VALUTAZIONE DELLE CONDIZIONI VEGETATIVE FITOSANITARIE...

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GIFOR di Luigi SANI Via del Parione 1 - 50124 - Firenze Tel e Fax 055292813 - Email: [email protected] VALUTAZIONE DELLE CONDIZIONI VEGETATIVE FITOSANITARIE E DI STABILITÀ DEGLI ALBERI E PROGETTO DI RIORDINO COLTURALE DELLE ALBERATURE VEGETANTI NELL’AREA DELL’OSSERVATORIO ASTROFISICO DI ARCETRI Committente: Istituto Nazionale di Astrofisica Tecnico incaricato: Dottore Forestale Luigi SANI Collaboratore: Dottore Forestale Gianluca CAPECCHI Firenze, dicembre 2010 Gli elaborati di progetto sono documenti della prestazione professionale: non possono essere copiati, riprodotti o utilizzati in altri progetti, né in sviluppi di questo progetto senza il consenso scritto del professionista incaricato.

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    VALUTAZIONE DELLE CONDIZIONI VEGETATIVE FITOSANITARIE E DI STABILITÀ DEGLI ALBERI

    E PROGETTO DI RIORDINO COLTURALE

    DELLE ALBERATURE VEGETANTI NELL’AREA DELL’OSSERVATORIO ASTROFISICO DI ARCETRI

    Committente:

    Istituto Nazionale di Astrofisica

    Tecnico incaricato:

    Dottore Forestale Luigi SANI

    Collaboratore:

    Dottore Forestale Gianluca CAPECCHI

    Firenze, dicembre 2010 Gli elaborati di progetto sono documenti della prestazione professionale: non possono essere copiati, riprodotti o utilizzati in altri

    progetti, né in sviluppi di questo progetto senza il consenso scritto del professionista incaricato.

  • Valutazione delle condizioni vegetative fitosanitarie e di stabilità degli alberi e progetto di riordino colturale delle alberature vegetanti nell’area dell’Osservatorio Astrofisico di Arcetri

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    VALUTAZIONE DELLE CONDIZIONI VEGETATIVE FITOSANITAR IE E DI STABILITÀ DEGLI ALBERI E PROGETTO DI RIORDINO COLTU RALE

    DELLE ALBERATURE VEGETANTI NELL’AREA DELL’OSSERVATORIO ASTROFISICO DI ARCETRI

    1 SCOPO DELL'INDAGINE Nel mese di ottobre del corrente anno, l’Istituto Nazionale di Astrofisica, proprietario dei beni, nel contesto di un generale piano della sicurezza e nel timore che alcuni alberi vegetanti nell’area afferente all’Osservatorio di Astrofisica di Arcetri potessero risultare pericolosi, conferiva con lettera prot. 11/22/2010 Tit. VII – Cl. 09, allo Studio Gifor di Luigi Sani l’incarico di eseguire una valutazione delle condizioni vegetative, fitosanitarie e di stabilità degli alberi in modo tale da individuare gli interventi di abbattimento o di cura che fossero necessari ed urgenti. Il sottoscritto Dottore Forestale Luigi SANI, iscritto all’Albo dei Dottori Agronomi e Forestali della Provincia di Firenze con il numero 659, ha verificato le condizioni di vita, lo stato di salute e di stabilità degli esemplari arborei assegnati e, con il seguente elaborato presenta i risultati. 2 PIANO DI LAVORO Il lavoro commissionato con l’incarico di cui in premessa, del quale questa relazione generale costituisce, insieme ad i suoi allegati, il prodotto finale, si prefigge l'obiettivo di rispondere alle esigenze manifestate dalla committenza e quindi di valutare l'insieme delle condizioni vegetative e fitosanitarie degli alberi al fine di determinarne lo stato generale di salute e di stabilità, la presenza di patologie e le relazioni fra queste e l'ambiente in cui vivono, con particolare riferimento ai manufatti ubicati in prossimità, infine di suggerire gli eventuali provvedimenti colturali da adottare e la loro urgenza. In questa ottica, lo studio qui presentato affronta diverse tematiche di seguito brevemente descritte. Il capitolo 3 illustra, in modo schematico ma esaustivo, la metodologia seguita nelle diverse fasi operative del lavoro giustificandone la scelta e precisandone i contenuti. Il capitolo 4 si dedica interamente al quadro conoscitivo esponendo la valutazione delle condizioni vegetative, fitosanitarie e di stabilità degli alberi e individuandone le condizioni di salute e di stabilità ed il quadro diagnostico complessivo. Il capitolo 5 è dedicato invece, concretamente, alla descrizione delle modalità di riordino colturale ed individua, sulla base delle problematiche messe in evidenza nel quadro conoscitivo e delle possibili soluzioni proposte, le tipologie di intervento che si ritiene opportuno realizzare, circostanziando le ragioni della loro applicazione, i possibili risultati attesi e le modalità operative con cui tali tipologie dovranno essere attuate. In allegato a questa relazione tecnica generale sono poi prodotti una serie di documenti di dettaglio quali: - relazione paesaggistica; - quaderno delle schede di valutazione del rischio, della stabilità e delle verifiche

    strumentali e modellistiche; - planimetria dello stato attuale con ubicazione degli alberi; - planimetria degli interventi di abbattimento e di cura colturale proposti; - planimetria dello stato finale successivo al riordino colturale.

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    3 METODOLOGIA DI INDAGINE 3.1 ASPETTI GENERALI Per quanto concerne i criteri metodologici adottati nell’elaborazione del quadro conoscitivo, questi si fondano sulle più recenti acquisizioni scientifiche nel campo dell’Arboricoltura Ornamentale. La procedura seguita consiste in un’analisi inventariale, con campionamento stratificato, delle piante a portamento arboreo presenti nel parco. Lo studio si fonda su un criterio di stratificazione dei rilievi in un’ottica di progressivo maggiore approfondimento. Lo schema di lavoro adottato è il seguente: 1. individuazione di tutte le piante a portamento arboreo presenti ed esclusione, dai rilievi

    successivi, dei soggetti di modeste dimensioni, non significativi o che, all’analisi visiva “a volo d’uccello”, non manifestano segni evidenti di difetti o vegetano in zone non o poco frequentate.

    2. valutazione del rischio degli alberi selezionati come potenzialmente pericolosi, sulla base di una originale procedura speditiva;

    3. valutazione integrata degli alberi di maggiore importanza e di quelli ritenuti maggiormente pericolosi mediante analisi visuale delle condizioni di vita e valutazione di stabilità con metodo VINA;

    4. analisi strumentale degli alberi che presentano difetti importanti o per i quali è opportuno conseguire un maggiore livello di conoscenza delle condizioni strutturali interne;

    5. analisi modellistica su alcuni esemplari di particolare significato. 3.2 IDENTIFICAZIONE DEGLI ALBERI Al fine di consentire l’agevole rintracciabilità di ogni albero campionato anche successivamente al presente studio è stato adottato un sistema di codificazione e identificazione univoco, basato sul “posto pianta”. Ad ogni pianta, la cui ubicazione è individuabile mediante rappresentazione cartografica, è stato associato un codice identificativo univoco, al fine di renderla facilmente individuabile sia in cartografia sia nelle schede allegate alla relazione tecnica. Tale codice, di tipo alfanumerico, è composto da due lettere, due numeri, quattro lettere e due numeri: la prima coppia indica il codice di archivio. I due numeri successivi indicano l’anno di rilevamento (2010), le seguenti quattro lettere sono identificative del nome dell’albero e gli ultimi due numeri del progressivo attribuito all’albero esaminato all’interno della cartografia. Ad esempio il codice BX10PIPI50 si riferisce al rilievo effettuato nel 2010 sul pino domestico (PInus PInea) avente il numero 50 in cartografia. 3.3 VALUTAZIONE DEL RISCHIO L’applicazione della metodologia VINA (Sani, 2008) a tutti gli alberi del giardino sarebbe evidentemente molto onerosa. Gli alberi di minore importanza o problematicità sono quindi stati esclusi dal rilievo mentre quelli in condizioni intermedie sono stati esaminati ricorrendo ad una metodologia di rilievo di tipo inventariale finalizzata a individuare, mediante una breve valutazione visuale dell’albero, le più evidenti problematiche strutturali presenti, o comunque quei segni o sintomi che possono essere collegati con difetti strutturali interni tali da minare le condizioni di stabilità e quindi tali da necessitare la predisposizione di un rilievo

