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Le aspettative del celiaco, e l’intervento dell’AIC (Associazione italiana celiachia) Elaborato per l’esame di metodi e tecniche di ricerca qualitativa Anno accademico 2013/14 Alessia Muci

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Le aspettative del celiaco, e l’intervento dell’AIC

(Associazione italiana celiachia) Elaborato per l’esame di metodi e tecniche di ricerca qualitativa

Anno accademico 2013/14

Alessia Muci

Le aspettative del celiaco, e l’intervento di AIC Pagina 2

Premessa:

La celiachia è un’intolleranza permanente al glutine, sostanza proteica presente in alcuni cereali.

L’incidenza di questa intolleranza in Italia è stimata in un soggetto ogni 100 persone.

L’AIC (Associazione Italiana Celiachia) grazie ad una ricerca scientifica auto-commissionatasi due

anni fa, ha constatato l’insoddisfazione dei pazienti celiaci in merito all’offerta alimentare che propone

la società, sicuramente poco sensibile al tema. AIC si propone quindi di verificare lo stato di

insoddisfazione emerso al fine di ottemperare agli obiettivi che l’istituzione stessa si propone, quali:

migliorare la condizione di vita della persona celiaca

diffondere una corretta ed ampia conoscenza dell’intolleranza in oggetto, nella società

Per tali motivi AIC volge a commissionare una ricerca che vada ad indagare i percorsi di vita dei

celiaci, le loro storie, i fattori ottimali e pessimali che li coinvolgono, e le possibili prefigurazioni e

attese di miglioramento a cui gli stessi ambiscono.

L’obiettivo ultimo è generare una campagna di comunicazione per sensibilizzare la società al problema,

spandere la conoscenza dell’intolleranza e ambire in tal modo ad assolvere le mancanze che i soggetti

celiaci accusano.

Oggetto di ricerca:

La ricerca si focalizzerà sulle storie e i percorsi di vita dei soggetti celiaci dal momento in cui sono

venuti a conoscenza dell’intolleranza, fino ad oggi.

L’obiettivo è conoscere la condizione di vita percepita dei soggetti celiaci, andando ad esplorare i

bisogni, i vissuti e le attese degli stessi; approfondire poi queste evidenze, per ridurre le criticità di

giudizio espresse dell’utenza in merito all’offerta alimentare e sollecitare un programma di

riqualificazione dell’offerta stessa, mediante una campagna di comunicazione ideata ad hoc.

FASE STRATEGICA

Obiettivi:

Ci si propone di indagare quindi:

1. Il percorso: le tappe, gli snodi critici

Comprendere tramite la narrazione dei protagonisti il percorso intrapreso da quando i soggetti si

sono affacciati al mondo della celiachia, sino ad oggi.

Le aspettative del celiaco, e l’intervento di AIC Pagina 3

La storia del percorso di vita: presa di coscienza dell’appartenenza all’intolleranza, eventi

significativi e critici, relazione col mondo del consumo, e in particolare relazione con

l’offerta alimentare.

Significati e vissuti relativi all’essere celiaco, al proprio rapporto con l’intolleranza, con gli

enti preposti, e con il contesto dell’offerta alimentare nella società.

2. Vissuti legati al percorso

Costruire le caratteristiche dell’esperienza attuale: i vissuti, le difficoltà riscontrate, i

desideri

Vissuti, difficoltà riscontrate e desideri connessi con l’esperienza attuale dell’intolleranza

(attori coinvolti, eventi significativi, relazione con il mondo del consumo)

3. Prefigurazioni e attese di miglioramento

Generare nuove soluzioni per ridurre le criticità di giudizio emerse dall'utenza e per sollecitare un

programma di riqualificazione dell’offerta alimentare, mediante una campagna di comunicazione ideata

ad hoc.

Bisogni, necessità rilevate, e attese di miglioramento (confronto tra posizioni, analisi e

ottimizzazione dell'esperienza attuale)

→ Gli interventi di miglioramento dipendono in larga dall’evoluzione volontaria e consapevole della società

rispetto al problema indagato.

Per tale motivo, la finalità ultima si dispiega nell’ideare una campagna di comunicazione ad hoc, per

sensibilizzare gli attori coinvolti, al problema.

L’attività dell’AIC può esprimersi nella diffusione di una corretta e ampia conoscenza della celiachia o

in attività di informazione/sensibilizzazione/sollecitazione rivolta agli attori coinvolti nella gestione

dell’offerta di prodotti celiaci nel mondo del consumo. Una campagna di comunicazione efficace,

‘figlia’ dei bisogni e delle necessità rilevate dagli utenti celiaci, può rivelarsi strumento ottimale per

raggiungere l’obiettivo primo della committenza.

Disegno della ricerca:

Si ritiene pertanto necessario stendere un progetto articolato su diversi oggetti di indagine al fine di una

migliore copertura delle domande del Committente. In particolare sembrano essere due gli approcci

maggiormente in grado di generare interrogativi ed oggetti di indagine pertinenti ai bisogni di

committenza del Committente.

Il disegno della ricerca può essere così schematizzato:

Le aspettative del celiaco, e l’intervento di AIC Pagina 4

1° FASE: QUALITATIVA

ESPLORATIVA

Esplorazione mediante metodi

narrativi (prima diagnosi)

Interviste narrative a soggetti celiaci

L'obiettivo è quello di comprendere il

percorso di vita e la storia dei soggetti,

gli eventi critici, i disagi e le difficoltà

riscontrate relativamente all’offerta

alimentare di prodotti gluten free.

2° FASE: QUALITATIVA IDEATIVA

Approfondimento mediante approccio

fenomenologico (dalla diagnosi

all'intervento)

Gruppi ideativi per progettare

soluzioni/servizi

L'obiettivo è quello di prefigurare:

generare nuove soluzioni per ottimizzare

l'offerta (in questo caso la committenza

assimila tali soluzioni per sollecitare a

sua volta gli attori coinvolti. L’obiettivo

ultimo è ideare di una campagna di

sensibilizzazione proposta ad hoc)

Gli aspetti tattici del disegno di ricerca:

FASE QUALITATIVA ESPLORATIVA – APPROCCIO NARRATIVO

Finalità strategica

Come precedentemente accennato questa prima fase esplorativa dell'indagine, basata su un approccio

narrativo, è finalizzata a:

compiere una preliminare esplorazione e comprensione del fenomeno oggetto di studio

Le aspettative del celiaco, e l’intervento di AIC Pagina 5

comprendere gli elementi cruciali dei percorsi di vita dei soggetti target su cui orientare

approfondimenti successivi e specifici, volti a soddisfare le attese di miglioramento dei

soggetti celiaci intervistati

Strumento

Si prevede l'utilizzo di interviste narrative non strutturate, finalizzate alla ricostruzione spontanea

dell'esperienza “celiachia”. L'intervistatore si limiterà a porre domande molto aperte, e sollecitazioni di

approfondimento su dettagli interessanti della narrazione.

Popolazione

L'indagine avrà per oggetto la popolazione italiana maggiorenne, che accusa un'intolleranza al glutine

(celiachia).

Campione

Il campione verrà costruito secondo la logica d'estrazione di soggetti idealtipici, in particolare mediante

il metodo delle esperienze intensive e approfondite, di soggetti che hanno preso coscienza

dell’intolleranza in previa o tarda età, che risultano essere sintomatici o asintomatici, e che vivono in

grandi o piccole città.

Il campione sarà così costituito:

16 soggetti celiaci, compresi tra i 18 e i 35 anni

Iscritti all'Associazione Italiana Celiachia (AIC)

Soggetti che hanno preso coscienza dell’intolleranza, in età previa o tarda

Soggetti sintomatici o asintomatici

Soggetti che vivono in grandi o piccole città.

I soggetti coinvolti sono stati reperiti durante i corsi di formazione condotti da AIC, nella città di

Milano. I soggetti coinvolti sono distinti per residenza in grandi città e/o piccole città, dal momento che

si presuppone l’offerta alimentare possa essere differentemente proporzionata; oltre poi, per presa di

coscienza previa o tarda dell’intolleranza, dal momento che presupponiamo le storie possano avere un

taglio diverso perché diversi sono stati i vissuti.

Campione

Iscritti all'Associazione Italiana celiachia

Presa di coscienza dell'intolleranza

Previa coscienza dell'intolleranza Tarda coscienza dell'intolleranza Totale

Sintomatici Asintomatici Sintomatici Asintomatici

Grandi città 2 2 2 2 8

Piccole città 2 2 2 2 8

Totale 4 4

4 4 16

Le aspettative del celiaco, e l’intervento di AIC Pagina 6

Condizioni di rilevazione

Gli intervistati saranno reperiti durante i corsi di formazione organizzati da AIC nel mese di maggio

2014, grazie ad un'adesione dei soggetti, volontaria.

Ai soggetti saranno spiegate le finalità della ricerca, sarà raccolto il consenso informato e si provvederà

a definire un appuntamento per l'intervista.

Le interviste face to face saranno condotte nel periodo compreso tra giugno e ottobre 2014, presso

l'abitazione dell'intervistato. I colloqui saranno registrati su supporto magnetico e integralmente

trascritti in un momento successivo alla rilevazione. I dati saranno trattati in forma anonima e aggregata

per preservare la privacy dei partecipanti all'indagine.

