Le Ali Della Torah

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LE ALI DELLA TORAH Commenti rabbinici del Decalogo

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LE ALI DELLA TORAHCommenti rabbinici del Decalogo

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Emiliano Jiménez Hernández

LE ALIDELLA

TORAHCommenti rabbinici del Decalogo

Seconda edizione riveduta e corretta

GRAFITALICA

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Titolo originale:Las alas de la ToraComentarios rabinicos del Decalogo

Seconda edizione italianaa cura di Giuseppe Giaccio e Franco Chirico

© 1999 by GRAFITALICA EDITRICEViale degli Oleandri, 19 - 80131 NapoliTel/Fax 081/7440413

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Indice

Introduzione .......................................................... p. 11

Prologo ............................................................... » 19

La Legge è per gli uomini ....................................... » 19I giusti desiderano la Legge .................................... » 20Dio cerca un popolo che accolga la Legge .............. » 21Dio prepara il popolo ad accogliere la Legge ......... » 25Mosè sul Sinai ......................................................... » 27Mosè spezza le tavole della Legge .......................... » 28Dio dà di nuovo la Legge ........................................ » 30Parole di morte e di vita .......................................... » 32Le due tavole della Legge ....................................... » 33Il dono della Legge ................................................. » 34La Torah è data a tutte le generazioni ..................... » 36Gioia ad effetto ritardato ......................................... » 40Il Messia realizzerà in pienezza la Legge ............... » 44La Torah è corona di grazia .................................... » 48

I. Io JHWH sono il tuo Dio ......................... » 51

Io JHWH sono il tuo Dio ........................................ » 52Non avrai altri dèi ................................................... » 56Dio soffre le stesse pene di Israele .......................... » 61Non ti farai immagine alcuna .................................. p. 63Il vitello d’oro ......................................................... » 66Io, JHWH, sono un dio geloso ................................ » 71Installazione e idolatria ........................................... » 76Vanità degli idoli .................................................... » 78

II. Non nominare il nome di Dio invano  » 83

Dio rivela il suo nome ............................................. » 84Io sono .................................................................... » 87Il nome di Dio è santo ............................................. » 88Santo timore di Dio ................................................. » 89Non nominare invano il nome di Dio ...................... » 91Chi giura non sarà dichiarato innocente .................. » 93Dio ha bisogno dell’uomo ....................................... » 94

III. Santifica le feste .................................... » 97

Ricorda il giorno di Sabato per santificarlo ............ » 98Il Sabato, dono di Dio all’uomo .............................. » 100Il Sabato, giorno di riposo ....................................... » 103Il Sabato, giorno di grazia e di pace ........................ » 107Il Sabato, giorno di santità ...................................... » 109Il Sabato, figura dell’eternità .................................. » 109

IV. Onora tuo padre e tua madre ........ » 113

Onora tuo padre e tua madre ................................... » 114

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Onorare i genitori è onorare Dio ............................. » 115Dio benedice chi onora i genitori ............................ » 118

V. Non uccidere .............................................. p. 121

Non uccidere ........................................................... » 122Il desiderio di ricchezza causa dell’omicidio .......... » 124La vita di un uomo vale il mondo intero ................. » 125Chi insulta l’uomo offende il suo creatore .............. » 127Vari modi di uccidere il prossimo ........................... » 130Conseguenze della violenza .................................... » 132

VI. Non commettere adulterio ............... » 135

Dio crea e difende il matrimonio ............................ » 136L’adultero trasgredisce i Dieci Comandamenti ....... » 137La lussuria profana la terra ..................................... » 140Dio difende i non nati ............................................. » 141Fuggire dalla tentazione .......................................... » 142

VII. Non rubare ............................................... » 143

Non rubare .............................................................. » 144Dio difende il povero .............................................. » 145Non fare ciò che non vuoi facciano a te .................. » 147Differenza tra ladro e ladruncolo ............................ » 149Castigo dell’usuraio ................................................ » 150Timore della ricchezza ............................................ » 151Quattro tipi di uomini ............................................. » 152Il valore di un uomo non si misura dai suoi beni..... » 152Dio dà esempio ai suoi ............................................ » 153Rispettare l’altro per timore di Dio ......................... » 153Un tesoro in cielo .................................................... » 154

VIII. Non pronunciare falsa testimonianza p. 157

Non pronunciare falsa testimonianza ...................... » 158Gravità della calunnia ............................................. » 159La menzogna ........................................................... » 162Bada all’onore del tuo prossimo ............................. » 163Bada anche al tuo onore .......................................... » 163

IX. Non desiderare la moglie del tuoprossimo .................................................... » 165

La lussuria e l’idolatria ........................................... » 166Lo sguardo .............................................................. » 166Corpo e anima ......................................................... » 168L’inclinazione al male nasce con l’uomo ............... » 169L’istinto cattivo ....................................................... » 170L’umiltà vince la tentazione .................................... » 172Le parole della Torah vincono l’inclinazione al male » 174L’inclinazione al bene dono di Dio ......................... » 175Dominio di sé .......................................................... » 176

X. Non desiderare ......................................... » 179

L’ambizione rovina l’uomo .................................... » 180

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Sguardo avido ......................................................... » 181L’avida arroganza ................................................... » 185L’invidia ................................................................. » 186Il desiderio cattivo .................................................. » 186Il libero arbitrio ....................................................... » 187Imitazione di Dio .................................................... » 188

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LE ALI DELLA COLOMBA

I nostri maestri – benedetta sia la loro memoria – si chiedono perchénella Scrittura Israele sia paragonato ad una colomba.

E rispondono con questa parabola:Quando Dio creò la colomba, questa tornò dal Creatore lamentandosi:

“Signore dell’universo, c’è un gatto che mi insegue continuamentee vuole uccidermi, e io sono costretta a correre tutto il giorno

con le mie zampette così piccole”.Allora il Creatore ebbe pietà della colomba e le diede due ali.

Ma, poco dopo, la colomba tornò a presentarsi, piangendo, davanti al Creatore: “Signore dell’universo, il gatto continua ad inseguirmi ed ora,

con queste pesanti ali addosso, mi riesce ancora più difficilesfuggirgli con queste zampette corte e deboli”.

Il Creatore sorrise e le disse:“Non ti ho dato le ali perché tu le porti, ma perché esse portino te”.

Chi mi darà ali come di colombaper volare e trovare riposo? (Sal 55, 7).

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Introduzione

Israele ha considerato i Dieci Comandamenti come l’espressione principale della rivelazione del Sinai. Durante gli anni del secondo tempio, i Dieci Comandamenti erano parte della liturgia quotidiana che i sacerdoti celebravano nel tempio di Gerusalemme.Attualmente, nelle celebrazioni ebraiche di ogni giorno, i Dieci Comandamenti sono pubblicamente letti tre volte all’anno: nei sabati a cui corrispondono le letture di Esodo 20 e Deuteronomio 5 ed anche nella festa delle Settimane o festa commemorativa del dono della Legge. Ma nei libri di preghiera per la devozione privata, e, pertanto, come parte della celebrazione quotidiana, i Dieci Comandamenti sono letti dopo la preghiera mattutina di ogni giorno.Le due tavole di pietra, con le Dieci Parole scritte su di esse, che il Santo – benedetto sia – diede al suo popolo, sono come un giardino di piante balsamiche che producono spiegazioni e significati, come un giardino produce erbe aromatiche. Le labbra dei saggi, che studiano la Legge, distillano ovunque significati, e i detti della loro bocca sono come mirra purissima.Il mondo si riempiva di aromi con ogni parola che usciva dalla bocca del Santo, benedetto sia1. Chi osserva e riflette sulle Sue parole, estrae da esse fiori e fronde; come un bosco rigoglioso sono le parole della Legge, chi le medita ne trae sempre nuovi significati2.Il derash, o studio midrashico3 della Legge, permette all’uomo di conoscere i segreti della creazione e la volontà del Creatore. Questi innumerevoli significati sono dispersi negli scritti del Targum e del Midrash.Il Targum è una parafrasi aramaica del testo biblico che non si prefigge di sostituire il testo, ma solo di aiutare a comprenderlo meglio. I targumisti sono innanzitutto interpreti della Scrittura. Non si propongono una fedeltà al testo di tipo filologico, ma desiderano, senza falsare il senso del testo, far comprendere ciò che il testo vuol dire. Sono, dunque, al tempo stesso, interpreti, omileti, testimoni e portatori di tradizioni, rivelatori di misteri.Attraverso il Targum il testo biblico manifesta i suoi contenuti nascosti e si lascia penetrare nelle sue più profonde intenzioni. Ciò che era occulto viene alla luce, permettendoci così di entrare in comunione col segreto disegno di Dio. Spesso queste parafrasi sono ammirevoli per la loro profondità e freschezza. Con i loro giochi di parole ci inducono a glorificare la Parola del Signore, facendola penetrare nel nostro cuore. «Questi precetti che oggi ti do, ti stiano fissi nel cuore» (Dt 6, 6). “Queste parole debbono restare sempre come le avete udite oggi, sempre fresche, sempre nuove”.Il Targum, oltre a rendere intelligibile il testo biblico, lo attualizza affinché serva all’edificazione spirituale del popolo. Esso si rivolge infatti alla comunità dei credenti. Fin dal tempo di Esdra «scriba abile nella legge di Mosè» (Esd 7, 6), il popolo di Israele è stato invitato a leggere la Scrittura, «cercando in essa il Signore, Dio d’Israele» (Esd 6, 21), a «studiare la legge del Signore e a praticarla» (Esd 7, 10). Avvicinarsi alla Torah ha senso solo se si cerca di comprendere la Parola di Dio per viverla: così si cerca il Signore.La Scrittura è considerata come un’opera unitaria e coerente, in modo che ogni testo è spiegabile con un altro e ogni parola include molteplici significati. La Bibbia non si può ridurre a semplice evocazione del passato, ma conserva un senso e un valore reale e vivo nel presente, oltre ad essere una costante prefigurazione del futuro. Per questo la si interpreta come se in essa non ci fosse né un prima né un dopo. La Scrittura illumina il presente del popolo e, grazie ad essa, i credenti possono conoscere in ogni momento la volontà di Dio. Così il targumista traduce e interpreta il testo sacro nella liturgia.Il Targum infatti nasce e si sviluppa per la celebrazione liturgica. Perciò la sua finalità è l’istruzione e l’edificazione dei partecipanti. La libertà e la creatività del Targum, come quella del Midrash, non è mai arbitraria. In primo luogo, la libertà si basa sulla convinzione dell’infinita ricchezza della Parola ispirata, il cui significato è inesauribile: “Ogni testo della Scrittura ha innumerevoli significati”. In secondo luogo, tra i moltissimi, possibili significati della Parola, non si tratta di scegliere quello che piace di più all’autore, ma quello che corrisponde alla tradizione e

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serve all’edificazione dell’assemblea. Per Israele è evidente che tutto ciò che concerne la fede deve essere ricevuto: nessuna interpretazione ha valore se non è integratfl nell’alveo della tradizione. Nella celebrazione liturgica, che è il momento santo della convocazione del popolo di Dio, niente deve turbare la semplicità della preghiera.Targum e Midrash non sono mai opera di uno solo, bensì il risultato di una tradizione. Coscienti dell’insondabile ricchezza della Scrittura e dei limiti di chi ascolta, si crea una catena interpretativa, qualcosa come “una conversazione ininterrotta”, che non finisce mai. In sintonia con la Torah e rispondendo ad essa, si ricrea l’esperienza della Voce di Dio udita da Israele sul Sinai. “Allora” Dio ha parlato, ma questo “allora” è sempre. Col metodo midrashico possiamo udirla ancora oggi viva e fresca. Scrutando la Scrittura, le poniamo domande e troviamo sempre una risposta esistenziale. Il midrash ci aiuta a mettere il vino vecchio in vasi nuovi e, così, a gioire e celebrare il tempo e la vita in ogni situazione personale che Dio ci offre. Forse la nostra è una generazione di nani, ma un nano che sale sulle spalle di un gigante può vedere orizzonti vastissimi. Così, sostenuti e portati dall’alveo della tradizione, anche noi possiamo scoprire nuovi aspetti del mistero di Dio e della sua volontà su di noi.Ascoltare la Torah, e in concreto il Decalogo, non significa porsi davanti a un libro o a un codice per esaminarlo freddamente, ma penetrare nella corrente vitale che sgorga dalla Scrittura e che, attraverso i secoli, arriva fino a noi. Una cosa è l’atteggiamento dell’esegesi critica, che si pone davanti al testo e lo esamina dal punto di vista filologico, testuale, storico, archeologico, strutturale. In tal modo si corre il rischio di porre il testo della Scrittura, per così dire, all’accusativo, cioè di farne un oggetto analizzato dal soggetto, ossia dall’esegeta: il critico parla del testo sentendosi più intelligente del testo studiato. Cosa ben diversa è l’atteggiamento di chi si colloca al di sotto del testo biblico, lasciando che il testo gli parli con la sua inesauribile ricchezza. Questo è l’atteggiamento dei rabbini, i cui commenti ho raccolto, e che non sono altro che l’eco della voce potente e misteriosa del Signore da essi ascoltata. È qualcosa come «la voce silenziosa e leggera» (1Re 19, 12) udita dal profeta Elia sull’Oreb, davanti alla quale il profeta si coprì il volto, avendo la certezza di trovarsi di fronte a Dio.In questi commenti rabbinici del Decalogo raccolgo una selezione di detti tanto dal Targum quanto dal Midrash. Ho aggiunto dei titoli e delle brevi spiegazioni al solo scopo di collegare i differenti testi e di renderli più intelligibili4.Sono testi in gran parte antichi. Nei primi sei secoli della nostra èra, i più creativi della letteratura ebraica extrabiblica, fiorì un particolare genere letterario chiamato “letteratura rabbinica”. Si tratta di testi definiti Torah orale per distinguerli dalla Torah scritta. Questa Torah orale, ricevuta oralmente come istruzione divina, è stata trasmessa da maestro a discepolo nelle scuole o nella Sinagoga. Solo a partire dal terzo secolo fu messa per iscritto nelle collezioni di testi conosciuti come Talmud e Midrash. In questi testi troviamo la Tradizione viva di Israele; sono il frutto di un’esperienza di fede e la loro finalità è la trasmissione fedele della fede come esperienza di vita. Il loro linguaggio narrativo, poetico, a volte anche ludico, pieno di emozione, popolare, vivo e umoristico, rende partecipe l’ascoltatore dell’esperienza di fede narrata. In questo modo, la Scrittura, che è sempre la fonte di detti o narrazioni, attraverso i Maestri si conserva viva e sempre nuova. È la cassa da dove lo scriba trae cose nuove e cose vecchie. È la roccia da cui il martello trae migliaia di scintille di luce.Un antico racconto narra che un pagano promise ad un rabbino che si sarebbe convertito al giudaismo se gli avesse concesso di visitare, almeno in sogno, il paradiso giudeo per sapere se gli conveniva. Il rabbino accettò e gli promise di condurlo quella stessa notte. Attraverso sentieri deserti e pieni di fango e buche, in sogno, lo condusse fino ad una piccola casa sperduta, illuminata da una piccola lampada, dove si riusciva appena a scorgere un vecchio macilento, intento alla lettura di un indecifrabile documento. Il rabbino, con emozione ed orgoglio, gli disse:– È rabbi Aqiba, il più grande dei nostri maestri, dopo Mosè. Egli è in paradiso.Il pagano esclamò:

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– Mi sta prendendo in giro! Questo paradiso è miserabile! E questo vecchio, che ha studiato per tutta la sua vita, continua a farlo!– È così, e questa è la sua ricompensa! Ora egli comprende ciò che legge5.Che il nostro orecchio sia un imbuto che lascia penetrare il vino vecchio e il vino nuovo della Parola di Dio, versato lungo i secoli dai Saggi di Israele, benedetta sia la loro memoria, che non hanno perso nessuna delle sue parole.

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1 bShabbat 88b.2 Rashi a Cant 5, 15.3 Cfr. la presentazione del midrash in Detti dei saggi di Israele, Napoli 19992.Il midrash, soprattutto l’haggadico, narra gli eventi salvifici, attualizzandoli; interpreta la storia alla luce del presente e, in questo

modo, trae da tale storia le conseguenze morali per l’uomo di oggi.4 Per aiutare il lettore nella numerazione del Decalogo, seguo quella del libro Il Decalogo. Dieci parole di vita, Napoli 1998, la

quale non coincide con quella dei rabbini, che dividono in due il primo comandamento e unificano il nono e il decimo della mia divisione, che è quella usuale nella Chiesa Cattolica a partire da sant’Agostino.

5 Citato da G. Haddad, L’enfant illégitime, Hachette 1981, p. 48.

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PROLOGO

La Legge è per gli uomini

Dissero i saggi, benedetta sia la loro memoria:La Torah fu creata mille anni prima del mondo. In principio la Legge stava in cielo, com’è scritto: «Allora io ero con lui come architetto ed ero la sua delizia ogni giorno, dilettandomi davanti a lui in ogni istante» (Pr 8, 30). Poi Mosè salì sul monte e la fece discendere sulla terra, dandola ai figli degli uomini, come sta scritto: «dilettandomi sul globo terrestre, ponendo le mie delizie tra i figli dell’uomo» (Pr 8, 31)1.

La Torah si lagnava davanti al Santo – benedetto sia – dicendo:– Perché sono stata creata mille anni prima che fosse creato il mondo se non mi consegnate agli uomini?Risposero gli angeli del servizio divino:– Noi impediamo per mezzo di te che gli uomini pecchino contro di te; per questo è meglio che tu stia con noi.Ma il Santo – benedetto sia – replicò agli angeli:– Perché volete per voi la Torah? Siete forse usciti dall’Egitto o siete stati schiavi del Faraone? C’è forse qualcosa di impuro tra voi? Perché desiderate la Torah? Non voi avete bisogno di ricevere la Torah, ma l’uomo, che diventa impuro con il peccato, per espiarlo e purificare la sua anima.Subito, gli angeli tacquero. Quando arrivò Mosè, il Santo – benedetto sia – gli consegnò la Torah con gioia.

Rabbi Kahana diceva:Le Tavole non furono create dalla terra, ma dal cielo, opera delle mani del Santo – benedetto sia – com’è scritto: «Le Tavole erano opera di Dio, la scrittura era scrittura di Dio, scolpita sulle Tavole» (Es 32, 16). E, quando il Santo – benedetto sia – disse a Mosè: «Taglia due Tavole di pietra» (Es 34, 1), allora a Mosè fu mostrata una cava di zaffiro.

Mosè salì con le tavole e passò quaranta giorni sulla montagna davanti al Santo – benedetto sia – come discepolo seduto davanti al maestro, leggendo i precetti della Legge scritta durante il giorno e ripetendo i precetti della Legge orale durante la notte. Gli angeli gli dicevano:– Mosè, la Legge non è stata data che per noi.Ma Mosè replicava, facendoli ammutolire:– Nella Legge è scritto: «Onora tuo padre e tua madre» (Es 20, 12). Forse avete voi un padre e una madre? La Legge è stata data solo per noi!2.

I giusti desiderano la Legge

Quando il popolo di Israele uscì dall’Egitto, la Shekinah del Signore del mondo lo guidava, precedendolo in forma di colonna di fumo, di giorno, e di colonna di fuoco, di notte (Es 13, 21). I giusti di quella generazione dicevano:

– Sovrano di tutto il mondo! Portaci con te e andremo dietro la tua buona Legge. Facci avvicinare ai piedi del monte Sinai e dalla tua dimora celeste dacci la tua Legge, ed esulteremo e gioiremo con le ventidue lettere che la compongono; la osserveremo e ti ameremo, allontanandoci dall’iniquità delle nazioni. Tutti i giusti che compiono ciò che è retto davanti a te ti temeranno e ameranno i tuoi precetti3.

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I giusti amano camminare dietro la tua buona Legge, per prendere possesso di questo mondo e del mondo che verrà4. Grande è la Torah e coloro che la mettono in pratica ricevono la vita in questo mondo e nel mondo futuro. È bene per l’uomo abituarsi a portare il giogo dei precetti fin dalla giovinezza5.

Dio cerca un popolo che accolga la Legge

Quando Israele giunse nel deserto, il Signore disse a Mosè: “Quant’è bello questo popolo al quale darò i precetti della Legge! I miei precetti saranno come anelli appesi alle sue labbra, e così non smarriranno la retta via, come non si smarrisce il cavallo col morso in bocca. E quant’è bello il suo collo che porterà il giogo dei miei precetti! Sarà come il giogo sulla nuca del bue che ara la terra e che così sostenta sé e il suo signore”6.

Rabbi Tarfon diceva: «Dal Seir spuntò il Santo» (Dt 33, 2) – benedetto sia – da dove si rivelò ai figli di Esaù, com’è scritto: «Esaù si stabilì sulle montagne di Seir» (Gen 36, 8). Il Santo – benedetto sia – disse loro:– Volete ricevere la Legge?Risposero:– Cosa c’è scritto?Disse:– Non uccidere.Risposero:– Allontànati da noi, poiché non possiamo abbandonare la benedizione con cui Isacco benedisse nostro padre Esaù quando gli disse: «Vivrai della tua spada» (Gen 27, 40).Da lì il Santo – benedetto sia – volò sulla montagna di Paran e si rivelò ai figli di Ismaele (Gen 21, 21), com’è scritto: «È apparso dal monte Paran» (Dt 33, 2). Il Santo – benedetto sia – chiese loro:– Volete ricevere la Legge?Gli risposero:– Cosa c’è scritto?Disse:– Non rubare.Risposero:– Non possiamo non fare ciò che fecero i nostri padri, che rapirono Giuseppe e lo condussero in Egitto, com’è scritto: «Sono stato portato via ingiustamente dal paese degli ebrei» (Gen 40, 15).Andò dai figli di Lot e disse loro:– Volete ricevere la Torah?Gli chiesero:– Cosa c’è scritto?Rispose:– Non commettere adulterio.Risposero:– Noi siamo il frutto di un adulterio; non vogliamo riceverla.Da lì il Santo – benedetto sia – mandò a dire al resto dei popoli:– Volete ricevere la Torah?Risposero:– Cosa c’è scritto?Disse:– Non avrai altri dèi di fronte a me.Risposero:

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– Non possiamo abbandonare la religione dei nostri padri, che adorarono gli idoli, né apprezziamo la tua Legge. Piuttosto, consegna la tua Legge al tuo popolo, poiché sta scritto: «Il Signore darà forza al suo popolo, benedirà il suo popolo con la pace» (Sal 29, 11).Da lì il Santo – benedetto sia – tornò indietro e si rivelò ai figli di Israele sul monte Sinai.

Fin da quando gli israeliti conducevano una vita nomade, c’erano tra loro concordia e discordie, com’è scritto: «Partirono… e si accamparono» (Es 19, 2), finché giunsero al monte Sinai e si accamparono di fronte alla montagna. Quando camminavano erano in pace, ma quando si accampavano disputavano fra loro, finché giunsero al Sinai e si accamparono in pace, come un solo uomo, con un solo cuore, come sta scritto: «E lì Israele si accampò di fronte alla montagna»7.

Allora il Santo – benedetto sia – chiese loro:– Volete ricevere la Legge?Risposero tutti con una sola voce:– «Obbediremo ed ascolteremo tutte le parole di JHWH» (Es 24, 7)8.Subito, centoventimila miriadi di angeli discesero e cinsero ogni israelita con due corone, una per l’obbediremo e l’altra per l’ascolteremo, e ricevettero la Torah con gioia9.

Quando il Santo – benedetto sia – vide che Israele era disposto ad ubbidire di tutto cuore e che con grande amore si era affrettato ad accettare la Torah, lo benedisse e lo rese felice, com’è scritto: «Te beato, Israele! Chi è come te?» (Dt 33, 29).

Dio prepara il popolo ad accogliere la Legge

Il Signore fece uscire Israele dall’Egitto, gli aprì il mare, gli fece scendere la manna dal cielo, gli fece zampillare l’acqua dal pozzo, fece venire le quaglie, combatté per lui contro Amalek.Poi disse agli Israeliti:– Volete che regni su di voi?Risposero:– Sì, sì!

Allora, infatti, quando i figli di Israele stavano sul monte Sinai per ricevere la Legge, tutti erano come un cuore solo nell’accogliere con gioia il Regno dei cieli. Perciò, tutto il popolo rispose all’unisono: «Tutto quello che il Signore ha detto lo faremo»10.

Al compiersi del terzo mese dall’uscita dall’Egitto, gli Israeliti arrivarono nel deserto del Sinai per ricevere la Torah, e lì il Santo – benedetto sia – diede la Torah a Israele.

Il 6 di Sivan il Santo – benedetto sia – si rivelò a Israele sul monte Sinai, com’è scritto: «JHWH discese sul monte Sinai» (Es 19, 20). Il monte Sinai fu strappato dal luogo in cui si trovava, i cieli si aprirono e la cima della montagna penetrò nei cieli e la nube della Gloria ricoprì la montagna. Il Santo – benedetto sia – era seduto sul suo trono, i piedi saldi sulla nube, com’è scritto: «Egli piegò i cieli e discese; una nube oscura era sotto i suoi piedi» (2Sam 22, 10; Sal 18, 10).

Perché la Legge non venne data al momento dell’uscita dall’Egitto? Perché, disse il Santo, benedetto sia: “Prima voglio mostrare loro la mia benevolenza per farmi conoscere, poi riceveranno la mia Legge e i miei comandamenti”.

A cosa somiglia questo? A un re che volle prendere moglie. Si disse il re: sarò benigno con lei e poi la prenderò. Lo stesso fece il Santo, benedetto sia: vide la nudità di Israele e la vestì, com’è scritto:

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«Ti vestii di ricami» (Ez 16, 10). La vide scalza e la calzò, com’è scritto: «Ti calzai di pelle di tasso» (ibidem). Giunse al mare e la fece passare. Vide che Amalek la aggrediva e la salvò.

Quando Israele vide la benevolenza e i prodigi del Santo – benedetto sia – tutti dissero: «Ciò che JHWH dice, lo ascolteremo e lo faremo».

Un’altra spiegazione del perché il Santo – benedetto sia – diede la Torah agli Israeliti al terzo mese e non al momento della loro uscita dall’Egitto, è questa: Egli si comportò come quel re il cui figlio si ammalò. Quando era convalescente, sua madre gli disse: vai a studiare. Ma suo padre disse: ancora non si è pienamente rimesso dalla malattia; che attenda due o tre mesi e poi riprenderà gli studi. Lo stesso accadde a Israele, che fin dal primo istante in cui uscì dall’Egitto era pronto a ricevere la Torah, ma gli Israeliti erano pieni di cicatrici, avendo fabbricato mattoni e lavorato l’argilla. Allora il Santo – benedetto sia – si disse: i miei figli non hanno ancora smaltito le fatiche della schiavitù, come riceveranno la Torah? Per questo gliela diede dopo tre mesi11.

Mosè sul Sinai

Allora fu detto a Mosè: Sali verso il firmamento e ti darò le due tavole di pietra intagliate nello zaffiro del trono della mia gloria (Ez 1, 26), sulle quali ho scritto col mio dito e che risplendono come oro puro. Sulle tavole sono impresse le Dieci Parole, più pure dell’argento raffinato sette volte al crogiolo12.

Ben Betera disse: Mosè trascorse quaranta giorni sulla montagna scrutando le parole della Legge e dopo quaranta giorni prese la Legge, discese e la diede in eredità a Israele come legge perpetua, com’è scritto: «Sarà per voi legge perenne» (Lv 16, 34).

In quel tempo si dirà all’assemblea di Israele che è come vigna scelta sulla buona terra, cantate al Signore, poiché Egli ha detto: “Io, JHWH, conservo in suo favore l’alleanza dei suoi padri e non li distruggerò; tuttavia, quando provocano la mia ira, faccio loro bere la coppa dei loro castighi. Ma sebbene i loro peccati motivino la mia vendetta, la mia Parola li protegge notte e giorno. Davanti a me, ecco, ci sono numerosi portenti. Se la casa di Israele ponesse la Legge davanti a sé per compierla, forse non invierei la mia ira e il mio furore contro le nazioni che hanno lottato contro di loro, distruggendole come il fuoco che consuma roveti e biancospini? E se si conservassero saldi nelle parole della mia Legge, non ci sarebbe forse pace fin d’ora?”13.

Mosè spezza le tavole della Legge

E mentre Mosè era ancora nel firmamento, dove riceveva le due tavole di pietra e le leggi e i precetti, gli empi di quella generazione insorsero, costruendo il vitello d’oro. Allora le loro opere si corruppero e la loro cattiva fama percorse il mondo. Mentre prima si diffondeva nel mondo il loro profumo, ora odoravano, come il nardo, di un odore nauseabondo14.

Mosè prese le tavole e, con gioia traboccante, scese. Ma quando vide il peccato che gli israeliti avevano commesso fabbricando il vitello d’oro, pensò: Come potrò dare loro le tavole della Legge, che li condanneranno a morte, poiché in esse sta scritto: «Non avrai altri dèi di fronte a me»? (Es 20, 3).

Rabbi Giuseppe il galileo dice:A cosa somiglia questo? Ad un re di carne e ossa che disse al suo ambasciatore: “Va’ e trovami una bella e pia giovane da sposare”.

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L’ambasciatore partì ed assolse il compito che gli era stato assegnato. Ma, dopo il matrimonio, l’ambasciatore scoprì che la giovane si prostituiva con un altro uomo. Subito pensò: se le restituisco il contratto di matrimonio, sarà rea di morte e separata dal mio signore per sempre.Allo stesso modo, Mosè il giusto disse: “Come potrò dare ad Israele le sue tavole! Sarei costretto a dichiararli rei di morte, poiché così è scritto sulle tavole: «Colui che offre un sacrificio agli dèi, oltre al solo Signore, sarà votato allo sterminio» (Es 22, 19). Meglio piuttosto che le spezzi e li riporti sulla retta via”.

Tornò, dunque, sui suoi passi, ma i settanta anziani lo videro e gli corsero dietro per prendergli le tavole. Egli le stringeva fortemente da un lato ed essi dall’altro, ma la forza di Mosè prevalse, com’è scritto: «Non è più sorto in Israele un profeta come Mosè per la mano potente e il terrore grande con cui Mosè aveva operato davanti agli occhi di tutto Israele» (Dt 34, 12)15.

