

• Perceptible Information (percettibilità dell’informazione): il progetto deve comunicare la necessaria informa-zione all’utente, indipendentemente dalle condizioni ambientali o dalle sue abilità sensoriali.

• Tolerance for Error (tolleranza dell’errore): il progetto deve minimizzare i rischi e le conseguenze negative e accidentali o le azioni non volute.

• Low Physical Effort (contenimento dello sforzo fisico): il progetto deve poter essere usato efficientemente e in modo confortevole con un minimo di fatica.

• Size and Space for Approach and Use (misure e spazi per l’avvicinamento e l’uso): devono essere forniti un’ap-propriata dimensione e un appropriato spazio per il raggiungimento, il trattamento e l’uso; a prescindere dalle dimensioni del corpo, dalla postura e dalla mobilità.

Tali princìpi possono essere applicati alla progettazione didattica: l’espressione Universal Design for Learning indica quella modalità di progettazione e di gestione della pratica educativa che assicura a tutti le stesse op-portunità di apprendimento, attraverso strumenti e metodi pratici per la produzione di materiali e strumenti di valutazione flessibili, nonché adattabili alle necessità di qualsiasi persona.

Una progettazione didattica che include i bisogni speciali accresce la qualità complessiva del risultato, in quanto favorisce l’apprendimento di alunni con differenti backgrounds, stili cognitivi, livelli in entrata, com-petenze linguistiche, condizioni fisiche e sensoriali.

Dunque l’UDL: • prevede flessibilità nel modo di presentare i contenuti, così da permettere agli studenti di mantenere vivo

l’interesse, e di rispondere attivamente, dimostrando conoscenze e capacità; • riduce le barriere nell’istruzione, attraverso opportuni adattamenti che mantengono alto il livello di aspet-

tativa (di successo) per tutti gli studenti, inclusi quelli con disabilità e quelli che hanno limitazioni lingui-stiche.

La flessibilità dei percorsi e l’adattamento dei contenuti for all non è realizzabile con strumenti didattici tra-dizionali (libri di testo stampati o i materiali non modificabili), ma con le tecnologie digitali; le quali per-mettono di personalizzare i contenuti proposti grazie ai processi di digitalizzazione e alla combinazione di linguaggi differenti.

Le tecnologie digitali possiedono molte caratteristiche; quelle applicabili ai princìpi dell’UDL sono: • la variabilità: le informazioni non sono mai presentate come definitive ma sono continuamente modifica-

bili nella forma e nei contenuti; • la transcodifica: la possibilità di passare da un formato a un altro, secondo codici e linguaggi comunicativi

differenti che integrano informatica e cultura; • la convergenza: far convergere più media significa integrare linguaggi differenti così da coinvolgere il

maggior numero di destinatari;

Le ICT per l’inclusione 9

• la multimedialità e l’ipertestualità: diversificare le modalità di trasmissione dei contenuti, organizzandoli per livelli di approfondimento, quindi di difficoltà.

Il passaggio dai libri di testo cartacei ai cosiddetti enhanced book (che integrano formato digitale e linguaggi multimediali) apre a nuove esperienze di lettura, diversificando le proposte e dunque allargando lo spettro dei potenziali lettori, grazie a modalità alternative di accesso alle informazioni (lettura a video, ascolto con screen reader, uso di strumenti di supporto alla lettura e produzione, come link che organizzano il contenuto per livelli di approfondimento, dizionari e glossari, appunti in formato testo e audio, schemi e mappe con-cettuali).

Per quanto riguarda i contenuti, le tecnologie digitali offrono la possibilità di affrontare un argomento a partire da più fonti riunite in un unico documento in formato digitale, fruibile sia come testo sia come audio: la lezione viene organizzata in modo che gli studenti possano scegliere le fonti, accedendo ed elaborando i contenuti per la valutazione. Dunque la lezione con le tecnologie digitali dà la possibilità di convertire le informazioni in linguaggi diversificati, per elaborarle, archiviarle e renderle condivisibili.

In tal senso, la rigidità dei materiali tradizionali, immutabili e uguali per tutti, ha comportato la standardiz-zazione dei contenuti, con conseguente costruzione di barriere per l’accesso all’apprendimento. Al contrario, alla variabilità degli stili di apprendimento corrisponde la flessibilità delle proposte: rispettare questa corri-spondenza è promuovere un apprendimento inclusivo.

Dunque integrare le tecnologie digitali in una didattica inclusiva significa riflettere sull’importanza di una corrispondenza tra le caratteristiche degli studenti e le modalità di insegnamento: si tratta di rispondere alle differenze tra gli alunni, le stesse che le neuroscienze cognitive hanno dimostrato essere alla base delle di-verse modalità di apprendimento per le fasi di riconoscimento (recognition learning), organizzazione (strategic

Le ICT per l’inclusione 10

learning) e attribuzione di significati emozionali (affective learning) a informazioni e concetti.

Per riassumere, i princìpi cardine di UDL sono i seguenti:

1. L’utilizzo di molteplici modalità di presentazione e di rappresentazione: occorre che a ogni alunno vengano for-niti contenuti attraverso diverse possibilità comunicative, in quanto ognuno differisce circa le modalità di percepire e comprendere le informazioni presentate. Per assicurare un vero apprendimento (basato sulla concettualizzazione, generalizzazione e trasferimento di competenze tra campi diversi) bisogna fornire rappresentazioni che coinvolgano quanto più possibile la sensorialità e i linguaggi a essa connessi. Infatti lo strutturalismo didattico si basa sul principio che i concetti non si imparano ma si formano, prodotto dell’attività cognitiva correttamente impostata: il concetto è ciò che rimane uguale quando tutto il resto cambia.

2. La ricerca di un linguaggio che utilizzi il lessico più semplice, attraverso strutture grammaticali sintattiche accessibili. In tal senso si rivela necessario fornire strumenti per decodificare simboli, espressioni mate-matiche ed espressioni linguistiche; oltre a promuovere la comprensione incrociata attraverso i diversi linguaggi (come l’arte e l’architettura di un certo periodo storico possono aiutare a comprendere la let-teratura dello stesso periodo? Come una storia animata può aiutare a comprendere una certa situazione sociale? Ecc..).

3. La promozione delle capacità di processare informazioni (information processing skills), in quanto l’educazione dovrebbe permettere a ogni studente di imparare a trasformare le informazioni accessibili in conoscenza utilizzabile (è questo un processo attivo). Dunque occorre promuovere capacità quali l’attenzione seletti-va e l’integrazione di nuove informazioni con quanto già conosciuto, attraverso i supporti necessari per assicurare a ognuno l’accesso alla conoscenza.

Stando a queste premesse, le tecnologie per l’integrazione e l’inclusione: • sono funzionali se utilizzate direttamente da tutti gli studenti della classe; • si usano partendo dalle differenze presenti nel gruppo; • potenziano le competenze di tutti, lavorando sugli stessi materiali a differenti livelli.

Secondo Luigi Guerra “Occorre costruire un ambiente educativo capace di attivare contemporaneamente le dimensio-ni dell’uguaglianza (riuscendo a garantire a tutti il massimo di apprendimenti comuni) e quella della diversità (valoriz-zando le risorse e le motivazioni di ciascuno)”.

Pertanto la sfida inclusiva per le tecnologie è quella di partire dai bisogni specifici del singolo studente per integrare nella didattica quotidiana ausili specifici, strumenti compensativi e tecnologie inclusive per: indi-vidualizzare e cooperare, fare insieme, esplorare, creare, inventare e programmare, comunicare anche al di fuori dell’aula.

Il PAI (Piano Annuale per l’Inclusività) si fonda proprio su tali princìpi.

Secondo la direttiva MIUR 27/12/2012, C.M. n° 8/13, ogni scuola è chiamata a “elaborare una proposta di Pia-no Annuale per l’Inclusività riferito a tutti gli alunni con BES, da redigere al termine di ogni anno scolastico”.

La successiva Nota prot n° 1551 del 27 Giugno 2013 demanda ai singoli Uffici Scolastici Regionali la fissazio-ne della data entro la quale il PAI va approvato ed inviato agli stessi; la Nota approfondisce così il significato di programmazione didattica del PAI:

“Il P.A.I., infatti, non va inteso come un ulteriore adempimento burocratico, bensì come uno strumento che possa contribuire ad accrescere la consapevolezza dell’intera comunità educante sulla centralità e la trasver-salità dei processi inclusivi in relazione alla qualità dei `risultati´ educativi, per creare un contesto educante dove realizzare concretamente la scuola `per tutti e per ciascuno´.

Quindi il PAI non si rivolge ai soli alunni con BES, ma riguarda la programmazione generale della didattica della scuola, al fine di favorirne la crescita nella qualità dell’offerta formativa.

Le ICT per l’inclusione 11

Tale Piano prevede di individuare gli aspetti di forza e di debolezza delle attività inclusive svolte dalla scuo-la, così da predisporre un piano delle risorse da richiedere a enti sociali pubblici e privati, utile a garantire nell’anno scolastico successivo una migliore accoglienza degli alunni, con particolare attenzione a quelli con Bisogni Educativi Speciali.

