l’Astronomia dall’Osservatorio dell’Istituto...

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Le ottiche adattive sviluppate in Italia per il Grande Telescopio Binoculare (Large Binocular Telescope o LBT) risultano essere la massima espressione di questa tecnologia a livello mondiale in termini di qualità di immagini prodotte per l’Astronomia. Lo sviluppo di tali tecnologie, guidato dall’Osservatorio Astrofisico di Arcetri (parte dell’Istituto Nazionale di Astrofisica o INAF), è stato reso possibile dalla stretta collaborazione tra INAF e le ditte italiane Microgate di Bolzano per l’elettronica e ADS international di Lecco per la meccanica. 1

Transcript of l’Astronomia dall’Osservatorio dell’Istituto...

Le ottiche adattive sviluppate in Italia per il Grande Telescopio Binoculare (Large Binocular Telescope o LBT) risultano essere la massima espressione di questa tecnologia a livello mondiale in termini di qualità di immagini prodotte per l’Astronomia. Lo sviluppo di tali tecnologie, guidato dall’Osservatorio Astrofisico di Arcetri (parte dell’Istituto Nazionale di Astrofisica o INAF), è stato reso possibile dalla stretta collaborazione tra INAF e le ditte italiane Microgate di Bolzano per l’elettronica e ADS international di Lecco per la meccanica.

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Quali sono le richieste per i telescopi astronomici moderni? - Vedere i dettagli sempre più minuti degli oggetti scientifici - Vedere oggetti sempre più deboli (per esempio deboli perché lontani nello spazio e dunque lontani nel tempo) - Grandi telescopi con grandi collettori di luce (attualmente classe 8m-10m) per vedere sorgenti sempre più deboli, nel prossimo futuro avremo telescopi da 30m-40m, attualmente in fase di progettazione - In principio maggiore è il diametro del telescopio, maggiore è il suo potere risolutivo (cioè capacità di distinguere dettagli): ma solo in proncipio… vedremo perché.

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Maggiore area collettrice (cioè maggiore diametro) dei telescopi per vedere sempre più lontano e più in dettaglio. Qui si confronta la punta tecnologca alla fine dell’800 con il telescopio Amici all’Osservatorio Astrofisico di Arcetri con la sua apertura da 36cm e l’attuale Grande Telescopio Binoculare (o LBT) con due specchi collettori da 8.4m ognuno, un “mostro” la cui realizzazione e gestione vede il contributo per il 25% dellItalia. Ma se è vero che aumentando il diametro si aumenta la quantità di luce raccolta dalle sorgenti astronomice, in via teorica si dovrebbe aumentare anche la risoluzione riducendo l’effetto della diffrazione, infatti la luce che passa attraverso una lente, anche se fosse una lente perfetta, non produce un’immagine perfettamente puntiforme, ma una macchia, detta figura di diffrazione, tanto più piccola quanto maggiore è il diametro della lente. Dunque i moderni telescopi dovrebbero avere una risoluzione elevata in virtù della piccolissima figura di diffrazione, ad esempio LBT dovrebbe distinguere dettagli angolari in cielo di poche decine di millesimi di secondi d’arco, ma in pratica l’atmosfera terrestre ci mette lo zampino perturbando le immagini teoriche prodotte da questi grandi telescopi

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Le immagini viste da terra degli oggetti astronomici, vengono visti attraverso lo strato dell’atmosfera che risulta essere turbolenta distorgendo e offuscando le immagini prodotte dai telescopi

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In paricolare le immagini di sorgenti puntiformi, come le stelle lontane, non sono di poche decine di milliarcosecondi come previsto dalla figura di diffrazione, ma sono distorte e in movimento producendo, in media, un “blob” di luce di circa 1 arcosecondo, cioe’ circa 50 volte più grande (e dunque meno dettagliato) di quanto ci si aspetterebbe in assenza del disturbo dell’atmosfera. In conclusione abbiamo telescopi da 8-10m di diametro con poteri risolutivi di telescopietti da 10-15cm per effetto dell’atmosfera. Si noti che telescopi grandi raccolgono piu’ luce e comunque vedono oggetti più deboli e lontani, che è il motivo storico per telescopi sempre più grandi nonostante l’effetto dell’atmosfera.

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Quali sono le soluzioni al problema della perdita di risoluzione dovuta all’atmosfera turbolenta? Una soluzione è portare un telescopio fuori dell’atmosfera terrestre come con il famoso Hubble Space Telescope, lanciato nel 1990 con un diametro di 2,4 metri e una risoluzione angolare di 0,1arcosecondi. Il problema maggiore con questo tipo di soluzione è l’elevato costo e la limitazione del diametro alle dimensioni dei razzi vettori. Ad esempio i 2,4m dell’HST erano stati limitati dalle dimesioni della stiva dello Space Shuttle che lo ha portato in orbita.

