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KENYA 12 DOMENICA, 26 GENNAIO 2014 «La nostra Africa» Segue dalla 1 a pagina alcuni «fidei donum» ormai anziani rimangono in America Latina a con- cludere il loro cammino, altri tornano o sono già tornati in diocesi. «Alla no- stra Chiesa occorre, credo, uno sforzo importante per sostenere due esperien- ze missionarie diocesane, una in Africa qui a Tassia e una in America Latina, probabilmente in Roraima, nella zona di Boa Vista. A queste nostre missioni serve ‘tutto’: preti che diano la disponi- bilità a partire, per un congruo periodo di tempo. Ma anche tutto quell’insieme di conoscenze, relazioni, esperienze di laici, giovani, comunità religiose che fa sentire una missione come parte viva della diocesi. Torino ha una lunga tradizione di sostegno alle missioni e a varie forme di cooperazione sociale; proprio questa tradizione ha reso pos- sibile la grande generosità, in denaro e non solo delle Quaresime di fraternità e la sensibilità missionaria della diocesi. Ora è il momento di rilanciare con for- za questa dimensione. Anche perché nel mondo globale i problemi dei popoli poveri e delle nazioni in via di sviluppo sono in realtà i nostri. Le ‘periferie’ a cui prestare attenzione, come chiede papa Francesco, non sono soltanto quelle dietro il cortile di casa ma appunto le aree dove il mondo sta camminando, dove ci sono quei popoli giovani con cui abbiamo bisogno di confrontarci e di accoglierci reciprocamente». M. B. A un certo punto è mancata la luce, tutto il quartiere è piom- bato nel nero: nere le facce delle persone, nero il cielo (anche se punteggiato di stelle come noi non vediamo più); nera la stra- da, polverosa e piena di buche. L’arcivescovo, appena sceso dal van, è rimasto solo, una piccola faccia bianca aggirata da centinaia di volti scuri, che continuavano a camminare, mangiare, cantare, parlare al telefono. Poi è stato accompa- gnato lungo una scala buia e scalcagnata per arrivare, al pri- mo piano, alla «scuola» dove si era data appuntamento la co- munità di Santa Monica, una delle 19 nate e cresciute nella parrocchia di Tassia. Un locale coi pilastri di calcestruzzo, lun- go forse 6 metri e largo poco più di 3. Le «pareti» che la di- vidono dal ballatoio, dalle scale e dagli altri appartamenti sono di lamierino ondulato, il ma- teriale più usato nelle case del Kenya e dell’Africa povera. Ad aspettarlo c’erano una quaran- tina di mamme, papà, bambini: la comunità di Santa Monica, una delle 19 nate a Tassia, peri- feria di Nairobi, dove lavorano don Mauro Gaino e don Beppe Gobbo, i preti torinesi che già avevano servito a Lodokejek. Una parrocchia vivace, ricca di attività, integrata nel proprio territorio. E di cui le piccole co- munità sono la spina dorsale e il sistema nervoso: ciascuna di esse, nei diversi punti del quar- tiere, è il primo contatto con la Chiesa cattolica per la cate- chesi, i sacramenti, l’assistenza. L’insieme delle piccole comuni- tà («yamujie») serve da base al Consiglio pastorale parrocchia- le che, diversamente da altre esperienze italiane, è un orga- nismo con precise responsabi- lità, guidato da un «chairman» laico e da una giunta esecutiva che coordina le varie attività. C’è una parola che fa brillare gli occhi dei membri delle yamujie, ed è orgoglio: l’orgoglio di es- sere cristiani, di appartenere a una comunità di cui si sentono parte viva e corresponsabile. Le Messe che mons. Nosiglia è andato a celebrare nelle case di tre comunità e nella scuo- la parrocchiale di Tassia sono state segnate tutte da un clima di festa, dal grande onore riser- vato al vescovo ospite e ai suoi accompagnatori: ma anche dal- la consapevolezza della gente che essere lì, cristiani a Tassia, è una cosa bella e importante; e che ciascuno si sente il compi- to di essere «gioia» per gli altri, mettendosi a servizio della co- munità. Lo si è visto ancor più nella Messa grande, domenica 12, presieduta dall’arcivescovo di Nairobi card. John Njue: una concelebrazione di 4 ore in cui neppure un minuto era vuoto, continuamente animata da canti, silenzi efficaci, balli e una partecipazione intensa della gente, che porta anche in chiesa i colori, il linguaggio del corpo, la sensibilità dell’Africa. E, al termine della Messa, lo spiega- mento della Sindone, una co- pia 1:1 del positivo, che va ad affiancare il grande ritratto in negativo del volto già presente nell’abside della chiesa