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    Anno LVI - n 4 Dicembre 2010

    FLAVIUS EDIZIONI - POMPEI

    L A S E R P E

    RIVISTA LETTERARIA

    DELLASSOCIAZIONE DEI MEDICI SCRITTORI ITALIANI

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    LA SERPERivista letteraria trimestrale dellAssociazione Medici Scrittori Italiani

    fondata da Corrado Tumiati nel 1952

    Il nostro sito Internetwww.amsiumanisti.it

    Anno LVI - n 4 - Dicembre 2010

    Direttore responsabile: Mario Rosario Avellino - Tel. 081 859 91 56Direttore editoriale: Nicola Avellino - Tel. 081 859 90 57Comitato di redazione: lia Baldassarre, Carlo Cappelli, Cristina Negri,

    Giuseppe RuggeriDirezione e redazione: Collina SantAbbondio, 53 - 80045 Pompei

    Tel. 081 859 90 57. e-mail: [email protected]

    www.amsiumanisti.itA.M.S.I. Associazione Medici Scrittori ItalianiPresidente onorario: Nora RosanigoPresidente: Nicola Avellino, Collina SantAbbondio, 53 - 80045 Pompei

    Tel. 081 859 90 57 - e-mail: [email protected]: Fernando Petrone, Via Verdi, 1 - 04100 Latina

    Tesoriera: Rosa Barbagallo, Via Mons. Arista, 595024 Acireale (Catania) - Tel. Fax 095 606978E-mail: [email protected]

    COORDINATE BANCARIE:A.M.S.I. Credito Siciliano S.p.A. - Agenzia n 2 di Acireale (CT)Codice IBAN: IT 48 D 03019 26201 000000160860

    La quota associativa di Euro 100 lanno.

    CONSIGLIERI:Gherardo Casaglia - Franco Brini, SegretarioGiuseppe Ruggeri, rapporti Stampa - Genno Pasquariello, Consigliere

    REVISORIDEICONTI:[...] - Jos Peverati

    PROGETTOGRAFICO:AMR- ANPompei - Flavius Edizioni - www.edizioniflavius.it

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    Deus, Princeps pacis

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    SognoEcco Natale col sapore in boccadi fichi mandorlati e duva passa.Tu pensi e ridi.

    Lasciami sognare

    una stella di carta tutta doro,il cielo colorato di turchino,gli occhi sorpresidentro la grotta di Ges bambino.

    Alberto Arcioni

    1 gennaioProspera lux oritur: linguis animisque favete;nunc dicenda bona sunt bona verba die.Lite vacent aures, insanaque protinus absintiurgia: differ opus, livida lingua, tuum!

    OVIDIO, Fasti, I, 71-74

    un giorno fortunato quello che sorge: fate at-tenzione alle parole che dite, in un giorno felicesi devono pronunciare solo parole felici. Nonsi sentano litigi, stiano lontane le folli contese:rimanda le tue trame, lingua invidiosa!

    Pensier ad NadalCom bello il Natale, quando accendedi luci variopinte case e stradeche si riempion di festa e dallegria.E in quei giorni si scordanoprotervia, sofferenza e frenesia.Ed ora penso ai Natali di un tempo...In Chiesa dicevamo i sermoncinipresso il presepio

    con le amiche di nonna che plaudivano.E scrivevamo dolci letterine

    su carta adornadi disegni dorati e porporina,ben celate dai piattidel nonno o del pap,e attendevam con finta meraviglia,cinque lire dargento come dono...Ecco, torna il Nataleantico e sempre nuovo,

    augurando speranza, pace e amore.Jos Peverati

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    Quello spilorcio petroliere GIUSEPPERESSA

    Lui, industriale petroliere, 165 cm di altezza con sovrattacco interno alle scar-pe, pochi capelli, sopracciglia folte, peli a ciuffi nelle orecchie, pelle untuosa,dita a salsicciotto, gira in Jaguar quattromileddue con autista perch Guidare unautomezzo volgare, la cambia ogni due anni perch Il solito colore dopo unpo mi stanca; lei, segretaria tuttofare, fisico alla Naomi Campbell, quattro lingue,valigetta di coccodrillo con agenda elettronica a novemilanovecentonovantanove

    nomi, telefono satellitare tipo Guerra del Golfo, generi di conforto assortiti peril Capo.In questi anni, scarse frequentazioni, perch lui si regola cos: dal collo in su,

    lotorinolaringoiatra; per il torace, il cardiologo o lo pneumologo, a seconda delriferimento topografico del disturbo; per laddome, il gastroenterologo; per gli artiinferiori, langiologo; per le unghie, lunguologo; per il cervello, il nientologo.

    Dopo anni, si decide a prendere un appuntamento con me. Entra in studio conla Naomi al seguito:

    Bongiorno, dottore, come stai?

    Bene. Accomodatevi.Squilla il satellitare. Risponde lei:Lingegnere? [diploma di laurea mai esibito!] Glielo passo subito.Lui, afferrando il marchingegno:S, s! Carotaggi, trivellazioni... S, s!... E va avanti per qualche minuto, men-

    tre io mi spazientisco. Poi: Mi scusi, dottore. Allora, ti stavo dicendo...Drin, drin Risponde la Naomi:Lingegnere?

    E lui, seccato:Cretina! Digli che non ci sono. E continua a parlare ad alta voce.Lei, mansueta, esegue, e stacca finalmente laggeggio, mentre lui riprende:Allora... Il problema non sono io, ma mia figlia.Ah s? E dov? andata a prendere un caff. Sa, molto stanca. La sto iniziando al lavoro per-

    ch tra un po, dott, io taglio [mima con le mani per indicare Vado via!] e migodo la vecchiaia in unisoletta dei Caraibi che ho comprato. Sa, tutta mia!

    La Naomi sbatte le ciglia e si inumidisce le labbrone.

    Toc, toc... Entra lerede al soglio, con laspetto di Ursula Andress in 007 Licenzadi uccidere andatura da pantera. Si siede. E lui:

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    Allora, Allegra, digli tutto al dottore. E rivolto a me: Sa, lho portata dai mi-gliori dermatologi, anche dal professor ***.

    Ah, un noto luminare!S, ma non hanno risolto niente. Creme, cremine, antibiotici, analisi. Non se ne

    viene a capo.

    Io, rivolgendomi alla bellona:Dimmi il problema.Vedi, dottore, ho queste chiazze qui sulle gambe da sei mesi, e poi anche un

    prurito insopportabile. Sono cos nervosa che di notte ho delle sudarelle pazze-sche.

    Visita. Uhm, uhm... Rifletto un poco, e poi: chiaramente un eritema nodoso.S, lhanno chiamato cos.

    [Pensiero in nuvoletta].Visita. Linfonodo della grandezza di una piccola ciliegia in laterocervicale sini-

    stra, non dolente, di consistenza dura.Faccio male qui?Per niente!Metti qui un dito! Lavevi mai sentito questo?No, veramente non me nero mai accorta.[Si accende la lampadina!] Richiesta di consulenza ematologica. Relazione scritta:

    Caro collega, ecc.Dopo qualche giorno, ritorna la ragazza:Dottore, il suo collega mi ha detto che lei si sta preoccupando inutilmente, e che

    mi rivedr tra qualche mese.Senti, non sono convinto; ti mando da un amico chirurgo per una biopsia.Referto istologico:Morbo di Hodgkin [tumore linfatico maligno].Fatta la diagnosi, si cominciano le cure con completo giovamento, la paziente

    viva.Arriva Natale: pacco regalo con bigliettino di auguri allegato, rimango piacevol-

    mente colpito ma, una volta consumato il contenuto, leggo sul fondo del cesto: LaXY Petroli augura buone feste ai suoi dipendenti.

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    LAgape, ovvero lamicizia e lamore abbracciate insieme,trovano nella figura del Maestro la loro perfetta dimora.

    AMORE CONDIVISO: AMORE DIMORANTE, amore perdonante, amore perdurante:la parola Agape fonda tutto il suo significato sullunica forma di amore chepu rapire incondizionatamente lanimo e disvelare lumano, ovverosia il perdono,inteso letteralmente come dono per, nella dimensione del dare/darsi o anche come

    dono x, moltiplicato, come una serie di chimismi a cascata.Agape, scolpita nei tre tempi o fasi della vita: Inspirazione, Respirazione o Os-sigenazione, Espirazione che sul piano comunicativo divengono rispettivamente:Silenzio, Ascolto, Parola e che infine si suggella nella perfezione dellAmore di Dio:Carit o amore dimorante, Speranza o amore perdonante, Fede o amore perduran-te. Agape che impregna lesistenza delluomo che cerca Dio e quindi cerca se stessoallo stesso tempo: tanto pi tale ricerca lo avvicina a Dio, tanto pi luomo acquisi-sce o sviluppa il coraggio di amare. Agape che spesso soprattutto Jakaira, ovvero-sia amicizia, gioco, conoscenza, stupore, in

    cui luomo diventa una sorta di Architettospaziale in cui si bilanciano la pesantezzae la leggerezza, a seconda se si rivolge piverso terra (ribadendo la sua gravitazio-nalit ed in un certo senso la sua apparte-nenza terrestre) o verso il cielo (con il suoprepotente bisogno di antigravitazionalit,meravigliosamente sintetizzata e prestata

    allinconscio collettivo da Modugno nellasua famosa canzone VOLARE, che ne subor-dina una fantastica appartenenza celeste equindi extraterrestre).

    Agape che avvinta tutta nellarticolarsidel vivere a partire dal corpo che natural-mente fatto di parti, di cui le articolazioni edunque gli arti producono azioni, restituen-do un messaggio ben pi profondo al nostro

    essere: mi muovo dunque s(u)ono rispet-to al Cartesiano Cogito ergo sum.

    * libri nostri *

    gape

    ANTONIOLERA

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    * Libri nostri *

    Il Monile dOro e altri racconti

    SILVANAMELAS

    Nella tomba ipogeico-megalitica di Bingiae Monti nei pressi di Gonno-stramatza stato trovato il piantico monile in oro rinvenu-to in Sardegna, era portato alcollo da un personaggio im-

    portante, che, oltre al moniledoro, indossava anche unacollana di gusci di lumachinedi mare, forate e infilate inun cordoncino e con un pen-dente di conchiglie di diversedimensioni. Accanto eranolarco, le frecce e un pugnale

    di rame. La tomba raccoglie-va anche i resti di 150 indi-vidui. La fase di costruzionepu essere riferita alla culturadi Monte Claro, poi il sepol-cro fu occupato da genti dellacorrente campaniforme.

    A questa cultura appartie-ne la collana doro.

    Duemila anni dopo nasce-va Cristo.

    Penna e BulinoNarrativa Silvana Melas Scultura Gigi Porceddu

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    Era lora della cena e nella piccola cucina la donna, in ginocchio davanti alcamino, si apprestava a cuocere la piada, la sottile sfoglia di pane zimo che cibo antico e carissimo ai romagnoli.