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    maggiormente accurato. Questa procedura permette, a costi contenuti, di evidenziare non solo le piante che “appaiono” come più pericolose, che meritano ulteriori indagini più approfondite, ma anche quegli alberi che comunque presentano qualche difetto e che meritano di essere studiati più dettagliatamente in quanto l’area della loro potenziale caduta investe potenzialmente delle persone o dei manufatti di interesse. Questo obiettivo è perseguito proprio mediante l’individuazione sia dell’indice di pericolo, che informa sostanzialmente sulla probabilità di cedimento dell’albero nel suo complesso, sia dell’indice di rischio, che, sulla base della vulnerabilità del sito di vegetazione, informa sugli effetti che un potenziale cedimento può provocare. La scheda di valutazione del rischio associabile ad ogni albero è estremamente sintetica ma efficace nel delineare e mettere in evidenza le principali problematicità riscontrate. Sono riportati: � il codice identificativo (che compare anche in cartografia) e l’ubicazione dell’albero; � le caratteristiche dimensionali principali; � le principali difettosità visibili negli organi dell’albero se strettamente connesse a

    potenzialità al cedimento o al deperimento dell’albero stesso; � i giudizi di pericolosità, fattore di danno, fattore di contatto e rischio di instabilità come

    sopra definiti; � tipo di intervento che si ritiene opportuno adottare, sua urgenza e programma di

    monitoraggio cui la pianta dovrà essere sottoposta. 3.4 VALUTAZIONE INTEGRATA Per quanto concerne la valutazione integrata, gli alberi selezionati durante la prima fase di valutazione del rischio sono stati analizzati nelle loro condizioni vegetative, fitosanitarie e di stabilità e ne è stata redatta una scheda identificativa di dettaglio. Questa valutazione integrata dell’albero consiste in una valutazione visuale di tutte le caratteristiche dell’albero importanti ai fini della sua valutazione. Senza voler ricondurre l’indagine nel recinto di una specifica metodologia, il rilievo eseguito applica in ogni caso il protocollo PHC (AA. VV., 1997). L’acronimo PHC (Plant Health Care) definisce una metodica attraverso la quale la valutazione delle complessive condizioni di vegetazione di un esemplare arboreo e la definizione delle possibili cure, scaturiscono in modo integrato dallo studio delle interazioni fra il trattamento agronomico (fertilizzazioni, interventi fitosanitari, potature, scelta del sito d’impianto, ecc.), i condizionamenti esterni di carattere biotico (parassiti, patogeni, ecc.) ed abiotico (fattori fisici dell’ambiente) e le interferenze esercitate dall’uomo (inquinamento ambientale, urti accidentali, vandalismo, ecc.).

    Inoltre, specie in contesti urbani, l’insieme delle variabili sopra esposte possono condizionare non solo la salute della pianta, ma anche la sua stabilità biomeccanica (cioè il pericolo che l’albero o alcune sue parti possano rompersi e cadere); tale fenomeno può verificarsi anche in piante in buono stato vegetativo. Appare quindi necessario eseguire sempre anche una verifica di stabilità dell’albero finalizzata ad escludere un pericolo di caduta superiore a quello definibile come “naturale”, in particolare laddove un ipotetico cedimento può provocare danni a persone o cose. In questa indagine, per quanto concerne la verifica delle condizioni di stabilità delle piante, questa è stata eseguita nel sostanziale rispetto del protocollo dell’ISA (International Society of Arboriculture) sezione italiana sul VTA (MATTHECK e BRELOER, 1998; AA. VV., 2001). L’acronimo inglese VTA (Visual Tree Assessment), che letteralmente significa “valutazione visuale dell’albero”, identifica una delle metodologie ad oggi maggiormente diffuse in materia di valutazione biomeccanica degli alberi: attraverso un

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    esame visuale della pianta si giunge ad individuare l’insieme dei difetti meccanici e biologici di crescita cui possono corrispondere difetti strutturali degli apparati legnosi, direttamente relazionati con le caratteristiche di stabilità; particolare attenzione è posta nella ricerca di segni specifici in grado di mettere in luce la presenza di cavità interne e di processi di carie delle radici, del fusto o delle branche. La metodologia seguita consiste nella descrizione accurata delle condizioni stazionali, delle caratteristiche dendrostrutturali, delle anomalie morfologiche e delle difettosità dell’albero, dei segni e sintomi derivanti da patologie di varia natura. Per fare questo si ricorre ad una metodica di lavoro dichiarata (SANI L., 2008 - Valutazione integrata dell'albero. Manuale ad uso pratico per il rilevamento delle condizioni vegetative, fitosanitarie e di stabilità degli alberi in ambito urbano. Nicomp L.E. Firenze), ricorrendo ad una scheda indicante: � il codice identificativo dell’albero e del rilievo; � l’ubicazione della pianta ed il tipo di sito in cui essa vegeta; � la posizione sociale della pianta nel contesto della vegetazione circostante (se presente); � le caratteristiche dimensionali e cioè la circonferenza del fusto misurata a 1.30 m e

    l’altezza totale; � l’età ontogenetica (utile per determinare l’eventuale tipo di potatura da eseguire); � le caratteristiche della stazione (cioè del luogo topografico in cui la pianta vive), con

    riferimento ai conflitti che la pianta presenta con manufatti, i problemi legati alla natura del suolo, ecc.;

    � le condizioni vegetative, fitosanitarie e di stabilità delle varie parti della pianta (radici e colletto, fusto principale, castello, branche e ramificazione, chioma) indicando le principali problematiche visibili (presenza di carie, ferite non rimarginate, ecc.);

    Su tali basi vengono quindi fornite alcune valutazioni di sintesi molto importanti al fine di determinare il giudizio finale e, quindi, le prescrizioni colturali. Si formulano infatti alcuni giudizi in merito a: � valore ornamentale e affettivo del soggetto, giudicato euristicamente; � giudizio di “pericolosità”: evidenzia il grado di pericolo associabile alle condizioni

    fitopatologiche e di stabilità della pianta. La pericolosità massima è attribuita ai soggetti che manifestano segni allarmanti di cedimento strutturale o evidenti patologie; per i soggetti in condizioni di stabilità progressivamente migliori si attribuisce un valore di pericolosità elevata, media, bassa e infine minima allorquando non si osservano segni o sintomi di problematiche in atto.

    � Giudizio sull’entità del “fattore di danno”: ci informa sul sul “cosa” può cadere, cioè sulla possibile entità dell’agente dannoso. Questo indice dipende quindi dalle dimensioni complessive della pianta e/o delle sue porzioni valutate come “pericolose”. È stato elaborato in modo automatico mediante il ricorso ad una formulazione specificamente elaborata.

    � Giudizio sulla natura e valore del “fattore di contatto” altrimenti indicato come vulnerabilità: si riferisce in sostanza al grado di ”frequentazione” del sito in cui la pianta vegeta e all’entità dei danni materiali provocabili da un eventuale cedimento dell’albero. L’obiettivo è quello di attribuire una vulnerabilità massima a quelle piante che, cadendo, potrebbero danneggiare in modo grave persone o cose, quindi elevata, media, bassa e infine minima per le piante la cui eventuale caduta avverrebbe sicuramente in zone non frequentabili o prive di manufatti.

    � Giudizio di “rischio di instabilità”: è dato dal prodotto logico dei tre indici precedenti e indica così piante in condizioni di rischio estremo (che dovrebbero essere sicuramente

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    eliminate perché si trovano in condizioni di elevata probabilità di caduta in quanto presentano difetti morfologici e strutturali importanti e possono provocare danni ingenti a persone o cose), elevato (laddove le condizioni di cui sopra si manifestano sempre in modo consistente ma sembrano non avere carattere di imminenza), moderato (per le cui piante è necessario adottare specifiche cure colturali ed un programma di monitoraggio), basso (per quei soggetti che denunciano lievi difetti o sono ubicati in zone meno problematiche) o trascurabile (per quei soggetti che non presentano difetti o anomalie significative ed il cui rischio di caduta è pertanto limitato ad eventi non prevedibili o comunque avverrebbe in luoghi non pericolosi).

    Infine, la scheda riporta le prescrizioni necessarie per la gestione e cioè: � tipo di intervento che si ritiene opportuno adottare; � sua urgenza; � eventuali approfondimenti di indagine (analisi particolari o in quota); � programma di monitoraggio cui la pianta dovrà essere sottoposta. 3.5 ANALISI STRUMENTALE L’esame visuale delle condizioni di stabilità, per quanto approfondito, non sempre permette di acquisire un quadro diagnostico completo ed esauriente delle condizioni strutturali in cui si trova una pianta, in particolare laddove sono presenti difetti importanti. In tali casi, per formulare un giudizio più compiuto, è opportuno sottoporre l’albero ad un approfondimento di indagine di tipo strumentale volta ad individuare e stimare l’estensione di alcuni difetti strutturali interni. Nella prassi corrente, l’approfondimento di indagine viene eseguito ricorrendo ad un’analisi strumentale delle sezioni o dei punti dell’albero che visivamente mostrano di possedere difetti strettamente correlati con una elevata propensione al cedimento. Se ad esempio l’analisi osservativa segnala la presenza o la possibilità che vi siano carie o cavità interne al fusto in un dato punto, questo verrà indagato nella sezione corrispondente, in modo tale da determinare, in quel luogo (ma solo in quel luogo), la presenza reale e l’entità della degradazione. È quindi opportuno precisare che l’analisi strumentale, comunque realizzata, è solo e niente altro che una integrazione diagnostica della valutazione visuale, ma non è la valutazione stessa. L’evidenza strumentale deve essere interpretata alla luce di quanto evidenziato nell’ambito dell’analisi visuale ed è quindi finalizzata a corroborare (e quindi non a determinare) il giudizio di stabilità che il valutatore va formandosi nella sua mente. Tutte le tecniche strumentali oggi diffuse infatti forniscono un dato parziale e localizzato, in quanto alcune forme di cedimento sono comunque ed inevitabilmente trascurate (e quindi demandate all’analisi osservativa). L’informazione ottenuta deve quindi essere inserita, con i suoi limiti, nel quadro di valutazione dell’albero intero. 3.5.1 Prova strumentale mediante Resistograph Si è utilizzato un Resistograph elettronico mod. B400. Si tratta di un trapano dinamometrico che fornisce una misura della resistenza del legno alla penetrazione di un ago di acciaio armonico, che si fa strada nel tessuto tramite rotazione. La differenza di densità nelle varie porzioni di legno attraversate e quindi anche la presenza di zone cariate, può essere

