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L’ORO CHE PORTÒ ALCOLPO DI STATO

VITO CARLO SPERONI

INTRODUZIONE

Carlos Vittorio De Espero era un agente dei servizisegreti, si era dimesso dopo la missione in Iraq, doveaveva operato nelle zone di Bassora, Baghdad eKirkuk conducendo missioni dette di “attività sulterreno” per la ricognizione e individuazione diobiettivi militari.Dopo l’ultima missione aveva deciso di prendersi unperiodo di riposo nella sua villa in Toscana, situata adue chilometri da Gabbro, frazione del comune diRosignano Marittimo in provincia di Livorno ,costruita su un crinale con una splendida vista sullabaia del Quercetano (Castiglioncello) una delle piùbelle e suggestive località turistiche Italiane.

Immersa in un parco dove spiccano le conifere comeil cipresso, il pino marittimo e il pino domestico , fucostruita nel 1100 come torre, ampliata nel 1800 conuna superficie di 580 metri quadrati e ristrutturatadefinitivamente da Carlos.

Nella corte è situato un porticato coperto affacciatosulla vallata, al piano terra un bel soggiorno confocolare, studio e veranda chiusa da vetrate, al primopiano soggiorno con caminetto, cinque camere conaltrettanti bagni e nell’ampia torretta una camera conun bagno.

Sotto la torre aveva fatto costruire un bunkerautonomo rispetto al resto della villa conun’estensione di circa duecento metri quadrati econteneva: la palestra fornita di tapis roulant, panca

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multi funzione, vogatore e spinbike, la cucina, unacamera da letto, locale per telecomunicazioni concollegamenti sia satellitari che via cavo, bagno, unripostiglio con viveri per almeno un mese e unacamera blindata con archiviate le informazionidettagliate di tutte le operazioni svolte nel corsodegli anni. E per finire l’armeria che era un vero eproprio arsenale. Armadi blindati contenevanonumerose pistole semiautomatiche, una carabina , duefucili Kalashnikov modello AK47, tre fucilisemiautomatici , un fucile mitragliatore d’assalto euna carabina Mauser modello 24, più centinaia dicaricatori e migliaia di cartucce.

La mattinata di Carlos era dedicata alla palestra, dueore di corsa sul tapis roulant, per poi passare allapanca per circa un’ora e per finire mezz’ora dispinbike, l’ultima tappa era il poligono di tiro che sitrovava sotto la cantina e si raggiungeva attraversoun passaggio segreto.SABATO 8 DICEMBRE

La neve copriva la valle, Carlos rabbrividì. Dopo ilgiro di ronda che faceva ogni sera nonostante la villafosse protetta da sistemi di allarmi sofisticatissimi, siavviò verso la veranda. Appoggiò il giubbotto suldivano, inserì la sicura nella semiautomatica, aprì ilfrigo cantina e stappò una bottiglia di Cartizze , loversò nel calice, chiuse gli occhi, avvicinò ilbicchiere alle labbra e si apprestò a gustare quelnettare… si bloccò, il telefono stava squillando.Appoggiò la coppa sul tavolino e rispose.

Si salutarono, era Giorgio.

«Ho un lavoro da proporti.»

«Di cosa si tratta?»

«Non al telefono, se ti interessa domani sera alle

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venti e trenta trovati all’aeroporto di LuccaTassignano, ti aspetta un jet privato pronto aldecollo, nella valigetta che ti consegnerà ilcomandante troverai tutte le indicazioni , seaccetterai il pilota ti porterà a destinazione.»

«Ok, ci penserò.»

Aveva già deciso, l’azione gli mancava e a Giorgionon poteva dire di no. Ci voleva un brindisi, aprì unanuova bottiglia di Cartizze e la gustò fino all’ultimagoccia.

Carlos Vittorio De Espero era tornato in azione.

PRIMO EPISODIO

Erano le sei del mattino, Carlos si sentiva in perfettaforma. Scese di corsa le tre rampe di scale che dallatorre portavano al bunker , aprì la porta blindataappoggiando la mano sul dispositivo biometrico,oltrepassò l’archivio, l’armeria, la palestra e lacucina. Arrivato nella sala comunicazioni inviò unmessaggio criptato. Ritornò nell’armeria, presecinque caricatori da quindici colpi e il telefonino consim non rintracciabile, inserì l’allarme e si avviòverso la villa.

L’ora della partenza si avvicinava, aprì l’armadio amuro della sua camera prese un maglione neropantaloni grigi e giacca blu, infilò nella borsa lasemiautomatica , ricambi per qualche giorno e avvisòla governante Teresa della sua partenza.

Arrivato a Lucca posteggiò la sua Jeep nel garagedell’aeroporto e si recò nel ristorante Da Cecco,cenò e dopo circa un’ora si avviò verso l’areariservata ai voli privati.

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L’ hostess era ad attenderlo : « Sono Carlos.»

« Prego venga l’accompagno all’aereo.»

Il comandante lo fece accomodare e gli consegnò laborsa, Carlos guardò le indicazioni e inviò ilsecondo messaggio a Beatrice con scritto “Milano”.

Frattanto nella cabina di pilotaggio il comandantefece una chiamata: «Arrivo stimato 21:45.» Eriattaccò.

Alle sei e trenta Beatrice fu svegliata dalla suoneriadel telefonino, lesse il messaggio, scese dal letto edentrò nella doccia. Dopo una colazione veloce sipreparò per uscire. In un borsone infilò il minimoindispensabile e si avviò verso l’aeroporto di Pisacon la sua Freemont 4x4.

Era una dipendente dei servizi addetta alladecrittazione dei messaggi, aveva conosciuto Carlossul lavoro ed erano rimasti in contatto anche quandolui se n’era andato. Carlos dopo aver lasciatol’agenzia per motivi personali, le aveva offerto dientrare in società con lui, aveva accettato senzaesitazioni.

Verso mezzogiorno era all’aeroporto, al bar ordinòun panino, si accomodò su una poltrona e attese conpazienza la chiamata che ricevette verso le venti etrenta, dopo aver letto il messaggio si avviò al checkin e prenotò un volo per Milano.

***Per gli addetti al controllo delle comunicazioni diFort Meade, sede della National Security Agency erala solita giornata di routine, tutte le chiamate e imessaggi scambiati nel mondo erano analizzati e secontenevano frasi sospette venivano segnalate alcentro operativo di Langley, sede della CIA.

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Quando alle sedici ora locale sulla consolle apparveper la seconda volta il nome di Carlos l’addetto alzòil telefono e compose il numero di Mason il direttoredella CIA.

«Sono stati inviati due messaggi criptati dalle utenzedi Carlos.»

«Quando?»

«Alle sei e trenta e alle venti e trenta ora italiana,uno dalla sua abitazione e uno da Lucca.»

«Il contenuto?»

«Fra trenta minuti le farò avere i messaggidecriptati.»

Un’ora dopo il direttore alzò il telefono e fecel’interno del servizio operativo.

«Carlos è tornato in azione, si sta spostando aMilano , voglio sapere con chi si deve incontrare,priorità assoluta.»

«Avvisiamo i nostri agenti in Italia.»

«Tenetemi informato su tutto, anche per le cose piùinsignificanti, se fa pipì fuori dalla tazza lo vogliosapere.»

«Sì signore.»

Venerdì 7 dicembre, nella suite del lussuoso hotelDrumondì, affacciato sulla piazza del Duomo aMilano, erano riunite dieci persone, Giorgio prese laparola.

«La situazione economica del nostro paese è a unpasso dal baratro, una parte consistente dellapopolazione non ha un reddito sufficiente perarrivare a fine mese, i poveri sono oltre quattromilioni, la disoccupazione è al trenta per cento,

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centinaia di fabbriche ogni giorno chiudono e i nostripolitici cosa fanno? Pensano solo ai loro interessi e ariempirsi le tasche, è una situazione ingovernabile,bisogna intervenire prendendo in mano le redini delpaese. E’ venuto il momento di rispettare la volontàdei nostri genitori, morti nel 1945 in azioni diguerra.» Lesse:

Abbiamo servito fedelmente il nostro Paese e il Duce,abbiamo combattuto per l’ideale di una Patria fondata sulrispetto reciproco, sulla famiglia, sul lavoro, sulla difesa delnostro territorio e sul mantenimento delle nostre tradizioni,ricordatevi di imparare dal passato per guardare al futuro.Figlioli, noi non possiamo fare più nulla per il nostro Paese,voi invece potete fare molto, i vostri nonni vi guiderannosulla giusta via, rispettateli e ubbiditegli senza riserve. Lacontrapposizione tra comunismo e fascismo continuerà perdecenni e se un giorno questo porterà allo sfascio economico epolitico, recuperate la busta depositata dall’avvocato Karl inuna banca di Lugano. Diffidate di chiunque, sono in molti avolere quelle informazioni e saranno disposti a tutto. Nondimenticateci, i vostri genitori.

Un attimo di pausa e poi continuò.« E’ venuto ilmomento di recuperarla, domani sera chiameròCarlos, l’unico in grado di aiutarci e soprattutto èl’unico di cui ci possiamo fidare. Marco, se accetteràsarà compito tuo andare a prenderlo all’aeroporto.»

Giorgio lo conosceva da quando era uscito daiservizi segreti militari ed aveva aperto un’agenzia dispionaggio civile. Specializzata nell’ottenere,mettere insieme e analizzare informazioni. Tutti i“lavori” che gli aveva commissionato erano statisvolti con professionalità, efficienza e segretezza.

«Ok Giorgio, ci penso io.»

«Per oggi è tutto, la prossima riunione si terràvenerdì alla stessa ora.»

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L’aereo atterrò all’aeroporto di Linate in perfettoorario e quando Carlos scese dalla scaletta trovòMarco ad attenderlo.

«Ben arrivato, ho prenotato una camera in albergo.»

«Preferisco che mi porti alla fermata dei taxi, perquestioni di sicurezza vorrei muovermi a modo mio.»

«Ok».

Scese dalla macchina e salì sul taxi.

«Dove la devo portare?»

«In via Podgora 22.»

Carlos attraverso intermediari delle Cayman avevaacquistato monolocali in varie città: Milano, Roma,Londra, Parigi, Ginevra, New York, gli servivanocome appoggio nelle varie missioni, in ogniappartamento vi era il necessario per garantire lasopravvivenza in caso di necessità, documenti falsi,vestiti, armi, denaro.

Il monolocale si trovava in uno stabile anni sessantaall’ultimo piano. Appena entrato aprì l’acqua delbagno prese una bottiglia di Cartizze lo mise in unsecchiello pieno di ghiaccio e lo appoggiò vicinoalla vasca, si immerse nell’acqua calda esorseggiando il vino incominciò a rilassarsi, il sonnostava prendendo il sopravvento quando arrivòBeatrice.

«Diventi vecchio amore mio.»

«Beatrice, ero distrutto.»

«Non prendere scuse.»

La prese tra le braccia, le scompigliò i capelli, labaciò a lungo e la trascinò nella vasca.

Erano le sei del mattino quando il telefono di Carlos

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squillò:«Pronto.»

«Ciao, sono Giorgio, ci possiamo vedere a pranzo?»

«Sì, ma non potevi chiamarmi più tardi, stanotte hodormito poco.»

«Immagino, salutami Beatrice.Ci troviamo alristorante “Da Gigino” alle tredici.»

«Beatrice», disse Carlos, «i servizi non cimetteranno molto a scoprire che siamo a Milano enon voglio bruciare questa copertura, ci trasferiamoin albergo, prendi i documenti falsi dalla cassaforte.»

Misero il minimo indispensabile in un borsone,salirono sull’autobus della linea 84 fino a largoAugusto, li presero un taxi e si fecero portare in unalbergo vicino alla fiera, si registrarono comeCorrado Rossi e Giulia Rota.

Alle tredici erano all’ingresso del ristorante che sitrovava sui Navigli, la sua specialità era pesce dimare, al cameriere che gli chiedeva se avevaprenotato rispose che era atteso dal dottorGiorgio:«Venga, l’accompagno.»

«Ciao Carlos, ciao Beatrice è un piacere rivedervi,accomodatevi, vi faccio portare del vino?»

«Sì, grazie, del Cartizze.»

«E tu Beatrice.»

«Anche per me, grazie.»

«Carlos, ti vorrei parlare del lavoro per il quale ti hoingaggiato.»

Gli raccontò tutto senza tralasciare nulla.

«Recuperami la busta e venerdì quando ci vedremo,decideremo insieme se e come proseguirel’operazione.»

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«Va bene ,ti recupero la busta.»

Rientrati in albergo pianificarono il viaggio inSvizzera e decisero di andare a Lugano in treno,prenotarono su Internet per due giorni dopo, partenzaalle ore undici dalla stazione centrale, arrivo alledodici e dieci.

***

Ryan, responsabile della CIA presso il consolatoamericano a Milano era in attesa di informazioni, incuor suo sperava che Carlos fosse lontano , avevagià avuto a che fare con lui e ricordava benissimo lafiguraccia che rischiò di troncagli la carriera.

Le informazioni arrivarono: Carlos era atterrato aLinate con un aereo privato noleggiato da unafinanziaria Belga, era ad attenderlo una persona nonidentificata che guidava una macchina noleggiata dauna società Svizzera, e da quel momento di lui non cisono più tracce, nessun albergo aveva registrato ilsuo arrivo.

«Attivate tutte le forze disponibili, deve esseretrovato, solo se necessario avvertite i serviziitaliani.»

***Arrivarono a Lugano puntuali alle dodici e dieci,scesero da due vagoni diversi, Beatrice entrò nelbagno della stazione e la persona che ne uscì erairriconoscibile:aveva messo una parrucca nera,minigonna, calze a rete, scarpe con tacchi a spillo ela scollatura non lasciava dubbi all’immaginazione,il cappotto era lungo e aperto sul davanti, i vestitiche portava all’arrivo li mise in un sacchetto e libuttò nella spazzatura poi prese un taxi con direzionelungo lago.

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Carlos entrò in un bar, ordinò un caffè, uscì pocodopo e salì anche lui su un taxi dando indicazioniall’autista di portarlo in via Trevisago, che sitrovava subito dopo la banca.

Beatrice era seduta sopra una panchina sotto glisguardi affascinati dei passanti, quando vide arrivareCarlos si alzò ed entrò nella banca Schultz che sitrovava lì vicino. Carlos attraversò la strada, cercòun posto appartato con la visuale sull’istituto dicredito e attese.

All’impiegato chiese del direttore e nell’attesa simise a leggere un depliant della banca, dopo qualcheminuto una voce la scosse:«Signora, sono Simon ildirettore.»

Gli occhi non si staccavano dal seno prosperoso,Beatrice sorrise.

«Devo aprire una cassetta di sicurezza.»

«Posso avere il codice.»

«Eccolo.»

«La faccio attendere un attimo, devo fare unaverifica.»

Il direttore entrò nel suo ufficio inserì il codice nelcomputer, la cassetta era stata richiesta nel 1945 e ilcosto del deposito pagato regolarmente, era stataaperta una sola volta nel ’47 e da allora nessuno siera più presentato.