Allora il Signore disse a Mosè: «Va’, scendi, perché il tuo popolo si è corrotto». (Dt 32, 7). E mentre Mosè scendeva con le due tavole di pietra in mano, a causa del peccato di Israele, le sue mani divennero pesanti e le tavole gli caddero e si ruppero16.Poiché quando Mosè prese le tavole e iniziò a scendere, le parole scritte sulle tavole sorreggevano le tavole e lo stesso Mosè ma quando le parole videro i tamburi e le danze intorno al vitello, le parole scritte fuggirono e volarono dalle tavole. Queste, allora, restarono con tutto il loro peso nelle mani di Mosè che non poté più sostenere se stesso e, ancor meno, il peso delle tavole; le scagliò via e si ruppero, com’è scritto: «E le spezzò ai piedi della montagna» (Es 32, 19)17.

Dio dà di nuovo la Legge

Quando Mosè spezzò le tavole, il Santo – benedetto sia – si adirò contro di lui. E il Santo – benedetto sia – gli disse:– Se avessi tagliato tu le pietre e ti fossi stancato e avessi sofferto, non le avresti spezzate. Ora, «taglia tu le due tavole di pietra» (Dt 10, 1).Mosè disse:– E da dove prenderò le tavole di pietra?Gli disse:– Ora ti mostro dov’è la cava.E il Santo – benedetto sia – mostrò a Mosè la cava che si trovava sotto il trono della sua gloria, com’è scritto: «Sotto i suoi piedi vi era come un pavimento in lastre di zaffiro» (Es 24, 10).E il Santo – benedetto sia – gli disse:– Taglia di qui due tavole di pietra simili alle precedenti18 (Es 34, 1).

I discepoli di Rabbi Johanan b. Zakkai gli chiesero:– Perché, a proposito delle prime tavole del Decalogo, si dice che le fece Dio stesso (Es 32, 16), mentre, dopo che Mosè le spezzò, si dice, a proposito delle seconde, che dovette farle Mosè? (Es 34, 1).

Rabbi Johanan rispose loro con una parabola:

Un re sposa una donna e chiama un pubblico ufficiale per la redazione del certificato di matrimonio. Dà inoltre alla sposa la sua corona nuziale e poi la conduce in casa.Più tardi il re scopre che la sposa lo tradisce con uno dei suoi servi. Il re si infuria e la caccia di casa.Allora, il testimone della sposa si presenta davanti al re e gli dice:

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– Mio signore, hai dimenticato da dove hai preso questa donna? Non viveva forse tra i servi? Essendo cresciuta tra servi, si comporta ancora come loro.Allora il re gli dice:– Cosa vuoi? Che faccia pace con lei? Allora prepara tu stesso un nuovo certificato di matrimonio e io lo firmerò.

Così disse Mosè al Santo – benedetto sia – quando Israele stava adorando il vitello d’oro:– Hai forse dimenticato da dove hai preso questo popolo? Non proviene forse dall’Egitto, luogo di idolatria?E il Santo – benedetto sia – gli rispose:– Cosa vuoi? Che mi riconcilii con Israele? Allora portami le tue tavole e io le firmerò19.

Parole di morte e di vita

Quando il Santo – benedetto sia – parlava, dalla sua bocca uscivano folgori e saette e fiamme dalla sua destra e dalla sua sinistra; una voce attraversava il cielo e diceva: Popolo mio, casa di Israele, «Io sono il Signore, tuo Dio, che ti ho fatto uscire dal paese d’Egitto» (Es 20, 2).

Quando Israele udì la parola che usciva dalla bocca del Santo – benedetto sia – venne meno, come sta scritto: «Venni meno nell’ascoltarlo» (Ct 5, 6). Allora la Torah tornò davanti al Santo – benedetto sia – e disse:– Signore, a chi mi hai dato, ai vivi o ai morti?Rispose il Santo, benedetto sia:– Ai vivi.– Ma tutti costoro sono morti.– Per riguardo a te, Io li risusciterò.

Cosa fece il Santo, benedetto sia? Fece scendere la pioggia con la quale Egli darà vita ai morti nel mondo futuro, com’è scritto: «Pioggia abbondante riversavi, o Dio, rinvigorivi la tua eredità esausta» (Sal 68, 10).

Le due tavole della Legge

Rabbi Ismael dice: le Dieci Parole furono scritte cinque su una tavola e cinque sull’altra. Su una era scritto: «Io sono il Signore tuo Dio» e, di fronte, sull’altra: «Non uccidere»; ciò significa che chi versa sangue umano diminuisce l’«immagine di Dio» (Gen 9, 6).

Sulla prima tavola era scritto: «Non avrai altri dèi» e, di fronte, sull’altra: «Non commettere adulterio», poiché chi serve un idolo commette adulterio rispetto a Dio (Ez 16, 32; Os 3, 1).

Su una tavola era scritto: «Non pronunciare il nome del Signore, tuo Dio, invano» e, di fronte, sull’altra: «Non rubare», poiché chi ruba si sente poi obbligato a giurare il falso (Ger 7, 9; Os 4, 2).

Su una tavola era scritto: «Ricordati del giorno di Sabato per santificarlo» e, di fronte, sull’altra: «Non dire falsa testimonianza», poiché chi profana il Sabato, dimenticando che Dio ha creato il mondo in sei giorni e nel settimo riposò, testimonia contro il Creatore (Is 43, 12).

Su una tavola era scritto: «Onora tuo padre e tua madre» e, di fronte, sull’altra: «Non desiderare la donna del tuo prossimo», poiché chi desidera la donna dell’altro finisce con il generare un figlio che maledice suo padre e sua madre e che onora uno che non è suo padre20.

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Ananaia ben Kinai spiegava il versetto: «Se uno pecca contro JHWH ingannando il suo prossimo…» (Lv 5, 21) nel modo seguente: Nessuno nega qualcosa al suo prossimo se non ha rinnegato prima Dio.

Una volta, Rabbi Ruben trascorse un Sabato a Tiberiade, dove incontrò un filosofo pagano che gli chiese:– Chi è l’uomo più odiato del mondo?Gli rispose:– L’uomo che rinnega Colui che lo ha creato.Il filosofo chiese:– Cosa significa?Gli rispose:– Nessuno nega i comandamenti: «Onora tuo padre e tua madre», «Non uccidere», «Non commettere adulterio» e «Non desiderare», se prima non ha rinnegato Dio stesso. E nessuno commette peccato, se prima non ha rinnegato Colui che gli ha proibito di commetterlo21.

Il dono della Legge

Mosè trascorse quaranta giorni sul monte. Stava seduto davanti al Santo – benedetto sia – come un discepolo davanti al suo maestro22.

E l’assemblea di Israele disse:

– Il Signore mi fece salire alla scuola del Sinai, affinché apprendessi la Legge dalla bocca di Mosè, il grande scriba. E accolsi con amore i precetti, dicendo: «Tutto ciò che il Signore ha ordinato lo farò e obbedirò» (Es 19, 8; 24, 3)23.

Il giorno in cui fu data la Legge, mentre tutte le nazioni del mondo fuggivano dal Santo – benedetto sia – Israele non lo fece, com’è detto: «Alla sua ombra mi siedo» (Ct 2, 3)24. L’assemblea di Israele dice: Allora mi rallegrai sedendomi all’ombra della sua Shekinah e le parole della sua Legge furono «dolci al mio palato» (Sal 119, 103)25. «E il suo frutto fu dolce al mio palato» (Ct 2, 3), si riferisce ai dodici mesi trascorsi da Israele davanti al Sinai e le parole della Legge furono la sua delizia26.

Disse l’assemblea di Israele: Il Santo – benedetto sia – mi ha condotto nella grande cella del vino, al Sinai, e lì mi ha dato i suoi precetti e le opere buone e io li ho accolti con grande amore27. «Mi ha condotto alla cella del vino» (Ct 2, 4) è il Sinai, dove è stata data la Legge, paragonata al vino, com’è scritto: «Bevete il vino che ho preparato» (Pr 9, 5)28.

La fonte è la Legge, com’è scritto: «Sorgente di acqua viva» (Ger 2, 13); e l’acqua è la Legge, com’è scritto: «Tutti gli assetati vengano per l’acqua» (Is 4, 4)29.

Rabbi Eleazar diceva: La vigilia del Sabato, il sesto giorno del mese, alle sei, Israele ricevette i dieci comandamenti; alle nove, quando gli israeliti fecero ritorno alle loro tende, avevano già manna per due giorni. Per questa ragione, quel Sabato riposarono pieni di gioia, la gioia del giorno di festa, perché in quel giorno avevano ascoltato la voce del Santo, benedetto sia. Allora il Santo – benedetto sia – disse a Mosè con un eufemismo:

– «Va’ a dire ad Israele: Tornate alle vostre tende» (Dt 5, 30). Da qui puoi dedurre che il Santo – benedetto sia – diede la Legge e Mosè la consegnò a Israele e che da quel momento Mosè non si avvicinò più a sua moglie, poiché è detto: «Tu, invece, resta qui con me» (Dt 5, 30)30.

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La Torah è data per tutte le generazioni

Rabbi Isaac insegna: Ciò che i profeti predissero per il futuro, lo avevano già ricevuto nella rivelazione del Sinai. Mosè disse agli israeliti: «Non soltanto con voi io sancisco questa alleanza e pronunzio questa imprecazione, ma con chi oggi sta qui con noi davanti al Signore nostro Dio e con chi non è oggi qui con noi» (Dt 29, 13-14). Non dice “che ora non sono presenti qui con noi”, ma “che ora non sono (non esistono) qui con noi”. Ciò si riferisce a quanti sarebbero nati in futuro e per i quali, non essendo ancora stati creati, non si può usare la parola “sono”. Tuttavia, anche se in quel momento non esistevano, ogni anima già riceveva la sua parte.

Per questo l’ultimo profeta dice: «Parola del Signore per mezzo della mano di Malachia» (Ml 1, 1).

Non dice nei giorni di Malachia, ma “nella mano di Malachia”. Perché fin dal Sinai aveva la sua profezia, ma solo ora ha ricevuto l’autorizzazione a profetizzare. Ed anche Isaia diceva: «Dal momento in cui questo è avvenuto io sono là. Ora il Signore Dio ha mandato me insieme con il suo spirito» (Is 48, 16); è come se dicesse: Io ero presente quando fu data la Torah sul Sinai e ricevetti in quel momento la profezia, ma solo ora ho ricevuto il permesso di profetizzare. E non soltanto i profeti ricevettero le loro profezie sul Sinai, ma anche i saggi di tutte le future generazioni ricevettero ciascuno la loro sapienza sul Sinai31.

Perché i Dieci comandamenti sono espressi al singolare? Perché ognuno, in particolare, dica a se stesso: sono stati rivolti a me. La Torah mi è stata data perché io la osservi. Il Santo – benedetto sia – non disse: basta che il mondo, senza di me, osservi i Dieci comandamenti.

Ogni fedele, e la comunità di Israele, dice al Santo, benedetto sia: «Mi hai sedotto, Signore, e io mi sono lasciato sedurre; mi hai fatto forza e hai prevalso» (Ger 20, 7).

La comunità di Israele parlò al Santo – benedetto sia – e disse:

Signore del mondo, Tu mi hai sedotto prima di darmi la Torah e dopo hai posto sul mio collo il giogo dei comandamenti, in modo che, se li avessi infranti, sarei stato castigato. Se non avessi accettato la Torah, sarei come qualunque altro popolo, che non è né premiato, né castigato.

Così parlò la comunità di Israele al Santo; benedetto sia:

Mi hai sedotto sul Sinai quando dicesti: «Io sono il Signore, tuo Dio» (Es 20, 2) e io pensai: è debole. Ma “mi hai fatto forza e hai prevalso” quando dicesti: «Perché io, il Signore, sono il tuo Dio, un Dio geloso» (Es 20, 5).

Mi hai sedotto sul Sinai quando dicesti: «Non avrai altri dèi di fronte a me» (Es 20, 3) e io pensai: è debole. Ma “mi hai fatto forza e hai prevalso” quando hai aggiunto: «Il Signore non lascerà impunito chi pronuncia il suo nome invano» (Es 20, 7).

Mi hai sedotto sul Sinai quando dicesti: «Ricordati del giorno di Sabato per santificarlo» (Es 20, 8) e io pensai: è debole. Ma “mi hai fatto forza e hai prevalso” quando hai aggiunto: «Chi profana il Sabato morirà» (Es 31, 14).

Mi hai sedotto sul Sinai quando dicesti: «Onora tuo padre e tua madre» (Es 20, 12) e io pensai: è debole. Ma “mi hai fatto forza e hai prevalso” quando hai dichiarato: «Colui che maledice suo padre o sua madre sarà messo a morte» (Es 21, 17).

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Mi hai sedotto sul Sinai quando dicesti: «Non uccidere» (Es 20, 13) e io pensai: è debole. Ma “mi hai fatto forza e hai prevalso” quando nella Torah insegnasti: «Chi versa il sangue di un uomo, da un altro uomo il suo sangue sarà versato» (Es 9, 6).

Mi hai sedotto sul Sinai quando dicesti: «Non commettere adulterio» (Es 20, 14) e io pensai: è debole. Ma “mi hai fatto forza e hai prevalso” quando hai aggiunto: «L’adultero e l’adultera dovranno essere messi a morte» (Lv 20, 10).

Mi hai sedotto sul Sinai quando dicesti: «Non rubare» (Es 20, 15) e io pensai: è debole. Ma “mi hai sedotto e hai prevalso” quando hai dichiarato: «Colui che rapisce un uomo… sarà messo a morte» (Es 21, 16).

Mi hai sedotto sul Sinai quando dicesti: «Non pronunciare falsa testimonianza contro il tuo prossimo» (Es 20, 16) e io pensai: è debole. Ma “mi hai fatto forza e hai prevalso” quando hai spiegato: «Farete a lui quello che egli aveva pensato di fare al suo fratello» (Dt 19, 19).

Mi hai sedotto sul Sinai quando dicesti: «Non desiderare» (Es 20, 17) e io pensai: è debole. Ma “mi hai fatto forza e hai prevalso” quando spiegasti: «Non desiderare in cuor tuo la sua bellezza… Così chi si accosta alla donna altrui, chi la tocca, non resterà impunito» (Pr 6, 25-29)32.

Gioia ad effetto ritardato

Quando Dio diede la Torah a Israele «vi furono tuoni, lampi, una nube densa sul monte e un suono fortissimo di shofar» (Es 19, 16). In questo contesto, Dio concesse a Israele il prezioso dono della Torah. Israele non la conosceva, ma tutti si sentivano obbligati ad accettarla per il timore di irritare il Signore che si mostrava tanto potente. Solo più tardi scoprirono le meraviglie della Torah e la cantarono con giubilo. È ciò che esprime l’antico racconto, ripreso in Irak da Humateli e raccolto negli Archivi di Israele dell’Università di Haifa, che attualmente comprendono più di 1500 racconti popolari:

C’era un re che aveva una sola figlia, bella e virtuosa. Il re non voleva dare in sposa la sua unica figlia, bella e intelligente, al primo pretendente, principe o delfino che si presentasse a chiederne la mano. Pensava infatti il re: questi giovani educati nei palazzi, tra onori e ricchezze, sono bambini viziati, cercano solo il loro piacere e non saranno capaci di governare il mio regno. Ciò che desidero per mia figlia è una persona degna di fiducia, fosse anche un contadino o un artigiano.

Tra i pretendenti di sua figlia, che si presentarono a chiedere la mano al re, alcuni erano davvero stupidi, altri scortesi e altri poco intelligenti. Il re decise di cercare egli stesso tra gli artigiani uno che fosse degno di sua figlia, lavoratore e previdente. Cominciò a girare nelle cave in cerca di un uomo di aspetto gradevole. Si soffermava davanti ad ogni casa in costruzione e si informava, attraverso il proprietario e il capomastro, se qualcuno degli operai rispondesse ai suoi desideri, se potesse diventare suo genero e fosse degno di ereditare il suo regno.

Un giorno il re passò davanti ad una casa in costruzione e vide alcuni operai che trasportavano mattoni su un’impalcatura. Uno di essi attirò la sua attenzione. Cercò il proprietario dell’edificio e gli chiese informazioni a suo riguardo. Il proprietario gli disse:

– È un operaio che lavora per me senza ricevere salario. Mangia e beve alla mia mensa, dorme in casa mia, ma non riceve salario. Suo padre era un importante commerciante. Quando morì, mi doveva centomila denari d’oro. Allora presi con me il ragazzo e gli insegnai il mestiere. Lavora dall’alba al tramonto; in questo modo paga il debito di suo padre.

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Il re allora gli disse:– Pago io il debito.

Il proprietario accettò e ricevette il denaro dal tesoro del re. Questi condusse il giovane artigiano nel palazzo reale. I servi lo spogliarono delle sue vesti sporche di calce e di polvere; gli tagliarono i capelli e la barba, e lo vestirono con abiti ricamati che il re aveva fatto preparare per lui. Poi mangiò e bevve, sebbene si sentisse confuso da tutto ciò che gli stava accadendo. I servi del re lo condussero in una delle stanze del palazzo, precedentemente preparata per lui, e il giovane, stanchissimo, crollò sul letto e si addormentò.Il giorno seguente, il re ordinò che lo conducessero alla sua presenza e gli disse:– Mi compiaccio con te e desidero darti mia figlia in sposa. Se accetti di sposarla così com’è, sarà tua. Se non accetti, ti ucciderò. Nella stanza accanto ci sono le mie guardie, se rifiuti la mia offerta, ti legheranno mani e piedi e ti taglieranno la testa.Il giovane non aveva scelta. Temendo di perdere la vita, disse al re:– Accetto.Alle nozze, il re invitò tutti i suoi ministri e i notabili del regno. La festa si sarebbe svolta tre giorni dopo. Venne celebrata con grande sfarzo. Il vino scorreva a fiumi. Tutti gli invitati erano allegri e si divertivano. Solo lo sposo era triste e preoccupato, poiché dentro di sé pensava: “Forse la mia sposa è cieca o zoppa, muta o malata. Altrimenti, perché il re mi ha obbligato a sposarla? Ci sarà senza dubbio qualche motivo”.

Dopo il banchetto di nozze, gli invitati tornarono alle loro case e gli sposi restarono soli. Il giovane si rivolse alla ragazza e le disse:– Vieni, avvicinati.La ragazza si avvicinò al marito, che le disse:– Preparami qualcosa da mangiare. Ho fame, poiché non sono abituato alla cucina del palazzo reale.Gli preparò della frutta e del latte. Poi egli disse:– Scrivimi una lettera alla mia anziana madre.Ella si sedette e scrisse la lettera. Egli le chiese ancora:– Raccontami una bella storia; le storie mi incantano.La figlia del re fece tutto ciò che il marito le chiese, sentendosi conquistata dal suo fascino e dalla sua bellezza.Il giovane sposo trascorse la notte con lei e scoprì la perfezione del suo corpo. La ragazza era bella e intelligente. Il giovane si rallegrò profondamente che gli fosse toccata in sorte la bella figlia del re.Un mese dopo, il genero del re invitò tutti i ministri del regno ed offrì loro un grande banchetto. Era contento, allegro e felice. Ballò per tutta la festa, bevve vino e assaggiò tutte le squisite pietanze della cucina reale. Il re e i suoi ministri gli chiesero:– Come mai eri tanto triste il giorno delle tue nozze e sei tanto felice adesso?Il genero ed erede del re rispose:– Il re mi aveva obbligato, sotto pena di morte, a sposare sua figlia. Allora io pensavo: “Forse la figlia del re è malata, forse è cieca o zoppa”; per questo ero triste e preoccupato. Ma ora, dopo aver vissuto con lei per un mese, so che possiede tutte le virtù: è buona e bella. Ecco perché sono così contento: mi è stato concesso il privilegio di possedere una perla, la figlia del re, una sposa buona e fedele.

La stessa cosa è successa quando il Signore ci parlò ai piedi del monte Sinai:– Se accettate la mia Torah, sarà vostra. Altrimenti, sarete subito sterminati.Allora accettammo la Torah nella tristezza, perché non ne conoscevamo i pregi né i contenuti. Sentimmo solo i tuoni e vedemmo i lampi, ma non ci fu detto cosa ci fosse scritto nella Torah, né quali fossero le leggi del Santo, benedetto sia. Ma ora conosciamo la Torah e festeggiamo per il

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dono che ci è stato fatto. Ecco perché oggi è festa e si mangia e si beve con gioia e si balla con la Torah, benedicendola e studiandola.

Il Messia realizzerà in pienezza la Legge

Disse Salomone, il profeta: Benedetto il nome del Signore, che per mezzo di Mosè, il grande scriba, ci ha dato la Legge scritta sulle due tavole di pietra e ha parlato con noi faccia a faccia, come chi bacia qualcuno, per la grandezza del suo amore, col quale ci ama più delle settanta nazioni: «Mi baci con i baci della sua bocca! Sì, le tue tenerezze sono più dolci del vino» (Ct 1, 23)33.

L’interpretazione di “parlare faccia a faccia” nel senso di baciare è costante nella tradizione rabbinica. Quando Israele ascoltò: «Io sono il Signore, tuo Dio» (Es 20, 2), l’insegnamento della Legge di Mosè si impresse nei loro cuori, lo apprendevano e non lo dimenticavano. Ma in seguito si recarono da Mosè e gli dissero:Mosè, maestro nostro, sii tu il nostro mediatore tra noi e il Signore, com’è scritto: «Parla e ti ascolteremo» (Es 20, 16), «perché dobbiamo morire?» (Dt 5, 22).

Allora imparavano da Mosè, ma dimenticavano ciò che imparavano. Perciò dissero: come Mosè è carne e sangue che passa, anche il suo insegnamento passa. Tornarono di nuovo da Mosè e gli dissero:

– Mosè, maestro nostro, se il Signore si manifestasse a noi e ci baciasse «con i baci della sua bocca» (Ct 1, 2), l’insegnamento della Legge si imprimerebbe come prima nei nostri cuori.

Ma Mosè disse loro:– Adesso no; questo accadrà in futuro, com’è scritto: «Porrò la mia legge nel loro animo, la scriverò sul loro cuore» (Ger 31, 33).

Simile a questa tradizione di Rabbi Jehudah è quella di Rabbi Neemia, che dice: Quando gli israeliti ascoltarono: «Non avrai altri dèi di fronte a me» (20, 3), l’istinto malvagio fu strappato dai loro cuori. Ma dopo si recarono da Mosè e gli dissero: Mosè, maestro nostro, sii tu il nostro intermediario tra noi e il Signore, com’è scritto: «Parla tu con noi e noi ti ascolteremo» (Es 20, 16), «perché dobbiamo morire ora?» (Dt 5, 22). Allora lo spirito malvagio tornò immediatamente al posto di prima. Perciò tornarono di nuovo da Mosè e gli dissero:

– Mosè, maestro nostro, se il Signore si rivelasse a noi una seconda volta, saremmo di nuovo liberi dallo spirito malvagio; se il Signore «baciasse con i baci della sua bocca» (Ct 1, 2).

Ma Mosè replicò loro:– Questo non è possibile ora; lo sarà in futuro, com’è scritto: «Toglierò da voi il cuore di pietra» (Ez 36, 26)34.

Quando Israele marciava nel deserto, le nubi della gloria lo circondavano. E quando il Santo – benedetto sia – discese a dargli la Torah, discesero con Lui miriadi di angeli e cinsero Israele con la corona del Nome ineffabile35. E quando poi, a causa del peccato, il popolo di Israele vide che la nube della Gloria si era sollevata e che avevano perduto la corona di santità che era stata loro concessa nell’accogliere la Legge, sentendosi denudati e tenebrosi come la notte, si misero a cercare la corona di santità, ma non la trovarono, com’è scritto: «Sul mio letto, lungo la notte, ho cercato l’amato del mio cuore; l’ho cercato, ma non l’ho trovato» (Ct 3, 1)36.

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Ma nel grande giorno, nel Giorno del Messia, il Santo – benedetto sia – si siederà nel giardino dell’Eden e insegnerà e tutti i giusti si siederanno di fronte a Lui e il Santo – benedetto sia – si siederà e spiegherà la Legge nuova data per mezzo del Messia.

In quel tempo, il re Messia si manifesterà all’assemblea di Israele e i figli di Israele gli diranno:– Vieni e stai con noi come nostro fratello! Saliamo a Gerusalemme e succhiamo con te le parole della Legge. Come un lattante succhia dal petto di sua madre37.

È scritto: «Il tuo petto ti sazi in ogni tempo» (Pr 5, 19). Perché le parole della Legge sono paragonate al petto della madre? Perché le parole della Legge sono come il petto della madre, succhiando dal quale il lattante trova sempre latte38.

L’assemblea di Israele dice al Messia:– Io ti condurrò, o re Messia, e ti farò entrare nel mio tempio, «nella casa di mia madre» (Ct 8, 2); e tu mi insegnerai a temere il Signore e a camminare secondo le sue vie39.

Il Messia chiarirà le parole della Legge con un insegnamento nuovo40, di valore incomparabilmente superiore all’antico, poiché la Legge che l’uomo apprende in questo secolo è vanità in confronto con la Legge del Messia41. Il re Messia è la via (Zc 9, 1). Egli incamminerà tutti quelli che vengono al mondo alla conversione davanti al Santo, benedetto sia42.

Nel Giorno del re Messia berremo il vino stagionato custodito nei suoi grappoli fin dal giorno in cui fu creato il mondo. E berremo il frutto dei melograni preparati per i giusti nel giardino dell’Eden43.Poiché prima della venuta del Messia «nessun occhio vide» (Is 64, 3) il vino custodito nei suoi grappoli fin dai sei giorni della creazione44.

Il vino buono era una delle molte creature create dal Santo – benedetto sia – e di cui il mondo non era degno di godere; allora il Santo – benedetto sia – le nascose. E per chi le nascose? Per i giusti del secolo futuro. E dove le nascose? Nel giardino dell’Eden45.

La Torah è corona di grazia

L’uomo è accompagnato, in ogni momento, dai precetti che lo seguono, lo educano, gli abbelliscono la vita, lo conducono alla salvezza, poiché tutti i suoi atti sono realizzati “nel Signore”, “davanti al Signore”.

Così è scritto: «Perché i precetti del Signore sono una corona di grazia sul tuo capo» (Pr 1, 9). Cosa si intende per corona di grazia? Dice Rabbi Pinchas b. Channà: dovunque tu vada i precetti ti accompagnano: «se costruisci una casa» (Dt 22, 8), «se costruisci una porta, quando entri o esci da essa» (Dt 6, 9), «quando ti metti un vestito nuovo» (Dt 22, 11), «quando ti tagli i capelli o la barba» (Lv 10, 27), «quando coltivi il campo, semini o mieti» (Dt 22, 9. 10.19), «quando pianti» (Lv 19, 23), «se seppellisci i morti» (Dt 14, 1), in ogni momento ti accompagnano i precetti del Signore.

Poiché così è scritto: «Una luce si è levata per il giusto, gioia per i retti di cuore» (Sal 96, 11). Dio ha seminato la Torah affinché Israele ereditasse il mondo futuro e non ha privato il mondo dei suoi precetti.

È come una persona che, in mare, sta per annegare; il capitano le lancia una corda e le dice: “Afferra questa corda e non mollare la presa, altrimenti morrai”. Così dice il Santo – benedetto sia – ad Israele: finché vi aggrapperete ai precetti, per voi avrà valore ciò che è scritto: «finché resterete

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aggrappati al Signore, vostro Dio, resterete in vita» (Dt 4, 14); ed anche: «Attieniti alla disciplina, non lasciarla, praticala, perché essa è la tua vita» (Pr 4, 13)46.

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1 Midrash Proverbi 8, 9.2 Secondo bShabbat 88b è Mosè che pone le domande agli angeli.3 Targum Cantico 1, 4.4 Targum Cantico 1, 3.5 Targum Lam 3, 276 Targum Cantico 1, 10.7 “Quando si dice che si accamparono e camminarono (al plurale), si intende che camminarono tra divisioni e si accamparono tra

dissensi; ma qui si dice che ‘lì si accampò (al singolare) Israele’, mostrando che tutti avevano un solo cuore” (Mekilta II, 20).8 I capitoli di Rabbi Eliezer, XLI, 1-3.9 bShabbat 88a. Quando poi gli israeliti peccarono, discesero centoventimila miriadi di angeli distruttori e gliele tolsero.10 Mekilta Es 20, 2.11 Ginzberg, Legends of the Jews III, si dà altresì come spiegazione del ritardo nel dare la Torah, il fatto che tra gli israeliti che

uscirono dall’Egitto ci fossero molti storpi ed infermi, e la Torah, che non ha difetti, non può essere consegnata ad una nazione con difetti. Per questo Dio realizzò prima tanti miracoli per loro, guarendoli lungo il cammino, così quando giunsero al Sinai erano tutti risanati.

12 Targum Cantico 1, 11.13 Targum Isaia XXVII, 2-5.14 Targum Cantico 1, 12; cf. Cantico Rabbah 1, 55.15 Abot di Rabbi Natan II, 7.16 Targum Cantico 1, 14.17 Pirqe di R. Eliezer XLV; cf. Abot di Rabbi Natan 2.18 Cantico Rabbah V, 12.19 Dt Rabbah, 17; cf. Baba Qamma 7, 4.20 Con poche varianti, Pesiqta Rabbati 21.21 Shavuoth 3, 6.22 Pirqe di R. Eliezer XLVI.23 Targum Cantico 2, 4.24 Pesiqta di R. Kahana 103b.25 Targum Cantico 2, 3.26 Ct Rabbah II, 11.27 Ct Rabbah II, 12.28 Nm Rabbah II, 3.29 Otiot di R. Aqiba 384.30 Capitoli XLVI, 1.31 Es Rabbah, 28, 6.32 Pesiqta Rabbathi 21.33 Targum Cantico dei Cantici.34 Ct Rabbah I, 15; cf. Es Rabbah XLI 3: “Due cose chiese Israele al Santo, benedetto sia: vedere il suo volto ed ascoltare le

parole della sua bocca, com’è scritto: che mi baci…”.35 Pirqe di R. Eliezer XLVIII.36 Targum Cantico dei Cantici 3, 1.37 Targum Cantico dei Cantici 8, 1. 44; bErubin 54b.38 bErubin 54b39 Targum Cantico dei Cantici 8, 2.40 Gen Rabbah XCVIII; Levitico Rabbah XIII, 3.41 Qo Rabbah XI, 12.42 Ct Rabbah VII, 10.43 Targum Cantico dei Cantici 8, 2.44 bTalmùd Berakhot 34b; bSanhedrin 99a.45 Es Rabbah XXXV, 1; cf. Gv 2, 10: «Hai conservato fino ad ora il vino buono»: viene così annunciato che con Cristo si inaugura

il secolo futuro.46 Dt Rabbah 6, 3; 17, 7.