    Perch si cuocia bene, la pasta vuole una fiamma alta e violenta, onde la signora,smaniosa quanto me di assaggiarla, si avvicin al camino, prese una fascina, e spez-zatala contro il ginocchio, laccost alla brace avanzandola poi nel rogo a mano a

    mano che vi si consumava. un piccolo brano del racconto - o per meglio dire del resoconto - di una visitache Corrado Tumiati aveva fatto ad Alfredo Panzini a Bellaria, dove il vecchio scritto-re si era ritirato al tramonto della sua vita; ma bastano queste poche righe, nella lorovivezza, a darci lidea dello stiledi questo medico scrittore, la cuifama aveva raggiunto lapice conil Premio Viareggio negli annitrenta del Novecento (I Tetti Ros-

    si). Oggi, travolti come siamo davalanghe di carta stampata e damigliaia di nomi di autori di tut-to il mondo, pochi di noi medicisi ricordano di lui; ed per que-sto che richiamarlo alla memoriaci serve come testimonianza diuna vita la cui traccia non deve

    essere perduta. Corrado Tumiatinasce a Ferrara nel 1885, in unafamiglia di particolare rilevanzaculturale: suo padre era un giu-rista, che aveva riscattato la suaumile origine dalla classe opera-ia con un assidua dedizione allostudio; sua madre era discen-dente di una stirpe con vocazio-

    ni mediche ed artistiche ed erafiglia di un noto chirurgo.

    Corrado Tumiati: scrivere e curare

    Una vita condivisa tra medicina e letteratura

    SILVIANOFIORATO

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    Cresciuto insieme a cinque fratelli ebbe qualche difficolt iniziale nellap-proccio scolastico: dapprima in un collegio privato a Firenze e poi allascuola media, dove fu respinto alla licenza; ma a questo punto decise di impegnarsi,fino a concludere il liceo con ottimi voti.

    Si respirava in famiglia unaria aperta agli interessi artistici e letterati, e due fra-

    telli di Corrado avevano intrapreso decisamente questa strada: Domenico era dram-maturgo e poeta, e Gualtiero era un attore noto in tutta Italia, particolarmente perle sue interpretazioni shakespeariane.

    Corrado fu inizialmente indeciso tra letteratura e medicina; la prima scelta avreb-be comportato, a suo parere, un pi lungo e incerto iter formativo per arrivare adaffermarsi nel mondo letterario pieno di fermenti innovativi propri nel primo Nove-cento; per questo motivo - e forse anche per raggiungere in pi breve tempo una certatranquillit economica - opt per la seconda scelta e decise di laurearsi in medicina.

    Ma gli studi medici non lo allontanarono dalla frequentazione degli ambienti arti-stici di Ferrara: Previati, De Pisis, Govoni e tanti altri diventarono suoi amici e com-pagni, anche con incontri familiari nel circolo dei fratelli.

    Ultimati gli studi nella facolt di Medicina di Firenze - dove insegnavano cliniciceleberrimi come Grocco e Banti - con la laurea a pieni voti, si orient verso lo studiodella psicologia. Fu cos che il giovane medico trov posto come assistente volontarionel manicomio di Pesaro: vitto e alloggio garantiti, ma dentro uno squallido edificiotra il carcere e il convento e ventiquattro ore di guardia a giorni alterni. Questa espe-rienza formativa avrebbe improntato tutta la sua vita successiva, anche dal punto di

    vista letterario: basti citare il suo libro pi noto, I tetti rossi, pubblicato nel 1931.Da Pesaro a Siena, vincendo un concorso nel 1910; vi rimarr tre anni, estendendo

    il suo interesse al laboratorio di fisiologia e studiando nel contempo terapie e tecnichemanicomiali; questi suoi studi verranno pubblicati sulla Rassegna di studi psichia-trici, di cui Tumiati fu co-fondatore e redattore. Ma nonostante questo impegnoscientifico covava sempre dentro di s il desiderio di evadere e non si accontentava pidella cerchia di artisti e letterati italiani e stranieri che soggiornavano a Siena. Fu cosche con uno stratagemma andr a Parigi: dissi e scrissi che intendevo perfezionarmi

    nel mio duro mestiere e trovai consenziente il difficile direttore. La sua trasferta pa-rigina non fu soltanto dedicata alla Clinica della Sainte-Anne diretta da Gilbert Ballet,ma anche ai musei, ai teatri ed ai circoli artistici della capitale francese.

    Nel 1913 lOspedale di S. Servolo a Venezia bandisce un concorso e Tumiati lovince; vi prester servizio per ventanni, con linterruzione della Grande Guerra,che lo impegner come medico di prima linea, anche sul Carso e sul Piave: un suolibro Zaino e santit, racconter questa sua esperienza.

    A Venezia frequenta le persone pi rappresentative del mondo dellarte: FeliceCasorati, Medardo Rosso e Pio Semeghini sono nella cerchia dei suoi amici.

    Parallelamente procede la sua attivit medica con lo studio delle malattie men-tali dei bambini e della relativa prevenzione; istituisce un servizio di igiene men-

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    tale e un istituto medico-pedagogico nei pressi di Venezia. Per molti anni Corra-do Tumiati segretario generale della Lega italiana di igiene e profilassi, fino al1948, quando aveva gi lasciato la professione medica per dedicarsi del tutto algiornalismo e alla letteratura: La sua firma stata presente, per quasi dieci anni,sul Corriere della Sera, che aveva chiesto la sua collaborazione dopo il premio Viareg-

    gio.Tutti ammirano la sua dignit letteraria, il suo buonsenso e lequilibrio dei suoi

    articoli; la sua formazione medica gli ha fornito quella conoscenza della personaumana che rende peculiare la parola dei medici scrittori; inoltre la psichiatria lhaabituato a saper riconoscere le malattie dello spirito quindi, in ultima analisi, adaprire il suo animo alla comprensione e alla tolleranza.

    Negli ultimi anni della sua vita chiamato alla direzione de Il Ponte, una dellepi prestigiose riviste letterarie dItalia; e nel 1952 lAssociazione Medici Scrittori

    Italiani lo nomina direttore de La Serpe, il periodico che tuttora pubblica le mi-gliori produzioni letterarie dei medici scrittori.Lumana esistenza di Corrado Tumiati si conclude a Firenze, nel 1967, a ottan-

    tadue anni.Ci restano a suo ricordo tanti suoi scritti, dove apprezziamo soprattutto la sua

    capacit di accogliere nel suo animo edi saper esprimere con efficacia i mo-menti pi semplici della vita: comenel piccolo brano di apertura di que-

    sto articolo, che attraverso poche im-magini rende vivo lattimo fuggentedi una sera contadina.

    Il meglio dellanimo umano sav-vera lentamente. Il savio non saffret-ta che in rari momenti, lartista amala quiete raccolta, lo scienziato si fa

    schiavo della pazienza, il filosofo indu-gia come un orafo sulle sue esperienzee sui suoi pensieri, la voce del santo pacata, lento il gesto dellartigianoe dellagricoltore. Chi corre sempre?I cupidi e gli stolti. Che si vantanodesser pi felici perch in unora hangoduto dieci affannosi piaceri in luogodun solo e riposato bene.

    da: I Tetti Rossi. pag. 180

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    Il gallo di PietroDANIELECROTTI

    Sono stati piacevoli, davvero piacevoli, i due giorni passati a Molini, lungolantica Via della Spina, e allimbocco della valle del Menotre. Erano i primidi agosto, ma il caldo, tra le alte colline, ai piedi di basse montagne con pianori verdied ormai sfioriti sulle cime, era attutito dal vento, leggero quanto stimolante, quasiun lasciapassare per camminare queste semplici ed affascinanti vallate. I fiori digiugno erano ormai appassiti. Restavano solo cardi, con i loro fiori, se fiori sono, di

    quel colore unico che sta tra lindaco, il blu ed il viola, a vivacizzare con parsimoniai pascoli della comunanza; questi particolari fiori, quelle grosse sfere di questo belcolore, sono accarezzabili, non pungono, fatti salvi i pi piccoli ancora circondati dastrani petali (ne ho contati da 5 a 10, sia in numero dispari che pari) pungenti al paridel cespuglio intrigato sottostante che li regge e li offre alla nostra vista.

    Cammoro, Molini, Pi di Cammoro, la sua valle, Orsano, i piccolissimi borghisparpagliati lungo e sopra lantica Via della Spina, con le proprie storie, con le lorogenti, con la parca bellezza della natura, erano il contorno a tutti noi mentre, allin-terno del centro sociale, un necessario prefabbricato testimone ancora in vita del

    passato terremoto, raccontavamo di questi luoghi attraverso il mio fuori guida cheanche di questi luoghi narra.

    E allora si alz e chiese la parola Pietro, quasi con ostinazione. Si sentiva parte incausa. S, perch lo si conobbe, io e Giovanna, proprio il giorno dellinvito, pochesettimane addietro, mentre con il suo pandino si avventurava a visitare le nascostespontanee fungaie. E terra di tartufi, questa, dal Tuber aestivum, lo scorzone, altartufo vero, quello nero e pregiato di Norcia, il Tuber melanosporum, ma anche difunghi, quando la stagione clemente: prataioli (c chi li chiama turini; o forse

    i turini sono altri?), besse o vesce che dir si voglia (tanti sono i nomi dialettali),ma pure qualche porcino e forse altri ancora (non mancano querce, lecci, e altra ve-getazione arborea, ai piedi e sui fianchi della montagna di Cammoro e tuttintorno).Quando ci vide, Pietro si ferm e parl subito volentieri con noi, da dove si veniva,cosa si faceva, chi fosse lui, cose cos, quelle parole che si scambiano la prima voltache ci si incontra e ci si vuol conoscere. Piacque a Pietro questa nostra disponibilit.Ed allora come seppe di questo incontro allinterno della prima edizione del Loro deiMolini. Dalla terra il pane accorse per essere con noi partecipe. E raccont. Questodisse: se andate al Passo della Spina e scendete verso sud, dopo i primi tornanti, ab-

    bandonata la strada maestra e vi inoltrate nella macchia, in un certo punto, in veritnascosto (ma io vi posso portare quando volete, disse e ci disse) troverete lingresso

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    di una caverna, una grotta, insomma una piccola apertura che secondo le voci delluogo, non sappiamo da quanto tramandate, porterebbe sino a Trevi. Pietro la sco-perse per caso tempo fa. Andava per macchie a fare legna armato di roncola, quandoimprovvisamente inciamp su una radice esposta e cadde. Cadde in avanti, scivoldi qualche metro e la roncola gli scapp di mano. Fin pi sotto, seminascosta dietro

    un grosso cespuglio. Questo cespuglio celava lingresso di una cavit. Pietro, pur nonarmato di torcia o fiammiferi, entr dentro, soprattutto perch incuriosito. Non aveva

    mai visto questa fenditura nella roccia. Riusc a camminare alcuni metri, ma poi sidovette arrendere. Il buio, pi che la paura, lo indusse a fermarsi. Ma non demorsee chiese, con cautela, a vecchi amici della zona cosa ne sapessero di questa cavit. Lerisposte furono vaghe, varie, ma vi fu chi era convinto assertore che altro non fosse,tale fenditura, che lingresso di un cunicolo in parte naturale ed in parte artificiale che

    collegava la Via della Spina a Trevi. Da non crederci! Eppure..., eppure poco tempodopo... si svel larcano. Non ricordava bene il nostro Pietro, o forse si espresse male,sta di fatto che un tal giorno venne fatto un banale quanto ovvio esperimento. Ungallo venne sottratto dal suo proprietario e... sacrificato... per lesperimento. Vennepreso, portato e fatto entrare nella grotta e spinto a proseguire. Chiuso lingresso dadove era stato introdotto e fatto appunto entrare, gli artefici dellazzardato esperi-mento andarono a Trevi e aspettarono. Dopo un certo tempo, non sappiamo quantotempo, forse poche ore, il gallo, s proprio lui, quello stesso gallo dei Molini, si ritrovsu una piazzetta nel bel mezzo della cittadina di Trevi, come la storia o la tradizione

    reclamava (in verit Pietro ci raccont a Trevi, dove di preciso non lo sapremo mai, ameno che... riprovare per credere!).

