Le ali di cristina

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La piccola Christina, rinchiusa in una pericolosa torre, inizia un percorso utopistico verso la consapevolezza e la trasformazione di se stessa. Attraverso esperienze surreali, la piccola donna arriverà a imporsi su una società che la vuole identica agli altri e a far valere la sua personalità. Quando la consapevolezza di chi siamo realmente inizia a farsi strada nel nostro animo non ci resta che liberarci da ciò che ci limita e iniziare quel viaggio, quel volo, che ci porta finalmente ad essere noi stessi. In un mondo che si contamina l’unico modo per non cadere è liberarci di ogni cosa. La materialità ha seminato la vita dell’uomo, ammalandolo. La salvezza è nascosta davanti ad ognuno di noi: trovarla e crederci al punto da spiccare il volo.

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A Tu per Tu

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Stefano Mosca

Le ali di Christina

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Prima Edizione: 2013Prima ristampa: aprile 2014

ISBN 9788898037407

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Finito di stampare nel mese di Aprile 2014 in Italia da Universal book srl - Rende (CS) per conto di Edizioni Psiconline® (Settore Editoriale di Psiconli-ne® Srl)

Illustrazioni di Stefano Mosca

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Se davvero avessimo la possibilità ditrasformarci in uccello

e volar via dal mondo che,malato, sta crollando,

saremmo veramente uomini liberi…

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In un mondo che si contamina, l’unico modo per non cadere è liberarci di ogni cosa. La materialità ha se-minato la vita dell’uomo, ammalandolo. La salvezza è nascosta davanti ad ognuno di noi: trovarla e crederci al punto da spiccare il volo…

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“Vostra Maestà il territorio è stato invaso!”disse il fedele servo al re che sedeva sul suo trono.

Alzatosi si diresse vicino alla grande fi nestra e vide con i suoi occhi stanchi la distruzione della sua gente al di fuori delle mura del regno. Al di là della sua corte, si vedeva il disfacimento di una società che aveva faticato millenni per crescere e diventare ciò che era. Prese fi ato e con voce velata di malinconia rispose:

“Rinchiudetela!”mentre negli occhi nascondeva la tristezza e la consa-

pevolezza dell’imminente addio e poi aggiunse “È arrivato il momento”“Ma Sire abbiamo tempo per farla crescere ancora un

po’” rispose il servo cercando di confortare e sostenere il suo signore, ma il re si rivelò contrario e temendo un’improvvisa catastrofe non cambiò idea restando con lo sguardo fi sso sul paesaggio contaminato.

Riposava beata nella sua stanza la piccola Christina, inconsapevole di tutto ciò che avveniva alla sua popo-lazione e ben presto anche alla sua corte, al suo regno, un regno che non avrebbe mai ereditato per quanto fos-se ammalato. I capelli color del sole, ricci, le cadevano sulle spalle e facevano da cornice al volto bianco e sor-ridente, mentre gli occhi color terra rendevano profon-do il suo sguardo. Fu presa, ancora sonnolenta, con un braccio, dalla sua nutrice e tirata giù dal letto. Inizial-mente non capì cosa stesse succedendo.

“Vieni piccola Christina, è arrivato il momento”disse la donna con voce rotta. La bambina la guarda-

va sorpresa e con un pizzico di curiosità. Credeva che

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stesse organizzando un nuovo gioco o che ci fosse un nuovo regalo da scartare visto che era il giorno del suo compleanno, ma nulla di tutto ciò. Fu portata fuori dal-la stanza dei giochi con molta fretta e immediatamente iniziò a diventare dubbiosa.

“Dove andiamo Margaret?”chiese la piccola mentre veniva spinta dietro dal ser-

vo Vincent. “Non fare domande Christina, non abbiamo avuto il

permesso di risponderti”così la piccola rimase avvolta dalle sue domande. Sa-

livano le scale del Castello, passavano da una stanza all’altra senza fi atare. Avevano una tale fretta che sem-brava esser arrivata la fi ne del mondo. Christina iniziò a cedere alla tentazione di richiedere le stesse cose, ma vedeva in Margaret uno sguardo di malinconia, di tri-stezza ma anche di freddezza.

“Potrò vedere papà dopo?”chiese allora la piccola col timore di non ricevere ri-

sposta “Ma certo piccola. Arriverà quando già sarai dentro”rispose la donna. “Dentro dove?”chiese allora la bambina, ma a quella domanda non

ci fu risposta. Anche se aveva solo undici anni, proprio quel giorno, Christina aveva grande capacità intuitiva e subito capì che stava andando nella parte più alta del Castello.