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IIO, JHWH, SONO IL TUO DIO

Io sono il Signore, tuo Dio,che ti ho fatto uscire dal paese d’Egitto,

dalla condizione di schiavitù;non avrai altri dèi di fronte a me.

Non ti farai idolo né immagine alcuna…Non ti prostrerai davanti a loro e non li servirai.

Perché io, il Signore, sono il tuo Dio, un Dio geloso(Es 20, 2-5; Dt 5, 6-9).

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Io, JHWH, sono il tuo Dio

«Io sono il Signore, tuo Dio, che ti ho fatto usciredal paese d’Egitto, dalla condizione di schiavitù»

(Es 20, 2).

Perché il Signore si è espresso così? Perché è scritto: «Essi videro il Dio d’Israele: sotto i suoi piedi vi era come un pavimento in lastre di zaffiro, simile in purezza al cielo stesso» (Es 24, 10). Il pavimento in forma di mattoni ricorda la schiavitù d’Egitto, ma, una volta liberi, il pavimento ha la purezza del cielo.

Presentandosi così, il Santo manifesta che Egli è sempre lo stesso Dio. Per questo, sul Sinai, JHWH si presenta come il Dio che si era già rivelato in Egitto: Io sono JHWH, tuo Dio. Ero il tuo Dio in Egitto e sul Mare dei Giunchi. Io sono lo stesso Dio sul Sinai. Ero in passato e sarò in futuro.

Per questo dice anche: «Ora vedete che io, io sono Dio e nessun altro lo è accanto a me» (Dt 32, 39). E dice: «Fino alla vostra vecchiaia io sarò sempre lo stesso, io vi porterò fino alla canizie» (Is 46, 4). E dice anche: «Così dice il re di Israele, il suo redentore, il Signore degli eserciti: Io sono il primo e l’ultimo; fuori di me non vi sono dèi» (Is 44, 6).

Rabbi Berechah insegnava: Mosè parlò agli israeliti: Figli miei, quando eravate nel paese d’Egitto io vi dissi: «JHWH, il Dio dei vostri padri, mi ha mandato a voi» (Es 3, 13). Quando poi mi chiedeste: «Qual è il suo nome?» (Es 3, 13), io vi risposi: «Io sono colui che sarò» (Es 3, 14). Ma ora, la roba da comprare e il compratore, la mercanzia e il mercante, sono l’uno di fronte all’altra. Ora potete udire direttamente da Lui: «Io sono JHWH, tuo Dio» (Es 20, 2)1.

Il Santo – benedetto sia – disse: Sebbene mi vediate in differenti manifestazioni, Io sono l’Unico. Per questo dice: «Io sono JHWH, tuo Dio» (Es 20, 2).

Rabbi Levi insegna: Il Santo – benedetto sia – apparve come una statua che mostra a tutti il suo volto. Mille persone possono guardarla e ciascuno pensa che sta guardando lui. Questo accadde col Santo – benedetto sia – quando parlò a Israele. Ogni israelita pensava che la parola divina si rivolgesse a lui personalmente. Perciò non dice: Io sono JHWH, vostro Dio, ma, al singolare: «Io sono JHWH, tuo Dio»2.

Perché i Dieci Comandamenti non sono stati posti all’inizio della Torah?

Il midrash illustra con una parabola perché Dio fece precedere al dono dei Dieci Comandamenti il mistero dell’elezione gratuita di Israele:

Un uomo si presentò agli abitanti di una città e chiese loro:– Posso regnare su di voi?Essi replicarono:– Cosa hai fatto per noi per pretendere di regnare su di noi?Allora egli costruì una cinta muraria per difendere la città e canali per rifornire di acqua i suoi abitanti; poi combatté per essi contro i loro nemici. Allora chiese di nuovo:– Posso regnare su di voi?Ed essi gli risposero:– Ora sì, puoi essere nostro re.

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Così fece il Signore con Israele. Prima li trasse dalla schiavitù d’Egitto, divise il mare perché potessero fuggire dai loro persecutori, che furono travolti dalle acque, fece scendere per loro la manna dal cielo, fece sgorgare acqua nel deserto, inviò loro le quaglie ed infine combatté per essi contro Amalek. Fu allora che chiese:– Posso regnare su di voi?Ed essi risposero:– Sì, sì3.

Il Cantico dei Cantici è l’espressione dell’amore di Dio per Israele e, inoltre, dell’amore di Israele per Dio. Israele risponde all’amore di Dio dicendo: «Il mio diletto è per me e io per lui» (Ct 2, 16):

Egli è per me Dio e io sono per Lui popolo.Egli è per me Padre e io sono per Lui figlio.Egli è per me Pastore e io sono per Lui gregge.Egli è per me Guardiano e io sono per Lui vigna.Egli mi ha cantato e io l’ho cantato.Egli mi ha lodato e io l’ho lodato.Egli mi ha chiamato: “sorella mia, amica mia, colomba mia, mia perfetta”, e io gli ho detto: “Egli è il mio diletto e amico”4.

Dio e Israele si sentono uniti l’uno all’altro. Insieme andranno in esilio e insieme ritorneranno. Al ritorno degli israeliti dall’esilio, anche la Shekinah torna con loro, com’è scritto: «Allora il Signore tuo Dio farà tornare i tuoi deportati» (Dt 30, 3)5. Dunque, in un certo senso Dio dice: “Io e voi siamo usciti insieme dall’Egitto”6.

E come il dolore sofferto da Israele lo soffre anche Dio, così ogni aiuto ricevuto da Israele è un aiuto sperimentato anche da Dio. Rabbi Abbahu disse: Ogni aiuto che si concede a Israele è anche un aiuto fatto al Santo, benedetto sia.

Se non fosse scritto così nella Scrittura, nessuno oserebbe dirlo. Gli israeliti dissero al Santo, benedetto sia: «Hai riscattato te stesso» (2Sam 7, 23)7.

Non avrai altri dèi

«Non avrai altri dèi di fronte a me»(Es 20, 3).

Perché disse questo? Perché dice: «Io, JHWH, sono il tuo Dio» (Es 20, 2). Questo versetto è paragonabile ad un re che giunse in una provincia e i suoi servi gli dissero:– Emetti decreti per questa popolazione.Ma il re rispose:– No. Lo farò solo quando riconosceranno la mia sovranità. Perché se non riconoscono la mia sovranità, non riconosceranno nemmeno i miei decreti.

Anche l’Onnipotente parlò così ad Israele: “Io, JHWH, sono il tuo Dio, non avrai altri dèi di fronte a me”. Io sono Colui la cui sovranità avete riconosciuto in Egitto.Soltanto quando risposero: “Sì!”, Egli proseguì: Così, dunque, come avete riconosciuto la mia sovranità, accoglierete ora i miei decreti. “Non avrai altri dèi di fronte a me”.

Quando il Santo – benedetto sia – iniziò a parlare, gli esseri superiori e inferiori trepidarono e Israele non poté restare in piedi. Cosa fece il Santo, benedetto sia? Inviò a ciascun israelita due

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angeli, uno perché ponesse loro la mano sul cuore e così l’anima non uscisse dal petto, e un altro perché alzasse loro il capo, affinché potessero vedere il loro Creatore, poiché il Santo – benedetto sia – permise loro di contemplare la sua Gloria.

E gli Israeliti videro la sua Gloria. La voce entrava nelle loro orecchie e la Parola diceva:– Accetti la Torah?Risposero:– Sì, sì.E la Parola si separava dall’orecchio e la baciavano sulla bocca e di nuovo la Parola si separava dalla loro bocca e tornava all’orecchio, e dall’orecchio alla bocca, com’è scritto: «Mi baci con i baci della sua bocca» (Ct 1, 2).

Subito il Santo – benedetto sia – disse loro:– Siate miei testimoni che non c’è nessuno come Me nei cieli e sulla terra, e che Io sono Uno e che mi sono rivelato a voi nella mia gloria e nel mio splendore. Se qualcuno di voi dicesse: Servite altri dèi, rispondetegli: Può forse un uomo che abbia visto il suo Creatore faccia a faccia, nella sua Gloria, nel suo splendore e nella sua grandezza, abbandonarlo e volgersi all’idolatria? Io «vi ho riscattato dalla casa di schiavitù» (Dt 7, 8), ho aperto il mare davanti a voi e vi feci passare a piedi asciutti e precipitai i vostri nemici nell’abisso.

La proclamazione dell’unicità di Dio è l’essenziale missione di Israele, compiuta nella quotidiana recita dello Shemà: «Ascolta, Israele: il Signore è nostro Dio, il Signore è uno» (Dt 6, 4) e pienamente realizzata nel martirio. Così ci viene descritta nel martirio di Rabbi Aqiba: Per tutta la mia vita, il versetto «e con tutta la tua anima» (Dt 6, 5) è stato motivo di pena, poiché pensavo: quando mi sarà data l’occasione di compierlo? E non devo compierlo ora che mi si offre l’occasione?E, pronunciando la parola unico, la sua anima uscì da lui8.

Per questo, quando i figli di Israele costruirono il vitello (Es 32, 1-6), i loro volti divennero scuri come quelli dei figli di Kus che abitano le «tende di Cedar» (Sal 120, 5). Ma quando si pentirono, si convertirono e furono perdonati, lo splendore della gloria del loro volto divenne come quello degli angeli9.

L’assemblea di Israele disse: Nera sono per aver costruito il vitello, ma bella per aver accolto la Torah10. Dopo il pentimento, Mosè salì verso il firmamento e fece la pace tra il popolo e il suo re. Allora la Shekinah abitò in mezzo ad essi, rendendo radiante il volto di tutto il popolo, con lo splendore irradiato dal volto di Mosè alla discesa dal monte11.

L’assemblea di Israele disse: Voi, nazioni, non mi disprezzate perché sono nera come voi; poiché ho adorato ciò che voi adorate e mi sono prostrata davanti al sole e alla luna: «mi ha bruciato il sole» (Ct 1, 16)12. Profeti di menzogna hanno provocato l’ira del Signore contro di me. Mi hanno insegnato a servire le vostre iniquità e a camminare secondo le vostre leggi (Dt 13, 2ss) e non ho servito il Sovrano del mondo, che è il mio Dio, e non ho camminato secondo le sue leggi, né ho conservato i suoi precetti ed i suoi insegnamenti13.

Gli idolatri sono orribili, com’è scritto: «I popoli saranno fornaci per calce, spini tagliati da bruciare nel fuoco» (Is 33, 12)14. Quando invece Israele è fedele al Santo – benedetto sia – è lodata nei cieli eccelsi: Tutta bella sei, assemblea di Israele, in te non c’è difetto!15.

L’idolatria contamina la terra e allontana da essa la Shekinah16. Per questo gli anziani dell’assemblea di Israele dicono: Fuggi, mio diletto, Sovrano del mondo, da questa terra

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contaminata, e fai abitare la tua Shekinah nei cieli eccelsi!17. Di qui i saggi – benedetta la loro memoria – insegnano: Chi associa il Nome di Dio con un altro, sarà sradicato dal mondo, poiché così è scritto: «Solo il Signore» (Es 22, 19)18.

Rabbi Eliezer diceva: Non solo con riferimento alle acque si dice che «brulicheranno» (Gen 1, 20), ma anche con riferimento agli idolatri, paragonati alle acque, com’è scritto: «Fragore di nazioni, come lo scroscio di acque che scorrono veementi» (Is 17, 12). Come brulicarono le acque nel quinto giorno della creazione, così in futuro brulicheranno gli idolatri nel mondo, guerreggiando gli uni contro gli altri per distruggersi, com’è scritto: «Una nazione cozzava contro l’altra, una città contro l’altra, perché Dio li affliggeva con tribolazioni di ogni genere» (2Cr 15, 6).

Quando invece Israele confida nell’ombra protettrice del suo Creatore e fa la volontà del Santo – benedetto sia – è benedetta e dolce come le acque dei fiumi che scorrono per il campo, apportando benedizioni al mondo. Ma quando si separano dal loro Creatore e pongono la loro fiducia nelle leggi dei gentili, diventano maledetti, come le acque salate del mare, che non apportano benedizioni al mondo19.

I discepoli di Rabbi Johanan ben Zakkai gli chiesero: perché quando un servo non vuole lasciare il suo padrone gli viene perforato l’orecchio con un punteruolo?

Rispose loro: L’orecchio che ascoltò sul monte Sinai: «Io sono il Signore, tuo Dio, che ti ho fatto uscire dal paese d’Egitto, dalla condizione di schiavitù; non avrai altri dèi di fronte a me», se liberamente si assoggetta ad un altro uomo, ebbene quest’orecchio deve essere perforato, perché non ha compiuto ciò che aveva udito!

È vero che gli israeliti erano servi dei servi, ma ora debbono servire solo il Signore, benedetto sia. Per questo dice anche: «Poiché gli israeliti sono miei servi che ho fatto uscire dal paese d’Egitto. Io sono il Signore vostro Dio» (Lv 25, 55)20.

Dio soffre le stesse pene di Israele

È scritto: «Per la ferita della figlia del mio popolo sono affranto» (Ger 8, 21). È come quando il figlio di un re sollevò una grande pietra e questa gli piombò addosso, schiacciandolo. Quando il re lo seppe iniziò a gridare:– Sono stato colpito a morte!Gli dissero i servi:– Tuo figlio è stato colpito a morte e tu gridi: Sono stato colpito a morte!Così, in un certo senso, il Santo – benedetto sia – disse: “Per la ferita della figlia del mio popolo sono affranto”.

Con un gioco di parole, Rabbi Chanina, commentando Ct 5, 2, chiama Israele la sorella gemella di Dio, dicendo: Se uno dei gemelli ha il mal di testa, anche l’altro lo avverte. Così parlò il Santo, benedetto sia:«Nell’angoscia del mio popolo Io sono con lui» (Sal 91, 15).Ed è anche scritto:«Ognuna delle loro angosce è per Lui angoscia» (Is 63, 9)21.L’amore di Dio per Israele è smisurato. Soffre con Israele per la distruzione del tempio22. JHWH va in esilio con Israele23. Discende con Israele negli inferi per essere giudicato nel fuoco.

Un giorno verranno gli angeli custodi delle nazioni ad accusare Israele davanti al Santo – benedetto sia – e diranno:

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– Signore del mondo, quelli (i popoli pagani) hanno servito gli idoli ed anche questi (gli israeliti) hanno servito gli idoli. Quelli hanno commesso incesto, ed anche questi hanno commesso incesto. Quelli hanno versato sangue ed anche questi hanno versato sangue. Perché solo quelli (i pagani) debbono andare agli inferi, mentre questi (gli israeliti) non ci vanno?Allora il Santo – benedetto sia – risponderà loro:– Se è come dite voi, allora tutte le nazioni debbono scendere, con i loro dèi, negli inferi. Poiché così è scritto: «Tutti gli altri popoli camminino pure ognuno nel nome del suo dio» (Mi 4, 5).

Rabbi Ruben ha detto: Se non fosse scritto nella Scrittura, chi oserebbe dire una simile cosa, cioè: «Il Signore sarà giudicato nel fuoco» (Is 66, 16). Non è scritto: «il Signore giudicherà» (shofer), ma: «Il Signore sarà giudicato» (nishpat). È ciò che disse anche Davide nello Spirito Santo: «Se dovessi camminare in una valle oscura, non temerei alcun male, perché Tu sei con me» (Sal 23, 4)24.

Non ti farai immagine alcuna

«Non avrai altri dèi di fronte a me»(Es 20, 3).

«Non ti farai idolo né immagine alcuna»(Es 20, 4).

Disse loro il Santo, benedetto sia:– Io vi ho dato la mia Torah per lasciarvi un dominio, non irritatemi e non rompete il mio patto con idoli. Non prosternatevi davanti ai morti, ma davanti a chi ha nelle sue mani la vita e la morte (Dt 32, 39) e l’anima di ogni essere vivente. Non imparate dai gentili la cui condotta è vana, com’è scritto: «Essi sono vanità, opere ridicole; al tempo del loro castigo periranno» (Ger 10, 15), «non è tale l’eredità di Giacobbe, perché Egli ha formato ogni cosa» (Ger 10, 16).

Di qui i saggi – benedetta la loro memoria – insegnarono: Il Santo – benedetto sia – libererà dall’angoscia quanti confidano in Lui, come salvò Abramo nostro padre dal fuoco, quando Nimrod, l’empio, lo buttò nel fuoco, per aver confidato nel Santo – benedetto sia – e non volendo prostrarsi davanti all’idolo.

Il Santo – benedetto sia – liberò anche Anania, Misaele e Azaria dal fuoco nel quale li buttò Nabucodonosor, perché confidarono in JHWH e non si prostrarono davanti al suo idolo. Quando uscirono dal fuoco, tutto il popolo si radunò per vedere se il fuoco avesse avuto potere su di loro; videro che i loro capelli e i loro vestiti non erano bruciacchiati, videro che il fuoco nulla aveva potuto contro di loro e subito cominciarono a lodare il Santo, benedetto sia.

Così imparerai che l’uomo non deve servire gli idoli per paura della morte, poiché il dolore della morte dura solo un istante, dopodiché riposerai nel giardino dell’Eden.

Una donna aveva sette figli; furono condotti davanti a un principe, che disse al maggiore:– Servi gli idoli.– Non posso rinnegare il mio Dio, che da tempo ci ha prescritto: «Io sono JHWH, tuo Dio» (Es 20, 2).Lo portarono fuori e lo uccisero. Chiamò il secondo e gli disse:– Servi gli idoli.– Non posso rinnegare il mio Dio, che da tempo ci ha prescritto: «Non avrai altri dèi» (Es 20, 3).Lo portarono fuori e lo uccisero. Chiamò il terzo e gli disse:– Servi gli idoli.

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– Non posso rinnegare il mio Dio, che da tempo ci ha prescritto: «Non devi prostrarti ad altro dio» (Es 34, 14).Lo portarono fuori e lo uccisero. Chiamò il quarto e gli disse:– Servi gli idoli.– Non posso rinnegare il mio Dio, che da tempo ci ha prescritto: «Non ti prostrerai davanti ai loro dèi» (Es 23, 24).Chiamò il quinto e gli disse:– Servi gli idoli.– Non posso rinnegare il mio Dio, che da tempo ci ha prescritto: «Ascolta, Israele, il Signore è il tuo Dio, il Signore è uno» (Dt 6, 4).Chiamò il sesto e gli disse:– Servi gli idoli.– Non posso rinnegare il mio Dio, che da tempo ci ha prescritto: «Sappi, dunque, e conserva bene nel tuo cuore che JHWH è l’unico Dio» (Dt 4, 39).Chiamò il settimo e gli disse:– Servi gli idoli.Rispose:– Andrò a consultare mia madre.– Vai.Vide sua madre e le disse:– Madre mia, come devo comportarmi?Gli rispose la madre:– Desideri forse che i tuoi fratelli si siedano nella dimora di Dio e tu ti separi da essi? Non obbedire a quest’ordine e non separarti dai tuoi fratelli.Il minore tornò dal principe, che lo interrogò:– Cosa hai deciso?– Non posso rinnegare il mio Dio, che da tempo ci ha prescritto: «Dichiara oggi che JHWH sarà il tuo Dio e JHWH ti assicurerà che tu sarai per Lui un popolo particolare» (Dt 26, 17-18). Noi giurammo che non l’avremmo cambiato con un altro e Lui giurò che non ci avrebbe cambiato con un’altra nazione.Il principe gli disse:– Ora getterò il mio anello a terra, chinati e raccoglilo, perché credano che hai realizzato il mio desiderio.Il giovane rispose:– Guai a te, principe, guai a te! Se la tua gloria ha tanta importanza, molta di più ne ha quella del Santo, benedetto sia. Non Lo rinnegherò.Lo portarono fuori e lo uccisero come gli altri fratelli. La madre disse ai soldati:– Vi chiedo, per favore, di consegnarmelo perché lo baci.Glielo consegnarono e lo baciò, poi morì anche la madre (2Mac 7). Si udì allora una voce dal cielo che disse:– Questa madre è nella gioia, poiché lei e i suoi figli avranno un posto nel mondo futuro, a fianco dei giusti, nel giardino dell’Eden.

Il vitello d’oro

Gli israeliti si dimenticarono di Dio e dissero ad Aronne:

– Gli egiziani conducono i loro dèi su lettighe, cantano e suonano in loro presenza e li vedono. «Facci un dio come quello degli egiziani, un dio che possiamo vedere» (Es 32, 1).

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Aronne ragionò così: se dico loro di portarmi l’argento e l’oro, me lo porteranno subito. Dirò piuttosto: datemi i pendenti delle vostre mogli, dei vostri figli e delle vostre figlie; in questo modo la faccenda andrà per le lunghe. Così è scritto: «Togliete i pendenti d’oro che hanno agli orecchi le vostre mogli e le vostre figlie e portateli a me» (Es 32, 2).

Le donne non accettarono in alcun modo di consegnare i loro pendenti ai mariti. Dissero:– Non vi obbediremo, perché fare un idolo è un’abominazione che non ha alcun potere di salvarci.

E il Santo – benedetto sia – diede loro la ricompensa in questo mondo, poiché esse osservano gli inizi della luna nuova meglio degli uomini; e diede loro una ricompensa per il mondo futuro, poiché in futuro ringiovaniranno come agli inizi della luna nuova, secondo quanto è scritto: «Egli sazia di beni i tuoi giorni e tu rinnovi come aquila la tua giovinezza» (Sal 103, 5).

Cosa fecero allora gli uomini, vedendo che le donne non consegnavano i loro pendenti? In quel tempo essi portavano pendenti alle orecchie, secondo il costume degli egiziani e degli schiavi (Gdc 8, 24); si tolsero, dunque, i pendenti dalle orecchie e li consegnarono ad Aronne, com’è scritto: «Tutto il popolo tolse i pendenti che ciascuno aveva agli orecchi» (Es 32, 3)25.

Aronne gettò l’oro nel fuoco e fece il vitello. Satana era entrato nel vitello e muggiva per traviare Israele, facendogli credere che era vivo, com’è scritto: «Il bue conosce il suo padrone» (Is 1, 3). Tutti gli israeliti lo videro e cominciarono a baciarlo, ad adorarlo e a offrirgli sacrifici26.

Il Santo – benedetto sia – disse a Mosè:– Mosè, gli israeliti hanno dimenticato la potenza che ho dispiegato in loro favore in Egitto e sul mare delle alghe e si sono creati un culto straniero. Ora va’, scendi. Io ti ho dato grandezza a causa di Israele, ma ora che Israele ha peccato, a cosa mi servi tu? «Va’, dunque, scendi, che il tuo popolo si è pervertito» (Es 32, 7).

Mosè replicò:– Signore del mondo, finché non hanno peccato in tua presenza, li chiamavi «mio popolo» (Es 7, 4), ora che hanno peccato in tua presenza, mi dici: «scendi, perché si è pervertito il tuo popolo». Ma essi continuano ad essere il tuo popolo e la tua eredità, il tuo popolo e non il mio, com’è scritto: «Essi sono il tuo popolo e la tua eredità» (Dt 9, 29)27.

Mosè disse ad Aronne:– Cosa hai fatto di questo popolo? Lo hai sciolto, come si sciolgono i capelli della donna a causa dell’adulterio28.

Vedendo poi Mosè che la tribù di Levi non aveva partecipato con gli altri ai riti idolatrici, si fece coraggio, afferrò il vitello, lo bruciò nel fuoco, lo macinò come sabbia, lo polverizzò nell’acqua e lo fece bere a Israele. Le labbra di tutti coloro che avevano baciato il vitello si dorarono, e la tribù di Levi li uccise. Caddero tremila israeliti (Es 32, 28)29.

Rabbi Jehoshua diceva: Mosè trascorse quaranta giorni sulla montagna, leggendo la Legge scritta durante il giorno e ripetendo la Legge orale durante la notte. Dopo quaranta giorni, prese le tavole e discese verso l’accampamento. Il giorno diciassette del mese di Tammuz spezzò le tavole e uccise i peccatori di Israele. Trascorse nell’accampamento quaranta giorni, finché bruciò e polverizzò il vitello, uccidendo tutti coloro che lo avevano baciato, estirpando da Israele il culto del vitello e ristabilendo ogni tribù al suo posto.

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Alla luna nuova di Elul, il Santo – benedetto sia – disse a Mosè: «Sali verso di me sul monte» (Es 24, 12). Fu suonato il corno in tutto l’accampamento, perché nessuno tornasse a traviarsi dietro il culto degli idoli mentre Mosè saliva sulla montagna. Quello stesso giorno, con la stessa tromba, il Santo – benedetto sia – venne acclamato, poiché così è scritto: «Ascende Dio tra acclamazioni, il Signore al suono di tromba» (Sal 47, 6)30.

Perciò i saggi – benedetta la loro memoria – insegnarono: l’esilio è causato dall’idolatria, da relazioni sessuali illecite, dallo spargimento di sangue e dal mancato rispetto dell’anno sabbatico della terra.

Dall’idolatria. Disse il Santo – benedetto sia – a Israele: poiché volete l’idolatria, vi esilierò in un luogo dove c’è idolatria, secondo quanto è scritto: «Devasterò le vostre alture… e vi disperderò fra le nazioni» (Lv 26, 30-33).

Ed è anche scritto: «Diranno, dunque, tutte le nazioni: Perché il Signore ha trattato così questo paese? Perché l’ardore di questa grande collera? E si risponderà: Perché hanno abbandonato l’alleanza del Signore, Dio dei loro padri: l’alleanza che egli aveva stabilita con loro, quando li ha fatti uscire dal paese d’Egitto; perché sono andati a servire altri dèi e si sono prostrati dinanzi a loro: dèi che essi non avevano conosciuti e che egli non aveva dato loro in sorte. Per questo si è accesa la collera del Signore contro questo paese, mandandovi contro tutte le imprecazioni scritte in questo libro» (Dt 29, 23-26).

Da relazioni sessuali illecite. Disse Rabbi Ismael, figlio di Rabbì Giuseppe: Ogni volta che Israele si abbandona a relazioni sessuali illecite, la Shekinah si allontana da loro, com’è scritto: «Che Egli non veda in mezzo a te qualche indecenza e ti abbandoni» (Dt 23, 15)31.Ed è anche scritto: «Il paese si è contaminato, per questo ho punito la sua iniquità e il paese ha vomitato i suoi abitanti» (Lv 18, 25).

Dallo spargimento di sangue. Così è scritto: «Non contaminerete il paese dove sarete, perché il sangue contamina il paese» (Nm 35, 33).

Ed è anche scritto: «Versarono sangue innocente, il sangue dei figli e delle figlie sacrificati agli idoli di Canaan; la terra fu profanata dal sangue» (Sal 106, 38).

Dal mancato rispetto dell’anno sabbatico della terra. Da dove lo sappiamo? È scritto: «Allora la terra si compenserà dei suoi sabati» (Lv 26, 34). Disse il Santo – benedetto sia – ad Israele: La terra riposerà, anche se non la fate riposare, poiché da sola si prenderà i mesi di riposo che non le avete concesso. Perciò è scritto: «Allora la terra godrà i suoi sabati per tutto il tempo in cui rimarrà desolata e voi sarete nel paese dei vostri nemici; allora la terra si riposerà e si compenserà dei suoi sabati. Finché rimarrà desolata, avrà il riposo (shabbat) che non le fu concesso da voi con i sabati, quando l’abitavate» (Lv 26, 34-35). «Il paese sarà dunque abbandonato da loro e godrà i suoi sabati, mentre rimarrà deserto senza di loro» (Lv 26, 43).

Io, JHWH, sono un Dio geloso

Rabbi Eleazar diceva: Quando il Santo – benedetto sia – discese per consegnare la sua Legge a Israele, discesero con Lui seicentomila angeli con ghirlande nelle mani e incoronarono Israele con la corona del Nome ineffabile. Tutti, in quei giorni, prima di costruire il vitello d’oro, si comportarono come angeli e niente poteva contro di loro l’angelo della morte. Ma, quando lo costruirono, il Santo – benedetto sia – si irritò contro di loro e disse:

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– Speravo che in mia presenza vi comportaste come angeli, com’è scritto: «Io ho detto: voi siete dèi e figli dell’Altissimo. Eppure morirete come ogni uomo» (Sal 82, 6).

Rabbi Yehudah diceva: Ogni volta che l’uomo indossa abiti eleganti appare bello, pieno di onore e gloria; e così apparvero gli israeliti finché furono rivestiti di quel Nome: davanti al Santo – benedetto sia – erano buoni come angeli. Ma quando costruirono il vitello, il Santo – benedetto sia – si irritò contro di loro e disse:

«Ora togliti i tuoi ornamenti e poi saprò che cosa dovrò farti» (Es 33, 5).

Quella stessa notte discesero seicentomila angeli che li spogliarono di tutte le cose che il Santo – benedetto sia – aveva loro donato, e così restarono nudi contro la loro volontà, com’è scritto: «Gli israeliti si spogliarono dei loro ornamenti» (Es 33, 6)32.