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    Inquietudine (1946)

    II mio cuore ho donatosenza chiedere nulla,cos ho perso anche lui.Povero me!

    Sempre a cercare una rosacon mani tremantie solcate da spini.Sempre a cercare uno scopo di vita,una metae fermarsi, sconfitto,con lacrimanti occhi.

    Un profumo di sogno (2001)

    Anche se tu mi parliio non ti ascolto,anche se tu mi stringiio non ti sento,anche se poi ti guardoio non ti vedo;ma il tuo profumo,rubato ad una rosa,mi aleggia intorno,

    mi penetra e mi scalda: dolce come un sogno.

    Invito a perderti (1946)

    Non hai mai sentitola brama di perderti?Perderti non so dove:nellinfinito?

    in un abisso?Perderti dove si pu gridaresenza essere uditi,piangeresenza essere visti,dire parole, agiresenza che burattiniti siano giudici?Perderti

    quando muore il sole,o quando in cielo brillanolultime stelle?

    SANTIAMOROSO

    * libri nostri *

    Versi affidati al vento

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    A quei Colleghi i quali, come lo scrivente, tentano per lo pi invano di entrare con leproprie opere nel novero degli scrittori riconosciuti validi e divenuti noti ad un vasto pub-blico di lettori, vorrei proporre, anche a scopo... consolatorio, il seguente indovinello:

    sapreste individuare lautore della riflessione qui sotto trascritta?

    osservazione antica che, quanto decrescono negli stati le virt vere, tanto cre-

    scono quelle vantate, e le adulazioni; e similmente, a misura che decadono le letteree i buoni studi, si aumentano di magnificenza i titoli di lode ai letterati o a quelli chein siffatti tempi sono ritenuti per tali. La stessa cosa avviene per la pubblicazione deilibri. Quanto pi lo stile peggiora e diviene pi vile, pi incolto, di minore impegno,tanto pi crescono leleganza, la nitidezza, il costo delle edizioni. []

    Se mai fu chimerica per la maggior parte degli artisti la speranza della immortalit,sicuramente essa lo oggi per gli scrittori. Troppa labbondanza dei libri o buonio cattivi o mediocri che escono ogni giorno e che, per necessit, fanno dimenticarequelli del giorno prima, sia pure eccellenti. Tutti i posti dell'immortalit, in questo

    genere, sono gi occupati.Noi siamo veramente passeggeri e pellegrini sulla terra: esseri di un giorno, la mat-

    tina in fiore, la sera appassiti, o secchi: soggetti anche a sopravvivere alla propria fama,e pi longevi che la memoria di noi; oggi questo si pu dire con verit maggiore chemai... []

    E cosi libri nuovi fanno dimenticare e sparire i vecchi, se non altro perch essinuovi e quelli vecchi; del che abbiamo esperienza quotidiana... []

    La negligenza universale dello stile, inoltre, rende inutile la diligenza individuale.

    Il pubblico, appunto perch in ci negligente, non ha n gusto n capacit n per senti-re n per giudicare la bellezza dello stile, n per esserne dilettato. Perch certi diletti, enon sono pochi, hanno bisogno di un sensorio formatovi espressamente, e non innato,di una capacit di sentirli acquisita. []

    La sorte dei libri oggi come quella degli insetti chiamati effimeri: alcune specievivono poche ore, altre tre o quattro giorni; ma sempre si tratta, al massimo, di giorni

    E inoltre:...Si pu dire con verit che, soprattutto in Italia, gli scrittori sono pi nume-

    rosi dei lettori (gran parte degli scrittori, infatti, non legge o legge meno di quantoscriva...)

    CESAREPERSIANI

    Se lha detto lui...

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    Molti libri oggi, anche dei bene accolti, durano meno del tempo che bisognatoa raccogliere i materiali, a disporli e comporli, a scriverli... pi che mai simili a quegliinsetti chiamati effimeri, appunto, che restano per un anno (alcuni, due o tre anni)nello stato di larve e di ninfe, sempre affaticandosi per arrivare a quello di insetti alati,nel quale stato non durano pi di due o tre giorni, e alcune specie non pi di una sola

    notte, tanto che mai non vedono il sole; altri non pi di pochissime ore... []Se un buon libro non fa fortuna, il vero mezzo di dire che lha fatta; parlarne come

    di un libro famoso, noto a tutti; queste cose diventano vere a forza di affermarle; seper qualunque ragione, questo mezzo non si pu usare,il miglior partito di tacere,dissimulare e... aspettare; niente di peggio che gridare all'ingiustizia, al cattivo gustodei contemporanei che non fanno caso al libro: siano giustissime queste querele, siameritevole il libro, dal momento che il suo cattivo esito confessato, la miglior sorteche gli possa toccare di essere riguardato come quei pretendenti a un trono i quali,

    privi di baionette, non hanno per s che i diritti e la legittimit... []Come l'impossibilit di divenire immortali giustifica lodierna negligenza dellostile nei libri, cos questa negligenza dal canto suo, inabilita e fa impossibile ai libriil conseguimento dell'immortalit

    Quale poeta-scrittore si esprimeva in modo cos pessimistico?Per aiutare chi non fosse ancora riuscito ad individuarlo, preciser che non era

    medico e che, perci, non era inscritto allAMSI. (La soluzione del quesito a pag. 34)

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    Il Belvedere delle rimembranze

    Ma che te fumi, di, sia maledettohai la faccia color de Monte Mario.

    Mi tornato alla mente questo singolare incipit di un sonetto del Belli qual-che mese fa mentre, in un sereno e tiepido pomeriggio dautunno, stavoseduto al caff del belvedere di Monte Mario, una delle mete preferite delle mie fre-quenti passeggiate di quartiere. Ero solo, avvolto in un silenzio irreale, ed osservavo

    Roma ai miei piedi. Ad un tratto quella pace fu interrotta dallo strepito affannato diuna motoretta. La guidava un uomo di una certa et, allampanato e male in arnese:Attir la mia attenzione perch, mentre cercava di aiutare, pedalando, il suo vecchioe malridotto veicolo a superare le ultime rampe, teneva ben stretto tra le labbra unmozzicone di sigaretta dalla quale aspirava voluttuose boccate di fumo.

    Quando arriv alla spianata, luomo scese, appoggi il motorino ad un alberoe, dopo unultima tirata, gett via la cicca e si avvicin lentamente al parapetto delbelvedere. Mentre avanzava ebbi modo di osservarlo. Aveva un viso scarno, dunpallore terreo. Respirava pesantemente emettendo frequenti colpi di tosse. Arrivato

    al parapetto, per prima cosa accese unaltra sigaretta e poi si mise ad osservare ilpanorama fumando e tossendo. Non cera bisogno di essere medico per accorgersiche quelluomo era asmatico enfisematoso di grado elevato.

    Fu cos che mi ricordai di quegli strani versi. Come noto Monte Mario, circa un mi-lione di anni fa, scatur dal mare a seguito di un violento terremoto. pertanto costituitoda un terreno eminentemente sabbioso giallastro in cui sono rimaste imprigionate mol-tissime conchiglie che si possono anche ora osservare soprattutto a via dei Colli della Far-nesina. Da questa particolare colorazione scaturito lo stravagante paragone del Belli.

    facile perdonare al cantore di Roma loltraggio di aver usato questo nostrodilettoso monte per un raffronto cos poco esaltante.Vorrei invece cercare di descrivere le sensazioni (bruscamente interrotte dallar-

    rivo delluomo dalla faccia color di Monte Mario) che provavo nel momento in cui,in perfetta solitudine, ammiravo il panorama dellUrbe e che peraltro si rinnovanoogni volta che ritorno al belvedere.

    Come ho detto, questa, una delle mie mete preferite: Prendo un autobus che mi por-ta alla Trionfale e da l, con il passo cauto che mi permette let, do inizio alla scalata.

    Fino a qualche anno fa, una prima sosta, a primavera inoltrata, me la concedevo

    quasi subito allaltezza del casale Mellini superato il quale cominciavo ad avvertireuna delicata ma penetrante fragranza proveniente da un grande cespuglio di gine-

    ORESTEBATTIGALLI

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    stra posto alla sinistra del viale. Mi fermavo per qualche minuto giusto il tempo persaturarmi i polmoni di quellaria profumata, poi, cos rinfrancato, riprendevo a sa-lire. Purtroppo, probabilmente durante i lavori di ristrutturazione del casale, zappedi operai inconsapevoli hanno estirpato il cespuglio ed ora lodorata ginestra dileopardiana memoria non mi accoglie pi con il suo gentile effluvio. Giunto final-

    mente al belvedere, mi appoggio alla staccionata e abbraccio con un lento sguardola citt eterna adagiata lungo le rive del Tevere ad appena 156 metri sotto di me.

    Per la verit il panorama che si osserva da Monte Mario non fra quelli che pimettono in risalto i tanti luoghi celebri dellUrbe: il caratteristico Cupolone nasco-sto da grandi alberi, non si vedono n Castel S. Angelo n il Colosseo: certo laggilontano a sinistra si scorgono le armoniose arcate di Ponte Milvio, di fronte svettala poderosa mole della Torre delle Milizie con accanto il Foro Traiano, a destra siscopre la bella facciata rinascimentale del Quirinale e pi a destra ancora spicca nel-

    la sua immensit marmorea il Vittoriano (lo vogliamo inserire, se pure con qualchetitubanza, fra le opere architettoniche notevoli?), ma sono tutti monumenti dispersi,quasi alla deriva nel mare sterminato delle costruzioni moderne dal quale emergonoa fatica. Sembra quasi che mormorino sconfortati: Per quanto tempo ancora noi,poveri ruderi e vecchi palazzi inermi, potremo resistere al famelico assedio di questabarbarica orda di cemento... armato?

    Ma comunque Roma sempre Roma e tutte le volte che contemplo da quass, siapure semisommerse dalla dilagante edilizia del nostro tempo, queste gloriose vestigia, misento invadere da un sentimento di orgoglio e di gioia quasi puerili e mi verrebbe istinti-

    vamente la voglia di battere le mani se la mia invereconda canizie non mi trattenesse.Poi, mi siedo al caff e... chiudo gli occhi. Ed allora comincio ad immaginare

    come si doveva presentare, allo sguardo dei turisti, la Roma di una volta e pertantoritornano alla mente i grandi ospiti che, nel corso dei secoli, sono probabilmentesaliti quass ad ammirare un panorama certamente meno contaminato dellattuale.

    Goethe, Berlioz, il marchese de Sade (si, anche lui), Stendhal e, fuggitivo dalnatio borgo selvaggio, Leopardi. E da dove, se non da questo ermo colle fioritodi umili ginestre, pu aver contemplato quelle rovine da cui trasse lispirazione per

    il suo ultimo, desolato canto: ... Anco ti vidide tuoi steli abbellir lerme contrade

    che cingon la cittadela qual fu donna de mortali un tempo

    e del perduto imperopar che col grave e taciturno aspettofaccia fede e ricordo al passeggero.