Sotto le informazioni una scritta lampeggiante: ognirichiesta di apertura della cassetta deve essereautorizzata dal presidente.

Alzò il telefono e fece l’interno«Mi scusi se ladisturbo, chiedono l’apertura di una cassetta che habisogno della sua autorizzazione.»

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«Dammi il numero del codice.»

«Tr 244536 vtrc 22 cv 289013564.»

«Aspetta che scendo, ci penso io.»

Prima di scendere fece una chiamata:«Ciao, hannorichiesto l’apertura di una cassetta richiesta nel 45.»

«Voglio sapere cosa contiene, forse è quello che miopadre cercava.»

«Vedo cosa posso fare.»

«Trattienili il più possibile, ho degli uomini lìvicino, il tempo di avvertirli.»

«Va bene, ma sono stufo di toglierti le castagne dalfuoco, se tuo padre non si fosse fatto fregare da diecifascisti invasati, non saremmo a questo punto.»

«Devo ammettere che hai ragione e come mi disse ,“sono tutti morti con onore”.»

«Bando alle ciance, datti da fare.»

Chiuse la comunicazione e scese nel salone:«Buongiorno signora, con chi ho l’onore diparlare?»

«Sono Giulia Rota, abito a Milano e devo aprire lacassetta, ci sono problemi!»

«Certo che no, sono il presidente e l’accompagnopersonalmente.»

«Che onore.»

Carlos vide arrivare due SUV che si fermaronovicino all’entrata della banca, scesero quattro uominitre si misero vicino all’entrata e uno restò accantoalle auto. Erano tutti armati il rigonfiamento sotto ilgiaccone ne era la prova, che cosa intendevano fare?

Prese il telefono e chiamò Beatrice.

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«Ci sono problemi cercherò di creare un diversivo.Sganciati fra una mezzora e corri verso il lago, houn’idea. Buona fortuna.»

«Anche a te amore mio.»

Nel bunker della banca erano custodite centinaia dicassette, il presidente inserì la sua chiave e siallontanò, Beatrice la sua e quando l’aprì trovò duebuste, le mise nella borsetta e finse di avere unmancamento.

«Chiamate un medico ,la signora Rota si sente male.»

Scese il direttore che telefonò al loro medicopersonale.

«È in arrivo, intanto facciamola accomodare sullapoltrona.»

Dopo che il medico verificò che si trattava solo di unlieve malore, Beatrice si fece indicare il bagno.

Nel frattempo Carlos telefonò al suo amico Dimitriche abitava proprio a Lugano:«Ciao sono Carlos»

«Amico mio dove sei?»

«A Lugano, ho bisogno del tuo aiuto.»

«Che tipo d’aiuto, sono fuori dal giro ormai.»

«Hai ancora il motoscafo?»

«Certo, in piena efficienza.»

«Ho bisogno che recuperi Beatrice, che si trova nellabanca Schultz vicino al lago.»

«Stai rapinando una banca!»

«Ma no, poi ti spiego, porta l’AK47. »

«Ma, cosa devi fare, scatenare una guerra?»

«Forse sì, scherzo, è solo per precauzione.»

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«Ti conosco, so che finirò in un mare di guai, ma sedevo dirti la verità mi sono stancato di questa vita,arrivo tra venti minuti.»

Appena lo vide gli indicò un’insenatura vicino allastrada che costeggiava il lago:«Attacca a una cimal’AK47 e passamela.»

Una volta recuperato il fucile mitragliatoredisse:«Dimitri, tieniti pronto a partire, appena lavedi chiamala, falla salire e aspettatemi a Gandria,hai portato le chiavi della tua macchina.»

«Anche la macchina! Poi cosa vuoi.»

«Sapere dove è posteggiata.»

«In piazza Rezzonico sotto l’hotel dove abito.»

«Dove abitavi, vuoi dire.» Scoppiò a ridere.

«Maledetto il giorno che ti ho incontrato.»Risposesorridendo.

Avvolse il fucile con il cappotto passò davanti allabanca superò i SUV e si nascose dietro un vasca difiori, inserì il caricatore, tolse la sicura e cominciò asparare verso le auto mirando alle gomme, dopo iprimi spari tre di loro si misero al riparo dietro leauto e risposero al fuoco, il quarto rimase vicinoall’ingresso.

Beatrice appena sentì i primi spari corse versol’uscita, ma fu bloccata da un uomo che gli tolse laborsa. Non si perse d’animo, gli assestò un calcio neigenitali,l’uomo colto di sorpresa mollò la presa.Uscì di corsa dalla banca, si guardò intorno, sentìqualcuno che gridava il suo nome, si tolse le scarpe ecominciò a correre, quando fu vicino al motoscafoscavalcò la balaustra e si buttò, Dimitri la prese alvolo e partirono a tutta velocità.

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Carlos scaricò il caricatore contro le auto, poi gettòl’arma nel lago e corse in direzione opposta allasparatoria, fece appena in tempo a infilarsi in ungarage sotterraneo che tutte le strade intorno allabanca furono bloccate dalla polizia e gli occupantidei SUV arrestati.

Passarono quasi due ore prima che riuscisse aduscire dalla città e dirigersi verso il porto diGandria.

«Ti ringrazio Dimitri, ora puoi andare alla polizia edenunciare il furto del motoscafo, tieniti pronto,avremo bisogno di te.»

«Buona fortuna.»

«Anche a te amico mio.»

Salì sul motoscafo partendo a tutta velocità versoPorlezza, arrivati a circa un chilometro dal porticiolofermò il motore e gettò l’ancora. In attesa della sera,scesero in cabina e si gettarono sul divano sfiniti.

Carlos la guardò e disse: «Sei bellissima, amoremio.» Le autoreggenti e la minigonna esaltavano lebelle gambe e le sue fantasie erotiche ,si spogliaronoe fecero l’amore appassionatamente.

Verso le dieci di sera calarono in acqua il gommonedi salvataggio, aprirono una falla nel motoscafo e lolasciarono affondare, a mezzogiorno erano in albergoa Milano.

Appena arrivati in camera Carlos chiamòGiorgio:«Ciao, sono appena arrivato in albergo.»

«Ho sentito della sparatoria, tutto bene?»

«Sì, tutto bene, ce la siamo cavata per un pelo,qualcuno è stato avvisato del nostro arrivo»

«Avete la busta?»

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«Sì, erano due.»

«Due? Pensavo che erano andate perse quando mihanno riferito la perdita della borsetta.»

« Devi fare i complimenti a Beatrice è statabravissima. Quando è andata in bagno ha tolto lebuste dalla borsa e le ha messe nel reggiseno.»

«Bene, ora dobbiamo essere più prudenti. »

«Farò fare alcune verifiche, ci vediamo comestabilito.»

«Beatrice, al direttore hai dato il nome della carta diidentità falsa.»

«Sì.»

«Prepara la valigia si cambia albergo, chiamo untaxi, prima ce ne andiamo meglio è.»

***Nella sede del consolato americano a Milano Ryanfu informato della sparatoria avvenuta a Lugano,chiamò l’agente Brandon in Svizzera e gli chiese difornirgli tutte le informazioni in suopossesso:«Signore, c’è stato un conflitto a fuocodavanti alla banca Schultz tra una persona nonidentificata ed altre quattro. La persona nonidentificata è scomparsa prima che arrivasse lapolizia, gli altri quattro sono stati arrestati, sonodipendenti dell’agenzia Securty, che si occupa disicurezza e sorveglianza con sede a Zurigo.»

« Oltre alla sparatoria è successo qualcosa dianomalo.»

«Sì, una donna di Milano una certa Giulia Rota era inbanca per aprire una cassetta di sicurezza ed èfuggita appena ha sentito i primi spari, alcunitestimoni l’hanno vista correre e saltare su un

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motoscafo il cui proprietario ne ha denunciato ilfurto, un certo Dimitri.»

«La sparatoria era un diversivo, avete fatto ricerchesu Dimitri.»

«Sì, è un ex agente dei servizi russi poi si è messo inproprio, ha lavorato anche per Carlos.»

Ryan chiamò l’interno dell’agente David: «Verificase una certa Giulia Rota risiede in qualche albergo aMilano.»

***Carlos e Beatrice salirono sul taxi e si fecero portarefino a Porta Magenta, presero un secondo taxi fino acorso Genova, terzo taxi fino a corso Porta Vittoria el’ultimo pezzo di strada per arrivare in via Podgoralo fecero a piedi.

Appena entrati nell’appartamento distrussero idocumenti falsi e ne presero altri, cambiarono gliabiti e uscirono di nuovo, ritornarono in corso PortaVittoria dove si trovava un piccolo albergo,consegnarono i documenti e salirono in camera.

Venerdì nella suite dell’hotel Drumondì in attesa diiniziare la riunione fecero uno spuntino al buffetpreparato dall’albergo. Che prevedeva pizzette,rustici, misto di affettati e formaggi, verduregratinate, frittate miste, come primo: della pasta alpomodoro e del riso allo champagne, frutta e dolci. Iltavolo dei vini oltre ai bianchi e rossi , in onore diCarlos, anche alcune bottiglie di Cartizze.

Dopo un paio d’ore si iniziò : Giorgio riassunse gliultimi avvenimenti e alla fine un lungo applauso furivolto sia a Carlos che a Beatrice per il risultatoottenuto.

A questo punto Giorgio, aprì la prima busta che

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conteneva una decina di fogli scritti a mano e lesse:

Il ventidue aprile del 1945 era appena terminato il discorsodi Mussolini alla prefettura di Milano, davanti a uncentinaio di ufficiali della guardia repubblicana, che ilcomandante “Alberto” rientrato in ufficio ci fece chiamare.

Ci disse, «Camerati del plotone “ La Rosa Nera”* devoaffidarvi un compito di vitale importanza per lasopravvivenza del Fascismo e dell’Italia futura, la missione èpericolosissima, so che siete tutti sposati con figli, ma siete gliunici in grado di portarla a termine, posso contare su di voi?»

«Si.»Fu nostra risposta unanime.

«Bene, questi sono gli ordini: stasera porterete cinque camiona Como, su ognuno caricheranno dieci casse. Per sicurezzaogni carro percorrerà strade diverse. Una volta arrivati aComo proseguirete per Porlezza, lì vi raggiungeranno dellepersone che vi accompagneranno a Lugano. Il contenutodev’essere consegnato al dottor Schultz e a nessun altro,questa missione conta più della vostra vita, la parola d’ordineè “donna Rachele”. Una volta consegnata la merce, Schultzvi darà una busta che mi farete avere.»

L’appuntamento era presso un presidio militare fuori Como,ancora controllato dalle forze repubblicane.

Alle ore venti del 22 aprile partimmo da Milano verso Como.

Il primo dopo Rho si diresse verso Legnano, Busto Arsizio,Varese, arrivò a Como verso le ventiquattro.

Il secondo passando da Sesto San Giovanni, Monza, Lecco,arrivò a Como alle ventidue e trenta.

Il terzo prese per Cinisello, Cantù, arrivò a Como alleventidue.

Il quarto passò da Desio, Seregno, Cantù, arrivò a Como alleventidue e trenta.

Sapemmo il giorno dopo che il quinto decise di passare per

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Lainate, ma alla periferia di Garbagnate incappò in un postodi blocco partigiano il tenente Gianni alla guida del veicoloaccelerò tentando di forzarlo, una scarica di pallottole colpìla fiancata ferendolo a morte, Giovanni difese il veicolo finoall’ultimo colpo prima di essere massacrato.

Il capo della pattuglia salì sul camion, aprì una cassa dilegno e restò di sasso quando vide il contenuto, avvertì subitoil comando di Milano che inviò una cinquantina dipartigiani per scortare il mezzo.

Alla notizia dell’imboscata chiamai il comandante Alberto :«Comandante, sono il capitano Giuliano due dei nostri sonostati uccisi e il camion sequestrato, i partigiani potrebberoessere riusciti ad avere qualche informazione. Se così fosse lanostra missione è in pericolo!»

«La missione deve continuare come stabilito.»

«Comandante, il colonnello Bardolf sta per partire da Comodiretto a Chiavenna per presidiare l’aereo da trasporto, chedeve portare il Duce in Germania, non possiamo consegnare aloro il carico?»

«No, impossibile che il Duce arrivi a Chiavenna, lasituazione è disperata, qui c’è un clima del si salvi chi può,proseguite la missione come concordato.»

Le risposte avute non mi convincevano, come sapeva che ilDuce non poteva arrivare a Chiavenna e quel “si salvi chipuò ” mi preoccupava, il comandante “Alberto” non mi eramai piaciuto era un essere viscido e sempre pronto a mettersisul carro del vincitore, decisi di riunire gli uomini del plotonee parlai con loro:

«La morte dei nostri due camerati, il nemico alle porte diMilano e l’imminente insurrezione di tutto il nord, rende lanostra missione disperata. Dobbiamo cambiare il programmastabilito, se vogliamo che un giorno i nostri figli possanoportare avanti le nostre idee e rendere migliore il nostropaese.»

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Dopo un’ora di discussioni decidemmo il da farsi.

Presi la moto di un commilitone e mi recai a Como , suonai ilcampanello dell’avvocato Karl , che abitava in una villa difronte al lago e dopo mezzora ero già sulla via del ritorno.

Faremo di tutto per portare a termine la missione comeabbiamo concordato, ma se non torneremo, l’avvocato vifornirà tutte le informazioni.

Vi vogliamo bene.

* Il plotone, detto “la Rosa Nera”, era formato dadieci ufficiali ideologicamente fascistizzati figli digenitori della Milano “bene”, legati fra loro daparentele più o meno lontane.

Giorgio passò alla lettura della seconda lettera:

Signori come richiesto dai vostri genitori vi scrivo quello cheho saputo sulla loro missione.

Il 23 aprile 1945 i mezzi si mossero da Como in tardamattinata, uno si diresse verso Porlezza comandato daGiuseppe e gli altri tre comandati da Giuliano verso Erba.

Alle sedici il mezzo era alla periferia di Porlezza,l’appuntamento con i corrieri era per le otto di sera, atteserol’ora mangiando e bevendo, verso le diciannove e trentacaricarono le armi e si prepararono all’incontro.

Il camerata di guardia appostato su una collinetta avvistòdei mezzi che si stavano avvicinando a fari spenti, chiamòGiuseppe:«Stanno arrivando.»

«Stiamo pronti, nascondiamoci dietro il camion.»

Quando i mezzi furono a qualche centinaio di metri Giuseppediede l’alt:«Parola d’ordine o apriamo il fuoco.»

Nessuna risposta.

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«Prepariamoci a difenderci, come pensava Giuliano siamostati traditi.»

Si disposero a difesa del mezzo, sapevano che potevano fareben poco, combatterono strenuamente ma le forze nemicheerano soverchianti, finite le munizioni si arresero.

Furono allineati con le mani sopra la testa, sentirono dietrodi loro i partigiani che si stavano preparando a sparare, poiuno di loro disse:«Fermi non sparate, il camion è vuoto e nemancano altri tre, portiamoli al comando.»