L’elaborazione del PAI ha lo scopo di: • garantire un approccio educativo e didattico unitario; • garantire un’azione educativa e didattica continua, anche in caso di variazione dei docenti e del dirigente

scolastico (continuità orizzontale e verticale); • permettere al Collegio di riflettere sulle modalità educative e sui metodi di insegnamento adottati nella

scuola, per poter adottare soluzioni didattiche basate sull’efficacia dei risultati in termini di comportamen-to e di apprendimento di tutti gli alunni;

• individuare le modalità di personalizzazione risultate più efficaci, così da promuoverle tra gli insegnanti della scuola e tra scuole diverse;

• raccogliere le stesse modalità di personalizzazione in un unico contenitore digitale che ne conservi la me-moria nel tempo, non più soggetta alle complessità di conservazione dei documenti cartacei;

• inquadrare ciascun percorso di didattica inclusiva in un quadro metodologico condiviso e strutturato, per evitare improvvisazioni, frammentazioni e contraddittorietà degli interventi dei singoli docenti;

• evitare scelte metodologiche non documentate o non scientificamente supportate; ricordando che la libertà di insegnamento sancita dalla Costituzione non fornisce un via libera assoluto e acritico verso qualsiasi scelta: per libertà di insegnamento si intende la responsabilità di insegnamento, nel senso che il docente è libero di scegliere tra le strategie più efficaci quelle ritenute idonee a garantire il successo di ciascun allievo, evitando strade che non portino a risultati efficaci e documentati;

• agevolare la condivisione con le famiglie dei criteri educativi (di intervento per la personalizzazione), in quanto tale necessità potrebbe presentarsi per qualunque studente, e potrebbe richiedere la collaborazione attiva di tutta la comunità educante.

Pertanto le scuole inclusive devono definire nei loro documenti di programmazione (POF e PAI) i seguenti punti: • le modalità di identificazione delle necessità di personalizzazione dell’insegnamento, su base scientifica-

mente validata e collegialmente condivisa; • i protocolli per valutare le condizioni individuali e per monitorare i relativi interventi educativi e didattici; • i criteri di stesura dei piani personalizzati, della loro valutazione e dell’eventuale modifica; • la definizione del ruolo delle famiglie e delle modalità di mantenimento dei rapporti scuola/famiglia in

relazione alle attività educative/didattiche personalizzate (una buona alleanza educativa con le famiglie è condizione essenziale per la riuscita dei percorsi di personalizzazione);

• la definizione delle responsabilità dei vari attori del processo (dirigente scolastico, docenti referenti delle varie tematiche, docenti di classe, docenti di sostegno, educatori, insegnanti tecnico-pratici e di laboratorio, personale ATA, …) e delle collaborazioni interistituzionali (ASL, Comune, Provincia, privato sociale, …);

• le modalità di tutela della riservatezza e della privacy, tenendo presente che nella scuola inclusiva i percor-si personalizzati dovrebbero essere prassi comune e non eccezione; dunque le famiglie non si porrebbero problemi di privacy in quanto non avrebbero ragione di temere lo stigma sociale della diversità.

Le scuole incontrano difficoltà nella stesura di piani didattici personalizzati per gli allievi con disturbi spe-cifici di apprendimento: la capacità di lavorare sul singolo allievo monitorando il suo processo di appren-dimento (attraverso modalità didattiche inclusive) non è ancora acquisita dalla generalità degli insegnanti e dei consigli di classe.

Una programmazione personalizzata contiene: • la descrizione accurata della situazione dell’allievo, partendo dai suoi punti di forza, dalle abilità e dalle

capacità presenti. La descrizione deve essere sinottica (riassunta in tabelle) e poi eventualmente approfon-dita nel dettaglio;

• la descrizione dello stile di apprendimento dell’allievo per adattarvi lo stile di insegnamento; • l’individuazione delle aree di vocazionalità (interessi e predisposizioni su cui si può fare leva per facilitare

l’apprendimento);

Le ICT per l’inclusione 12

• la segnalazione di eventuali criticità attraverso la descrizione di comportamenti osservabili in relazione ai contesti;

• l’individuazione degli ambiti di lavoro per l’anno scolastico, degli obiettivi, dei contenuti e dei metodi per raggiungerli;

• la descrizione di situazioni e condizioni che favoriscono la performance positiva dell’allievo, insieme a quelle che la condizionano negativamente;

• le modalità di verifica e di valutazione dell’efficacia del lavoro svolto, attraverso formulazioni accompa-gnate da precise indicazioni sul cosa, sul quanto, sul come e sul perché e rispetto a quali standard previsti.

Dunque nella riflessione collegiale preliminare all’elaborazione del PAI per la personalizzazione del curri-colo bisogna fissare obiettivi realistici (effettivamente raggiungibili), significativi (che abbiano rilevanza), razionali (dei quali è possibile comprendere e condividere il significato e la rilevanza). Inoltre bisogna defi-nire un curricolo funzionale, che miri ai diritti educativi essenziali, per la qualità della vita presente e futura dell’allievo.

L’effettiva assunzione della prospettiva dell’educazione per tutti e la conseguente progettazione di conte-nuti, percorsi e metodi, determina il passaggio da “potenziale” a “reale” nell’applicazione dell’UDL negli ambienti scolastici: in tal senso il MIUR invita all’utilizzo di materiali didattici in formato digitale sia con le Linee guida per l’integrazione scolastica degli alunni con disabilità, sia con le Linee guida per il diritto allo studio degli alunni e degli studenti con disturbi specifici di apprendimento; le quali convergono nell’elaborazione del PAI per la personalizzazione del curricolo.

http://hubmiur.pubblica.istruzione.it/alfresco/d/d/workspace/SpacesStore/76957d8d-4e63-4a21-bfef-0b41d6863c9a/li-nee_guida_sui_dsa_12luglio2011.pdf

Il MIUR ha elaborato un modello per redigere il PAI, che funge da proposta/esempio modificabile:

http://www.orizzontescuola.it/news/e-tempo-pai-bes-modello-del-miur

L’Agenzia Nazionale per lo Sviluppo dell’Autonomia Scolastica e il MIUR a oggi stanno promuovendo i progetti nazionali per la Scuola Digitale, finalizzati all’integrazione delle ICT nella didattica; ma già nel 2005 è stato avviato un progetto specificatamente dedicato all’integrazione degli alunni disabili attraverso l’uso delle tecnologie: il Progetto Nuove Tecnologie e Disabilità (NTD), nato da un accordo fra il MIUR e il Mini-stero dell’Innovazione Tecnologica.

Inoltre a livello locale, si erano già sviluppati centri di consulenza sugli ausili informatici e le tecnologie assistive, nonostante mancasse un coordinamento a livello nazionale, con un’attenzione mirata al contesto scolastico.

Grazie allo spirito di ricerca e di innovazione in questi anni si sono potuti muovere i primi passi verso la didattica inclusiva; dunque sono emersi i presupposti (in generale sul tema della disabilità e delle tecnologie per l’integrazione) sui quali è necessario svilupparla negli anni a seguire: • una concezione non deterministica delle tecnologie: più tecnologia non equivale a più integrazione, il rischio è

che le tecnologie vengano adottate nelle classi come strumento speciale di normalizzazione, senza appor-tare al contesto alcuna modifica;

• una rilettura in senso sociale del concetto di accessibilità (che non corrisponde alla semplice possibilità d’uso dello strumento), considerata come “indicatore generale di qualità dell’integrazione”, e strettamente cor-relata alle variabili di contesto, in una dimensione sociale dalla quale non si può prescindere;

• una maggiore attenzione ai processi, più che agli esiti, sfruttando la flessibilità delle tecnologie e i princìpi dell’ Universal Design.

Stando a questi presupposti, le ricadute più significative si hanno nei processi inclusivi (incentivo motivazio-nale, strumento di comunicazione e senso di appartenenza ad una comunità), piuttosto che nella performan-ce del singolo studente.

Per questo è bene tenere a mente che una didattica inclusiva fondata sulle possibilità delle tecnologie digitali

Le ICT per l’inclusione 13

agisce nella e sulla dimensione gruppale, riflettendosi poi negli esiti del singolo studente: nessun contesto può dirsi davvero aperto alle differenze se non lo è anche il processo che lo rende realizzabile.

1.2 IL PANORAMA ITALIANO

I dati, su base dati Istat e Miur- Ufficio di statistica e diffusi da Exposanità, attestano che in Italia gli studenti con disabilità iscritti nell’anno scolastico 2014/2015 sono stati quasi 235 mila, il 2,7% del totale: il 65,3% degli studenti con disabilità ha un deficit di tipo intellettivo, il 3,5% motorio, il 2,7% uditivo e l’1,6% visivo.

Nel nostro Paese il rapporto tra numero di studenti con disabilità e posti per il sostegno, dopo aver raggiunto quota 2,09 nell’anno scolastico 2009-2010, è ritornato a 1,85 nell’anno 2014-2015.