“No. La Torre no!”

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strillò Christina iniziando a piangere.

“Vedrai che ti troverai bene, c’è tutto quello di cui hai bisogno.”

rispose la nutrice cercando di convincere prima se stessa delle parole appena pronunciate.

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“No, lasciatemi stare. Voglio mio padre”Era il giorno che stava aspettando da molto tempo, il

suo compleanno e non di certo una reclusione nella Tor-re come una prigioniera. Non poté fare altro che grida-re, dimenarsi, ma vane furono le sue urla. Poi si fermò e si ricordò di tutte le raccomandazioni fattele dal padre e da Margaret. Era stata preparata da anni a questo giorno ma non credeva sarebbe arrivato così presto. Più in alto si andava e più la luce si faceva fi oca. I gradini non era-no più ricoperti di marmo bianco splendente ma di terra grigia. Le mura non avevano più l’intonaco e non c’era-no fi nestre e dei quadri restava solo un ricordo. L’unica cosa visibile era la tetra atmosfera che impauriva la pic-cola e dolce creatura.

“Christina, ora dovrai mettere in pratica le cose che ti abbiamo insegnato e le raccomandazioni che ti abbia-mo fatto” disse ormai serena Margaret ma la bambina, affranta, non le dava retta continuando a singhiozzare. Sull’uscio della porta di legno marrone scuro, ammuf-fi ta e scricchiolante, Christina diede l’ultimo saluto al padre che, freddo, ripose in lei ogni speranza di salvez-za e libertà.

“Papà mi dicesti che in questo giorno non avrei do-vuto chiederti nulla” disse la bambina dal volto rigato dalle lacrime

“Sì, mia piccola”rispose il padre che cercava di nascondere la sua de-

bolezza.“Però vorrei sapere solo se per me ci sarà un futuro;

se tutte le cose belle che ho imparato dai libri, un giorno

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potrò viverle. Se vedrò il mare e potrò bagnarmi in esso, se vedrò gli uccelli volare, se vedrò di nuovo i fi ori ed il sole nascere…Ti prego papà, dimmi se ci saranno di nuovo tutte queste cose” chiese la bambina sentendo vicina la fi ne di ogni cosa.

“Non ne sono certo, piccola mia, ma posso sicura-mente dirti che se restassi qui vedresti morire tutte que-ste cose e allora, mia adorata Christina, conserva in te il desiderio di rivedere tutto ciò che vuoi e alimentalo ogni giorno di più…” rispose il re e, voltandosi, scom-parve nel buio della Torre.

“Papà, papà”gridò la bambina abbandonata, ma lui non rispose.

Così Christina si voltò ed entrò nella Stanza. Dietro di lei la porta si chiuse lentamente e mentre il buio faceva da sfondo, davanti ai suoi occhi si apriva l’ignoto.

Le mura grigie erano senza intonaco e senza colore. Il freddo si avvertiva già dall’esterno della stanza per-ché il sole nasceva e tramontava alle sue spalle. C’era una sola fi nestra con una griglia di ferro arrugginito, impossibile da aprire, decorata da una ragnatela mol-to fi tta. Nella stanza c’era un letto singolo con coperte mangiate dalla muffa e dall’umidità; quadri appesi alle mura raffi guranti uccelli di ogni tipo: cornacchie, gufi , corvi, mentre spiccavano il volo o in fase di atterraggio, alcuni con zampe fratturate o ali spezzate.

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Era un luogo piuttosto inquietante quello dove la pic-cola si trovava e diffi cilmente si sarebbe adattata. Un armadio, con dentro tanti libri, ricopriva la parete di fronte alla fi nestra. Questo era il luogo dove il re aveva deciso di rinchiudere la piccola fi glia.