Un filosofo chiese a Rabbi Gamaliele:– Nella vostra Torah è scritto: «Perché io, tuo Dio, sono un Dio geloso». Significa forse questo che l’idolo ha un potere perché si possa essere gelosi di lui? Un eroe è geloso di un altro eroe, un saggio di un altro saggio, un uomo maritato di una altro maritato. Ma dov’è il potere dell’idolo perché Dio debba essere geloso?Gamaliele rispose:– Se uno dà al suo cane il nome di suo padre e poi, pronunciando un giuramento, lo fa per la vita del cane, di chi sarà geloso il padre, del figlio o del cane?Il filosofo riprese:– In ogni caso, gli idoli sono utili. Una volta, in una certa provincia ci fu un incendio. Bruciò tutto, tranne il tempio dell’idolo. Forse non accadde questo perché l’idolo sapeva proteggersi?Replicò Gamaliele:– Ti racconterò una parabola: un re iniziò una guerra. Contro chi combatté? Contro i vivi o contro i morti?– Contro i vivi, naturalmente, riconobbe il filosofo, che chiese ancora:– Allora, se gli idoli non sono necessari, perché Dio non li distrugge?Rispose Gamaliele:– Forse voi servite solo oggetti? Non è vero che rendete culto al sole, alla luna, alle stelle e ai pianeti, ai monti e alle colline, ai fiumi e alle valli? E divinizzate anche l’uomo. Dovrebbe Egli distruggere tutta la sua creazione solo perché esistono i pazzi?

«Io, il Signore, sono il tuo Dio, un Dio geloso, che punisce la colpa dei padri nei figli fino alla terza e alla quarta generazione, per coloro che mi odiano» (Es 20, 5; Dt 5, 9).

Dio vede la colpa e la divide fra tre o quattro generazioni. Così, tanto il padre quanto il figlio si salvano dal castigo nell’altra vita, perché il figlio acquista meriti in favore di suo padre33.

Quando Mosè ascoltò le parole: «che punisce la colpa dei padri nei figli fino alla terza e alla quarta generazione», si sentì abbattuto e inquieto, finché Dio gli disse:– Questo vale solo nel caso in cui la generazione dei malvagi non si interrompa con una generazione di giusti. O pensi che continuerò a castigare quando la successione dei malvagi sia interrotta da una generazione di giusti? No! Perché è scritto: per coloro che mi odiano, cioè: quando il figlio e il nipote di un malvagio sono malvagi come lui.

Rabbi Natan disse:Dio disse a Mosè:– Questo succede soltanto quando il nipote, il figlio e il padre sono apostati.

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Non appena Mosè ascoltò questa spiegazione, «si prostrò» (Es 34, 8) e disse:– Non sia mai! Non c’è in tutto Israele un solo nipote, figlio o padre che siano apostati34.

Rabbi Giuseppe bar Chanina attribuisce queste parole di minaccia a Mosè, parole che Dio annulla: Quattro sentenze pronunciò Mosè, nostro maestro, contro Israele. Poi furono inviati quattro profeti che le annullarono… Ad esempio, in relazione alla colpa dei padri, Mosè aveva detto: «Egli punisce la colpa dei padri nei figli». Venne Ezechiele ed annullò questa sentenza, dicendo: «Colui che ha peccato e non altri deve morire; il figlio non sconta l’iniquità del padre, né il padre l’iniquità del figlio» (Ez 18, 20)35.

Secondo altri maestri, è Dio stesso che, su consiglio di Mosè, annulla queste parole: questo è uno dei tre casi in cui Mosè discusse con il Santo – benedetto sia – il quale gli disse: «Tu mi hai ben consigliato!».Quando il Santo – benedetto sia – gli disse: «che punisce la colpa dei padri nei figli», Mosè replicò:– Signore del mondo, quanti malvagi hanno generato giusti! Debbono questi ultimi addossarsi i peccati dei padri? Terah era un idolatra; tuttavia, suo figlio Abramo era giusto. Ugualmente, Ezechia era giusto, sebbene suo padre Acaz fosse malvagio. Ed anche Giosia era giusto, pur essendo figlio di Amon, che era malvagio. Ti sembra corretto che i giusti siano castigati per colpa dei padri?Allora il Santo – benedetto sia – gli rispose:– Mi hai ben consigliato! Annullerò le mie parole e ratificherò le tue.

Invero, così è scritto: «Non si metteranno a morte i padri per una colpa dei figli, né i figli per una colpa dei padri» (Dt 24, 16). Ugualmente è scritto: «Amazia non uccise i figli degli assassini, secondo quanto è scritto nel libro della legge di Mosè, ove il Signore prescrive: I padri non moriranno per i figli né i figli per i padri, perché ognuno morirà per i suoi peccati» (2Re 14, 6)36.

Installazione e idolatria

Rabbi Yehudah aggiunge: In tutte le soste fatte nel deserto, gli israeliti si fabbricarono idoli, com’è scritto: «Il popolo sedette per mangiare e bere, poi si alzò per darsi al divertimento» (Es 32, 6). Cosa c’è scritto in seguito? «Si sono fatti un vitello di metallo fuso» (Es 32, 8). Ed un altro passo della Scrittura dice: «Israele si stabilì a Sittim» (Nm 25, 1). E cosa c’è scritto in seguito? «Il popolo cominciò a trescare con le figlie di Moab» (Ibidem)37.

Per questo, Balaam diede questo consiglio ai madianiti per sconfiggere Israele: «Non potrete fare nulla contro questo popolo a meno che non lo facciate peccare contro il suo Creatore. Perciò disse loro: apri taverne e poni in esse prostitute che vendano cibi e bevande a poco prezzo, e questo popolo mangerà e si ubriacherà ed avrà relazioni sessuali con esse, negherà il suo Dio e in breve sarà consegnato nelle tue mani e molti di loro cadranno».Immediatamente, innalzarono tende fuori dell’accampamento di Israele e quando i giovani israeliti videro le figlie di Madian con gli occhi truccati come quelli delle prostitute, si traviarono dietro di esse, com’è scritto: «E il popolo cominciò a trescare con le figlie di Moab» (Nm 25, 1)38.

Invero, voi della casa di Giacobbe avete abbandonato il timore del Potente, che vi aveva liberato; poiché il vostro paese è pieno di idoli come all’inizio, e di indovini come quelli dei filistei, e seguite i costumi delle altre nazioni. Il paese si è riempito di argento e oro, i suoi tesori sono illimitati; il paese si è riempito di cavalli e di innumerevoli carri. Il paese si è riempito di idoli; adorano l’opera delle loro mani, ciò che le loro dita hanno forgiato. L’uomo sarà abbattuto, la forza dei maschi indebolita e Tu non li perdonerai. Allora la superbia umana sarà abbattuta e si indebolirà la potenza degli uomini, ed in quel tempo solo JHWH sarà potente.

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E gli idoli spariranno completamente. E ci nasconderemo negli antri e nella polvere davanti al Terribile JHWH e allo splendore della sua gloria, quando si manifesterà per distruggere i malvagi del paese. In quel tempo, gli uomini getteranno i loro idoli di argento e d’oro, davanti ai quali si prosternavano, per nascondersi negli antri e nelle fenditure delle rocce davanti a JHWH, il Terribile, e allo splendore della sua gloria, quando si manifesterà per distruggere i malvagi del paese. Rifiutate di sottomettervi ad un uomo quando fa un idolo, poiché oggi è vivo ma domani non esisterà e sarà stimato un nulla39.

Vanità degli idoli

Così ha detto JHWH, re di Israele e suo redentore, Dio degli eserciti: Io sono Colui che esiste dall’eternità, e miei sono i secoli perenni, e al di fuori di me non c’è altro Dio. Chi c’è come Me, perché lo proclami, lo annunci e lo valuti davanti a Me? C’è Dio al di fuori di Me? Tutti gli idoli sono vani, come quelli che rendono culto a coloro dai quali non traggono giovamento; sono testimoni contro se stessi, non vedendo e sapendo nulla, cosicché saranno svergognati.

Chi ha fatto un dio o fuso un idolo che non serve a nulla? Ecco, tutti coloro che gli rendono culto saranno svergognati, poiché i suoi artefici sono esseri umani. Il fabbro costruisce un’ascia di ferro: soffia sul fuoco e la indurisce a colpi di martello, la lavora con il vigore della sua forza in maniera tale che, se non mangiasse e non bevesse, perderebbe i sensi. Il falegname sega il legno in base alle misure prese con una corda, lo intaglia con lo scalpello, lo tiene ben fermo e lo lavora in figura di uomo o di donna. Taglia per sé cedri, prende un rovere o un leccio e alberi del bosco; ha piantato un pino e la pioggia lo fa crescere.

Gli alberi servono da combustibile alla gente, che ne ricava legna per riscaldarsi e fuoco per cuocere il pane; oltre a ciò, fabbrica dèi e li adora, modella immagini e le prega. Parte degli alberi è stata bruciata nel fuoco, usata per cucinare la carne e l’arrosto, e saziarsene; e riscaldandosi, la gente dice: Ah, questo fuoco ci mantiene proprio al caldo! Il resto del legname viene trasformato in un dio, in un idolo, davanti al quale ci si prostra, e che si adora e prega, dicendogli: salvami, poiché sei il mio dio!

Non sanno, né comprendono, perché i loro occhi sono chiusi, non vedono, né intendono nel loro cuore. Non pensano, manca loro la conoscenza e l’intelligenza per dire: la metà del legname l’abbiamo bruciata nel fuoco, con essa abbiamo cotto il pane e arrostito la carne, che poi abbiamo mangiato, e ora faremo del resto un abominio e adoreremo la vile materia?

Ecco i loro dèi, parte dei quali è cenere; il loro cuore insensato li ha traviati e non salveranno la loro vita.

Ricorda queste cose, Israele, poiché sei mio servo; ti ho preparato ad essere un servo che mi renda culto. O Israele, non dimenticare il timore in mia presenza40.

Disse Zonin, sovrintendente di Rabban Gamaliele, a Rabbi Aqiba:– Tu ed io sappiamo che gli idoli non sono nulla, ma vediamo che la gente accorre ad essi, lo zoppo è guarito, il cieco recupera la vista e al sordo si aprono le orecchie.– Insensato! – rispose – Ti faccio un esempio. Un uomo prestava denaro ad interesse, avendo sempre cura di prestarlo in presenza di testimoni. Ma una volta ne prestò ad un uomo senza avallo e senza testimoni. La moglie del debitore gli disse:– Negheremo che ci ha prestato del denaro.Il marito le rispose:

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– Non sia mai. Ci comporteremo forse slealmente perché egli ha agito in maniera imprudente?Allo stesso modo, a chi cerca la guarigione presso gli idoli, il Santo – benedetto sia – dice:– Sebbene sia un insensato, che si è comportato in modo imprudente, guarirà dalla sua infermità, come era previsto.

Aggiunse:– Un ebreo zoppo aveva sentito parlare dell’esistenza in un certo luogo di un idolo, al quale accorrevano tutti i malati del mondo e guarivano. Anch’egli decise di andarci per guarire. Entrò nel tempio dell’idolo con gli infermi e a mezzanotte venne un uomo che portava in mano un fiasco d’olio, col quale ungeva gli infermi, che guarivano. Quando arrivò accanto all’ebreo, gli disse:– Non sei ebreo?– Sì.– E perché sei venuto qui?– Per curarmi.Gli disse:– Non sai che è lo stesso diavolo a fare queste cose per farli traviare dietro l’idolatria e sterminarli? Domani tu saresti stato guarito, ma per il fatto che sei venuto qui, non lo sarai mai più.

Per questo, l’uomo deve allontanarsi dall’idolatria e, anche a costo di perdere la vita, non deve servire gli idoli, poiché sta scritto: «Amerai il Signore, tuo Dio, con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima» (Dt 6, 5).

I saggi – benedetta la loro memoria – insegnarono: “Altri dèi”. Ma sono davvero dèi? No, significa soltanto che altri li chiamano “dèi”.

Un’altra spiegazione: li si chiama dèi perché ritardano la venuta del bene nel mondo e lasciano confusi i loro adoratori. Infatti si dice anche: «Ognuno lo invoca, ma non risponde; non libera nessuno dalla sua angoscia» (Is 46, 7).

“Altri dèi”. Rabbi Eliezer insegna:Ogni giorno gli idolatri fabbricano nuovi idoli. Come? Se uno ha un idolo d’oro e ha bisogno di oro, se ne fabbrica uno d’argento. Se ne ha uno d’argento e ha bisogno d’argento, se ne fabbrica uno di rame. Se ne ha uno di rame e gli serve del rame, se ne fa uno di ferro o di piombo. Per questo la Scrittura dice: «Hanno sacrificato a divinità che non conoscevano, novità, venute da poco» (Dt 32, 17).

Rabbi Chaja insegna:Terah, padre di Abramo, fabbricava idoli. Un giorno dovette mettersi in viaggio e lasciò ad Abramo l’incarico di vendere idoli. Venne un uomo che voleva comprare un idolo. Abramo gli chiese:– Quanti anni hai?Gli rispose:– Cinquanta.Allora Abramo gli disse:– Povero te! Hai cinquant’anni e ti inchini davanti ad una cosa fabbricata appena qualche giorno fa.L’uomo provò vergogna e se ne andò senza comprare l’idolo.Venne poi una donna con una scodella di farina e disse ad Abramo:– Prendi la farina e offrila agli idoli.Ma quando la donna se ne andò, Abramo prese un bastone e distrusse gli idoli a bastonate. Poi mise il bastone nella mano dell’idolo più grande. Il padre, al ritorno, vide ciò che aveva fatto Abramo e, infuriato, esclamò:– Cosa hai fatto agli idoli!

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Abramo rispose:– Non posso negarlo. È venuta una donna con una scodella di farina e mi ha chiesto di offrirla agli dèi. Ma uno disse: voglio mangiare per primo. E gli altri dissero lo stesso. Alla fine, si alzò questo, il più grande, prese il bastone e distrusse gli altri.Allora Terah replicò:– Perché mi prendi in giro? Sanno forse gli dèi ciò che succede?Abramo rispose:– Che le tue orecchie ascoltino ciò che la tua bocca dice!41.

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1 Pesiqta Rabbathi, c. 21.2 Pesiqta de Rabbi Kahana, c. 12; cf. Midrash Tanhuma 17.3 I prodigi salvifici precedettero il dono della Legge sul Sinai. Con queste meraviglie, Dio predispose il popolo di Israele ad

accoglierlo con gioia come suo Dio e ad accettare il Decalogo (cf. Dt 4, 32-35 che precede immediatamente il Decalogo).4 Ct Rabbah II, 16, 1.5 Mekilta di Rabbi Jishmael 14.6 Pesiqta Rabbati 21, 22.7 Mekilta di Rabbi Jishmael 14; cf. Sal 80, 3.8 Berakhot 61b.9 Targum del Cantico dei Cantici 1, 5.10 Ct Rabbah I, 35.11 Targum del Pseudo–Jonatan.12 Ct Rabbah I, 40.13 Targum del Cantico dei Cantici 1, 6.14 Nm Rabbah IV, 1.15 Targum del Cantico dei Cantici 4, 7.16 Mekilta Es 20, 21.17 Targum del Cantico dei Cantici 8, 14.18 bSanhedrin 63a.19 I capitoli di Rabbi Eliezer IX, 2.20 Pesiqta Rabbati, c. 21.21 Es Rabbah 2, 5.22 Lam Rabbah Prologo 24.23 Mekilta di Rabbi Jismael 14.24 Ct Rabbah II, 1, 3.25 In Es 32, 3, i pendenti delle orecchie di essi, poiché il suffisso ebraico è maschile.26 I capitoli di Rabbi Eliezer, XLV, 2-3.27 I capitoli di Rabbi Eliezer, XLV, 4.28 L’idolatria è adulterio, data la relazione nuziale tra Dio e Israele. Lo scioglimento dei capelli rientra nel rito della legge dei

gelosi per provare la fedeltà della moglie (Nm 5, 18). Allo stesso rituale appartiene il costume di dar da bere acqua amara (Nm 5, 18ss), ed è ciò che farà Mosè.

29 I capitoli di Rabbi Eliezer, XLV, 5.30 Capitoli XLVI 1-2.31 Abot di Rabbi Natan XXXVIII, 4 e versione B XLI, 4.32 Es Rabbah 41, 7.33 Zohar 2, 27b.34 Midrash ha–Gadol Dt 5, 9.35 bMak 24a.36 Nm Rabbah 19, 33.37 In Es Rabbah 41, 7 è indicata la relazione tra sostare e peccare, citando i testi: Gen 11, 1.4; 37, 25.28.38 Capitoli XLVII, 1-2; cf. Pseudo-Jonatan, Targum Palestinese al Pentateuco Nm 24, 14.39 Targum Isaia II, 6-9.17-22.40 Targum Isaia XLIV, 6-21.41 Gen Rabbah, 38, 13. Altri midrash su Abramo e gli idoli in E. Jiménez–J. Pons, Abramo, il credente, Napoli 19992.

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IINON NOMINARE

IL NOME DI DIO INVANO

Non pronuncerai invano il nome del Signore, tuo Dio,perché il Signore non lascerà impunito

chi pronuncia il suo nome invano

(Es 20, 7; Dt 5, 11)

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Dio rivela il suo nome

Mosè pascolò il gregge di Ietro per quarant’anni senza che nessun animale selvaggio lo divorasse; anzi, il gregge cresceva e si moltiplicava straordinariamente. La Scrittura si riferisce a Mosè quando dice: «Come greggi consacrati» (Ez 36, 38). Una volta, «condusse il bestiame oltre il deserto» (Es 3, 1), fino all’Oreb, e lì, in mezzo ad un roveto, gli si rivelò il Santo – benedetto sia – com’è scritto: «L’angelo del Signore gli apparve in una fiamma di fuoco in mezzo a un roveto» (Es 3, 2).

Mosè vide ardere il fuoco in mezzo al roveto; il fuoco non consumava il roveto, né il roveto spegnava il fuoco. Mosè guardava e, con il cuore pieno di ammirazione, disse:– Un roveto non nasce nella terra a meno che sotto non ci sia acqua. Di chi è la gloria che c’è nel roveto? «Voglio avvicinarmi a vedere questo grande spettacolo: perché il roveto non brucia?» (Es 3, 3).Il Santo – benedetto sia – disse:– Mosè, Mosè, resta dove sei, perché il luogo in cui ti trovi è sacro e su di esso riceverai la Legge per insegnarla ai figli di Israele, com’è scritto: «Non avvicinarti! Togliti i sandali dai piedi» (Es 3, 5).Il Santo – benedetto sia – aggiunse:– «Ora va’! Io ti mando dal Faraone» (Es 3, 10).Rispose Mosè:– «Signore di tutti i mondi, non ti ho già detto tre o quattro volte che io non ne sono capace, poiché ho un difetto di pronuncia?» (Es 4, 10). Signore di tutti i mondi, «manda chi vuoi mandare» (Es 4, 13), è questi che devi inviare in futuro.Gli disse:– Io non ti ho detto: «va’, ti mando da Israele», ma «va’, ti mando dal Faraone». L’uomo di cui parli lo invierò a Israele in futuro, com’è scritto: «Io invierò il profeta Elia prima che giunga il giorno del Signore» (Ml 3, 23).Davanti al Santo – benedetto sia – Mosè disse:– Signore di tutti i mondi, fammi conoscere il tuo Nome grande e santo, perché possa invocarti per Nome e Tu mi risponda.E glielo fece conoscere, secondo quanto è scritto: «Dio disse a Mosè: Io sono colui che sono» (Es 3, 14). Gli angeli del cielo videro che il Santo – benedetto sia – aveva trasmesso il segreto del Nome Ineffabile, e cantarono:– Sii Tu benedetto, JHWH, che graziosamente dai la scienza1.

Secondo Rabbi Abba b. Memel, quando Mosè chiese a Dio di rivelargli il nome, Dio gli disse:

– Vuoi conoscere il mio nome? Ebbene, il mio nome dipende dal mio agire. A volte mi chiamo Shadday (Dio onnipotente), altre volte Tzebaoth (Signore degli eserciti), Elohim (Dio), JHWH. Quando giudico gli uomini, mi chiamo Elohim. Quando scendo in guerra contro i malvagi, mi chiamo Tzebaoth. Quando sospendo il giudizio sui peccati di un uomo, mi chiamo Shadday. E quando sono misericordioso col mio mondo, mi chiamo JHWH. Infatti, JHWH designa sempre l’attributo divino della misericordia, com’è scritto: «JHWH, JHWH, Dio misericordioso e pietoso» (Es 34, 6). Per questo è scritto: «Io sono colui che sono» (Es 3, 14), che vuol dire che io sono chiamato secondo il mio agire2.

Sul Sinai, Dio parlò a ciascun israelita nel modo più adatto ad ognuno. La forma Elohim, al plurale «Ed Elohim pronunciò queste parole», designa le molte voci del Dio unico, che disse a ciascuno: «Io sono JHWH, tuo Dio» (Es 20, 2).

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Come dice Rabbi Chanina:– La parola divina parlò a ciascun israelita in base alla sua capacità di intendere. Non sorprendertene, perché quando discese la manna per gli israeliti, aveva per ciascuno un sapore diverso. Per i neonati aveva il sapore del latte succhiato dal seno della madre, com’è scritto: «Il suo sapore era come il sapore del latte del seno materno» (Nm 11, 8). Della manna che mangiavano i giovani è scritto: «Ti ho dato il mio pane: pane e olio con miele ti ho dato da mangiare» (Ez 16, 19). E della manna che mangiavano gli anziani è scritto: «Aveva il sapore di una focaccia con miele» (Es 16, 31). Orbene, se la manna aveva per ognuno un sapore diverso, quanto più questo vale per la parola di Dio! Ciascuno la ascoltava in base alla sua capacità di intendere. Già Davide disse: «La voce del Signore si diffonde con potenza» (Sal 29, 4). Non è scritto: “La voce del Signore si diffonde con la sua potenza (con la potenza di Dio)”, ma “con potenza”, cioè con la potenza corrispondente alla capacità di ognuno3.

«Io sono»

Dio disse a Mosè:IO SONO COLUI CHE SONO.Poi disse: «dirai agli israeliti: IO SONO mi ha mandato a voi» (Es 3, 14).

Rabbi Jaaqov b. Abina spiegò questo testo in nome di Rabbi Huma di Sefori: il Santo – benedetto sia – disse a Mosè:– Di’ agli Israeliti che io sono con loro in questa oppressione e che sarò con loro anche nelle oppressioni future.Allora Mosè replicò:– Davvero debbo riferire questo? Non bastano i guai di questo momento? Perché parlare ora delle oppressioni future?Allora il Santo – benedetto sia – gli rispose:– No, agli Israeliti di’ solo che IO SONO ti ha inviato, ma non dir loro che IO SONO COLUI CHE SONO ti ha inviato. Che ci saranno oppressioni future l’ho rivelato a te, non a loro4.

Il nome di Dio è santo

Nella visione della Merkabah di Ezechiele (cc. 1 e 10) è descritta la liturgia celeste. I viventi stanno in piedi, accanto al trono della Gloria, ma non conoscono il luogo della Gloria. Stanno in piedi con timore e tremore, tremanti e trepidanti: dal tremore dei loro volti nasce un fiume di fuoco che scorre davanti al Santo – benedetto sia – com’è scritto: «Un fiume di fuoco scendeva dinanzi a Lui» (Dn 7, 10). Due serafini stanno in piedi, uno alla destra del Santo – benedetto sia – e l’altro alla sua sinistra, ciascuno con sei ali. Con due ali coprono i loro volti per non contemplare il volto della Shekinah; con altre due ali coprono i loro piedi per cancellare davanti alla Shekinah il ricordo degli zoccoli del vitello d’oro (cf. Ez 1, 7). E con altre due ali volano, lodano e santificano il suo Grande Nome. Uno proclama e l’altro risponde e dicono: «Santo, Santo, Santo è il Signore degli eserciti, tutta la terra è piena della sua gloria» (Is 6, 3). E i viventi, che si trovano accanto alla sua Gloria, ma non conoscono il luogo della sua Gloria, rispondono proclamando: «Benedetta la Gloria del Signore dal luogo della sua dimora» (Ez 3, 12). E gli israeliti – che sempre e quotidianamente proclamano l’unicità del suo Nome – rispondono dicendo: «Ascolta, Israele: il Signore è il nostro Dio, il Signore è uno» (Dt 6, 4). Ed Egli risponde al suo popolo Israele: «Io sono JHWH, vostro Dio, che vi libera dall’angoscia»5.

Santo timore di Dio

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«Come quando uno fugge davanti al leone e s’imbatte in un orso» (Am 5, 19). Il leone è Labano, che perseguitava Giacobbe per togliergli la vita; l’orso è suo fratello Esaù, che sorvegliava la strada come orsa a cui abbiano rapito i figli, per divorare la madre con i figli.Giacobbe, in piedi, pregò davanti al Santo, benedetto sia:– Signore di tutti i mondi, non mi hai forse detto: «Torna al paese dei tuoi padri, nella tua patria e io sarò con te» (Gen 31, 3)? Ed ecco che mio fratello Esaù sta per uccidermi. Egli non teme Te, ma io sì, ho paura di lui, perché egli non teme il tuo santo Nome.

Di qui è stato detto: non temere la guardia né il governante, ma chi non ha timore del cielo e si mette in mezzo alla strada, come un’orsa a cui abbiano rapito i figli, per divorare la madre con i figli6.

Diceva Mosè: Il giorno dell’espiazione (Yom Kippur) vedrò la Gloria del Santo – benedetto sia – e poi espierò le iniquità di Israele. Disse, dunque, Mosè davanti al Santo, benedetto sia:– Signore del mondo, mostrami la tua Gloria.Gli rispose il Santo, benedetto sia:

– Mosè, tu non puoi vedere la mia Gloria senza morire, perché sta scritto: «Nessun uomo può vedermi e restare vivo» (Es 33, 20). Ma per il giuramento che ti ho giurato e per il Nome che ti ho fatto conoscere, esaudirò il tuo desiderio. «Farò passare davanti a te tutto il mio splendore» (33, 19). E quando ascolterai il Nome che ti farò conoscere, sarò davanti a te; allora alzati e non temere, poiché è scritto: «Farò grazia a chi vorrò far grazia e avrò misericordia di chi vorrò aver misericordia» (Ibidem).

Gli angeli dissero davanti al Santo, benedetto sia:– Giorno e notte ti serviamo alla tua presenza senza poter contemplare la tua Gloria, e questo nato da donna vuole contemplare la tua Gloria?E si sollevarono, indignati, contro Mosè per ucciderlo, cosicché fu sul punto di morire. Cosa fece allora il Santo, benedetto sia? Si rivelò a lui nella nube, com’è scritto: «Il Signore scese nella nube» (Es 34, 5) e il Santo – benedetto sia – lo coprì con la palma della mano perché non morisse, com’è scritto: «Quando passerà la mia Gloria, io ti porrò nella cavità della rupe e ti coprirò con la mano» (Es 33, 22). Passata la nube, il Santo – benedetto sia – ritirò la palma della mano da lui e Mosè poté vedere le spalle della Shekinah, come sta scritto: «Poi toglierò la mano e vedrai le mie spalle, ma il mio volto non lo si può vedere» (Es 33, 23). JHWH iniziò a proclamare:– «Il Signore, il Signore, Dio misericordioso e pietoso!» (Es 34, 6).E Mosè implorava davanti a Lui:– Perdona le iniquità commesse da Israele col vitello d’oro.Rispose il Santo, benedetto sia:– «Perdono come tu hai chiesto» (Nm 14, 20)7.

Non nominare invano il nome di Dio

“Non nominare invano il nome di JHWH, tuo Dio” significa, letteralmente: “Non rendere vano il nome di JHWH”. Tanto il giuramento falso quanto il giuramento vano sono proibiti. Secondo Maimonide, esistono quattro casi di giuramenti proibiti:

1. Quando qualcuno giura contro ogni evidenza. Ad esempio, che un uomo è una donna, o che una donna è un uomo, che una colonna di marmo è d’oro, e così via.2. Se giura per qualcosa di innegabile. Ad esempio, se giura che il cielo è il cielo, o che una pietra è una pietra, o che due sono due, e così via. Nessuno metterebbe in dubbio tali cose e, pertanto, non è necessario giurare per confermarle.

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3. Se uno giura che non metterà in pratica i comandamenti. Ad esempio, se giura che non indosserà il tallith (Nm 15, 37-41), che non si legherà i tefillim (Dt 6, 8) e che non abiterà nelle capanne durante la festa delle Capanne (Lv 23, 42-43), o che non mangerà pane azzimo la notte di Pesach (Lv 23, 6) o che digiunerà di Sabato, e così via.4. Se qualcuno giura di fare una cosa che non è in grado di fare. Ad esempio, se giura che per tre giorni consecutivi non dormirà né di giorno né di notte, o che per sette giorni di seguito non assaggerà cibo né bevanda, e così via.

Chiskijah insegna: chi giura che due sono due riceva una pena corporale a causa del suo vano giuramento. Anche quando un uomo giura che un olivo è un olivo, o che un fico è un fico, ha pronunciato invano il nome di JHWH8.

Rabbi Chaggiai insegna in nome di Rabbi Simeon: se qualcuno, recandosi in piazza, vede che piove e prega: “Signore, fa’ che piova!”, anche costui ha pronunciato invano il nome di JHWH9.

Rabbi Giuseppe diceva: Il tuo “sì” deve essere un vero “sì” e il tuo “no” un vero “no”! Questo significa che non si può dire con la bocca una cosa se nel cuore se ne pensa un’altra10.

Rabbi Bebaì insegna: “Non nominare invano il nome di JHWH, tuo Dio”. se qui si trattasse solo di un giuramento falso, il Decalogo non avrebbe bisogno di menzionarlo, perché nel Levitico si dice: «Non giurerete il falso servendovi del mio Nome» (Lv 19, 12). Qual è, pertanto, il significato di “non nominare invano il nome di JHWH, tuo Dio”? significa che non devi legarti i tefillim né il tallith e poi andare a peccare11.

Chi giura non sarà dichiarato innocente

Hillel diceva: chi usa in proprio favore la corona si perde. Come? Chiunque faccia uso a proprio beneficio del Nome ineffabile, non avrà parte nel mondo futuro12.

Ci sono cinque tipi di persone che non otterranno il perdono: chi si pente in continuazione, chi pecca sempre, chi pecca in una generazione di giusti, chi pecca con l’intenzione di pentirsi e chiunque profani il Nome13.