Furono interrogati per tutta notte ma nessuno di loro disseuna parola, dopo il processo furono fucilati.

Gli altri tre mezzi prima di muoversi da Como installaronosul tetto di ogni camion una mitragliatrice Breda e partironoper Chiavenna passando da Erba, Lecco e Gravedona. Loscontro più pesante con le forze partigiane si verificò neipressi di Gravedona, le mitragliatrici e una buona dose difortuna consentì loro di uscirne solo con qualche graffio, alle18 erano a Chiavenna.

La pista di decollo era presidiata da due semicingolatitedeschi Sdkfz 250 ognuno dei quali poteva trasportare seiuomini ed era equipaggiato con due mitragliatrici MG 42, ilcomandante era il colonnello Bardolf.

Erano in attesa che l’aereo tedesco Junkers 52 decollasse, gliordini arrivati da Berlino erano chiari, dovevano lasciare ilsuolo Italiano.

I tre camion italiani si mossero verso il campo di voloprendendo di sorpresa i tedeschi. Due circondarono icingolati e uno si mise davanti all’aereo.

«Colonnello Bardolf.» Disse Giuliano,«dobbiamo sequestrareil vostro aereo.»

«Siete impazziti? L’aereo deve decollare subito per laGermania.»

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«Senza l’aereo non possiamo portare a termine la nostramissione e se non arriviamo a un accordo saremo costretti aprenderlo con la forza.»

Sarebbe bastato un nonnulla per provocare uno scontro afuoco con esiti drammatici.

«Capitano , deve essere una missione di vitale importanza perrischiare la vita.»

«Colonnello, venga con me e capirà perché stiamo rischiandola vita. Il carico che stiamo trasportando un giornoconsentirà di cambiare la storia del nostro paese.»

Lo fece salire su un camion e aprì una delle casse. Bardolfrestò di sasso.

«Lasciateci un carro e noi ce ne andremo da qui lasciandovil’aereo. So che siete un pilota esperto, se non ricordo male visiete addestrato anche a pilotare il Junkers 52 in Germania.»

«Ricordate bene Colonnello, prendete una cassa è il massimoche intendo concedere.»

«Va bene accetto.»

«Sergente caricate la cassa sull’autoblindo eandiamocene.»,«Addio capitano e buona fortuna.»

Il Junkers 52 era un trimotore da trasporto e passeggeripoteva trasportare diciassette passeggeri, raggiungeva unaquota massima di 5500 metri, con un’autonomia di 1280chilometri. Per la sua affidabilità il Ju52 divenne anchel’aereo personale di Hitler e fu con un Ju52 che Mussolini,nel 1943, dopo la sua liberazione dalla caserma sul GranSasso, fu trasferito da Monaco di Baviera a Berlino .Giuliano fece caricare le casse sull’aereo e con la radio inviòun messaggio all’avvocato Karl: «Il pacco prende il volo,procedi come da accordi.»

Il peso totale era di circa 2000 chili, decollare in quellecondizioni su quella pista diventava una vera impresa.

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Erano le venti e trenta del 23 aprile 1945 quando Giulianoaccese i tre motori, mise le manette al massimo eincominciarono a rullare sulla pista, l’aereo stentava aprendere velocità, gli alberi erano sempre più vicini, cominciòa pensare che non ce l’avrebbero fatta, anche con i motori almassimo non si staccavano dal suolo, poi lentamente si alzòda terra, stavano decollando, le ruote toccarono la cima deglialberi ma ce l’avevano fatta, fece una virata a destra e sidiressero verso l’aeroporto di Tempelhof, in Germania.

L’aeroporto internazionale di Berlino-Tempelhof – intedesco ZentralflughafenBerlin-Tempelhof – si trovava nellaparte sud del quartiere centrale di Tempelhof-Schoneberg.Il volo durò tre ore, quando si avvicinarono all’aeroporto ibidoni di benzina allineati sulla pista vennero accesiilluminandola. La battaglia infuriava, l’esercito russo sistava avvicinando e gli uomini messi alla sua protezionefacevano del loro meglio per ritardarne la capitolazione. Itraccianti crivellarono la fusoliera ma ancora una volta lasolidità di questo mezzo, permise loro di atterrare. Una voltaa fondo pista non spense i motori ma si mise di nuovo inposizione di decollo, dall’hangar uscirono cinque camion e treautoblindo a protezione dell’aereo.Appena arrivarono sotto fusoliera un ufficiale in divisa darepubblicano scese dal camion e disse: «La Rosa Nera èviva?»

«Sì, è viva.»Rispose Giuliano.

«Ciao Giuliano, l’avvocato Karl ci ha telegrafato, spostiamole casse sui camion, il tempo stringe i russi sono vicini.»

«Noi ritorniamo a Chiavenna, qualcuno potrebbe averebisogno di un passaggio. Ora dipende da te, il carico devearrivare a destinazione.»

«Arriverà a destinazione è tutto pronto, buona fortunaGiuliano.»

Il 24 aprile del 1945 alle ore 2:30 l’aereo decollò sotto una

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pioggia di fuoco, a duemila metri Giuliano si rilassò e non siaccorse che due Spitfire stavano picchiando su di loro, non siresero conto che erano già morti.

Le truppe sovietiche il 24 aprile 1945 nel tardo pomeriggioconquistarono Tempelhof e lo consegnarono alle forzestatunitensi il 4 luglio dello stesso anno.Il 28 aprile 1945 il Duce fu fucilato a Giulino di Mezzegrae subito dopo fecero la stessa fine tutti i gerarchi a lui vicino.

Il 6 luglio del 1945 un aereo Douglas C 47 detto “Dakota”era pronto sulla pista di Tempelhof per trasportare inAmerica i soldati rimasti feriti o morti in battaglia.

Il sergente addetto al trasporto vide avvicinarsi cinquecamion e sorpreso disse:«Colonnello, dove sono i feriti?»

«Sergente c’è un cambio di programma caricate queste casse ei prigionieri .»

«Non sono stato informato.»

«Ecco gli ordini sergente.»

«Ok ,carichiamo e partiamo.»

Nel 1947 lo stesso materiale fu imbarcato come apparatimedicali su un aereo Douglas DC-4 della Swissair che partìda New York con destinazione Zurigo.

Una volta ricevute queste informazioni, ho portato a Luganola seconda busta che conteneva questa lettera , i codici e lachiave della cassetta di sicurezza custodita in una banca diZurigo.

Buona fortuna, avvocato Karl.

***Al consolato americano di Milano l’agente Davidfece rapporto a Ryan:« La signora Giulia Rotaalloggiava insieme al signor Corrado Rossi in un

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hotel vicino alla fiera di Milano ho mostrato le fotodi Carlos e di Beatrice, si tratta delle stesse persone,ieri hanno lasciato l’albergo. Volevo anche dirle chenon siamo i soli a cercarli altre persone si sonoinformate su di loro.»

«Grazie, continuate a cercarli.»

***L’amministratore dottor Roberto dell’agenzia Securtyera riunito con i suoi più stretti collaboratori,l’argomento era la sparatoria di Lugano.

«Giulia Rota è stata rintracciata in un albergo diMilano in compagnia del suo compagno, presumo chesia la persona che ci ha sparato. Il motoscafo con ilquale la signora è fuggita era di proprietà di un certoDimitri ex agente Russo. Tutto porta a Carlos, sefosse vero, bisognerà procedere con cautela è unapersona esperta e pericolosa», un attimo diriflessione e riprese «ora Carlos non si trova piùnell’albergo, bisogna trovare dove si nasconde etenerlo sotto sorveglianza, seguite anche Dimitri enon perdetelo di vista.»

Rimasto solo dopo aver congedato i suoicollaboratori pensò : «Ho la sensazione chefinalmente abbiamo imboccato la strada giusta perriavere quello che è mio.»

Carlos ricevuta la chiamata da Giorgio decise dipartire per Rimini con Beatrice. Stavano uscendoquando Dimitri chiamò sul telefonino: « Ho alcuneinformazioni sull’amministratore delegato dellaSecurty. E’ il dottor Roberto figlio di un italiano exRepubblicano chiamato comandante Alberto.Scampato alla purga Partigiana si trasferì inSvizzera.»

«Grazie , il comandante Alberto era l’ufficiale che

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aveva incaricato il plotone detto “ La Rosa Nera” ditrasportare il carico a Porlezza. Il fatto che non siamai arrivato deve aver fatto infuriare molta gente. Hobisogno di più informazioni , metti sotto controllo letelefonate, gli scambi di e-mail e i movimentibancari.»

***

Mason era in riunione a Langley con i suoicollaboratori: «Sappiamo che Carlos e Beatrice sonoa Milano, cambiano spesso albergo e quando sonoandati in Svizzera per aprire una cassetta di sicurezzanoleggiata nel 1945, sono stati coinvolti in unasparatoria con quattro persone dipendenti diun’agenzia di sicurezza con sede a Zurigo.Dopo iprimi spari Beatrice si è allontanata con il motoscafodi Dimitri che è un ex agente russo. Indaghiamo suchi ha pagato fino a oggi il noleggio della cassetta,chi ha ingaggiato Carlos e cosa c’entra l’agenzia disicurezza in tutta questa faccenda. Tra qualche mesesarei dovuto andare in Italia , intendo anticipare lavisita per seguire da vicino le indagini.»

***Arrivati nella suite dell’hotel Marcon a Rimini,Beatrice prese dal cesto di frutta fresca ,omaggiodella direzione, una grossa fragola e maliziosamentela morsicò «Carlos l’idromassaggio ci aspetta.» Siliberarono dei vestiti e si lavarono a vicenda, era unloro modo per eccitarsi per poi fare l’amore per ore.

Si svegliarono presto fecero una colazione veloce elasciarono l’albergo, l’autista era in attesa peraccompagnarli all’aeroporto di Rimini-Miramaredove un jet privato era pronto al decollo,destinazione Ginevra.

Giorgio si collegò in audio video conferenza con i

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componenti del consiglio di amministrazione:«Scusatemi per aver indetto la riunione con cosìpoco preavviso, ma la nostra associazione ” La RosaNera“ potrebbe essere in pericolo se non saremo piùche prudenti, d’ora in avanti le riunioni le terremonella mia villa a Forte Dei Marmi. Per lecomunicazioni tra noi e i capigruppo useremo simanonime ricaricabili che non necessitano alcunaregistrazione, per lo scambio di e-mail useremocanali criptati, cerchiamo di usare la massimaprudenza.»Il

La Rosa Nera era un’associazione segreta diconnotazione politica nata nel 1900 per contrastare ilpericolo comunista.

La struttura è regolata in modo rigido dall’alto edivisa in tre livelli, ciascuno dei quali aveva deicapo gruppo ma solo le persone del primo livellopotevano impartire gli ordini. Se aderenti e dirigentimanterranno il segreto e la società è opportunamentestrutturata in maniera da rendere impossibile achiunque , tranne che ai vertici, di conoscere tutti glialtri, riusciranno a mantenere nascosta l’esistenzastessa della società.

Il primo livello, il vertice, era formato da diecipersone , al quale competeva tutte le decisioni siapolitiche che economiche.

Il secondo livello era costituito da: politici, militari,avvocati, industriali e giornalisti.

Il terzo livello, il più consistente, era formato daimpiegati, studenti, negozianti, artigiani,commercianti.

L’associazione alla sua nascita era radicatasoprattutto al nord,si espanse in un secondo momentoal centro, ed infine al sud. La migrazione, che nellamaggior parte dei casi era agevolata

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dall’associazione, contribuì a creare sedi in tutto ilmondo. La società gestisce un patrimonio ingente chegli permette di mantenere in modo agiato tutti gliaffiliati, i quali dovevano mantenere il segreto equando richiesto obbedire agli ordini che glivenivano impartiti senza chiedere spiegazioni. Nonconoscendosi l’uno con l’altro diventava semplicelicenziare chi non rispettava le regole e nelmalaugurato caso che qualcuno violava la sicurezza ,il danno era relativo in quanto nessuno conosceva afondo la struttura.

L’associazione era in grado anche di condizionare ilfunzionamento del sistema politico, con accordi più omeno espliciti, naturalmente mantenuti segreti,facendo leva sui membri della società segretaall’interno dello Stato,riuscivano a influenzare ledecisioni che riguardavano i finanziamenti, le carichee le carriere.

Il vertice come detto era formato da dieci personeche erano i genitori del plotone Rosa Nera. Dopo laloro morte l’associazione continuò a essere guidatadai fondatori finché i nipoti non furono in grado disubentrare ai loro nonni. Ora il capo supremo eraGiorgio.

L’appartamento di Carlos si trovava nel quartiere diChandieu zona residenziale di Ginevra.Dopo unadoccia ristoratrice presero dal frigo una bottiglia diCartizze e mentre gustavano il vino , pianificarono ilviaggio.

«Domattina partiamo per Zurigo. Affronteremotrecento chilometri di strada a scorrimento veloce,passeremo per Losanna e Berna, per poi affrontareuna discesa pericolosa lunga due chilometri , allafine mancheranno pochi chilometri all’arrivo. Dimitrici seguirà a distanza , meglio essere prudenti. Oraandiamo al ristorante ho una fame da lupi.»

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Partirono alle sette di mattina, nuvoloni plumbei nonaspettavano altro che svuotare il loro carico d’acqua.Fino a Losanna piovigginava, poi quando entrarononell’autostrada E 25 diluviava, Carlos fu costretto aconcentrarsi sulla guida, il controllo di quello chesuccedeva intorno a loro era compito di Beatrice chenotò due macchine alternarsi dietro di loro senza maitentare il sorpasso.

«Carlos,dietro di noi ci sono due auto sospette…»

«Cosa?»

«Ci seguono da Losanna, ora siamo quasi a Berna esono sempre dietro di noi.»

«Proviamo qualche manovra diversiva e vediamocosa succede.»

Aumentò la velocità, sorpassò sulla destra duemacchine, tagliò loro la strada portandosi a sinistrasulla corsia di sorpasso aumentando la velocità finoa 160 chilometri all’ora.

«Ci stanno ancora seguendo.»

«Sì, sono sempre dietro, non ci mollano.»

«Prendi la semi automatica nel borsone.»

«Perché? Cosa vuoi fare?»

«Meglio essere pronti ad ogni evenienza.»

La prese, mise il colpo in canna e inserì la sicura,appoggiò la pistola nel porta oggetti a portata dimano e si girò a guardare la posizione delle due auto.Non si nascondevano più avevano capito di esserestati scoperti, la folle corsa continuò per una decinadi chilometri.

«Carlos, hanno rallentato, non ci seguono più.»

«Sono dei professionisti, saranno stati sostituiti da

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altri, chiama Dimitri e chiedigli dove si trova.»

Beatrice gli obbedisce.

«È vicino a Berna.»

«Digli di entrare nella prima stazione di rifornimentoche trova a Olten , lo aspettiamo lì.»

«Ciao Dimitri, cambio di programma: tu prendi lamia macchina con Beatrice, io la tua .Ci teniamo incontatto telefonico, la pistola la prendo io.»