Analisi dei dati

L'analisi dei dati avverrà tramite un’analisi narrativa classica che fa riferimento alle storie condivise di

un gruppo di soggetti intervistati, analizzandone la struttura narrativa e retorica al fine di descriverne

significati soggettivi ed esperienziali.

L'intervistatore ridurrà al minimo il suo intervento con domande molto aperte, al fine di facilitare la

libera narrazione.

Si condurrà l'analisi quindi, ponendo attenzione a:

Elementi del linguaggio (struttura del testo, sintassi, semantica)

Strategie retoriche (uso d'immagini, metafore, ripetizioni di frase, variazioni del tono d'umore e

della forma di narrazione)

Importanza del modo in cui la storia è costruita temporalmente

Identificazione di una coerenza tra le interviste

Prendendo ad esempio un modello strutturato predefinito di struttura narrativa, andremo ad individuare

e interpretare le componenti narrative che seguono:

Quadro e sequenza temporale (indicatore di eventi significativi, orientamento passato-presente-

futuro)

Attori focali (Ruolo, dimensioni di potere e azione)

Trama e valutazioni (Punti di vista, relazioni sociali)

Genere, altri aspetti retorici (Valori e assunzioni, sentimenti e comportamenti)

Altri indicatori (Altri aspetti di contesto)

Le aspettative del celiaco, e l’intervento di AIC Pagina 7

Previsione impiego risorse, tempi e stima costi

Per la realizzazione di questa seconda fase dell'indagine di prevede di impegnare un'equipe di

lavoro composta da:

1 direttore di ricerca qualitativa

2 assistenti di ricerca qualitativa

2 intervistatori esperti in rilevazioni qualitative

risorse necessarie per l'organizzazione del field da stabilire

Tempi: 30 gg dall’approvazione

Budget previsto: 1500 euro

Output previsti

Sarà redatto e presentato al Committente un rapporto di ricerca preliminare finalizzato a

descrivere le esperienze soggettive dei soggetti celiaci e i relativi percorsi di vita, andando ad

individuare quali gli elementi cruciali di disagio nei riguardi del contesto consumistico, e

dell’offerta alimentare che propone.

Il rapporto sarà integrato con i risultati della fase successiva.

FASE QUALITATIVA IDEATIVA – APPROCCIO FENOMENOLOGICO

Finalità strategica:

Questa fase dell’indagine è finalizzata a:

Comprendere i significati soggettivi attribuiti dagli utenti all’esperienza “celiachia” dal

momento in cui hanno scoperto l’intolleranza al glutine in oggetto, sino ad oggi.

Identificare i frames di esperienza evidenziati in senso positivo e in senso negativo

Lo strumento di rilevazione

Si prevede l’utilizzo di focus group ideativi strutturati, in cui il moderatore avrà modo di utilizzare

tecniche standardizzate per incentivare la discussione, ma soprattutto per sviluppare e facilitare la

produzione di nuove idee. I focus saranno finalizzati alla ricostruzione spontanea dell’esperienza

celiachia e in particolare alla relazione del celiaco con l’offerta alimentare.

Finalità ultima è generare una sufficiente quantità di informazioni che consenta di ideare una campagna

di sensibilizzazione al tema.

Le aspettative del celiaco, e l’intervento di AIC Pagina 8

Si rimanda a pag. () per una proposta preliminare di razionale e traccia della conduzione

fenomenologica.

Popolazione

L’indagine avrà per oggetto la popolazione italiana maggiorenne che accusa un'intolleranza al glutine

(celiachia).

Campione

Il campione – costruito secondo la metodologia della logica d’uso – sarà costituito da soggetti

impiegati in quattro focus group ideativi, condotti in quattro diverse città italiane: due grandi città

(Milano, Roma), e due piccole città (Perugia, Siena) dal momento che l’offerta alimentare che la

società propone può differire notevolmente.

I soggetti verranno distinti poi per previa o tarda presa di coscienza dell’intolleranza. Si presuppone che

le esigenze e le aspettative possano risultare diverse, e differenziate.

Nr. focus

group

Previa presa di

coscienza

dell’intolleranza

Tarda presa di

coscienza

dell’intolleranza

Totale

Milano 1 4 4 Focus 1

Roma 1 4 4 Focus 1

Perugia 1 4 4 Focus 1

Siena 1 4 4 Focus 1

Totale

4 16 soggetti 16 soggetti soggetti 32

focus 4

Condizioni di rilevazione

Gli intervistati saranno reperiti telefonicamente: contattandoli, verranno spiegate loro le finalità della

ricerca, sarà raccolto il consenso informato e si provvederà a definire un appuntamento in data

congiunta per la realizzazione dei n.3 focus group ideativi, progettati. I gruppi di discussione saranno

condotti nel periodo compreso tra settembre e dicembre 2014, presso la sede dell’AIC.

Saranno registrati su supporto magnetico e integralmente trascritti in momento successivo alla

rilevazione. I dati saranno trattati in forma anonima e aggregata per preservare la privacy degli

intervistati all’indagine.

Le aspettative del celiaco, e l’intervento di AIC Pagina 9

Analisi dei dati

Le trascrizioni integrali dei gruppi di discussione saranno sottoposte ad un’analisi fenomenologica del

contenuto volta a cogliere e ricostruire le dimensioni cruciali nella prospettiva dei partecipanti.

L’analisi fenomenologica prevedrà la lettura e rilettura del testo sbobinato, e la seguente analisi in

primo luogo della struttura (solitamente gestita dal moderatore e dall’interazione dei partecipanti) e in

secondo luogo del contesto (evincibile dalle audio-registrazioni condotte.

Previsione impiego risorse, tempi e stima costi

Per la realizzazione di questa seconda fase dell'indagine si prevede di impegnare un'equipe di lavoro

composta da:

1 direttore di ricerca qualitativa

1 assistenti di ricerca qualitativa

3 moderatori esperti in rilevazioni qualitative

risorse necessarie per l'organizzazione del field da stabilire

Tempi: 40 gg dall’approvazione

budget previsto: 2000 euro

Output previsti

Sarà redatto e presentato al Committente un rapporto di ricerca che include un brainstorming di idee e

criticità di giudizio emerse dal gruppo discusso, nonché la comprensione dell’essenza delle esperienze

soggettive congiunte. Questo al fine di raccogliere materiale per generare nuove soluzioni per

ottimizzare l'offerta alimentare di prodotti gluten free per soggetti celiaci.

Le aspettative del celiaco, e l’intervento di AIC Pagina 10

FASE OPERATIVA

Per il progetto in questione, abbiamo scelto di sviluppare la prima fase qualitativo-esplorativa, di cui

seguono razionale e traccia dell’intervista.

RAZIONALE

LA DOMANDA GENERATIVA

“Sto cercando storie di vite personali di soggetti che accusano un’intolleranza al glutine. E vorrei

che mi raccontasse la sua storia. Le propongo, per farlo di iniziare dal momento in cui ha scoperto

di essere celiaca, sino ad oggi, e quanto è successo poi. Cosa è accaduto dopo, com’è cambiato il suo

rapporto col cibo, quali eventi significativi sono accaduti da quel momento in poi. Decida lei quanto

soffermarsi sui diversi momenti di questa storia, quanti dettagli fornire ..tutto quello che lei ritiene

rilevante, lo è anche per me…”

Focus sulla relazione con l’offerta alimentare fuori dalle mura di casa

Fattori critici e aspettative

Grado di soddisfazione/insoddisfazione

Percorso di vita dall’ingresso nel mondo della celiachia ad oggi

a) Episodi/ Eventi significativi b) Personaggi significativi c) Contesti/tempi e luoghi significativi

Esperienza relativa alla relazione con l’offerta alimentare fuori casa

a) Eventi/Episodi prototipici b) Attori/ contesti/ tempi c) Elementi di fatica/desideri

Sbobinatura analisi e intervista Martina, 24 anni,

studentessa che vive a Milano, ma residente in

provincia di Modena. E’ celiaca da quando aveva 18

mesi.

Storia n.1 –11/05/2014

STRUTTURA

NARRATIVA

Quadro temporale A Martina viene diagnosticata la celiachia a 18 mesi. Ha vissuto i progressi e gli

avanzamenti che la società ha predisposto nei riguardi del mondo celiaco, pur non

rivelandosi estremamente soddisfatta ancora oggi. Pone spesso all’attenzione il divario ‘prima’-‘adesso’ accentuando le criticità emerse in passato, le migliorie del presente e le

aspettative che rivolge al futuro.

Attori focali La madre: Gli alimenti senza glutine erano (in passato) estremamente di poco

gusto, e la figura materna, preparando genuinamente gli alimenti, si rivela

essenziale per ovviare a questo problema. Racconta del pranzo pasquale di quest’anno, in cui la madre cucina l’intero pasto senza glutine, e nessuno, nota la

differenza di gusto.

Trama e valutazioni L’intervistata racconta numerosi eventi critici posti lungo il suo percorso di vita celiaco.

La diagnosi previa le ha consentito di cogliere le esperienze pessimali del passato, per apprezzare le esperienze ottimali del presente. Oltre poi, l’essere asintomatica l’ha

portata spesso a porsi in maniera disinvolta nei riguardi degli alimenti, anche poco sicuri

di mancata contaminazione.