«Non pronuncerai invano il nome del Signore, tuo Dio, perché il Signore non lascerà impunito chi pronuncia il suo nome invano» (Es 20, 7). Non ti affrettare a giurare il falso; non abituarti a giurare, poiché ci sono molti castighi per questo. A chi ha l’abitudine di giurare, non mancheranno piaghe nella sua casa. Inoltre, chi giura non sarà giudicato innocente, poiché è scritto: «Io mi accosterò a voi per il giudizio e sarò un testimone pronto contro gli incantatori, contro gli adulteri, contro gli spergiuri» (Ml 3, 5).Per questo, i saggi – benedetta sia la loro memoria – dissero: la bocca si guardi dal giurare il falso, poiché chiunque abbia acquisito l’abitudine di giurare, sebbene non voglia giurare, la sua lingua lo porterà a giurare; per questo, in verità, l’uomo non è neanche autorizzato a giurare, poiché quando la sua lingua si abitua a giurare, giurerà oggi e giurerà domani, e il giuramento diverrà abituale sulla sua bocca e considerato come lieve ai suoi occhi.

Perciò, Rabbi A. ben Ezra dice: Molti pensano che nominare invano il nome di Dio non sia una trasgressione. Dimostrerò loro che è più grave dell’assassinio e dell’adulterio. L’assassino e l’adultero, che compiono peccati molto gravi, non possono in qualunque momento assassinare né commettere adulterio, ma chi ha l’abitudine di giurare invano, può, in un solo giorno, pronunciare un numero illimitato di giuramenti. Ed è tanto abituato a questo peccato da non accorgersi di giurare. Se lo rimproveri: “Perché hai giurato ora?”, giurerà di non aver giurato. Prima di dire

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qualunque cosa, giurerà, poiché questa è la sua abitudine. Chi giura il falso profana il nome di Dio pubblicamente, senza alcun decoro14.

Dio ha bisogno dell’uomo

Dio ha bisogno dell’uomo perché il suo nome sia glorificato. Rabbi Jehudah b. Simeon dice: Quando gli Israeliti fanno la volontà dell’Onnipotente aumentano la potenza divina, secondo quanto è scritto: «Con Dio faremo prodigi» (Sal 60, 14). Invece, quando gli Israeliti non fanno la volontà dell’Onnipotente, allora indeboliscono, in un certo senso, l’immensa potenza dall’alto, come è scritto: «Hai indebolito la Roccia che ti ha generato» (Sal 32, 18)15.

Prima che venisse al mondo il nostro padre Abramo, il Santo – benedetto sia – era, per così dire, solo re del cielo (Gen 24, 7). Ma quando il nostro padre Abramo venne al mondo, Dio fu re del cielo e della terra (Gen 24, 3)16.

La signoria di Dio dipende dal riconoscimento di Israele, come si mostra nel Canto del mare. Così Rabbi Abbahu commenta il salmo 93, 2: «Saldo è il tuo trono, dall’eternità Tu esisti»: Sebbene Tu esista fin dall’eternità, il tuo trono non era saldo prima che i tuoi figli intonassero il canto presso il mare dei giunchi. Per questo si dice: “Da allora il tuo trono è saldo”. Questo si può spiegare con una parabola: un re, avendo concluso vittoriosamente una battaglia, viene proclamato dal suo esercito imperatore. Per questo gli dicono: prima della guerra eri solo re, ora ti abbiamo fatto imperatore17.

Se gli Israeliti fanno la volontà dell’Onnipotente, Egli costruisce il suo soglio nel cielo, com’è scritto: «Egli costruisce nel cielo il suo soglio e fonda la sua volta sulla terra» (Am 9, 6). Ma se non fanno la volontà dell’Onnipotente, Egli non costruisce il suo soglio nel cielo.

Ugualmente, Dio riconosce: «Voi siete miei testimoni e io sono Dio» (Is 43, 12). Ma se voi non siete miei testimoni, io non sono Dio.

E il salmista dice: Se io non alzassi i miei occhi al cielo, Tu non sederesti sul tuo trono nei cieli, com’è scritto: «A te levo i miei occhi, a Te che abiti nei cieli» (Sal 123, 1)18.

Che Dio si mostri agli uomini misericordioso o giudice severo, dipende dagli uomini. Così Egli dice: sono chiamato «Dio misericordioso e pietoso, lento all’ira e ricco di grazia e di fedeltà» (Es 34, 6); ma, per i vostri peccati, sono diventato severo e ho trasformato la mia misericordia in giustizia. Così si è detto di me: «Il Signore è divenuto come un nemico» (Lam 2, 5), ed anche: «Egli perciò divenne loro nemico» (Is 63, 10).

Beati i giusti che trasformano la giustizia di Dio in misericordia. Ma guai ai malvagi che mutano la misericordia di Dio in giustizia!19.

Tra i beati si trova Mosè, nostro maestro, che indusse Dio a perdonare agli Israeliti il peccato del vitello d’oro. Dio, per castigare il popolo, ricordò il giuramento fatto: Mosè, io ho fatto questo giuramento: «Colui che offre un sacrificio agli dèi, sarà votato allo sterminio» (Es 22, 19). E Io non posso revocare un giuramento pronunciato. Allora Mosè, in base a Nm 30, 3 mostra a Dio che Egli ha il potere di annullare un voto e così Dio si fa dispensare dal giuramento20.

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1 I capitoli di Rabbi Eliezer, XL, 2-3.2 Es Rabbah 3, 6.3 Pesiqta di Rab Kahana 12, 25.4 Es Rabbah 3, 6.5 I capitoli, cit., IV, 3.6 I capitoli, cit., XXXVII, 1.7 Pirqe Aboth, cit., XLVI, 5.8 Pesiqta Rabbati, c. 22.9 Pesiqta Rabbati, c. 22.10 bBaba Mezia.11 Pesiqta Rabbati, c. 22.12 Abot di Rabbi Natan XII, 15.13 Abot di Rabbi Natan XXXIX, 1.14 R.A. ben Ezra, Commento alla Torah.15 Lam Rabbah 1, 6, 33.16 Sifre Dt 313.17 Es Rabbah 23, 1.18 Sifre Dt 346.19 Midrash ha–Gadol Dt 5, 6.20 Es Rabbah 43, 4.

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IIISANTIFICA LE FESTE

Ricordati del giorno di Sabato per santificarlo. Sei giorni faticheraie farai ogni tuo lavoro; ma il settimo giorno è il Sabato in onore

del Signore, tuo Dio; tu non farai alcun lavoro, né tu, né tuo figlio,né tua figlia, né il tuo schiavo, né la tua schiava, né il tuo bestiame, né il forestiero che dimora presso di te. Perché in sei giorni il Signore

ha fatto il cielo e la terra e il mare e quanto è in essi, ma si è riposato il giorno settimo. Perciò il Signore ha benedettoil giorno di Sabato e lo ha dichiarato sacro

(Es 20, 8-11)

Osserva il giorno di Sabato per santificarlo, come il Signore Dio tuoti ha comandato… Ricordati che sei stato schiavo in Egitto

e che il Signore tuo Dio ti ha fatto uscire di là con mano potentee braccio teso; perciò il Signore tuo Dio ti ordina di osservare

il giorno di Sabato(Dt 5, 12-15)

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Ricorda il giorno di Sabato per santificarlo

I saggi – benedetta la loro memoria – insegnarono: È scritto: «Ricordati del giorno di Sabato per santificarlo» (Es 20, 8).Rabbi Berekia insegnava: il Sabato della creazione non aveva un compagno; la domenica andava con il lunedì, il martedì con il mercoledì, il giovedì con il venerdì. Ma il Sabato era senza compagno.

Rabbi Simeon insegnava: Il Sabato disse al Santo, benedetto sia: Signore dei mondi, tutti gli altri hanno un compagno. Come mai io non ne ho?Allora il Santo – benedetto sia – rispose: “La comunità di Israele sarà il tuo compagno”.Perciò, quando gli israeliti stavano di fronte al Sinai, il Santo – benedetto sia – disse loro: Ricordate la parola che Io dissi al Sabato: La comunità di Israele sarà tuo compagno! Per questo è scritto: “Ricordati del giorno di Sabato per santificarlo”, che vuol dire: “Per unirti a lui in matrimonio”1.

Rabbi Giuseppe, figlio di Rabbi Giuda, diceva:Quando, alla vigilia del Sabato, un uomo torna a casa dalla sinagoga, lo accompagnano due angeli, uno buono e l’altro cattivo.Se arriva a casa e trova che la lampada è accesa e la mensa preparata, l’angelo buono esclama: “Così sia anche il prossimo Sabato!”. Allora, l’angelo cattivo deve rispondere: “Amen”.Ma se, arrivando a casa, la lampada non è accesa, né la mensa è preparata, allora l’angelo cattivo esclama: “Così sia anche il prossimo Sabato!”. E l’angelo buono si sente obbligato a rispondere: “Amen”2.

“Osservate il Sabato perché è santo per voi”.Ciò significa che il Sabato aggiunge santità agli Israeliti. La gente si chiede:– Perché oggi è chiusa la porta di Fulano?– Perché osserva il Sabato.– Perché Fulano non sta lavorando?– Perché osserva il Sabato.Con questo si dà testimonianza di Colui che attraverso la parola fece esistere il mondo, che in sei giorni creò il mondo e il settimo riposò. Perciò Isaia dice anche: «Voi siete miei testimoni, oracolo del Signore, e io sono Dio» (43, 12)3.

Nella preghiera della sera per il Sabato si chiede: che i tuoi figli si rendano conto e comprendano che il loro riposo viene da Te, e che riposare significa santificare il tuo Nome.Il Sabato è delizia (Is 58, 13). Chi sminuisce la delizia del Sabato è come se rubasse la Shekinah, perché il Sabato è l’unica figlia di Dio. Santifica, dunque, il Sabato con cibi prelibati, begli abiti, delizia la tua anima con piacere e io ti ricompenserò con questo stesso piacere4.

Il Sabato dono di Dio all’uomo

La vigilia del Sabato l’uomo entrò nel giardino dell’Eden. Gli angeli lo onorarono e danzarono davanti a lui. Ma al crepuscolo dello stesso giorno, era già stato espulso e gli angeli gli gridavano:– Adamo non passerà la notte nell’opulenza; è simile alle bestie, ad esse somiglia.Arrivò allora il Sabato, che divenne l’avvocato difensore del primo uomo, dicendo davanti al Santo, benedetto sia:– Signore di tutti i mondi, nei sei giorni della creazione nessuno fu assassinato nel mondo, e comincerai proprio da me? Questa è la mia santificazione? Questa è la mia benedizione?

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E grazie al Sabato il primo uomo si salvò dal giudizio della Geenna.Quando Adamo vide la potenza del Sabato, disse: Non è vano il Sabato, benedetto sia. Benedisse il Sabato e lo santificò. E iniziò a cantare e suonare in onore del Sabato, com’è scritto: «Salmo. Canto per il giorno del Sabato» (Sal 92, 1)5.

I saggi – benedetta la loro memoria – dissero anche:Quando Adamo vide la maestà del Sabato, la sua grandezza e la sua gloria, e la gioia che conferiva a tutti gli esseri, intonò un cantico di lode al Sabato, rendendo grazie al Sabato. Allora il Santo – benedetto sia – gli disse:– Intoni un canto di lode al Sabato e nessuno a Me, Dio del Sabato?Allora il Sabato si alzò dal suo sedile e si prostrò davanti al Signore, dicendo:– È bene rendere grazie al Signore.E l’intera creazione aggiunse:– «È bello cantare le tue lodi, o Altissimo» (Sal 92, 2)6.

Perciò i saggi – benedetta la loro memoria – insegnarono:Il Sabato si dà a voi, non voi al Sabato. Non c’è niente di più importante, secondo la Torah, che conservare la vita umana. Perciò, quando ci sia la più piccola possibilità di salvare una vita in pericolo, si può passare sopra a tutte le proibizioni della Legge7.Rabbi Simeon ben Menasias dice: Osserva ciò che è scritto: «Osserva il Sabato, perché è santo per voi» (Es 31, 14). Il Sabato si è dato a voi, ma voi non siete stati dati in potere del Sabato.E Rabbi Natan dice:Osserva ciò che è scritto: «Gli israeliti osserveranno il Sabato, festeggiando il Sabato nelle loro generazioni» (Es 31, 16). Questo vuol dire che tu, per salvare una vita, puoi profanare il Sabato, perché la persona a cui salvi la vita possa osservare ancora molti sabati.Rabbi Chisda e Rabbi Hamnuna dicevano:Fare calcoli il Sabato per motivi religiosi è permesso.Rabbi Elazar diceva:Il Sabato è permesso prendere decisioni per distribuire elemosine ai poveri.Rabbi Giacobbe bar Ida diceva:Il Sabato ci si occupa della vita umana, degli interessi della comunità e di andare nelle sinagoghe a occuparsi delle faccende della comunità.Rabbi Samuele bar Nachman diceva anche:È permesso il Sabato andare in teatri, circhi e basiliche, quando si tratta di rappresentare gli interessi della comunità.Si insegnava inoltre:Il Sabato è permesso prendere decisioni sul fidanzamento dei giovani ed anche accordi per l’educazione religiosa dei bambini.Nella Scrittura (Is 58, 13) si dice solo che il Sabato tu non faccia le tue cose, né segua le tue vie. Agire nelle cose del Signore è permesso8.

Il Sabato, giorno di riposo

«E il settimo giorno riposò». Si può parlare, in Lui, di stanchezza, perché debba riposare? Non dice forse Isaia: «Egli non si affatica né si stanca, ma dà forza allo stanco» (40, 28-29). Cosa ci insegna la Scrittura dicendo «e il settimo giorno riposò»?Vuole insegnarci che se Dio ha permesso che di Lui si scrivesse che «riposò», a maggior ragione l’uomo deve riposare il settimo giorno!.Se il Santo – benedetto sia – osservò e santificò il Sabato, non deve forse osservarlo e santificarlo Israele? Sappi che per quarant’anni la manna fu distribuita durante i sei giorni della creazione, ma non durante il Sabato.

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Forse pensi che mancavano risorse per distribuirla tutti i giorni, ma non era così, perché la potenza del Nome non viene mai meno, ma il Sabato stava davanti a Lui; perciò, il sesto giorno forniva pane per due giorni, com’è scritto: «Vedete che il Signore vi ha dato il Sabato! Egli vi dà al sesto giorno il pane di due giorni» (Es 16, 29).Quando gli israeliti avvertirono che il Sabato stava davanti a Lui, riposarono anch’essi, com’è scritto: «Il popolo dunque riposò nel settimo giorno» (Es 16, 30)9.

Di qui i saggi – benedetta la loro memoria – insegnarono: «Sei giorni faticherai e farai ogni tuo lavoro» (Es 20, 8). È possibile per l’uomo fare ogni suo lavoro in sei giorni? Il nostro lavoro non resta sempre incompleto? Questo versetto vuole dirci: riposa il Sabato come se avessi fatto ogni lavoro. Un’altra interpretazione è questa: fai riposare anche il pensiero del lavoro.Un uomo pio, passeggiando un certo Sabato nella sua vigna, vide una breccia nella recinzione e si propose, trascorso il Sabato, di aggiustarla. Terminato il Sabato, decise: dato che il pensiero di riparare la breccia mi è venuto di Sabato, non la riparerò mai10.Un’altra spiegazione: Riposa dal pensiero del lavoro, poiché per questo è scritto: «Se tratterrai il piede dal violare il Sabato, dallo sbrigare affari nel giorno a me sacro, se chiamerai il Sabato delizia, allora troverai la delizia nel Signore» (Is 58, 13-14).“Ricordati del giorno di Sabato per santificarlo” (Es 20, 8), come ordinò JHWH, tuo Dio: «Sei giorni faticherai e farai ogni tuo lavoro; ma il settimo giorno è il Sabato (riposo) in onore del Signore, tuo Dio: tu non farai alcun lavoro» (Es 20, 9-10).Il Santo – benedetto sia – scelse il settimo giorno per santificarlo con il suo Nome, e lo chiamò “il giorno più prezioso”, poiché in esso unì il cielo e la terra, e lo benedisse, com’è scritto: «Dio benedisse il settimo giorno e lo consacrò» (Gen 2, 3), perché in questo giorno riposò da ogni suo lavoro; e lo lasciò in eredità al suo popolo Israele, scelto fra le altre nazioni, e gli diede il Sabato perché nei suoi accampamenti non ci fosse afflizione, ma gioia.Beati quelli che osservano il Sabato, lo celebrano con gioia e lo onorano, com’è scritto: «E lo onori evitando di metterti in cammino, di sbrigare affari e di contrattare» (Is 58, 13).C’era una volta un uomo pio che aveva una mucca con la quale arava tutti i giorni, ma, quando arrivava il Sabato, la lasciava riposare. Dopo un certo tempo, quell’uomo divenne povero, restando senza niente. Vendette perciò la mucca ad un pagano, il quale arò con essa per sei giorni. Giunto il Sabato, prese la mucca per arare, ma non appena la mucca sentì il giogo sul collo, cadde sotto il giogo, poiché non voleva lavorare di Sabato. Il pagano la colpì, ma inutilmente. La mucca non si rialzava. Allora, il pagano si rivolse all’uomo pio che gliela aveva venduta e gli disse:– Vieni e riprenditi la tua mucca, poiché ha voluto lavorare solo sei giorni. Al settimo è caduta sotto il giogo, senza voler fare alcun lavoro. L’ho colpita, ma non si è mossa.Ascoltate queste parole, l’uomo pio comprese la causa per cui la mucca non voleva lavorare, dato che aveva imparato a non lavorare di Sabato. Disse allora al pagano:– Vieni con me e la farò alzare e lavorare.Giunto presso la mucca, le disse in un orecchio:– Ah, povera mucca mia! Quando eri mia, tu e io osservavamo il Sabato, ma ora, a causa dei miei peccati, ho dovuto venderti a quest’uomo; ti prego di fare la volontà del tuo nuovo signore.Quando finì di parlare, la mucca si mise in piedi, pronta per il lavoro. Vedendo l’accaduto, il pagano chiese:– Dimmi, l’hai stregata? Non ti lascerò finché non mi avrai detto cosa le hai fatto o detto all’orecchio.L’uomo pio gli raccontò tutto. Ascoltandolo, il pagano si impaurì e si disse:– Cos’è questo? La mucca, che non ha intelligenza, riconosce il suo Creatore, mentre io, creato dal Santo – benedetto sia – a sua immagine e somiglianza, e dal quale ho ricevuto l’intelligenza, non sono capace di riconoscere il mio Creatore?Immediatamente, acquistò il timore di Dio e divenne degno di apprendere la Torah, e fu chiamato Rabbi Chanina: “figlio della Mucca”.

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Giuseppe venerava il Sabato ed aveva un vicino pagano molto ricco al quale tutti dicevano:– Tutto il tuo oro e il tuo argento saranno ereditati da Giuseppe, colui che venera il Sabato.Dopo aver ripetutamente ascoltato queste parole, il pagano, timoroso di perdere i suoi beni, li vendette e comprò con il ricavato una perla preziosa, che nascose nel suo cappello per portarla sempre con sé ed essere così sicuro che non sarebbe mai finita nelle mani di Giuseppe. Ma, passando su un ponte, il vento soffiò e gli fece volare il cappello dalla testa; il cappello cadde nell’acqua e fu inghiottito da un pesce.Il Santo – benedetto sia – volle che quel pesce fosse pescato da un pescatore alla vigilia del Sabato. Il pescatore cercò subito di venderlo, gridando:– Chi mi compra un pesce per un ducato?Ma non trovava nessuno che lo comprasse. Il pescatore allora si disse: “Andrò a casa di Giuseppe, Colui che venera il Sabato, che di solito compra tali cibi per celebrare il Sabato; forse mi comprerà questo pesce”.Giunse a casa di Giuseppe, il quale comprò il pesce e si affrettò a prepararlo in onore del Sabato. Quando lo aprì, trovò al suo interno la perla appartenuta al pagano, suo vicino, e la vendette per tremila denari d’oro.Questo è il tesoro del Sabato, ereditato da quanti lo venerano, celebrandolo con cibi squisiti e belle vesti.

Il Sabato, giorno di gioia e di pace

È obbligo di ogni uomo mettere un grande zelo, essere attivo e diligente, nel preparare il Sabato, come chi sa che una regina verrà ad alloggiare nella sua casa, o che la fidanzata, con tutto il suo seguito, vengono a visitarlo. Cosa farebbe quest’uomo? Gioirebbe grandemente ed esclamerebbe: quale grande onore mi fanno prendendo dimora sotto il mio tetto! Direbbe ai suoi servitori: preparate la casa, pulitela e preparate i letti per il loro arrivo; io andrò a comprare pane, carne, pesce e tutto ciò che si possa comprare per onorarli. Egli stesso si occuperà della preparazione del pasto del Sabato, sebbene abbia mille servitori.E chi è più grande del Sabato che è al contempo fidanzata e regina e che chiamiamo delizia? Il padrone di casa deve mostrarsi mille volte più attivo nel fare i preparativi, per quanto abbia molti servitori11.Questo faceva Rabbi Giuda ben Ilai. La vigilia del Sabato gli portavano una bacinella di acqua calda, si lavava il viso, le mani e i piedi e, avvolto in tuniche di lino adorne di frange, si sedeva e sembrava un angelo del Signore degli eserciti12.Insegnarono i saggi, benedetta la loro memoria:Il Sabato non è permesso all’uomo uscire con una spada, un arco, uno scudo o un giavellotto. Chi porta armi in giorno di Sabato, vìola la sua pace ed è colpevole.Rabbi Eliezer, invece, pensava che non si era colpevoli se si portavano queste armi solo come ornamento.Ma i saggi – benedetta la loro memoria – insegnarono che le armi non sono mai un ornamento; sono sempre una vergogna. Perché del futuro messianico è scritto: «Forgeranno le loro spade in vomeri, le loro lance in falci; un popolo non alzerà più la spada contro un altro popolo, non si eserciteranno più nell’arte della guerra» (Is 2, 4)13.Il giorno di Sabato deve essere vissuto con incanto, grazia, pace e grande amore. Adirarsi di Sabato è doppiamente peccato. Il versetto: «Non accenderete il fuoco in giorno di Sabato, in nessuna delle vostre dimore» (Es 35, 3), deve essere interpretato nel senso che non accenderete il fuoco della disputa né la fiamma della collera. Ugualmente, dopo i pasti, di Sabato si recita: “Che non ci sia tristezza né pena nel giorno del nostro riposo”. È peccato essere triste in giorno di Sabato.Insegnarono i saggi, benedetta la loro memoria:Rabbi Yehudah preparò una volta il pranzo per l’imperatore: gli servì piatti caldi nei giorni feriali e freddi in giorno di Sabato.

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L’imperatore, meravigliato, gli disse:– Questi piatti freddi sono mille volte migliori di quelli caldi. Da dove viene questo odore tanto delizioso?Rispose:– Per questi piatti usiamo un condimento che manca nelle dispense dell’imperatore.– Nelle mie dispense manca qualcosa?– Sì, manca il condimento del Sabato.– Allora, dammene un po’.Rispose:– Non ti servirebbe a niente. Serve solo a chi osserva il Sabato. A chi non lo osserva è inutile.Perciò, l’uomo deve osservare il Sabato, celebrarlo con pasti squisiti e begli abiti, come dissero i saggi, benedetta la loro memoria: di Sabato l’uomo può indossare diciotto abiti.

Il Sabato, giorno di Santità

«Siate santi, perché io, il Signore, Dio vostro, sono santo» (Lv 19, 2).Questo vuol dire: se voi vi santificate, io ve lo accredito come se mi fossi santificato io; se non vi santificate, io ve lo accredito come se non mi fossi santificato io. O forse la Scrittura dice: se voi mi santificate, io sono santificato e se non mi santificate io non sono santificato? No! È scritto così: «perché io sono santo». Io sono nella mia santità sia che voi mi santifichiate, sia che non mi santifichiate.

Il Sabato è figura dell’eternità

«Dio benedisse il settimo giorno e lo consacrò» (Gen 2, 3). Il Santo – benedetto sia – benedisse e santificò il Sabato, e Israele è obbligato ad osservare e santificare il Sabato. Di qui i saggi – benedetta la loro memoria – hanno insegnato: chiunque pronunci la benedizione sul vino nella notte del Sabato (nel rito dell’havdalah o saluto del Sabato), i suoi giorni in questo mondo e in quello futuro si moltiplicheranno, com’è scritto: «Per mezzo mio si moltiplicano i tuoi giorni (in questo mondo), ti saranno aggiunti giorni di vita (nel mondo futuro)» (Pr 9, 11).

Il Sabato «è un segno perenne fra me e gli Israeliti» (Es 31, 17). Diceva il Santo, benedetto sia: Io, che in sei giorni feci il mondo e il Sabato riposai, ho posto il Sabato come segno tra me e loro; perciò, diedi loro sei giorni di lavoro e il settimo giorno di benedizione, santificazione e riposo per me e per loro. Per questo è detto: “Fra me e gli Israeliti”.

Chiunque osservi il Sabato è beato in questo mondo e sarà beato nel mondo futuro, com’è detto: «Beato l’uomo che così agisce e il figlio dell’uomo che a questo si attiene, che osserva il Sabato senza profanarlo» (Is 56, 2)14.

Il Sabato è memoria di due mondi: questo e il futuro. È figura di entrambi. Perché il Sabato è gioia, santità e riposo; la gioia è parte di questo mondo, la santità e il riposo sono del mondo futuro. Per questo, diciamo del Sabato: «Gioiscano i cieli, esulti la terra» (Sal 96, 11). I cieli simboleggiano il mondo futuro, mentre la terra simboleggia questo mondo terreno e mortale.

Disse una volta un rabbino a un suo amico: “Quanto è preziosa la Festa delle Capanne! Finché restiamo nella Capanna, persino il nostro corpo è circondato dalla santità”. Ma l’amico replicò: “Il Sabato è ancora più di questo. Durante la Festa puoi momentaneamente uscire dalla Capanna, mentre il Sabato ti avvolge ovunque tu vada”15.

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Cosa fu creato il settimo giorno? Tranquillità, serenità, pace e riposo16. Per sei giorni preghiamo: “Osserva le nostre entrate e le nostre uscite”; ma al tramonto del Sabato, invece di questo, diciamo: “Racchiudici nella Tenda della tua Pace”. E quando, torniamo a casa dalla Sinagoga, intoniamo il canto: “La pace sia con voi Angeli della Pace”17.

Il settimo giorno è il segno della risurrezione e del mondo futuro. Racconta una leggenda che quando Dio diede la Torah a Israele, disse loro:– Figli miei, se accettate la Torah e osservate i miei precetti, vi darò per tutta l’eternità ciò che ho di più prezioso.– Cosa hai di tanto prezioso da darci se obbediamo alla tua Torah?– Il mondo futuro.– Mostraci in questo mondo un’immagine del mondo futuro.– Il Sabato è immagine del mondo futuro18.

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1 Gen Rabbah XI, 8; cf. Pesiqta Rabbati, c. 23. La parola ebraica qaddish significa santificare ed anche celebrazione matrimoniale.

2 bShabbat 119b.3 Mekilta, Shabbat, c. 1.4 Dt Rabba 3, 1.5 I capitoli di Rabbi Eliezer XIX, 2-3.6 L. Ginzberg, Legends of the Jews, I, 85; V, 110.7 Gen Rabbah 19, 3. Eccettuata la proibizione dell’idolatria, dell’adulterio e dell’omicidio.8 bShabbat 150a.9 I capitoli di Rabbi Eliezer XVIII, 3.10 bShabbat 15a.11 Sefer Hasidim 54.12 bShabbat 25b.13 mShabbat 6, 4.14 I capitoli di Rabbi Eliezer XIV, 415 Citato da A.J. Heschel, El Shabbat, Bilbao 1989, p. 33.16 Gen Rabbah 10, 9.17 bShabbat 119b.18 Vita copta di Adamo ed Eva, 41, 1.

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IVONORA TUO PADRE

E TUA MADRE

Onora tuo padre e tua madre,perché si prolunghino i tuoi giorni

nel paese che il Signore, tuo Dio ti dà(Es 20, 12)

Onora tuo padre e tua madre,come il Signore Dio tuo ti ha comandato,

perché la tua vita sia lungae tu sii felice nel paese

che il Signore tuo Dio ti dà

(Dt 5, 16)

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Onora tuo padre e tua madre

Rabbi Reuben ben Astroboli diceva: Onora tuo padre e tua madre, poiché senza di essi tu non saresti venuto al mondo. E bada a ciò che fai per loro, poiché essi hanno badato a te1.

«Onora tuo padre e tua madre, perché si prolunghino i tuoi giorni nel paese che ti dà il Signore, tuo Dio» (Es 20, 12).«Onora tuo padre e tua madre» (Es 20, 12).«Ognuno rispetti sua madre e suo padre» (Lv 19, 3).

Rabbi Giuda insegna: È evidente, e riconosciuto da Colui che con la parola fece esistere il mondo, che l’uomo onora più sua madre che suo padre. Perché la madre lo calma con soavi parole.È anche evidente, e riconosciuto da Colui che con la parola fece esistere il mondo, che l’uomo rispetta più suo padre che sua madre. Perché il padre gli insegna la Torah.Perciò il comandamento, quando parla di onore, nomina il padre prima della madre e, quando parla di rispetto, nomina la madre prima del padre. Questo significa che i due hanno lo stesso valore e debbono essere considerati su un piano di parità.