parroc- chiale. La presenza «torinese» è radica- ta in Kenya. Missionari e Mis- sionarie della Consolata, Sale- siani e famiglie cottolenghine sono presenti qui da decenni. Mons. Nosiglia ha visitato le loro case nella capitale, cui fan- no riferimento tutti gli insedia- menti religiosi del Paese. Ha in- contrato superiore e superiori, ma anche – nel Cottolengo di Nairobi – i bambini malati di Aids che, se non fossero accolti qui, non avrebbero altro desti- no. Un incontro commovente e che però «illumina» sul senso primario della missione del- la Chiesa: essere a fianco delle persone là dove esse hanno più bisogno, sono meno difese. L’attenzione, il rispetto verso la Chiesa nasce anche dal rap- porto vitale tra le parrocchie e il territorio. In Kenya il sistema scolastico è quasi interamente in mano ai privati e la scuola cattolica rappresenta un punto di riferimento fondamentale. In un Paese di 30 milioni di abitanti di cui la metà ha meno di 15 anni investire sulla scuola è l’unica maniera per provare a migliorare la condizione socia- le propria e delle famiglie. Così anche a Tassia, come in quasi tutte le parrocchie, le scuole di primo e secondo grado, qui gestite da religiose carmelita- ne indiane e aperte ovviamen- te non solo ai cristiani, sono la «porta d’ingresso» alla vita sociale. Scuole «all’inglese» (il passato coloniale qui non è mai interamente passato…), con al- lievi tutti rigorosamente in di- visa, colori dei clan scozzesi che sembrano così lontani dagli ac- costamenti degli abiti africani. Le scuole sono un’eccezione, e un’alternativa, al caos di una città cresciuta nel disordine, senza pianificazione urbanisti- ca e con un sistema di trasporti affidato non solo all’iniziativa privata ma forse anche al caso, alla possibilità che ci siano o meno ingorghi lungo i percor- si. Qui nessuno si stupisce di ritardi di mezze ore o ore in- tere agli appuntamenti. Fino alle porte del centro le strade sono piste di savana sterrate e piene di buche, dove basta che un camion si metta di traverso per fermare tutto. Lungo tut- to il giorno (e tutta la notte) il traffico è incessante; a ridosso della strada le bancarelle della frutta o i fornelli delle donne che friggono i «chapatti» si al- ternano a quel «mercato conti- nuo» così comune nelle mega- lopoli. L’unica ferrovia del Paese (Kampala-Nairobi-Mombasa) scorre, in città, attraverso i muc- chi d’immondizia, le pozzan- ghere e il camminare incessante della gente – che fuori di casa mangia e «vive», essendo gli al- loggi dei poveri, ma anche delle classi medie, troppo piccoli. E però la modernità passa anche da qui. Il telefono cellulare ha fatto compiere a tutti il «salto tecnologico» che in Occiden- te è durato 150 anni. Sullo smartphone si pagano le bollet- te e si sposta denaro come fosse un bancomat; si ascolta la radio e si messaggia in continuazione per strada; anche se intorno c’è un «deserto» di infrastrutture e servizi. Nairobi fa pensare alle «città invisibili» di Calvino, co- struite su architetture impossi- bili in un impero che, come dice il Khan a Marco Polo, «marcisce come un cadavere nella palude, il cui contagio appesta tanto i corvi che lo beccano quanto i bambù che crescono concimati dal suo liquame». Ma bisogna ricordare anche la risposta del veneziano: «Sì, l’impero è malato e, quel che è peggio, cerca d’assuefarsi alle sue piaghe. Il fine delle mie esplorazioni è questo: scrutan- do le tracce di felicità che anco- ra s’intravvedono, ne misuro la penuria. Se vuoi sapere quanto buio hai intorno, devi aguzzare lo sguardo sulle fioche luci lon- tane». Questa nazione è in cammino; sta conquistando, con fatica ma con dignità, condizioni di vita migliori. Il Kenya si fa for- te di una «cultura popolare» in cui, per tutti, l’identità nazio- nale è un riferimento impor- tante – e questo è essenziale, in un Paese composto da etnie diverse, e in un continente che ha visto i massacri di Uganda, Ruanda, Burundi, scaturiti dall’insofferenza etnica divenu- ta poi pretesto a scontri politici e militari in cui tutti (Occiden- te, Cina, India…) hanno giocato la propria parte. La corruzio- ne diffusa è forse il problema più grave e vistoso, quello che rallenta tante prospettive di È stata mostrata anche ai fedeli di Tassia l’immagine della Sindone MISSIONE TORINESE – BILANCIO DELLA VISITA DELL’ARCIVESCOVO MONS. NOSIGLIA A TASSIA, DOVE OPERAN L’incontro con i fide della parrocchia in K