    Povero Giacomo, col cuore eternamente traboccante di amori mai corrisposti

    e che, giunto a Roma pieno di speranze, scriveva sconfortato alla sorella Paolina.Vaccerto ancora che quanto alle donne, qui non si fa niente, nientissimo, pi che

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    a Recanati. Dava la colpa alla riottosit delle romane e non al suo corpo sgraziato,lui, linfelice genio che il crudele Tommaseo aveva bollato con lo spietato distico:

    Natura con un pugno lo sgobb.Canta! gli disse irata; ed ei cant!

    E come non ricordarsi di un ancora assai pi antico turista, di Marziale, alcuniversi del quale sono incisi in un masso marmoreo a pochi passi da me?

    HINCSEPTEMDOMINOSVIDEREMONTISETTOTAMLICETAESTIMARE ROMAM,

    ALBANOSQUOQUE TUSCULOSQUECOLLESETQUODCUMQUEIACETSUBURBEFRIGUS,

    FIDENASVETERESBREVESQUE RUBRAS,Che tradotto liberamente in volgare ad uso di quei pochi italiani che, come me, non

    hanno sufficiente padronanza della lingua madre, recita: Di qui si pu godere la vista deisette colli sovrani e abbracciare con lo sguardo lintera Roma, i colli dAlba e di Tuscolo etutti i freschi dintorni dellUrbe, lantica Fidene e la piccola Rubre (Saxa Rubra).

    Ah! I sette colli veramente sovrani in una citt a quel tempo caput mundi! Forseda questo luogo il poeta, poich in quel tempo risiedeva a Roma, avr potuto seguirefin dalle fondamenta la costruzione del Colosseo, avvenuta in appena cinque anni!

    E infine, dopo tanti illustri personaggi stranieri, il mio pensiero torna a lui, aBelli, il poeta romano per eccellenza, che nella prefazione ai suoi sonetti scrive: Hodeliberato rilasciare un monumento di quello che oggi la plebe di Roma. E sen-tiamo allora cosa dice un plebeo di Roma in onore della sua citt:

    Te giri, e vedi buggere de ll;te svorti e vedi buggere de lla;

    e a vive lanni che camp un secchnun se narriva a ved la met.

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    Riapro gli occhi. Mi avvicino di nuovo al parapetto. Osservo ancora una voltail panorama. Con lo sguardo un po scoraggiato cerco di vedere se laggi dietro ea sinistra del Vittoriano si possa scorgere, tra quella anonima e dilagante foresta dilaterizi, qualcosa di caratteristico del colle dove sono nato, lEsquilino. Se non rie-sco nemmeno a localizzare lalto campanile della basilica di Santa Maria Maggiore,

    come posso illudermi di intravedere i giardinetti di piazza Vittorio, meta obbligatadelle mie primissime passeggiate infantili? In verit, almeno per il primo anno divita, ai giardinetti ci fui trasportato passivamente tra le braccia amorose di una pro-sperosa balia ciociara, agghindata col tradizionale costume regionale. A quei tempi,infatti, non erano ancora di uso comune i preparati sostitutivi del latte materno.

    Quando ormai ero adulto, mia mamma mi parl sovente di questa balia. Pareche fosse molto giovane e bella, traboccante di latte e di tenerezza. In una bellamattina di primavera, la mamma (abitavamo sopra i portici di piazza Vittorio) volle

    raggiungerci ai giardinetti. Entra, ci cerca per le varie panchine. Nessuna traccia delsottoscritto n della sua nutrice ma, lontano, nei pressi della Porta Magica, nota ungruppetto di bersaglieri che sembravano discutere allegramente con qualcuno. Adun certo punto, fra tutte quelle voci virili, le pare di avvertire una risata dal timbronoto e decisamente femminile.

    Si, al centro della truppa cera proprio lei, la mia mercenaria procacciatrice dilatte che, insieme ad una collega, piacente come lei, rintuzzava gagliardamentelassalto dei focosi militari. Ma, come si venne a sapere dal nostro portiere che,si diceva, nutriva rancore verso la nostra balia perch insolitamente disdegnosa ai

    suoi reiterati corteggiamenti, quelli erano assedi formali dove la resa era auspicatadalle assediate quasi al pari degli assalitori. Sembra che la capitolazione avvenissefrequentemente allombra delle imponenti rovine adiacenti la Porta Magica. L, aturno, le due generose ciociare, dopo aver affidato diligentemente allaltra il propriopargoletto, pudicamente si appartavano e, per usare una perifrasi attinente agliassedi, finalmente abbassavano il ponte levatoio (sarebbe proprio il caso di aggiun-gere la locuzione mutatis mutandis).

    Potenza evocatrice di un panorama familiare e suggestivo! Con un sospiro di

    rimpianto faccio scendere lentamente la saracinesca sul ripostiglio dei ricordi e miaccingo al ritorno. Ma prima di allontanarmi definitivamente, lultimo affettuoso,reverente sguardo solo per lui, lantico, leggendario fiume. Lo vedo laggi scorre-re sotto Ponte Milvio, attraversare con ampie volute la citt e procedere con le sueacque limacciose verso il vicino mare.

    Viene spontaneo paragonare il percorso di un fiume alla vita di un uomo, allamia vita. Dopo un lungo tragitto il Tevere si sta avvicinando alla foce. E cos la miaavventura terrena: giunti alle rispettive destinazioni, il Tevere non sar pi Tevereed io non sar pi io, per sempre.

    Festinate lente ammonivano con un saggio controsenso i nostri padri. Ecco, carofiume, affrettiamoci, ma per favore, molto, molto lentamente.

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    ROSARIOMANFREDI

    * libri nostri *

    La leggenda di Falanto

    Un racconto storico di tremila anni fa, alle ricerca delle radici di una citt, Taranto,che si estendono nel cuore della Magna Grecia: siamo nellVIII-VII secolo a.C.,e Fernando Petrone ci porta a conoscenza di fatti e leggende che accompagnano il lettorecon fare amico e coinvolgente.

    Evidente la passione con cui lo studioso affronta tale excursus, ancor pi quando,smettendo i panni dello storico, con garbo e lento pede, ci addentra in un percorso non

    facile, ma senzaltro affascinante, dove il discrimine tra storia e leggenda sempre labile,e dove facile perdere la bussola. La guida dellautore, dunque, ci d conforto, e persvariate ragioni: innanzitutto lo stile, familiare e non pedante, riflette un approccio psico-logico con linterlocutore-lettore, condividendone dubbi e difficolt interpretative (spes-so per i molti toponimi citati), e talora arrendendosi al silenzio del tempo che si frapponetra noi e le vicende narrate. Ancora, vero amico quando, con tono affabulatorio, citiene compagnia e ci aiuta a sogna-re, o quando ci coinvolge nellentu-siasmo delle scoperte, di cui sono

    chiamati a testimone grandi figuredel passato come Antioco di Sira-cusa, Erodoto, Tirteo, Publio Vir-gilio Marone, Eusebio da Cesarea.E cos, unendo lutile al dolce, vaa chiarire alcune problematiche sto-riche: innanzitutto laccertamentodella diversit dei due siti di Saturo

    e Taranto, a cui corrispondono duedifferenti fondatori, rispettivamenteFalanto e Saturo.

    Indubbiamente, Petrone affa-scinato dalla leggenda di Falanto,il fiore bianco; uno di quei Par-theni, figli illegittimi delle mogli deiguerrieri di Sparta, ma riconosciuti(per un certo verso e per opportuni-

    smo militare) dalla stessapolis spar-tana dellVIII sec. Le ostilit con gli

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    Spartiati, portano, nel 706 a.C., alla partenza di Falanto e dei suoi Partheni, con gli Iloti,per la conquista di nuove terre. Il momento cruciale ed emotivo della vicenda segnatodal responso delloracolo di Apollo a Delfi, con la prescrizione di fondare una citt ldove ci sarebbe stata una pioggia da un cielo sereno. Falanto non sa (e non sapr mai)che quella pioggia altro non che il commovente ed amorevole pianto della moglie Ethe-

    ra la quale, preoccupata per le sorti del marito, lo culla tra le sue braccia mentre dorme.Quel pianto e quellabbraccio ci richiamano lo stesso abbraccio e lo stesso pianto traGiove ed Elettra, che spalanc le porte delleternit. Da quella pioggia sarebbe fioritaSaturo, la citt del sole (nellattuale comune di Leporano), e, di l a qualche anno, conlinizio dei dissidi interni ai Partheni, avremmo assisitito alla fine di Falanto.

    Ma lorizzonte di questa storia, ci porta ad allargare lo sguardo ben oltre, verso altrecitt, con innumerevoli altre storie e leggende, intrecciate tra loro in un groviglio di radiciche sprofondano e riaffiorano in modo talvolta assurdo nella logica umana, ma non in

    quella delle vicende storiche. il caso, per fare solo un esempio, delle popolazioni concui Falanto si dovr confrontare una volta arrivato sulle coste della Puglia e fondandoSaturo: i Messapi-Iapigi, stanziati a sud del Gargano; questi ultimi (Iapigi) di originealbanese o, secondo fonti mitologiche, legati a Iapige, figlio di Dedalo (del famoso la-birinto). Ecco, poi, lorigine di altri gruppi etnici: i Dauni a Foggia, i Pucezi a Bari, iPedicoli nelle Murge, i gi citati Messapi tra Lecce e Taranto, i quali, successivamente,a causa della sconfitta inflitta da Falanto, avrebbero fondato Brindisi (da brando chenella loro lingua significava cervo); anche in questo caso lautore coglie il giusto prete-sto per una digressione relativa al toponimo salento: dalla citt cretese di Salenzia (se-

    condo Virgilio) oppure da in salo per un patto stipulato tra le varie popolazioni in altomare, o ancora rimandando a Idomeneo, leggendario re di Creta, approdato sulla terraanticamente detta di Calabria, la quale altro non sarebbe che la penisola salentina

    Cos, anche Saturo, la citt del sole (daSat Ur), non si salva da dubbi e perplessit,quando Petrone mette in rilievo lesistenza di reperti neolitici, che contrasterebbero cro-nologicamente con il periodo della fondazione di Falanto.

    Infine, unaltra citt ed un altro eroe: Taranto e Taras, sempre in bilico tra storia eleggenda. Taras, il Navigatore, figlio di Poseidone, approda alla foce di un fiume e

    fonda Taranto, con tanto di benedizione paterna-divina, che gli invia un delfino bianco.Fin qui, tutto abbastanza semplice, se non fosse che ritorna in ballo la citt di Saturo,stavolta dedicata da Taras alla moglie Satureia; e poi, come se non bastasse, secondo altrefonti mitologiche, Satyria sarebbe una ninfa amata dallo stesso Poseidone C davveroda perdere la bussola!

    Cosa resta? Restano alcune monete con leffige di Taras a cavallo di un delfino bianco.Restano altre monete con un Taras che sembra assumere le caratteristiche del capo deiPartheni. Restano alcuni reperti di un tempio dedicato a Falanto, assurto a semi-dio. Re-sta la nostra simpatia per la leggenda di Falanto (contagiatisenzaltro dallautore). Resta

    sopra tutto, il pianto di una donna, che ha impresso con la forza dellamore la sua ormaindelebile nella voce di un oracolo, facendola giungere fino a noi.

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    Exegerunt monumenta aere perenniora

    1953 - Da sinistra in piedi: Zanelli, Denti, Magr, Contini, Winspeare, Cherubini, Lanza, Naccari,Tigano, Ferrari, Meneghel. Seduti: Falomo, Nasi, Spallicci, Tumiati, Clades.

    1957 - Carlo Levi a colloquio con lo scrittore Joice Cary a sinistra e Remo Cantoni a destra.