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    individuata in modo indiretto, leggendo la restituzione dello strumento, che si traduce in un grafico riportante la variazione dell’entità dell’assorbimento di energia sopportata dall’ago nel suo processo di avanzamento in funzione della profondità alla quale si trova l’ago. L’interpretazione del tracciato (comunemente detto profilo resistografico) permette infine di determinare indirettamente la “densità” del legno in relazione alla “fatica” con cui l’ago penetra nel legno e quindi, di conseguenza, la presenza, la posizione e l’entità di eventuali fenomeni degenerativi interni, elemento indispensabile all’effettuazione della verifica biostatica e biodinamica del soggetto arboreo. 3.5.2 Prova strumentale mediante Arbotom Si è utilizzato un tomografo tipo Arbotom® a 8 sensori, utile per determinare la presenza e l’estensione di eventuali carie e/o cavità all’interno del fusto. Lo strumento determina la velocità con cui un onda sonora, generata alternativamente sui diversi sensori, si propaga all’interno del fusto. I dati relativi al tempo che impiegano gli impulsi generati su un sensore a raggiungere gli altri sono quindi trasferiti ad un computer che elabora una immagine della sezione del fusto, evidenziando la presenza di difetti interni e quantificandone l’estensione. Infatti, poiché la velocità di propagazione del suono nei solidi (Vs, [m/s]) è data dalla relazione:

    Vs = √ E / ρ in cui ρ è la densità [kg/m3] ed E è il modulo di Young [N/m2], tale velocità dipende dall’elasticità del legno (quindi dalla specie) e dalle sue condizioni di densità e umidità (modificate dalla presenza di carie). Tenuto conto che, con le carie, l’elasticità tende a ridursi prima e più rapidamente di quanto non faccia la densità del legno, ne segue che è possibile dedurre la presenza di degradazione del legno con il ridursi della velocità di propagazione dell’onda sonica. In sostanza, la propagazione del suono sarà tanto più lenta quanto più il legno è “meno solido”, cioè più alterato. È bene precisare che, con questa metodologia, non si giunge ad una stima della resistenza del legno ma della sua rigidità. 3.6 ANALISI MODELLISTICA Le tecniche di analisi visuale e strumentale sopra descritte sono finalizzate, con modalità diverse, a individuare la presenza e l’estensione di difetti strutturali o di patologie degenerative nel tessuto legnoso. Tali fenomeni determinano modificazioni nella forma e nelle proprietà meccaniche del legno che, in ultima analisi, provocano una riduzione della capacità del fusto o delle radici di controbilanciare le tensioni provocate dal peso stesso della pianta e, soprattutto, dalla spinta esercitata dal vento. Sebbene una valutazione analitica precisa delle tensioni di sforzo esercitate in casi concreti non sia possibile, sia a causa dell’anisotropia della struttura legnosa e della complessità strutturale dell’albero, sia a causa dell’altrettanto complessa interazione di questa con la dinamica del vento, l’analisi modellistica, permette una stima indicativa del fattore di sicurezza mediante il rapporto fra variabili significative dal punto di vista biomeccanico.

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    4 QUADRO CONOSCITIVO 4.1 UBICAZIONE DEGLI ALBERI E ASPETTI TERRITORIALI Gli alberi oggetto di questo studio sono radicati tutti all’interno delle aree di pertinenza dell’Osservatorio Astrofisico di Arcetri. Catastalmente l’area di studio afferisce alle particelle 62, 63, 65, 333, 334, 336, 456 del foglio di mappa n° 142 del Comune di Firenze. Con riferimento al sistema dei vincoli sovraordinati, occorre ricordare come l’area dell’Istituto di Astrofisica, giusto il decreto istituito in data 5.11.1951, risulta sottoposta al vincolo paesaggistico d’insieme ai sensi della L. 1497/39, così come modificata con il DLgs. 22.01.04 n°42 “Codice dei beni culturali e del paesaggio e recepita dalla Regione Toscana con L.R. 03/01/2005 n° 1 “Norme per il governo del territorio”. L’intera area è altresì soggetta al vincolo architettonico di cui alla ex L. 1089/39 ai sensi del Decreto del 16.06.1930.

    Vincoli di PTCP, vincolo archeologico esteso (linea nera) e perimetro area urbana (linea rossa)

    Vincolo paesaggistico (area estesa) e vincolo architettonico (area ridotta) gravanti sull’area

    (identificazione puntuale) Il Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale (PTCP) inserisce l’area nei territori soggetti a tutela paesaggistica ed ambientale del territorio aperto abitati minori ed edifici sparsi (Art. 7) e fra le aree fragili da sottoporre a programma di paesaggio (Art.11). Dal punto di vista urbanistico, l’area a parco limitrofa all’edificio storico risulta classificata nelle aree di classe 2: aree di pertinenza degli edifici di Classe 1 e giardini di particolare interesse storico-artistico o ambientale, per le quali valgono gli indirizzi gestionali dettati dall’Art. 19 delle NTA relative alla variante generale al P.R.G., approvata con D.C.R. n° 385 02/12/97. In tali aree, ai sensi del comma Estratto dal PRG del Comune di Firenze

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    19.1 è prescritta la conservazione e perpetuazione, anche tramite sostituzione, delle essenze vegetali esistenti. Qualsiasi intervento sulle medesime deve inoltre avvenire nel rispetto del "Regolamento comunale per la tutela del patrimonio arboreo ed arbustivo della città". L’area a parco è altresì inclusa nelle sottozone F2e: attrezzature pubbliche e servizi pubblici di interesse urbano e territoriale. Nell’area dell’Osservatorio non si trovano alberi di particolare valore ornamentale, anche se il cipresso n° 1, antistante l’ingresso principale, registra dimensioni ed aspetto di un certo interesse ed è quindi meritevole di una certa attenzione e cura. Anche il cipresso n° 49 manifesta un aspetto estetico significativo. L’insieme dell’alberata è comunque di discreto valore ornamentale in quanto costituisce la cornice ornamentale del sistema di ville edificate a cavallo delle pendici collinari in vista della città, caratterizzate dalle colture agricole ad olivo. La vulnerabilità del sito di radicazione degli alberi è genericamente abbastanza elevata in quanto la maggior parte di essi vegeta in prossimità di aree di passaggio e di sosta prolungata, ed alcuni di essi manifestano poi interferenze o conflitti con gli edifici circostanti. 4.2 ANAMNESI E DIAGNOSI Le caratteristiche vegetative, fitosanitarie e di stabilità degli alberi che costituiscono l'oggetto della presente indagine sono riportate in forma schematica nelle schede allegate, assieme alle prove strumentali ed alle analisi modellistiche eseguite. Qui di seguito si riportano alcuni dati di sintesi per una valutazione complessiva delle condizioni di salute e stabilità. Alberata di arredo all’edificio principale Nel resede circostante l’edificio principale dell’Osservatorio, vegetano, in parte sul davanti ed in parte sul retro, diversi alberi prevalentemente di cipresso. L’area è caratterizzata dal