L’intervistata racconta con sorpresa e serenità le esperienze all’estero, conscia di quanto

si siano rivelate sempre ottimali, e con un approccio culturalmente diverso a quelle

italiane.

Si dissocia dall’ossessività dei celiaci di recente diagnosi, assuefatta dal problema, e

noncurante talvolta delle possibili contaminazioni.

Le aspettative del celiaco, e l’intervento di AIC Pagina 12

Altri aspetti retorici

(valori e assunzioni)

Martina è contenta di come la società si sia evoluta rispetto al problema, ma non si ritiene affatto soddisfatta della scarsa offerta alimentare fuori dalle mura di casa. Ha delle aspettative, a suo avviso, molto basse, nel senso che non vorrebbe che i ristoranti si attrezzassero per cucinare senza glutine, perché conosce, per esperienza personale, le clausole che questa scelta comporterebbe. D’altro canto aspira ad una più ampia distribuzione, e ritiene che ‘non possa essere un grande problema’ per i ristoratori tenere in dispensa qualche alimento senza glutine, che può conservarsi tranquillamente nel medio termine, da utilizzare all’occorrenza.

L’intervistata sottolinea come non possa fermarsi nel primo bar che capita ogni qualvolta le viene fame in giro per strada, e questo la disarma (elemento critico). Ciò nonostante, ribadisce spesso che molti posti ‘si stanno attrezzando’, e con positività, se ne compiace (desideri).

Il genere della storia risulta quasi romanzato.

Le aspettative del celiaco, e l’intervento di AIC Pagina 13

I: “Sto cercando storie di vite personali di soggetti che accusano un’intolleranza al glutine. E vorrei che mi raccontasse la sua storia. Le propongo, per farlo, di iniziare dal momento in cui ha scoperto di essere celiaca, sino ad oggi, e quanto è successo poi. Cosa è accaduto dopo, com’è cambiato il suo rapporto col cibo, quali eventi significativi sono accaduti da quel momento in poi. Decida lei quanto soffermarsi sui diversi momenti di questa storia, quanti dettagli fornire ..tutto quello che lei ritiene rilevante, lo è anche per me…”

M: Va bene. Allora, intanto, mi chiamo Martina, ho 24 anni. Sono di Modena ma vivo a Milano da un paio di anni. Ho la malattia celiaca da quando avevo 18 mesi. Quindi da subito praticamente, quando è stato inserito il glutine nella dieta da bambina, è comparsa questa malattia. Non sapevano cos’avevo perché 20 anni fa, anzi 25 anni fa non era conosciuta assolutamente. Quindi io ero magrissima con un pancione gonfissimo come i bambini africani praticamente, e il mio pediatra mi ha tenuto due mesi in ospedale perché non sapeva cos’avessi e io ho smesso di camminare, ho smesso di parlare, tutto. Non sapevano assolutamente niente. Ho fatto un paio di biopsie intestinali e quant’altro e sono arrivati alla conclusione della malattia celiaca. Io non mi ricordo assolutamente niente ovviamente ma mia madre si..non è stato proprio un bel periodo, e niente, da allora, sempre dieta assolutamente senza glutine e diciamo che in casa si è sempre fatto due cose differenti, cioè, la cucina con glutine e la cucina senza glutine, nessuno si è messo a mangiare le mie cose. So che ogni tanto si fa per comodità ma a casa mia no, anche perché all’epoca le cose facevano schifo. Non mangiavo il pane perché era duro, i cracker sapevano di cartone, cioè.. mangiavo i dolci, perché erano barrette ricoperto di cioccolato quindi per forza che mi piacevano, però per il resto faceva tutto mia madre.. il pane fatto in casa, le torte fatte in casa, tutto.

All’epoca esisteva una marca, due marche di prodotti, e questi erano la ‘Shar’ e la ‘Biaglut’, queste due. Adesso invece ci sono negozi ovunque, marche di ogni tipo, il mercato si è ampliato abbastanza per fortuna. Infatti in casa non c’è nessun problema, mangio le mie cose tranquillamente, adesso son diventate decenti, anzi, ha fatto la pasta anche la Barilla.. che l’ha mangiata mia madre anche a Pasqua, ed era abbastanza.. cioè.. era uguale a quella normale. Si, il problema sussiste fuori casa, e soprattutto anche in università, in mensa.. queste cose qua,

Legenda:

*Scelte lessicali

*Protagonisti principali

*Partecipanti

*Key words

*Eventi cruciali

*Gergo che riguarda la celiachia

*Elementi personali della propria vita

*Vissuti nei riguardi dell’intolleranza

“All’epoca” si riferisce a vent’anni prima, dal momento che l’intervistata scopre la malattia celiaca a 18 mesi.

Dal momento che gli alimenti senza glutine vent’anni fa ‘facevano schifo’ era la mamma dell’intervistata, a provvedere a cucinare tutto genuinamente per la figlia.

L’intervistata cita le aziende più veterane che producono e commercializzano alimenti celiaci.

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perché tipo ..nella mensa a Modena, così come anche qua a Milano, il riso lo cuociono con lo stesso bollitore con cui cuociono la pasta, quindi si magari un paio di volte lo mangio ma non lo mangio spessissimo perché comunque so che viene cotto nella stessa acqua e quindi c’è il problema della contaminazione. Si mangio in mensa anche se le contaminazioni ci sono un po’ ovunque. Io non sto molto attenta, probabilmente perché avendocela da una vita ormai non ci faccio più caso.. se devo assaggiare un tortellino piuttosto che un pezzo di gnocco, lo assaggio e finisce lì. Però vedo che chi lo trova da adulto, essendo stato male per anni e poi lo scopre da adulto, ha più il problema del tipo “oddio, ma il cacao in polvere, ha il glutine?” “oddio, ma il prosciutto cotto, la marca non è sul prontuario degli alimenti” ..sono molto più attenti a queste cose a cui io non faccio caso sinceramente. Cioè il prosciutto è il prosciutto che sia nel prontuario degli alimenti o no, non mi cambia a me. E….

I: “Mi stavi dicendo che il problema sussiste quando vai fuori casa…”

M: Allora, a casa (Modena) non tantissimo. Quando andiamo fuori andiamo a mangiare carne, o comunque andiamo in posti dove fanno … ristorante proprio. Quindi se non prendo il primo, la carne la mangio tranquillamente. Oppure in pizzeria, o mi porto dietro la pizza, o non ci vado. Anzi la maggior parte delle volte non ci vado. La più vicina è almeno a 25 km quindi magari quando sei in giro, dici, ci fermiamo a mangiare la pizza.. no io non posso perché non ce l’ho dietro.. Qua a Milano è un po’ più comodo.. ho la pizzeria vicino casa che fa la pizza senza glutine, fuori a cena qui non è che ci si va tanto però agli aperitivi cerco di prendere le cose che vedo un po’ più normali….

I: “Ce ne sono a sufficienza?”

M: No..no perché ..anche lì..molti hanno sia la pasta che il riso..il riso lo mangio anche se alla fine non sei sicuro, di secondi, molti hanno le verdure, o grigliate o in padella, e quelle non c’è alcun problema, però la carne è sempre accompagnata da salsa, curry, che comunque di solito è usata la farina per addensare le salse dei secondi e quindi ogni tanto li prendo ma non è proprio sicuro al 100%. Molti posti adesso hanno gli affettati, piuttosto che i formaggi,

Nel momento in cui l’intervistata volge a parlare della celiachia oggi, emerge come “il problema sussista fuori casa”… e introduce il

problema della contaminazione.

Martina risiede nella provincia di Modena, ma vive a Milano da due anni. A Milano l’offerta alimentare è ‘un po’ più comoda’ che a casa, soprattutto perché ha meno l’abitudine di andare fuori a cena, e nell’eventualità, ha in prossimità di casa una pizzeria che fa la pizza senza glutine.

Le aspettative del celiaco, e l’intervento di AIC Pagina 15

così..quelli si va un po’ più sul tranquillo. Però i posti dove fanno molte cose fritte.. lo gnocco, la pizza, così.. diventa poi un problema, perché alla fine te ne vai senza mangiare niente.

Ci sono alcuni posti dove non hanno cose, non carboidrati..

I: “Perché mi hai detto che è rischioso anche col riso?”