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    Argomento di questo quindicesimo volumetto fatto in casa di Carlo Cappelli ladolescenza al limite con la preadolescenza; con le vicende di un certo nume-ro di protagonisti sulle quali lautore si sofferma, descrivendone i temi fondamentali,fatti di coalizioni, di esclusioni, di amicizie e di violenze proprie di questa et. Il tuttoambientato in una cittadina, quasi un paese (ambiente dipinto con amore, minuziae realismo) dove ogni fatto noto, per il quale motivo le bravate, che conferiscono

    prestigio, e le caratteristiche negative, che conferiscono inferiorit, diventano in bre-ve tempo patrimonio comune. In un tale contesto Nesso, il primo dei protagonisti,passa da un estremo allaltro, e precisamente dallinferiorit al prestigio, allinterno

    della cerchia dei suoi consimi-li; fino a quando non incontraun amico del cuore, ovveroZigan, il secondo dei prota-gonisti, di diversa estrazionesociale, in compagnia del qua-

    le programma unavventurache porter traumaticamentei due amici al di fuori del loromondo e quindi, pi tardi,alla maturit.

    Il tutto narrato con labi-tuale abilit dellautore che,mentre il lettore attende lesi-

    to di una vicenda, suole in-dugiare su alcuni particolari,col risultato di innescare unaintensa suspense; mentre, nelcaso in questione, lattrattivaconsiste anche nel fatto cheil lettore viene introdottonel clima del mondo adole-scenziale con una tenacia che

    perdura fino allesito del rac-conto.

    LIABALDASSARRE

    * libri nostri *

    Nesso e Zigan

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    LANFRANCOLUZI

    La cima pi bella

    Capita, a volte, quando siamo soprapensiero di ritornare negli anni passati erecuperare dagli anfratti della memoria le pagine pi belle della nostra vita. Ri-emergono vivi taluni episodi, alcuni luoghi che ci hanno colpito, situazioni in cui sonostati protagonisti parenti, amici, persone a noi molto care. Persone che sono rimastel, in quei luoghi, come sospese nel tempo. Come attori di un film che resta indelebilenella memoria. Quella mattina ero tornato lass. Percepivo una vibrazione tra me e

    quella natura, il mio cuore era nel punto in cui aria, cielo, alberi e vento confluivano,divenendo un tuttuno.Potevano esaltarsi a vicenda come a celebrare una festa damore.I primi bagliori del mattino illuminavano le cime del Gran Sasso, che sembravano

    sorvegliare il piccolo villaggio turistico ancora addormentato.Il gigante che dorme, cos viene ribattezzata dagli abruzzesi la cima del Corno Pic-

    colo, che si affaccia sui paesini del versante teramano. Il profilo di questa incredibilemontagna, che nasconde a nord la cima del Gran Sasso, si presenta in maniera eviden-te come il volto sdraiato di un enorme gigante.

    Il Corno Grande, invece, nascosto com tra le impervie cime, diventa oggetto diveri e propri voli dellimmaginazione per tutti coloro, che come me, si preparavanoad affrontarlo. La luce del mattino si faceva sempre pi forte, laria frizzante e il solesembrava non volersi far desiderare pi di tanto. Talvolta accade che i paesaggi impo-nenti distraggono lescursionista, dandogli la sensazione che il tempo si stia fermando.Sensazione poi vanificata dalla vetta, metro dopo metro pi vicina ai suoi occhi.

    Nel periodo di Ferragosto, alcuni sentieri di questa splendida montagna, assumo-no le sembianze di una vera e propria fiera di paese, con gente di tutte le et e di sva-

    riate parti dItalia intenta a inerpicarsi sulle sinuose stradine, che possono diventarepericolose per molti inesperti poco prudenti. Raggiunta la vetta ho pensato tra me:se esiste un paradiso con qualcosa di meraviglioso deve essere un po simile a questiluoghi o costituire la durata illimitata di questi momenti e delle sensazioni provate.

    Persino un innocuo cagnolino mi accompagna fino in cima, ben pi agile e sicurodei suoi padroni, che arrancano sfiniti chiss quanto pi in basso.

    Una piccola nuvola guastafeste copre, per fortuna solo parzialmente, lincredibileveduta che offre il tetto dellAppennino.

    Un signore, che aveva tutta laria di esser giunto quass molte pi volte prima di

    me, mi invita a guardare a fondo tra quellenorme massa di vapore. Vedevo un potrasfigurate dalla foschia le cime della Maiella.

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    Ben pi visibili apparivano al mio sguardo il massiccio del Sirente e i Monti dellaLaga. Sullo sfondo, altrettanto ben riconoscibile, la catena dei Sibillini dominata dalMonte Vettore. A sinistra, disteso lungo un enorme anfiteatro naturale fatto di vettee di ghiaioni, si stagliava il Ghiacciaio del Calderone, o meglio, quei pochi resti di unfenomeno atmosferico sempre pi vicino allestinzione. La nuvola, che sembrava in-

    nocua, iniziava ad avvolgere come in un mantello quelle cime rocciose ove un tempoi camosci fuggivano disperatamente dalla foga esasperata dei cacciatori. Il tempo discattare alcuni flash a questi luoghi fantastici, e si riprende la marcia, anzi, la proces-sione, visto il fastidioso affollamento del sentiero nelle giornate agostane. Cero salitoda bambino su queste pendici. Avevo provato anche allora sensazioni bellissime che,forse, credevo di aver dimenticato. Poi, dopo anni, il colore del cielo, i rumori quasiimpercettibili del bosco, la vista di una farfalla che vola via fugace, risvegliavano in me,per alcuni attimi, tanti ricordi. Immagini che non riuscivo immediatamente a focaliz-

    zare nella memoria ma che erano accompagnate dallo stesso delizioso profumo.Cos ero giunto ad occhi aperti in questo luogo dincanto.

    Su questa montagna di una bellezza indescrivibile. La conoscevo dai libri. Lhoamata ancor prima di raggiungerne la sommit. Rimarr viva per sempre dentro il miocuore. Unesperienza che ha segnato la mia mente. Un percorso lungo e avvincenteche mi ha dato pi emozioni di quante ne avessi precedentemente immaginato. Cosmi rendevo conto che tra me e la montagna, tra me e quella natura ancora incon-taminata esisteva gi un legame profondo che il tempo, molto verosimilmente, nonavrebbe dissolto. Il tramonto alleviava il dispiacere del rientro assumendo caratteripittoreschi: il rosso delle nubi ad impadronirsi delle cime pi alte, creando un contra-

    sto irresistibile con il grigio della pietra e il verde intenso dei prati, reso pi scuro dalleombre imminenti della sera.

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    Si lasciano percepire.Tirano i fili della ragione come fosse un burattino. La fanno girare su se stessa.Capitolare. Cedere. Credere.SonoLoro, gli Angeli Tristi, presenze misteriose avvolte in una coltre di gelo e

    silenzio.Eroi evanescenti, con la loro presenza minano la stabilit di Carlo Mauri, cardio-

    logo affermato, uomo di scienza, paladino della ragione.Sin da bambino aveva avu-to coscienza della loro realt;troppo ingenuo, troppo fra-gile per affrontarli, si era la-sciato quella brutta storia allespalle, spaventato, confuso.

    Ma loro tornano, ed qua-si una preghiera per farsi co-

    noscere, una muta litania cheinvoca comprensione, unamano tesa alla pace.

    Dotato di unacuta sensibi-lit, eredit ancestrale di unanonna bellissima e leggenda-ria, il dottor Mauri dovr af-frontare da solo unindagine

    straordinaria volta a svelare illoro mistero e gli inquietantifenomeni di resurrezione adesso legati. Forte delle propriesensazioni, di visioni sconcer-tanti e concertanti la composi-zione del vero, con timore, dili-genza e rispetto, Carlo riuscira comprendere la loro natura:

    sar la paura che volta in piet,la diffidenza in cieca fiducia.

    * libri nostri *

    Angeli Tristi

    ALFREDOBUTTAFARRO

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    * libri nostri *

    I racconti di Samaar

    DANIELEUGOLINI

    Ma non la Conoscenza che gli altri farneticano, n Samaar che ti parla: tiaccorgi che il contenitore del corpo vuoto, che non ti restano che pochiistanti di fiato e che la tua vita, quella sporca, logora che hai avuto, ti scorre davantiin un istante soltanto.

    Un film di cui sei oggetto non protagonista, un pianto che ti vede lacrima, nonocchio, qualcosa che ha

    avuto te come disgrazia.Eccola la Conoscenza:la consapevolezza degli er-rori fatti; il rimpianto delpiatto in cui hai sputato,del sorriso che hai nega-to; lodio per chi ti ha - aragione, e lo sai - negatolamore e lha negato a te,

    muco di rospo o schizzodurina, a te rifiuto umano,opposto del vivere.

    Perch se solo una vol-ta uno di noi avesse volu-to vivere, dimmi, perchsarebbe venuto qui, suquestisola? E allora? Non

    ci sei anche tu?Trova la via per tornare,trova il modo per andarte-ne di qui, se puoi, se sei an-cora in tempo; non lasciareche la notte ti sorprenda inquesto luogo: domani po-trebbe essere tardi.

    Va, io ho finito, adesso

    tocca a te raccontare la tuastoria ad altri.

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    A chi mi legge ELISADE LEONARDIS

    Come pu essere una Redazione? Senzaltro spettabile, si spera gentile, e chedire poi dellattenzione, sempre cortese, che induce coloro che inviano i loromolesti pensieri a temere di aver abusato della pazienza e ad essere gratiper lascolto?

    Tanta perizia non basta ad evitare i timbri di protocollazione, quotidianamenteposti con meccanica solerzia, la propria storia addossata a mille altre giunte lo stessogiorno, tutte accatastate nello stesso cigolante carrello.

    La vedi, la tua, mai uscita di casa, che hai protetto da sguardi indiscreti, rivestitodi cartelline pesanti, sussurrato a pochi centellinati amici -coraggiosi ed altruistisicch continuano ad essere tali anche dopo siffatta predilezione-, la vedi la tuastoria dicevo, che rabbrividisce, sbirciando fra le pagine di un thriller, o si ritrae conerubescente pudore dopo aver adocchiato una storia un po os.

    Poi in bellordine su uno scaffale, e lei che pensava di essere unica, con il postodonore sul desktop o nel cassetto buono della scrivania -quello con la chiave inunica copia si intende- si accorge con malcelato disappunto di essere stata precedu-

    ta da mille altre sorelle, a dire il

    vero alcune un po attempate, edi essere una della fila, lei chepensava di essere letoille.

    E cos la tua attende l, sul-la mensola dello scaffale, cor-rucciata e spaesata per qualchegiorno, ma poi parte del grup-po, unita alle altre nella trepi-

    dante attesa, la noia scanditadallo scorrere lento del tempodella clessidra.

    Seppur stretta fra pesanti fal-doni cerca di conservare la suaforma, e di tanto in tanto scrollacon modi educati quei perni-ciosi granelli di polvere uggiosache le solleticano il dorso.

    Ogni giorno qualcuna di lorova via, e lei si inclina su un lato,

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    ma altre nuove sorelle con la cartellina intonsa leste arrivano a farle da sponda.La fila alle sue spalle decresce, finch arriva il suo giorno senza preavviso, sen-

    za consentirle quellultimo soffio di cipria -imperdonabile malizia!- per un furtivosguardo di compiaciuta conferma nello specchio dei desideri.