    Localizzazione su foto aerea del parco

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    cipresso n° 1, che raggiunge dimensioni abbastanza consistenti ed un portamento policormico ed espanso di evidente valore ornamentale. A lato di questo esemplare, che certamente merita di essere conservato, si trovano alcune nuove piantagioni di cipresso ed un filare di specie diverse (anche se prevalentemente cipresso) vegetanti lungo il bordo del terrazzo prospiciente la strada di accesso. Queste piante presentano condizioni del sito di radicazione scadenti, in quanto l’area è fortemente compattata e adibita al parcheggio delle auto, senza la delimitazione di una superficie di rispetto delle radici. Tale circostanza implica, dal punto di vista della stabilità, una forte riduzione e asimmetria dell’apparato radicale di sostegno e, per ciò che concerne le condizioni di salute, una mancanza di aereazione del sistema radicale e quindi uno stato di sofferenza fisiologica, che si ripercuote sulla salute generale delle piante e sulle loro condizioni di vigoria. Il cipresso principale ha poi registrato nel recente passato il cedimento di alcune branche importanti e manifesta abbondanti lesioni sulla ramificazione. Ciò è dovuto non solo alle condizioni stazionali, ma anche all’età dell’esemplare e ne costituisce il naturale processo di invecchiamento. Poiché è certamente necessario cercare di conservare il più a lungo possibile tale esemplare, è opportuno prevedere il consolidamento delle branche più deboli (quindi di quelle che presumibilmente potrebbero rompersi per prime) mediante posa in opera di cavi dinamici di sostegno e di riduzione dei carichi di vento eccessivi. Riguardo gli altri esemplari, come si vede dalle schede redatte per ciascuno di essi, le condizioni di stabilità non sono da considerarsi precarie ma certamente sussistono elementi di criticità. In particolare i tigli hanno subito evidenti danni a causa di precedenti erronee potature ma meritano di essere recuperati. Nel caso specifico si consiglia la sostituzione, entro un ragionevole lasso di tempo, dei cipressi dell’Arizona (CUAR02 e CUAR08). Tra i cipressi comuni quello in peggiori condizioni di stabilità sembra essere CUSE10. In questo caso, se si desidera provvedere ad eseguire una sostituzione progressiva dell’alberata è bene iniziare fin da subito partendo dalla sua sostituzione. Nel caso si desideri conservarlo ancora per qualche tempo in modo tale da eseguire un intervento di riordino colturale comprensivo di tutta l’alberata, si consiglia di provvedere ad eseguire una valutazione aggiuntiva delle condizioni di stabilità mediante prova di trazione controllata (vedi qui sotto). Uno dei problemi principali di questa area consiste infatti nella eccessiva vicinanza (anche meno di mezzo metro) degli alberi al muro di sostegno della viabilità di accesso sul lato W. Ciò comporta evidentemente una forte asimmetria dell’apparato radicale e, conseguentemente una riduzione della capacità di resistenza dei cipressi alle sollecitazioni indotte dal vento. Purtroppo non esistono ancora strumenti per comprendere esattamente la capacità di resistenza delle radici per cui si deduce l’efficienza del sistema radicale (non indagabile) dalla mancanza di anomalie significative sugli organi visibili (colletto e chioma). Non c’è dubbio tuttavia che una prova di trazione controllata su un paio di alberi di questa zona permetterebbe una migliore interpretazione e quindi una più accurata diagnosi della capacità di resistenza dell’apparato radicale in funzione dei carichi effettivi registrabili a causa del vento. Si osservi che il livello della sollecitazione determinata dalla zolla radicale si ripercuote in diversi punti anche sul muro di sostegno che risulta evidentemente crettato proprio in corrispondenza delle radici principali di alcuni cipressi. Riguardo le cure colturali da dedicare agli alberi sarebbe opportuno provvedere, nei limiti del possibile, alla identificazione e delimitazione di un’area di rispetto delle radici, dove non consentire il parcheggio, in modo da consentire il miglioramento del terreno tramite

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    sostituzione dello stesso, concimazioni ed aereazione. In ogni scheda è poi riportata l’opportunità o meno di provvedere alla potatura e il tipo di intervento consigliato. Alberi nella zona intermedia A valle degli edifici ubicati nella porzione superiore dell’Osservatorio si trova una zona in cui vegetano alcuni esemplari di olivo, senza problemi riguardo alla loro stabilità, per cui non sono stati oggetto di indagine ma solo di identificazione numerica. In prossimità degli edifici troviamo invece alcune aree od aiuole meglio formate in cui vegetano piante diverse. Troviamo ad esempio un cipresso di ottimo aspetto e buone condizioni che vegeta però a cavallo di un manufatto (CUSE25). Si segnala che non si dovrà in alcun modo alterare questa situazione, per quanto anomala, in quanto ciò provocherebbe un’alterazione delle condizioni strutturali dell’albero. Oltre ad altre piante minori di scarso interesse (quindi non valutate) si segnala la presenza di due pini domestici su un ripiano terrazzato. Riguardo le loro condizioni si deve segnalare che entrambe le piante presentano branche codominanti con inserzione stretta (un difetto significativo) e un sito di radicazione eccessivamente umido e mal drenato. Non ritenendo necessario provvedere oggi al loro abbattimento è però necessario cercare di migliorare il sito di radicazione evitando l’eccesso di irrigazione e favorendo il drenaggio. Si consiglia altresì, ai fini di una maggior sicurezza, di provvedere al consolidamento del pino n° 20, più vicino all’edificio e con inserzione stretta decisamente “peggiore” di quella presente nel compagno. Una potatura di riordino della chioma finalizzata a eliminare le parti separate della stessa è poi sufficiente a ridurre sensibilmente le condizioni di pericolosità dei soggetti. Sul retro dell’edificio centrale vegeta un noce in scadenti condizioni vegetative che è opportuno provvedere a tagliare in quanto il sito di potenziale caduta è costituito appunto dall’edificio limitrofo. Alberata di cipresso lungo la strada di accesso Lungo la strada di accesso all’Osservatorio vegeta un filare singolo disetaneo di cipresso comune. Nel recente passato si è provveduto a realizzare una canaletta di scolo delle acque immediatamente a lato delle piante (quindi tagliando e danneggiando sicuramente una parte dell’apparato radicale superficiale). Tenuto conto altresì del limitato spazio a disposizione delle radici e del terreno, di scadente qualità ed eccessiva compattazione, come si può osservare dalla documentazione fotografica allegata, le condizioni di salute e stabilità di questi alberi sembrano tuttavia essere sostanzialmente buone. Non si osservano infatti segni o sintomi che facciano ritenere che l’apparato radicale ha subito danni significativi, sia dal punto di vista morfofisiologico che morfostrutturale. Certamente una ispezione approfondita di qualche apparato radicale (in questo caso estremamente difficile) oppure qualche prova di trazione controllata, aiuterebbero a sincerarsi maggiormente sulla capacità di resistenza dell’apparato radicale ma la situazione non sembra, almeno per il momento, indicare segni di preoccupazione, in quanto i danni radicali generalmente implicano alterazioni sulla chioma (qui non visibili) in tempi abbastanza brevi. Sul piano colturale si prescrive senz’altro la realizzazione di qualche intervento di potatura localizzata a carico del seccume laddove presente. Sarebbe altresì opportuno provvedere ad un

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    miglioramento delle condizioni del terreno, veramente scadente, previa sua sostituzione o ammendamento, arricchito di attivatori biologici. Nel corso del monitoraggio sarà infine opportuno tenere sotto controllo in particolare la possibile insorgenza delle comuni fitopatie del cipresso. Utile da subito la sostituzione del cipresso 36 in quanto in via di disseccamento. Alberata di leccio in prossimità del lato SW Nella zona ubicata a quota inferiore, su un terrazzo di scarpata a monte della strada di accesso, vegetano una ventina di alberi, quasi tutti lecci, costituendo un boschetto denso ed ombroso. In questa zona, in prossimità del limite inferiore della proprietà, è recentemente caduto un albero del quale è ancora possibile osservare la ceppaia completamente degradata. Durante il rilievo si è effettivamente rinvenuta la diffusa presenza di carie del legno anche sugli alberi circostanti per cui, tenuto conto dei potenziali danni che una loro caduta potrebbe provocare, si ritiene opportuno provvedere all’abbattimento e sostituzione degli alberi vegetanti in tale luogo. Nella zona centrale e più vicina alla strada, invece, i difetti riscontrati non sono particolarmente significativi, per cui sarà sufficiente provvedere solo ad una lieve potatura a carico degli esemplari che manifestano ramificazioni seccaginose o difetti strutturali specifici. Poiché il leccio è una specie in cui la degradazione del legno avviene generalmente con una certa lentezza, grazie alla sua capacità di compartimentazione, è sufficiente impostare un programma di monitoraggio di medio periodo, finalizzato a controllare l’eventuale insorgenza di nuovi focolai cariogeni, senz’altro del tutto fisiologici con l’aumentare dell’età. Poiché gli alberi vegetano in una situazione poco alterata non si ritiene necessario eseguire specifiche cure colturali di tipo nutrizionale. Da sostituire certamente invece è l’alloro ormai quasi completamente disseccatosi. Grandi alberi nella zona della torre solare In tale zona vegetano, in modo più isolato, un cedro, un cipresso ed un pino. Il cedro ed il cipresso (CUSE49), sebbene danneggiati da interventi antropici eseguiti nelle loro vicinanze e dal parcheggio, non manifestano segni o sintomi direttamente correlabili ad una spiccata propensione al cedimento. Riguardo al cedro (CEDE52) sarebbe opportuno provvedere al miglioramento delle condizioni di fertilità ed aereazione del terreno (eccessivamente compatto) in quanto, con l’aumentare dell’età, tale pianta è soggetta alla perdita improvvisa di rami e ciò avviene con maggior facilità se la pianta vegeta in condizioni di stress fisiologico, evidenziato anche da un fogliame ridotto e poco vigoroso. Anche in questo caso, non potendo spostare il parcheggio, è opportuno controllare nel tempo la salute dell’albero in modo da intervenire, se possibile, prima che i cedimenti di rami diventino molto probabili. Il pino domestico (PIPI50) invece, per quanto non presenti elementi di immediato pericolo, è ubicato in una posizione infelice ed ha subito interventi di innalzamento della chioma tali da aumentare in modo non più accettabile le condizioni di pericolosità, specie se teniamo conto del fatto che in suoli pesanti e compatti come quello su cui vegeta, di solito, il pino domestico forma radici molto fini e quindi non idonee a sopportare il carico del vento. Poiché nell’area di potenziale caduta vi sono siti sensibili si ritiene opportuno provvedere alla sua sostituzione.