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L'Arcivescovo di Torino, Mons. Cesare Nosiglia, accompagnato da Don Marco Prastaro, direttore dell'Ufficio Missionario Diocesano, si è recato in visita a Nairobi, in Kenya per incontrare i due preti torinesi «fidei donum» Don Mauro Gaino e Don Beppe Gobbo, che reggono la parrocchia di Tassia, alla periferia della capitale. Mons. Nosiglia ha anche incontrato l'Arcivescovo di Nairobi, Card. John Njue, e i numerosi religiosi e religiose italiani che da molti anni lavorano in Kenya. Il Kenya fu il primo Paese in cui portarono la loro opera missionaria le suore della Consolata, ma sono presenti anche i religiosi e le religiose del Cottolengo e i Salesiani.

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k e n ya12 domenica, 26 gennaio 2014

«La nostra Africa» Segue dalla 1a pagina

alcuni «fidei donum» ormai anziani rimangono in America Latina a con-cludere il loro cammino, altri tornano o sono già tornati in diocesi. «Alla no-stra Chiesa occorre, credo, uno sforzo importante per sostenere due esperien-ze missionarie diocesane, una in Africa qui a Tassia e una in America Latina, probabilmente in Roraima, nella zona di Boa Vista. A queste nostre missioni serve ‘tutto’: preti che diano la disponi-bilità a partire, per un congruo periodo di tempo. Ma anche tutto quell’insieme di conoscenze, relazioni, esperienze di laici, giovani, comunità religiose che fa sentire una missione come parte viva della diocesi. Torino ha una lunga

tradizione di sostegno alle missioni e a varie forme di cooperazione sociale; proprio questa tradizione ha reso pos-sibile la grande generosità, in denaro e non solo delle Quaresime di fraternità e la sensibilità missionaria della diocesi. Ora è il momento di rilanciare con for-za questa dimensione. Anche perché nel mondo globale i problemi dei popoli poveri e delle nazioni in via di sviluppo sono in realtà i nostri. Le ‘periferie’ a cui prestare attenzione, come chiede papa Francesco, non sono soltanto quelle dietro il cortile di casa ma appunto le aree dove il mondo sta camminando, dove ci sono quei popoli giovani con cui abbiamo bisogno di confrontarci e di accoglierci reciprocamente».

M. B.

A un certo punto è mancata la luce, tutto il quartiere è piom-bato nel nero: nere le facce delle persone, nero il cielo (anche se punteggiato di stelle come noi non vediamo più); nera la stra-da, polverosa e piena di buche. L’arcivescovo, appena sceso dal van, è rimasto solo, una piccola faccia bianca aggirata da centinaia di volti scuri, che continuavano a camminare, mangiare, cantare, parlare al telefono. Poi è stato accompa-gnato lungo una scala buia e scalcagnata per arrivare, al pri-mo piano, alla «scuola» dove si era data appuntamento la co-munità di Santa Monica, una delle 19 nate e cresciute nella parrocchia di Tassia. Un locale coi pilastri di calcestruzzo, lun-go forse 6 metri e largo poco più di 3. Le «pareti» che la di-vidono dal ballatoio, dalle scale e dagli altri appartamenti sono di lamierino ondulato, il ma-teriale più usato nelle case del Kenya e dell’Africa povera. Ad aspettarlo c’erano una quaran-tina di mamme, papà, bambini: la comunità di Santa Monica, una delle 19 nate a Tassia, peri-feria di Nairobi, dove lavorano don Mauro Gaino e don Beppe