    Due braccia forti prendono la tua insieme ad altre cinque o sei, un breve viaggio

    per i corridoi e poi viene smistata su una delle scrivanie: il cuore batte forte, la tuavorrebbe catturare locchio di chi legge, squilla il telefono, e la frase rimane a met,e lei in fremente attesa, minuti interminabili, poi la lettura riprende.

    O almeno spero.Non conosco i nomi o i volti o let dei miei interlocutori, sconosciutissimi eppur

    compagni di un viaggio sullo sconnesso acciottolato dei pensieri, odissei usciti dicasa per una breve guerra e tornati solo dopo lunghi anni.

    Mai pretesto fu migliore per partire dallo stereotipato regno della monotonia,

    dalla nota trama delle rassicuranti tele, da confortanti abbracci di relazioni senzaemozioni, e uscire in mare aperto.Perch la vita dove c vento, nella risacca il silenzio della noia.

    60 Congresso Nazionale

    A.M.S.I. imminente

    la definizione della sedee del programma di massima.

    Tutti i soci saranno

    personalmente informati.

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    Non era pensabile di mettere a mare il piccolo gozzo, forse neanche il mattinodopo. Faceva troppo freddo e il tempo sia di mare che di cielo era troppobrutto. Tatore di professione pescatore dedito alla piccola pesca, col ricavato diquesta riusciva a mettere qualcosa sul fuoco e il tabacco nella pipa, visto che la me-schina pensione che percepiva era insufficiente.

    Lui e la moglie sedevano accanto al braciere il cui fuoco era dovuto alla carbonella

    in cui si era ridotta la legna racimolata lungo le siepi o avuta da qualche benevolo con-tadino quale residuo di potatura. Su questo fuoco brontolava una modesta pentola incui si lessava una manciata di castagne raccolte nella vicina selva assieme a qualchefoglia di alloro. Nella mano di Tatore rosseggiava un tremolante bicchiere di vinomentre fra le mani di Nunziata scorreva il filo di lana con cui ella sferruzzava.

    Chi abituato al silenzio non loquace e perci fra i due non vi era vivacit didiscorso ma cera invece un trasparente silenzio amico fatto di pace, pensieri, affetti,ricordi.

    Quando il mattino dopo passai pei loro paraggi li vidi presso la loro casetta; lei

    che curava tre o quattro gallinelle e lui che allestiva una piccola rete a tramaglio.Berretto, zoccoli, maglione, scialletto. Buon giorno.

    Buon giorno dotto. Tato vuoi andare a pescare con questo brutto mare e conil cielo nero?. Oggi no, ma domani spero di si; perci allestisco la rete, mi preparola coffa; sistemo tutto e se il tempo lo consentir vi porter due ricci di mare chevi piacciono tanto. Tato, grazie, ma evita di bagnarti i piedi per via delle ragadi

    PEPPINOPALESCANDOLO

    Brava gente

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    ai talloni. Dotto, se non avete fretta pigliatevi un po di caff con noi che siamosempre soli. Non avevo fretta; non mi dispiaceva, anzi ero lieto sia di riposarmi unpo, sia di parlare con Tatore di nodi, di esche e di pesca. Dotto, ringraziammo aDio, chistanno a pesca andata bunarella. Non c mancata una scodella di fagiolin un bicchiere di vino; i polipetti mi hanno permesso di regalare ai tre nipotini un

    berretto di lana alla marinara per ciascuno a Natale. A noi due basta poco e quelpoco lo abbiamo avuto.

    Nunziata ci serv il caff aromatico e caldo. Parlammo un po dei figli e dei nipo-tini, dei tempi e degli usi che cambiano. Ringraziai e mi avviai verso il paese ove eroatteso dalla podagra di don Ciccio il parroco, da Manuela la moglie del falegnameche era uscita di conto, dal tabaccaio per il suo cronico scompenso circolatorio, e damia moglie la quale probabilmente anzich un bel piatto di pasta e fagioli, come miaveva detto mi avrebbe fatto trovare un fin troppo delicato brodino con pastina.

    Pazienza: la donna mobile; amiamola cos.Come sempre camminavo e pensavo. La sosta da Salvatore mi aveva richiama-to alla mente dei versi del Tasso: Ch poco il nostro desiderio e poco il nostrobisogno onde la vita si conservi Che semplice e brava gente! Si sa: il medico diun paese di provincia non pu avere la clientela elitaria n gli introiti di un notomedico di citt; per lui; ipse; don Antonio il medico che, per tanti aspetti, ha

    una mentalit non molto discosta da quella delpescatore, del falegname, del paesano, di co-loro che hanno i calli nelle mani, le mogli con gli

    scialletti e con il desiderio perenne di un nuovopaio di scarpe o di una borsetta; i figli che amanopi il pallone che i libri. Qui ci conosciamo tutti;ci incontriamo, ci salutiamo.

    Qui non osi dire sono stanco: te ne vergo-gneresti. Gi; perch la vergogna, il pudore, latimidezza qui esistono ancora malgrado la mar-tellante dissacrazione dilagante.

    Qui si gusta ancora il frutto proibito. Qui lecoppiette vanno a baciarsi nei recessi pi ombro-si e nascosti; qui la costituzionale civetteria fem-minina non ha ceduto il passo alla svergognataspudoratezza del tutto lecito.

    Fior di giaggiolo! Sento una fresca voce diragazza stornellare da un balcone di fronte casamia dal quale riesce senza difficolt a distrarremio figlio dai versi virgiliani Tytire, tu patulae

    recubans sub tegmine fagiBeati loro.

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    Satura quidem tota nostra est FRANCODIONIGI

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    Consoliamoci, dunque: quella trascritta la scoraggiata riflessione che si leggenello Zibaldone, datata aprile 1827 (e, per le ultime tre righe, febbraio1828) di un grande Scrittore-Poeta, nato in quel di Recanati in casa del conte Mo-naldo. In vita, Lui riusc in seguito, coi proventi delle sue opere, a sbarcare il lunarioin qualche modo.

    Nel suo epistolario numerose sono le sollecitazioni verso gli editori perch gli

    versino regolarmente il suo dovuto, ma spesso senza averne riscontro. Ricco non di-venne mai; famoso, famosis-simo lo divenne dopo la Suascomparsa, fino ad entrare tragli Immortali; ricchi divenne-ro invece i suoi editori.

    A noi, magari, basterebbequalcosa di meno che lim-mortalit...

    O no?Se parliamo poi di proven-

    ti economici, ricordiamo cheil Suo grande contemporaneo

    Soluzione del quesito letterario di pag. 16

    Sogno di un bibliofilo

    CESAREPERSIANI

    REDAZIONE

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    Manzoni cerc disperata-mente di sganciarsi dalleso-sit dei librai mettendosi afar stampare in proprio, adispense, i Promessi spo-

    si e a venderle direttamen-te; risultato: alcuni editori(questi simpatici editori!)si misero tranquillamente afarne copie abusive e a com-merciarle ad un prezzo asso-lutamente concorrenziale,lasciando al povero Auto-

    re i magazzini stracolmi diesemplari autentici!

    I promessi sposi - I ed.Le copie comuni furuno vendute a 12 lire italiane.Nel 1942 si superarono le 2.000 lire.Nel 1953 si quotano sulle 25-30.000 lire.Attualmente (2010), gli esemplari perfetti, rag-

    giungono il prezzo di 11-12,000 euro.

    Canti - II ed.L e d i z i o -

    ne di Starita,Napoli 1835,ritenuta la picompleta inquanto accre-sciuta e corret-ta dallautore,a t tua lmenteraggiunge la

    quotazione di9.000 $.

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    Attorno ad un tavolo dellosteria giocavamo a briscola, coppia contro coppia.Il mio dirimpettaio mi mandava segnali, smorfie, esclamazioni in codice,persino calcetti sugli stinchi sottobanco, che sul principio mi divertivano, ma poifinirono per annoiarmi. Perch il gioco delle carte, ma anche la dama e gli scacchi oqualsiasi gioco di societ, sono tutti passatempi che non fanno per me.

    Invece lui ne fa una quastione di vita o di morte. Avevo accettato di sedere con

    lui dopo molti tentativi di rinuncia e solo perch, quel pomeriggio, mancava unquarto.Insomma, tutto questo per dire che io giocavo con la testa fra le nuvole e lui

    laveva capito e cos giocava immusonito ed eravamo sotto di un bel po.Quel che doveva succedere successe. Avevo ben chiaro in testa quale fosse la

    carta buona da giocare, eppure le mie due dita non mi obbedirono e ne buttaronosul tavolo unaltra.

    Apriti cielo! ...Ma sei proprio cretino...! sbott lui.

    DiversamenteERNESTOZUCCHINI

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    Le intemperanze da osteria per fortuna non durano, fanno parte dellambiente edella situazione, ne sono il sale. E poi avevo sbagliato, senza scuse e senza rimedio.Perci non mi mostrai troppo risentito. Tuttavia mi scapp di precisare: ...No!Non sono proprio cretino... diciamo pittosto che sono diversamente intelligente.

    Lo so, avrei potuto risparmiarmi una facezia difficile da interpretare sui due pie-

    di, per da alcuni giorni mi stava disturbando un andazzo che giudicavo disdice-vole, sciocco e purtroppo capace di espandersi e contagiare altri contesti. Non eroinfatti daccordo di dover chiamare diversamente abilipersone costrette su di unacarrozzella da una malattia o da un incidente.

    Proprio perch si tratta di persone ammirevoli e capacissime di scoprire nellavita un monte di altre possibilit, esito a credere che possano gloriarsi di una taleperifrasi. Gli stato chiesto se sono daccordo? Siamo proprio sicuri che non prefe-rirebbero essere chiamati per quel che sanno di essere?

    Insomma, fatta salva la buona fede e la intenzione di giovare, ho il sospetto chesiamo di fronte ad una qualifica partita non si sa bene da dove e da chi, di incertobuon gusto e poi fatta indossare ai diretti interessati che adesso, bongr-malgr, sela debbono tenere.

    Lo sfondo culturale della benemerita impresa allopera non da oggi ed ha gi alsuo attivo svariati parti distocici. Con la intenzione di diffondere una sorta di buoni-smo, una specie di sentimentalismo altruistico di marca profana, quasi che gli ana-loghi impulsi di una religione ben collaudata non fossero pi capaci di funzionareda soli, ecco prendere piede la smania di meglio definire, di abbellire, di modificare

    ed ingentilire il significato di talune parole il cui solo suono lederebbe la dignit ditalune categorie di persone.

    Le metamorfosi dello spazzino e del facchino sono ormai vecchie di lustri. Allospazzino nessuno faceva caso e non per disprezzo ma perch era un mestiere cometanti e faceva parte dei ritmi della giornata e della strada. Lo ricordo con la sua divi-sa di fustagno, la trombetta ricurva degna di un postino (oggi portalettere) a cavallodi un triciclo con bidone.

    Spazzino si rif allazione dello spazzare e siccome anche mia nonna e mia madre

    spazzavano dentro casa tutto il giorno, tornava naturale a tutti che ci fosse qualcunoche faceva lo stesso fuori casa. Senza disdoro per nessuno.Poi netturbino spazz via lo spazzino e, come parola, seguit ad andarmi bene.

    Ma quando anche il netturbino fu soppiantato dalloperatore ecologico, non seppipi se piangere o ridere.