Carlos si mise in coda a Dimitri mantenendosi atrecento metri di distanza, un SUV nero lo sorpassò ecominciò a seguire la macchina di Dimitri.

«Ci siamo ,un SUV ti sta seguendo mettiti in corsia disorpasso, non fare manovre diversive non devonocapire che sono stati individuati.»

Si mise in corsia di sorpasso aumentando la velocitàe lo stesso fece il SUV.

«Dimitri alla prima area di servizio che incontri,posteggia nel garage sotterraneo ma non scendetedall’auto.»

«Ok.»

La incontrarono vicino alla città di Bulach,posteggiarono e attesero.

Il SUV gli passo accanto e si fermò prima dellarampa di uscita, Carlos lasciò l’auto all’esterno escese attraverso le scale, senza farsi notare siavvicinò al SUV spalancò la portiera e puntò lapistola alla fronte del guidatore.

«Mettete le mani sul cruscotto dove le posso vedere,adesso prendete le armi con due dita e buttateledietro, bene, fate altrettanto con i telefonini. Adessotu prendi queste manette, una la metti al polso del tuo

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collega e l’altra al volante, ora fai lo stesso su di te.Molto bene ora ditemi: chi cazzo siete, perché ciseguite.»

«Non ti diciamo un cazzo pezzo di merda.»

«Risposta sbagliata.»

Partì un manrovescio che gli ruppe il naso.

«Pezzo di merda.» disse l’uomo dolorante.

«Posso continuare all’infinito se vuoi, oppure mi ditequello che voglio sapere e me ne vado.»

Carlos tolse la sicura alla pistola e la puntòminacciosamente verso il conducente.

«Ok, ti diciamo quello che sappiamo.»

«Bene, incominciate a parlare.»

«Siamo stati ingaggiati da una persona che ci hapagato in contanti, ma non sappiamo chi è, ci hafornito tutte le informazioni: marca d’auto, targa edove abitavate. Il nostro compito era sorvegliarvi eseguirvi ovunque andavate, dovevamo telefonareogni mezzora e tenerlo informato.»

«Ok, i telefonini li prendo io.»

Scese dal SUV e con un coltello fece uno squarcio sudue gomme, poi si avvicinò a Dimitri.

«Lasciamo qui la macchina ha un sistema dilocalizzazione satellitare, pulisci tutte le impronte,avvisa i tuoi di andare nel nostro appartamento aGinevra, digli di fare una “pulizia a fondo”, lì nonpossiamo più tornare. Una volta finito devono andareall’autonoleggio e chiedere con “cortesia” chi gli haordinato di fornirci un’auto con localizzatore. Liaspettiamo a Winterthr al ristorante italiano LaFornace in via Marktgasse 49 con i nuovi documenti,

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questi sono inservibili.

Roberto nel suo ufficio della Securty a Zurigo avevaun diavolo per capello:«Ma chi avete ingaggiato sisono fatti sorprendere come dei dilettanti, non miposso fidare di nessuno, vi avevo avvisato cheCarlos era pericoloso, adesso starà sul chi vive e seviene a sapere che siamo stati noi passeremo unsacco di guai. Presumo che quello che cerchiamo siain una banca Svizzera, ho chiesto a Schultz diattivarsi con i suoi amici banchieri e se Carlos sipresenta saremo i primi a saperlo.»

***Mason appena sbarcato a Milano convocò unariunione al consolato per fare il punto sulle indaginiriguardanti Carlos.

«Ha lasciato Milano diretto a Rimini, dove loattendeva un aereo privato con destinazione Ginevra.Nessun albergo lo ha registrato.»

«Tutto qui?»

«No, un fatto strano si è verificato in una stazione dirifornimento vicino a Bulach, la polizia cantonale ,avvertita da una telefonata anonima, ha trovato dueuomini ammanettati dentro un SUV. Erano armati enon in perfetta forma, uno aveva il naso rotto mentrel’auto aveva due ruote bucate da un coltello.Dall’interrogatorio non ne è uscito nullad’importante.»

«Potrebbe essere opera di Carlos. Sulla cassetta disicurezza di Lugano cosa avete scoperto.»

«È stata noleggiata a fine aprile 1945 da una societàSvizzera che ha continuato a pagare il mantenimentofino a oggi, ed è stata aperta una sola volta nel1947.»

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«Il mese di aprile 1945 fu il culmine di un periododrammatico per l’Italia. Dopo l’insurrezione e laliberazione dal nazi fascismo il Duce fu giustiziatoinsieme ai suoi gerarchi. Io credo che Carlos stiarecuperando dei documenti rimasti nascosti per tuttiquesti anni, riguardanti episodi accaduti in quelperiodo.»

***Il ristorante italiano La Fornace di Winterthr eradegno di Carlos, il pranzo per lui era un rito, unpiacere e quando sceglieva un ristorante il suo mottoera: “non facciamo barbonate” .Tutti i tavoli eranorotondi per quattro o otto persone con tovaglie dilino, bicchieri in vetro soffiato, posate in argento e ipiatti erano di ceramica pregiata.

Il servizio era impeccabile e il pranzo eccellente. Sidice che “con la pancia piena si discute e si ragionameglio”. È quello che hanno pensato le otto personeattorno al tavolo.

Carlos si rivolse agli uomini di Dimitri: «Avete“pulito”l’appartamento?»

«Sì, il contenuto è stato portato in un Self boxStorage a Ginevra, documenti, contanti e la chiavedel deposito sono in questa valigetta.»

«E cosa mi dite dell’autonoleggio.»

«Un impiegato infedele ha passato le informazionialla Securty e li teneva informati sui vostrispostamenti attraverso il sistema satellitare, è statolicenziato.»

«Securty, Securty, ci stanno attaccati al collo, non cimollano un istante, l’avete messa sotto controllo.»

«Sì, ci stiamo lavorando, hanno un firewalleccellente, abbiamo difficoltà a entrare nei loro

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sistemi, ma siamo a buon punto.»

«Ok ,tenetemi informato. Ora pianifichiamo il lavoroper domani, il tempo stringe.»

Dopo due ore lasciarono il ristorante e sisistemarono all’hotel Palace, arrivato in cameraCarlos chiamò il suo mediatore alle Cayman,chiedendogli di vendere il monolocale di Ginevra edi acquistarne uno a Zurigo.

Nell’attesa dell’arrivo di Beatrice, che era andata inuna boutique del centro per sostituire il guardaroba ,ricontrollò il piano da attuare il giorno dopo,verificando tutti i punti deboli cercando dimigliorarli. Dopo un paio d’ore arrivò : «Ciao caroho fatto qualche acquisto. Prego entrate e posate iltutto sul tavolo.»Disse ai tre commessi che l’avevanoaccompagnata.

Carlos non credeva ai propri occhi quando vide lamontagna di pacchi che contenevano : abiti, scarpe,cappotti, calze, cravatte, camicie, gonne, camicette eaccessori vari.

«Caro , spero che non manchi nulla .»Dissesorridendo.

Rimasti soli Beatrice entrò in bagno portandosidietro dei pacchetti e disse :«Non entrare, è unasorpresa.»

Dopo mezzora uscì e a Carlos per poco non venne unaccidente, una visione mozzafiato: slip allabrasiliana neri, reggiseno a balconcino nero,autoreggenti nere e sottoveste nera.

«Ti piaccio amore mio?»

«Sei splendida, quasi mi dispiace toglierteli.»

Si baciarono a lungo toccandosi a vicenda e l’effetto

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dell’abbigliamento di Beatrice su Carlos eraevidente, la fece sedere sul letto,le tolse solo lemutandine,le allargò le gambe e incominciò aleccarla e quando fu pronta lei si mise sopra di lui,dopo alcune ore, stremati , stapparono una bottigliadi cartizze brindando al loro amore .

La giornata iniziava con i migliori auspici, un cieloazzurro ed un sole splendido li accolse. Ad attenderlidavanti all’hotel tre Mercedes, sulla prima salìBeatrice insieme a Dimitri, le altre due eranooccupate dagli uomini della sicurezza che loseguirono a distanza.

Dimitri e Beatrice andarono nella banca in viaBahnhofstrasse, che distava dall’hotel cinquechilometri, lasciarono la macchina nel parcheggio esalirono con l’ascensore fino all’ingresso dovefurono accolti da un impiegato.

«Avrei bisogno di una cassetta di sicurezza.» Disse.

«Le chiamo il direttore, potete attendete nel salotto.»

L’impiegato chiamò il direttore dicendogli che lasignora somigliava alla persona raffigurata nellafotografia che tutti gli impiegati avevano nelcomputer.

Il direttore chiamò Roberto :«Ciao, la signora checercavi è qui, vuole una cassetta di sicurezza.»

«Staranno facendo un sopralluogo, mando degliuomini, cerca di trattenerla.»

«Va bene.»

Carlos attese che partissero e salì sul taxi :«Mi portiin via Urania-Bercstrassealla banca Vonta.»

All’impiegato chiese di aprire una cassetta disicurezza.

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«Attenda , avverto il direttore.»

Ritornò poco dopo:«Il direttore è in riunionel’accompagnerà il suo vice.»

Dopo mezzora uscì con una borsa e si avviò al taxirimasto in attesa, prima di salire fece unatelefonata:«Beatrice puoi uscire, il pacco è al suoposto, avverti Dimitri che potrei avere bisogno diappoggio. Chiedigli di far dirottare i suoi uomini invia Urania-Bercstrasse, ciao amore mio.»

«Ciao amore, a presto.»

Il direttore una volta finita la riunione fu avvisato dalsuo vice che un uomo, somigliante alla persona dellafoto,aveva prelevato una borsa da una cassetta disicurezza.

«Accidenti a te, perché non mi hai avvisato?»

«Non mi sembrava il caso, eri occupato in unariunione.»

«Adesso dove si trova?»

«È appena uscito.»

Il direttore ritornò nell’ufficio e chiamò Roberto.

«Ciao, la persona della fotografia è stata nella miabanca.»

«Quale persona?»

«Aspetta che guardo, mi sembra che sia Carlos.»

«Carlos, accidenti, dove si trova adesso?»

«Aspetta che guardo dalla finestra, sta salendo su untaxi.»

«Dammi il numero.»

«1031.»

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«Grazie, a buon rendere.»

Carlos chiese all’autista del taxi di portarloall’aeroporto di Zurigo, in via Schafehauserstrassefurono affiancati da un’auto e un’altra si mise incoda.

«Dimitri dove sono i tuoi uomini ho bisogno del loroaiuto sono seguito da due auto.»

«Sono a un chilometro da te, in via Walchestrasse.»

«Avvisali che le macchine da togliermi dalle pallesono una Ford Kuga Blu e un’Onda C-RV bianca.»

Da una traversa di via Thurgauerstrasse sbucò unaMercedes che centrò in pieno la Ford e l’altraMercedes tamponò violentemente l’Onda creando uningorgo terribile.

«Continui a guidare, non si fermi per nessun motivo.»

«Ma dovrei dare assistenza.»

«Le pago dieci volte la corsa ho un aereo che devoassolutamente prendere.»

«Va bene ma voglio settecento franchi,compenseranno anche le multe.»

All’aeroporto di Zurigo Carlos era in attesadell’arrivo di Beatrice e Dimitri , dopo una decina diminuti li vide arrivare.

«Ciao, vedo che sei arrivato tutto intero.»

«Sì, grazie a te e con settecento franchi in meno.»

«Come?»

«Poi ti spiego. Beatrice saliamo sull’aereo perTassignano, Dimitri, ci sentiamo domani.»

«A domani. Certo che con te non ci si annoiamai.»Disse sorridendo.

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***Mason era ansioso di avere notizie sull’indagine incorso:«Ryan, avete consultato l’esperto dellaseconda guerra mondiale?»

«Sì, ci siamo focalizzati sul mese d’aprile 1945verificando gli episodi avvenuti nella città diMilano, i documenti in possesso dello scrittoreriportavano gli avvenimenti di quel periodo maniente che ci aiutasse a capire il legame con leindagini che stiamo svolgendo su Carlos, finché nonabbiamo trovato una dichiarazione fatta da unrepubblicano ai carabinieri nel 1949,su un fattoavvenuto il 23 aprile del ’45.»

«Cosa diceva la denuncia?»

«Il 23 aprile del 1945 fui chiamato dal mio comandanteAlberto, insieme ad altri cinque commilitoni. Ci ordinò dicaricare cinquanta casse di legno, come quelle per il trasportodi bombe a mano, su cinque camion. Io ero sul cassone di unodei furgoni, prendevo le casse e le sistemavo. Ricordo che unaera parzialmente aperta e all’interno non c’erano bombe amano ma lingotti d’oro. Rimasi sbalordito , la richiusifacendo finta di niente. Una volta finito il lavoro uscii dallacaserma e scappai nella casa di mia zia in montagna nelbergamasco e restai nascosto per due anni. Quando ritornai aMilano seppi che i cinque commilitoni erano morti in modomisterioso. Il carico non fu mai trovato a parte le dieci casseche erano sul camion sequestrato a Garbagnate dai partigiani.Di ufficiali Repubblicani ne sono sopravvissuti pochi ma soper certo che il comandante si salvò denunciando i militariche guidarono i mezzi, ufficiali del plotone chiamato LaRosa Nera e rivelando anche dove dovevano portare il carico.Ho aspettato due anni e poi mi sono deciso a denunciare ilfatto.»

«Ottimo lavoro. Siete riusciti a sapere che fine hannofatto i militari del plotone La Rosa Nera.»

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«Sono tutti morti : due a Garbagnate, due fucilatidopo la cattura a Porlezza e sei precipitati con unaereo tedesco.»

«E il comandate Alberto?»

«Dopo la guerra emigrò in Svizzera.»

Il direttore concluse : «Carlos è stato incaricato alrecupero dei documenti che portano al tesoro esuppongo sia stato ingaggiato da qualcuno legato alplotone La Rosa Nera e la Securty il cui titolare èfiglio di un ex repubblicano è implicata anche lei inquesta operazione, indagate a fondo.»

***Carlos e Beatrice arrivarono alla villa in Toscana atarda sera lasciarono l’auto nel garage e salirono incucina erano affamati, Teresa aveva lasciato delpollo alla cacciatora nel forno che divoraronoavidamente, poi scesero nel bunker per depositare lavaligetta nella cassaforte, erano così stanchi che nonavevano voglia di risalire e si misero a dormire nellastanza da letto del rifugio.

Roberto della Securty non poteva credere che glierano sfuggiti di nuovo:«Siete dei buoni a nulla vidovrei licenziare tutti, in questo momento Carlos è inviaggio per l’Italia con i documenti, senz’altro liporterà nella sua villa prima di consegnarli e seescono da lì non riusciremo più a recuperarli.Dovete prenderli a tutti i costi, chiamate gli ex slavie dategli carta bianca, entro domani sera li voglio sulmio tavolo.»

«Sissignore, domattina saranno alla villa.»

Erano le quattro del mattino quando Carlos fusvegliato dalla suoneria del telefono:«Ciao Dimitricosa succede?»