Gobbo, i preti torinesi che già avevano servito a Lodokejek. Una parrocchia vivace, ricca di attività, integrata nel proprio territorio. E di cui le piccole co-munità sono la spina dorsale e il sistema nervoso: ciascuna di esse, nei diversi punti del quar-tiere, è il primo contatto con la Chiesa cattolica per la cate-chesi, i sacramenti, l’assistenza. L’insieme delle piccole comuni-tà («yamujie») serve da base al Consiglio pastorale parrocchia-le che, diversamente da altre esperienze italiane, è un orga-nismo con precise responsabi-lità, guidato da un «chairman» laico e da una giunta esecutiva che coordina le varie attività. C’è una parola che fa brillare gli occhi dei membri delle yamujie, ed è orgoglio: l’orgoglio di es-sere cristiani, di appartenere a una comunità di cui si sentono parte viva e corresponsabile. Le Messe che mons. Nosiglia è andato a celebrare nelle case di tre comunità e nella scuo-la parrocchiale di Tassia sono state segnate tutte da un clima di festa, dal grande onore riser-vato al vescovo ospite e ai suoi accompagnatori: ma anche dal-la consapevolezza della gente

che essere lì, cristiani a Tassia, è una cosa bella e importante; e che ciascuno si sente il compi-to di essere «gioia» per gli altri, mettendosi a servizio della co-munità. Lo si è visto ancor più nella Messa grande, domenica 12, presieduta dall’arcivescovo di Nairobi card. John Njue: una concelebrazione di 4 ore in cui neppure un minuto era vuoto, continuamente animata da canti, silenzi efficaci, balli e una partecipazione intensa della gente, che porta anche in chiesa i colori, il linguaggio del corpo, la sensibilità dell’Africa. E, al termine della Messa, lo spiega-mento della Sindone, una co-pia 1:1 del positivo, che va ad affiancare il grande ritratto in negativo del volto già presente nell’abside della chiesa parroc-chiale. La presenza «torinese» è radica-ta in Kenya. Missionari e Mis-sionarie della Consolata, Sale-siani e famiglie cottolenghine sono presenti qui da decenni. Mons. Nosiglia ha visitato le loro case nella capitale, cui fan-no riferimento tutti gli insedia-menti religiosi del Paese. Ha in-contrato superiore e superiori, ma anche – nel Cottolengo di Nairobi – i bambini malati di Aids che, se non fossero accolti qui, non avrebbero altro desti-no. Un incontro commovente e che però «illumina» sul senso primario della missione del-la Chiesa: essere a fianco delle persone là dove esse hanno più

bisogno, sono meno difese. L’attenzione, il rispetto verso la Chiesa nasce anche dal rap-porto vitale tra le parrocchie e il territorio. In Kenya il sistema scolastico è quasi interamente in mano ai privati e la scuola cattolica rappresenta un punto di riferimento fondamentale. In un Paese di 30 milioni di abitanti di cui la metà ha meno di 15 anni investire sulla scuola è l’unica maniera per provare a migliorare la condizione socia-le propria e delle famiglie. Così anche a Tassia, come in quasi tutte le parrocchie, le scuole di primo e secondo grado, qui gestite da religiose carmelita-ne indiane e aperte ovviamen-te non solo ai cristiani, sono la «porta d’ingresso» alla vita sociale. Scuole «all’inglese» (il passato coloniale qui non è mai interamente passato…), con al-lievi tutti rigorosamente in di-visa, colori dei clan scozzesi che sembrano così lontani dagli ac-costamenti degli abiti africani. Le scuole sono un’eccezione, e un’alternativa, al caos di una città cresciuta nel disordine, senza pianificazione urbanisti-ca e con un sistema di trasporti affidato non solo all’iniziativa privata ma forse anche al caso, alla possibilità che ci siano o meno ingorghi lungo i percor-si. Qui nessuno si stupisce di ritardi di mezze ore o ore in-tere agli appuntamenti. Fino alle porte del centro le strade sono piste di savana sterrate e