M: “Eh..sempre per il fatto che se lo cuociono.. cioè le cucine hanno sempre l’acqua con i bollitori e quindi mettendo il cestello tutto con la stessa acqua, non credo la cambino per fare il riso. Credo, perche comunque.. non vedo posti attentissimi. Però c’è un locale vicino la palestra dove vado, che praticamente in quella via c’è un negozio di cose senza glutine, e quest’inverno al sabato organizzavano l’aperitivo gluten free per le persone celiache, quindi almeno fanno un evento carino, diverso dal solito. Non ci sono andata perché nessuno veniva (rammarico). E poi il problema di qua è che ho i buoni pasto dell’asl di Modena (Emilia Romagna – rimarca -) che non posso usare a Milano (Lombardia). Quindi c’è sempre il problema di viaggiare con le valigie, e tutto, so che alcune farmacie fanno il servizio col corriere.. se tu compri da casa tua, o da Internet, e paghi ovviamente in Emilia Romagna, poi te le spediscono. Non so se gratuitamente perché non l’ho mai fatto però so che c’è questa possibilità. Se rimarrò a Milano, mi informerò. Poi anche negli alberghi dove sono stata..quand’ero piccolina mi portavo in vacanza le cose tipo pasta, pane, te le dovevi mettere in valigia e portare negli alberghi che però erano tutti molto disponibili a farti le cose a parte e quindi cucinavano la pasta, e tutto… adesso molti, anzi quasi tutti se li avverti prima sono attrezzati al riguardo.. ad esempio quest’estate avevo la colazione a parte, il buffet a parte, tutto, quindi adesso sono abbastanza attrezzati gli alberghi, più dei ristoranti probabilmente.. però all’estero da molto prima. Ad esempio abbiamo una guida degli alberghi convenzionati con l’AIC che è l’associazione italiana malattia celiaca, e c’era un albergo in Austria a cui abbiamo scritto per aver informazioni, e in cui in realtà non siamo mai andati, ma ogni tre mesi continuano a scriverci, a mandarci gadget del loro albergo, troppo carini..e loro già all’epoca facevano cucina senza glutine già di loro…parlo di quindici anni fa. Avevo 10, 12 anni. Tre anni fa in Spagna ad esempio, c’erano già i panini dal mc dondald’s tutti i panini senza glutine e invece qua è arrivato tipo quest’anno, l’hamburger normale, e poi tipo chioschetti apposta che facevano cibi senza glutine, di quei bar che trovi sulla strada ed erano già attrezzati quattro anni fa quando sono andata in Spagna. Tra

L’intervistata apprezza con sorpresa che vi sia un posto dove organizzano aperitivi gluten-free.

‘non vedo posti attentissimi’

Fattore insicurezza

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l’altro là fanno anche la birra, l’Estrella, la fanno anche senza glutine, c’è quella normale e quella senza glutine, è partito un po’ da là la questione. All’estero ci sono un po’ meno problemi perché non sono abituati tanto a mangiarsi la pasta, non c’è la cultura, anche in America quando sono andata, non c’è la cultura del primo, quindi all’estero forse trovi anche ..ti trovi anche meglio a mangiare fuori per questo. Però già cinque anni fa quando qua non c’erano le cose proprio nei supermercati, c’erano ancora poche cose, c’era un tipo di pasta, cose così, là c’erano già negozi interi di cose senza glutine sia in Germania che in Spagna e… basta.

I: “Va bene. Ti ritieni soddisfatta di come puoi relazionarti col cibo, con l’offerta alimentare,oggi.. fuori dalle mura di casa?”

M: “Soddisfatta è una parola grossa, diciamo che si stanno ampliando abbastanza bene perché comunque la malattia è più conosciuta, perché adesso veramente tantissimi lo scoprono da adulti, piuttosto che intolleranze temporanee, piuttosto che cose del genere, quindi, la questione è un po’ più sociale, ecco, adesso rispetto a dieci anni fa, che nessuno sapeva cosa avevi. Si stanno attrezzando. Adesso anche al Mc Donald adesso hanno il pane senza glutine e possono farti il panino con l’hamburger senza proprio nient’altro, le patatine hanno sempre garantito fossero senza glutine.. molte gelaterie fanno come Grom che tengono il bussolotto del gelato.. se tu gli dici che sei celiaco non usano quello già iniziato dalle persone, ma lo tolgono e usano quello che hanno sotto così non è toccato dal cono e cose del genere, se uno lo specifica, adesso c’è qualche accortezza in più. Anche al supermercato trovi le cose abbastanza facilmente. Io mi ricordo quand’ero piccolina non avevo i buoni pasto, avevo… tipo… potevi prendere tre chili di roba. Non andava a prezzo, andava a chili. Io dovevo andare dal mio medico di base, dirgli cosa volevo per il mese, mi faceva la ricetta rossa, andavo in farmacia, la farmacia dopo una settimana mi portava le cose.. e così è stato per un bel po’ finchè non hanno introdotto i buoni pasto mensili con le fasce di età e di sesso calcolate in base alle regioni..e puoi spendere non solo in farmacia ma anche dove vuoi.. però all’epoca dovevo andare dal medico di base a fare la spesa..

Però dai, si stanno attrezzando. Il bar dell’ospedale, perché io faccio tirocinio in ospedale, ha i biscotti confezionati senza glutine e si qualcosina, si trova.. adesso ci sono anche dei forni che fanno pasticceria, e pane, li devi cercare… cioè..non puoi andare nel primo bar sotto casa sperando che

L’intervistata pone l’accento sul fatto che I buoni pasto che offre la regione per I soggetti celiaci, siano usufruibili solo nella regione di residenza.

L’intervistata è sollevata dal fatto che in vacanza sia molto più semplice gestire il disagio alimentare dal momento che gli alberghi sono molto attrezzati, e sottolinea come all’estero lo siano già da tempo, gli alberghi, come i ristoratori. Vige una cultura diversa, e molto più sensibile al tema, rispetto all’Italia.

Fattore Estero

L’intervistata nomina diverse insegne commerciali (globalizzate) sensibili al tema.

‘Si stanno attrezzando’ è una scelta lessicale ricorrente nel racconto dell’intervistata. Evidenzia come siano cambiate, e migliorate in meglio, anche le modalità per fare la spesa.

Prima -> Adesso

L’intervistata racconta che vi è un’app che permette di individuare facilmente I posti dove vendono alimenti senza glutine.

Le aspettative del celiaco, e l’intervento di AIC Pagina 17

abbia la pasta senza glutine. Devi guardare, c’è anche l’applicazione sul cellulare adesso dei posti senza glutine, ci guardi e vai.

“Ok, vedi questo miglioramento perlopiù a Milano, o anche a casa (Modena) visto che mi dai l’opportunità di chiedertelo?”

M: A casa si, parliamo di città. Parliamo di Modena. Non parliamo del mio paesino sperduto di campagna, con 8.000 abitanti. A Modena si sono attrezzati con un forno anche lì, immenso, che fa pasticcini, puoi ordinare di ogni, e si, nelle città si..nei paesini è un po’ più difficile, ti parlo o di Carpi o di Modena che sono abbastanza grandi, non come Milano, però Modena è una provincia, è una città abbastanza grande.

I: “ti faccio un’ultima domanda. Cosa ti piacerebbe aver in più? Cosa ti aspetteresti?”

M: Sicuramente la distribuzione più ampia, nel senso che io devo già sapere prima dove voglio andare a cena piuttosto che andare a fare colazione, e non posso dire, sono in giro, ho fame, mi fermo qui perché sono vicina qui.. un minimo di servizio anche a livello generale… non dico solo di cose fresche..o.. ci sono anche cose confezionate che ti tieni lì..ti tieni lì il sacchetto di brioche.. se viene qualcuno hai qualcosa da dargli da mangiare, piuttosto che il pacchettino di tarallini, di cracker, così.. almeno hai qualcosa tra cui scegliere… invece no. Mi è capitato per caso usciti dalla discoteca, quand’ero a casa, in mezzo alla campagna proprio, “ah, andiamo a far colazione, andiamo a far colazione!” alle 5 del mattino, il primo bar aperto, e aveva le paste senza glutine (sorpresa) ..ride. Il primo bar che trovo in 25 anni, perché credo di non aver mai mangiato un cornetto al bar e l’ho trovato alle 5 del mattino in mezzo a strada. C’è il miglioramento ma non tutti hanno queste accortezze. Si. Che comunque la marca “bellifreschi” si chiama le cose si conservano, per una settimana..se non le mangi subito in frigo le puoi tenere, in freezer ti durano anche un mese.. credo che per un ristoratore non sia un grande spreco tenersi cinque brioche e cinque pezzi di gnocco in freezer e la volta che ti capita ce l’hai. Non mi sembra uno sforzo così immenso da fare. Non dico proprio fargli perché so che l’asl fa molti controlli, per chi fa le pizze o il pane senza glutine, deve avere due forni, due cucine, deve avere due bancali, per lavorare, quindi la parte di lavoro no, non me l’aspetto, non mi aspetto che si ampli così tanto, però la parte delle cose confezionate, dovrebbe arrivare un po’ più ovunque. Non lo pretendo per esperienza

L’intervistata fa emergere le proprie aspettative.

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personale perché un nostro amico pizzaiolo già quindici anni fa voleva fare la pizza senza glutine, me l’ha fatta un paio di volte, buonissima, ma poi l’asl non gli ha permesso di farlo a menu..a tutti.. perché ci sono delle regole molto strette per questa cosa, perché effettivamente già che hai le mani sporche di farina, e poi tocchi le cose senza glutine, son contaminate. Cioè.. e quindi.. vorrei che arrivasse un po’ ovunque ma capisco anche come la situazione sia più complicata di così.

I: “Va bene, Martina, grazie mille per la tua disponibilità”

L’intervistata crede che non possa essere un grande problema per un ristoratore tenere con sé pochi alimenti senza glutine, eppure questo non accade.

Sbobinatura analisi e intervista Sabrina, 32 anni,

impiegata presso uno studio commercialista, residente

in provincia di Cremona. E’ celiaca da un anno e

mezzo circa.