Onorare i genitori e onorare Dio

I genitori, dai quali nascesti, onorali, come onori me. Il ventre, nel quale fosti generato, onoralo; i seni, che ti allattarono, nutrili, poiché sta scritto: «Ognuno rispetti sua madre e suo padre» (Lv 19, 3). Ed è anche scritto: «Onora tuo padre e tua madre» (Es 20, 12).Come li si deve onorare? Nel mangiare, nel bere, nel vestire, entrando e uscendo di casa. E come li si deve rispettare? Non mettendosi al loro posto, né contraddicendo le loro parole.Chi onora suo padre e sua madre sarà annoverato dal Santo – benedetto sia – fra coloro che onorano Lui; ma chi disprezza suo padre e sua madre sarà annoverato dal Santo – benedetto sia – fra coloro che disprezzano Lui.La formazione del bambino dipende da tre componenti: il Santo – benedetto sia – il padre e la madre. Dal padre derivano il cervello e le ossa, i tendini e le unghie e il bianco degli occhi; dalla madre, la carne, la pelle, il nero degli occhi e il sangue. E il Santo – benedetto sia – pone in lui il respiro, l’anima, la conoscenza, la scienza e l’intelligenza. Quando l’uomo abbandona il mondo, il Santo – benedetto sia – gli toglie la parte che gli diede e lascia agli uomini la parte del padre e della madre.

A uno dei saggi accadde questo. Aveva due figli maschi, nati nella sua vecchiaia. Per la sua eccessiva premura nei loro riguardi, non andavano in Sinagoga se non con lui, e non tornavano a casa se non con lui. Non li affidava a nessuno.

Un Sabato, si recarono con lui in sinagoga ed un muro, che era sul punto di cadere, franò loro addosso. Il padre entrò nella sinagoga, pregò e lodò il Santo – benedetto sia – e sopportò la disgrazia con pazienza. Poi tornò a casa senza i bambini. La madre, turbata, gli chiese:– Come mai hai lasciati soli i bambini? Non è tuo costume lasciarli in casa d’altri.Rispose:– Hai ragione, ma oggi li ho lasciati a casa di Fulano, dove sono al sicuro. Stanotte tornerò a riprenderli.Dopo mangiato, giunse il momento della preghiera vespertina (‘arvit) e il padre si recò in sinagoga per pregare, e sopportò la disgrazia con rassegnazione davanti al Santo, benedetto sia. Frattanto, la

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madre attendeva il ritorno dei bambini. Quando il marito tornò senza i bambini, ebbe la certezza che erano morti e che suo marito, per compassione, le nascondeva la verità. Allora gli disse:– Signore, ho qualcosa da chiederti.– Dimmi pure.Gli chiese:– Un uomo che aveva depositato del denaro in casa mia è venuto ieri e me lo ha chiesto. Debbo restituirglielo o tenermelo?– Dio ti guardi dal tenerti il suo denaro! – esclamò il marito – Anzi, affrettati a restituirglielo.Ella chiese ancora:– Debbo forse rattristarmi perché se lo riprende?Rispose:– Come puoi rattristarti o soffrire per questo? Vorresti forse trattenere per te ciò che è suo?Allora ella disse:– Il Creatore – benedetto sia – ha depositato in casa mia due tesori e ora è tornato a riprenderseli. Perché dovrei essere triste e afflitta? Il santo Giobbe disse: «Il Signore ha dato, il Signore ha tolto, sia benedetto il nome del Signore» (Gb 1, 21).Ascoltandola, il marito trovò consolazione per la sua anima nella fortezza di sua moglie, nella sua grande fede e nella rettitudine del suo cuore, poiché aveva considerato giusto il giudizio del Creatore – benedetto sia – e lo aveva accettato con rassegnazione.

“Onora tuo padre e tua madre”. Se ne potrebbe dedurre che debbo onorare i genitori solo a parole. Ma, per escludere tale interpretazione, è scritto: “Onora il Signore con ciò che hai”. “Onorare” vuol dire, pertanto, qualcosa di più del semplice rispetto a parole. Vuol dire onora i tuoi genitori nel mangiare, nel bere e nel vestire.

Rabbi Giuda insegnava:L’onore dovuto al padre e alla madre è gradito a Colui che con la parola fece esistere il mondo. Egli considera l’onore e il rispetto dovuto ai genitori come dovuto a Lui. Ugualmente, maledire i genitori è come maledire il Santo, benedetto sia.Sta scritto: «Onora tuo padre e tua madre» (Es 20, 12) ed anche: «Onora il Signore con i tuoi averi» (Pr 3, 9). L’onore dovuto al padre e alla madre e l’onore dovuto al Santo – benedetto sia – sono, dunque, considerati simili.È anche scritto: «Ognuno rispetti sua madre e suo padre» (Lv 19, 3); ciò corrisponde al versetto: «Temerai il Signore, Dio tuo» (Dt 6, 13). Il rispetto per la madre e il padre sono, dunque, uguali al rispetto dovuto al Santo, benedetto sia.

È anche scritto: «Colui che maledice suo padre o sua madre sarà messo a morte» (Es 21, 17). Ed inoltre: «Chiunque maledirà il suo Dio, porterà la pena del suo peccato» (Lv 24, 15). Maledire il padre o la madre è considerato, pertanto, come maledire il Santo, benedetto sia.

Dio benedice chi onora i suoi genitori

Ecco ciò che fece un pagano ad Ascalon. Si chiamava Damah ben Netina. Una volta, vollero comprare le sue merci per una somma di duecentomila denari, ma la chiave era sotto il cuscino di suo padre e non volle disturbarlo. Un’altra volta, si perse il diaspro del pettorale del Sommo Sacerdote. Allora i saggi si informarono su chi possedesse tale pietra ed appurarono che Damah ne possedeva una. I saggi si recarono da lui e gli offrirono cento denari per la pietra dell’Efod. Quando Damah si mise a cercare la pietra, vide che suo padre dormiva sullo scrigno che conteneva il diaspro e non volle disturbarlo. I saggi aumentarono l’offerta a duecento denari, poiché avevano bisogno con urgenza del diaspro. Ma Damah non volle svegliare suo padre. Allora i saggi gli offrirono mille denari, ma Damah non svegliò suo padre.

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Più tardi, svegliatosi il padre, Damah prese la pietra e la portò ai saggi, che volevano pagare l’ultimo prezzo offerto. Ma Damah disse:– Non venderò mai l’onore che ho per mio padre!Ed accettò solo i cento denari della prima offerta.L’anno seguente il Santo – benedetto sia – lo ricompensò. Nella sua mandria c’era una mucca rossa. Quando gli israeliti ebbero bisogno di una vacca rossa per i loro riti di purificazione (cf. Nm 19, 2ss), tornarono a visitarlo e pagarono per essa il suo peso in oro.Quando il Santo – benedetto sia – vede che il figlio onora suo padre e sua madre, gli allunga i giorni e gli anni. Il Santo – benedetto sia – gli dà la sua ricompensa in questo mondo e nel mondo futuro.Ma chi disonora suo padre merita di essere appeso al legno e lapidato, come Assalonne, che, per aver disonorato suo padre Davide, rimase sospeso ad un leccio, fu gettato in una fossa e sepolto sotto un cumulo di pietre (2Sam 18, 9ss).

Si racconta che Elisha ben Abuyah abbandonò la retta via perché non comprese le promesse fatte dal Santo – benedetto sia – a chi onora i genitori e libera gli uccelli e cattura gli uccellini, com’è scritto: «Quando, cammin facendo, troverai un nido d’uccelli… libererai la madre e prenderai i figli affinché si allunghino i tuoi giorni e si allontani la tua fine» (Dt 22, 6-7).

Una volta, Elisha ben Abuyah vide un uomo che diceva a suo figlio:– Figlio mio, sali su quest’albero, libera il padre e la madre e prendi gli uccellini, poiché desidero mangiarli. Il figlio salì per rispetto a suo padre e, obbedendo ai due ordini, liberò il padre e la madre e prese i piccoli, ma non riuscì a ridiscendere a terra, poiché la scala si ruppe e il ragazzo cadde e morì. Il padre esclamò: “Strana maniera di prolungargli i giorni e di fargli del bene!”.Elisha ben Abuyah restò tanto impressionato da negare la risurrezione dei morti e l’esistenza del premio e del castigo, e da abbandonare la religione. Non comprese che le parole del Santo, benedetto sia: “Perché si prolunghino i tuoi giorni” (Es 20, 12), si riferiscono al luogo nel quale i giusti non patiscono alcun male, secondo le parole dei saggi, benedetta la loro memoria: “Perché si prolunghino i tuoi giorni in un mondo in cui tutto è abbondanza e perché tu stia bene in un mondo in cui tutto è bontà”.

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1 Abot di Rabbi Natan (versione B) XXXV, 2.

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VNON UCCIDERE

Non uccidere

(Es 20, 13)

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Non uccidere

«Non uccidere» (Es 20, 13). Non unirti ad assassini. Allontànati da loro perché i tuoi figli non imparino ad uccidere.Il prezzo di una vita è tanto alto che non c’è indennizzo possibile per chi pecchi contro di essa. In realtà chi fa perire un solo uomo è come se facesse perire il mondo intero. «Il sangue di Abele grida a me dal suolo» (Gen 4, 10). Perciò è detto: «Non uccidere» (Es 20, 13). Perché distruggere una vita che non potrà essere restituita, se la Torah l’ha decretato? Perché spegnere una lampada che non potrà essere riaccesa?L’assassino potrà nascondersi alla vista dei mortali, ma non potrà nascondersi alla vista del Santo – benedetto sia – poiché i suoi occhi osservano tutte le azioni umane, buone o cattive. Non ci sono tenebre né oscurità nelle quali il malvagio possa nascondersi. Come potrà l’assassino nascondersi tra i figli del Santo – benedetto sia – che cola e forma il bambino nel grembo materno, com’è scritto: «Non mi hai colato forse come latte e fatto accagliare come cacio?» (Gb 10, 10).

Qualcuno potrebbe dire:– Chi testimonierà contro di me?– Le pietre della casa dell’uomo, le travi della sua casa, saranno suoi testimoni, come è detto: «La pietra infatti griderà dalla parete e dal tavolato risponderà la trave» (Ab 2, 11).Rabbi Sila dice: Gli angeli custodi, che accompagnano l’uomo, testimonieranno per lui, poiché è scritto: «Egli darà ordine ai suoi angeli di custodirti in tutti i tuoi passi» (Sal 91, 11).

Alcuni dicono: Le membra dell’uomo testimonieranno per lui, poiché è scritto: «Voi siete miei testimoni - oracolo del Signore - e io sono Dio» (Is 43, 12).Per questo l’uomo deve guardarsi dall’assassinio, poiché ogni uomo è creatura e opera di Dio. Come può un uomo distruggerlo?

Nel mondo futuro, l’assassinato si alzerà davanti al Santo – benedetto sia – e chiederà giustizia, dicendo:– Signore dell’universo, Tu mi hai creato e mi hai fatto crescere, Tu mi hai protetto nel ventre materno e mi hai fatto nascere senza difetti, Tu mi hai alimentato con la tua grande misericordia, poi venne costui e uccise una delle tue creature. Signore dei mondi, sii mio garante e rendimi giustizia di fronte a chi non ebbe pietà di me.E il Santo – benedetto sia – farà giustizia. L’ucciso, vedendo che è stata fatta giustizia, gioirà, com’è scritto: «Il giusto godrà nel vedere la vendetta, laverà i piedi nel sangue degli empi. Gli uomini diranno: C’è un premio per il giusto, c’è Dio che fa giustizia sulla terra» (Sal 58, 11-12).Presto arriverà la salvezza, ma tu, figlio dell’uomo, non puoi distruggere una vita in Israele.

Il desiderio di ricchezza causa dell’omicidio

La causa di tutti i conflitti tra gli uomini, le famiglie e i popoli è l’attaccamento al denaro.Quando Caino e Abele si divisero il mondo, stabilirono che nessuno avrebbe violato la proprietà dell’altro. Ognuno avrebbe usato solo del suo. Essendo Caino un agricoltore, ebbe la terra, mentre al pastore Abele spettò tutto ciò che si muoveva.Un giorno, una pecora di Abele si perse e cominciò a brucare in un campo seminato da Caino. In uno scatto d’ira, Caino esclamò:– Mi stai derubando! Chi ti ha autorizzato a vivere sulla mia terra e a lasciar pascolare le tue pecore nel mio campo? Vattene!Rispose Abele:

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– E perché tu usi i prodotti delle mie pecore, facendoti abiti con la loro lana? Se rinunci alla lana delle mie pecore, con la quale ti vesti, me ne andrò dalla tua terra, magari volando.Caino rispose:– E se ti uccidessi, chi mi chiederebbe conto del tuo sangue, dato che sono solo sulla mia terra?Rispose Abele:– Dio, che ci ha dato la terra, vendicherà il mio sangue. Se mi uccidi, Egli ti chiederà conto del mio sangue.– Che importa! – esclamò Caino. E uccise suo fratello1.

La vita di un uomo vale il mondo intero

Chi fa perire un solo uomo è come se facesse perire il mondo intero. Ciò vale anche riguardo a Caino che uccise Abele, suo fratello, secondo quanto è scritto: «La voce del sangue di tuo fratello grida a me dal suolo» (Gen 4, 10). Sebbene versò il sangue (dm) di una sola persona, il testo usa il plurale (dmym). Ciò vuol dire che il sangue dei figli di Abele, quello dei suoi nipoti e di tutti i discendenti che sarebbero nati da lui sino alla fine dei tempi, gridavano davanti al Santo, benedetto sia. Dunque, la vita di un solo uomo equivale all’opera di tutta la creazione2.

Il Signore disse a Caino: Dov’è tuo fratello Abele? Sperava che Caino rispondesse come fece più tardi Davide: «Ho peccato, l’ho ucciso e mi pento di averlo fatto». Ma Caino rispose: «Non lo so. Sono forse il guardiano di mio fratello? Non so dove sia andato. Tu mi hai fatto guardiano dei campi e delle vigne e non di mio fratello». Allora il Signore gli disse: «Che hai fatto? La voce del sangue di tuo fratello grida a me dal suolo» (Gen 4, 9-10).

Un uomo entrò in un orto, colse delle fragole e le mangiò. Avendolo visto il padrone, gli disse:– Cosa hai in mano?L’altro rispose:– Nulla.Allora il padrone replicò:– E come mai le tue mani sono sporche?La stessa cosa disse Caino a Dio:– Sono forse il guardiano di mio fratello?E Dio gli disse:– Malvagio! La voce del sangue di tuo fratello grida a me dal suolo.

Un uomo penetrò in un ovile e, rubato un agnello, se lo mise sulle spalle.Il padrone, accortosene, gli corse dietro e gli chiese:– Cosa hai in mano?– Niente.Il padrone replicò:– Niente! E cosa sono questi belati che ascolto sulle tue spalle?La stessa cosa disse Dio a Caino:– La voce del sangue di tuo fratello grida a me dal suolo.L’assassinio macchia di sangue le mani dell’assassino. È inutile cercare di nasconderlo. La menzogna non serve. Solo la confessione e il pentimento possono far tacere la voce che grida a Dio3.

Con la creazione fu creata una sola persona umana per insegnarti che, se viene distrutta anche soltanto una persona, per la Scrittura è come se fosse distrutto il mondo intero. Allo stesso modo, se uno mantiene in vita una sola persona, per la Scrittura è come se fosse mantenuto in vita tutto il mondo.

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Ciò accade anche per favorire la pace fra gli uomini. Un uomo non può dire all’altro: “mio padre è più grande del tuo”.

Ed anche per annunciare la grandezza del Santo, benedetto sia. Un uomo che conia monete, le conia con un unico sigillo e tutte le monete sono uguali. Ma il Re di tutti i re, il Santo – benedetto sia – ha coniato tutti gli uomini con il sigillo del primo uomo e, tuttavia, non c’è un uomo uguale all’altro. Per questo ogni uomo può dire: “Il mondo è stato creato per me”4.

Chi insulta l’uomo offende il suo creatore

Se non siete stati salvati, non è certo per un limite della potenza di JHWH; e se la vostra supplica non è stata accolta, non è certo perché sia difficile per Lui ascoltarvi, ma perché le vostre colpe hanno creato una barriera tra voi e il vostro Dio; e a causa dei vostri peccati Egli ha ritirato la sua Shekinah da voi, e non ha ascoltato le vostre suppliche.

Le vostre mani hanno collaborato a spargere sangue innocente, le vostre dita a compiere delitti, le vostre labbra proferiscono inganni e le vostre lingue ordiscono frodi. Nessuno prega con sincerità né litiga con lealtà; confidano nel nulla, dicono menzogne e sono pronti a far uscire dal cuore parole vessatorie.

Sono come uova di serpenti velenosi e come tela tessuta dal ragno; le incubano per produrre serpenti dal veleno mortale. Come la tela del ragno non è utile per vestirsi, così anche le azioni degli empi sono inutili; le loro opere sono opere di violenza e di inganno. Sono solleciti ad operare il male e a spargere sangue innocente, i loro progetti sono progetti di violenza; saccheggio e distruzione li accompagnano. Non conoscono la via della pace e del diritto5.

Sebbene l’opera divina sia piccola agli occhi degli uomini, non lo è per Dio, l’unico a possedere la vita e la morte. Tu non puoi conoscerla, com’è scritto: «Come ignori per qual via lo spirito entra nelle ossa dentro il seno di una donna incinta, così ignori l’opera di Dio che fa tutto» (Qo 11, 5).

Insegnarono i saggi, benedetta la loro memoria: “Chi umilia pubblicamente il suo prossimo è come se avesse sparso il suo sangue”.Su ciò, Rabbi Nachman disse: “Ho visto come il rossore abbia abbandonato il volto umiliato per diventare bianco”.Rabbi Eliezer insegnava: “Chi odia il suo prossimo e come chi sparge il sangue”.E Ben Azzai insegnava: “Chi odia sua moglie è come chi sparge il sangue”.

Un giorno, Rabbi Simon b. Ellazar veniva da Migdal Eder, dalla casa del suo maestro. Montava un asino e passava accanto alla riva del mare. Vide un uomo di grande bruttezza ed esclamò:– Povero disgraziato! Quanto sei brutto! Gli uomini della tua città sono forse tutti brutti come te?L’uomo replicò:– Cosa posso farci! Va’ dall’artefice che mi ha fatto e digli: “Quanto è brutto questo vaso che hai fatto!”.Non appena ascoltò queste parole, Rabbi Simon si rese conto del suo peccato, discese dall’asino e si prostrò davanti a lui, supplicandolo:– Hai ragione, perdonami.– Non ti perdonerò finché non dirai all’artefice che mi ha fatto: “Quanto è brutto il vaso che hai fatto!”.Proseguì il suo cammino e Rabbi Simon gli correva dietro. Alcuni uomini uscirono loro incontro dalla città e dissero:

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– La pace sia con te, Rabbi.L’uomo disse:– Chi chiamate Rabbi?Risposero:– Colui che è dietro di te.Replicò:– Se questo è un Rabbi, spero che non ce ne siano molti come lui in Israele!Gli chiesero:– Cosa ti ha fatto?L’uomo raccontò ciò che gli era successo ed essi replicarono:– Hai ragione, ma perdonalo.Rispose:– Va bene, per la vostra supplica lo perdono, ma a condizione che non si comporti più così. Se è un Rabbi, impari a controllare la lingua per non offendere il Santo, benedetto sia il suo Nome.

Vari modi di uccidere il prossimo

Riguardo agli uomini presuntuosi, insolenti e violenti, la Scrittura dice: «Le braccia degli empi saranno spezzate» (Sal 37, 17).Riguardo a quanti tramano il male, parlano in modo mellifluo e sono calunniatori, la Scrittura dice: «La loro strada sia buia e scivolosa quando li insegue l’angelo del Signore» (Sal 35, 6).

Quanti ingiuriano in privato e insultano in pubblico, quanti umiliano in pubblico, nonché gli attaccabrighe, seguiranno la stessa sorte di Core e della sua comunità, com’è scritto: «La terra li ricoprì» (Nm 16, 33).Circa coloro che aumentano arbitrariamente i prezzi, diminuiscono le misure, prestano a usura e accaparrano i prodotti per ottenerne vantaggio, la Scrittura dice: «Il Signore lo giura per il vanto di Giacobbe: certo non dimenticherò mai le loro opere» (Am 8, 7)6.Di Nahum di Gimzo raccontano che restò cieco, le sue mani e i suoi piedi furono amputati e la pelle gli si riempì di lebbra. Un giorno, mentre era coricato, la casa e il tetto cominciarono a crollare. I suoi discepoli cercarono di tirarlo fuori perché non restasse schiacciato, ma egli disse loro:– Tirate fuori tutto ciò che c’è in casa, finché non resti nulla, e infine tirate fuori il mio letto, poiché fino a quando il letto resterà in casa, questa non crollerà.Dopo aver estratto tutto, estrassero anche il letto e subito la casa crollò. I suoi discepoli gli chiesero:– Maestro, poiché le tue opere sono gradite al Creatore e poiché tu sei giusto e credente, perché sei stato colpito da tante infermità e disgrazie?Rispose:– Io stesso le ho cercate.– Perché?Rispose:– Una volta andavo a casa di mio suocero e portavo con me tre asini carichi di cibarie, frutta e bevande; mi imbattei in un povero che mi disse:– Signore, dammi qualcosa da mangiare, perché muoio di fame.Gli dissi:– Aspetta che scarichi gli animali e te lo darò.Mentre scaricavo, il povero morì. Allora fui preso da una grande angoscia e, gettandomi su di lui, lo fissai ed esclamai: “Che questi miei occhi, che non si sono mossi a compassione dei tuoi occhi, perdano la vista; che queste mani, che non si sono affrettate a darti da mangiare, siano tagliate, ed anche i piedi!”. Dopodiché, il mio spirito non si calmò fino a quando chiesi questa infermità per il resto del corpo.

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Conseguenze della violenza

Disse il Saggio: «Allontana la collera dal tuo cuore e il male dalla tua carne» (Sir 7, 9). Dissero i saggi, benedetta la loro memoria: “Il collerico si espone a tutti i tormenti della Geenna, perché è scritto: «Allontana la collera dal tuo cuore e il male…» e non c’è un male più grande della Geenna, poiché è scritto: «E anche l’empio per il giorno della sventura»” (Pr 16, 4).

La collera finisce col portare alla negazione di Dio, lodato sia, come dissero i saggi, benedetta la loro memoria: “Il collerico non tiene alcun conto della Shekinah, poiché è scritto: «L’empio si vanta delle sue brame»” (Sal 10, 4).Rabbi Yirmiah di Diti disse: “Il collerico dimentica la sua prudenza, poiché è scritto: «L’ira alberga in seno agli stolti»” (Qo 7, 9).E Rabbi bar Chuna dice: “E diventa più stupido, poiché è scritto: «Lo stolto mette in mostra la stoltezza»” (Pr 13, 16).

L’uomo deve tenere presente che i suoi peccati sono più numerosi delle sue opere buone. Come disse Rabbi Nachman bar Ysaaq: “I suoi peccati superano i suoi meriti, com’è scritto: «Un uomo collerico suscita litigi»” (Pr 29, 22).E se in un impeto di collera strappasse le sue vesti, sarebbe molto stolto, come dice il Talmud: “Chi è considerato stolto? Chi strappa le sue vesti in un accesso di collera”. E in un altro passo dice: “Chi, in balia dell’ira, rompe le stoviglie”. Anche se il danno causato dall’ira riguarda solo il corpo, bisognerebbe dominarla, tanto più in quanto con essa si perde l’intelligenza e la fede, nonché la ricompensa del mondo futuro. Dio custodisca quanti temono il Cielo da cose di questo genere!

Una volta Hillel vide un teschio che galleggiava sull’acqua e disse: “Hai fatto annegare altri e ora sei annegato tu. Ma anche quelli che ti hanno fatto annegare, annegheranno a loro volta”.

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1 Gen Rabba 22, 7; Yalqut Meam Loez a Gen 4, 8.2 Abot di Rabbi Natan XXXI, 1.3 Bereshit Rabbak 22, 9.4 mSanhedrin 4, 5.5 Targum di Isaia LIX, 1-8.6 Abot di Rabbi Natan (versione B) XXXV, 5.

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VINON COMMETTERE ADULTERIO

Non commettere adulterio

(Es 20, 14)

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Dio crea e difende il matrimonio

Rabbi Yeoshua ben Qoriah diceva:– Finché l’uomo fu solo, il suo nome fu Adamo, a causa della terra (’adamah) da cui fu tratto. Ma, da quando gli venne dato l’aiuto della donna, lo si chiamò uomo, e lei donna. Cosa fece il Santo, benedetto sia? Pose il suo nome, YH, tra essi, dicendo: Se camminate per le mie vie e osservate i miei precetti, il mio Nome resterà in voi e vi salverà da ogni male. In caso contrario, ritirerò il mio Nome da voi ed entrambi vi trasformerete in fuoco. E il fuoco divora il fuoco, com’è scritto: «È un fuoco che divora fino alla distruzione» (Gb 31, 12)1.

Rabbi Simlach disse:– Prima fu creato Adamo dalla terra e poi Eva da Adamo; da allora, “a nostra immagine e somiglianza” vuol dire che né l’uomo è senza la donna, né la donna senza l’uomo, e neanche entrambi senza la presenza divina2.È scritto: «A immagine di Dio lo creò, maschio e femmina li creò» (Gen 1, 27). Rabbi Jaaqov insegna:Chi non ha donna, è senza aiuto, senza gioia e senza benedizione.E tre saggi – benedetta la loro memoria – commentano:– Chi non si sposa e non genera figli è come se versasse il sangue, poiché è anche scritto: «crescete e moltiplicatevi, riempite la terra» (Gen 1, 28).E il terzo dei saggi, unico celibe, aggiunse:– Chi non si sposa e non genera figli, diminuisce l’immagine del Santo – benedetto sia – ed è un assassino. Entrambe le cose sono scritte, una dopo l’altra.Gli altri due replicarono:– C’è chi parla male e vive male e chi parla male e agisce bene. Ma tu parli bene e agisci male.Alzando le spalle, replicò:– Cosa posso farci se mi sono innamorato della Torah? Pensino gli altri a sposarsi e a generare figli!3.

L’adulterio trasgredisce i Dieci Comandamenti

Rabbi Chanina insegna:– L’adultero e l’adultera trasgrediscono i Dieci Comandamenti.Gli dissero i saggi, benedetta la loro memoria:– È facile comprendere che trasgrediscono nove dei Dieci Comandamenti. Ma in che modo trasgrediscono il comandamento del Sabato?Rispose:– Trasgrediscono il comandamento «Io sono JHWH, tuo Dio», perché chi commette adulterio con la moglie del suo prossimo è come se rinnegasse il Santo – benedetto sia – com’è scritto: «Hanno commesso adulterio, si affollano nelle case di prostituzione… Hanno rinnegato il Signore, hanno proclamato: Non è lui! Non verrà sopra di noi la sventura» (Ger 5, 7.12).

Trasgrediscono il comandamento «Non avrai altri dèi di fronte a me», perché il comandamento dice: «Io, JHWH, tuo Dio, sono un Dio geloso» e in Numeri 5, 14, dove si parla della donna sospettata di adulterio, si parla due volte di gelosia. Perché due volte? Perché l’adultera provoca sia la gelosia del Santo – benedetto sia – che quella del marito.

Trasgrediscono il comandamento: «Non nominare invano il nome di JHWH, tuo Dio», perché l’adultero è disposto a giurare falsamente di non aver fatto nulla.

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Trasgrediscono il comandamento «Onora tuo padre e tua madre», perché quando l’adultera resta incinta dell’adultero, dice al marito che il bambino è suo. Poi, quando il bambino cresce, onora il marito di sua madre, credendo che sia suo padre, mentre non lo è. Può anche succedere che il bambino, incontrando suo padre, non lo rispetti, dato che non sa che è suo padre.

Trasgrediscono il comandamento «Non uccidere», perché l’adultero sa che, se viene scoperto, sarà ucciso o ucciderà.

Che trasgrediscano il comandamento «Non commettere adulterio» è evidente.

Trasgrediscono il comandamento «Non rubare», perché l’adultero ruba la fonte del suo prossimo. Per questo, a proposito della donna stolta, è scritto: «Le acque furtive sono dolci» (Pr 9, 17).

Trasgrediscono il comandamento: «Non pronunciare falsa testimonianza contro il tuo prossimo», perché l’adultera afferma il falso contro suo marito dicendo: sono incinta di te.

Trasgrediscono il comandamento: «Non desiderare la casa del tuo prossimo; non desiderare la moglie del tuo prossimo», perché chi desidera la moglie del suo prossimo e commette adulterio con lei, desidera tutto quello che appartiene al suo prossimo. In che senso? Nel senso che il marito, pensando che il figlio concepito nell’adulterio sia suo, lo nomina erede di tutti i suoi beni, perché non sa che non è figlio suo. Per questo si può dire che l’adultero desidera tutto quello che appartiene al suo prossimo.

I saggi – benedetta la loro memoria – dissero ancora a Rabbi Chanina:– Abbiamo già ammesso che gli adulteri trasgrediscono nove dei Dieci Comandamenti. Ma in che modo trasgrediscono il comandamento «Ricordati del giorno di Sabato»?Rispose:– Si pensi al sacerdote che sposa una donna di famiglia sacerdotale. Un israelita laico commette adulterio con lei, che rimane incinta. Ma la gente pensa che il figlio nato da lei sia figlio del suo sposo sacerdote e che, pertanto, sia anch’egli sacerdote. Dopo, questo figlio compie il servizio del tempio, il che include anche che il Sabato prepari la legna per l’altare ed offra il sacrificio, che è obbligo del sacerdote, proibito al laico. Pertanto, profana il Sabato. Così, dunque, l’adultero e l’adultera trasgrediscono i Dieci Comandamenti4.

La lussuria profana la terra

Noè diceva alla gente della sua generazione:– Convertitevi dalle vostre azioni perverse e tornate sulla retta via, affinché il Santo – benedetto sia – non mandi contro di voi le acque del diluvio e distrugga la discendenza dei figli dell’uomo.Essi gli risposero:– Ci pensiamo noi a non moltiplicare il genere umano per non produrre una discendenza.Cosa fecero dunque? Quando si univano alle loro mogli, distruggevano la fonte della loro discendenza per non avere discendenti, com’è scritto: «Dio guardò la terra, ed ecco essa era corrotta» (Gen 6, 12). Perciò il Santo – benedetto sia – decise di sterminarli (Gen 6, 13). La terra profanata dai peccati dell’uomo reclama la sua vendetta (Gen 38, 9-10)5.