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    5 INTERVENTI PER IL RIORDINO COLTURALE Lo studio delle condizioni vegetative, fitosanitarie e di stabilità in cui si trovano i diversi soggetti arborei oggetto del presente incarico, termina con una indicazione sintetica delle cure colturali e degli interventi di monitoraggio e approfondimento che si ritiene opportuno vengano applicati ad ogni soggetto arboreo esaminato. Qui di seguito le tecniche colturali e gli interventi di approfondimento e monitoraggio proposti vengono descritti nelle loro caratteristiche e modalità applicative in modo tale da fornire una sorta di capitolato speciale d’appalto degli interventi di cura e riordino colturale che l’Amministrazione committente potrà utilizzare nel corso della gestione delle alberate di sua proprietà. Si deve tuttavia precisare che le pagine che seguono, pur cercando di illustrare con chiarezza obiettivi e modalità delle tecniche colturali proposte, non devono essere considerate esaustive a tale scopo e che anzi quanto più si adottano, nella gestione del verde, tecniche colturali complesse, tanto maggiore è la necessità che tali interventi siano eseguiti da personale altamente specializzato e sotto la supervisione tecnica di uno specialista. Si declina pertanto ogni responsabilità per l’applicazione impropria delle modalità operative di seguito esplicitate. Gli interventi finalizzati al riordino colturale del giardino che è opportuno predisporre afferiscono alle seguenti grandi categorie di seguito descritte singolarmente: � abbattimenti; � nuovi impianti; � potature; � consolidamenti; � altri interventi. 5.1 ABBATTIMENTI Nelle diverse situazioni operative l’indagine, con riferimento ai criteri metodologici indicati al § 3, ha messo in evidenza quei soggetti arborei che meritano di essere abbattuti. Le motivazioni che hanno condotto alla scelta dell’abbattimento di alcuni soggetti arborei riguardano principalmente i seguenti aspetti:

    - necessità di azzerare un livello di rischio di instabilità troppo elevato e determinato dalla presenza congiunta di un indice di pericolosità consistente (cioè dalla presenza di segni, sintomi o difetti direttamente correlati con situazioni di potenziale pericolo di cedimento della struttura arborea per intero o per sue parti notevoli), un fattore di danno importante (dato da esemplari di dimensioni non trascurabili) e un fattore di contatto altrettanto significativo (dato da un’area di potenziale caduta dell’albero interessata dal transito di persone o mezzi o dalla presenza di manufatti di valore);

    - opportunità di eliminare alberi con patologie tali da favorire l’innesco e la diffusione di malattie anche ad altri soggetti arborei di valore;

    - opportunità di eliminare alberi in sovrannumero o ubicati in luoghi impropri; - opportunità di abbattere alberi nel contesto di una riprogettazione di aree particolari.

    Nel complesso, anche al fine di adottare una strategia di progressivo riordino colturale del sito si prevede l’abbattimento di una dozzina di alberi (oltre all’alloro LANO72 che ha assunto portamento arboreo, si prevede il taglio dei cipressi CUAR02, CUAR08, CUSE10 e CUSE36, del pino PIPI50, dei lecci QUIL57, QUIL58, QUIL59, QUIL60 e QUIL61 e del noce JURE73 Ulteriori abbattimenti possono essere per il momento dilazionati. Non si ritiene qui necessario

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    soffermarci sulle indicazioni operative da seguire nei confronti delle modalità di abbattimento (libero o controllato) delle piante se non per ricordare in ogni caso la necessità di approntare un cantiere con personale specializzato, sotto una Direzione lavori altrettanto professionalmente competente e con un sistema di sicurezza adeguato a questa tipologia operativa. 5.2 NUOVI IMPIANTI A seguito dell’abbattimento degli alberi, si rende a norma di legge necessario prevederne la sostituzione anche se non in modo esclusivamente quantitativo ed astratto. Nel caso in esame la densità degli alberi presenti è tale che risulta illogico prevedere una compensazione con un equivalente numero di alberi da sostituire rispetto a quelli da abbattere. Poiché il riordino colturale di un’area verde dipende dalle funzioni che essa deve svolgere in relazione anche alle esigenze di fruibilità da parte degli utenti, esso deve perseguire la finalità, sia con gli abbattimenti che con le nuove piantagioni, di costituire un parco formato da alberi per lo più di grandi dimensioni, distribuiti in modo tale da garantire ombra in estate e protezione dai venti in inverno, costituiti da specie di elevato valore ornamentale. Riguardo alle nuove piantagioni si prevede quindi di sostituire i quattro cipressi CUAR02, CUAR08, CUSE10 e CUSE36 con quattro nuovi esemplari di cipresso comune, di varietà resistente al cancro. Il pino PIPI50, il noce JURE73 e l’alloro LANO72 vegetano in una posizione che non ne consente la sostituzione, mentre i quattro lecci QUIL58-61 possono essere sostituiti con un acero campestre ed un albero di Giuda (Cercis siliquastrum). Nella tavola allegata è illustrata la planimetria dello stato finale dell’area con indicazione delle piantagioni arboree per le quali si dovrà ricorrere ad alberi possibilmente allevati in zolla, scelti di buona qualità quanto a dimensioni (non inferiori a 2 m di altezza, con circonferenza di 14 cm o superiore), rapporto tra biomassa epigea ed ipogea, con struttura radicale esente da significative deformazioni in modo tale da garantirne l'attecchimento.

    Acer campestre Cercis siliquastrum

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    5.2.1 Operazioni preliminari Il primo intervento necessario per la realizzazione della sistemazione a verde prevista con questo progetto consisterà nell’abbattimento degli alberi e soprattutto nell’eliminazione del materiale vegetale così ottenuto. Non si ritiene qui necessario soffermarci sulle indicazioni operative da seguire nei confronti delle modalità di abbattimento (libero o controllato) se non per ricordare in ogni caso la necessità di approntare un cantiere con personale specializzato, sotto una Direzione Lavori altrettanto professionalmente competente e con un sistema di sicurezza adeguato a questa tipologia operativa. In ogni caso le ceppaie rilasciate dopo il taglio, onde evitare la diffusione dei patogeni, dovranno essere sempre eliminate: si dovrà quindi procedere all’asportazione dal terreno di queste attraverso una fresa o attrezzature idonee all’intervento. 5.2.2 Piantagione di specie arboree ed arbustive. Disposizioni generali Per piante in senso generale si intende tutto il materiale vegetale vivo, di pronta utilizzazione, proveniente da vivai appositamente autorizzati ai sensi delle normative in vigore. Tutte le piante da impiegarsi per la realizzazione delle opere previste devono soddisfare i migliori standard di qualità. La Direzione Lavori dovrà effettuare il controllo delle piante prima della loro messa in opera, con facoltà di scartare quelle non rispondenti ai requisiti imposti. Tra i requisiti generali fondamentali per la qualità delle piante annoveriamo: Sanità: Le piante dovranno essere esenti da difetti e imperfezioni nonché prive di manifestazioni di attacchi di insetti, funghi, virus ed altri agenti patogeni. Il fogliame non deve presentare difetti significativi né macchie sulle lamine. Sistema radicale: deve essere ben sviluppato e corrispondente alla specie/cultivar, all’età, alle condizioni del substrato e ai ritmi di crescita, privo di radici strappate o secche e comunque ricco di piccole ramificazioni e di radici capillari. Non deve presentare alcuna spiralizzazione della radice principale vicino al colletto né alcun danno fisiologico. Le piante coltivate in contenitore e vaso vi devono essere allevate per un tempo sufficiente. Le zolle radicate devono essere compatte e consistenti, ben permeate di radici e protette con tela di sacco. La dimensione della zolla deve essere adeguata alla forma della specie/cultivar, allo stadio di crescita e alle condizioni del substrato. La tela ed il materiale di avvolgimento delle zolle deve essere tale da decomporsi prima di un anno dalla messa a dimora e non deve impedire l’accrescimento della pianta. Crescita: l’altezza, l’ampiezza, la lunghezza dei germogli, la ramificazione e il fogliame devono essere adeguati alla forma tipica della specie/cultivar e all’età della pianta. Il fusto e i rami non devono mostrare alcun danno fisiologico, la taglia deve essere adeguata all’habitus della cultivar, l’eventuale innesto deve essere ben saldato. Gli esemplari di maggiori dimensioni devono essere regolarmente trapiantati e allevati in maniera conforme alle loro esigenze. Carico, trasporto e scarico: le piante provenienti dal vivaio devono essere caricate correttamente sui mezzi di trasporto, in basso quelle più resistenti ed in alto quelle più delicate, avendo cura di evitare il surriscaldamento. Per evitare l’essiccamento da parte del vento durante il trasporto, si devono usare veicoli chiusi. In ogni caso la data del viaggio deve

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    essere comunicata alla Direzione Lavori con congruo anticipo. Al momento dello scarico le perdite di umidità devono essere compensate mediante bagnatura. Nel caso in cui il surriscaldamento abbia provocato un precoce germogliamento delle piante, queste devono essere subito trapiantate in una stazione provvisoria ombrosa o nella stazione definitiva. Le partite gelate devono essere portate in ambienti immuni da gelo, ma freddi e sgelate lentamente.