“Cosa farò ora?”si chiedeva continuamente Christina. Affacciatasi

alla fi nestra rimase colpita dallo spettacolo tetro che le si presentò. Il bosco, che aveva sentito sempre nomi-nare dal padre quale luogo di oscure presenze, trappole e animali pericolosi, le si presentava davanti come un palcoscenico di sole ombre. Degli alberi vedeva solo le cime ed un verde spento faceva da contrasto alla nebbia che, perennemente offuscava il cielo. Incredula, non ri-usciva a capire perché il cielo fosse così. Vedeva muo-versi ogni tanto gli alberi, segno che qualche animale stesse saltando da un ramo all’altro. Ululati e strani ver-si provenivano dal bosco. Era spaventata e temeva per la notte che si affrettava ad arrivare. Oltre alle cande-le l’unica luce era quella del giorno. Immediatamente corse sul letto dove pianse fi no a quando non si addor-mentò. Fu svegliata, stordita e forse ancora incapace di credere a tutto ciò, dall’ululato dei lupi, che, affamati, circolavano liberamente nel bosco in cerca di cibo. La piccola cercava di capire se avessero potuto salire fi no alla Torre, ma la luna, quasi vicina alla sua fi nestra, la rassicurò di una grande altezza. La notte arrivò presto e senza lasciarle il tempo di trovare riparo e sicurezza. La tempesta infuriava come non mai e lei, in preda allo sconforto, si riparò sotto le coperte benché fossero puz-

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zolenti. Non aveva mai visto il cielo così nero, senza nemmeno una stella. D’un tratto le cime degli alberi si confondevano con il cielo nero e temeva davvero tanto per la propria vita. Quella prima notte fu interminabile. Il giorno dopo non fece altro che darsi la colpa di tutto ciò che le stava accadendo.

“Forse sono stata cattiva?”“Forse papà non mi vuole più bene?” si ripeteva continuamente la piccola. Non aveva nul-

la con sé, né una valigia con i ricambi puliti, né bam-bole e giochi vari, né passatempi…Come avrebbe fatto a sopravvivere? Cosa avrebbe fatto tutto il giorno ogni giorno? Cosa avrebbe dovuto aspettare? Iniziò così a fantasticare che un giorno sarebbe arrivato un bel prin-cipe azzurro e l’avrebbe salvata da tutto questo e avreb-be fi nalmente riabbracciato suo padre. Christina era una bambina ricca di sogni e aveva la speranza radicata nel suo animo. Ma se lo sconforto prendeva il sopravvento, l’unica cosa che le restava da fare era piangere. Pas-sarono alcuni giorni e qualcuno, chissà chi, le faceva trovare del cibo che lei prendeva sollevando uno spor-tellino posto ai piedi della porta. Era l’unico momento in cui poteva comunicare con l’esterno e così pensò che se avesse scritto delle lettere al padre questi sarebbe tor-nato a prenderla. Iniziò a cercare una penna e un foglio, ma in quella Torre desolata non c’era davvero nulla.

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“Chissà se abbiamo fatto la cosa giusta?”chiese il re a Margaret che non smetteva di pulire

la camera della piccola benché non fosse stata mai più utilizzata.

“Vostra Maestà era la scelta migliore da fare.”rispose la donna indaffarata. Il re si guardava intorno

cercando di ritrovare la fi glia negli oggetti lasciati, ma gli mancava troppo.

“Sire sa benissimo la situazione che il nostro Castello dovrà affrontare e sarebbe stato rischioso lasciare qui la piccola principessa a sopportare tutto questo.”

ricordò Margaret al re che non smetteva di fi ssare un dipinto di Christina e poi aggiunse

“Ecco cosa mi resta di lei, un quadro che il tempo sbiadirà.”

Margaret non ebbe più la forza di rispondere perché sapeva immenso il dolore del suo re.

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I giorni continuarono a passare e Christina, ormai, aveva perso la cognizione del tempo. Erano settimane o mesi che era rinchiusa lì dentro? Per una bambina di undici anni era tutto diverso, anche il tempo che tra-scorreva e le ore, a volte, sembravano interminabili.

Dopo chissà quanto tempo decise di mettere a soq-quadro la stanza in cerca di qualcosa che potesse farla uscire di lì, ma senza riuscire a trovare nulla. Poi guardò l’armadio e l’aprì e iniziò a rovistare al suo interno riu-scendo, per la prima volta, a trovare cose impensabili. Tirò fuori gli infi niti libri uno a uno poggiandoli fuori l’armadio stesso. Erano davvero tanti e tutti avevano illustrazioni con uccelli e volatili di ogni specie, proprio come i quadri nella stanza.

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Stranamente in quell’armadio non c’erano vestiti, ep-pure era gigantesco perché poteva starci dentro e girare su se stessa senza toccare le pareti. Una volta svuota-to di tutti i libri, Christina si ritrovò di fronte il fondo dell’armadio. La sua pelle bianca faceva da contrasto al buio dell’armadio stesso e i suoi capelli color oro quasi facevano da lanterna. Toccando un po’ ovunque sentiva come se il fondo scricchiolasse, come se fosse una fi nta parete e allungando un po’ di più la mano verso l’alto trovò qualcosa che assomigliava ad una maniglia.