Dio difende i non nati

Rabbi Aqiba diceva:

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I sorveglianti del Faraone colpirono gli israeliti perché facessero la loro parte di mattoni (Es 5, 8); ma gli Egiziani non davano agli Israeliti paglia a sufficienza (Es 5, 16) e perciò gli israeliti dovevano raccogliere la paglia nel deserto e trasportarla con i loro muli, le mogli, i figli e le figlie. La paglia del deserto si ficcava nei calcagni e il sangue versato si mischiava al fango. Rachele, nipote di Sutalach, stava per partorire, e pestava il fango con suo marito. D’un tratto, il bambino fu espulso dal grembo e cadde nel recipiente che conteneva il fango dei mattoni. Il grido lanciato da Rachele giunse fino alla presenza del trono della gloria e l’Angelo Michele discese, prese il recipiente con il fango e lo portò alla presenza del trono della gloria. Quella stessa notte, il Santo – benedetto sia – percosse tutti i primogeniti degli Egiziani, com’è scritto: «A mezzanotte il Signore percosse ogni primogenito» (Es 12, 29)6.

Su questo fatto si racconta:Nadab e Abihu alzarono gli occhi e videro il trono della Gloria del Dio d’Israele e, sotto lo sgabello dei suoi piedi, sotto il suo trono, c’era come un pavimento di zaffiri in ricordo della schiavitù inflitta dagli Egiziani ai figli di Israele con fango e mattoni. Quando le donne pestavano il fango con i loro mariti, c’era lì una delicata giovane incinta che abortì e il cui feto fu pestato nel fango. Discese Gabriele e fece di lui un mattone e lo portò nell’alto dei cieli e lo pose come sgabello del Signore del mondo. Il suo splendore era come quello di una pietra preziosa e come la bellezza del cielo terso7.

Fuggire dalla tentanzione

È scritto: «Tieni lontano da lei il tuo cammino e non avvicinarti alla porta della sua casa» (Pr 5, 8). Ciò si riferisce a una prostituta. Quando si dice a un uomo: “Non andare in quel mercato, non entrare in quel vicolo, dove c’è una prostituta bella e famosa”, se egli risponde: “Confido in me stesso e anche se ci vado non inciamperò per colpa sua”, gli si replicherà: “Anche se hai fiducia in te stesso, non andarci per non inciampare per colpa sua. Poiché i saggi hanno detto che nessun uomo deve abituarsi a passare accanto alla porta di una prostituta, com’è scritto: «Perché molti ne ha fatti cadere trafitti ed erano vigorose tutte le sue vittime» (Pr 7, 26)8.

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1 Le lettere delle parabole ebraiche che valgono «marito» (ish) e «moglie» (isha), formano un anagramma delle due parole che significano «Dio» (jah) e «fuoco» (esh).

2 Genesi Rabbah, VII, 9.3 Genesi Rabbah XVII, 2.4 Nm Rabba 9, 12.5 I capitoli di Rabbi Eliezer XXII, 3.6 Capitoli XLVIII, 7.7 Pseudo-Gionata, Targum Palestinese al Pentateuco Es 24, 10.8 Abot di Rabbi Natan II, 13.

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VIINON RUBARE

Non rubare

(Es 20, 15)

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Non rubare

«Non rubare» (Es 20, 15).Con ciò si proibisce di rapire una persona. Quando, in Lv 19, 11, si dice “Non rubare” si tratta di furto di denaro. Cosa significa dunque “Non rubare” in Es 20, 15? Qui può trattarsi solo del rapimento di una persona.Si noti che nell’Esodo si parla congiuntamente (20, 13-15) delle proibizioni dell’omicidio, dell’adulterio e del furto, cioè dei tre comandamenti la cui trasgressione è punita con la pena di morte; cosa che non accade nel semplice furto di denaro. Un normale furto non è punito con la pena di morte; il rapimento di una persona, invece, è punito con la pena di morte, com’è scritto: «Colui che rapisce un uomo sarà messo a morte» (Es 21,16).I saggi – benedetta la loro memoria – aggiunsero: “Non rubare” (Es 20, 15). Sta’ sempre attento e abituati a temere il Santo – benedetto sia – e a non trasgredire i suoi comandamenti, per essere degno di vederlo e di restare in compagnia dei giusti e non degli empi, affinché Egli non debba vergognarsi di te.Vedi e osserva che il peccato di furto è il motivo per cui i belli diventano brutti; i gioiosi, tristi; gli eccellenti, mediocri e quanti sono vestiti restano nudi.Adamo ed Eva costruirono, nel giardino dell’Eden, dieci baldacchini di nozze, tutti di pietre preziose e perle, e per aver rubato il frutto dell’albero della scienza del bene e del male, il Santo – benedetto sia – si irritò con loro e rovesciò sul mondo quaranta maledizioni: dieci su Adamo e dieci su Eva, dieci sul serpente e dieci sulla terra.Rachele, nostra madre, rubò solo i terafim1, ma il suo peccato fu il motivo per cui non venne sepolta in compagnia dei giusti, in base a quanto disse Giacobbe: «Ma quanto a colui presso il quale tu troverai i tuoi dèi, non resterà in vita» (Gen 31, 32).Perciò l’uomo non deve rubare, ma lavorare e sudare; se fa questo, sarà felice in questo mondo e nel mondo futuro, poiché è detto: «Vivrai del lavoro delle tue mani, sarai felice e godrai d’ogni bene» (Sal 128, 2). Beato in questo mondo e felice nel mondo futuro.

Dio difende il povero

La peste viene nel mondo per la trasgressione della legge del raccolto (Lv 19, 9ss), del covone dimenticato (Dt 24, 19ss), del margine del campo (Lv 23, 22) e della decima del povero (Dt 14, 18-19).

C’era una volta, nei dintorni di un campo, una donna i cui figli uscirono per la raccolta. Ma il proprietario del campo non aveva lasciato nulla. Frattanto, la madre pensava: “Quando i miei figli torneranno, forse avremo qualcosa da mangiare”. Ma non poterono portarle nulla. Allora i due figli posero il capo tra le ginocchia della madre e morirono quel giorno stesso. E il Santo – benedetto sia – disse: Avete preso le loro vite e io prenderò le vostre! Così è scritto: «Non depredare il povero, perché egli è povero, e non affliggere il misero in tribunale, perché il Signore difenderà la loro causa e spoglierà della vita coloro che li hanno spogliati» (Pr 22, 22-23)2.

Si racconta che Rabbi Chuna aveva quattrocento barili di vino che si inacidirono tutti, diventando aceto. Gli si presentarono dei saggi e gli dissero:– Rivedi le tue opere e le tue azioni, correggi ciò che deve essere corretto e conserva ciò che deve essere conservato.Domandò loro:– Sospettate forse che abbia fatto qualcosa di sgradito al Santo, benedetto sia?Gli chiesero:

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– È forse il nostro Creatore sospettabile di agire senza ragione né giustizia?– Se avete qualche critica da farmi, fatemela!Gli dissero:– Abbiamo sentito dire che al servo che lavora nelle tue terre non dai la parte che gli spetta.Esclamò:– Ciò di cui mi deruba è più di quanto gli dò!– Ritieni forse di essere innocente solo perché egli è un ladro? Pagagli un giusto salario e non preoccuparti che sia un ladro, poiché sarà castigato per i suoi peccati.Subito, si pentì della sua azione. E si racconta che aumentò il prezzo dell’aceto fino a raggiungere il prezzo del vino, e che non perse nulla.

Non fare ciò che non vuoi facciano a te

Accadde una volta che un uomo si presentò davanti a Rabbi Aqiba e gli disse:– Rabbi, insegnami tutta la Torah in una sola volta.Rabbi Aqiba rispose:– Figlio mio, se Mosè, nostro maestro, la pace sia con lui, trascorse quaranta giorni e quaranta notti sul monte Sinai per apprenderla, come puoi dire: Insegnami tutta la Torah in una sola volta? Tuttavia, figlio mio, la regola fondamentale della Torah è: “Non imporre al tuo prossimo ciò che ti è odioso”. Se desideri che nessuno arrechi danno alla tua persona o ai tuoi beni, nemmeno tu devi arrecare danno all’altro. Se non vuoi che un uomo prenda ciò che è tuo, non prendere nemmeno tu ciò che è del tuo prossimo.Quell’uomo andò poi dai suoi compagni, si misero in cammino e giunsero in un campo pieno di grano. Uno prese due covoni, un altro pure due, ma egli non prese niente. Continuarono a camminare e giunsero in un campo di cavoli. Uno prese due cavoli, l’altro due, ma egli non prese niente. Gli dissero:– Perché non prendi niente?Rispose:– Questo mi ha insegnato Rabbi Aqiba: “Non fare al tuo prossimo ciò che ti è odioso. Se desideri che nessuno ti danneggi, non danneggiare nemmeno tu l’altro. Se non vuoi che un uomo prenda ciò che ti appartiene, non prendere nemmeno tu ciò che è suo”3.

Guai ai corrotti che dichiarano innocente il colpevole e impediscono che agli innocenti sia fatta giustizia! Per questo saranno divorati dal fuoco come stoppia e dalla fiamma come covone di paglia; i loro abusi diventeranno putrefazione e la loro illecita ricchezza sarà dispersa nell’aria come polvere, poiché hanno disprezzato la Legge del Dio degli eserciti e rifiutato la Parola del Santo di Israele4.

Guai a quanti decretano precetti oppressivi e dettano norme vessatorie, ottenendo in giudizio con l’estorsione ciò che vogliono dai derelitti del mio popolo, i beni delle vedove e degli orfani! Cosa farete il giorno in cui vi si chiederà conto dei vostri peccati? Dove fuggirete chiedendo aiuto?5.

Una volta, Rabbi Simone comprò un asino da un arabo. Vennero i suoi discepoli e videro che dal collo dell’asino pendeva una pietra preziosa. Dissero allora al maestro:– Maestro, qui si realizza il detto: «La benedizione del Signore arricchisce» (Pr 10, 22).Ma egli disse:– Io ho comprato l’asino e non la pietra preziosa.Andò dunque a restituire la pietra all’arabo, che esclamò:– Sia lodato il Signore, Dio di Simone!6.

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Rabbi Aqiba diceva: “Chi si impossessa dei beni del suo prossimo senza averne bisogno, non lascerà questo mondo fino a quando avrà davvero bisogno del suo prossimo”.

Ugualmente soleva dire: “Chi si arrotola uno straccio sugli occhi o sui lombi e grida: ‘Fate la carità ad un povero cieco! Fate la carità a chi ha il tumore!’, dice la verità su se stesso”.

Differenza tra ladro e ladruncolo

I discepoli di Rabbi Johanan ben Zakkai gli chiesero:– Perché la Torah castiga più severamente il ladro (Es 21, 37) rispetto al borsaiolo (Lv 5, 32)?Rispose loro:– Il borsaiolo, realizzando il suo delitto apertamente, mette l’onore di Dio allo stesso livello dell’onore dell’uomo. Il ladro, invece, rubando di nascosto, non mette l’onore di Dio allo stesso livello dell’onore dell’uomo. Anzi, si comporta come se l’occhio di Dio non vedesse niente e il suo orecchio non sentisse niente, com’è scritto: «Guai a quanti vogliono sottrarsi alla vista del Signore e dicono: Chi ci vede? Chi ci conosce?» (Is 29, 15). In un altro passo è scritto: «Dicono: Il Signore non vede, il Dio di Giacobbe non se ne cura» (Sal 94, 7). Ed anche: «Infatti vanno dicendo: Il Signore ha abbandonato il paese, il Signore non vede» (Ez 9, 9).

Rabbi Meir raccontava la seguente parabola: “A cosa possiamo paragonare il ladro e il borsaiolo? A due uomini che abitavano in una città e davano banchetti. Uno invitava gli abitanti della città, ma non invitava la famiglia reale. L’altro non invitava né gli abitanti né la famiglia reale. Quale dei due è più colpevole? Colui, mi sembra, che invitava i cittadini, ma non la famiglia reale”7.

Castigo dell’usuraio

Raccontano i saggi – benedetta la loro memoria – che quando Ezechiele ebbe la visione delle ossa aride (Ez 37, 1-14), tutti ripresero vita ascoltando la voce del profeta; tutti eccetto uno. Allora il profeta chiese al Santo, benedetto sia:– Signore del mondo, che uomo è costui che non risuscita come gli altri?Rispose il Santo, benedetto sia:– È un usuraio e perciò non merita di vivere tra i suoi fratelli.

Ben Zoma dice: “Chi è il più ricco tra i ricchi? Colui che è contento di ciò che ha, poiché è scritto: «Vivrai del lavoro delle tue mani, sarai felice e godrai d’ogni bene»” (Sal 128, 2).

Timore della ricchezza

Nittai di Arbela diceva:Quando un uomo vede che i suoi affari vanno bene, non dica: Ho meritato queste cose, l’Onnipotente mi ha dato da mangiare e da bere in questo mondo ed altri beni sono preparati per me nel mondo futuro”. Al contrario, dovrà dire: “Guai a me! Forse non ho meriti davanti a Lui e Lui mi ha dato da mangiare e da bere in questo mondo per farmi poi perire nel mondo futuro”.

Tra le diverse interpretazioni che il Midrash dà della benedizione di Nm 6, 22-24, c’è la seguente: «Il Signore ti benedica» con il possesso di beni; e «vegli su di te», perché tu non sia posseduto da essi. Che il Signore ti benedica, colmandoti di beni, ma vegli su di te per liberarti da tutti i mali che il denaro può cagionarti.

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A questo riguardo, il Talmud narra la storia di un uomo pio con il quale il profeta Elia si incontrava regolarmente. Quando l’uomo divenne ricco e si costruì una casa circondata da un muro di cinta, Elia smise di visitarlo. Il profeta spiegò che, costruendo il muro, l’uomo era diventato inaccessibile ai poveri che avevano bisogno di aiuto8.

Quattro tipi di uomini

In relazione ai beni, i saggi – benedetta la loro memoria – insegnarono: Ci sono quattro tipi di uomini:Chi dice: “Il mio è mio e il tuo è tuo”. Questo è il tipo comune.Chi dice: “Il mio è tuo e il tuo è mio”. Questo è l’ignorante.Chi dice: “Il mio è tuo e il tuo è tuo”. Questo è il pio.E chi dice: “Il tuo è mio e il mio è mio”. Questo è il malvagio.

Il valore di un uomo non si misura dai suoi beni

Un racconto chassidico parla di un grande rabbino, allora povero e sconosciuto, che si recava spesso in una città nella quale l’unica persona che lo accoglieva era un povero ebreo che viveva nel quartiere più povero della città.

A distanza di qualche anno, il rabbino divenne ricco e famoso e tornò a visitare la città. In tale occasione, il ricco presidente della comunità uscì a dargli il benvenuto e lo invitò a prendere alloggio nel suo palazzo. Il rabbino accettò con gratitudine, ma a casa del ricco inviò solo i cavalli, mentre egli si recò direttamente alla vecchia casa del povero che lo aveva sempre accolto.

Quando il ricco gli manifestò la sua sorpresa, il rabbino gli spiegò che, in passato, si era recato tante volte a piedi in quella città e che lui, allora già ricco, non lo aveva mai invitato a casa sua. “Lo fai ora che arrivo con eleganza, con una splendida carrozza trainata da quattro cavalli. È perciò chiaro che tu non desideri onorare me, bensì i cavalli. Spetta, pertanto, ai cavalli venire a casa tua ed essere ricevuti come ospiti d’onore”.

Dio dà esempio ai suoi

Rabbi Johanan disse in nome di Rabbi Simon: Cosa significa ciò che dice Isaia: «Poiché io sono il Signore che amo il diritto e odio la rapina e l’ingiustizia» (Is 61, 8)?È come un re che, passando la dogana, dice ai suoi servi:– Pagate i doganieri.Ed essi rispondono:– Signore, non è forse tuo tutto ciò che raccolgono i doganieri? Perché anche tu devi pagare la dogana?Il re risponde:– Tutti i viaggiatori debbono imparare da me a pagare la dogana.Così disse il Santo, benedetto sia: “Io odio la rapina e il delitto. I miei figli debbono imparare da me ad allontanarsi dalla rapina”9.

Rispettare l’altro per timore di Dio

Rabbi Shemuel, recandosi a Roma, trovò un braccialetto perduto dall’imperatrice.Un araldo percorse tutto l’impero proclamando:– Chi consegnerà il braccialetto entro trenta giorni, riceverà una grande ricompensa; ma se, trascorsi trenta giorni, si troverà qualcuno con il braccialetto, gli si taglierà la testa.

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Rabbi Shemuel non consegnò il braccialetto nel tempo stabilito, ma dopo.Allora l’imperatrice gli chiese:– Non eri nel territorio dell’impero?Rispose:– Sì.– E non hai sentito il proclama dell’araldo?– Sì, l’ho sentito.– Cosa hai sentito?Egli ripeté alla lettera il proclama. Allora l’imperatrice gli disse:– E perché non hai consegnato il braccialetto entro trenta giorni?Rispose:– Perché tu non dicessi che te l’ho restituito per paura. Io te l’ho restituito per timore di Dio.Allora l’imperatrice, invece di ordinare che gli tagliassero la testa, esclamò:– Sia lodato il Dio degli Ebrei10.

Un tesoro in cielo

I nostri saggi insegnavano: Durante gli anni della carestia11, il re Monobaz distribuì generosamente ai poveri i tesori suoi e dei suoi antenati. I suoi fratelli e la famiglia di suo padre si irritarono e lo rimproverarono:– I tuoi padri hanno accumulato e aumentato i tesori dei loro antenati, tu invece dissipi questa ricchezza.Il re Monobaz rispose:– I miei padri hanno accumulato tesori quaggiù, io li accumulo lassù. I miei padri hanno tesaurizzato in un luogo esposto al furto, io custodisco i miei tesori in un luogo dove non ci sono ladri. I miei padri hanno accumulato cose che non danno alcun vantaggio, io accumulo cose che fruttificano. I miei padri hanno accumulato beni pecuniari, io accumulo beni spirituali. I miei padri hanno accumulato tesori per gli altri, io accumulo per me stesso. I miei padri hanno accumulato tesori per questo mondo, io li accumulo per il mondo futuro12.

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1 Terafim è il nome spregiativo di certi idoli domestici.2 Abot di Rabbi Natan XXXVIII, 2.3 Abot di Rabbi Natan (versione B) XXVI, 2.4 Targum di Isaia V, 23-24.5 Targum di Isaia X, 1-3.6 Dt Rabbah III, 3.7 bBaba Qamma 79a.8 bBaba Batra 7b.9 bSukkah 30a.10 jBaba Mezia II, 5.11 Nel primo secolo dopo Cristo, quando il re Monobaz si convertì al giudaismo.12 bBaba Bathra 2a; cf. Pesiqta Rabbati, 25.

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VIIINON PRONUNCIARE

FALSA TESTIMONIANZA

Non pronunciare falsa testimonianza contro il tuo prossimo

(Es 20, 16; Dt 5, 20)

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Non pronunciare falsa testimonianza

«Non pronunciare falsa testimonianza contro il tuo prossimo» (Es 20, 16).

Disse, con sapienza, il re Salomone: “Tutto ciò che l’uomo può ottenere compiendo i precetti e le opere buone, non è sufficiente ad espiare ciò che esce dalla sua bocca; per questo l’uomo deve custodire la sua bocca dalla calunnia, perché fra le parti del corpo la lingua è la prima a provocare sofferenze, e la prima a presentarsi in giudizio”.

Vieni e osserva quanto la calunnia sia cattiva, poiché così disse Davide a Doeg, l’edomita: «Ordisci insidie ogni giorno; la tua lingua è come lama affilata, artefice di inganni» (Sal 52, 4). Riferendosi a Doeg e ad Achitofel, Davide disse altresì: «Io sono come in mezzo a leoni, che divorano gli uomini; i loro denti sono lance e frecce, la loro lingua spada affilata» (Sal 57, 5). Sono paragonati ad una spada affilata, poiché «mazza, spada e freccia acuta è colui che depone il falso contro il suo prossimo» (Pr 25, 18).Come una spada a doppio taglio, la calunnia uccide tutti: chi la dice, chi la ascolta e colui di cui parla. Come non è possibile recuperare qualcosa di perduto, così chi pronuncia falsa testimonianza contro il suo prossimo in tribunale, sebbene si penta cento volte, non può riparare il male che ha fatto per salvarsi.

Da quale versetto della Scrittura sappiamo che se conosci un testimone favorevole al tuo prossimo, non ti è permesso farlo tacere? Da questo: «Non coopererai alla morte del tuo prossimo» (Lv 19, 16).Rabbi Joshua ben Karecha insegna: Da dove sappiamo che un discepolo – seduto davanti al maestro mentre questi giudica, e che sa qualcosa in difesa di un povero o per incriminare un ricco – non deve tacere? Da questo versetto: «Nei vostri giudizi non avrete riguardi personali» (Dt 1, 17).Rabbi Chanina spiegò queste parole dicendo: “Non devi frenare le tue parole per riguardo a qualcuno”1.

Gravità della calunnia

Il Santo – benedetto sia – disse alla lingua: “Tutte le membra del corpo umano stanno in piedi, mentre tu sei seduta; tutte le membra del corpo umano sono all’esterno, mentre tu sei custodita all’interno; oltre a ciò, sei circondata da due mura, una fatta di ossa e l’altra di carne”2.

Chi calunnia, diffamando in segreto il suo prossimo, non avrà parte nel mondo futuro, poiché è scritto: «Chi calunnia in segreto il suo prossimo io lo farò perire» (Sal 101, 5), ed un altro passo della Scrittura dice: «Maledetto chi uccide il suo prossimo in segreto» (Dt 27, 24)3.Il serpente, che calunniò il Santo – benedetto sia – davanti ad Adamo ed Eva, fu maledetto dal Santo – benedetto sia – che lo condannò a mangiare polvere, com’è scritto: «E polvere mangerai per tutti i giorni della tua vita» (Gen 3, 14).Rabbi Gamaliele diceva:Gli Israeliti mormorarono contro il Santo – benedetto sia – dicendo: «Potrà forse Dio preparare una mensa nel deserto?» (Sal 78, 19). Il Santo – benedetto sia – vedendo che avevano diffamato la sua Gloria, inviò contro di loro un fuoco divoratore, com’è scritto: «Il fuoco del Signore divampò in mezzo a loro e divorò l’estremità dell’accampamento» (Nm 11, 1)4.Il Santo – benedetto sia – discese nella Tenda della Riunione, com’è scritto: «Il Signore allora scese in una colonna di nube, si fermò all’ingresso della tenda e chiamò Aronne e Maria. I due si fecero avanti» (Nm 12, 5). Il Santo – benedetto sia – disse loro:

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– Non c’è salvezza per chi calunnia, diffamando il suo prossimo in segreto, e tanto meno per chi calunnia suo fratello, figlio dello stesso padre e della stessa madre.Il Santo – benedetto sia – era irritato contro di loro e se ne andò dalla tenda, com’è scritto: «L’ira del Signore si accese contro di loro ed Egli se ne andò» (Nm 12, 9). Subito, Maria divenne lebbrosa. Il Santo – benedetto sia – disse:– Se anche Aronne, sommo sacerdote, diventa lebbroso non potrà fare l’offerta sull’altare. Guardi sua sorella e si ravveda (cf. Nm 12, 10).Aronne si rivolse a Mosè e gli disse:– Mosè, signor mio, solo la morte separa i fratelli, ma nostra sorella, pur essendo viva, è stata separata da noi, per favore, «essa non sia come il bambino nato morto» (Nm 12,12).Mosè si impietosì ed intercedette per lei e fu ascoltato, com’è scritto: «Mosè gridò al Signore: guariscila, Dio» (Nm 12, 13).

Rabbi Levitas diceva:Gli Israeliti mormorarono ancora contro il Santo – benedetto sia – dicendo: “In Egitto vivevamo in pace e tranquillità, ma il Santo – benedetto sia – e Mosè ci fecero uscire dall’Egitto per farci morire nel deserto” (Nm 21, 5). Cosa fece il Santo, benedetto sia? Inviò contro di loro serpenti che li mordevano e uccidevano, com’è scritto: «Allora il Signore mandò fra il popolo serpenti velenosi i quali mordevano la gente e un gran numero d’Israeliti morì» (Nm 21, 6)5. Gli Israeliti si ribellarono dieci volte nel deserto, ma furono castigati solo per la mormorazione e la diffamazione. Gli esploratori furono esclusi dal mondo futuro precisamente “per aver diffuso il discredito nel paese” (Nm 14, 37)6. Da qui si può dedurre che se il Santo – benedetto sia – pretese una soddisfazione per l’insulto degli esploratori, a maggior ragione il Santo – benedetto sia – chiederà soddisfazione quando uno dice qualcosa contro il suo prossimo e lo svergogna7.

Ci sono quattro cose i cui frutti l’uomo gode in questo mondo, mentre il capitale rimane intatto per il mondo futuro: onorare il padre e la madre, le opere di misericordia, mettere pace tra l’uomo e il suo prossimo e, soprattutto, lo studio della Torah. E ci sono quattro cose per le quali l’uomo che le compie è castigato in questo mondo e nel mondo futuro: l’idolatria, le relazioni sessuali illecite, lo spargimento di sangue e la calunnia, che è la peggiore di tutte8.

Rabbi Eliezer diceva:Sia l’onore del tuo prossimo tanto prezioso per te quanto il tuo stesso onore. Come bada al suo onore, così l’uomo deve badare all’onore del suo prossimo. E come l’uomo non desidera vedere il suo onore macchiato da una cattiva reputazione, nemmeno deve desiderare che l’onore del suo prossimo sia macchiato da una cattiva reputazione. Perciò, se desideri che nessuno dica niente alle tue spalle, non dire nemmeno tu niente alle spalle dell’altro9.

La menzogna

Rabbi Simon dice:Questo è il castigo del mentitore: quando dice la verità nessuno lo ascolta. Questo è ciò che accadde ai figli di Giacobbe che mentirono al padre. All’inizio, credette a ciò che dicevano, com’è scritto: «Presero allora la tunica di Giuseppe e scannarono un capro… Egli la riconobbe e disse: È la tunica di mio figlio» (Gen 37, 31-33). Tuttavia, successivamente, anche se dicevano la verità, non ci credeva, com’è scritto: «E subito gli riferirono: Giuseppe è ancora vivo… Ma il suo cuore rimase freddo, perché non poteva credere loro» (Gen 45, 26)10.

Bada all’onore del tuo prossimo

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Quando Rabbi Eliezer si ammalò, i suoi discepoli andarono a visitarlo e, sedendosi davanti a lui, gli dissero: “Maestro, insegnaci i sentieri della vita, affinché meritiamo la vita del mondo futuro”.Rispose loro: “Vi insegnerò questo: Andate, e ciascuno di voi badi all’onore del suo prossimo. E quando pregate, sappiate davanti a chi state pregando. Grazie a ciò, meriterete la vita nel mondo futuro”11.

Bada anche al tuo onore

In tempi recenti, Rabbi Meir ha dedicato tutta la sua vita ad insegnare i pericoli della maldicenza. È conosciuto per il suo libro Hafes Hayim, titolo preso dal Salmo 34, 13-14: «Se qualcuno desidera gustare la vita (mi ha-‘ish he-hafes hayim), preservi la sua lingua dal male».Si racconta di lui che, durante un viaggio, si mise a conversare con uno che viaggiava con lui. Questi gli disse:– Sto andando a chiedere una benedizione al famoso, santo e saggio autore dell’Hafes Hayim.Il rabbino fu infastidito da quelle parole tanto elogiative e disse:– Molto probabilmente lei sta sbagliando. La persona dalla quale sta andando non è poi così santa, né così dotta.Lo sconosciuto compagno di viaggio si irritò contro l’ignorante e insolente interlocutore, un piccolo uomo poveramente vestito e, adirato, lo schiaffeggiò. Il vecchio saggio tacque e non reagì.Ma quale non fu la sorpresa di quell’uomo tanto entusiasta del Rabbino quando, arrivato in città e chiesto dove vivesse l’autore dell’Hafes Hayim, si trovò faccia a faccia con la persona che poco prima aveva schiaffeggiato. Allora cadde ai suoi piedi e gli chiese perdono. Ma Rabbi Meir gli sorrise cordialmente e gli disse:– Non devi chiedermi perdono. Al contrario, sono io che devo ringraziarti per avermi dato una nuova e importante lezione. Da te ho appreso che non bisogna essere unicamente attenti a non calunniare gli altri, ma che non bisogna nemmeno calunniare se stessi. Ti ho detto una cosa che mi screditava e perciò sono stato immediatamente castigato. Ti ringrazio!

Page 87: Le Ali Della Torah

1 bSanhedrin 6b.2 Arakin 15b.3 Diffamazione e omicidio si assomigliano.4 Capitoli LIII, 1-2.5 Capitoli LIV, 1-3.6 Abot di Rabbi Natan VIII, 9.7 Abot di Rabbi Natan IX, 3.8 Abot di Rabbi Natan XL, 1.9 Abot di Rabbi Natan XV, 1.10 Abot di Rabbi Natan XXX, 5.11 Abot di Rabbi Natan XIX, 4.

Page 88: Le Ali Della Torah

IXNON DESIDERARE LA MOGLIE

DEL TUO PROSSIMO

Non desiderare la moglie del tuo prossimo

(Dt 5, 21)

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La lussuria e l’idolatria

Insegnarono i saggi, benedetta la loro memoria:L’esilio arriva a causa dell’idolatria e delle relazioni sessuali illecite. A causa dell’idolatria, com’è scritto: «Devasterò le vostre alture di culto, vi disperderò fra le nazioni» (Lv 26, 30-33). Il Santo – benedetto sia – disse a Israele: “Poiché volete l’idolatria, vi esilierò in un luogo dove c’è idolatria”. A causa delle relazioni sessuali illecite, in che modo? Rabbi Ismael disse: “Quando Israele si abbandona alle relazioni sessuali illecite, la Shekinah si allontana da essa, com’è scritto: «Egli non veda in mezzo a te qualche indecenza e ti abbandoni» (Dt 23, 15)”.L’uomo non irriterà il suo Creatore, né lo disgusterà con atti illeciti, non penserà alla moglie altrui, né guarderà le donne con desideri di libidine; chi vuole restare puro, sarà assistito dal cielo e il Santo – benedetto sia – lo accompagnerà nella sua santità e non lo lascerà dominare dall’inclinazione al male. Perciò, Egli ci disse: «Non commettere adulterio» (Es 20, 14).