Il 10% degli studenti disabili frequenta la scuola dell’infanzia, il 37% la scuola primaria, il 28% la scuola se-condaria di I grado e il 25% la scuola secondaria di II grado.

Con riferimento alla scuola primaria e secondaria di I grado, solo 4 scuole primarie su 10 (39,3%) e poco più di un terzo delle secondarie di primo grado (36,6%) hanno aule dotate di attrezzature informatiche destinate a studenti con disabilità (pc, tablet, registratori, lettori cd/dvd, fotocamere che permettono la personalizza-zione della didattica, per il 47% degli alunni con sostegno).

La maggior parte delle scuole utilizza i laboratori già presenti: circa 6 su 10 le primarie italiane (58,7%) e se-condarie di primo grado (56,6%). Per quanto riguarda gli strumenti didattici compensativi se il 35% non ne fa uso, è ben il 25% degli studenti ad avvalersi di software per l’apprendimento.

Nell’ottica dell’Universal Design, bisogna considerare che oltre al sostegno didattico, gli studenti con disa-bilità necessitano di servizi per il superamento delle barriere architettoniche, come scale a norma, ascensori, servizi igienici specifici, segnali visivi, tattili e acustici, percorsi interni ed esterni che facilitino gli spostamen-ti.

Se in Italia si registra una percentuale abbastanza alta di scuole che hanno scale a norma (82,4% di scuole primarie e 89,5% di secondarie di I grado) e servizi igienici a norma (80,6% di scuole primarie e 84,3% di se-condarie di I grado), pochi istituti sono dotati di mappe a rilievo e segnali visivi, acustici e tattili, presenti in solo tre scuole su dieci, sia a livello primario (29,3%) sia secondario di I grado (30,1%).

Situazione leggermente migliore, seppur insufficiente, per quanto riguarda percorsi interni ed esterni facil-mente accessibili: solo il 42,9% delle scuole primarie e il 44,1% di secondarie di I grado ne è dotata.

Le ICT per l’inclusione 14

2. STRUMENTI, AUSILI E SOFTWARE PER L’INCLUSIONE

2.1 BES E DSA

Da quando è stata emanata la Direttiva sui Bisogni Educativi Speciali (BES), la scuola e il personale docente si sono posti numerose domande in merito, lamentando la necessità di avere maggiori informazioni.

Il denominatore comune è quello di porre l’accento sulla persona, nel rispetto di tutto ciò che rappresenta, che è, e che può divenire.

È innegabile che all’elaborazione della normativa abbiano contribuito esperti di tutto rispetto, e che le buone pratiche educative e didattiche ne abbiano avvallato teorie e contenuti.

Di fatto si è dovuta coniugare la competenza con il patrimonio professionale di ogni docente, andando a personalizzare i percorsi di apprendimento, rinnovando metodologie e prassi educative, per renderle il più inclusive possibile.

L’espressione Bisogni Educativi Speciali (BES)1 ci riporta all’emanazione della Direttiva Ministeriale del 27 dicembre 2012 “Strumenti di intervento per alunni con Bisogni Educativi Speciali e organizzazione terri-toriale per l’inclusione scolastica“. Il significato è di per sé contenuto nella Direttiva e ne evidenzia l’ampia gamma di difficoltà: “L’area dello svantaggio scolastico è molto più ampia di quella riferibile esplicitamente alla presenza di deficit”.

In ogni contesto educativo ci sono alunni che presentano una richiesta speciale di attenzione per una varietà di ragioni: svantaggio sociale e culturale, disturbi specifici di apprendimento e/o disturbi evolutivi specifici, difficoltà derivanti dalla non conoscenza della cultura e della lingua italiana perché appartenenti a culture diverse.

L’acronimo BES viene quindi utilizzato per indicare una vasta area di studenti per i quali il diritto, sancito dalla Legge 53/2003, della personalizzazione dell’insegnamento deve essere applicato con determinate ac-centuazioni in quanto a peculiarità, intensività e durata delle modificazioni. Tutti gli alunni con BES hanno il diritto di avere accesso a una didattica individualizzata e personalizzata. Le strategie, le indicazioni ope-rative, l’impostazione delle attività di lavoro, i criteri di valutazione degli apprendimenti e i criteri minimi attesi, trovano definizione all’interno del PDP – Piano Didattico Personalizzato. La stesura del PDP deve sempre collocarsi all’interno di un preciso Piano Annuale per l’Inclusività (PAI). Il PDP pertanto, è la diretta e naturale conseguenza della normativa scolastica degli ultimi decenni, nella quale è stata posta, con sempre maggiore vigore, attenzione alla realizzazione del successo nell’apprendimento e alle problematiche dell’ab-bandono scolastico.

In definitiva il PDP è un piano didattico pensato e applicabile per gli alunni con BES nei quali la difficoltà è nelle abilità di utilizzare i normali strumenti per accedere all’apprendimento, abilità che possono e devono essere supportate, secondo la normativa vigente, per il raggiungimento del successo formativo. Nel PDP, per ciascuna materia o ambito di studio, devono essere individuati gli strumenti compensativi e dispensativi ne-cessari a sostenere l’allievo nell’apprendimento. Alcuni strumenti compensativi sono, per farne un esempio esplicativo e chiaro: tabella dei mesi, dell’alfabeto e dei vari caratteri; tavola pitagorica; tabella delle misure e delle formule geometriche; calcolatrice; registratore; programmi di videoscrittura. Tutti questi supporti com-pensativi si trovano a disposizione nello strumento LIM. Si tratta di strumenti che facilitano il successo negli apprendimenti, supportando l’alunno nell’acquisire le conoscenze necessarie al suo sapere.

Vengono, invece, considerate misure dispensative alcune attività scolastiche e strumentali che riguardano il sollevare l’alunno dal compiere azioni che normalmente sono richieste in fase di insegnamento-apprendi-

1. “ Ogni alunno, con continuità o per determinati periodi, può manifestare dei Bisogni Educativi Speciali, per motivi fisici, biologici, fisiologici o anche per motivi psico-logici, sociali, rispetto ai quali è necessario che le scuole offrano adeguata e personalizzata risposta” ( DM. 27/12/2012.p.1)

Le ICT per l’inclusione 15

mento2 : dispensare dalla presentazione dei quattro caratteri; dispensare dalla lettura ad alta voce; dispensare dal prendere appunti; dispensare dai tempi standard; dispensare dal copiare alla lavagna; dispensare da un eccessivo carico di compiti; dispensare dallo studio mnemonico delle tabelline; dispensare dallo studio della lingua straniera in forma scritta.

A seguito della Legge 170 / 2010 sui DSA sono state emanate delle disposizioni che hanno cercato di declinare cosa e come fare per accogliere i bisogni educativi speciali di un numero ancora più ampio di difficoltà in un progetto di inclusione e di successo formativo utile al bambino.

2.2 IL RUOLO DELLO STRUMENTO LIM PER L’INCLUSIONE

Secondo i principi della pedagogia inclusiva:

• tutti possono imparare, • ognuno è speciale, • la diversità è un punto di forza • la cooperazione intensifica l’apprendimento.

per questi motivi è fondamentale valorizzare tutti gli studenti e quello che sanno fare, dando un senso al loro lavoro, motivandoli e mettendoli al centro del percorso di apprendimento.

Il riconoscimento della diversità deve avvenire nell’ottica della sua valorizzazione, con una differenziazio-ne funzionale dei percorsi, che trova però forza nelle relazioni e nella cooperazione del gruppo classe o di gruppi all’interno della classe. Quindi l’apprendimento cooperativo si fonda sull’aiuto reciproco, sul gruppo pensato come squadra, in cui si esercitano abilità sociali, di problem solving, si sviluppa il pensiero creativo e la responsabilità individuale.

Il docente crea degli obiettivi didattici a partire dai contenuti della disciplina, organizza l’ambiente e le mo-dalità di apprendimento, pianifica le sequenze didattiche e utilizza attività di ricerca e riflessione, condivisa con gli studenti.

La LIM in questo contesto si presta a essere uno strumento versatile. Le sue potenzialità multimediali forniscono numerosi e diversi stimoli nella fase dell’input del processo di insegnamento-apprendimento, sia a livello visivo che uditivo. Ma diventa importante anche nella fase di comprensione ed elaborazione dei significati, attraverso strumenti di facilitazione e semplificazione.

La LIM è uno strumento rivolto a tutta la classe, non solo ad alunni BES, e per questo è uno strumento dav-vero inclusivo. Non si deve immaginare di utilizzarla specificamente per alunni con disabilità o difficoltà, e nemmeno di utilizzarla in un’ottica di didattica tradizionale rivolta ad alunni normodotati. La Lavagna Interattiva Multimediale trova significato quando usata nel pieno delle sue potenzialità, in un contesto coo-perativo, rivolgendosi a tutta la classe nel rispetto delle diversità e per la loro valorizzazione.