    Accatastamento in cantiere: nel caso che, successivamente al trasporto sul cantiere, le piante non possano essere messe prontamente a dimora, si dovranno adeguatamente conservare. Le piante possono essere accatastate in cantiere per un tempo massimo di alcune settimane, avendo cura di evitare sia l’essiccazione che il surriscaldamento. Le piante a radice nuda devono essere adagiate una accanto all’altra in posizione inclinata entro fosse di 20-30 cm, ricoprendo le radici con terra o sabbia mantenuta umida. Le piante con pane devono essere disposte le une addossate alle altre in un luogo il più possibile ombroso, mantenendo i pani bagnati e coperti all’esterno con terra o paglia.

    Alberi di grandi dimensioni: devono possedere un portamento ed una conformazione della chioma regolare e simmetrica nella distribuzione e densità delle ramificazioni, tipiche per la specie e la varietà considerata. Il fusto dev’essere privo di danni, deformazioni e storture. Le piante devono aver subìto i necessari trapianti in vivaio (l’ultimo da non più di due anni) secondo il seguente prospetto: fino alla circonferenza di 15 cm o all’altezza di 2.5 m: almeno 1 trapianto, fino alla circonferenza di 25 cm o all’altezza di 3.5 m: almeno 2 trapianti, in ogni altro caso: almeno 3 trapianti. Buche di piantagione: Le buche per la piantagione devono essere scavate con una larghezza ed una profondità corrispondenti ad almeno 1.5 volte il diametro e l’altezza dell’apparato radicale delle piante o del pane. Nel caso in cui le buche debbono essere realizzate su un preesistente tappeto erboso, dovranno essere adottati tutti gli accorgimenti necessari per non danneggiare il prato circostante. Lo scavo potrà essere eseguito mediante escavatore o trivella, avendo cura di evitare di operare con terreno eccessivamente bagnato; se le pareti della buca presentano facce indurite ed impastate dall’attrezzo di scavo, si dovrà attendere che gli agenti atmosferici provvedano allo sgretolamento di dette superfici. Nello scavo, la terra di coltura deve essere separata dall’altra terra ed inserita successivamente nell’ambito delle radici principali delle piante. Il materiale proveniente dagli scavi, non riutilizzabile a giudizio della Direzione Lavori, dovrà come già detto essere allontanato dal cantiere e sostituito con terra adatta. Eventuali ammendamenti potranno essere eseguiti solo ricorrendo a sabbia e a torba o a stallatico

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    maturo. Se avviene una piantagione di alberi di grandi dimensioni, risultanti da trapianti o forniti ex novo in zolla da vivaio, per dimensionare adeguatamente le buche andranno considerati: lo spazio per il loro ingombro, la necessità di agevolare il naturale assestamento della pianta sotto il suo peso, e la possibilità di apportarvi un conveniente strato di ghiaia drenante, terriccio, concime organico, ecc. Se verranno messe a dimora piante arboree ed arbustive a radice nuda, le dimensioni della buca dovranno permettere un ordinato ed agevole collocamento degli apparati radicali, che non devono essere danneggiati.

    Epoca di messa a dimora: salvo diverse disposizioni della Direzione Lavori, le piante a radice nuda possono essere trapiantate solo nel corso dell’autunno o nella tarda primavera, in periodo di riposo vegetativo ed in assenza di gelate; semenzali e trapianti con pane di terra o in contenitori possono essere trapiantati con maggiore libertà, evitando per quanto possibile il pieno inverno e comunque prima del riscoppio vegetativo.

    Preparazione delle piante: per gli arbusti forniti a radice nuda, prima della messa a dimora occorrerà controllare nuovamente gli apparati radicali al fine di verificarne la vitalità e freschezza. Occorrerà poi preparare le radici spuntando e accorciando quelle danneggiate o secche ed infine immergendole per qualche minuto in una poltiglia di fango densa, meglio se concimata. La potatura della chioma, se necessaria, dovrà essere effettuata sotto il controllo della Direzione Lavori, eliminando in ogni caso i rami secchi, spezzati, strappati o in eccesso. Per la messa a dimora di alberi ed arbusti forniti con zolla o in contenitore, dopo aver aperto l'imballo, andranno verificate le condizioni di integrità del pane di terra, che si deve presentare sufficientemente fresco e aderente alle radici.

    Modalità di messa a dimora: Durante la messa a dimora delle piante, si curerà che vengano osservate tutte le precauzioni atte ad evitare il loro danneggiamento. Le piante andranno collocate nei siti stabiliti seguendo le indicazioni specifiche relativamente al tipo di fornitura (con o senza zolla o contenitore) ed al tipo di specie, con riguardo alla stagione più adatta per la piantagione. Per l'ottenimento del migliore effetto estetico particolare attenzione andrà posta durante la messa a dimora, all'orientamento delle piante. Le radici delle piante devono essere inserite nella loro posizione naturale non curvate o piegate, dopo aver asportato le parti danneggiate o morte. Le piante devono essere trapiantate esattamente alla profondità in cui si trovavano originariamente. In ogni caso, assestatosi il terreno, le piante non devono presentare radici allo scoperto, oppure risultare interrate oltre il livello del colletto.

    Le piante fornite con zolla andranno messe a dimora facendo attenzione a non rompere il pane di terra, collocando la zolla direttamente sul fondo della buca, senza aver posto sul fondo il concime. L’involucro di protezione del pane deve essere asportato dopo l’inserimento della pianta nella buca. Le piante di maggiori dimensioni devono essere orientate con la medesima esposizione al sole che avevano nella stazione di provenienza. Il riempimento della buca andrà eseguito pressando la terra attorno alla zolla facendo attenzione a non danneggiare le radici, quindi potrà essere completato con terra mista a torba eventualmente spargendovi un concime organico a pronto effetto. Alla base della pianta, soprattutto nelle stazioni più asciutte e per i trapianti di maggiori dimensioni, dovrà essere ricavata una leggera concavità per concentrare e trattenere le acque di pioggia o di irrigazione. Nella messa in opera di pali tutori dovrà invece essere fatta attenzione a non rompere il pane di terra della zolla.

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    Dispositivi di sostegno: le piante di grosse dimensioni devono essere stabilmente ancorate. Secondo le specie, le dimensioni, la situazione locale, si dovranno utilizzare pali verticali secondo le indicazioni della Direzione, tenuto conto della direzione del vento dominante. I pali di sostegno (tutori) devono resistere almeno per due periodi vegetativi; devono essere diritti, scortecciati e trattati contro marciumi ed insetti xilofagi; essendo destinati ad essere conficcati nel suolo, i pali dovranno essere appuntiti all’estremità di maggior spessore. Nelle buche predisposte per le piante, i pali devono essere conficcati, prima della piantagione, per almeno 30 cm di profondità; da evitare in ogni caso di conficcare i pali tutori nel pane di terra. Il fasciame per legare le piante deve resistere per almeno due periodi vegetativi ed essere durevolmente elastico ma non cedevole. Il collegamento tra pianta ed ancoraggio deve essere tale da escludere incisioni della corteccia, anche dopo i lavori di piantagione. Qualora, ad insindacabile giudizio della Direzione Lavori, un solo palo di sostegno fosse ritenuto insufficiente ad assicurarne la perfetta stabilità (zone particolarmente ventose, essenze di grandi dimensioni, ecc.), le piante di grossa dimensione dovranno essere fossate per mezzo di tre o più pali equidistanti fra loro e dal tronco, posti in posizione obliqua rispetto alla pianta, fermati al piede da picchetti e legati insieme all'estremità superiore. Nell'uso di questi sistemi complessi può essere necessario, se indicato dalla Direzione Lavori, inserire, fra il piede del palo e il terreno, una tavoletta che ripartisca meglio al suolo il peso della pianta ed eviti l'affondamento del palo stesso. Su autorizzazione della Direzione Lavori queste strutture lignee possono essere sostituite con ancoraggi composti da almeno tre tiranti in corda di acciaio con relativo tendifilo legati da una parte dal tronco della pianta opportunamente protetto con parti in gomma e dall'altra a picchetti saldamente confitti nel terreno.