“Ma è una porta questa” disse sottovoce. Sorpresa, non esitò un solo istante,

afferrò la maniglia con la mano piccola e candida, la fece girare e quella porta segreta si aprì. Attese un atti-mo prima di spalancarla.

“Cosa ci sarà al suo interno?” si chiese, ma la curiosità era forte e spalancò quella

porta e inizialmente non vide molto perché c’era troppo buio e così tornò indietro e prese il piccolo candela-bro che si trovava sul comodino accanto al letto. Tor-nò nuovamente nell’armadio e scoprì che dava su un retro. Un’altra stanza, più piccola, si nascondeva alle spalle dell’armadio. Dopo molto tempo aveva trovato qualcosa che le facesse sperare nella libertà. L’ambien-te aveva la stessa atmosfera tetra di quello precedente. Al suo interno c’era una macchina per cucire intatta, tanto che dubitò fosse stata utilizzata precedentemente. Ma la cosa che più la colpì furono centinaia di tessuti coloratissimi posti l’uno sull’altro in uno scaffale altis-simo. Si avvicinò facendo un po’ di luce e notò che essi

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erano divisi per colore e, cosa straordinaria, tutti erano sigillati. Rimase incantata e da quel momento iniziò a capire perché avesse trascorso tante ore con Margaret ad imparare l’arte del cucito. Avrebbe potuto crearsi da sola i vestiti che voleva, le coperte per il letto e ogni cosa potesse portare colore alla sua stanza buia. Christi-na decise di mettersi subito al lavoro. Era molto tempo che non si impegnava in qualcosa ed era molto emo-zionata di dimostrare a se stessa le sue capacità. Scelse una stoffa gialla per realizzare una tenda da mettere alla fi nestra per ripararsi quando sarebbe arrivata una nuova tempesta.

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Le ore della piccola Christina passavano vicino alla macchina per cucire e si divertiva tantissimo. Ormai era diventato il suo passatempo. Altre volte leggeva o scriveva lettere, dopo che ebbe trovato carta e penna, che metteva nel piatto vuoto una volta fi nito di man-giare. Era sicura che le sue lettere uscissero dalla Torre ma non ebbe mai risposta, mai che ne ricevesse una in dietro e così terminò anche la comunicazione con l’e-sterno. La fi nestra che dava sul bosco fu incorniciata da una tenda color del sole, quel sole che poteva ora solo ricordare. Il suo letto fu rivestito da una coperta bianca con merletti rosa, proprio come quella della sua came-retta. La stanza aveva acquistato un nuovo aspetto, più colorato, ma per quanto lei cercasse in tutti i modi di rievocare la sua vita precedente, nulla la rendeva dav-vero felice. Un giorno, mentre leggeva un libro sugli uccelli trovato nell’armadio, fu distratta da un rumo-re strano che proveniva dalla fi nestra. Si alzò e, passo dopo passo, lentamente, si avvicinò cercando di scor-gere dall’alto cosa stesse succedendo in fondo, ma il rumore, anzi uno strano scricchiolio, proveniva proprio dalla fi nestra. All’improvviso, sotto la stessa, si aprì un piccolo varco nel muro dal quale comparvero, uno ad uno, degli scalini. Quattro scalini in pietra vennero fuo-ri dal nulla lasciando senza parole la piccola Christina. Indietreggiando spaventata disse

“Ma cosa sta succedendo?”Mentre fi ssava la scala, le sbarre in alto scomparvero

facendo entrare una luce inaspettata dentro la stanza il-luminandola completamente. Sentiva dentro come una

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sensazione che la spingeva verso l’esterno, a varcare quella fi nestra e lasciarsi cadere nel vuoto, ma non pote-va saltare perché di certo sarebbe morta. Si limitò, così, ad affacciarsi e a godere, sul viso, dell’aria fresca che respirava per la prima volta dopo molti mesi di reclu-sione. Questa magia durò poco e dopo qualche istante ricomparvero le sbarre e le scale svanirono nel nulla lasciando solo un accumulo di polvere che si disper-se con quella magnifi ca luce. D’un tratto l’ombra tornò sovrana nella stanza. Christina restò immobile e per un istante interminabile non riuscì nemmeno a respirare.