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«Ho intercettato una chiamata partita dalla Securty diZurigo diretta a Belgrado in Serbia. Stanno venendoa farti la festa amico mio, vogliono i documenti a tuttii costi, saranno lì in mattinata, se sei nel bunkerrestaci, noi arriveremo il prima possibile.»

«Non ci penso proprio a rimanere nascosto, mipreparo ad accoglierli come si deve.», «Beatricestanno arrivando visite non gradite, tu resta nelbunker e non uscire per nessun motivo, io vado invilla.»

Entrò nell’armeria e si preparò: tuta mimetica, anfibi,giubbotto antiproiettile, gilet e cinturone tattico,visore notturno, sfollagente carbon, AK47 conquattro caricatori, la semiautomatica con duecaricatori e una pistola a tamburo che legò alpolpaccio.

Arrivato in villa con il cellulare digitò il numero di

telefono del server che controllava la casa Domotica.

Poteva comandarla da ogni luogo con semplicità:

controllare le accensioni , l’intensità delle luci,

comandi delle automazioni , come tapparelle,

cancelli , termoregolazioni, irrigazioni, allarme

antintrusione, telecamere esterne e interne. Tutto

quello che serviva era sotto controllo. Dopo essersi

collegato diede il comando per abbassare tutte le

tapparelle e bloccò l’accensione delle luci, la casa

era buia come una notte senza luna e si mise in attesa.

Dopo un paio d’ore il cellulare vibrò era scattato

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l’allarme della recinzione esterna, la telecamera

inquadrò quattro uomini incappucciati e armati di

tutto punto che si stavano avvicinando alla villa.

I quattro Slavi si divisero in due gruppi uno si

diresse alla porta posteriore della villa, il secondo

verso la veranda, Carlos salì al primo piano entrò

nella sua camera, tolse gli anfibi e si mise un paio di

scarpe da tennis mise l’AK47 sulla spalla, impugnò

la semiautomatica, si abbassò il visore notturno e

attese dietro la porta.

Una volta entrati si riunirono nel salone.

«Accidenti non si vede nulla usiamo le pile.Dividiamoci tu vai al piano superiore, tu in cucina, tuin soggiorno, io nel patio, stiamo sempre incollegamento.»

Carlos vide avvicinarsi uno degli intrusi prese ilmanganello e appena entrò nella stanza lo colpì sullanuca, crollò senza un lamento, lo ammanettò e glimise del nastro sulla bocca.

Scese le scale ed entrò in cucina, dove il secondouomo la stava ispezionando e quando si accorsedella sua presenza era troppo tardi, si trovò lapistola puntata alla testa.

«Non dire una parola, mettiti in ginocchio, buttal’arma e metti le mani sopra la testa.»

Prese le manette e le mise ai polsi dell’uomo, lo fecesdraiare, gli avvolse del nastro attorno alle cavigliee sulla bocca.

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«Numero uno, hai ispezionato il primo piano?»Silenzio.

«Numero uno, mi senti?»Silenzio.

«Numero due sei in cucina.»Silenzio.

«Mi senti numero due.», Silenzio.

«Numero tre, dove sei, mi senti?»

«Sì, sono in soggiorno.»

«Molla tutto, torniamo nel salone, due dei nostri nonrispondono.»

«Amico mio, il numero tre non può venire èoccupato, vuoi il mio parere butta a terra il fucile etutto andrà bene.»

«Non ci penso nemmeno testa di cazzo.»E si nascosedietro il divano.

Carlos tolse la sicura alla pistola ed esplose duecolpi che sfiorarono la testa dell’uomo.

«La prossima volta non “sbaglierò” la mira.»

Per tutta risposta l’uomo sparò una raffica di mitra intutte le direzioni, Carlos non rispose per non rivelarela sua posizione e attese tenendolo sotto tiro.

Il telefonino cominciò a vibrare, un nuovo allarme,una decina di persone si avvicinavano alla villa ,erano gli uomini di Dimitri.

«Ciao, ben arrivato. L’uomo rimasto è nascostodietro la poltrona nel salone, usate proiettili digomma non voglio sporcare il tappeto persiano.»

Entrarono dalla porta sul retro e aiutati dai visorinotturni videro immediatamente dove eraaccovacciato, senza pensarci troppo spararono unascarica di pallettoni di gomma che stordirono il

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malcapitato.

«Caricateli sul loro furgone, portateli lontano da quie avvisate la polizia, sapranno cosa fare. Vado a “liberare” Beatrice, grazie di tutto.»

***Mason stava leggendo attentamente il rapportosull’indagine dell’aereo sequestrato dai sei uominidella Rosa Nera nell’aprile 1945:

«L’aereo, uno Junkers 52, decollò da Chiavenna il 23aprile del ’45 con sei uomini a bordo, lo pilotava ilcapitano Giuliano. Atterrò a Berlino-Tempelhof edopo aver scaricato il materiale ripartì di nuovo.L’aeroporto fu consegnato alle nostre truppe in luglioe dai rapporti risulta che un aereo americano decollòil 6 luglio per l’America, con un carico di materialetop secret ed alcuni prigionieri, ritardando di alcunigiorni il ritorno in patria dei nostri soldati morti oferiti.»

Il direttore chiamò Ryan e gli chiese di sedersi: «Hola netta sensazione che stiamo mettendo le mani in unnido di vespe. Un aereo pieno di lingotti d’oroatterra in piena battaglia in un aeroporto tedesco , ilmateriale viene caricato su dei camion, dopo alcunimesi su un aereo americano viene trasportato a NewYork . Ma ti rendi conto che coperture avevano. Ioritorno in America e chiedo un incontro al segretariodel Presidente, meglio essere prudenti. Com’è andataa finire l’incursione degli ex slavi in casa di Carlos.»

«Gli uomini sono stati trovati legati come salami daicarabinieri alla periferia di Lucca e sono statiarrestati, erano ricercati in tutta Europa.»

«Gli è andata bene, si vede che Carlos era inbuona.»Disse sorridendo.

***

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Il vertice della Rosa Nera era riunito nel salone dellavilla di Forte dei Marmi, il rumore inconfondibile diun elicottero che si avvicinava metteva fineall’attesa, una virata e si apprestò ad atterraredolcemente nel prato vicino alla piscina, appenatoccò terra Carlos e Beatrice saltarono giù e siincamminarono verso Giorgio che era davantiall’ingresso.

Tutti erano ansiosi di sapere cosa contenesse laborsa , Giorgio emozionato la aprì.

«Signori, contiene i codici e i documenti di possessodel carico depositato nella camera blindata di unabanca privata a Zurigo, la quantità d’oro conservatonel caveau è di due tonnellate.»

Le banche private in Svizzera sono tra le piùaffidabili, inoltre depositare oro non è vincolato adalcuna costrizione e può essere fatto in modoanonimo, l’importazione e l’esportazione del metalloè libera. I depositi sono per la maggior parte situatiin una zona franca di Zurigo vicino all’aeroporto, incamere blindate che sono le più sicure al mondo.

La sorpresa fu tale che calò un silenzio surreale,finché Giorgio non riprese la parola : «Amici ilvalore stimato è di circa 72 milioni di euro una cifraimportante che useremo per migliorare le condizionidi vita delle persone del nostro amato paese comeavrebbero voluto fare i nostri genitori. Nella borsac’è anche una busta contenente dei fogli vediamocosa c’è scritto:Rapporto del capitano Giovanni, comandante del plotone repubblicano distanza in Germania, al capo supremo della Rosa Nera:

Il 23 aprile 1945 l’avvocato Karl mi telegrafò che era inarrivo all’aeroporto di Tempelhof un aereo che trasportavaun carico che non doveva in nessun modo cadere in mano“nemica”. Ho schierato il mio plotone di camerati a difesa

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della pista, i russi erano vicini e il tempo a disposizione erapoco, appena il carico fu sui mezzi partimmo scortati da dueblindati. Usciti dall’aeroporto scaricammo le casse in unoscantinato e facemmo saltare l’ingresso, il 24 aprilel’aeroporto cadde in mano alle truppe russe meno una parteche resistette fino al 29 aprile, difeso da giovani truppehitleriane. La nostra missione in Germania era finita,attraverso le gallerie della metropolitana e i condotti fognaririuscimmo a superare l’assedio russo, camminammo ancora perun paio d’ore finché incontrammo le avanguardie americaneche ci catturarono. Durante l’interrogatorio chiesi di parlarecon il colonnello Ernesto dell’Office Of Strategic Services egli comunicai le disposizioni che avevo ricevuto. Ci fecetrasferire in un’altra caserma in attesa del trasferimento in uncampo di prigionia in America.

Partimmo con un aereo da trasporto l’otto luglio del ’45insieme al carico che avevamo nascosto , in America fummotrasferiti in un campo di concentramento dove restammo perdue anni, dopo la nostra liberazione ritornammo in Europacon un aereo della Douglas DC-4 della Swissair e portammoa termine la missione.

Un ringraziamento ai componenti della Rosa Nera per tuttoquello che avete fatto per noi e per le nostre famiglie.

Capitano Giovanni.

«Ora sappiamo come si sono svolti i fatti e vista lasituazione ci muoveremo in questo modo: riunioneurgente con tutti i capogruppo della Rosa Nera e tuCarlos devi organizzare il trasferimento dell’oro inun altro Stato, quale lo decideremo dopo la riunione.Ora ci possiamo accomodare a tavola.»

***Roberto chiuso nel suo ufficio della Securty con isuoi più stretti collaboratori era inferocito, daquando aveva saputo che gli uomini inviati alla villadi Carlos non erano riusciti a recuperare i

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documenti.«Siete degli incompetenti, dei buoni anulla, quattro contro uno e non è bastato, cosa devofare, mandare l’esercito. Ci resta l’ultima possibilitàe questa volta non voglio errori. Moltoprobabilmente l’oro potrebbe essere custodito in unacamera blindata situata vicino all’aeroporto diZurigo. Chiederò ai direttori delle banche diavvisarmi se ricevono la richiesta di spostamento.»

***

Mason era nella sede del Pentagono a colloquio conil Segretario della Difesa: «Signore a sommi capiquesto è ciò che abbiamo scoperto, avrei bisognodell’autorizzazione per continuare le indagini.»

«Le darò una risposta al più presto.»

Il Segretario appena ebbe congedato il direttore dellaCIA chiamò al telefono l’ammiraglio Scolari: «Hobisogno di tutte le informazioni che riguardano unvolo militare americano partito dall’aeroporto diTempelhof diretto a New York l’otto luglio 1945,priorità assoluta.»

***

Giorgio era in audio conferenza con otto capigruppo:«Signori ad ognuno di voi darò un compito che deveessere eseguito con il massimo scrupolo edefficienza, lo scopo finale è quello di far cadere ilgoverno in carica.»

Le persone collegate erano: Lenche (Banchieretedesco), Adrien (Banchiere francese), Alexander(Banchiere americano), Amedeo e Maurizio(direttori di giornale), Cristina (titolare di cinque tvprivate), Romano (segretario di un sindacatonazionale).

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«Lenche, Adrien e Alexander dovete vendere tutti ititoli di Stato Italiani che avete nel portafoglio dellevostre banche, Amedeo e Maurizio appena sispargerà il panico, comincerete ad attaccare ilPremier come farai anche tu Cristina nei tuoitelegiornali e tu Romano devi minacciare lo scioperogenerale.»

Appena le maggiori banche tedesche, francesi eamericane cominciarono a vendere i titoli di StatoItaliani le borse andarono a picco e il panico sidiffuse. Televisioni e giornali criticarono aspramentel’operato del Governo, il quale non sapendo chepesci pigliare cercava di giustificare le perdite comeun attacco speculativo e che sarebbe stato di brevedurata. Ma nei giorni successivi la situazionepeggiorava e la borsa sembrava in preda a una crisiisterica.

Il secondo passo era quello di chiedere un governotecnico, in ogni telegiornale il commentatoreallarmava i telespettatori con disastrose notiziesull’economia e la necessità di un nuovo esecutivo. Idibattiti televisivi erano tutti incentrati su un soloargomento “ come uscire da questa crisi cheprovocava ogni giorno perdite per milioni di euro inborsa”. Tutti concordavano sulla necessità di ungoverno di transizione che varasse le riforme che gliultimi governi non erano riusciti a fare.

***

Nella sede del Pentagono il Segretario di Statoconvocò l’ammiraglio nel suo ufficio:«Avete trovatole informazioni che vi avevo richiesto.»

«Sì, questo è il dossier classificato come segreto distato.»

Lo scontro ideologico tra America e Russia iniziòsubito dopo la fine della seconda guerra mondiale, la

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Russia mise sotto la sua influenza buona parte dellenazioni orientali e l’America quelle occidentali etutto quello che era in grado di contrastare la politicaComunista veniva appoggiata e finanziata dagli StatiUniti.

Il segretario aprì il dossier e si mise a leggere: «LaRosa Nera dopo la caduta del fascismo fu l’unicaorganizzazione di destra così potente da essere ingrado di condizionare il risultato delle elezioni e ilnostro Governo non solo non intendeva interferire maera interessato ad agevolarla. Il carico d’orotrasportato in America dal colonnello Ernestodell’OOSS faceva parte della strategia di contrastoal Comunismo e l’Italia era una delle Nazioni dovela sinistra non doveva affermarsi a nessun costo.L’operazione fu approvata al più alto livello.»

L’organizzazione era tenuta sotto controllo dal 1945 ,nel dossier furono riportate tutte le azioni svolte eregistrati tutti i componenti della struttura segreta, deicento senatori americani di oggi dieci facevano partedell’associazione.

Il segretario della difesa chiamò il senatore Tyler ilpiù influente dei dieci legati alla Rosa Nera:«Senatore lei fa parte di una società segreta con sedein Italia?»

«Sì, non lo nego.»

«Senatore lei capisce che dovrò informare ilPresidente.»

«Signor segretario se desidera, le potrei fornire ilnumero di iscrizione alla Rosa Nera del Presidente.»

«Ma cosa sta dicendo!»

«Lei ha il dossier guardi tutti gli affiliati dal ’45 inavanti e vedrà che alcuni sono segretati e lo sa chisono.»

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«No, chi sono?»

«Alcuni dei presidenti che si sono succeduti dallafine della seconda guerra mondiale a oggi.»

«Quello che la Rosa Nera voleva e vuole fare inItalia ha l’appoggio di noi tutti, ne va della stabilitàeuropea e mondiale.»

«Il mio dovere è proseguire le indagini.»

«Faccia come crede signor Segretario.»

Appena chiusa la comunicazione con il senatorechiamò la Casa Bianca, dove rispose il vicepresidente.

«Buongiorno signor Segretario, io e il Presidentestavamo giusto parlando di Lei, la vediamo stanco,pensavamo che un nuovo incarico meno stressantefarebbe bene alla sua salute, non crede?»

«Signor. vicepresidente, io sto benissimo.»

«Bene, sono contento per lei. A cosa debbo la suachiamata?»

«Volevo salutare il Presidente e informarlo diun’inchiesta della CIA, ma adesso che ci penso non ècosì importante.»