2.2.1 Attività per favorire l’inclusione

Essendo la LIM uno strumento condiviso che diventa il centro dell’attenzione di tutta la classe, e non solo del singolo, lavorare sulla LIM consente di raggiungere tutta la classe, con delle accortezze per andare incontro alle molteplici esigenze: materiali e documenti di tipo diverso possono essere modificati o realizzati durante la lezione, per superare eventuali ostacoli che dovessero emergere; la comunicazione è multimodale e quindi permette di utilizzare diversi canali comunicativi; inoltre permette di mantenere alto il livello di attenzione di chi apprende in modo diverso.

Il software della LIM è bene che sia usato per interagire durante la lezione, come momento di riflessione condivisa, e non per presentare lezioni frontali già preparate e statiche sul modello dell’insegnamento tradi-

2. A. Canevaro, L. D’alonzo, D. Ianes, R. Caldi, L’integrazione scolastica nella percezione degli insegnanti, Erikson, 2011, p. 23.

Le ICT per l’inclusione 16

zionale.

Esempi di attività per favorire l’inclusione con la LIM sono:

• Creazione di semplici mappe concettuali, con il contenuto della lezione da presentare prima di iniziare ad affrontare l’argomento. Questo fornisce un’idea globale del contenuto della lezione, ma anche una chiave di lettura e un riferimento.

• Utilizzo di pagine a righe o quadretti con i margini visibili e differenziati, a destra e a sinistra, e le righe evidenziate. Questo per favorire gli studenti nella percezione degli spazi e facilitare chi ne ha bisogno senza creare disturbo agli altri.

• Utilizzo di font appropriati, quali OpenDyslexic, per migliorare la leggibilità dei testi e aiutare a distingue-re le lettere che potrebbero essere confuse tra loro.

• Utilizzo di software altri, programmi che sono occasione per la costruzione di conoscenze e competenze. In questo caso l’utilità della LIM è evidente: Ciò che potrebbe fare il singolo, si può fare a livello di classe, con-sentendo a chi ha delle difficoltà di essere sostenuto dall’apprendimento cooperativo. Esempi di software sono Google Maps e Google Earth, a seconda delle necessità, per lavorare sull’ambiente o sul territorio.

• Utilizzo interattivo del video, per affiancare un testo scolastico e rendere dei concetti meglio comprensibili. I filmati devono essere brevi per essere visti e rivisti più volte. Con la LIM è possibile agire sui video, e non solo fruirli passivamente. Infatti si possono catturare delle immagini dal video, quelle più significative, per lavorarci sopra, manipolarle, commentarle, riordinarle.

• Realizzazione di attività di semplificazione del contenuto attraverso l’ausilio di immagini, schemi e colle-gamenti ipertestuali.

Questi sono solo alcuni suggerimenti, nella consapevolezza che non può essere un elenco esaustivo, ma vuole offrire spunti di riflessione.

2.3 GESTIONE DEI PROCESSI INCLUSIVI CON LE TECNOLOGIE DIGITALI

L’utilizzo delle tecnologie digitali nella didattica può sostenere attivamente le pratiche inclusive, in quanto:

• Permettono la valorizzazione di risorse latenti negli alunni, che possono avere difficoltà a emergere nelle pratiche didattiche tradizionali, basate sull’ascolto, sulla ripetizione orale e sulla produzione di elaborati scritti.

Le ICT per l’inclusione 17

• Realizzano esperienze di apprendimento significativo, in una didattica basata sulla soluzione di problemi reali e sulla realizzazione di progetti, dove ogni studente è al centro dell’azione didattica con la propria motivazione e le proprie conoscenze, e può muoversi attivamente nella realtà e nelle discipline.

• Migliorano la gestione dei processi inclusivi dentro e fuori la classe, permettendo ai docenti di progettare attività collaborative e cooperative tra gli studenti.

Dunque i processi inclusivi possono essere potenziati attraverso le tecnologie, le quali permettono di gestire l’eterogeneità delle classe, apportando tre grandi vantaggi:

1. Valorizzazione delle differenze

Nell’ambito di una progettazione didattica inclusiva e significativa, le tecnologie digitali permettono di utiliz-zare diversificati codici comunicativi multi e ipermediali, i quali attivano differenti modalità di elaborazione della conoscenza da parte degli alunni.

Valorizzare le differenze nel gruppo classe non significa individualizzare ogni percorso didattico, fornendo a ogni studente uno strumento diverso da quello del compagno; affidandosi alla logica della “macchina per imparare”, di fatto va a depotenziare le relazioni all’interno del gruppo.

L’inclusività si fonda proprio sull’uso delle tecnologie nel gruppo, come medium per eliminare barriere all’apprendimento e facilitare i processi di elaborazione della conoscenza per tutti.

Per permettere a studenti con bisogni educativi speciali di apprendere ed elaborare al meglio i contenuti, si rende necessario utilizzare ausili e strumenti tecnologici in percorsi individualizzati e personalizzati: questo è un grande vantaggio che le tecnologie digitali apportano nell’ottica della valorizzazione delle differenze.

Tuttavia il concetto di inclusività si esprime nell’uso delle tecnologie diffuse nel gruppo classe, composto da molte differenze, alcune più evidenti e altre più nascoste: nel caso in cui si restasse fermi all’idea della “rela-zione a due” con lo strumento, le stesse ICT potrebbero creare distanze, causando esclusione sociale.

2. Sviluppo delle intelligenze multiple

La prospettiva di una didattica che valorizza le intelligenze multiple è quella che conduce a tutte le diverse forme di elaborazione della conoscenza, in particolar modo a quelle visive, logico-matematiche e naturalisti-che.

In generale, non c’è un’intelligenza che non possa trarre vantaggio dall’uso di tecnologie didattiche, in quan-to “lavorare per progetto” chiama in causa molte competenze diverse, per cui il risultato finale è la somma di competenze tecniche, unite alla capacità di pianificazione, progettazione, condivisione del lavoro e rispetto del lavoro reciproco: in tal senso la dimensione gruppale, attraverso forme interpersonali e intrapersonali, è fondamentale nella costruzione della conoscenza.

Rispetto all’attivazione e all’uso di strategie logico-visive proprie della didattica tradizionale, l’uso delle tec-nologie permette l’utilizzo di strumenti e fonti che portano lo studente a costruire realmente i propri percorsi di apprendimento utilizzando la componente visiva e visuo-spaziale: basti pensare alle mappe cognitive nella didattica, ma anche nella progettazione di prodotti multimediali.

Il lavoro è così co-costruito nel piccolo e nel grande gruppo di lavoro attraverso una serie di azioni che sti-molano fortemente la logica visiva, la quale diviene sempre più elemento centrale dell’azione educativa, contribuendo a facilitare e strutturare un metodo di studio efficace per tutti, specialmente per quegli studenti che trovano nel testo scritto una barriera a un apprendimento efficace.

L’intelligenza musicale, strettamente connessa all’intelligenza logico-matematica, è inoltre fortemente po-tenziata dall’uso delle tecnologie, attraverso risorse e strumenti che consentono non solo l’accesso a fonti di informazione, ma anche di elaborazione delle stesse.

Le ICT per l’inclusione 18

Questo tipo di progetto didattico non si prefigge di realizzare un prodotto finale di livello professionale, ma di valorizzare tutte le diverse forme di espressione della creatività e della logica personale: così anche gli studenti che hanno maggiori difficoltà ad apprendere ed elaborare attraverso gli strumenti tradizionali del libro, del testo scritto e dell’espressione orale, possono raggiungere risultati soddisfacenti.

Infatti nel lavoro collaborativo o cooperativo è l’unione delle diverse competenze e intelligenze che consente di percepire il valore dell’inclusività e di sviluppare strategie visive e creative necessarie per realizzare gli obiettivi dei progetti proposti.

3. Promozione dell’apprendimento significativo

Per gestire l’eterogeneità in classe è necessario considerare ogni studente il protagonista attivo di ogni fase didattica, dunque come utilizzatore attivo di tecnologie digitali e partner di progettazione e costruzione di percorsi didattici.

Questo principio radicale è lo stesso principio che sta alla base della prospettiva pedagogica e didattica dell’apprendimento significativo, il quale si basa sull’idea di apprendimento come integrazione delle nuove conoscenze a partire da ciò che l’alunno già conosce.

L’apprendimento significativo trae origine dal paradigma costruttivista, e punta l’attenzione sulla motiva-zione ad apprendere e sulla risoluzione di problemi in situazioni reali, attualizzandosi attraverso forme di interazione tipiche della didattica cooperativa.

La conoscenza nell’apprendimento significativo è il prodotto di una costruzione attiva da parte del soggetto, strettamente collegata alla situazione concreta in cui avviene l’apprendimento, quindi imprescindibilmente legata alla collaborazione e comunicazione tra pari, i quali mettono in gioco le competenze che possiedono.

In una prospettiva di apprendimento significativo le differenze individuali emergono e si gestiscono spon-taneamente; proprio perché nell’interazione tra pari e nelle prese di decisione rispetto alle soluzioni dei pro-blemi, gli studenti vivono un’esperienza di apprendimento reale, non falsificata, che li mette in contatto con le loro attitudini, limiti e capacità.