Poi pianse. Disperata si gettò sul letto bianco che con-trastava con il suo vestito viola che rispecchiava il suo stato d’animo e si addormentò. Christina amava cucirsi vestiti che rispecchiassero il suo stato d’animo attuale e più i mesi passavano e più gli abiti diventavano scu-ri. Quando si svegliò, ebbe l’impressione di aver fatto un sogno e subito dimenticò l’accaduto. Nei giorni suc-cessivi le sue occupazioni furono il cucito e la lettura. Aveva trovato molti libri sugli uccelli e imparò davvero tante cose. La stanza era piena di raffi gurazioni di vo-latili, ma non capiva perché esse fossero così macabre. Merli, cornacchie, corvi, tutte specie di volatili neri e mai colombe o cigni o gabbiani.

Un giorno Christina si svegliò e, come suo solito, guardò fuori dalla fi nestra. Un’aria desolata e torbi-da faceva da cornice al fi tto e cupo bosco. Quel bosco era per lei un grande ostacolo che non le permetteva di guardare oltre. Prese il libro appoggiato la sera pre-cedente sul comodino e iniziò a leggere. Intenta nella

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lettura non si accorse che fuori dalla fi nestra svolazza-va un foglio. Poi, presa dalla curiosità, si alzò e spor-se il braccio bianco fuori, ma non riuscì ad afferrarlo e mentre cercava di capire come prenderlo ecco che, incredibilmente, esso entrò da solo e si posò ai piedi di Christina. Era un foglio bianco di un calendario che ri-portava una data scritta in blu e ai bordi erano disegnate tante ali di colomba. La data indicava il giorno del suo compleanno. Il suo dodicesimo compleanno. Era passa-to precisamente un anno da quando era rinchiusa nella Torre più alta del Castello e non aveva ancora capito il perché di tutta quella storia. Negli insegnamenti ricevu-ti dal padre e da Margaret mai le fu detto il motivo di quella reclusione forzata, ma solo

“Lo scoprirai da sola” Iniziò a pensare a tante cose e a porsi mille domande.

Girava per la stanza stringendo tra le mani il foglio fi no quasi a stropicciarlo. Perché era ancora reclusa in quella stanza? Cosa doveva accadere? Chi l’avrebbe salvata? Pianse come non mai. Il suo pianto era un insieme di malinconia e rabbia, un miscuglio di tristezza e odio nei confronti del padre, di Margaret e di tutti coloro che avevano permesso ciò. Era certa ormai che non avrebbe rivisto più il giallo del sole, il rosso delle rose, il blu del mare… Era triste e guardando fuori dalla fi nestra non poté che ricordare i suoi giorni felici. Aveva fantasticato chissà quante volte sul giorno del suo compleanno; im-maginava una festa a sorpresa, infi niti regali e di certo non una prigione.

Di compleanni così ne trascorsero altri quattro.

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Ormai sedicenne Christina non era più sorridente come una volta. La sua chioma riccia e bionda aveva lasciato posto a sfi brati capelli biondo cenere, il viso era pallido e indossava perennemente un vestito nero lungo, con un ampio collo che le circondava la testa, le maniche a sbuffo e guanti alle mani. Quando si sdra-iava per dormire il suo corpo, non più da bambina, si confondeva col colore nero delle lenzuola, mettendo in evidenza solo il pallore del viso e delle mani che erano sempre piene di punture di ago. Si vedeva come una strega quando per lei desiderava un futuro da princi-pessa. Anche la macchina per cucire, ben presto, fu ab-bandonata e i suoi amati libri, ormai, erano stati letti tutti e più volte. I quadri che la circondavano erano stati esaminati a fondo e non c’era angolo delle due stanze che non fosse stato perlustrato. La stanza era lunga die-ci passi e larga sei mentre quella segreta sette passi per quattro. Cosa poteva contenere un luogo così angusto? Invece nascondeva tante cose che però Christina non riusciva ancora a trovare perché troppo accecata dalla malinconia. La nebbia che lei vedeva fuori dalla fi nestra era in realtà impressa nei suoi occhi e non c’era spira-glio di luce che lei vedesse perché di essa conservava solo un nitido ricordo. Le mura delle stanze grigie erano diventate ancora più cupe perché lei solo quel colore ormai conosceva e il torbido e luttuoso giorno che vive-va, ormai, era l’unico che conoscesse. Inconsapevole, la fanciulla dai capelli color fango stava assimilando tutto ciò che la circondava e altro non era che il rifl esso di quegli uccelli neri nei quadri.

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