piene di buche, dove basta che un camion si metta di traverso per fermare tutto. Lungo tut-to il giorno (e tutta la notte) il traffico è incessante; a ridosso della strada le bancarelle della frutta o i fornelli delle donne che friggono i «chapatti» si al-ternano a quel «mercato conti-nuo» così comune nelle mega-lopoli. L’unica ferrovia del Paese (Kampala-Nairobi-Mombasa) scorre, in città, attraverso i muc-chi d’immondizia, le pozzan-ghere e il camminare incessante della gente – che fuori di casa mangia e «vive», essendo gli al-

loggi dei poveri, ma anche delle classi medie, troppo piccoli. E però la modernità passa anche da qui. Il telefono cellulare ha fatto compiere a tutti il «salto tecnologico» che in Occiden-te è durato 150 anni. Sullo smartphone si pagano le bollet-te e si sposta denaro come fosse un bancomat; si ascolta la radio e si messaggia in continuazione per strada; anche se intorno c’è

un «deserto» di infrastrutture e servizi. Nairobi fa pensare alle «città invisibili» di Calvino, co-struite su architetture impossi-bili in un impero che, come dice il Khan a Marco Polo, «marcisce come un cadavere nella palude, il cui contagio appesta tanto i corvi che lo beccano quanto i bambù che crescono concimati dal suo liquame». Ma bisogna ricordare anche la risposta del veneziano: «Sì, l’impero è malato e, quel che è peggio, cerca d’assuefarsi alle sue piaghe. Il fine delle mie esplorazioni è questo: scrutan-do le tracce di felicità che anco-ra s’intravvedono, ne misuro la penuria. Se vuoi sapere quanto buio hai intorno, devi aguzzare lo sguardo sulle fioche luci lon-tane».Questa nazione è in cammino; sta conquistando, con fatica ma con dignità, condizioni di vita migliori. Il Kenya si fa for-te di una «cultura popolare» in cui, per tutti, l’identità nazio-nale è un riferimento impor-tante – e questo è essenziale, in un Paese composto da etnie diverse, e in un continente che ha visto i massacri di Uganda, Ruanda, Burundi, scaturiti dall’insofferenza etnica divenu-ta poi pretesto a scontri politici e militari in cui tutti (Occiden-te, Cina, India…) hanno giocato la propria parte. La corruzio-ne diffusa è forse il problema più grave e vistoso, quello che rallenta tante prospettive di

È statamostrata

anche ai fedelidi Tassia

l’immaginedella Sindone

missione torinese – bilancio della visita dell’arcivescovo mons. nosiglia a tassia, dove operano don mauro gaino e don piero gobbo

L’incontro con i fidei donumdella parrocchia in Kenya

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domenica, 26 gennaio 2014 13k e n ya

ci saranno anche i giovani di Tassia a cracovia nel 2016, per la gmg. andranno con i torinesi, in un «gemellaggio» inedito ma che sottolinea come questa, alla periferia di nairobi, sia comunque una parrocchia che «appartiene» anche alla diocesi di Torino. L’idea mons. nosiglia l’ha lanciata nell’incontro con i ragazzi di Tassia, al termine della settimana africana: per rendere più forte il collegamento tra Torino e la «sua» missione, è importante che i giovani possano conoscersi, incontrarsi, prepararsi e partecipare insieme a un momento fondamentale come la gmg. È il «cammino comune» la chiave di volta del gemellaggio: da qui al 2016 si cercherà di costruire un percorso in cui i giovani delle comunità torinesi e quelli della parrocchia di nairobi possano incontrarsi e dialogare, in rete e di persona – con incontri a nairobi e a Torino, momenti di scambio. L’Ufficio giovani e quello missionario sono chiamati a preparare un «progetto» per concretizzare queste prospettive (il direttore dell’ufficio missionario, don marco Prastaro, ha organizzato e guidato il viaggio di mons. nosiglia, che era accompagnato dal vicario episcopale territoriale don claudio Baima Rughet e da marco Bonatti). Partire dai giovani, infatti, è un modo per rinforzare anche la «coscienza missionaria» che, a Torino, ha bisogno di essere riscoperta e rilanciata.