«Mi fa piacere sentirglielo dire, la saluto signorSegretario se ci sono problemi con l’inchiesta sirivolga al Senatore Tyler.»

Il segretario chiamò Mason: «Direttore le indaginisulla Rosa Nera e su Carlos devono cessareimmediatamente, d’ora in avanti dovete seguirediscretamente l’evolversi delle loro operazioni manon dovete interferire.»

***

Nella sede della Rosa Nera era in corso una riunione

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del vertice, dovevano decidere il nome del futuropremier. Giorgio disse :« Il presidente del Consigliodeve essere uno di noi, come devono essere tuttiaderenti alla Rosa Nera i Ministri. La persona piùadatta a guidare il governo sei tu Marco.»

I capigruppo avrebbero devono informare tutti iParlamentari ,legati alla società segreta, diindirizzare la scelta su Marco. Avvocato di famainternazionale e presidente di uno dei più grandigruppi industriali al mondo, conosciuto per le suegrandi capacità manageriali e amico fraterno dimoltissimi capi di Stato europei e mondiali.

Giorgio continuò : «Ora bisogna “agevolare” ledimissioni del Premier attuale, per fare questodomani i nostri banchieri venderanno tutte le azionidelle aziende a lui collegate.»

Per tre giorni tutte le azioni delle aziende delPremier furono sospese per eccesso di ribasso alquarto giorno si recò dal Presidente dellaRepubblica per rassegnare le dimissioni.

Al Quirinale il Capo dello Stato dopo le dimissionidel Premier iniziò le consultazioni. Due giorni dopodecise di prendersi una pausa per riordinare le idee.

Dopo un’ attenta analisi sulla rosa dei nomi cheriteneva papabili, decise che l’ingegner Marco era lapersona giusta e lo chiamò per proporgli l’incaricodi primo ministro. Marco ringraziò il Presidente e siprese una notte di riflessione.

Il giorno dopo andò dal Capo Dello Stato persciogliere positivamente la riserva, subito dopo sipassò alla firma e alla controfirma dei decreti dinomina del Capo dell’Esecutivo e dei ministri chegiurarono fedeltà alla Repubblica , poi sipresentarono davanti a ciascuna camera per ottenerela fiducia.

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***

Nel bunker, stavano organizzando lo spostamentodell’oro: «Dimitri.» Disse Carlos,« Hanno decisoche l’oro deve essere spostato nella banca Vaticana ,il trasporto avverrà tra due settimane, tu pianifica lacopertura a terra il resto sarà compito mio.»

Roberto camminava nervosamente nel suo ufficio inattesa dell’agognata chiamata. « Dottore le passo ildirettore della Zurik Bank.»

«Mi dica direttore.»

« Il trasferimento del carico è stato programmato fradue settimane.»

« La sicurezza del trasporto è stata affidata allanostra agenzia e noi faremo in modo che l’oroall’aeroporto non arrivi mai.» Disse sorridendo aisuoi collaboratori.

Arrivati all’aeroporto di Zurigo e una volta espletatele operazioni doganali Carlos andò nella banca doveera depositato l’oro e Dimitri con i suoi uomini siorganizzarono per il trasporto.

Il commesso della banca lo accompagnò daldirettore: «Mi chiamo Carlos e sono stato incaricatodel prelevamento dell’oro, questi sono i documentiche comprovano la proprietà.»

«Sono già stato avvisato e ho provveduto adorganizzare la scorta che vi accompagnerà fino all’aeroporto.»

«La ringrazio ma alla sicurezza ci pensiamo noi e Leinon avrebbe dovuto chiamare nessuno. Lei ha messoin pericolo il trasporto. So che ha avvisato Robertodella Securty per un suo tornaconto personale, oraseguirà esattamente le mie direttive.»

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«Lei mi sta minacciando? Io non farò nulla.»

«Non penso che le convenga. Potrei inviare aigiornali e alle televisioni questo filmato.»

«Quale filmato?»

«Lei ha qualche vizietto e se il filmato diventasse didominio pubblico, la sua carriera sarebbe finita. Eprobabilmente si aprirebbero le porte delle patriegalere, vuole rischiare?»

«Non ho idea di cosa stia parlando. Se non escesubito chiamo la polizia.»

«Faccia pure. Questa è una copia del filmato loguardi, ora la saluto, vado in albergo se mi vuoleparlare questo è il mio numero di telefono.»

Stava per entrare nell’ascensore quando squillò iltelefonino era il direttore della banca:«Sono pronto afare tutto quello che volete, in cambio delladistruzione del materiale che mi riguarda.»

«D’accordo, ecco quello che deve fare.»

Il giorno del trasporto era arrivato gli uomini dellaSecurty caricarono le casse controllate a vista dalleguardie della banca sui mezzi. Il tratto da percorrereper l’aeroporto era di un paio di chilometri e unavolta entrati da un passaggio carraio secondarioanziché dirigersi verso l’hangar privato, doveavrebbe dovuto trovarsi un aereo da trasporto prontoal decollo, entrarono in un capannone dove liattendeva Roberto.

«Avete avuto dei problemi?»«Liscio come l’olio.»«Strano, mi aspettavo che Carlos vi facesse seguire.Questa faccenda mi puzza. Avete controllato ilcarico.»

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«Sì, prima che chiudessero le casse abbiamoverificato che contenessero i lingotti.»«E non c’era nessuno della sicurezza di Carlos?»«No, c’era solo il direttore e la sicurezza dellabanca.»«Non mi convince, aprite una cassa.»

*** Giorgio in audio conferenza illustrò al Premier e haineo Ministri quali erano le leggi che avrebberodovuto promulgare subito per decreto e quelle chenecessitavano più tempo, come cambiare laCostituzione.

Nell’ordinamento italiano un decreto legge è unprovvedimento provvisorio avente forza di legge,adottato in casi straordinari di necessità e urgenza.Entra in vigore subito dopo la pubblicazione sullaGazzetta Ufficiale, ma gli effetti prodotti sonoprovvisori, perché perdono efficacia sin dall’iniziose il Parlamento non li converte in legge entrosessanta giorni dalla loro pubblicazione.Poi si mise in collegamento con i banchieri, i qualiavrebbero dovuto acquistare di nuovo i titoli italianie infine con i direttori dei giornali e delle televisioni, il loro compito era quello di enfatizzare ilcambiamento in positivo dell’economia.

Nel primo consiglio il Primo Ministro indicò lepriorità: «Il nostro obiettivo primario è cambiare laCostituzione, l’Italia dovrà diventare una RepubblicaPresidenziale con elezione diretta del Capo delloStato che avrà i seguenti poteri:

detentore del potere esecutivo,possibilitàdi esercitare il diritto di veto sulle leggiproposte da camera e senato, nominare e

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revocare ministri, nel suo mandato nonpuò essere sfiduciato, la durata è dicinque anni e può essere rieletto per trevolte;capo delle forze armate;la più alta carica della magistratura.

Il cambiamento sarà epocale e dovremo averel’appoggio del popolo, perciò il nostro compitoprincipale sarà quello di far approvare leggi condecreto che vadano incontro alle loro aspettative, lepiù urgenti sono: ridurre del cinquanta per cento ladiaria degli eletti di Camera e Senato. Togliere ilfinanziamento ai partiti. Attivare un fondo per losviluppo. Fare ripartire le grandi opere. Pagamentoentro novanta giorni di tutte le fatture dovute a terzi.Tutte le assunzioni devono essere a tempoindeterminato e per tre anni il datore di lavoro saràesente da contributi. Riduzione del cuneo fiscale .Ridiscutere con l’Europa il patto di stabilità o, comedicono gli inglesi, il fiscal compact, approvato conun trattato internazionale, il quale contiene una seriedi regole come : l’inserimento in Costituzionedell’obbligo di perseguire il pareggio di bilancio, dinon superare la soglia di deficit strutturale e diridurre in modo significativo il debito. Questi sono iprimi provvedimenti, poi passeremo al resto.»

*** Roberto nell’hangar dell’aeroporto di Zurigo feceaprire una cassa e controllò di persona i lingotti. Conla lama di un coltello ne incise uno:« Ma sono dipiombo?! » disse esterrefatto.Inferocito sbraitò:«Andate a prendere il direttoredella banca e portatemelo qui.»«Ma è un sequestro di persona?»

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«Non me ne frega un cazzo, non mi faccio prendereper il culo da un pervertito.»Mentre Roberto stava riflettendo sul da farsi, Carlosera in viaggio per Lugano, destinazione aeroporto diAgno.«Dimitri quanto manca .»«Un centinaio di chilometri.»«Ho la sensazione che avremo problemi, allerta iragazzi.»Roberto aveva perso ogni prudenza salì su unelicottero con altri due uomini, armati di tutto punto econ le indicazioni che gli aveva fornito il direttore sidiressero verso Lugano.«Dimitri, ormai Roberto si sarà accorto dell’ingannoe cercherà di raggiungerci, sa dove siamo diretti,cambiamo i piani originali torniamo indietro eandiamo all’aeroporto di Berna, chiama il pilota edigli di spostarsi.»«Siamo quasi a Lugano e non si vedono. Hannocambiato strada? Chiama tutti gli aeroporti e chiedise un aereo privato ha richiesto il permesso diatterrare.» Disse Roberto al copilota.«Signore l’aeroporto di Berna ha appena datol’autorizzazione all’atterraggio di un aereo cargo.»«Andiamo a Berna.»

*** Ordine del giorno del Consiglio dei Ministri ”Riduzione delle spese” .«Signori Ministri, analizziamo le spese per lagestione dell’apparato di Governo e se dovremochiedere dei sacrifici agli Italiani cominciamo noi adare l’esempio. Il costo mensile per ogniparlamentare è di circa 10.435 euro lorde più 3503di diaria e 3690 di rimborso spese, 65.000 auto blu

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con un costo annuo di circa un miliardo e 200 milionidi euro, di questi il 70% è dovuto al personale, 2000agenti impegnati nelle scorte il cui costo è di circa250 milioni di euro annui», dopo un attimo di pausacontinuò «Io proporrei questi tagli: riduzione del50% del costo mensile dei parlamentari , lasciandoinvariata la diaria e rimborso spese, non rimpiazzareil turnover del personale delle auto blu e togliere80% delle scorte. La riduzione degli stipendi deiparlamentari ci farebbe risparmiare circa 56 milionianno. Presumendo un turnover del 20% annuo delpersonale addetto alle auto blu avremmo unrisparmio di circa 240 milioni annui. La riduzionedelle scorte dell’ 80 % ci permetterebbe unrisparmio di 200 milioni annui, per un risparmiototale di circa 450 milioni annui. Rispetto al bilanciototale dello Stato che è di circa 450 miliardi è pocacosa ma è un primo segnale di cambiamento.»

*** I blindati erano arrivati alla periferia di Berna,decisero di deviare su una strada secondaria che inquel momento era deserta.«Dimitri mi sembra disentire il rumore di un elicottero.»Si sporse dal finestrino e lo vide avvicinarsivelocemente, li sorvolò fece una virata e si mise ditraverso a una decina di metri d’altezza, si aprì ilportellone e uomini armati di fucili mitragliatoriaprirono il fuoco.«Proseguite fino all’aeroporto, noi ci fermiamo.»Si accostarono al ciglio della strada, presero gliAK47 e scesero dal mezzo riparandosi dietro diesso. L’elicottero era proprio di fronte a loro, Carlospuntò il suo AK47 e aprì il fuoco lo stesso feceDimitri, tutti i colpi andarono a segno, il pilota tentòuna manovra diversiva per evitarli ma non fu

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abbastanza veloce, il motore fu colpito più volte ecominciò a perdere quota. Prima ancora che toccasseterra tutti gli occupanti saltarono a terra e siallontanarono, lo spostamento d’aria provocatodall’esplosione li gettò a terra ma se la cavarono conparecchie escoriazioni e qualche piccola ferita.Quando Roberto si alzò tremante per il pericoloscampato vide i mezzi blindati allontanarsi senzadanni verso l’aeroporto scoppiò in una risataisterica.

***Beatrice in attesa che Carlos arrivasse a Genova , sicrogiolava al sole primaverile sul ponte dello yacht,ancorato nel porto Marina Porto Antico capace di280 posti barca.Lo Yacht era lungo sessanta metri e largo venti, condue motori da 1350 HP ciascuno, che consentiva unavelocità di crociera di undici nodi, le cabine eranosette ,una amatoriale matrimoniale sul ponteprincipale, una cabina vip matrimoniale a poppa, acentro barca una cabina ospiti con due letti, a sinistracabina ospiti matrimoniale, a centro barca gli alloggiper l’equipaggio con una cabina per il comandante edue per i marinai, due saloni, sala da pranzo ecucina.Nel pomeriggio il suo telefonino squillò eraCarlos:«Ciao, tutto bene stiamo arrivando, Roma ciaspetta.»«Ciao amore, mi manchi.»Arrivò al porto alla guida di un grosso camion erivolgendosi a Dimitri disse «Mettiamo le cassenella stiva il carico deve essere tenuto sottocontrollo giorno e notte.»Una volta sistemato, si recò dal comandante :«Quanteore sono necessarie per arrivare al porto diCivitavecchia.»

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«La distanza è di 190 miglia nautiche, mantenendouna velocità di undici nodi sono necessarie circadiciassette ore, però dovremo fare una fermata aLivorno per rifornirci di carburante, diciamo che inuna ventina di ore saremo a destinazione.»«Bene comandante, salpiamo domattina alle sei.»,«Dimitri occhi aperti, distribuisci le armi ai tuoiuomini e predisponi i turni di guardia.»Nella sede della Securty Roberto era in attesa che ilmessaggio venisse decriptato :«Signore, sono aGenova e intendono andare a Roma con uno yacht.»«Bene partiamo per Civitavecchia.Fatemi trovare unpaio di motoscafi d’altura li intercetteremo in altomare prima che arrivino in porto.»Dopo cena Carlos e Beatrice si ritirarono nellacabina Vip fornita anche di idromassaggio, eraquello che ci voleva per rilassarsi , stapparono unabottiglia di Cartizze ed entrarono nella vascaamandosi intensamente.Dopo una notte tranquilla a riportarlo alla realtà ful’interfono, il capitano lo avvisava che erano le seied erano pronti a salpare.Era ancora buio quando lo yacht lasciava il porto perdirigersi al largo, il mare era calmo e il viaggioverso Civitavecchia si prospettava tranquillo, non lapensava così Carlos, era nervoso i suoi sensi eranoall’erta chiamò Dimitri e lo mise al corrente dei suoitimori, si aspettava una reazione diRoberto:«Aumenta i turni di guardia e fai mettere unamitragliatrice M60 a prua e una a poppa, avverti ilcomandante di avvisarci immediatamente se il radarrileva l’avvicinamento di qualche imbarcazione.»