Storia n.2 – 20/05/2014

Autore: Sabrina, 32 anni, celiaca

STRUTTURA

NARRATIVA

Quadro temporale A Sabrina viene diagnosticata la celiachia a 30 anni. Una volta iniziati ad accusare dolori

intestinali e fastidi della pelle, e fatti i dovuti controlli, le è stata diagnosticata la

predisposizione genetica all’intolleranza. Sabrina rivela una conoscenza pregressa

dell’intolleranza.

E’ insoddisfatta dell’offerta alimentare che offre la società, soprattutto fuori dalle mura di

casa, e dell’ignoranza che vige rispetto al problema.

Attori focali La sorella

La sorella viene nominata più volte nel corso del racconto di Sabrina. E’ il ponte fra lei e

l’intolleranza. Conoscenza, abitudini e stile di vita del celiaco sono riconducibili alla

figura fraterna.

Un’amica

Il ruolo dell’amica subentra nella seconda fase del racconto. L’amica, anche lei celiaca,

gestisce un negozio alimentare specializzato per celiaci. E’ il negozio dove Sabrina

predilige l’acquisto degli alimenti e il consumo del ticket offerto dalla regione. Sabrina racconta che l’amica ha scoperto di essere celiaca (asintomatica) nel momento in cui

cercava invano di avere un bambino. La celiachia le ha comportato la sterilità.

Questo fattore genera una fonte di sollievo per l’intervistata, e per la tipologia di

intolleranza, sintomatica.

Le aspettative del celiaco, e l’intervento di AIC Pagina 20

Trama e valutazioni Sabrina racconta numerosi eventi critici del suo percorso di vita celiaco. Tante esperienze

pessimali, e pochi accenni ad esperienze ottimali. In numerosi ristoranti, locali e fast-food

la conoscenza del disagio celiaco, è pessima, perlopiù incompleta. Il fatto che

nell’alimento non vi sia glutine, non è esemplificativo del problema accusato. Sabrina evidenzia come il problema principale sia relativo alla contaminazione degli alimenti,

problema che il più delle volte la società ignora, e che le causa frequenti disturbi.

L’intervistata lamenta soprattutto la pressoché scarsa offerta alimentare che le si propone,

in particolar modo nelle piccole città.

D’altro canto il problema non sussiste a suo avviso, all’estero, sia per la tipologia di cibi

di frequente consumo, che per l’attenzione e il riguardo degli ‘addetti ai lavori’.

L’intervistata è felice della sua indipendenza nel preparare genuinamente i cibi, dal

momento che questo le permette di risparmiare sull’acquisto di prodotti gluten-free, i cui

prezzi risultano a suo avviso, esorbitanti. Non solo. Dopo un anno e mezzo di dieta dai lievitati, e di pranzi scissi tra lei e la sua famiglia, o i suoi amici, Sabrina si ritiene felice

di come è in grado di preparare un pasto senza glutine, e senz’altro di gusto, ‘uguale per

tutti’.

Crede infine che l’ignoranza (‘nella completa accezione del termine’) della società al problema, sia colmabile mediante un’assidua e costante formazione della società al

problema.

Le aspettative del celiaco, e l’intervento di AIC Pagina 21

Altri aspetti retorici

(valori e assunzioni)

Sabrina presenta un tono:

Allibito, dalla noncuranza e dall’ignoranza della società al problema (medici, ristoratori ecc.)

Rassegnato, all’idea che si possa gestire il problema della contaminazione Infastidito, all’idea che l’hamburger di un fast-food possa essere più ‘sicuro’

di un piatto di riso in un’osteria di paese Sorpreso, dell’approfondita conoscenza estera del problema, nonostante la

mancata presenza di un’associazione apposita che ne curi le dinamiche Adirato dall’idea che l’agevolazione economica offerta sia diversa di regione

in regione Deluso dal fatto che la celiachia venga percepita come una malattia, dai

celiaci in primis, e dalla società poi.

Il genere della narrazione risulta traumatico.

Le aspettative del celiaco, e l’intervento di AIC Pagina 22

Testo della storia:

I: “Sto cercando storie di vite personali di soggetti che accusano un’intolleranza al glutine. E vorrei che mi raccontasse la sua storia. Le propongo, per farlo di iniziare dal momento in cui ha scoperto di essere celiaca, sino ad oggi, e quanto è successo poi. Cosa è accaduto dopo, com’è cambiato il suo rapporto col cibo, quali eventi significativi sono accaduti da quel momento in poi. Decida lei quanto soffermarsi sui diversi momenti di questa storia, quanti dettagli fornire ..tutto quello che lei ritiene rilevante, lo è anche per me…”

Io l'ho scoperto un anno e mezzo fa, diagnosticata di recente. Mia sorella è stata diagnosticata sette anni fa, quando ho iniziato a stare male hanno iniziato a fare i controlli più approfonditi ed è venuto fuori praticamente la predisposizione genetica, quindi il passo successivo è stata la gastroscopia e da lì la diagnosi ufficiale. Associata alla problematica intestinale c'è anche.... io soffro anche di dermatite herpetiforme, che è poi la celiachia della pelle. Dunque, è un problema ... io ho il più alto grado di allergia..e il mio problema è poi spesso aldilà dei dolori perchè sono sintomatica, sono dei problemi che sono dermatiti, herpes, e ...problemi di quel tipo. Per me è problematico uscire di casa. So che tutte le volte, anche se mi assicurano "Non ti preoccupare, vai tranquilla, sappiamo quello che c'è da fare" .... nove su dieci poi io sto male. L'ultimo quindici giorni fa, siamo andati al ristorante per un pranzo di famiglia - avevano avvisato - quando io ho chiesto semplicemente alla cameriera se potessi mangiare gli affettati che c'erano in tavola piuttosto che cetriolini, quelle cose lì.. è andata a chiedere, è tornata indietro, mi ha guardata allibita dicendomi "si.. beh.. non dovrebbe succederle niente" e già il 'dovrebbe' per me è un problema, perchè o è si, o è no, e poi mi ha risposto "e poi comunque dipende dal suo grado di intolleranza" ..alche io ho capito che non sapevano con che cosa avessero a che fare perché io non sono intollerante.. o sei celiaco o non lo sei.. poi puoi essere sintomatico o asintomatico ma se lo sei, lo sei, punto. Che io abbia una reazione in quel momento o che non ce l'abbia, comunque il mio intestino ne risente, e io ci metto dei mesi a smaltire il glutine che ingerisco. Non ho toccato nulla finché non è arrivato un cuoco che mi ha detto "lei il risotto lo può mangiare" e io gli ho risposto "è sicuro? perchè io son stata male un mese fa con il risotto in un ristorante.." .. mi ha guardata e mi ha detto "signorina, ma il risotto è risotto,

Legenda:

*Scelte lessicali

*Protagonisti principali

*Partecipanti

*Key words

*Eventi cruciali

*Gergo che riguarda la celiachia

*Elementi personali della propria vita

*Vissuti nei riguardi dell’intolleranza

Emerge il fattore SICUREZZA/INSICUREZZA: Il soggetto celiaco non può dar credito ad un condizionale. Un alimento gluten-free, dev’essere libero da qualunque contaminazione.

Tono determinato: chi è il celiaco? Necessità di definire l’identità dell’intolleranza.

Frame temporale

Descrizione del

problema

Le aspettative del celiaco, e l’intervento di AIC Pagina 23

non ha glutine!" e di nuovo mi son convinta che non sapevano di cosa stessi parlando perchè se il risotto me lo giri con il mestolo con cui hai girato la pasta non va bene, se il risotto me lo cuoci con un brodo granulare che non è autorizzato, non va bene ..e infatti prontamente all'una e mezzo ho mangiato il risotto e alle quattro son dovuta scappare a casa, sono stata male tutta la notte, mi è venuta la dermatite, e l'ho pagata per i tredici giorni successivi. Un risotto. E non mi è neanche piaciuto (ride).. a quel punto mi mangiavo una pizza che mi dava più soddisfazione. Però.. Sabato abbiamo un matrimonio e mi hanno assicurato che problemi non ce ne sono, però io son sempre sul 'chi va là' .

I: Mi hai detto della ristorazione. E nei locali da aperitivo?

S: eh l'aperitivo lo prendo..nel senso che so che l'aperol è in prontuario, il campari è in prontuario. Vado, mi assicuro e controllo la bottiglia che usano, chiedo conferma, facendo presente il problema e quindi l'aperitivo me lo bevo ma io un salatino non lo tocco, perchè la ciotola può essere contaminata. Io non ho modo di controllare l'etichetta ovviamente, non posso nemmeno chiedere agli altri "Lavati le mani perchè hai toccato quello che è contaminato, perchè poi devi toccare il mio che non lo è." Anche se può essere un semplice pop corn e quello non ha glutine e di per sè può andare bene, eeh.. se però viene prodotto in uno stabilimento dove utilizzano glutine può essere contaminato quindi devo sperare che non lo sia, se per caso comunque sia chi mangia glutine, tocca poi nella ciotola, io non lo posso più toccare.. ma anche la stupidata..se a casa mia mio marito sta mangiando il pane, normale, e poi mette le mani nel sacchetto delle patatine, senza glutine, io quel sacchetto non lo posso più toccare. E.. tanti pensano a "elimino il glutine dall'alimento..va bene". Ma il grosso del problema del celiaco è la contaminazione. Un piatto di verdure grigliate può essere un problema se lo grigliano su una piastra dove prima hanno fatto una bruschetta. Ma in tanti purtroppo non ci pensano..