    Innaffiamento: A riempimento ultimato, attorno alle piante dovrà essere formato, per facilitarne l'innaffiamento, un solco o un rilevato circolare di terra per la ritenzione dell'acqua. E' buona regola, non appena la buca è riempita, procedere ad un abbondante primo innaffiamento in modo da favorire la ripresa della pianta e facilitare il costipamento e l'assestamento della terra vegetale attorno alle radici e alla zolla. I quantitativi minimi d’acqua per pianta sono: - piante arbustive: da 1 a 3 litri, - piante arboree fino a 200 cm di altezza: da 5 a 15 litri, - piante arboree oltre 200 cm di altezza: da 15 a 50 litri. La frequenza di adacquamento sarà concordata con la Direzione Lavori in funzione dell’andamento stagionale.

    Potatura e diradamento delle parti aeree: salvo diversa indicazione progettuale o della Direzione, le piante a foglie caduca, a piantagione avvenuta, devono subire una potatura di formazione della chioma, conforme alla specie ed alle dimensioni e tenuto conto delle condizioni locali e stagionali. Le piante sempreverdi non verranno potate; tuttavia, qualora richiesto dalla Direzione, verranno eliminati i rami secchi, spezzati o malformati. I tagli per le potature e per l’eliminazione dei rami secchi, spezzati o malformati, devono essere eseguiti con strumenti adatti, ben taglienti e puliti. In ogni caso, le parti aeree delle piante danneggiate devono essere asportate con tagli netti. Le superfici di taglio con diametro superiore a 2 cm devono essere spalmate con un mastice speciale da innesto.

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    5.2.3 Cure colturali Tutti gli interventi di rinverdimento hanno un senso se e solo se sono accompagnati, successivamente alla loro realizzazione, da una serie di cure colturali da svolgersi negli anni successivi. Gli interventi di cura che è possibile prevedere fino da adesso come necessari ai fini della buona riuscita della sistemazione a verde sono di seguito schematicamente indicati. La loro realizzazione, quanto a tipo, entità, periodo di esecuzione ecc., non è completamente predeterminabile ma dovrà essere decisa dal Direttore dei Lavori sulla base delle condizioni vegetative degli impianti e dell’andamento termopluviometrico delle stagioni successive all’impianto. Irrigazione : nel periodo compreso tra la fine dei lavori e il completo successo degli inerbimenti e delle piantagioni, si devono fornire tutti i volumi di adacquamento necessari in relazione alle specie da irrigare, alla natura del terreno, al tipo di piantagione ed alle condizioni stagionali. I volumi di adacquamento dovranno essere somministrati secondo un programma definito dalla Direzione dei Lavori, che definisca quantitativi, orari di irrigazione e frequenza nel breve e lungo periodo. Se la stagione estiva è particolarmente asciutta, dovranno essere tempestivamente eseguite irrigazioni supplementari. Risarcimento degli alberi e degli arbusti: nel caso in cui si verifichino fallanze tra le piante messe a dimora nel corso dei lavori o mancati attecchimenti, si deve provvedere all’eliminazione delle piante morte e alla loro sostituzione con altre delle stesse caratteristiche. La sostituzione deve avvenire, nel rispetto delle epoche adatte per la piantagione della specie fallita, nel più breve tempo possibile dall’accertamento del mancato attecchimento e osservando per esse tutte le disposizioni precedentemente indicate per la piantagione. Controllo della vegetazione spontanea: Le aree interessate dalla piantagione di specie arboree debbono essere soggette a zappettatura o erpicatura superficiale (fino a circa 2-4 cm di profondità) almeno due volte nel corso del periodo vegetativo, avendo cura di non danneggiare gli apparati radicale ed aereo delle piante. Le conche predisposte per l’irrigazione devono essere preservate e, se necessario, ripristinate. La vegetazione infestante deve essere tagliata o estirpata ed allontanata o, su disposizione della Direzione Lavori, distribuita sul posto come pacciamatura. Nel caso di utilizzo di prodotti chimici e diserbanti questi dovranno possedere i requisiti generali di sicurezza e dovranno essere impiegati in giornate prive di vento da personale specializzato con l'impiego di adatte attrezzature per l'irrorazione, previa preventiva autorizzazione scritta della Direzione Lavori. Concimazioni: Successivamente alla piantagione ed in concomitanza con una delle operazioni di cura previste, sarà effettuata una concimazione localizzata delle piantagioni arboree ed arbustive. Il tipo di concime e le modalità di applicazione saranno da concordare con la Direzione Lavori. Potatura degli alberi e degli arbusti: La potatura di manutenzione a piante arboree o arbustive andrà effettuata dopo uno tre anni dall’impianto, da personale capace guidato da un proprio tecnico specializzato, nel pieno rispetto delle caratteristiche ed esigenze dei singoli alberi. La potatura dovrà essere di "rimonda" per l'eliminazione di rami secchi o danneggiati, e di "formazione" per guidare lo sviluppo della chioma. Il materiale vegetale di risulta dovrà essere immediatamente rimosso.

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    5.3 POTATURE Alcuni alberi, quali i tigli ed i lecci, hanno subito in passato pratiche colturali improprie per cui manifestano oggi situazioni di instabilità a carico dei rami e delle branche principali. In tali casi è necessario cercare di ripristinare un certo livello di stabilità della struttura arborea e quindi di sicurezza nei confronti dei cedimenti. A tal fine si devono individuare quelle soluzioni operative capaci di ridurre le situazioni di pericolo ma anche di conservare l’aspetto estetico e quindi anche il valore ornamentale delle piante stesse. In questo contesto le tecniche di potatura costituiscono lo strumento operativo più efficace ma, al tempo stesso, parimenti capace di condizionare negativamente, se mal eseguito, il raggiungimento degli obiettivi prefissati. Anche in presenza di piante che hanno subìto ferite ma che sono riuscite a formare un discreto callo cicatriziale, confinando la ferita e quindi limitando l’espansione del danno, la potatura di riordino colturale permette, se razionalmente eseguita, di ripristinare condizioni di salute e di stabilità del soggetto arboreo sufficienti a permetterne la vegetazione negli anni successivi in condizioni di relativa sicurezza. Naturalmente, per la realizzazione di una idonea potatura, è necessario ricorrere a personale qualificato per eseguire interventi così specifici e delicati, possibilmente certificato European Tree Worker. Tecnica di taglio Per quanto concerne la tecnica di taglio, le modalità operative sono diverse a seconda che si esegua un taglio di diradamento su rami di piccole o di grandi dimensioni oppure se si esegue il taglio ricorrendo alla tecnica del taglio di ritorno. Per i RAMI DI PICCOLE DIMENSIONI, ed esempio quelli che possono essere tenuti con la mano, l’operazione è semplice in quanto si pratica un taglio netto. Nel caso di RAMI DI GRANDI DIMENSIONI si deve invece operare con tagli specifici e sequenziali, cosicché non si verifichino scosciature. L’asportazione errata della branca provocherebbe infatti sul tronco una ferita più ampia rispetto all’area interessata dal collare del ramo, con conseguente difficoltà della pianta a cicatrizzare; inoltre, una maggiore superficie di legno vivo a contatto diretto con l’ambiente aumenta la facilità con cui agenti patogeni, quali i funghi responsabili delle carie, possano colonizzare l’albero. La prima operazione da fare è quindi quella di eliminare gran parte della branca effettuando due tagli (taglio A e B nella figura a lato) a considerevole distanza dal taglio definitivo. Il primo taglio si esegue nella porzione inferiore del ramo, avendo cura di non farlo troppo profondo, affinché il peso della branca non chiuda la lama dello strumento di taglio. Il secondo taglio deve essere eseguito nella parte superiore della branca, parallelo al primo, ad una distanza di 2-5 cm. a seconda delle dimensioni del ramo. Il taglio definitivo (taglio C) viene infine eseguito all’altezza del collare della branca, rispettandolo. Nel caso si operi su rami molto grossi è consigliabile eseguire prima una progressiva sramatura e poi procedere con ripetuti tagli, avendo l’accortezza di legare con delle funi i pezzi più grossi per poi calarli

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    lentamente, in modo da non provocare danni alla pianta stessa ed all’intorno di questa. Le figure seguenti illustrano schematicamente casi specifici di taglio di rami.