*** Il Consiglio dei Ministri mise all’ordine del giorno ilFondo per lo Sviluppo «Signori ministri con le

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riduzioni che intendiamo effettuare e ve le ricordo:riduzione del 50% del costo mensile deiparlamentari e senatori, non rimpiazzare il turnoverdel personale delle auto blu e togliere 80% dellescorte, porteranno un risparmio di circa 450 milionil’anno» disse il primo Ministro e dopo un attimo dipausa continuò « Per creare il “fondo per losviluppo” oltre ai risparmi dovuti alle riduzionidovremo chiedere un piccolo sacrificio al popolo. InItalia i lavoratori sono circa 22 milioni e i pensionaticirca 19 milioni se donassero 20 euro al mese comemedia si ricaverebbero circa 82 milioni di euro almese più i 40 di riduzioni arriviamo 122 milioni.Una parte del fondo circa 52 milioni al meseserviranno per finanziare nuovi progetti e per leaziende in difficoltà, il resto circa 70 milioni sarannodisponibili per le aziende che assumeranno concontratto indeterminato. Questo permetterebbe didare un lavoro a circa 45000 dipendenti con unostipendio di 1500 euro al mese e le ditte a questilavoratori pagheranno solo i contributi. Se sieted’accordo, prepariamo il Decreto Legge.»I ministri annuirono ritenendo che questo decretoporterà solo vantaggi . All’economia sicuramente esoprattutto al Governo in termini di consenso , tema acui tenevano in modo particolare.

***Dopo il rifornimento nel porto di Viareggio ripreseroil largo, le ore passavano lente e noiose , erano leundici di sera e mancavano poche ore all’arrivo nelporto di Civitavecchia e tutto sembrava andare per ilmeglio.All’improvviso l’altoparlante cominciò a gracchiare,era il comandante: «Due motoscafi in avvicinamentouno punta vero la poppa e uno verso la prua, distanzacinque chilometri.»«Ci siamo!»Gridò Carlos,«Prepariamoci a riceverli.

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Accendete i fari e cercate di individuarli.»I fari erano come lame nel buio ma non riuscivano adinquadrarli.«Comandante a che distanza sono i motoscafi», disseCarlos attraverso la ricetrasmittente.«Sono a circa quattro chilometri.»«Tra poco saranno a tiro assicurati che tutti abbianoindossato il giubbotto antiproiettile. Beatrice misenti?»«Sì.»«Non venire sul ponte, stai al coperto.»«Carlos, li abbiamo individuati.»Disse Dimitri.I motoscafi arrivati a tiro aprirono il fuoco con lemitragliatrici pesanti, i proiettili colpirono sia lapoppa che la prua, i marinai nella cabina di comandofurono feriti dalle schegge di legno e dai vetriinfranti , il comandante decise di scendere al posto dicomando inferiore che era più protetto.La risposta degli uomini di Carlos non si feceattendere, uno dei natanti si trovò sotto il fuocoincrociato e gli fu fatale, colpito ai serbatoi esplosein una palla di fuoco e affondò in pochi minuti. Ilsecondo sfuggì ai proiettili e sfruttando un puntocieco della nave riuscì ad avvicinarsi alla murata.Gli uomini lanciarono dei rampini e si prepararonoall’abbordaggio armati di tutto punto.«Abbiamo ospiti a bordo spegnete tutte le luci eusate i visori notturni, girate la mitragliatrice di pruaverso il ponte e quella di poppa spostatela al pianosuperiore della barca, noi cercheremo di tenerliimpegnati.»Gli uomini di Roberto continuavano a salire e lasituazione per Carlos si faceva critica, erano benorganizzati e determinati. Una volta arrivati sul pontesi divisero in due gruppi, uno puntò verso la

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mitragliatrice che si trovava a prua e l’altro verso ilponte di comando.Il primo gruppo fu bloccato dal fuoco degli uomini diDimitri mentre il secondo, quello che si stavadirigendo verso la prua, riuscì con un fuocomicidiale a far arretrare gli uomini addetti allamitragliatrice, la situazione si faceva disperata alcunierano feriti e le munizioni cominciavano ascarseggiare, avevano bisogno d’aiuto.«Dimitri, ci sono addosso, quattro di noi sono aterra, le munizioni sono quasi esaurite.»«Dovete mantenere la posizione. Abbiamo bisognodi copertura e finché la seconda mitragliatrice non èsul ponte superiore non possiamo muoverci.»«Carlos posso esservi d’aiuto?»«Beatrice cosa diavolo ci fai qui? Ti avevo detto distare in cabina.»Sul volto di Carlos si dipinse lapreoccupazione.«So usare benissimo qualunque arma.»«Sei la solita testona.»«Ho avuto un gran maestro.» Disse sorridendo.«Voi due statele vicino, noi appena la mitragliatriceci darà copertura andremo a dare una mano a prua.»La mitragliatrice sul ponte superiore cominciò asparare falciando gli uomini di Roberto che sitrovavano allo scoperto mentre stavano cercando diavvicinarsi al ponte di comando.« E’ il momento.» Gridò Carlos e insieme a Dimitrisi misero a correre sparando raffiche di mitra verso ibanditi che si trovavano sulla loro strada.Due di loro furono colpiti e gli altri si ripararonodietro a dei grossi divani, l’attacco era riuscito,arrivarono a prua senza grossi danni.«Prendiamo noi la mitragliatrice, voi portate i feritiverso il ponte di comando.»

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Il fuoco incrociato delle due mitragliatricicostringeva gli assalitori di mantenersi al coperto.«Chiama Beatrice , digli di ritirarsi nel salonementre noi teniamo impegnati questi bastardi.»«Sono Dimitri ritiratevi vi copriamo noi.»Nessuna risposta.« Beatrice tutto bene, mi senti?»Nessuna risposta.«Coprimi, vado a vedere cosa è successo.»DisseCarlos preoccupato.«Sono Dimitri, tutti devono coprire Carlos, avetecapito bene, coprite Carlos, fuoco di sbarramento avolontà.»Era a qualche decina di metri da lei quando vide dueuomini che gli stavano puntavano il fucile, era supinae sembrava non reagire, puntò l’arma e fece fuoco idue non si accorsero di nulla e caddero a terrafulminati.Una valanga di fuoco si riversò sugli uomini diRoberto , il quale vista che la situazione stavaevolvendo al peggio gridò :«Abbandoniamo lanave.» I pochi rimasti ancora in grado di muoversi sidiedero ad una fuga precipitosa .Carlos si avvicinò a Beatrice, s’inginocchiò, glisollevò la testa, respirava a fatica, il sangue siallargava sotto la schiena, tamponò la ferita, avevabisogno d’aiuto immediato era in pericolo di vita,doveva chiamare Giorgio.«Giorgio siamo stati attaccati, ci sono morti e feriti,abbiamo bisogno d’aiuto, Beatrice è feritagravemente bisogna trasportarla in ospedale al piùpresto possibile.»«Carlos ci penso io, dammi le coordinate.»Delicatamente le tolse il giubbotto antiproiettile, lapallottola era penetrata nel polmone, passando

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attraverso l’unico punto non protetto sotto la spalla.Con un tampone premuto sulla ferita tentava diarrestare l’emorragia, era sempre più debole, lasperanza di poterla salvare cominciava a vacillare.

«Carlos, stanno arrivando gli elicotteri» disseDimitri.

Fu trasportata sul primo, mentre sugli altri due furonocaricati i feriti e i morti durante gli scontri. Una voltain quota il medico la visitò, era in stato di shock.Data la perdita di sangue, le fece una trasfusione, lemise la maschera per l’ossigeno e iniziò una terapiacon analgesici e sedativi.

L’emorragia non si arrestava, il monitor chevisualizzava i parametri vitali indicava che lapressione arteriosa continuava a scendere, il medicodecise che doveva intervenire chirurgicamentesenz’aspettare l’arrivo in ospedale.

L’intervento durò circa mezzora e i risultati si viderosubito, la pressione aumentò e tutti i parametri vitalimigliorarono sensibilmente.

Gli elicotteri uno dopo l’altro, si posarononell’eliporto della clinica privata, che eraamministrata da Giorgio. I feriti dopo essere stativisitati al pronto soccorso furono indirizzati alle saleoperatorie e gli uomini deceduti trasportatiall’obitorio. Beatrice invece fu portata inrianimazione, le sue condizioni erano migliorate maera ancora in pericolo di vita.

***

Nel Consiglio dei Ministri, presieduto da Marco, sidoveva decidere come rilanciare l’economia.Decisero che la casa, bene primario degli italiani,poteva essere uno dei mezzi per mettere in moto

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l’industria, resa asfittica da anni di recessione. Unmiliardo investito nell’edilizia ne produce altri tre,generando migliaia di occupati, muovendo uncentinaio di comparti industriali, come lametallurgia, l’industria del legno, del movimentoterra e altri settori.

Dovevano trovare una proposta equilibrata che dessela possibilità alle famiglie di acquistare e allo Statodi avere le risorse per mantenere gli impegni cheintendeva assumere. Decisero di creare un “mutuosostenibile” che permettesse l’acquisto della primacasa senza avere bisogno dell’anticipo:

Il mutuo prevede un importo pari al costo totale sostenutoper realizzare un alloggio di nuova costruzione e lo Stato,attraverso il “fondo di solidarietà”, si sostituirà al soggettoavente titolo all’acquisto; la cessione della proprietà avverràcon il pagamento dell’ultimo rateo di riscatto.

"I ratei di riscatto con il mutuo sostenibile sono mensili, fissi ecomposti dalla quota di capitale maggiorata dell’1% diinteresse, e di ammontare non superiore a un quinto delreddito mensile del beneficiario. Il pagamento della rata saràsospeso in caso di disoccupazione o altro impedimento che siverificasse al beneficiario, previo accertamentodell’impedimento stesso (1).

«Con questo provvedimento potremo costruireduecento appartamenti al mese. La spesa stimata è ditrenta milioni, che preleveremo dal fondo solidarietà.Un decreto che permetterà alle giovani famiglie diavere la sicurezza di una casa, anche in condizionieconomiche difficili come l’attuale. E a noiaumenterà il consenso, ricordiamoci che il nostrofine ultimo è governare il più a lungo possibile.»

***Roberto della Securty si stava leccando le ferite manon intendeva mollare, si stava riorganizzando, ed

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era sua intenzione tentare il tutto per tutto, quando lanave sarebbe entrata in porto.

In attesa che gli uomini necessari per l’operazionearrivassero a Civitavecchia, decise di andare ariposarsi in albergo. Si sdraiò sul letto ma nonriusciva a dormire, le ultime parole pronunciate dasuo padre Alberto in punto di mortel’ossessionavano: «Giurami che recupererai l’oro adogni costo! Giuramelo».

Il comandante Alberto, fin da giovane aveva le ideechiare su come districarsi nella vita quotidiana,perseguiva con determinazione tutto ciò che gliportava un tornaconto personale. Quando compìdiciott’anni, entrò nei Fasci giovanili dicombattimento, costituiti nel 1930 dal GranConsiglio del Fascismo, per poi passare al GUFquando era studente universitario. Ogni città, seaveva almeno venticinque fascisti iscritti, potevadisporre di una sede, con al comando unresponsabile nominato dal Segretario Federale.Alberto ne iscrisse un centinaio e fu premiato dalFederale in persona.

L’Italia invase la Grecia il ventotto ottobre del 1940e buona parte dei fascisti della sede, partironovolontari per la guerra. Alberto rimase al suo postodiventando “il Federale” della sua città e vi restòfino al 23 settembre 1943, data di nascita dello“Stato Nazionale Repubblicano”, nota comeRepubblica di Salò.

L’avanzata angloamericana spostava sempre più anord il territorio ancora in mano alle truppenazifasciste. Alberto insieme ad altri camerati decisedi seguire il Duce trasferendosi a Milano. Il suocompito era quello di arruolare, addestrare i militaridella Repubblica Sociale Italiana e organizzareazioni di contrasto al terrorismo. In cuor suo sapevache la guerra era persa e cominciò a pensare al dopo.

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Ambiguamente, mentre incitava i suoi soldati acombattere sino alla fine, teneva contatti con icomandanti partigiani, fornendogli informazioni suiluoghi dove i tedeschi intendevano fare irastrellamenti.

All’inizio di aprile del 1945, arrivò nella caserma uncarico d’oro e di valuta pregiata per diversi miliardidi lire. L’oro doveva essere trasportato in un postosicuro e l’incarico gli fu affidato dalla più alta caricadel Regime.

Affidò il trasporto al reparto detto “La Rosa Nera”,che avrebbe dovuto consegnarlo a un emissariosvizzero. Ma quando una parte del carico cadde inmano partigiana capì che il piano era stato scoperto.L’insurrezione era vicina e il clima era del si salvichi può. Decise così di vendere l’informazione sulluogo previsto per l’incontro, in cambio della vita edi un salvacondotto per la Svizzera. L’oro non fu maitrovato.

***

Beatrice continuava a migliorare, la fecero usciredalla rianimazione trasferendola in una cameraprivata. Carlos, che non si era mosso dall’ospedale,decise che era venuto il momento di partire perCivitavecchia e portare a termine la missione.

L’elicottero era in attesa, e lei dalla finestra dellasua stanza lo salutò con un bacio. Il volo fino allanave fu tranquillo e prima dell’imbrunire era in vistadella nave, altri cinque minuti e i pattini toccaronol’eliporto. Scese velocemente e tenendosi basso siavviò verso la plancia.

Là Dimitri lo attendeva. «Beatrice come sta?»

«Si sta riprendendo, è uscita dalla rianimazione.»

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«Bene, sono certo che guarirà perfettamente.»

«Grazie, ora pensiamo a portare a termine lamissione. Trasporteremo il carico con un elicotterofino alla banca Vaticana, poi entreremo in porto conla nave e attenderemo le mosse di Roberto.» Dovevatrovare un elicottero da trasporto da noleggiare. Glivenne in mente che un suo collega pilota, dopo ilcongedo, aveva fondato una società specializzata neltrasporto di persone e lavori aerei. Si chiamavaAlessandro, guardò nella sua agenda elettronica etrovò il numero di telefono.

«Ciao sono Carlos, ho bisogno di noleggiare unelicottero per il trasporto di un carico di duetonnellate.»

«Ho disponibile un elicottero multiruolo bi turbinaquadripala, può trasportare carichi interni fino a2100 chilogrammi.»

«Proprio quello che mi serve. Saremo pronti per iltrasporto fra qualche giorno, tieniti pronto. Intanto tiinvio un sms con le coordinate della nave.»

***Lo squillo del telefonino distolse Roberto dai suoipensieri.

«Abbiamo intercettato una telefonata di Carlos fatta aun suo ex collega pilota, con la richiesta di unelicottero da trasporto.»

«Tenete sotto controllo tutte le utenze di Carlos,quelle di Dimitri e del pilota di elicotteri, devosapere dove hanno intenzione di portare l’oro.»

***Sulla nave fervevano i preparativi, Carlos era inattesa del via libera da Giorgio, che arrivò con unatelefonata. «Puoi procedere con l’operazione, tiaspettano tra due giorni a Roma.»

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Carlos riattaccò e chiamò Alessandro. «Ciao siamopronti, ti aspettiamo tra due giorni.»

«Ok, qual è la destinazione?»