Le tecnologie digitali potrebbero creare situazioni didatticamente complesse da gestire per il docente, ma molto formative per gli studenti, nonché valorizzanti per quei docenti che vogliono fare delle differenze non solo un ostacolo da superare, ma un vero e proprio punto di partenza su cui costruire relazioni e apprendi-mento.

Per una buona didattica inclusiva bisogna affrontare proprio questa complessità, attraverso azioni mirate che si focalizzano sui singoli alunni in relazione al gruppo classe, i quali saranno impegnati seriamente (quindi coinvolti e motivati) in progetti concreti, attraverso i quali potranno costruire progressivamente il proprio metodo di studio.

Le dinamiche cooperative e collaborative con le tecnologie in classe devono riflettersi anche nel lavoro a casa, al di fuori dell’aula: le modalità e i tempi di studio, quindi, devono permettere l’uso di spazi virtuali di con-divisione in tempo reale dei materiali, attraverso la comunicazione sincrona e asincrona tra gli studenti (e con i docenti), nella piena sicurezza della gestione dei dati e dei profili personali.

L’uso delle tecnologie digitali per la gestione dei processi inclusivi viene promosso solo se il sistema scolasti-co si attrezza a garantire un’efficace ambiente di lavoro digitale, e non se il singolo docente è solo nell’affron-tare la complessità che ne deriva.

In realtà, più di quanto si possa pensare, le famiglie sono disposte a investire in tecnologia se la scuola la fa realmente usare, quindi dimostra sul piano culturale di dare alla stessa un valore aggiunto nella proposta didattica significativa per gli studenti.

Dal punto di visto inclusivo questo è fondamentale perché la scuola è l’unica Agenzia Culturale che può dif-

Le ICT per l’inclusione 19

fondere cultura, anche digitale. Spesso non lo può fare la famiglia, che specie nelle situazioni di svantaggio sociale e familiare non ha la possibilità di promuovere un uso realmente efficace delle tecnologie digitali.

Inoltre, per alunni con disabilità o con Disturbi Specifici dell’Apprendimento, le tecnologie digitali permet-tono autonomia di studio e di lavoro; questo non è da sottovalutare, nell’ottica di un processo di inclusività che, partendo dalla scuola, possa arrivare a coinvolgere e supportare realmente le attività quotidiane.

Da questo punto di vista la situazione italiana si rivela sconfortante: i dati pubblicati nel 2014 dalla Digi-tal Agenda for Europe dicono che il 75% delle persone con disabilità (a livello europeo questo dato com-prende anche i DSA) in Italia dichiara di non possedere competenze digitali, rispetto al 68% a livello eu-ropeo, in un Paese in cui il 34% della popolazione dichiara di non avere alcuna connessione Internet attiva (European Commission, 2014).

Si tratta di un problema culturale serio, rispetto al quale ogni docente dovrebbe finalmente riconoscere il valore inclusivo – dunque etico – delle tecnologie digitali e convincersi del fatto che la competenza digitale è un obiettivo ineludibile per tutti, la competenza base del cittadino contemporaneo.

Se la scuola non rifonda la didattica in un’ottica inclusiva attraverso l’uso delle tecnologie digitali, i ragazzi che non trovano al di fuori delle mura scolastiche un tessuto sociale di riferimento culturalmente stimolan-te, rischieranno di essere sempre più deprivati ed esposti ai rischi che un uso scorretto delle tecnologie può comportare.

Scegliendo di non integrare le tecnologie nell’offerta formativa, si condannano queste fasce di popolazione, in partenza svantaggiate e con maggiori difficoltà nella costruzione di una vita autonoma, a rimanere solo fruitori, consumatori passivi di prodotti e contenuti, senza possibilità di essere protagonisti della propria vita, attraverso la comprensione e l’espressione dei propri individuali processi di percezione ed elaborazione della realtà. È questo il concetto cardine sul quale ricostruire una didattica la cui azione educativa, attraverso le tecnologie digitali, può davvero rendere l’innovazione funzionale al benessere mentale, sociale e relazio-nale delle persone.

È chiaro che la scelta di utilizzare tecnologie a scuola si basa su scelte didattiche precise e ha finalità educative che vanno molto oltre l’uso di uno strumento tecnologico, le quali confluiscono nella prospettiva dell’inclu-sività.

Il riferimento a un approccio inclusivo delle tecnologie, che coinvolge i contesti e modifica le strategie di-dattiche, è verso quegli strumenti che possono avere un impatto diretto sull’intera classe: basti pensare al calcolatore (inteso non solo come macchina fisica e virtuale, ma come sistema di diffusione di informazioni e come comunicatore bidirezionale), alla LIM, al podcasting, agli ambienti di apprendimento virtuali (social e non), alla Rete e in genere ai contenuti didattici digitali.

Tony Booth e Mel Ainscow propongono l’Index for Inclusion, strumento per l’analisi della qualità della pro-gettazione inclusiva nelle scuole, che considera, tra le risorse da mettere in campo, gli ausili, le tecnologie e i materiali necessari a garantire la partecipazione scolastica di ciascun alunno; con particolare riferimento a tre indicatori:

• le attività di formazione aiutano gli insegnanti ad affrontare le diversità degli alunni; • gli alunni sono attivamente coinvolti nelle attività di apprendimento; • gli insegnanti sviluppano risorse per sostenere l’apprendimento e la partecipazione.

L’Index è organizzato in modo che a ciascun indicatore corrisponda una serie di domande, utili ad agevolare il processo di autovalutazione dei soggetti e delle organizzazioni scolastiche che programmano una didattica incentrata sull’inclusività con le tecnologie digitali.

Dunque si riportano le domande che, in relazione ai tre indicatori citati, fanno riferimento alle tecnologie:

Le ICT per l’inclusione 20

• Il personale scolastico viene formato all’utilizzo di tecnologie di sostegno all’apprendimento (macchine fotografiche, computer/internet, videocamere, registratori, proiettori)?

• Gli alunni sono in grado di utilizzare autonomamente la biblioteca e le tecnologie informatiche? • Vengono reperiti materiali curricolari specifici per alunni con disabilità, ad esempio, testi stampati a carat-

teri grandi, in Braille o audio registrati? • Esiste una videoteca ben organizzata? • L’uso dei computer è integrato negli insegnamenti in tutto il curriculum? • Email e internet vengono utilizzate in modo efficace dal personale scolastico per sostenere l’attività didat-

tica? • A tutti gli alunni viene data la possibilità di comunicare a distanza con altri alunni tramite lettera, telefono

o email? • Internet viene utilizzata in modo efficace come sostegno agli alunni nel lavoro a scuola e a casa? • Vengono utilizzate registrazioni audio per facilitare l’apprendimento orale nelle attività curricolari? • Vengono sfruttate le nuove tecnologie, quando divengono disponibili, come i programmi di riconoscimen-

to vocale per alunni che hanno una particolare difficoltà a scrivere?

Pertanto il computer non viene inteso come strumento compensativo, ma come strumento da integrare tra-sversalmente nell’offerta formativa, senza alcuna distinzione per categoria dei suoi utilizzatori.

Certamente è condivisa l’importanza delle tecnologie per gli studenti con disabilità, ma ancora non è soddi-sfacente l’utilizzo delle stesse tecnologie rispetto agli obiettivi della didattica inclusiva: l’attività al computer svolta dal solo alunno disabile e il ricorso a software dedicati spesso vanno a tradursi in ulteriore occasione di isolamento, se non apportano alcuna modifica positiva all’ambiente comune, dunque alla scuola come Agenzia Culturale nella sua globalità.

2.4 LE POSSIBILITÀ DELL’ENHANCED BOOK PER LA DIDATTICA INCLUSIVA

Quelle di letto-scrittura sono tra le abilità cognitive più complesse e richieste dalla nostra società: la stessa didattica deve saper rispondere alla velocità esecutiva richiesta, a programmi dettagliati in rapporto ai ridotti tempi a disposizione.

È facilmente intuibile che questa velocità richiesta non si addice a tutti quegli studenti che hanno qualche difficoltà nel seguire certi ritmi di lettura, scrittura e calcolo.

La complessità si risolve riducendo ai minimi termini ciò che appare come un sistema complesso: le dinami-che all’interno di una classe sono assai differenti, alcuni studenti sono partecipi e attenti, altri si distraggono facilmente e sono poco coinvolti, ci sono alcuni che hanno disturbi specifici di apprendimento, ecc…

All’interno di questa complessità, una didattica – e dei supporti/strumenti – uguali per tutti renderebbero nullo quel principio di uguaglianza sul quale l’educazione stessa si fonda, in quanto solo i più abili potrebbe-ro raggiungere risultati soddisfacenti.

Il libro di testo è stato ed è tuttora lo strumento didattico prioritario, supporto sul quale e attraverso il quale il sapere può essere veicolato.

In questi anni si è assistito al passaggio dal libro tradizionale (cartaceo, lineare, definitivo), all’ebook (imma-teriale, arricchito, digitale): questo passaggio è rivoluzionario perché va a interessare le modalità di fruizione del sapere, se non la stessa idea di conoscenza; incentivando dunque l’effettiva attuazione di metodologie didattiche inclusive.

