L’ARTE DURANTE I REGIMI TOTALITARI Arte e Fascismo · Arte e Fascismo Benito Mussolini conquistò...

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1 STORIA CONTEMPORANEA L’ARTE DURANTE I REGIMI TOTALITARI Manifesto per la prima Esposizione Internazionale d’Arte cinematografica alla XVIII Biennale di Venezia, 1932. Tra arte di regime e opposizione: il caso di Corrente Nel corso degli anni Trenta in Italia l’ala più a destra del Fascismo, capeggiata da Roberto Farinacci, avviò il progetto di un’attività artistica direttamente ispirata agli ideali del regime. A tale scopo venne istituito il Premio Cremona (1939-1941), partecipando al quale gli artisti erano obbligati all’anonimato e dovevano affrontare temi quali “Auscultazione alla radio di un discorso del Duce”, “La battaglia del grano”, “La gioventù italiana del Littorio”. L’ala più illuminata del Fascismo, capeggiata da Bottai, diede segni di tolleranza appoggiando ufficialmente il più aperto Premio Bergamo (1939-1942). Nella sua ulti- ma edizione fu premiata una provocatoria Crocifissione (1941) di Renato Guttuso (1912-1987). Formatosi in Sicilia, nel 1931 Guttuso si era trasferito a Roma dove, in quell’anno, espose alla Prima Mostra Quadriennale che era stata inventata come contrappun- to italiano alla Biennale di Venezia, di impronta interna- zionale. Nel biennio 1935-1937 Guttuso visse a Milano, a contatto con artisti come Renato Birolli e Giacomo Manzù. Dal 1940 fu membro del Partito Comunista e partecipò attivamente a Corrente, il gruppo nato nel 1938 intorno a una rivista di opposizione al regime fondata da Erne- sto Treccani. A Corrente parteciparono artisti in cerca di un’alternativa all’estetica di Novecento, ma anche, a ri- prova del fermento che animò il movimento, filosofi della scuola milanese: Enzo Paci, Dino Formaggio, Giulio Pre- ti, Luciano Anceschi. La rivista fu soppressa nello stesso 1940, ma il gruppo restò compatto per qualche tempo grazie all’impegno del mecenate Alberto della Ragione. Arte e Fascismo Benito Mussolini conquistò il potere nel 1922, Adolf Hitler nel 1933. Era stata la mobilitazione politica dei reduci della guerra a nutrire i partiti a vocazione totalitaria. La Grande Guerra era stata il primo conflitto di massa e i regimi autoritari che ne derivarono ebbero un dato comune: la sottomissione dell’individuo alla collettività, che tendeva a identificarsi in capi carismatici. Il consenso delle folle era ottenuto con precise strategie di propaganda: per l’allestimento di parate, manifestazioni, comizi furono stanziate enormi risorse e convocati i migliori scenografi. Arte, architet- tura, grafica, e in generale le immagini e la comunicazione visiva, diventavano aree privilegiate di intervento. Mussolini e il suo ministro della cultura Giuseppe Bottai continuarono a sopportare il Futurismo senza censurarlo, ma lo isolarono in favore del gruppo Novecento. Alla pittura, del resto, il regime preferì l’arte del cinema, a cui, dal 1932, venne dedicata la Mostra del Cinema, presso il Lido di Venezia, come articolazione della Biennale. Quanto a quest’ultima, nel 1942 venne dedicata solo alla cultura militare e per tutti gli anni Trenta per- se il suo carattere realmente internazionale.

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Page 1: L’ARTE DURANTE I REGIMI TOTALITARI Arte e Fascismo · Arte e Fascismo Benito Mussolini conquistò il potere nel 1922, ... Guttuso dichiara il suo debito a Picasso e accomuna i due

1 STORIA CONTEMPORANEA

L’ARTE DURANTE I REGIMI TOTALITARI

Manifesto per la prima Esposizione Internazionale d’Arte cinematografica alla XVIII Biennale di Venezia, 1932.

Tra arte di regime e opposizione: il caso di CorrenteNel corso degli anni Trenta in Italia l’ala più a destra del Fascismo, capeggiata da Roberto Farinacci, avviò il progetto di un’attività artistica direttamente ispirata agli ideali del regime. A tale scopo venne istituito il Premio Cremona (1939-1941), partecipando al quale gli artisti erano obbligati all’anonimato e dovevano affrontare temi quali “Auscultazione alla radio di un discorso del Duce”, “La battaglia del grano”, “La gioventù italiana del Littorio”.