    Il facchino rest facchino per un secolo e passa, dopo la borbonica linea Napoli-Portici, poi diventportabagagli, il quale non sopravvisse a due calamit che gli congiu-rarono contro quasi contemporaneamente. La prima fu uniniziativa delle FF. SS. Chemise a disposizione dei viaggiatori una serie di carrelli simili a quelli dei super mercati.

    La seconda fu un connubio fra due ritrovati, per la verit gi noti da tempo, ma chenessuno aveva ancora avuto laccortezza di mettere assieme, ossia la valigia e la ruota.

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    La comparsa sul mercato di valigie con le ruote segn una rarefazione deiportabagagli sino alla loro definitiva sparizione. Laggiunta di un manico estraibileed allungabile conferisce alle folle che stipano stazioni, porti ed aereoporti lodiernoaspetto di altrettante persone che portano a passeggio il cane tutte nel medisimotempo e nel medesimo luogo.

    Con la comparsa dellavverbio diversamente landazzo miglioristico sub una im-pennata (il che come dire, ad uso di chi avesse dimenticato litaliano, che ci fu unaescalation nel trend). Lesempio pi conosciuto appunto quel diversamente abilegi ricordato.

    A questo punto smettiamola di scherzare e giochiamo a carte scoperte. Scorgen-do una crepa in un argine lecito insospettirsi, temere che possa allargarsi ed infinedubitare della integrit dellintero baluardo?

    Fuor di metafora, in questo momento non mi sento di avere nulla contro un

    avverbio che, messo al posto giusto, fa il suo mestiere, contrubuisce alla chiarezzadel discorso moderando possibili eccessi, suggerndo prudenza e misura, molto pre-gevoli in varie circostanze.

    Non si pu negare, per esempio, che i colori siano diversamente percepiti quan-do di mezzo ci sia un daltonico. E le buone maniere lo stesso; il rutto post-prandiale diversamente apprezzato in Oriente ed in Occidente.

    Tuttavia, riconosciuto questo, io continuo a restare poco tranquillo. Adoperatoda gente spregiudicata, troppo disinvolta ed imprudente circa possibili inconve-nienti (e non dico in mala fede, ma ne sarei tentato), lavverbio potrebbe funzionare

    da grimaldello o chiave falsa per minare consuete abitudini, seminare zizzania travarie certezze (o, perch no, superstizioni) su cui fondiamo la tranquillit del viverequotidiano. Temo gli possa essere inculcata una capacit furba e sottile di insinuarsidi soppiatto entro i consueti sognificati delle parole e degli aggettivi, (ossia gli stru-menti del nostro sapere, del modo di comunicare con gli altri) per confonderli sinoa sfarinarli, sino a togliere peso e significato a concetti che noi ritenevamo sinoragiusto e necessario mantenere ben distinti e lontani fra loro.

    Gi gli umoristi si sono accorti della questione e se ne sono impadroniti ella loro

    maniera, con risultati esilaranti ancora non completamente veri, ma con la possibi-lit di diventarlo.Con qualche giusta ragione, altere categorie di cittadini potrebbero pretendere

    lo stesso privilegio accordato agli handicappati. Dire che un mattocchio un diver-samente savio unirebbe piet cristiana ad un pizzico di verit (chi scrisse un Elogiodella Pazzia? Erasmo?). E limbianchino? Perch non potrebbe aspirare alla qua-lifica di decoratore? (troppo esagerato? Forse! Esiste un limite per tutto). Pittore?(Idem); per diversamente pittore, potrebbe andar bene.

    Perch negare tutto questo? Perch non pensare ad un adultero come ad una

    persona diversamente fedele? Perch ostinarsi a considerare un bancarottiere comeunfallito, ossia dal lato peggiore? Egli diversamente solvibile. Siamo giusti!

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    E, per lo stesso motivo, perch non riferirsi ad un evasore fiscale come soggettodiversamente contribuente? Analogamente unfalso in bilancio, che nuoce agli azio-nisti, potrebbe pi pudicamente essere etichettato come atto contabile diversamentevalutato dalla Guardia di Finanza.

    Forse una pattuglia di eredi vorr impugnare la validit di un testamento soste-

    nendo convinta che il nonno ingrato non era da intendersi veramente morto, bensdiversamente vivente.

    Si tratta di risvolti tragicomici, ma giusto temere che possano verificarsi, se giu-dichiamo dallandazzo che la faccenda sta prendendo e dalla leggerezza con cui uncrescente numero di lettori ed ascoltatori lo accetta e lo incoraggia.

    Nessuno si scandalizzi se la meretrice e la dmi-virge (categorie a cui va percarit cristiana, tutto il nostro rispetto per il prossimo) aspireranno ad essere consi-derate diversamente caste. Fabrizio De Andr, purtroppo, non abita pi qui e non

    potr riscrivereBocca di Rosa.Ormai non temiamo pi nulla ed anzi attendiamo fiduciosi il momento in cuisi parler di Torquemada di Gilles De Rais ed altri personaggi della stessa risma,come di diversamente benefattori. Infatti questo particolare elemento grammaticaleche oggi tanto ci intriga, pare concepito apposta per la prosa di storici e cronistisoprannonminati revisionisti.

    E qui ci avviciniamo proprio al nocciolo della faccenda, alla ragione vera dellenostre perplessit. Temo si vada verso una societ dellONNIPOSSIBILISMO, dove, innome di una proclamata uguaglianza e libert di interpretazione, si smorzi, la pe-

    culiarit di oggetti e di pensieri tradizionalmente ritenuti veritieri; un poco comeprendere un frutto e succhiargli fuori tuta la polpa, lasciandogli intatta la buccia edunque laspetto esteriore. Un frutto diversamente tale.

    Dove trovare un attaccapanni per appendervi le ultime cose rimaste solide siadentro che fuori, sostanzialmente e non diversamente fedeli a se stesse? Forse cisalveranno la matematica e la geometria, ma prevedo pericoli per langolo retto.

    Con i suoi 90 potrebbe essere considerato ancora troppo acuto, una divisoriaancora troppo recisa e brutale verso tutto ci che lo precede. Meglio aprirlo un

    poco, regolare un tantino diversamente la sua rettitudine. Gli angoli ottusi sarebbe-ro preferibili e tanto pi quanto pi prossimi ai 180 che li confonderebbero conla linea retta, infinita e senza pi sorprese dietro langolo, vero simbolo dei nuovitraguardi da proporsi alla Comunit dei viventi.

    Scorgo nel presente i sintomi di un disamore strisciante per tutto quanto appa-re troppo obbligante, i semafori, le striscie pedonali, la puntualit (gi pensata daalcuni come una diversa percezione dei fusi orari), i colori netti e sfavillanti, giallo,rosso, blu, poco quotati dai bookmakers in favore delle mezze tinte e dei semi toni,meglio in armonia con un ideale di equit, di giusta misura ed equidistanza da ogni

    estremo. E persino lo spirito della Legge, cos come appreso (appeso?) sinora inogni aula di tribunale, potr essere meglio espresso da una grafica diversamente

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    concepita: La giustizia uguale per tutti; con sotto due postille in latino, perchfa fino ed autorevole: a) in medio stat virtus, b) est modus in rebus.

    Occorre infatti riconoscere che effettivamente, troppo sottovalutata stata sino-ra limportanza di un tale avallo che ci viene dallantichit classica.

    da poco visibile in bozze un libro intitolatoApologia dellindistinto. Immagi-

    no vi si potr leggere una svalutazione di un artista come Oscar Wilde che nel suoDorian Gray scrive: La via del paradosso la via della verit. Per porre a prova larealt bisogna vederla sulla corda tesa ; quando le verit si trovano nella posizione diun acrobata, sono nella condizione migliore per essere giudicate.

    Sul come recensire questo libro, la Conferenza Episcopale Italiana molto dub-biosa, a cominciare dal titolo che sembra tuttaltro che irreprensibile secondo la pirecente teologia del Santo Padre regnante. Quellappello cos esplicito allIndistintonon odora forse troppo di relativismo? Ma daltro canto vero che luso sagace

    dellavverbio diversamente, pi volte riportato nel testo, offre molte ed allettantipossibilit per la Dottrina. Si potrebbe per esempio, sostenere che un ateo non in fondo veramente tale grazie ad alcuni suoi tratti di diversamente credente. Maun alto prelato fece notare una pericolosa possibilit, celata nella reciprocit delladizione; infatti, se ateo uguale diversamente credente poteva andare benissimo, lostesso non si poteva assolutamente ammettere di credente uguale diversamenteateo. Ed il libro fu stroncato.

    Per coloro che si ostinano a resistere alle Apologie dellindistinto, le giornate sifanno sempre pi difficili. Aspirare questo soffice profumo di persuasione che per-

    mea laria, e non esserne conquistato, richiede una fermezza nelle proprie vecchieconvinzioni che non posseduta da tutti nella stessa misura.

    Verifico ogni giorno la rarefazione attorno a me ed io stesso fatico a cammnaredritto e tenermi lontano dalla seduzione del perfido avverbio. Al quale, ob tortocollo, qualche pregio debbo pur riconoscere.

    Diversamente un avverbio mite e ben educato, bussa sempre prima di in-trodursi nei tuoi ragionamenti. Non vuole obbligarti, ma, semmai, invitarti allaprudenza, a non essere precipitosi, eccessivamente perentori, a contemplare una

    diversa sfumatura, una seconda possibilit, un ragionevole dubbio; egli insommaun sublimato di tolleranza e di buona creanza. Riflettere, non abbandonarsi a con-vinzioni eccessive e troppo estreme, non forse un consiglio del saggio? La filosofiailluministica non fu anche una educazione al laico dubbio?

    Come si vede, presupposti storici e culturali non mancano allApologia dellin-distinto; tutti centrati sulluso sagace dellaverbio. Il quale per, diventa nemicoquando clandestinamente ci induce a circondarci di nozioni indistinte ed impru-dentemente ci invita a trascurare i confini tra luna e laltra.

    Luso e labuso del diversamente ci far subdolamente perdere il significato degli

    opposti. Alto e basso, lungo e corto, anteriore e posteriore ecc... ecc... avranno con-torni sempre meno evidenti e noi finiremo per confonderli e sfumarli uno nellaltro;

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    perch ogni opposto si scioglier nel suo reciproco, se ne contaminer partecipandopi o meno dellaltrui natura. In alcuni casi ci sar un male tollerabile, e pensia-mo ad un semplice, diversamente complicato oppure ad un borioso, diversamentemodesto.

    Ma in altri casi il danno sar alla fine incommensurabile. Pensiamo ai tanti op-

    posti che nutrono la Giustizia, la Religione, la Morale pubblica e privata, giusto/ingiusto, oppure onesto/disonesto.

    Senza accorgercene, muteremo i nostri comportamenti sociali e tollereremo do-mani sempre pi e sempre meglio, ci che ieri e laltro ieri non tolleravamo. Averragione equivarr ad avere diversamente torto; ed il furto non sar pi quellappro-priazione indebita che sempre stato ma sar piuttosto un diverso trasferimento dibeni.

    Nulla accade per caso ed lecito sospettare che questo andazzo sia suggerito e

    fomentato da lites interessate, in nome, naturalmente, della prudenza e di un sem-pre pi oculato raziocinio. La confraternita dei medici, per esempio, in nome dellaprevenzione, inviter tutti i sani a considerarsi in realt diversamente malati. Seguirquella degli avvocati che, in nome della legittima suspicione, convinceranno ogniinnocente a considerarsi diversamente reo.