Si rendono necessarie riflessioni su questo tema, anche in riferimento all’indirizzo che il MIUR ha dato sulle adozioni dei libri di testo: la Legge n.133 del 6 agosto 2008, il DM41 del 2009, le Circolari Ministeriali e il Pro-getto Editoria Digitale Scolastica nell’ambito del Piano Nazionale Scuola Digitale.

Le ICT per l’inclusione 21

A partire dall’anno scolastico 2011-2012, il collegio dei docenti adotta esclusivamente libri utilizzabili nelle versioni online scaricabili da internet o mista; a eccezione delle disposizioni relative all’adozione di strumenti didattici per i soggetti diversamente abili.

L’indirizzo all’adozione dei libri di testo in formato digitale sembra chiaro: è un fatto oggettivo e non trascu-rabile che i fruitori dei libri di testo oggi interagiscono sempre di più con le nuove tecnologie di supporto all’apprendimento.

I nuovi strumenti non sminuiscono la funzione del tradizionale testo cartaceo, ma possono integrarla in un processo di sinergia virtuosa: il rapporto con la realtà delle nuove generazioni è in stretta relazione con le tecnologie, quindi è significativamente diverso da quello delle generazioni pre digitali.

Le caratteristiche tipiche dei libri in formato misto e digitale (la presenza di contenuti interattivi, la possibilità di comparare e gestire in modo più flessibile le informazioni, la disponibilità di approfondimenti organizzati in forma ipertestuale) vanno accolte nell’ottica di arricchimento, in quanto potenzialmente efficaci per la pro-gettazione di una didattica inclusiva.

I criteri pedagogici resi espliciti dal Decreto e riconducibili a necessarie caratteristiche di qualità, funzionalità ed economicità dei testi, sono efficacemente realizzabili attraverso formati digitali, i quali permettono:

• La diversificazione delle attività didattiche per gestire l’eterogeneità della classe: nella prospettiva dell’ Universal Design for Learning, si può diversificare grazie a strumenti flessibili con i quali presentare i con-tenuti in differenti modalità; il libro cartaceo resta chiuso a queste possibilità.

• La personalizzazione di contenuti e attività: il formato digitale consente di gestire in modo più flessibile le informazioni, personalizzando la presentazione dei contenuti.

• Lo sviluppo di contenuti aggiornati: il formato digitale mantiene il testo aperto, ovvero modificabile e in-tegrabile in qualsiasi momento, senza costi di produzione/distribuzione.

• L’identificazione di collegamenti interni e trasversali alle discipline: attraverso l’uso corretto di link interni ed esterni, è possibile rendere contestuali i rimandi ad altri contenuti.

• L’integrazione del testo di base con risorse di natura multimediale: un libro digitale multimediale è un testo arricchito, in cui l’accostamento di linguaggi e media differenti produce un risultato che è più della semplice somma delle sue componenti.

• La predisposizione di glossari per le parole meno comuni e per i vocaboli stranieri: questa risorsa, di-sponibile anche nel testo cartaceo, è più funzionale in digitale dove è possibile associare contestualmente (attraverso link) un termine al suo significato.

Per quanto riguarda le caratteristiche tecnologiche, i libri di testo digitali devono: • essere disponibili nei formati più diffusi sul mercato o essere associati al software necessario alla consul-

tazione; • essere compatibili con i dispositivi hardware più diffusi; • essere multimediali (audio, video, immagini) e interattivi; • consentire collegamenti ipertestuali; • prevedere una corretta strutturazione dei contenuti (sommario navigabile e ritorno all’indice); • consentire di inserire nel testo evidenziazioni, segnalibri, annotazioni; • permettere la personalizzazione delle modalità di presentazione dei contenuti (per esempio, la regolazione

della velocità di fruizione di oggetti dinamici); • predisporre collegamenti alla Rete per fruire di ulteriori contenuti e aggiornamenti; • prevedere funzioni integrate di supporto all’uso e di ricerca interna al documento.

Tali caratteristiche tecnologiche riportate nel Decreto sono strettamente correlate ai criteri pedagogici al fine di rendere efficace sul piano didattico l’utilizzo di questo strumento, sulle cui potenzialità di multimedialità, interattività e ipertestualità è possibile realizzare un ambiente didattico inclusivo.

L’indirizzo del MIUR verso il digitale si concretizza anche nell’Azione Editoria Digitale Scolastica, il cui

Le ICT per l’inclusione 22

obiettivo è l’acquisizione di venti prototipi di edizioni digitali.

Come si intuisce dalle stesse Linee Guida del MIUR per la creazione di quel che viene definito un “prototipo di editoria digitale”, siamo lontani dall’idea comune di libro di testo e siamo più vicini al concetto di “am-biente di apprendimento”.

http://www.scuola-digitale.it/editoria-digitale/il-progetto/editoria-digitale-scolastica/

Inoltre gli indirizzi di normativa e Ministero affrontano la questione dell’accessibilità, nel suo più ampio si-gnificato: la Circolare n.16 del 2009 riporta che “per gli studenti con disabilità sono previsti libri di testo e strumenti rispondenti alle specifiche esigenze, sia sotto forma di testi trascritti in Braille per allievi non vedenti o con caratteri ingranditi per allievi ipovedenti, sia in forma digitale con prodotti che rispettino i requisiti previsti dalla normativa vigente”.

Dunque l’accessibilità deve essere garantita per quei testi nello specifico, non come prerequisito da rispettare per tutti i materiali didattici, come previsto dall’UDL e dalla didattica inclusiva.

Questa considerazione rimanda alle riflessioni sull’accessibilità come valore in sé, sull’universalità del prin-cipio e sulla differenza tra la progettazione for all e il rispetto degli standard per conformità alla normativa.

In riferimento all’abbattimento delle barriere di accesso all’apprendimento, uno degli aspetti più incisivi è la correlazione tra princìpi pedagogici fondamentali e princìpi di base della progettazione: entrambi sono legati al concetto di partecipazione ai processi formativi, indipendentemente dalle condizioni fisiche, sensoriali o cognitive, dalla provenienza etnica o sociale e dalle differenze di genere.

I principi pedagogici comprendono (oltre alla motivazione, all’apprendimento efficace, alla creazione di am-bienti di supporto e alla progettazione di percorsi personalizzati) la possibilità di inclusione e di accesso: l’apprendimento deve essere garantito a tutti ricorrendo a risorse digitali flessibili e a pratiche inclusive, attraverso materiali che si adattano alle differenze di ciascuno.

Pertanto l’accessibilità cui si fa riferimento è costitutiva e riguarda l’intero processo di progettazione.

Il BECTA (British Educational Communications and Technology Agency) ha fornito indicatori di qualità che riguardano la progettazione e l’uso di risorse digitali a sostegno dei processi di insegnamento e apprendi-mento.

Le Linee Guida del BECTA, a cui il MIUR fa riferimento per l’Azione Editoria Digitale Scolastica, non riguar-dano solo i libri di testo ma le risorse didattiche digitali in genere.

La qualità di un Learning Objects dipende da otto elementi.

1. Qualità del contenuto: accuratezza nella presentazione dei contenuti, evidenza ai punti chiave; possibile riutilizzo in diversi contesti, attenzione alle differenze culturali ed etniche.

2. Conformità agli obiettivi di apprendimento: coerenza tra obiettivi formativi, attività proposte, modalità di valutazione e caratteristiche degli alunni.

3. Feedback e adattamento: le risorse didattiche digitali devono rispondere agli input e alle caratteristiche degli utenti.

4. Motivazione: le risorse didattiche digitali devono suscitare sufficiente interesse nei fruitori.5. Modalità di presentazione dei contenuti: immagini, audio e video supportano il processo di apprendi-

mento.6. Usabilità nell’interazione: navigazione immediata, interfaccia utente corrispondente alle aspettative degli

utenti, supporti per facilitare l’utilizzo.7. Accessibilità: strumenti e formati che permettono la fruizione da parte di alunni disabili e con dispositivi

mobili (sottotitoli per i video, trascrizioni per i file audio, descrizioni per le immagini, colori percepibili) in linea con le Web Content Accessibility Guidelines del W3C (http://www.w3.org/Translations/WCAG20-it/ ).

Le ICT per l’inclusione 23

8. Conformità agli standard internazionali e interoperabilità: anche qui l’accessibilità è considerata un prin-cipio e rientra tra le caratteristiche per la valutazione di risorse didattiche di qualità.

Recentemente si sta diffondendo anche nell’editoria scolastica il termine enhanced book per indicare ebook “aumentati” che integrano multimedialità e interattività.

In tal senso è utile ai fini di una didattica inclusiva evidenziare la stretta relazione tra il supporto materiale e la percezione che si ha del suo contenuto (e delle possibilità che questo offre quando è dinamico): nel caso dei libri di testo, l’aspetto specificatamente tecnico assume una valenza pedagogica.