L’ala più illuminata del Fascismo, capeggiata da Bottai, diede segni di tolleranza appoggiando ufficialmente il più aperto Premio Bergamo (1939-1942). Nella sua ulti-ma edizione fu premiata una provocatoria Crocifissione (1941) di Renato Guttuso (1912-1987).Formatosi in Sicilia, nel 1931 Guttuso si era trasferito a Roma dove, in quell’anno, espose alla Prima Mostra Quadriennale che era stata inventata come contrappun-to italiano alla Biennale di Venezia, di impronta interna-zionale. Nel biennio 1935-1937 Guttuso visse a Milano, a contatto con artisti come Renato Birolli e Giacomo Manzù.Dal 1940 fu membro del Partito Comunista e partecipò attivamente a Corrente, il gruppo nato nel 1938 intorno a una rivista di opposizione al regime fondata da Erne-sto Treccani. A Corrente parteciparono artisti in cerca di un’alternativa all’estetica di Novecento, ma anche, a ri-prova del fermento che animò il movimento, filosofi della scuola milanese: Enzo Paci, Dino Formaggio, Giulio Pre-ti, Luciano Anceschi. La rivista fu soppressa nello stesso 1940, ma il gruppo restò compatto per qualche tempo grazie all’impegno del mecenate Alberto della Ragione.

Arte e FascismoBenito Mussolini conquistò il potere nel 1922, Adolf Hitler nel 1933. Era stata la mobilitazione politica dei reduci della guerra a nutrire i partiti a vocazione totalitaria. La Grande Guerra era stata il primo conflitto di massa e i regimi autoritari che ne derivarono ebbero un dato comune: la sottomissione dell’individuo alla collettività, che tendeva a identificarsi in capi carismatici. Il consenso delle folle era ottenuto con precise strategie di propaganda: per l’allestimento di parate, manifestazioni, comizi furono stanziate enormi risorse e convocati i migliori scenografi. Arte, architet-tura, grafica, e in generale le immagini e la comunicazione visiva, diventavano aree privilegiate di intervento.Mussolini e il suo ministro della cultura Giuseppe Bottai continuarono a sopportare il Futurismo senza censurarlo, ma lo isolarono in favore del gruppo Novecento. Alla pittura, del resto, il regime preferì l’arte del cinema, a cui, dal 1932, venne dedicata la Mostra del Cinema, presso il Lido di Venezia, come articolazione della Biennale.Quanto a quest’ultima, nel 1942 venne dedicata solo alla cultura militare e per tutti gli anni Trenta per-se il suo carattere realmente internazionale.

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2 STORIA CONTEMPORANEA

La Crocifissione di GuttusoNella Crocifissione, che di Corrente fu il massimo momento espressivo e che segnò un punto fonda-mentale nella reazione al Novecento Italiano, notiamo come l’impegno civile si esprima in termini formali attraverso il rinnovamento di una scena sacra tradizionale.L’impianto dell’opera è quadrato e non si spinge in verticale come voleva la tradizione: la crocifissione resta, cioè, un atto di prepotenza umana più che un momento di manifestazione divina.Citando esplicitamente Guernica nella testa ritorta del cavallo in primo piano, Guttuso dichiara il suo debito a Picasso e accomuna i due tragici eventi; la nudità di tutti i personaggi accentua la novità ico-nografica e la drammaticità della scena, sottolineata anche dai toni rossi e comunque accesi del colo-re, dall’incrociarsi concitato delle linee, dallo scorcio che pone Cristo, uomo umiliato tra gli altri, dietro il primo ladrone di spalle, e ancora dall’affollarsi rumoroso dei personaggi in una scena dipinta non nel “dopo”, come nell’iconografia classica, ma nel “durante” dell’azione, come attestano gli attrezzi in primo piano.

R. Guttuso, Crocifissione, 1941. Olio su tavola, 200x200 cm. Roma, Galleria Nazionale d’Arte Moderna.Esposto alla quarta edizione del Premio Bergamo (1942), il quadro suscitò polemiche e accuse di blasfemia che fecero guadagnare all’autore l’appellativo di “pictor diabolicus”.