    La tecnica del TAGLIO DI RITORNO si differenzia dal taglio di diradamento perché in questo caso il ramo non viene reciso nel suo punto di inserzione ma al di sopra di un ramo di ordine inferiore a quello che si elimina e di dimensioni paragonabili. Così facendo, il ramo rilasciato eredita la dominanza apicale, per cui l’albero viene contenuto nelle dimensioni della chioma mantenendo però sia la forma estetica originaria che la sua funzionalità in quanto si conserva un’adeguata percentuale quantitativa e qualitativa di gemme. La conservazione del ramo secondario consente infatti una distribuzione più uniforme della linfa dall’inserzione fino alla gemma apicale, evitando così un suo accumulo nella zona di taglio e quindi la produzione di riscoppi. Inoltre, la distribuzione regolare della linfa su tutta la chioma evita che le sostanze nutritive vengano sottratte alla parte inferiore del ramo, con conseguente indebolimento della branca e disseccamento dei rami abbandonati dalla linfa. In sostanza l’albero, con questa tecnica, subisce un minore stress rispetto alle altre tipologie di taglio e perciò si riduce anche il rischio di una precoce senescenza. Risulta chiaro che questa potatura può essere eseguita solo se esistono vicino al punto in cui si deve eseguire il taglio, dei rami, di ordine inferiore a quelli che si vogliono eliminare, sufficientemente grossi (con diametro all’inserzione non inferiore a 1/3 di quello del ramo da tagliare) da poter assolvere le funzioni svolte dal ramo reciso. Il taglio di ritorno è sempre consigliabile su rami che hanno un diametro non superiore a 10 centimetri, in quanto le ferite provocate dai tagli avranno un elevata percentuale di efficace cicatrizzazione, con conseguente riduzione del rischio di inoculo di agenti patogeni. È comunque possibile, in casi particolari, eseguire un taglio di ritorno “sul grosso”, cioè con rami di dimensioni anche notevoli, al fine di riequilibrare la chioma o per eliminare ramificazioni eccessivamente pesanti o instabili. 5.4 CONSOLIDAMENTI In molti casi la potatura, se correttamente eseguita, permette di ripristinare condizioni di salute e di stabilità del soggetto arboreo sufficienti a permetterne la vegetazione, negli anni

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    successivi, in condizioni di relativa sicurezza e cioè con riferimento alla possibilità del verificarsi di schianti e cedimenti del fusto. In alcuni casi però, si osserva la presenza di difettosità la cui asportazione andrebbe a compromettere l’aspetto esteriore della pianta e soprattutto provocherebbe una ferita di dimensioni eccessive, foriera di successive infezioni e carie. In tali situazioni, qualora l’albero presenti un certo valore ornamentale e debba quindi essere conservato il più a lungo possibile, è necessario il ricorso al sostegno meccanico o alla posa in opera di un cavo di sicurezza con l’obiettivo di ridurre il rischio di cedimento di branche potenzialmente instabili. Poiché si tratta di un’operazione complessa, che deve essere eseguita nel rispetto di una precisa individuazione del punto di collocamento dei tiranti, della loro quantità, natura e caratteristiche dimensionali, non può qui essere affrontato questo argomento, in termini generali ma deve essere oggetto di specifica progettazione. Gli alberi per i quali è stato consigliato il consolidamento sono il cipresso CUSE01 ed i pini PIPI20 e (forse meno importante) PIPI21. 5.5 ALTRI INTERVENTI L’incarico in essere prescrive sostanzialmente il censimento e la valutazione delle condizioni di stabilità dei diversi soggetti arborei. Tuttavia gli alberi, in quanto organismi viventi in piena e continua evoluzione, necessitano di una serie di cure colturali adeguate al fine di poter vegetare nel tempo in modo ottimale. Ciò è maggiormente vero nel caso delle piante che vegetano in contesti urbani, dove le condizioni di vegetazione sono spesso e sensibilmente ostacolate se non addirittura proibitive. In ogni scheda valutativa pertanto si è fornita anche una indicazione delle cure colturali che si ritengono necessarie per ogni soggetto arboreo. Le cure colturali segnalate e quindi prescritte nel contesto della valutazione eseguita in questo studio, sono da considerarsi necessarie per la corretta vegetazione degli alberi e/o per il recupero delle minime condizioni di vivibilità o di salute. In mancanza di tali cure le piante, per quanto possono continuare a vegetare ancora a lungo, non potranno che amplificare nel tempo le condizioni di stress in cui si trovano e quindi peggioreranno con maggiore rapidità. In tali situazioni la valutazione di stabilità oggi predisposta, perde senz’altro più rapidamente di efficacia in quanto vengono a mancare le cure colturali che di fatto sono sia la conseguenza che il risultato della valutazione medesima. Fra le cure colturali indicate in scheda troviamo l’intervento di arieggiamento del terreno. Tale operazione dovrà essere eseguita con tecniche moderne ed appropriate ed è finalizzata a ridurre l’asfissia che si viene a creare a livello radicale. Questa provoca, oltre alle radici affioranti, possibili marciumi con conseguente instabilità dei soggetti arborei. Anche le condizioni di fertilità del terreno vengono ad essere fortemente ridotte in ambienti pedologici così alterati. Tutte le piante infatti avrebbero bisogno, per vegetare correttamente, di uno spazio libero da ogni impedimento e formato da terreno non costipato sufficientemente ampio in relazione alle loro dimensioni ma comunque non inferiore a 1-2 m per le piante di modesta espansione della chioma e fino a 4-6 m e oltre per quelle più grandi. Anche nel caso non si possa ricorrere alla formazione di queste aree di rispetto integrale, spesso impossibile per la limitata ampiezza degli spazi disponibili, la realizzazione periodica di interventi finalizzati a favorire l’aerazione del terreno risulta senz’altro fondamentale per migliorare le condizioni di vita delle piante. All’arieggiamento del suolo è opportuno associare spesso il miglioramento del substrato di coltura mediante posa di sostanze organiche strutturanti (sabbia mista a torba acida) o altro intervento di nutrizione da realizzare caso per caso.

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    5.6 MONITORAGGIO La scheda di valutazione fornisce indicazioni in merito al programma di monitoraggio minimo che è necessario seguire al fine di controllare in modo efficace l’evoluzione nel tempo delle condizioni vegetative, fitosanitarie e di stabilità degli alberi. I tempi indicati sono prescrittivi, per lo meno per il primo ricontrollo successivamente agli interventi di cura colturale. Una volta impostato il ricontrollo sarà possibile allungare i tempi di monitoraggio qualora non si manifesti una evoluzione delle difettosità tale da giustificare tempi di ricontrollo così contenuti. La cadenza del monitoraggio è tale che, nell’arco del periodo fra due rilievi, le condizioni vegetative, fitosanitarie e di stabilità dei soggetti possono modificarsi anche in modo sostanziale ed è quindi opportuno verificare l’evoluzione dei difetti strutturali evidenziati nella scheda oggi predisposta. In tale sede di verifica, il confronto fra la situazione della pianta in quel momento e le informazioni riportate nella scheda valutativa disponibile, permetterà di verificare l’eventuale peggioramento delle condizioni di propensione al cedimento consentendo di assumere le opportune misure colturali. In ogni caso, nell’intervallo fra due valutazioni, chi è deputato alla gestione dell’albero è opportuno che porga attenzione anche alle più piccole modificazioni della forma dei vari organi e delle condizioni del sito di vegetazione. In particolare sarà opportuno osservare cambiamenti nella inclinazione del tronco e delle branche, tagli radiali nel terreno in prossimità del colletto, sollevamento della zolla radicale, ingrossamenti di porzioni legnose (gibbosità o rigonfiamenti, ecc.), stroncature o abrasioni di vario genere, deperimento di tutta o parte della chioma mediante perdita o modificazione del colore delle foglie. Nel caso si osservino questo tipo di alterazioni, anche se in misura modesta, è senz’altro necessario provvedere ad una immediata verifica delle condizioni di stabilità da parte di un tecnico specializzato. 5.7 DOMANDA DI ABBATTIMENTO ED AVVERTENZE Vista la opportunità dell’abbattimento degli esemplari arborei esaminati e tenuto conto della normativa e dei regolamenti vigenti, è necessario predisporre la domanda di abbattimento, presentando l’istanza di abbattimento all’Ufficio Tutela Alberi Privati, presso la Direzione Ambiente del Comune di Firenze, attivando quindi la procedura istruttoria al fine di conseguire la necessaria autorizzazione. La fase istruttoria di questa pratica può risultare tale che, nell’arco di tempo che intercorre fra la domanda di abbattimento, il conseguimento dell’autorizzazione al taglio e la effettiva esecuzione dello stesso, le condizioni di stabilità di un albero possono modificarsi anche in modo sostanziale. In questo intervallo fra domanda ed autorizzazione è quindi fondamentale che il proprietario o comunque chi è deputato alla gestione dell’albero porga la medesima attenzione ai segni o sintomi precedentemente indicati al § 5.6. Nel caso si osservino tali alterazioni, è senz’altro necessario provvedere ad una immediata verifica delle condizioni di stabilità da parte di un tecnico specializzato e, se necessario, ad un intervento di abbattimento urgente secondo la procedura dello stato di necessità (artt. 54 C.P. e 2045 C.C.).

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