La relazione supporto/contenuto/interpretazione è ben sintetizzata da Alberto Cadioli:

“Lo statuto di un’opera dipende dal supporto che la trasmette. Il supporto materiale – o virtuale se si parla di uno scher-mo – è fondamentale per il modo di ricevere un testo e dunque per la sua interpretazione.[...] La fine della materialità significa l’eliminazione del libro in quanto oggetto e della percezione del testo come entità definita e chiusa tra due limiti: le copertine.” 3

Nella prospettiva di una didattica inclusiva, nel testo elettronico vi è la coincidenza tra la sequenza di segni linguistici e lo strumento che li trasmette al lettore: tale coincidenza è ancor più evidente negli enhanced book, in cui i formati audio, video, la grafica 3D e gli ambienti di realtà virtuale traducono i contenuti in lin-guaggi che costituiscono la testualità che producono.

A questo link è possibile vedere un’anteprima dell’utilizzo di un enhanced book:

https://www.youtube.com/watch?v=aGiu9lpvAZs

Supportate dall’enhanced book, le pratiche di lettura e di studio si modificano: il testo viene fruito su schermo in modalità lean back, gli strumenti per intervenire sul testo (evidenziazioni e appunti) sono sempre modifi-cabili e removibili; attraverso nuove funzionalità le azioni possibili durante la lettura sono amplificate (come la ricerca per parola interna al testo e la condivisione di note, l’attivazione di link e oggetti multimediali).

In linea con i princìpi dell’UDL, la manipolazione e la personalizzazione dei materiali, insieme ai contenuti arricchiti, rendono funzionale il libro digitale per la didattica inclusiva; inoltre l’interattività stimola la moti-vazione nei lettori e la socialità (propria degli strumenti di condivisione del Web).

L’attuale fenomeno del Social Reading è un esempio pratico di lettura condivisa, ed è rappresentato dalle comunità online di lettori, dove l’utente registrato ha la possibilità di partecipare attivamente pubblicando recensioni, partecipando a gruppi di discussione, interagire con altri utenti che hanno affinità di gusti e inte-ressi. Tra i Social Reading più noti si indicano:

• Anobii http://www.anobii.com • LibraryThing http://www.librarything.it • Goodreads https://www.goodreads.com

È utile – nella prospettiva di una progettazione didattica inclusiva – citare Bookliners, progetto italiano di lettura sociale che mette a disposizione degli utenti una piattaforma che permette l’accesso all’anteprima o all’intero testo acquistato in formato digitale, inserendo note personali collegate al testo, così da condividerle con altri utenti nell’ambiente di Bookliners o sui social network più diffusi.

Su questa piattaforma gli autori stessi hanno a disposizione un profilo, dove rispondono ai commenti dei lettori, rendendo l’opera aperta e sempre aggiornata.

Tra i testi al momento disponibili vi sono anche saggi e riviste legate al campo della formazione e della ricer-ca, dunque ambienti online di questo tipo potrebbero essere concretamente applicabili nei contesti di studio.

http://www.bookliners.com/_front/it/3. A. Cadioli, “Dall’editoria moderna all’editoria multimediale, Unicopoli 2001, p. 29

Le ICT per l’inclusione 24

Un’altra piattaforma didatticamente interessante è LiberLiber, che ha avviato il progetto Libro Parlato, che si propone di convertire e diffondere opere in formato audio; e LiberScuola, che mette a disposizione risorse utili al mondo della didattica, attraverso la condivisione di materiali, guide operative per la creazione di risorse didattiche digitali, ecc..

Queste iniziative sono esempi concreti di applicazione del libro digitale per la diffusione della cultura, l’or-ganizzazione e l’accessibilità della conoscenza per tutti – docenti e studenti.

http://www.liberliber.it

Tra gli interventi nelle scuole italiane orientati all’uso dell’ebook è utile riportare “Book in Progress” dell’I-TIS Majorana di Brindisi, dove i docenti hanno scritto, stampato a scuola e distribuito con licenza Creative Commons i libri di testo che gli studenti hanno utilizzato nel corso dell’anno; così da valorizzare e integrare le loro stesse competenze, personalizzare gli interventi formativi, nonché abbattere i costi per l’acquisto dei libri da parte delle famiglie.

http://www.bookinprogress.org

2.5 AUSILI E SOFTWARE PER L’INCLUSIONE

Se le pratiche didattiche per l’inclusione sono rivolte all’intero gruppo classe – nell’ottica in cui ogni studente ha una differente predisposizione cognitiva all’apprendimento – gli ausili per l’inclusione (o strumenti com-pensativi) si configurano come strumenti didattici e tecnologici che sostituiscono o facilitano la prestazione richiesta nell’abilità deficitaria.

Tali strumenti dunque si rivolgono specificatamente a studenti con disabilità cognitive di diversa natura; i più noti sono:

• Tastiere Speciali: costruite per utenti disabili, sono anche in grado di funzionare anche con compu-ter standard. Per esempio le tastiere espanse, rispetto a quelle normali, hanno tasti più grandi, conca-vi e maggiormente distanziati tra loro; inoltre sono predisposte per la gestione facilitata dei tasti mul-tipli e per la regolazione del tocco. Sono quindi particolarmente adatte per utenti che hanno difficoltà nella motricità fine. Alcune tastiere speciali su Mondo Ausili: http://www.mondoausili.it/tastiere-speciali/. Oppure su Leonardo Ausili online: http://www.leonardoausili.com/product/helpikeys.

• Sistemi di puntamento (trackball e mouse): progettati per coloro che hanno una limitata possibilità di movi-mento delle mani, questi dispositivi permettono di controllare il cursore del mouse attraverso l’utilizzo di sensori. I Sistemi di Puntamento si dividono in: joystick, trackball e touchscreen. Su Mondo Ausili: http://www.mondoausili.it/trackball-mouse/. Su Leonardo Ausili online: http://www.leonardoausili.com/product/big-track.

• Sensori (Switches): si tratta di interruttori di tipo on/off che permettono di recuperare l’abilità motoria re-sidua di una persona disabile; grazie ai quali può controllare dispositivi elettrici/elettronici: http://www.mondoausili.it/sensori-switches/. I sensori possono attivare un Comunicatore, oppure Accessori e Scudi che permettono di selezionare i tasti appoggiando tutta la mano o infilando le dita nei fori scelti: http://www.mondoausili.it/comunicatori/.

Rispetto agli ausili, per quanto riguarda la scelta dei software didattici, più che parlare di software didattico “per” disabili si dovrebbe parlare di software didattico “accessibile e utilizzabile” da disabili: nel concreto, al di là di alcune specificità veramente forti, per la maggioranza dei software educativi si può ipotizzare l’uso da parte di bambini con abilità diverse.

Ci sono differenti disabilità da affrontare nell’ottica di una progettazione didattica inclusiva, le quali possono essere raggruppate in quattro macro aree.

Le ICT per l’inclusione 25

• Disabili motori e della vista: per questo tipo di disabilità è prioritario risolvere l’accessibilità all’elabora-tore; nel senso che bisogna definire quali periferiche particolari (hardware specifici) siano le più adatte – conformi – a permettere l’accesso al mezzo informatico per studenti con disabilità motorie e/o visive. La scelta del software è secondaria rispetto alla scelta dell’hardware, e si inquadra in un discorso didattico più ampio, legato al contesto.

• Disabili dell’udito: per questo tipo di disabilità bisogna scegliere software specifici da inserire nella pro-grammazione didattica. Ad esempio per insegnare la lingua scritta a bambini con limitate capacità uditive si dovranno utilizzare particolari programmi a supporto delle loro difficoltà specifiche nella strutturazione della frase, nell’apprendimento di parti del discorso non autonomamente portatrici di significato (particel-le, congiunzioni, connettivi logici). Dunque bisognerebbe scegliere software basati su una comunicazione a doppio canale (ovvero che utilizzano contestualmente anche la lingua dei segni).

• Difficoltà cognitive e di apprendimento generiche: questo tipo di difficoltà possono essere affrontate pun-tando a scelte personalizzate per lo studente, scegliendo una strategia didattica funzionale all’adattamento alle esigenze e alle attitudini del singolo studente; piuttosto che diversificando e specializzando i conte-nuti. Per esempio, i classici programmi esercitativi (drill and practice), se è vero che hanno lasciato spazio a strategie didattiche aperte che favoriscono l’apprendimento costruttivo, è altresì vero che per studenti con difficoltà cognitive possono essere funzionali in quanto la loro meccanicità e ripetitività consentono di raggiungere una migliore applicazione e gratificazione, quindi risultati migliori.

• Difficoltà di apprendimento specifiche: le difficoltà specifiche di apprendimento possono essere la disles-sia e la disgrafia; in questo caso l’utilizzo del software didattico è da vedersi in una prospettiva riabilitativa, dunque sulla base di molti parametri individuali (clinici, più che prettamente educativi/didattici).

L’idea di software “accessibile” anziché “speciale” pone l’attenzione sugli obiettivi didattici che ci si propone, in relazione a un progetto pensato e strutturato nella sua globalità, all’interno del quale il software occupa il posto di strumento formativo (che tiene conto contemporaneamente del tipo di disabilità dello studente e del tipo di conoscenza che egli deve acquisire).