Un’altra soluzione è quella di mantenere i telescopi a terra, costruirli più grandi di quelli che è possibile lanciare nello spazio ed usare una tecnica chiamata Ottica Adattiva. Cosà è l’Ottica Adattiva? Leggi slide per il resto

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A grandi linee, se osservassimo una stella binaria molto stretta, il fronte d’onda della luce proveniente dalla binaria si distorce al passaggio attraverso l’atmosfera producendo un “blob” nell’immagine che non permette di distinguere i dettagli delle due stelline, come si vede a sinistra. Se introduciamo uno specchio deformabile e introduciamo ad ogni istante una deformazione dello specchio uguale e opposta a quella del fronte d’onda, riusciremmo a “rispianere” il fronte d’onda ed eliminare in tempo reale l’effetto dell’atmosfera, recuperando la risoluzione teorica del telescopio data dal suo dimetro e dunque dalla sua figura di diffrazione

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Dunque serve uno specchio veloce che sappia cambiare precisamente la sua forma e un sensore di fronte d’onda che sappia misurare la deformazione da applicare. I tempi tipici di aggiornamento dello specchio sono dell’ordine del millisecondo (tempo scala di variazione degli effetti della turbolenza atmosferica) e le tipiche correzioni sono dell’ordine di alcuni millesimo di millimetro (micron) in passi di alcuni milionesimi di millimetro (nanomentri). Il sensore osserva una sorgente brillante nei pressi dell’oggetto da osservare e confronta la sua “puntiformità” con la teorica. Da questa analisi, con l’ausilio di un coputer estremamente veloce, calcola il comando da dare allo specchio. La stella di “guida” deve essere relativamente brillante per garantire un’adeguato segnale nei pochi millisecondi di osservazione per “stare dietro” all’evoluzione della turbolenza. Di solito gli oggetti scientifici sono o troppo deboli o troppo estesi per essere usati da “guida” per il sistema adattivo. Si noti che il sensore è dopo il correttore, dovendo così rilevare i soli residui della correzione definendo così un cosiddetto sistema a anallo chiuso o a loop-chiuso.

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Un generico sistema adattivo è descitto in questo filmato mostrando un modulo di Ottica Adattiva convenzionale con un monitor per vedere l’immagine prodotta di una stella. Il fascio luminoso arriva dal telescopio e viene fatto riflettere verso uno specchio deformabile per poi essere separato in sue parti, una parte (in rosso) viene inviata al rilevatore scientifico, l’altra parte (in blu) viene mandato ad uno speciale sensore detto sensore di fronte d’onda. La turbolenza atmosferica disturba l’immagine producendo una immagine distorta e “ballerina” come mostrato nel monitor. L’effetto dell’atmosfera si può anche visualizzare nella distorsione del fronte d’onda del fascio luminoso che cambia continuamente per il continuo movimento della turbolenza atmosferica. Il sensore di fronte d’onda riesce a misurare la deformazione della stella attraverso il corrugamento del fronte d’onda luminoso distorto dal passaggio attraverso l’atmosfera terrestre. Il sensore invia l’informazione del corrugamento del fronte d’onda allo specchio deformabile che cambia la sua forma in modo uguale e opposto alla distorsione per correggerla continuamente. Quando la luce corretta raggiunge il rilevatore scientifico l’immagine della stella torna ad essere ferma e puntiforme, recuperando la risoluzione teorica per il telescopio

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L’Italia con l’Osservatorio Astrofisico di Arcetri dell’Istituto Nazionale di Astrofisica, in collaborazione con le ditte ingegneristiche italiane Microgate di Bolzano per l’elettronica e ADS di Lecco per la meccanica, hanno sviluppato e prodotto un innovativo sistema adattivo per il telescopio LBT, attualmente il telescopio con la maggiore area collettrice al mondo. Il telescopio è una collaborazione tra Europa e USA in cui l’Italia partecipa per il 25%

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Nel telescopio LBT il correttore dell’ottica adattiva è lo specchio secondario del telescopio stesso che è reso defomabile. Le onde lumonose arrivano al telescopio e vengono raccolte dal grande specchio primario e convogliate verso un più piccolo specchio secondario che le focalizza verso lo strumento scientifico. Lo specchio secondario si deforma rimettendo in fase le onde luminose che erano sfasate dalla turbolenza atmosferica. La deformazione è attuata da 672 attautori elettromagnetici (672 avvolgimenti affacciati ad altrettanti magneti, in definitiva una serie di altoparlanti audio) che cambiano la forma dello specchio 1000 volte al secondo per poter inseguire gli effetti della turbolenza. Questo permette di rendere l’immagine più nitida come se il telescopio fosse fuori dell’atmosfera. Si vede un esempio di cosa accade quando l’ottica adattiva è attivata (misura reale eseguita al telescopio)