    Tuttavia insisto e resisto. Non sono certo di potermi adattare ad un mondo dimezzi toni, di sfumate verit diversamente distinte, un mondo in cui fidarsi di qual-cosa, concreta od astratta che sia, sar sempre meno facile, perch persino due og-getti uguali potrebbero proiettare ombre disuguali e dunque nemmeno con le om-

    bre potremmo avee confidenza.Colgo per laria un recondito sentore di malafede. Penso male? Qualcuno che se

    ne intendeva disse che peccato per spesso ci si azzecca.Ecco! Sul punto di riporre la penna, chiedo consiglio. La malafede (ma anche la

    buona) come diversamente potrebbero essere chiamate?Perch non ci incontriamo sul sito www.diversamente.org.

    In cauda venenum

    La quota associativa!?

    Vi chiediamo di versarla

    Euro cent

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    Preso e pubblicatoQuella che segue opera dinvolontarie menti cacopediche, che decidiamo di pub-

    blicare senza apportarvi alcuna modifica, a parte lomissione dei nomi degli autori perrispetto delle loro evidenti condizioni psicopatologiche.

    12 - 17 marzo 2007

    Calenzano - (Fi)Pontenuovo, Strada Provinciale Barberinese

    Asineria di Arci AsinoCorso di formazione per operatori

    inATTIVIT ASSISTITADALLASINO

    (onoterapia)

    Come utilizzare lAsino nelle attivit ludiche, didattiche, terapeutiche.LAsino come partner di mediazione nella relazione.

    LAttivit Assistita con lAsino una pratica equestre che utilizza lasino comestrumento terapeutico e si concretizza in un complesso di tecniche di educazionee rieducazione mirata ad ottenere il superamento di un danno sensoriale, motorio,cognitivo, affettivo e comportamentale.

    Un approccio dalle infinite potenzialit che si propone come co-terapia funzionan-do da acceleratore delle acquisizioni, dellefficacia e dei risultati di altre terapie.

    Corso di formazione per operatori

    in Attivit Assistita dallAsino

    (onoterapia)

    ANONIMO

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    43 - La Serpe

    una tecnica che sta attirando lattenzione di molti specialisti e la considerazio-ne di numerosi centri terapeutici. Riprende il concetto di pet, animale daffezio-ne, e si rivolge ad unutenza che spesso esprime un disagio o un malessere sul pianodelladattamento, della socializzazione, del comportamento, dellaffettivit.

    un metodo attivo, che non permette mai di restare passivi o di isolarsi. Lasino, perle sue caratteristiche: morbido, disponibile e affettuoso, svolge un ruolo fondamentale.Listituirsi di un sistema di comunicazione asino-utente-operatore, crea un contesto edu-cativo ed evolutivo in un ambiente gradevole, ricco di stimoli, a contatto con la natura.

    LAttivit Assistita con lAsino, per la natura stessa dellanimale, per la specificafunzione di facilitatore delloperatore, per la metodologia dapproccio, ha la capa-cit di ridare fiducia, di rimettere in moto i sentimenti e il piacere della comunica-zione emotiva. Possono trovare vantaggio dallAttivit Assistita con lAsino persone

    sole, cardiopatici ed ipertesi, bambini ed anziani, malati psichiatrici e tossicodipen-denti, detenuti, sieropositivi, audiolesi e non vedenti. Persone con problemi di an-sia, stress, accettazione, disarmonia emotiva. Con problemi della personalit e dellosviluppo. Dalla forma pi lieve di instabilit emotiva allautismo.

    Disturbi dellattenzione, del sonno, dellalimentazione, dellaggressivit, dei livelli di atti-vit e di eccitabilit sono spesso una risposta a uno stato emotivo di malessere, sono il sinto-mo di un disagio, sono la reazione a dinamiche educative poco funzionali e/o inadeguate.

    Lattivit con lasino ci aiuta a recuperare una comunicazione autentica, sempli-ce, profonda, basata sulla corporeit, sulla spontaneit, sul gioco. Si gioca insieme

    in un ambiente sereno, divertente, affettivo, dove la presenza dellasino crea costan-temente situazioni buffe, divertenti, nuove, stimolanti.

    Nella relazione utente-asino si instaura un importante canale di contatto corporeoattraverso il quale si acquisisce controllo e fiducia di s, si favorisce un arricchimen-to sensoriale ed emotivo, si stimola una riorganizzazione delle strutture psichichein un clima relazionale che permette di lasciarsi andare. Lasino un animale moltoadatto allo scopo, grazie al temperamento docile, alla sua intelligenza e memoria.

    LAssociazione Sinergie Progetto Asinomania, forte dellesperienza accumula-

    ta in anni di attivit, intende realizzare un servizio innovativo, integrato sul territo-rio, in grado di garantire ai bambini ed agli adulti in difficolt, la fruizione completadel diritto alla riabilitazione ed allintegrazione.

    Gli iscrittiIl corso indirizzato: - a tutti coloro che amano gli Asini; - a chi desidera realizza-

    re una attivit nuova e particolare; - a coloro che progettano un cambiamento nellapropria vita; - a chi cerca tranquillit, pace e vuole procedere a passo dAsino; - afigure professionali di diversa estrazione:

    animatori, conduttori di gruppo, educatori, operatori sociali, volontari, inse-gnanti, medici, psicologi, infermieri, fisioterapisti, agricoltori, asinieri

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    FinalitPermettere ad ognuno di chiarire a se stesso i propri progetti e ci che intende costruire

    con lasino. Acquisire competenze tecnico-teoriche e sviluppare abilit sul piano pratico.

    Direttore del corso(omissis) Psicologo analista, Direttore del centro di AsinomaniaPresidente del Consorzio Nazionale Allevatori di Asini (Coldiretti)

    DurataDurata del corso in ore 54, dal luned 12 marzo al sabato 17, ore 9,00- 19,00.

    DestinatariNumero complessivo destinatari 20.

    Con priorit per residenti nella provincia di Firenze e Prato.

    Infoline:Assoc. Pantagruel 055 473070 - Assoc. Arci Asino Castello 348 9384829

    E-mail: [email protected] - [email protected] - www.arciasino.org

    Prezzo di partecipazione 650,00 euroLa quota include: prima colazione e pranzi

    Prenotazione 200,00 euro tramite bonifico bancario a:(omissis). Conto banco posta n. (omissis)

    da:Psicologia cacopedica, 2009, pag. 73-75. Direttore: PRATI Matteo.

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    SILVIANOFIORATO

    Mi presento: io sono un ignorante; pi cerco di sapere e pi annego nella consa-pevolezza della mia ignoranza.

    Ci vale per tutto, ma ancora di pi per le domande e le risposte circa la nostraesistenza: persone, animali, minerali e piante; aria e cielo stellato.

    La filosofia, la scienza, le religioni si sono rotte le corna a scervellarsi: sono riuscite apercorrere pochi millimetri sulla strada infinita delle ipotesi o hanno ripiegato sulle fedi.

    Allora ho cercato semplicemente di prendere appunti lungo il percorso dellavita, guardandomi in giro; come avevo visto fare, quandero bambino, certi uominimolto attenti a scrivere sul taccuino nelle campagne della Liguria; forse erano ge-ometri che prendevano misure delle strade, io neanche quello so fare. Ma scriverepensieri, magari strampalati, mi sempre piaciuto; cos ecco qui, dopo il primoZibaldino questo secondo. E anche ultimo.

    Spesso il principio giusto, ma la fineche sbagliata: sarebbe forse meglio sbandiera-

    re meno qualche principio e pensare un po dipi alle conseguenze finali. (1976)

    Mi sento come un vecchio autobus: porta lagente qua e l, poi resta vuoto. Una volta per neho visto uno in mezzo ai campi; avevano tolto leruote, messo le tende a quadri biancorossi ai fine-strini e sul tetto vasi di geranio; bambini giocava-

    no scherzando. Da un vetro spuntava un camino,un filo di fumo verso il cielo. (1977)

    Come i soldati romani ai piedi della crocesiamo ben sicuri che Lui non scender: abbia-mo fatto di tutto per inchiodarlo cos saldamen-te che sar davvero impossibile. (1989)

    La preghiera potrebbe solamente consistere nel

    sentirsi presenti davanti a Dio senza tante parole:colloquiare in silenzio col suo silenzio. (1989)

    * libri nostri *

    Zibaldino Secondo

    pensieri alla rinfusa di un cristiano relativista

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    Fu come se si rendesse conto per la prima volta di non essere pi giovane.Altrimenti non si sarebbe sentito cos fiacco e cadente. Doveva avere almenoottantanni, forse molti di pi. Come mai non se nera accorto prima? Forse era col-pa di quel pensiero rimastogli ossessivamente fisso, come cristallizzato nel cervello,ad avergli impedito di avvertire il tempo che fuggiva veloce fino a portarlo agli estre-mi limiti della vecchiaia. O forse la sua vita era durata solo pochi secondi. Se la vide

    scorrere impietosa in tanti piccoli fotogrammi che gli passavano in bianco e nerodavanti agli occhi. Tent di fermarne qualcuno prima con lo sguardo poi addiritturacon le mani che gli tremavano, ma non vi riusc. Era come cercare di raccogliere trale dita aperte lacqua tumultuosa di un fiume. Rivide appena quella che credeva fossesua madre sul letto di morte mentre i becchini se la portavano via e un uomo, forsesuo padre, anche lui morente, che muoveva appena le labbra senza emettere voce.Infine una figura didonna che lo tenevain braccio piangente.

    Poi arriv lultimaimmagine, un po pigrande e meno sbia-dita delle altre, conil volto della donnache immaginava diavere amato, ma chenon era mai stata sua

    e che forse non eramai esistita davvero.Forse la donna nonera che un sogno,come ogni altra cosa,o addirittura una suainvenzione, un dispe-rato bisogno di amo-re mai realizzato. Si

    sforz inutilmente diricordare se ci fosse

    Quando la vita sognoMARIOVENTURA

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    stata una qualche storia tra loro, magari interrotta da chiss quale banale o tragicoevento. Ma per quanti tentativi facesse non riusciva a far emergere nulla di concre-to. Eppure doveva essere proprio lei la figura di donna che aveva pi volte intravistoallalba nel dormiveglia, attraverso le tenui luci che filtravano dalle persiane. Mache fatica tentare di ricordarla adesso che non aveva quasi pi forze neppure per

    pensare!Poi, in un bagliore improvviso, riusc a vederla! Doveva essere destate perch in-

    dossava un abito bianco senza maniche che lasciavano libere le braccia abbronzate eben tornite. Sforzandosi, poteva quasi toccarla e, con fatica, prov pi volte a farlo,ma non vi riusc. Si sentiva come paralizzato, o era lei che ad ogni suo movimento siritraeva. Rimase perplesso a guardarla. Una luce sempre pi viva le indorava il visoma il suo sorriso era triste e lontano. Lui avrebbe voluto parlarle, dirle che le volevabene, ma non ricordava nemmeno il suo nome, anche se dun tratto gli sembr di

    avvertire il profumo delle rose che lei forse coltivava nel suo piccolo giardino. Poilimmagine si fece sempre pi confusa fino a scomparire del tutto nellombra incertadel mattino.

    Adesso era solo davvero e non poteva far altro che pensare a se stesso. Si guardle mani. Erano ossute, chiazzate di macchie scure, con le vene bluastre fittamenteintrecciate e rigonfie. Si tolse la camicia e si guard allo specchio. I muscoli eranoflaccidi sotto la pelle avvizzita che gli segnava le braccia di un fitto reticolo di minu-scole rughe, mentre le costole em