La principale peculiarità dei software per l’inclusione è la possibilità di realizzare mappe concettuali, ovvero la “rappresentazione grafica di concetti espressi in forma sintetica (parole-concetto) all’interno di una forma geometrica (nodo) e collegati fra loro da linee (frecce) che esplicitano la relazione attraverso parole-legamento”. (Guastavigna e Gineprini)

Infatti attraverso le mappe concettuali gli studenti possono riorganizzare le conoscenze in modo soggettivo e personale in base al proprio stile cognitivo. È importante che ogni studente acquisisca l’abilità di sintetizzare un testo/argomento creando la propria mappa, invece di fruire di mappe già costruite, che rappresentano l’organizzazione di pensiero di chi le ha create.

Le mappe concettuali, fornendo strutture visive con poco testo e immagini collegate tra loro per favorire l’or-ganizzazione mentale, si configurano come strumenti compensativi e inclusivi, in quanto:

Pertanto scegliere e utilizzare un software accessibile in ottica inclusiva significa avere la consapevolezza della sua potenziale efficacia, basata su una reale corrispondenza tra la disabilità dello studente (esigenze formativo/riabilitative) e gli obiettivi rieducativi che ci si propone di realizzare:

• permettono il recupero delle informazioni e l’organizzazione del discorso in una presentazione orale; • riducono l’ansia derivante dalla paura di dimenticare parti di un discorso strutturato; • compensano la lentezza nella lettura; • favoriscono l’attenzione e l’organizzazione delle idee.

“Scoprimmo che le mappe concettuali erano un valido sistema per aiutare i docenti a organizzare le idee per l’insegna-mento, e un buon metodo per gli studenti per scoprire i concetti chiave e i principi contenuti nelle lezioni, nelle letture

Le ICT per l’inclusione 26

o in altro materiale didattico. A mano a mano che gli studenti acquisivano abilità ed esperienza nella costruzione delle mappe concettuali, iniziavano ad accorgersi che stavano imparando come imparare. Progredendo nell’apprendimento significativo, scoprivano che potevano ridurre o eliminare la necessità di un apprendimento meccanico. Le mappe con-cettuali fornivano loro un aiuto per riuscire ad apprendere meglio e aiutavano anche i docenti, essendo strumenti validi per concordare con gli alunni i significati da attribuire alle conoscenze e per progettare un insegnamento più efficace”4.

Questa la logica – fondata sulla facilitazione visuale – che sottende il funzionamento della maggior parte dei software per l’inclusione, ovvero la possibilità di sintetizzare (semplificare) la conoscenza attraverso mappe concettuali e materiali multimediali.

TeacherMappe è un software che permette di creare mappe multimediali di supporto alla didattica, dunque consente ai docenti di creare lezioni interattive su PC o sulla LIM, partendo dai testi contenuti nei libri digitali PDF.

SuperMappe si integra con TeacherMappe ma è per gli studenti, la particolarità è l’utilizzo della sintesi vo-cale, che permette agli studenti con DSA o disabilità di partecipare alla lezione in quanto tutti utilizzano il medesimo strumento.

Entrambi i software si possono provare gratuitamente per 10 giorni prima dell’acquisto:

http://milleclassidigitali.it/gli-strumenti/

Sul portale di AID – Associazione Italiana Dislessia si può trovare una sezione esaustiva di software per l’inclusione, suddivisi, oltre che per età ed esigenze di apprendimento, per categoria: lettura/scrittura, per lo studio, matematica, di supporto:

http://www.aiditalia.org/it/pagina-dei-software#quarto

Su Skuola.net Docenti vi è una sezione dedicata alla didattica speciale, che raccoglie materiali e software che i docenti possono utilizzare con studenti che hanno bisogni speciali di apprendimento:

http://docenti.skuola.net/percorsi-tematici/bisogni-speciali-di-apprendimento/didattica-speciale/

Mondo Ausili propone una serie di software didattici per studenti con bisogni speciali di apprendimento, suddivisi per categorie (grafica, letto/scrittura, logica matematica, lingua straniera ecc…):

http://www.mondoausili.it/software-didattico/

4. Joseph D. Novak (2010)

Le ICT per l’inclusione 27

Abstract

I processi inclusivi possono essere potenziati attraverso le tecnologie, le quali permettono di gestire l’ete-rogeneità delle classe, apportando tre grandi vantaggi:1. Valorizzazione delle differenze 2. Sviluppo delle intelligenze multiple3. Promozione dell’apprendimento significativo

L’uso delle tecnologie digitali per la gestione dei processi inclusivi viene promosso solo se il sistema scolastico si attrezza a garantire un’efficace ambiente di lavoro digitale, e non se il singolo docente è solo nell’affrontare la complessità che ne deriva.

Per una buona didattica inclusiva bisogna affrontare proprio questa complessità, attraverso azioni mirate che si focalizzano sui singoli alunni in relazione al gruppo classe.

Le dinamiche cooperative e collaborative con le tecnologie in classe devono riflettersi anche nel lavoro a casa, al di fuori dell’aula: le modalità e i tempi di studio, quindi, devono permettere l’uso di spazi virtuali di condivisione in tempo reale dei materiali, attraverso la comunicazione sincrona e asincrona tra gli stu-denti (e con i docenti), nella piena sicurezza della gestione dei dati e dei profili personali.

Il riferimento a un approccio inclusivo delle tecnologie, che coinvolge i contesti e modifica le strategie di-dattiche, è verso quegli strumenti che possono avere un impatto diretto sull’intera classe: basti pensare al calcolatore (inteso non solo come macchina fisica e virtuale, ma come sistema di diffusione di informazio-ni e come comunicatore bidirezionale), alla LIM, al podcasting, agli ambienti di apprendimento virtuali (social e non), alla Rete e in genere ai contenuti didattici digitali.

Per alunni con disabilità o con Disturbi Specifici dell’Apprendimento, le tecnologie digitali permettono autonomia di studio e di lavoro, e questo non è da sottovalutare, nell’ottica di un processo di inclusività che partendo dalla scuola, possa arrivare a coinvolgere e supportare realmente le attività quotidiane.

Pertanto il computer non viene inteso come strumento compensativo, ma come strumento da integrare trasversalmente nell’offerta formativa, senza alcuna distinzione per categoria dei suoi utilizzatori.

Certamente è condivisa l’importanza delle tecnologie per gli studenti con disabilità, ma ancora non è soddisfacente l’utilizzo delle stesse tecnologie rispetto agli obiettivi della didattica inclusiva: l’attività al computer svolta dal solo alunno disabile e il ricorso a software dedicati spesso vanno a tradursi in ulte-riore occasione di isolamento, se non apportano alcuna modifica positiva all’ambiente comune, dunque alla scuola come Agenzia Culturale nella sua globalità.

Il libro di testo è stato ed è tuttora lo strumento didattico prioritario, supporto sul quale e attraverso il quale il sapere può essere veicolato.

In questi anni si è assistito al passaggio dal libro tradizionale (cartaceo, lineare, definitivo), all’ebook (immateriale, arricchito, digitale): questo passaggio è rivoluzionario perché va a interessare le modalità di fruizione del sapere, se non la stessa idea di conoscenza; incentivando dunque l’effettiva attuazione di metodologie didattiche inclusive.

Recentemente si sta diffondendo anche nell’editoria scolastica il termine enhanced book per indicare ebo-ok “aumentati” che integrano multimedialità e interattività.

In tal senso è utile ai fini di una didattica inclusiva evidenziare la stretta relazione tra il supporto materiale e la percezione che si ha del suo contenuto (e delle possibilità che questo offre quando è dinamico): nel caso dei libri di testo, l’aspetto specificatamente tecnico assume una valenza pedagogica.

Le ICT per l’inclusione 28

Se le pratiche didattiche per l’inclusione sono rivolte all’intero gruppo classe – nell’ottica in cui ogni stu-dente ha una differente predisposizione cognitiva all’apprendimento – gli ausili per l’inclusione (o stru-menti compensativi) si configurano come strumenti didattici e tecnologici che sostituiscono o facilitano la prestazione richiesta nell’abilità deficitaria.

L’idea di software “accessibile” anziché “speciale” pone l’attenzione sugli obiettivi didattici che ci si pro-pone, in relazione a un progetto pensato e strutturato nella sua globalità, all’interno del quale il software occupa il posto di strumento formativo (che tiene conto contemporaneamente del tipo di disabilità dello studente e del tipo di conoscenza che egli deve acquisire).

Pertanto scegliere e utilizzare un software accessibile in ottica inclusiva significa avere la consapevolezza della sua potenziale efficacia, basata su una reale corrispondenza tra la disabilità dello studente (esigenze formativo/riabilitative) e gli obiettivi rieducativi che ci si propone di realizzare.

La logica – fondata sulla facilitazione visuale – che sottende il funzionamento della maggior parte dei software per l’inclusione, è la possibilità di sintetizzare (semplificare) la conoscenza attraverso mappe concettuali e materiali multimediali.

Le ICT per l’inclusione 29

www eipass com