I: Come vorresti che si risolvesse questo problema?

S: La formazione, formazione formazione formazione e formazione.

A me dà fastidio che io possa essere più sicura in un mc donald's a mangiarmi un panino perché lì c'è che non in una

Si riferisce al problema della “contaminazione” (accidentale) da glutine, che andrà a spiegare subito dopo.

L’intervistata è arrabbiata, ma allo stesso tempo rassegnata: la noncuranza e l’ignoranza del cuoco, le hanno comportato fastidi e dolori, per i tredici giorni successivi all’evento critico narrato.

Si riferisce al prontuario degli alimenti: è una pubblicazione edita con frequenza annuale che raccoglie gli alimenti idonei al consumo da parte del soggetto celiaco.

Il problema della “contaminazione” emerge accidentalmente anche fra le mura di casa.

L’intervistata è convinta che la parola chiave per la risoluzione del problema sia ‘formazione’.

Sottolinea come sia più sicuro mangiare in un fast-food la cui insegna è ‘globalizzata’ che in un’osteria di paese.

Le aspettative del celiaco, e l’intervento di AIC Pagina 24

qualunque osteria di paese dove mi piacerebbe tanto andare. Io ci vado ma guardo gli altri mangiare.

I: Sei mai stata soddisfatta di un pasto fatto dall'inizio alla fine?

S: Solo ed esclusivamente in posti in cui sono andata sapendo che erano attrezzati, o anche se non certificati con AIC che comunque sia, eh..posti in cui mi dicono "conosciamo il problema e quindi.." MI è successo, e non sono stata male, e mi è piaciuto quello che ho mangiato. Perché mangiare senza glutine non significa mangiare senza gusto. Chiaro, inizialmente devi abituarti a gusti diversi e devi trovare, soprattutto quando cucini tu, gli ingredienti giusti, per fare le cose di prima con lo stesso sapore. Magari non sarà identico, però a distanza di un anno e mezzo posso dire che spesso e volentieri vengono gli amici a cena, cucino e non si accorgono che io ho cucinato senza glutine. Capita che io faccia la pasta, porto i piatti in tavola agli altri e poi porto il mio e, giusto l'altra sera un mio amico mi ha detto: "e tu, non te lo fai il piatto?" .. io non avevo ancora risposto e l'altro gli fa "no no ma lei non può".. io l'ho guardato e gli ho detto "no no posso, è lì il mio piatto, adesso lo prendo". Dava per scontato che l'avessi fatto a parte per loro. Io normalmente cerco di cucinare uguale per tutti, prima facevo separatamente ma è veramente un pasticcio.

(riceve una telefonata, decide di non rispondere)

I:Mi parlavi di abitudine. Ci hai messo tanto ad abituarti?

S:Si, ci ho messo taa (sospende la frase)..io adesso sto riprendendo peso perché mangiando senza glutine, gli alimenti, soprattutto quelli confezionati, anche soltanto il mix di farine, sono molto carichi di zuccheri, e di grassi perché cercano di andare a sopperire la mancanza del glutine che di fatto aiuta a gonfiare, aiuta in tantissime cose il glutine. Uno non ci pensa finchè non si trova a combattere il problema, però io mi son sposata nel 2010 che pesavo 64 kg e adesso che ho ripreso un pò di peso, ne peso 56. Perchè inizialmente tra il fatto che stavo male, e poi mi era passata proprio la voglia di mangiare perchè le cose che mangiavo non mi piacevano. Io che ero una mangiona, da buona terrona, eh..quindi per me la pasta, la pizza, il pane, le focacce, tutte quelle cose .. io vivevo per i lievitati. Per me è stato un trauma dover passare davanti al fornaio e non fermarmi a prendere un trancioEcco, quelle cose, mi son mancate tanto. MI mancano anche adesso.. però una volta

Esperienze ottimali, solo in posti certificati da AIC, o in luoghi dove il problema è realmente conosciuto e riconosciuto.

“Mangiare senza glutine non significa mangiare senza gusto” è l’espressione che l’intervistata decide di usare e che esplicita la difficoltà riscontrata nell’abituarsi al nuovo gusto, e allo stesso modo, la propensione e l’amore per la cucina.

In famiglia l’intervistata cucina senza glutine per tutti.

L’intervistata inserisce un elemento molto importante della sua vita personale. Il trauma seguito alla diagnosi della celiachia le ha comportato una spropositata perdita di peso e appetito.

Le aspettative del celiaco, e l’intervento di AIC Pagina 25

alla settimana vado nel mio negozio specializzato per celiaci, passa il fornaio che porta pane fresco, pizza fresca e io mi compro il mio trancio. Però non è una cosa che posso fare liberamente. Quello si, mi manca, e mi manca anche il fatto, e mi dispiace anche il fatto che se io vado all'estero ho notato che sono più preparati pur non avendo associazioni dedicate, come noi che abbiamo l'AIC. Comunque sia c'è una conoscenza più approfondita del problema. Per dirti, giusto qui a febbraio ero a Londra e lì ho potuto chiedere tranquillamente di farmi un panino, un hamburger con il mio pane..perchè io quando vado via porto sempre i miei sacchettini con le mie monoporzioni che vendono con dentro le due fette di pane. Quando io ho chiesto questa cosa, prima ancora che io domandassi che la griglia fosse pulita, in un normalissimo pub, niente di lusso, mi hanno detto subito loro "controlliamo se possiamo e se la carne va bene!" Mi ha sorpreso perchè io lì per lì mi stavo accontentando di mangiare un panino così, e poi alla fine, la tenti, perchè altrimenti non mangi nulla. Adesso qui a giugno torno a Barcellona e io a Barcellona non ho mai avuto problemi. Ci sono tantissimi locali ma anche dal ristorante che fa tapas piuttosto che quello che fa solo paella, conoscono il problema e sanno quello che devono fare. Io non sono mai stata male. In Germania sono andata a trovare dei miei amici, uno che vive a Berlino, l'altro che vive a Monaco, e io son stata bene. Perchè, qui?.... eh, vengo a Milano a trovare mia sorella che è celiaca, lei mi porta nei ristoranti che sa, che son certificati, o che comunque sia sono ..ce ne sono tanti a Milano di ristoranti o locali specializzati per celiaci, dalle risotterie, alle bruschetterie.. qui vado tranquilla. Appena appena ti allontani dalle grandi città....... Io se voglio mangiare un gelato devo andare a Cremona da Grom, o venire a MIlano da Grom. Un gelato, non lo posso mangiare.

Le gelaterie ti dicono, "si ho il gelato senza lattosio"..si ma non è solo il lattosio il mio problema purtroppo!!!

Io conosco bene il problema da quando abbiamo scoperto che mia sorella era celiaca, comunque ero ancora in casa, mia mamma preparava per lei e quindi sapevo.. poi quando mi sono sposata anche quando mia sorella veniva da me, era un tutto senza glutine. Quindi c'era lo stipetto nella dispensa dedicato a lei... l'ho ampliato (ride). Però che ne so, già le facevo il dado in casa perchè con quello che costa.... io la prima cosa che ho comprato quando mi sono sposata è stato il bimbi, perchè cucinando tanto ed essendo un'appassionata di cucina, era la prima cosa che volevo avere in casa. Quindi tante cose già le facevo, abituarmi però io a mangiare in quel modo...che soltanto la mattina, alzarmi e prepararmi la schiscetta per andare al alvoro

L’intervistata fa notare che all’estero sono molto più preparati e consci del problema celiaco e racconta le sue esperienze in merito.

L’intervistata sottolinea come all’estero non sia mai stata male per disturbi celiaci.

E usa l’espressione “Perché, qui..?” .. si? Non si spiega come in Italia il problema possa essere più rilevante nonostante la presenza di un’associazione apposita volta a promuovere e sollecitare la sensibilizzazione nei riguardi del problema.

Sottolinea inoltre come anche a Milano la difficoltà a trovare luoghi in cui consumare alimenti gluten-free sia remota, rispetto alla piccola città in cui vive.

Emerge la scarsa offerta alimentare delle piccole città, e l’ignoranza implicita di tale poca offerta.

L’intervista narra come la conoscenza pregressa del problema, già diagnosticato alla sorella, le ha facilitato la preparazione di alimenti gluten-free, nonostante l’abitudine a prepararli per se stessa, si sia rivelata graduale, e difficoltosa.

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perchè non torno, all'inizio era difficile perchè non potevo prendere un panino e via..