Da Tassiaa Cracovia

La Chiesa cattolica di Tassia è nata dall’idea dei cristiani delle zone di Pipeline, Kware, Avenue Park I e II e Tassia in-sieme a Fr. Robert Vujs. Que-sti partecipavano alla messa alla chiesa di S. Jude, a circa 2 km di distanza. Altri sceglie-vano altre chiese come Christ the King, Embakasi…1997 I cristiani di queste zone sentivano la necessità di una chiesa nel loro terri-torio, vicino al fiume. Fr. Ro-bert li incoraggiò a cercare un terreno adatto per il loro scopo e grazie agli sforzi di molti il progetto è stato ac-colto dall’onorevole Stanley Githunguri, che ha aiuta-to ad acquistare il terreno a Tassia.1999 L’area è stata bonifica-ta, ed è stata costruita una struttura temporanea. Tutto ciò è stato possibile grazie alle numerose donazioni da parte di Fr. Robert e di molti fedeli. I cristiani non si sono fatti spaventare dalla neces-sità di denaro per i lavori: per comprare gli attrezzi necessari hanno prepara-to e venduto the e dolci nei weekend, mentre i giovani hanno contribuito col lavoro alla costruzione. Le comuni-tà hanno anche provveduto alla sicurezza del cantiere as-sumendo alcune guardie.

2000 Prima messa con circa 50 partecipanti, celebrata nella nuova struttura pro-prio accanto ai quartieri de-gli operai. La struttura era incompleta e i fedeli sedeva-no su rocce e assi di legno, ma non si sono scoraggiati: il loro numero è cresciuto rapidamente, tanto da ri-chiedere un’espansione della struttura. Fr. Robert si alter-nava nella celebrazione del-la messa con altri sacerdoti dal seminario di Langata, e la comunità si è fatta carico dell’organizzazione e degli spostamenti dei celebranti. In queste occasioni per ri-sparmiare venivano contati prima della celebrazione i fedeli che desideravano rice-vere l’Eucaristia e consacrate solo le ostie necessarie.2001 Si è stabilito un Co-mitato per lo sviluppo con a capo Mr. Wattingo, che in ottobre ha organizzato un evento di raccolta fondi gra-zie al quale è stato possibile acquistare le sedie. Con una seconda raccolta fondi è poi stato finanziato anche l’am-pliamento della chiesa.Dal 2003 a oggi Grazie agli sforzi della defunta Mary Njeri è stato regolarizzato presso il governo il territo-rio su cui sorge la chiesa, e successivamente è sta-

to acquistato un ulteriore appezzamento per costru-ire una strada di accesso. Nell’ottobre del 2006 è sta-to fondato un consiglio pa-storale guidato da Mr. Wil-liam Kurua, con il compito di elaborare un progetto per costruire una struttura permanente per la chiesa di Tassia. Avere una struttura definitiva è il desiderio del-la comunità, e si può realiz-zare solo grazie a donazio-ni e contributi volontari. Sempre nel 2006 la direzio-ne del Consiglio è passata a Mr. Julius Muhoro, che ancora oggi lo guida.Per raggiungere l’obiettivo di costruire una chiesa per-manente i cristiani di Tassia hanno organizzato diver-se raccolte fondi: 7 ottobre 2000, ottobre 2002, 3 giugno 2007, 5 agosto 2007, 9 dicem-bre 2007, 28 giugno 2009, 7 novembre 2011, 11 novembre 2012. In tutte queste occasio-ni i fedeli hanno dimostrato grande impegno. 2012 Il 29 aprile la chiesa di Tassia è diventata una vera e propria parrocchia con il nome di «Chiesa Cattolica dei Santi Innocenti di Tas-sia», facendo da riferimento per 19 piccole comunità. È stata affidata a Mauro Gaino e Giuseppe Gobbo.