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Qui si vede dove il secondario adattivo è montato sul telescopio, ma uno specchio deformabile non saprebbe come muoversi senza un sensore di fronte d’onda che analizzasse l’immagine della stella per misurare le deformazioni del fronte d’onda luminoso. Per LBT l’Osservatorio di Arcetri ha sviluppato un nuovo sensore tutto italiano detto sensore a piramide. Il sensore è montato di fronte allo strumento scientifico asservito dallo specchio terziario che dirige verso di lui la luce proveniente dal secondario

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Vediamo in dettaglio come il secondario adattivo è fatto. -- leggi la slide – e mostra le stesse cose sul prototipo sul banco (specchio sottile, magneti, piastra di riferimento con i fori al cui interno sono alloggiati gli attuatori (bobine) e le areole dei sensori capacitivi.

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Mostra sul prototipo sul banco le areole dei sensori

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E vediamo adesso come il sensore di fronte d’onda a piramide è fatto. Si basa su una piccola piramide di meno di 1 centimetro con una punta precisissima. Il fascio del telescopio è focalizzato sulla punta della piramide e, in assenza di distorsioni, viene separato in quattro dalle quattro facce che producono quattro immagini dell’apertura di ingresso del telescopio. Le quattro immagini sono uguali in assenza di disturbo. Se il fascio che arriva è distorto, la luce passa da una faccia della piramide più che da un’altra, producendo illuminazioni e oscuramenti delle immagini dell’apertura d’ingresso. L’analisi, tramite l’elettronica del secondario adattivo, di queste immagini di “chiaroscuri” permette di capire come il fronte d’onda è distorto e dunque i comandi da eseguire sugli attuatori dello specchio secondario adattivo per compensare la distorsione

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Il sensore a piramide è relativamente piccolo (30x30cm) ed è estremamente efficiente rispetto agli usuali sistemi adattivi usati dai precedenti telescopi

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Il secondario adattivo e il sensore a piramide che insieme costituiscono FLAO (first light adaptive optics per LBT) sono stati montati sul telescopio alla fine di febbraio del 2010. In questa slide si vede la fase di preparazione dell’unità

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E in questa slide si vede la fase di montaggio del secondario adattivo sul telescopio

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Ancora montaggio del secondario adattivo. -- Sulla destra si vede montato anche una struttura di calibrazione ottica del secondario adattivo --

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In questa slide invece il modulo del sensore a piramide è preparato e montato nell’alloggiamento per il montaggio al telescopio

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E qui viene montato al telescopio

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Ancora fasi del montaggio al telescopio

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Ma non è tutta rose e fiori la vita dell’astronomo: i grandi osservatori sono in cima alle montagne e capita di rimanere sulla via bloccati dalla neve.

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Ma gli sforzi sono stati ripagati! Qui si vede la prima osservazione eseguita dal sistema adattivo e la differenza quando l’ottica adattiva viene “accesa” Quando l’ottica adattiva si “accende” si vede che il “blob” confuso dovuto alla turbolenza atmosferica nascondeva tre stelline! Reuperando il dettaglio d’immagine che si era perduto.

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Qui si vede un’immagine corretta con l’ottica adattiva che mostra due stelline separate da 40 millesimi di secondi d’arco e, per confronto, mostriamo anche le dimensioni del “cerchio di confusione” introdotto dall’atmosfera in assenza di ottica adattiva.

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Ingrandimenti delle stelle corrette in cui si satura il centro per mostrare il dettaglio delle ali. Si vedono gli anelli della figura di diffrazione e una corona che è dovuta al residuo non corretto dall’ottica adattiva della turbolenza dovuto al numero finito di attuatori

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Un firmato in presa diretta dell’immagine di precedente

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Alla fine vediamo se conviene usare l’Ottica Adattiva su telescopi grandi a terra o lanciare telescopi nello spazio anche se più piccoli. Qui si confrontano le immagini della stessa regione dell’ammasso globulare (un agglomerato di stelle chiamato M92) ottenute con il telescopio spaziale Hubble (HST, 2,4m di diamtero) e con il sistema adattivo FLAO di LBT (8,4m di diametro) Si noti che la definizione con FLAO è evidentemente migliore (di almeno un fattore 3 confrontando la largezza delle immagini delle stelle, in sostanziale accordo con il rapporto dei diametri) e , soprattutto, si vedono più stelle perché si raccoglie più luce anche se con minore tempo di esposizione (solo 8minuti per FLAO, rispetto ai 20 minuti di HST): Il sistema ottico adattivo Italiano per LBT batte 3 a 1 il telescopio Spaziale della NASA!

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