I: Mi dicevi 'per quello che costa....' .. che intendi?

s: eh..tasto dolentissimo. E' vero che noi in Italia abbiamo questa agevolazione del ticket, non ho ancora capito secondo quale criterio in Lombardia, ha un valore e in un'altra regione può avere un altro valore. Mio cugino che ha due figli celiaci in piemonte, riceve un buono da 120 euro a bambino, maschio/femmina, perchè io ne devo avere 98, quando se mio marito fosse celiaco ne prenderebbe 120? Dove sta scritto che io mangio meno? Perchè? E quella è una cosa. L'altra cosa è che non esiste al mondo per me che io un chilo di farina lo debba pagare sei euro. Quelli sono i prezzi che girano. E io adesso per fare i mix piuttosto che per farmi le farine semplici, uso il bimbi e le trito.. Compro il riso e mi faccio la farina di riso, compro la farina di mais normale per la polenta, e la sminuzzo e la faccio fina per poterla usare negli impasti, ho comprato in farmacia la gomma xantana per fare i lievitati con i mix, mettendomi io insieme i mix di farine, così risparmio qualcosa e il mio buono da 98 euro lo uso per comprare la pasta, piuttosto che prodotto surgelato da tenere in casa, anche la cotoletta, quelle cose..però laddove posso fare da sola, faccio da sola. E' un bagno di sangue. Facendo così grossomodo i soldi bastano..c'è magari quel mese che sforo il budget del mese e nel negozio direttamente mi vanno a scalare l'eccedenza sul mese successivo: o li pago o se non li voglio pagare me li scalano direttamente dal ticket seguente. Altra questione è che io tieni presente che vivo sotto Cremona, e per poter comprare nel negozio dove mi servo, che tra l'altro è il negozio di una mia amica, anche lei celiaca, ho dovuto fare richiesta di trasferimento del buono sotto Bergamo perchè lei sta a Bergamo. Lei che vive sotto Cremona, prima non c'era questa cosa del trasferimento, e lei non poteva comprare nel suo negozio. Lei il suo buono non lo poteva spendere nel suo negozio. Però io devo fare il trasferimento, quindi se io per caso ho bisogno di qualcosa e vado nella farmacia per comprare un prodotto, non lo posso usare il ticket, non ha senso. Dovrebbe essere una cosa nazionale, non che per cremona, sotto la lombardia son celiaca, e non lo sono più sotto Bergamo, queste cose non le concepisco.

I: Mi hai detto formazione, cos'altro consiglieresti di fare? Alla società, al mondo consumistico...

L’intervistata non si spiega la disparità del valore del ticket offerto da regione in regione. Presenta un tono amareggiato.

Evidenzia inoltre come i prezzi degli alimenti gluten-free siano esorbitanti.

“Non esiste al mondo”

“E’ un bagno di sangue”

L’intervistata non si spiega perché i ticket offerti dalla regione, siano per l’appunto, regionali.

“Dovrebbe essere una cosa nazionale!”

Le aspettative del celiaco, e l’intervento di AIC Pagina 27

S: eeeh..al mondo in generale, ma soprattutto anche ai celiaci. Perchè ok, è una condizione che sicuramente ti preclude delle possibilità ma non è una malattia..tanti la vivono come una malattia ma non è una malattia. Secondo me non lo è. Non voglio paragonarla ad abitudini alimentari che per scelta ha chi decide di non mangiare cose.. il vegetariano, il vegano e quant'altro... però ci sono tante persone che convivono comunque con delle altre allergie semplicissime come può essere quella al lattosio, che ho, però ci sono gli allergici alle uova, ci sono gli allergici alla frutta guscio,ci sono tante altre cose che danno allergia, però non hanno le agevolazioni che abbiamo noi. E' vero, la nostra è una malattia autoimmune, e ti crea alla lunga anche dei problemi importanti, se non curata. Io infatti dico spesso, son contenta di essere sintomatica. Se fossi asintomatica magari, me ne sarei accorta di essere celiaca quando sarebbero insorti problemi più gravi. La mia amica ha scoperto di essere celiaca quando cercavano un bambino, la gravidanza non arrivava e non arrivava, lei è sterile. Perchè la celiachia purtroppo porta anche a quello. Ma lei era asintomatica. Ioo, dico mi dispiace certe volte quando al ristorante gridano "Per chi è il piatto diverso?" Non è una cosa.... fai finta che io abbia scelto.. ti abbia chiesto appositamente una cosa differente perchè.. non sono malata, non è contagioso, perchè c'è chi pensa anche quello, per il resto io penso solo che ci sia tanta ignoranza, ma nell'accezione completa del termine, non con cattiveria ma proprio perchè....a me è capitato anche nei gruppi di facebook, ne abbiamo tantissimi tra di noi, ci scambiamo le ricette, ci diamo i consigli, prova questo prodotto, ma io cercavo un frullino che non si rompesse una volta che lo metti nel latte, cose che possono sembrare stupide per gli altri ma che per me non lo sono.. e tanti certe volte se ne escono con delle domande che ti fanno dire "maa tu sei il malato, dovresti essere..cioè buh" magari son quelli che sono appena diagnosticati ma altri che son celiaci da una vita e che ti dicono "mah, il mio dottore mi ha detto che una volta ogni tanto fa anche bene mangiare glutine così il mio corpo non si disabitua. Ma cosa vuol dire? Il tuo corpo lo rigetta il glutine. (ride) Cosa vuol dire?

Dottori che - anche il mio dottore - che quando gli dicevo devo fare i controlli, i test..il gastrointerinologo pensa che.. e mi ha risposto "No secondo me non sei celiaca, perchè hai un bel colorito." .. "No vabbè ma io questo colorito ce l'ho dalla nascita, non è che (ride)" "No di solito il celiaco è giallognolo" .

Nè io nè mia sorella siamo giallognole e non lo siamo mai state (ride)

L’intervistata ha un approccio positivo nei riguardi della celiachia. Le piacerebbe che fosse pensata da chiunque come una scelta alimentare, e non come un vincolo.

L’intervistata narra di una comunità di celiaci che scambia online consigli, pensieri, norme, anche banali, ma che per lei non lo sono.

Senso di appartenenza: “ci scambiamo”, “ci diamo” “siamo tantissimi tra di noi”

Le aspettative del celiaco, e l’intervento di AIC Pagina 28

La parola chiave è ignoranza. Ce n'è proprio tanta. Anche per gli addetti ai lavori.

I: Va bene, Sabrina, grazie mille.. per me è tutto. Volevi aggiungere qualcos’altro?

S: No, grazie a te..se posso essere utile per questo, ben venga.

Le aspettative del celiaco, e l’intervento di AIC Pagina 29

Comunicazione risultati

Segue un’accurata restituzione dei risultati della fase di ricerca qualitativo-esplorativa (effettivamente svolta ai fini dell’esame).

E’ stato possibile eseguire due interviste narrative, di cui sopra sbobinatura e analisi.

La restituzione dei risultati sarà coerente col metodo narrativo scelto.

Restituzione interviste

Le protagoniste delle due interviste narrative sono Martina e Sabrina, rispettivamente 25 e 32 anni. Martina risiede nella provincia di Modena, ma vive e studia da due anni a Milano, mentre Sabrina è della provincia di Cremona, città in cui risiede e lavora.

Le due interviste ci hanno dato modo di rivelare due facce di una stessa medaglia: la celiachia. Martina è stata diagnosticata celiaca quando aveva 18 mesi (previa presa di coscienza dell’intolleranza) mentre Sabrina solo da un anno e mezzo (tarda presa di coscienza dell’intolleranza). La prima è asintomatica, la seconda intervistata, sintomatica.

Come si può notare dal fluire delle due interviste, Martina è molto concentrata nel raccontare il suo passato, e soprattutto il suo percorso di vita celiaco col passare degli anni, le difficoltà riscontrate, le criticità emerse, e i cambiamenti decisamente significativi, intervallati dalla società. Racconta che non ricorda molto del momento in cui le hanno diagnosticato l’intolleranza, ma che non fu un bel periodo, soprattutto per la madre. Venticinque anni fa non si aveva la minima idea di cosa fosse la celiachia e l’unico sintomo che l’intervistata presentava era il fatto “che fossi magrissima con un pancione gonfissimo come i bambini africani praticamente”. La metafora risulta essere alquanto esemplificativa, e l’immagine richiamata, emblematica. Il suo discorso presenta un linguaggio scorrevole e fluente, quasi intimo.

Sabrina invece (probabilmente per la recente presa di coscienza dell’intolleranza) risulta essere molto più coinvolta dal problema, e nel corso dell’intervista, con un tono deciso e propositivo, tende spesso a definire

l’identità del disagio in oggetto: chi è il celiaco, e chi non è, cosa è o non è la celiachia. Lo fa con affermazioni del tipo “non è una malattia.. tanti la definiscono come tale ma non lo è” “io non sono intollerante.. o sei celiaco o non lo sei.. poi puoi essere sintomatico o asintomatico ma se lo sei, lo sei, punto”, nonostante subito dopo in riferimento alla cultura del celiaco, usi un’accezione senz’altro contraddittoria "maa tu sei il malato, dovresti essere..”.. intendeva ‘preparato’, ‘acculturato’. Ma usa l’accezione ‘malato’.

A proposito della cultura celiaca, emergono elementi interessanti in entrambe le narrazioni. Martina evidenzia come nei gruppi Facebook (sempre più numerosi), possa emergere la mancata cultura celiaca dalla banalità delle domande poste, travestite da una forte insicurezza di alcuni soggetti, magari recentemente diagnosticati. Cita frasi del tipo “oddio, ma il cacao in polvere, ha il glutine?” “oddio, ma il prosciutto cotto, la marca non è sul prontuario degli alimenti”.

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E altri esempi indotti da Sabrina rimarcano quanto appena detto “mah, il mio dottore mi ha detto che una volta ogni tanto fa anche bene mangiare glutine così il mio corpo non si disabitua. Ma cosa vuol dire? Il tuo corpo lo rigetta il glutine. (ride) Cosa vuol dire?”