sviluppo. E l’altro problema, o l’altra opportunità, è la pre-senza cinese. Come in molti altri Paesi del continente la Re-pubblica popolare è subentrata agli ex padroni coloniali rita-gliandosi un ruolo sempre più importante nella realizzazione delle grandi opere pubbliche e nello sfruttamento delle risorse naturali. È cinese, per fare un solo esempio, il grande oleo-dotto che, al Nord, collegherà le zone petrolifere del Sudan e del lago Turkana all’oceano Indiano. Sono cinesi i grandi investitori e uomini d’affari che disegnano oggi per domani lo sviluppo dell’Africa. Si scopre, allora, che la sfida della globa-lizzazione non è molto diversa, nel cuore dell’Africa giovane e nelle periferie della vecchia Eu-ropa, i temi del confronto e le sfide sono analoghi. Per la Chiesa, invece, rimane molto da imparare dall’«espe-rienza» africana: a cominciare dalla capacità di rinnovarsi. Come sono cambiate, con l’in-culturazione e il Concilio, le qualità della presenza missio-naria, così oggi ci viene propo-sta – a Tassia e non solo – una Chiesa che ha saputo rendersi presente puntando moltissimo sulla partecipazione dei laici, sulla corresponsabilità, sulla famiglia. Una prospettiva che, nello scambio fraterno, abbia-mo bisogno di «imparare» o di riscoprire.

Marco BONATTI

È iniziato il 15 gennaio un corso di formazione, curato dal centro missionario dioce-sano, sulle esperienze missio-narie. Intitolato «Sulle rotte del mondo» è rivolto a singoli e gruppi, giovani e adulti, che desiderano vivere un’esperien-za missionaria di conoscenza e servizio. «L’obiettivo – spiega il direttore don Marco Prastaro – è quello di avviare un cammi-no che interrogherà a livello di motivazioni, aspettative, storia personale, maturità umana e cristiana e potenzialità di que-sta esperienza di incontro e ac-coglienza». «Insieme a diverse realtà e con-gregazioni che organizzano esperienze di missione – pro-segue don Marco – abbiamo infatti pensato di mettere a punto un programma per dare risposta o suscitare gli inter-rogativi di base che devono caratterizzare l’esperienza mis-sionaria: ‘perché vado?’, ‘come mi posso rapportare con realtà così diverse dalla mia?’. Poi cia-scuna realtà secondo i propri carismi potrà organizzare ul-teriori incontri di approfondi-mento e formazione». Il corso è avviato in collabora-zione con le Suore Domenica-ne di Santa Caterina da Siena, l’Istituto Suore di San Giusep-pe, le Suore San Pietro Claver, l’Istituto Missioni Consolata, il Cam, l’Associazione Amici di Joaquim Gomes.Il calendario «comune» pre-vede 5 incontri mensili che si terranno presso la parrocchia torinese di Sant’Ignazio di Lo-yola (via Monfalcone 150) alle 20.45. Dopo l’introduzione del 15 gennaio su «Motivazioni e aspettative» a cura del Centro Missionario Diocesano; il 12 febbraio si parlerà de «L’incon-tro con altre culture» a cura di Davide Demichelis; il 12 mar-zo Antonio Vermigli interverrà su «Povertà – Sviluppo – Giu-stizia»; il 9 aprile il tema «La Missione della Chiesa» sarà trattato dal Missionario del-la Consolata padre Antonio Rovelli. Il 7 maggio su «Spiri-tualità Missionaria» interver-rà Suor Viviana Ballarin delle suore Domenicane. Il corso si concluderà il 22 giu-gno con la «Festa della Missio-ne» con la benedizione dell’Ar-civescovo ai partenti. Il 18 ottobre in «Piazza la Mis-sione» ci sarà l’occasione per condividere e rielaborare le esperienze vissute.

missione torinese – bilancio della visita dell’arcivescovo mons. nosiglia a tassia, dove operano don mauro gaino e don piero gobbo

L’incontro con i fidei donumdella parrocchia in Kenya

dal ’97 il desiderio di una parrocchia che nel 2012 è diventato realtà

La chiesa degli Innocenti:un sogno vicino al fiume

il corso per chi parte

Sulle rottedel mondoda Torinoai Continenti