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3 STORIA CONTEMPORANEA

Arte e NazismoA differenza di Mussolini, Adolf Hitler aveva nei confronti dell’arte un’attenzione precisa: sognava di diventare pittore e architetto, ma fu bocciato più volte all’esame di ammissione all’Accademia di Vienna. Giunto al potere, si scagliò contro la “pseudoarte” moderna, di cui non era riuscito a diventare un protagonista.Nei suoi discorsi accusava il Cubismo, il Dadaismo, il Futurismo e anche l’Impressionismo, perché alla base di questi movimenti, nati su suolo straniero, stava una concezione della vita antieroica, che sminuiva l’originario vitalismo germanico: a parer suo l’arte, come lo sport, doveva rappresentare un tipo fisico ariano, rigettando ogni deformità e ogni sperimentalismo tecnico per rendere le immagini più comprensibili alla massa.

L’architettura di Albert SpeerDominato dalla passione per l’architettura, Hitler passava intere giornate con il giovane architetto Albert Speer (1905-1981), al quale aveva affidato il progetto per la trasforma-zione urbanistica di Berlino: grandi viali per consentire trionfali parate militari e un’immensa residenza personale che dominava la città, arricchita con giardini pensili, laghi artificiali e cupole dorate. La più vasta cupola avrebbe do-vuto accogliere 130 000 persone per le cerimonie ufficiali; con i suoi 250 metri di altezza avrebbe superato ogni al-tro edificio circostante; il suo diametro sarebbe stato sette volte quello della cupola di San Pietro a Roma; al suo in-terno si sarebbero generate nuvole dall’evaporazione del fiato della folla; l’unico problema sarebbe stato trovare al Fürher una collocazione abbastanza evidente da non farlo sembrare piccolissimo nell’immensità del locale.Dei piani di Speer venne realizzato solo lo Stadio di No-rimberga, e per metà: la guerra bloccò i lavori che invece nell’Italia fascista, progettati su scala meno monumentale, condussero alla realizzazione quasi completa della cosid-detta Terza Roma all’Eur e del suo centro, il Palazzo della Civiltà Italiana. 1. Speer mostra a Hitler i progetti per Berlino.

2. Modello dello “Stadio tedesco” di Norimberga.

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4 STORIA CONTEMPORANEA

La Mostra dell’Arte degenerataI musei tedeschi furono spogliati dal Nazismo delle opere cubiste, astrattiste, dadaiste, espressioniste. Vennero prelevati seimila tra quadri e sculture, in parte destinati al rogo, in parte venduti all’a-sta in Svizzera e da qui giunti in molti casi nei musei internazionali.Il programma culminò con la Mostra dell’Arte degenerata che aprì a Monaco nel 1937. Essa fu inaugurata da un lungo discorso di Hitler ed espose, con intento denigratorio, seicento opere se-questrate ai musei e destinate alla distruzione. Nella mostra le opere erano accompagnate da scritte dispregiative e anche da un’indicazione del prezzo, altissimo, che i musei avevano pagato agli “speculatori ebrei”. L’apertura ebbe luogo il giorno dopo l’inaugurazione di una Grande Rassegna d’Arte Germanica che esponeva opere gradite al regi-me.Per un effetto indesiderato e destinato a diventare un boomerang, la Mostra dell’Arte degenerata attirò un pubblico tre volte più vasto di quella dedicata all’arte ufficiale: la sua apertura dovette essere prolungata e per mesi folle raccolte in file ordinate attesero ore per vederla, attirate anche dallo scandalismo per il quale essa era stata vietata ai più giovani. Si trattò inoltre della prima mostra itinerante d’Europa, a proprio modo esportatrice di un modello: tra le sedi toccate ci furono Berlino, Düsseldorf, Francoforte, Amburgo, Salisburgo, Vienna entro il 1941.Il pubblico complessivo fu il più vasto mai raccolto fino ad allora da una mostra: più di un milione di persone. Il risultato fu un’enorme pubblicità all’estetica “degenerata”, pronta a diffondersi ovunque solo pochi anni dopo, a Nazismo finito.

Visitatori della Mostra dell’Arte degenerata.