Entrambe fanno notare quindi, con tono saccente, come la celiachia sia un tema la cui cultura relativa, risulta essere alquanto approssimata, per i soggetti celiaci in primis, per il mondo medico e per la società e l’offerta alimentare che offre, propone e commercializza.

Martina è meno preoccupata dal problema, sia per una questione d’abitudine (convive con la celiachia da quando era piccola) sia perchè nel caso in cui assumesse accidentalmente glutine, non accennerebbe a sintomi preoccupanti: “Io non sto molto attenta, probabilmente perché avendocela da una vita ormai non ci faccio più caso.. se devo assaggiare un tortellino piuttosto che un pezzo di gnocco, lo assaggio e finisce lì.” “Il riso lo mangio anche se alla fine non sei sicuro..”

D’altro canto l’approccio di Sabrina, è completamente differente. Essendo sintomatica, ha molte più remore nell’affrontare il disagio con serenità “Che io abbia una reazione in quel momento o che non ce l'abbia, comunque il mio intestino ne risente, e io ci metto dei mesi a smaltire il glutine che ingerisco.” “il mio problema è poi spesso aldilà dei dolori perché sono sintomatica, sono dei problemi che sono dermatiti, herpes, e ...problemi di quel tipo. Per me è problematico uscire di casa. So che tutte le volte, anche se mi assicurano "Non ti preoccupare, vai tranquilla, sappiamo quello che c'è da fare" .... nove su dieci poi io sto male.”

Entrambe sottolineano come il disagio alimentare sia accusato in larga parte fuori dalle mura di casa, in maniera disparata in ristoranti, locali, pub ecc.. Focus principale ricade sul tema della contaminazione, risultante una parola chiave della storia di entrambe. Sabrina in particolare ci spiega come un semplice condizionale possa essere inaccettabile: “non dovrebbe succederle niente” le dicono.. eppure il discorso è alquanto semplice. L’alimento non dev’essere solo privo di glutine, bensì privo di qualunque contaminazione: “se il risotto me lo giri con il mestolo con cui hai girato la pasta non va bene, se il risotto me lo cuoci con un brodo granulare che non è autorizzato, non va bene” …”tanti pensano a "elimino il glutine dall'alimento.. va bene". Ma il grosso del problema del celiaco è la contaminazione. Un piatto di verdure grigliate può essere un problema se lo grigliano su una piastra dove prima hanno fatto una bruschetta” E così, mille di questi esempi. Sabrina è arrabbiata perché vige tanta ignoranza in merito, e gli effetti li subisce sulla propria pelle.

Martina risulta invece rassegnata e poco attenta alle mancanze del sistema. Il suo tono è pacato, rassegnato.

“.nella mensa a Modena, così come anche qua a Milano, il riso lo cuociono con lo stesso bollitore con cui cuociono la pasta, quindi si magari un paio di volte lo mangio ma non lo mangio spessissimo perché comunque so che viene cotto nella stessa acqua e quindi c’è il problema della contaminazione. Si mangio in mensa anche se le contaminazioni ci sono un po’ ovunque.”

Martina auspica ma non esige un miglioramento, perché un miglioramento l’ha già visto. E’ figlia di un sistema in cui gli alimenti gluten-free facevano schifo, e per mangiare doveva ricorrere alla cucina genuina della madre. E per acquistare gli alimenti doveva ricorrere alla prescrizione del medico di base. Non è soddisfatta, ma continua a ribadire che la società “si sta attrezzando”. E’ un modo di dire ricorrente nel corso della sua narrazione. Tale assunzione nasce anche dal punto di vista di una persona che vive oramai in una grande città, e che nota, lei stessa in primis, la differenza con il paesino in cui risiede. La differenza è abissale, e l’offerta alimentare tanto quanto. Quando parla del passato usa un tono più rancoroso, e amareggiato. Quando parla del presente invece, usa un tono più tranquillo, e sereno.

Da tale osservazione, emerge un altro punto focale nella narrazione di entrambe le intervistate: il buono spesa offerto dalla regione. Entrambe hanno di che lamentarsi.

Le aspettative del celiaco, e l’intervento di AIC Pagina 31

Sabrina è determinata e arrabbiata. Lamenta l’alto costo degli alimenti gluten-free, e il fatto che l’agevolazione del ticket abbia un rimborso economico differente di regione in regione. Non solo, per acquistare e utilizzare il suo ticket presso il negozio di fiducia, specializzato per prodotti celiaci, ha dovuto richiedere il trasferimento di città di copertura del ticket (ed è un nodo focale, come vedremo, anche per Martina). Non per ultimo, spesso non riesce a coprire tutte le spese alimentari mensili con l’agevolazione che le viene prestata, e per questo, cerca di sopperire al problema, cucinando lei stessa la materia prima. Il primo strumento acquistato, una volta sposata, è stato il bimbi.

Io adesso per fare i mix piuttosto che per farmi le farine semplici, uso il bimbi e le trito.. Compro il riso e mi faccio la farina di riso, compro la farina di mais normale per la polenta, e la sminuzzo e la faccio fina per poterla usare negli impasti

E’ vero che noi in Italia abbiamo questa agevolazione del ticket, non ho ancora capito secondo

quale criterio in Lombardia, ha un valore e in un'altra regione può avere un altro valore. Mio cugino che ha due figli celiaci in Piemonte, riceve un buono da 120 euro a bambino, maschio/femmina, perchè io ne devo avere 98, quando se mio marito fosse celiaco ne prenderebbe 120? Dove sta scritto che io mangio meno? Perchè? E quella è una cosa. L'altra cosa è che non esiste al mondo per me che io un chilo di farina lo debba pagare sei euro.

Martina invece, essendo studentessa fuori sede, accusa in maniera rilevante il disagio di non poter

utilizzare il buono in entrambe le città a cui la sua vita si presta. Essendo residente a Modena infatti, è lì che ha la disponibilità di consumare il proprio buono, ma non sapendo se il suo futuro effettivamente sarà a Milano, non può nemmeno chiedere il trasferimento presso, cosa che farebbe volentieri visto che è a Milano che trascorre la maggior parte del suo tempo.

E poi il problema di qua è che ho i buoni pasto dell’asl di Modena (Emilia Romagna – rimarca -) che non posso usare a Milano (Lombardia – rimarca - ). Quindi c’è sempre il problema di viaggiare con le valigie, e tutto, so che alcune farmacie fanno il servizio col corriere.. se tu compri da casa tua, o da Internet, e paghi ovviamente in Emilia Romagna, poi te le spediscono. Non so se gratuitamente perché non l’ho mai fatto però so che c’è questa possibilità. Se rimarrò a Milano, mi informerò.

In entrambe le narrazioni emerge infine un fattore rilevante: l’estero. Entrambe le intervistate hanno avuto modo di viaggiare tanto nella propria vita, e in qualunque stato estero, raccontano di esperienze solo che ottimali, vuoi per cultura alimentare diversa, vuoi per una formazione diversa, il problema celiaco risulta assolutamente marginale.

Cosa chiedono? Martina chiede una più ampia distribuzione, anche fosse di prodotti solo confezionati.

”Credo che per un ristoratore non sia un grande spreco tenersi cinque brioche e cinque pezzi di gnocco in freezer e la volta che ti capita ce l’hai. Non mi sembra uno sforzo così immenso da fare, (…) la parte di lavoro no, non me l’aspetto, non mi aspetto che si ampli così tanto, però la parte delle cose confezionate, dovrebbe arrivare un po’ più ovunque.”

Le aspettative del celiaco, e l’intervento di AIC Pagina 32

Sabrina invece chiede formazione, non solo nella predisposizione di un’offerta alimentare più accurata, bensì anche una formazione che sensibilizzi la società, affinché possa considerare la celiachia come una scelta alimentare qualsiasi, più che una malattia.

“Fai finta che io abbia scelto.. ti abbia chiesto appositamente una cosa differente”

“La formazione, formazione formazione formazione e formazione.”

Considerazioni conclusive

La celiachia risulta un tema caldo. Da una preliminare esplorazione del fenomeno emerge che:

La celiachia è una malattia, contraddistinta da un’intolleranza al glutine

La cultura celiaca in Italia è scarsa, pressoché assente, per i soggetti celiaci in primis, e per la società poi. Vige ignoranza, cattiva informazione, e tanto senso comune

L’offerta alimentare è decisamente approssimata, le difficoltà maggiori vengono riscontrate fuori dalle mura di casa. Vengono narrate pochissime esperienze ottimali

I prodotti alimentare gluten-free hanno un costo decisamente elevato

Il buono spesa offerto dalla regione per i soggetti celiaci, è un’agevolazione senz’altro apprezzata, ma che presenta numerose falle nel sistema

Il soggetto celiaco che viaggia non riscontra le stesse criticità all’estero

Si richiede una più ampia distribuzione di prodotti alimentari (quantomeno confezionati) gluten-free, informazione, e formazione.

I toni risultano spesso caldi, fervi, e sensibili al problema, di costante incontro nella vita quotidiana di entrambe le intervistate. Il linguaggio chiaro, sottile e minuzioso nei dettagli delle storie.