Lo sguardo

Più grave del peccato è il desiderio di peccare1.Rabbi Acha, figlio di Rabbi Josiah, insegnava: “Chi getta il suo sguardo su una donna cade in potere del peccato”.E Rabbi Simone ben Lakisch diceva: “Non crediate che sia adultero solo chi commette adulterio con il corpo. Anche chi commette adulterio con gli occhi è adultero. Qual è la prova? È scritto: «L’occhio dell’adultero spia il buio e pensa…» (Gb 24, 15). Pertanto, lo si chiama adultero prima dell’atto”2.

E i saggi – benedetta la loro memoria – insegnarono: “Più grave del peccato è il desiderio di peccare”.Rabbi Jaqum insegnava: “Chi trasgredisce il comandamento: «Non desiderare», è come se li avesse trasgrediti tutti”.

Giobbe era «uomo integro e retto, timorato di Dio e alieno dal male» (Gb 1, 8). Diceva Giobbe: «Avevo stretto con gli occhi un patto, di non fissare neppure una vergine» (Gb 31, 1). E se non guardava una vergine, che un uomo può sposare o dare in moglie a suo figlio, o a suo nipote, o al figlio di sua sorella, e lei stessa può sposare chi vuole, a maggior ragione non guardava la moglie dell’altro.Rabbi Yehudah b. Batira dice:Giobbe pensava tra sé: “Che parte mi assegna Dio di lassù e che porzione mi assegna l’Onnipotente dall’alto?” (Gb 31, 2). Se fosse stato opportuno per il primo uomo avere dieci donne, Dio gliele avrebbe date. Ma era opportuno dargli una sola donna. Anche a me basta mia moglie: la mia parte è sufficiente.

Un’altra interpretazione di «Avevo stretto con gli occhi un patto, di non fissare neppure una vergine»: non sia mai che io la guardi oggi e domani venga un altro e la sposi; in questo caso avrei guardato la moglie di un altro uomo3.

Corpo e anima

Rabbi Ismael insegnò la seguente parabola sulla relazione tra corpo e anima:Un re aveva un orto con stupendi fichi. Il re fece custodire l’orto da un cieco e un paralitico, ordinando loro di vigilare diligentemente. Date le sue istruzioni ai due guardiani, il re se ne andò. Poco dopo, il paralitico disse al cieco:

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– Questi due fichi sono davvero meravigliosi.Il cieco allora disse:– Prendiamoli e mangiamoli.Rispose il paralitico:– Ma io non posso camminare. Coglili tu.Il cieco replicò:– E io posso forse vederli?Cosa fecero dunque? Il paralitico salì sulle spalle del cieco e lo guidò fino ai fichi. Colsero i fichi e se li mangiarono. Alcuni giorni dopo, il re tornò e, non vedendo i fichi, chiese ai guardiani, in tono accusatorio:– Dove sono i fichi?Il cieco disse:– Posso forse vederli?E il paralitico disse:– E io posso forse camminare?Ma il re era intelligente. Mise il paralitico sulle spalle del cieco e disse:– Ecco cosa avete fatto, tu paralitico sei salito sulle spalle del cieco e hai raccolto i fichi per tutti e due.E condannò entrambi.

Così farà il Santo – benedetto sia – nel mondo futuro. Dirà all’anima:– Perché hai peccato contro di me?L’anima risponderà:– Signore del mondo, come posso peccare contro di Te? È stato il corpo a peccare. Ho forse peccato, dal momento che sono separata da lui?Allora Egli dirà al corpo:– Perché hai peccato?E il corpo risponderà:– Signore del mondo, è stata l’anima a peccare. Essendo fuggita da me, io sono come una tegola lanciata in un letamaio.Cosa farà allora il Santo, benedetto sia? Restituirà l’anima al corpo e giudicherà insieme anima e corpo come una cosa sola4.

L’inclinazione al male nasce con l’uomo

Rabbi Jeoshua diceva: “L’inclinazione al male toglie all’uomo la vita in questo mondo e nel mondo futuro”.

A questo riguardo, si dice che l’inclinazione al male sia di tredici anni più grande dell’inclinazione al bene. L’inclinazione al male accompagna l’uomo fin dal seno materno, mentre l’inclinazione al bene nasce tredici anni dopo. Fino ad allora, niente impedisce all’uomo di profanare i Sabati, di danneggiare gli altri o di commettere azioni illecite. Solo dopo i tredici anni, quando l’uomo profana il Sabato, l’inclinazione al bene gli dice: «Chi lo profanerà sarà messo a morte» (Es 31, 14). Se commette un’azione illecita, l’inclinazione al bene gli dice: «L’adultero e l’adultera dovranno esser messi a morte» (Lv 20, 10).

Quando un uomo commette un’azione illecita, tutte le sue membra gli obbediscono, perché l’inclinazione al male governa le duecentoquarantotto membra del corpo umano; ma se osserva un comandamento, le sue membra iniziano ad opporsi, perché l’inclinazione al male, profondamente radicata, governa le duecentoquarantotto membra dell’uomo. Perciò, l’inclinazione al bene sembra

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un prigioniero che esce di prigione, com’è scritto: «Uscì dal carcere per regnare» (Qo 4, 14). Questo si riferisce all’inclinazione al bene.

L’istinto cattivo

L’istinto cattivo è sempre presente, nascosto nell’ombra per ingannare l’uomo (Gen 4, 7). Nell’ombra fa tutto il possibile per sedurre l’uomo, ma questi può vincerlo se lo aggredisce all’inizio, quando è ancora debole come una donna; ma se l’uomo, seguendo l’istinto cattivo, cammina sulla via del peccato, la forza dell’istinto cattivo cresce fino ad uguagliare quella dell’uomo. L’istinto cattivo, fomentato, diventa forte quanto un uomo5.

L’istinto cattivo ha due facce. Si comporta come un ospite. All’inizio è frenato e si azzarda appena a parlare o chiedere qualcosa; ma a mano a mano che familiarizza con il suo anfitrione, prende fiducia e finisce con il chiedere e fare tutto quello che vuole. Così è l’istinto cattivo. All’inizio è timido e pieno di vergogna. Sa che non può indurre apertamente una persona a peccare, poiché il suo consiglio non sarebbe ascoltato. Perciò inizia a tentare la persona con piccole cose, attirandola a poco a poco verso di sé, fino ad avvolgerla nelle sue reti.

All’inizio, l’istinto cattivo nel cuore di una persona ha le dimensioni di una ragnatela. È facile distruggerlo e liberarsi del peccato; ma, se lo si accetta, l’istinto cattivo diventa forte come una grossa corda capace di ormeggiare una nave.

Certamente, al principio l’istinto cattivo è ospite della persona, ma se non lo si scaccia immediatamente, diventa il padrone di casa. Ecco perché anche commettere un peccato veniale è molto pericoloso. Quattro sono i modi in cui un peccato veniale mette in pericolo la vita di una persona:

1. Chi inizia a fare qualcosa di cattivo una sola volta al mese, finirà col farlo tutti i giorni, senza considerarlo più un male.2. La prima volta che una persona fa qualcosa di cattivo prova molta vergogna. Comprende di aver fatto del male e facilmente si risolleva; ma, acquistando l’abitudine al peccato, finisce col non sentire alcuna vergogna e non si sforza di abbandonarlo.3. La prima volta che uno fa qualcosa di cattivo, lo fa quasi contro la sua volontà, come vinto dai suoi desideri; ma la volta successiva è quasi contento di farlo. L’istinto cattivo non deve neanche invogliarlo.4. Quando un peccato si ripete, la via del pentimento si chiude. In primo luogo, perché smette di sembrare un male e non si avverte nessuna necessità di pentirsi; e, in secondo luogo, perché quando un peccato si ripete, il suo potere aumenta e, sebbene uno desideri pentirsi, non è più capace di cambiare i suoi cattivi costumi.

Questo Dio insegnò a Caino, dopo l’assassinio di Abele.

L’umiltà vince la tentazione

«Non commettere adulterio» (Es 20, 14). L’uomo non irriterà il suo Creatore, né lo disgusterà con cattive azioni, non fisserà il suo pensiero su donne altrui, né le guarderà con occhi di libidine; chi vuole restare puro, sarà assistito dal cielo, e il Santo – benedetto sia – lo accompagnerà nella sua santità e non lo lascerà dominare dalla concupiscenza.

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Si racconta che Rabbi Mattia b. Cheres, seduto, spiegava la Torah. Il suo volto somigliava al sole, splendente come il volto di Mosè, nostro maestro (Es 34, 29-35), e la sua espressione era quella degli angeli. Il suo timore di Dio era tale che nella sua vita non aveva mai alzato gli occhi verso la moglie del suo prossimo. Mentre era occupato nella lettura della Torah, passò satana e, vedendogli il volto illuminato, lo invidiò. Si disse satana: “È possibile che un uomo come questo non pecchi?”.Cosa fece satana? Salì in cielo e si presentò davanti al Santo – benedetto sia – e gli disse:– Signore del mondo, dammi il permesso di tentare Rabbi Mattia b. Cheres.– Va bene.Satana ridiscese sulla terra e trovò Rabbi Mattia seduto, intento nello studio della Torah. Cosa fece allora? Assunse la forma di una bella donna, tanto bella come non se ne erano mai viste dai tempi di Naama, sorella di Tubalcain, della quale si innamorarono gli stessi angeli, com’è scritto: «I figli di Dio videro che le figlie degli uomini erano belle e ne presero per mogli quante ne vollero» (Gen 6, 2). Sotto questa forma, si mise di fronte a lui. Quando egli la vide, si voltò verso sinistra. Allora lei si sedette a sinistra. Allora egli si voltò verso destra e, vedendo che lei si spostava da un lato all’altro, cercando di sistemarsi sempre di fronte a lui, si disse: “temo che l’istinto del male mi domini e mi faccia peccare”.Cosa fece allora quell’uomo pio? Disse ai suoi discepoli seduti di fronte a lui:– Portatemi chiavi e fuoco.Glieli portarono e mise le chiavi sul fuoco finché divennero di un rosso vivo, poi se le mise sugli occhi.Satana, vedendo questo, trasalì dallo spavento. Salì in cielo e riferì al Santo – benedetto sia – ciò che aveva appena visto. Gli disse il Santo, benedetto sia:– Non ti dissi forse che non lo avresti sconfitto? La sua umiltà gli dà una forza invincibile.Il Santo – benedetto sia – chiamò poi il suo arcangelo Raffaele e gli disse:– Va’ a guarire gli occhi di Rabbi b. Mattia Cheres.Raffaele andò e gli disse:– Il Santo – benedetto sia – mi ha mandato a guarirti gli occhi.Ma Rabbi Mattia rispose:– Lasciami così, ciò che è fatto, è fatto.Raffaele tornò e riferì la risposta al Santo – benedetto sia – il quale disse:– Va’ e digli che non sarà mai dominato dall’inclinazione al male.Allora Rabbi Mattia acconsentì ad essere guarito e riacquistò la vista. Per questo i saggi – benedetta la loro memoria – hanno detto:– Chi non guarda la donna d’altri, non sarà mai dominato dall’inclinazione al male; ma chi guarda la donna d’altri, sarà da questa condotto nella miseria, com’è scritto: «Se la prostituta cerca un pezzo di pane, la maritata mira a una vita preziosa» (Pr 6, 26). Guai all’adultero in questa e nell’altra vita!.

Le parole della Torah vincono l’inclinazione al male

Per questo, Jeoshua diceva:Non associarti all’empio. Ciò si riferisce all’inclinazione al male, seduta alla porta del cuore, com’è scritto: «Il peccato è accovacciato alla tua porta; verso di te è il suo istinto, ma tu dominalo» (Gen 4, 7).

Come la si può dominare? Rabbi Simon b. Eleazar fa un esempio:L’inclinazione al male è come il ferro posto nel fuoco. Finché rimane nel fuoco, lo si può piegare a proprio piacimento. Lo stesso accade con l’inclinazione al male, che può essere dominata solo con le parole della Torah, poiché esse sono come fuoco, secondo quanto è scritto: «Se il tuo nemico ha fame, dagli pane da mangiare, se ha sete, dagli acqua da bere; perché così ammasserai carboni ardenti sul suo capo» (Pr 25, 21).

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Dio ha creato l’uomo libero, con l’istinto del bene e con l’istinto del male. E Dio non priva mai l’uomo del libero arbitrio che gli ha dato. Ma Dio desidera che l’uomo realizzi il bene liberamente, superando l’istinto del male. Prima che Caino uccidesse suo fratello, Dio lo avvertì: «Perché sei irritato e perché è abbattuto il tuo volto? Se agisci bene, non dovrai forse tenerlo alto? Ma se non agisci bene, il peccato è accovacciato alla tua porta; verso di te è il suo istinto, ma tu dominalo» (Gen 4, 7).

L’inclinazione al bene, dono di Dio

Questo accadde al giusto Giuseppe. Quando la malvagia moglie di Potifar gli si avvicinò, lo umiliò con le sue parole, ma egli uscì vittorioso. Ella gli disse:– Ti metterò in prigione.Egli rispose:– «Il Signore libera i prigionieri» (Sal 146, 7).– Ti strapperò gli occhi.– «Il Signore ridona la vista ai ciechi» (Sal 146, 8).– Ti piegherò.– «Il Signore rialza chi è caduto» (Ibidem).– Farò di te un malvagio.– «Il Signore ama i giusti» (Ibidem).– Farò di te un pagano.– «Il Signore protegge lo straniero» (146, 9).E, finalmente, esclamò vittorioso:– «Come potrei fare questo grande male e peccare contro Dio?» (Gen 39, 9).

Dominio di sé

Ben Zoma diceva:Chi è l’eroe tra gli eroi? Chi domina se stesso, poiché è scritto: «Il paziente val più di un eroe, chi domina se stesso val più di chi conquista una città» (Pr 16, 32).Leggiamo anche nella Scrittura: «Tieni lontano da lei il tuo cammino e non avvicinarti alla porta della sua casa» (Pr 5, 8). Quando si dice a un uomo:– Non andare in quel mercato, non entrare in quel vicolo, poiché lì c’è una prostituta. È una donna avvenente che seduce tutti con la sua bellezza.Se egli risponde:– Sono certo che anche se ci vado, non la guarderò, né la desidererò.Allora gli si dice:– Sebbene tu sia sicuro, tieni lontano da lei il tuo cammino.

Per liberare gli uomini dal peccato, il Santo – benedetto sia – differenziò gli uomini gli uni dagli altri per tre cose: la voce, il gusto e l’aspetto.Per la voce, perché? Si insegna che il Santo – benedetto sia – differenziò le voci degli uomini le une dalle altre perché, se non lo avesse fatto, ci sarebbe stata molta più fornicazione nel mondo: quando un uomo esce di casa, un altro potrebbe entrarvi e possedere sua moglie. Per questo, il Santo – benedetto sia – differenziò le voci umane le une dalle altre, perché la voce di un uomo non somigliasse a quella dell’altro.Per il gusto, perché? Si insegna che il Santo – benedetto sia – differenziò i gusti degli uomini, perché se non lo avesse fatto avrebbero provato invidia l’uno dell’altro. Per questo il Santo – benedetto sia – differenziò i loro gusti: perché il gusto di uno non somigliasse al gusto di un altro.

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Per l’aspetto, perché? Si insegna che il Santo – benedetto sia – differenziò l’aspetto degli uomini, perché, se non lo avesse fatto, le mogli non avrebbero potuto riconoscere i loro mariti, né i mariti le mogli. Per questo il Santo – benedetto sia – differenziò il loro aspetto.

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1 bJoma 29a.2 Pesiqta Rabbati, c. 24.3 Abot di Rabbi Natan II, 11.4 Lv Rabbah 4, 5.5 Gen Rabbah 22, 6 e 22, 26.

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XNON DESIDERARE

Non desiderare la moglie del tuo prossimo,non desiderare la casa del tuo prossimo,né il suo schiavo, né la sua schiava, né il

suo bue, né il suo asino, né alcuna cosa cheappartenga al tuo prossimo

(Dt 5, 21; Es 20, 17)

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L’ambizione rovina l’uomo

Rabbi Eliezer soleva dire: “L’invidia, il desiderio e l’ambizione strappano all’uomo la vita in questo mondo e nel mondo futuro”1.

È detto: «Non rubare» (Es 20, 15). Nessuno può accumulare ricchezze rubando, giacché chi rapina pagherà il doppio di quanto ha rubato; e se non ha niente, sarà venduto per indennizzare il derubato, com’è scritto: «Se non ha di che pagare, sarà venduto in compenso dell’oggetto rubato» (Es 22, 2).

I saggi – benedetta la loro memoria – hanno proposto due esempi:Un ladro entrò nella tesoreria reale. Rubò alcuni vasi d’oro e, quando stava per uscire, trovò un sacco pieno di monete. Si disse: questo è meglio dei vasi. Mentre cercava di uscire con le monete, trovò un sacco più grande; lasciò il precedente e prese il più grande. Trovò poi delle perle e si disse: questo vale di più, è più leggero da trasportare e più prezioso. Ed ogni volta trovava sempre cose migliori delle precedenti, finché albeggiò. Allora, lasciò tutto e uscì senza aver rubato nulla, piangendo e lamentandosi: ho rischiato la vita senza prendere nulla!

Una volpe vide un orto e cercò di entrarvi, ma trovò solo una piccola apertura attraverso la quale non riusciva a passare. Cominciò a digiunare finché dimagrì e potette passare. Mangiò la frutta, l’uva e tutto ciò che c’era nell’orto. Poiché era il tempo della vendemmia, cercò di uscire, temendo che arrivasse il padrone a raccogliere i grappoli, la trovasse dentro e la uccidesse. Ma non riuscì ad uscire, essendo di nuovo ingrassata. Allora digiunò di nuovo, finché potette passare per la piccola apertura del muro. Arrivata fuori, iniziò a lamentarsi: mi sono mortificata con digiuni e privazioni per poter entrare nell’orto e non ne ho tratto alcun profitto, perché come sono entrata, così sono uscita!

Rabbi Huna insegna:Gli israeliti furono, dal loro paese, condotti nel deserto, quando trasgredirono il decimo comandamento. Così è scritto: «Sono avidi di campi e li usurpano, di case e se le prendono» (Mi 2, 2). E subito dopo è detto: «Perciò, così dice il Signore: Ecco, io medito contro questa genìa una sciagura» (Mi 2, 3)2.

Sguardo avido

Rabbi Aqiba soleva dire:Chi guarda sua moglie con la speranza che muoia per ereditare o per sposare sua sorella, o chi guarda suo fratello con la speranza che muoia per sposare sua moglie, morirà; mentre essi continueranno a vivere. Riguardo a tali uomini, la Scrittura dice: «Chi scava una fossa ci casca dentro e chi disfa un muro è morso da una serpe» (Qo 10,8).

Rabbi Jeoshua ben Qoriach aggiungeva:Allo stesso modo, la moglie che desidera la morte di suo marito per ereditare o per sposare un altro, morirà3.

Ben Zoma dice:Chi è ricco? Chi è contento di ciò che ha, giacché è scritto: «Vivrai del lavoro delle tue mani, sarai felice e godrai d’ogni bene» (Sal 128, 2). Sarai felice in questo mondo, e il bene sarà con te per il mondo futuro. Non guardare la vigna degli altri. Se l’hai guardata, non andarci. E se ci sei andato,

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non guardare i suoi frutti. E se li hai guardati, non li toccare. Se li hai toccati, non mangiarli, poiché se li mangi, la tua anima sarà strappata dalla vita di questo mondo e dalla vita del mondo futuro4.

Si racconta che nei giorni del re Salomone tre uomini erano in cammino la vigilia del Sabato e, disponendosi a celebrare il giorno festivo, si dissero:– Andiamo a nascondere il nostro denaro per celebrare il Sabato come ci è ordinato.Andarono e nascosero il denaro in un luogo appartato, scelto di comune accordo. A mezzanotte, uno di essi si alzò, prese il denaro dei tre e lo nascose in un altro luogo. Finito il Sabato, prima di proseguire il loro viaggio, i tre andarono a riprendersi il denaro. Non trovandolo, iniziarono ad accusarsi reciprocamente:– Tu hai rubato il denaro.Infine, decisero di sottoporre la loro lite a re Salomone. Salomone ascoltò attentamente il racconto dei fatti ed investigò con la sua sapienza e intelligenza per scoprire il ladro dalle sue stesse parole. Cosa fece? Raccontò il seguente fatto:Un bambino e una bambina erano vicini di casa, vivendo nello stesso cortile, e si amavano. Il bambino disse alla bambina:– Facciamo un patto. Giurami che, chiunque voglia impegnarsi con te, non lo ascolterai senza il mio consenso.Poiché l’amava, ella giurò. Diventata una giovinetta, si fidanzò. Presentatosi il fidanzato, gli disse:– Non ti accetterò prima di essere andata a casa di Fulano e di avergli chiesto il suo consenso, poiché gli ho giurato che avrei fatto così.Andò, dunque, a casa del suo amico d’infanzia e gli disse:– Accetta l’oro e l’argento che ti offro in abbondanza e lasciami libera per mio marito.Egli rispose:– Poiché hai mantenuto il tuo giuramento, ti lascerò libera per tuo marito, senza pretendere da te niente in cambio.E al giovane che la accompagnava, disse:– Complimenti!I due se ne andarono, ma mentre tornavano, incapparono nei ladri, il più vecchio dei quali prese per sé la giovane con l’oro e l’argento. Quando il ladro cercò di avvicinarsi alla ragazza, questa gli disse:– Ti prego di concedermi una cosa. Aspetta un momento, fino a quando ti racconterò ciò che mi è appena successo.Gli raccontò allora ciò che le era accaduto. Poi aggiunse:– Se questo giovane, che è nella piena giovinezza, non mi ha toccata, tu, che sei vecchio e temi il cielo, devi a maggior ragione vincere i tuoi istinti e non toccarmi. Prendi pure tutto il mio oro e il mio argento e lasciami libera di andare in pace con mio marito.Ascoltandola, il vecchio alzò gli occhi al cielo e si disse: “Dato che sono vecchio e sempre più vicino alla tomba, non debbo essere da meno di questo giovane, al quale restano sicuramente molti più anni di vita che a me”. Allora la lasciò libera e le restituì l’oro e l’argento rubati. Terminando la narrazione, Salomone chiese loro:– Ditemi, ora, chi di essi è più degno di elogio?Il primo rispose:– A mio parere, la donna, poiché mantenne il giuramento.Il secondo disse:– Credo che il più degno di lode sia il fidanzato, poiché vinse la passione e non la toccò.Infine, il terzo disse:– Non mi ha colpito né il comportamento del fidanzato, né quello della fidanzata, ma piuttosto il comportamento del vecchio, e non perché ha lasciato libera la ragazza, ma perché ha restituito il denaro. Avendo fatto una cosa simile, credo che sia il più degno di elogio.Ascoltandolo, Salomone esclamò:

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– Malvagio! Se sei bramoso del denaro che non hai mai visto, lo sei molto di più del denaro che è alla tua portata. Sei tu il ladro, tu hai rubato il denaro dei tuoi compagni!

L’avida arroganza

Nadab e Abihu, due giovani principi della casta sacerdotale, mentre assistono il loro padre Aronne nel rito della dedicazione del tabernacolo, muoiono improvvisamente nello stesso santuario. I saggi del Midrash si sono ripetutamente chiesti quale fosse il peccato che costò loro la vita. Una risposta è la seguente:

La processione che conduceva al tabernacolo era aperta da Mosè ed Aronne, seguiti da tutti gli Israeliti. Osservando la scena, i due giovani si riempirono di orgoglio e ambizione e si dissero l’un l’altro: “Presto questi due vecchi morranno e toccherà a noi occupare il loro posto”.Erano troppo impazienti per attendere il loro turno. E il Signore, che vede nei cuori, disse loro: «Non ti vantare del domani» (Pr 27, 1). Non avete sentito parlare dei giovani puledri la cui pelle si trasforma in coperta per i lombi della madre?

Nella loro presuntuosa arroganza, dice Rabbi Levi, Nadab e Abihu disprezzarono le belle ragazze, degne di ogni attenzione, dicendo: “Nostro zio Mosè è re e nostro padre è Sommo Sacerdote e noi siamo i loro legittimi successori. Quale ragazza merita di essere nostra sposa? Dove li condusse la loro avida arroganza? “Il fuoco divorò il fiore dei suoi giovani”. Perché? Perché «le sue vergini non ebbero canti nuziali» (Sal 78, 63).

L’invidia

Il quarto giorno, il Creatore fece le due grandi luci e nessuna era più grande dell’altra, ma uguali per importanza, aspetto e splendore, com’è scritto: «Dio fece le due luci grandi» (Gen 1, 16). Ma l’invidia si insinuò tra loro, e l’una diceva all’altra:– Io sono più grande di te.E l’altra rispondeva:– Io sono più grande di te.Non c’era più pace tra loro e la luna calunniò il sole. Cosa fece il Santo – benedetto sia – per far tornare la pace? Rese una più grande dell’altra, dando a ciascuna un compito diverso, com’è scritto: «La luce maggiore per regolare il giorno e la luce minore per regolare la notte e le stelle» (Gen 1, 16)5.

Rabbi Chaim insegna: “Chi trasgredisce il comandamento «Non desiderare» è come se li avesse trasgrediti tutti”6.

Il desiderio cattivo

Nell’uomo, il desiderio cattivo brama solo ciò che è proibito. In un giorno di riconciliazione, in cui è rigorosamente proibito mangiare o bere, Rabbi Mana andò a visitare Rabbi Chaggai, che era infermo.Rabbi Chaggai disse:– Ho una grande sete.Rabbi Mana gli disse:– In quanto infermo, puoi bere.Un’ora dopo, Rabbi Mana tornò e chiese a Rabbi Chaggai:– Come va la tua sete?Rabbi Chaggai rispose:

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– Non appena mi hai fatto bere, la sete è sparita7.

Il libero arbitrio

Rabbi Chanina b. Papa spiega: L’angelo che vigila sul concepimento degli uomini si chiama Lailah (che in ebraico significa “notte”). Quando qualcuno viene concepito, quest’angelo prende una goccia di seme, la pone davanti al Santo – benedetto sia – e gli chiede:– Signore del mondo, quale sarà il destino di questa goccia? Sarà un uomo forte o debole? Saggio o stupido? Ricco o povero?Questo lo decide Dio. C’è solo una domanda che l’angelo non fa mai, perché Dio non può rispondere, non essendo Lui a decidere:– Sarà un uomo giusto o un malvagio?Perché Rabbi Chanina insegnava: “Tutto è nelle mani di Dio, eccetto il timore di Dio”8.

L’uomo, pertanto, non può accusare Dio delle sue cattive azioni. Questo è ciò che fece Caino quando Dio gli chiese di suo fratello. Caino rifiutò di confessare a Dio la sua colpa, accusando lo stesso Dio:– Tu sei il Signore dell’universo, Tu osservi tutto e chiedi conto a me! Certo, l’ho ucciso, ma sei stato Tu a creare l’istinto cattivo. Tu che proteggi tutte le cose, perché non lo hai protetto e hai lasciato che lo uccidessi? In realtà, sei stato Tu a ucciderlo, suscitando in me l’invidia, che mi ha portato all’omicidio.

Questo modo di discolparsi accusando Dio, fa pensare al ladro che, di notte, entrò in una casa e rubò denaro, gioielli e altri oggetti di valore, li nascose in un sacco e uscì senza che nessuno lo vedesse. Quando, il giorno seguente, la polizia lo catturò e gli chiese:– Perché hai rubato?Il ladro rispose:– Perché lo chiedi a me? Io sono ladro, rubare è il mio mestiere, ho fatto il mio dovere. Il tuo mestiere, invece, è custodire le case e impedire i furti. Bisogna interrogare te, non me. Perché non hai fatto il tuo dovere di vigilare per impedire il furto?9

Imitazione di Dio

Rabbi Chama, figlio di Rabbi Chanina, insegnava:Cosa significa il testo «Seguirete il Signore, vostro Dio» (Dt 13, 5)? Forse che un uomo può seguire Dio, di cui si dice «Il Signore tuo Dio è un fuoco divoratore» (Dt 4, 24)?

“Seguire il Signore” significa unicamente imitare Dio. Come Egli veste i nudi – è scritto infatti: «Il Signore Dio fece all’uomo e alla donna tuniche di pelli e li vestì» (Gen 3, 21) – così anche tu vesti quanti sono nudi.

Il Santo – benedetto sia – visitava gli infermi, com’è scritto dopo la circoncisione di Abramo: «Il Signore gli apparve alle querce di Mamre, mentre egli sedeva all’ingresso della tenda» (Gen 18, 1). Dunque, anche tu devi visitare gli infermi.

Il Santo – benedetto sia – consola i sofferenti, com’è scritto: «Dopo la morte di Abramo, Dio benedisse il figlio di lui Isacco» (Gen 25, 11). Consola anche tu i sofferenti.

Il Santo – benedetto sia – seppellisce i morti, poiché dopo la morte di Mosè si legge: «Ed Egli lo seppellì nella valle, nella terra di Moab» (Dt 34, 6). Anche tu, dunque, seppellisci i morti.

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E Rabbi Simlach concluse: La Torah inizia con un atto d’amore e si conclude con un atto d’amore. All’inizio si legge che Dio vestì Adamo ed Eva e alla fine si legge che seppellì Mosè. L’amore è tutta la Torah10.

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1 Abot di Rabbi Natan (versione B) XXXIV, 5; cf. mAbot 4, 21.2 Pesiqta Rabbati, c. 24.3 Abot di Rabbi Natan (versione B) IV, 3.4 Abot di Rabbi Natan (versione B) XXXIII, 2.5 I capitoli di Rabbi Eliezer VI, 1.6 Pesiqta Rabbati, c. 21.7 jJoma VI, 4.8 bNiddah 16b.9 Midrash Tanchuma Gen 4, 9.10 bSotah 14a.

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