«La banca Vaticana. L’eliporto si trova nei GiardiniVaticani. La piazzola per l’atterraggio è in cemento,lunga venticinque metri e larga 18.»

«Ok.»

***Nella sala comunicazioni della Securty a Zurigo lachiamata di Alessandro all’ENAV per la richiesta disorvolo della città fu intercettata.

«Signore, il pilota dell’elicottero ha richiestoall’ENAV l’autorizzazione per il sorvolo di Roma eall’atterraggio in Vaticano.»

«Ottimo lavoro, per quando è previsto?»

«Tra due giorni.»

Carlo alzò il telefono e chiamò il centralino delVaticano.

«Buongiorno, avrei bisogno di parlare con ilcardinale Stefano.»

«Chi devo dire?»

«Dottor Roberto.»

«Attenda in linea.»

Si salutarono.

«Roberto, quanto tempo è passato, se non ricordomale l’ultima telefonata che ho ricevuto da te, era percomunicarmi la morte di tuo padre?»

«Sì, è vero, non ho scusanti.»

«Ti perdono, cosa ti porta a me?»

«Avrei bisogno di vederti urgentemente.»

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«Attendi un attimo» Mise in attesa il telefono e fecel’interno del suo segretario. «Domani alle undicisono libero da impegni.»

«Grazie, a domani.»

Lasciò Civitavecchia alle sette di mattina. Perarrivare in Vaticano doveva percorrere sessantottochilometri e non voleva arrivare in ritardo. Ci volleun’ora per arrivare all’ingresso dell’autostradaRoma-Grosseto. Nonostante il traffico intenso allenove e trenta stava percorrendo la via Aurelia e alleundici, puntuale, era in attesa di essere ricevuto dalcardinale.

«Ciao Roberto, ti vedo sciupato, cosa ti tormenta?»

«Eminenza, prima di morire mio padre mi ha fattogiurare di recuperare l’oro che arrivò alla prefetturamilanese nel ’45.»

«Sì, tuo padre me ne parlò. Quando apprese che erascomparso nel nulla entrò in depressione e,nonostante le cure, non guarì mai del tutto. Sonopassati più di sessant’anni, chissà dove sarà finito.»

«Sta per essere depositato nella vostra banca!»

«Non può essere. Sarei stato informato!»

«Ne sono più che sicuro!»

«Attendi, faccio una telefonata.»

***Giuliano si collegò in audio conferenza con alcunicomponenti della Rosa Nera. In comunicazionec’erano: i direttori dei due giornali, Amedeo eMaurizio nella sede di Milano, mentre nella sede diRoma era presente l’amministratore delegato dellecinque televisioni private dottoressa Cristina. Sia letelevisioni che i giornali appartenevano a un gruppodi aziende controllate da una società i cuiamministratori erano le stesse persone che erano al

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vertice della società segreta.

Accese il microfono. «Signori, il momento è propizioper modificare la Costituzione, il gradimento degliitaliani nei confronti del Governo è salito al 70%,anche grazie al vostro aiuto. Inizieremo subito l’iterparlamentare che durerà circa un anno. Ci sono peròalcuni giornali e alcune televisioni che etichettanoquesta modifica alla Costituzione come un “colpo diStato”. Ed è questo il motivo della mia chiamata.Dovete convincere i telespettatori e i lettori che laRepubblica Presidenziale porterebbe notevolivantaggi a tutti. Il presidente non dovrà più sottostareai veti di partiti e partitini, porterebbe così acompimento tutte quelle leggi necessarie perriformare il Paese e rimettere in moto l’economiasenza intralci. Mi aspetto che già da oggi ne parliatenei telegiornali e che domani la stessa cosa avvengasui giornali, buon lavoro a tutti noi.»

Dopo l’iter parlamentare per la modificaCostituzionale era arrivato il giorno della primavotazione. La prima delle quattro necessarie pertrasformare l’Italia in Repubblica Presidenziale.Nella Camera del Senato tutti i posti erano occupati,non mancava nessuno.

Gli interventi dei capigruppo dei vari partiti politicisi susseguivano, avevano a disposizione non più didue minuti ciascuno e di dieci minuti complessivi perciascun gruppo. Alcuni Parlamentari manifestavano illoro dissenso etichettando la manovra come un colpodi Stato della destra, altri urlavano che laCostituzione era stata scritta con il sangue di milionidi italiani, cambiarla voleva dire ucciderli unaseconda volta. Mentre i partiti favorevoli allamodifica ne elogiavano i vantaggi. Il clima eraincandescente e dai banchi dell’opposizione si alzòil grido di “fascisti, fascisti”.

Alcuni senatori di gruppi contrapposti lasciarono i

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propri posti e si avventarono gli uni contro gli altri.Volarono parole grosse e anche qualche spintone, labagarre fu sedata a fatica dai commessi. Il presidentedel Senato minacciava l’espulsione dall’aula dei piùfacinorosi e, constatando che nessuno lo ascoltava,decise di sospendere la seduta per trenta minuti.

Al rientro in aula, gli animi erano più sereni e siriuscì a portare a termine gli interventi. Dopol’ultimo si passò al voto.

Il presidente prese la parola: «Senatori, se fatesilenzio posso dare il risultato della votazione.Senatore Rota, se non smette la faccio espellere».

Dopo qualche minuto la calma tornò e il presidenteriuscì a leggere il risultato.

«Votanti 323, maggioranza 162, 250 hanno votato sìe 73 hanno votato no, il Senato approva.»

Scene di giubilo dai banchi dei favorevoli e fischidall’opposizione, il cammino era ancora lungo ma unprimo passo positivo era stato fatto.

***

Dopo un’ora il cardinale rientrò nell’ufficio doveRoberto era rimasto in attesa.

«Scusa per l’attesa, dovevo fare alcune verifiche.»

«È cos’avete scoperto?»

«Che è tutto vero. Domani arriverà il carico e saràdepositato nel caveau della banca.»

«Quell’oro è mio di diritto!»

«Quell’oro è proprietà del popolo italiano. Ecomunque non saprei come aiutarti.»

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«Ho giurato a mio padre che lo avrei recuperato, eintendo farlo.»

«Non ti riconosco più, l’oro ti ha annebbiato lamente.»

«Il tuo aiuto non è indispensabile, ne farò a meno.»

«Ma cosa intendi fare?»

«Non preoccuparti, è un problema mio. Riveriscoeminenza» disse.

«Non fare sciocchezze, pregherò per te.»

Uscì dallo studio inferocito. «Vecchio capronerincitrullito, vedrai cosa sono in grado di fare.»

***Sulla nave le casse erano sul ponte, pronte per iltrasporto. In plancia il capitano pianificava la rottada tenere per approdare al porto di Civitavecchia.Sembrava che tutto andasse per il verso giusto.

«Signor capitano!» disse l’addetto al radar. «Unaereo si sta dirigendo verso di noi!»

«Chiama Carlos. Avvertilo.»

Carlos si stava recando verso la plancia di comando,quando squillò il suo cellulare. Sul display comparveil nome di Giuliano.

«Ciao, cosa succede?» disse allarmato, «devi andaresubito in ospedale, Beatrice si è aggravata, hoinviato un elicottero a prelevarti». Dopo una brevepausa continuò: «Sospendi tutte le operazioni fino anuovo ordine. Avviserò io il comandante di tornareal porto di Genova!».

Il volo verso l’ospedale sembrava non finire mai, ipensieri più cupi non lo lasciavano , gli sembrava disoffocare, non aveva mai provato una sensazione delgenere, neanche nelle missioni più difficili e

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pericolose, il pensiero di perderla lo facevaimpazzire.

L’elicottero non aveva ancora appoggiato i pattini sulterreno che aprì il portellone e salto giù, si mise acorrere verso l’infermiere che era in attesa. «Venga,l’accompagno.» Arrivato in sala rianimazione siinfilò il camice verde ed entrò.

Era circondata da medici e infermieri, aveva avutodue arresti cardiaci, risolti con la defibrillazione, mai battiti continuavano a essere irregolari. Si avvicinòal letto, era pallida, sudata, le prese la mano e leiaprì gli occhi. Non poteva parlare, il tubo per larespirazione glielo impediva, una lacrima le scesesulla guancia. Il monitor cominciò a emettere unsuono continuo, tentarono per venti minuti dirianimarla poi si arresero, Beatrice chiuse gli occhiper sempre. Carlos la baciò e se ne andò senzavoltarsi.

Era furibondo, risalì sull’elicottero che era rimastoin attesa e decollò per Genova. Una volta arrivati siavviò alla stazione dei taxi e si fece portare al GrandHotel Roial che distava ottocento metri dal porto. Incamera istintivamente fece il numero di cellulare diBeatrice, non aveva mai pianto in vita sua ma quellavolta lo fece.

Il giorno dopo, in attesa della nave, lo passò sulmolo immerso nei suoi pensieri. Il dolore glichiudeva lo stomaco, si sforzò di mangiare un paninoe una birra in un bar frequentato da lavoratoriportuali, all’imbrunire lo yacht entrò nel porto.

Dimitri disperato lo accolse con un abbraccio.«Carlos, non ho parole! Mi dispiace. Sembrava chetutto fosse andato per il meglio? Com’è possibile?»

«Grazie Dimitri. Sono sopraggiunte gravicomplicazioni. Sono distrutto, Roberto la pagheràper il male che mi ha fatto. È colpa sua se è morta.»

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«Capisco la tua rabbia e il conto lo regoleremo. Mala missione deve continuare! Dovresti chiamareGiuliano.»

«Ciao Giuliano.»

«Carlos sono distrutto dalla notizia! Mi dispiace!»

«Ti ringrazio.»

«Anche se è un momento tremendo, ho bisogno deltuo aiuto. L’oro dev’essere trasportato in un postosicuro, la banca Vaticana non lo è più. Io ritengo cheal momento si potrebbe pensare al bunker della tuavilla, che ne dici?»

«Che è la soluzione migliore, provvedo subito achiamare Alessandro per il trasporto.»

***

Roberto, inferocito, stava ripensando alladiscussione avuta con il cardinale. Era in autostradaquando il telefono incominciò a squillare. Attivò ilviva voce premendo il bottone sul volante. «Pronto.»

«Dottore, attenda in linea, le passo il cardinaleStefano.»

«Ciao Roberto, il trasporto del carico d’oro è statoannullato.»

«Non capisco, qualcuno ha avvisato Carlos?»

«Sembra che sia morta la sua compagna.»

«Questo non ci voleva!»

«Ma per caso... tu c’entri con la morte di quelladonna?»

«Non direttamente.»

«Mio Dio Roberto! Cos’hai fatto? Hai perso ilsenno? Ti sei macchiato di un assassinio?»

«Era necessario, per avere quello che mi spetta.»

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«Ma quell’oro non è tuo. Come non era di tuo padre.Come posso fartelo capire!»

«Quell’oro è mio. Ora ti saluto e prega per la miaanima.»

Chiuse la comunicazione e si asciugò la fronte dalsudore freddo, aveva brividi in tutto il corpo. Sapevache Carlos gli avrebbe fatto pagare la morte dellacompagna.

***

L’elicottero da trasporto si posò nel giardino dellavilla, le casse furono portate nel bunker. Sistematol’oro la porta fu chiusa e due uomini la presidiaronoa turno.

Carlos entrò nella villa e salì nella sua camera, sibuttò sul letto senza spogliarsi e tentò di dormire. Mail dolore era ancora troppo forte, la mente vagava neiricordi degli anni passati insieme, il bussare allaporta lo riportò alla realtà «Entrate la porta èaperta.»

Era la governate. «Ti ho portato la cena e unapastiglia di sonnifero.»

«Per questa sera mi accontento del sonnifero, grazieTeresa.»

Per Carlos la notte era diventata un incubo, appenaappoggiava la testa sul cuscino le immagini diRosabella gli affollavano la mente, tentava in tuttimodi di farsene una ragione, non c’era più, la vitacontinuava, ma non ci riusciva. Si rigirava dicontinuo e si ritrovava a fissare il soffitto. Il suonodella sveglia fu un sollievo, cominciava un nuovogiorno, scese in cucina e chiamò Dimitri. «Ciao, tiaspetto per la colazione.»

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Mentre gustavano tutto il ben di Dio che Teresa gliaveva preparato, Carlos disse : «È venuto ilmomento di chiudere il conto con Roberto».

«Cosa intendi fare?»

«Lui vuole l’oro? Facciamogli sapere dove si trova.»

«E tu pensi che venga, sapendo che noi lo stiamoaspettando?»

«Se l’oro fosse qui, no! Ma se fosse in posto menoprotetto, penso di sì.»

«Vuoi spostare l’oro?»

«Non proprio?» E fece una risata.

***

La sede della Securty si trovava in uno stabile a duepiani nel centro di Zurigo, al primo piano c’erano gliuffici, al secondo la sala operativa dove venivanocontrollati, attraverso dei monitor, gli allarmiprovenienti dalle sedi dei clienti. Al piano interratosi trovava il centro di spionaggio dove si tenevasotto controllo le utenze telefoniche, sms ed e-mail,di persone o aziende. Il segreto era fondamentale perevitare che notizie riservate finissero nelle manisbagliate e soprattutto essendo azioni illegali, ilpersonale doveva essere fidato.

Nel tardo pomeriggio di mercoledì l’apparato checontrollava l’utenza di Dimitri entrò in funzione,l’operatore si infilò le cuffie e si mise in ascolto.

La chiamata partiva dal telefonino di Dimitri ed eraindirizzata a un’agenzia per il trasporto di valori.

«Sono Dimitri ho bisogno, tra due settimane, trefurgoni portavalori, con il rispettivo personale.»

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«Ok, mandami un fax con indicato: tipo di trasporto,sede di partenza e arrivo.»

«Ti posso anticipare che partiamo dalla villa diCarlos a Gabbro e il carico dev’essere portato nellabanca Credit Swiss, in via Azzati 48 a Livorno.»

«A che ora dovremo partire dalla villa?»

«Il tratto da percorrere è di diciannove chilometri,quasi tutti in discesa. Dovreste essere alla villa perle sei del mattino.»

«Ok, ci vediamo tra quindici giorni.»

La comunicazione fu trascritta e imbustata. Ilfattorino dell’azienda la prese e la portò al dottorRoberto.

«Signor presidente, la busta con la trascrizione delmessaggio.»

«Faccia venire il capo della sicurezza, per favore.»

Era intento a leggere la trascrizione, quando il capodella sicurezza bussò alla sua porta.

«Entra e siediti. Ho letto la trascrizione sembra chevogliono trasportare l’oro in una banca di Livorno.Tu cosa ne pensi?»

«Non saprei, potrebbe essere una trappola? Oppureintendono depositare l’oro in attesa di portarlo dinuovo a Roma?»

«Studia il percorso e pianifica l’azione. Una voltaprelevato l’oro, dieci uomini lo trasporterannoall’aeroporto di Pisa, che dista venti chilometri daLivorno, gli altri, se Carlos e Dimitri non saranno suiblindati, dovranno andare alla villa ed eliminarli unavolta per tutte.»

«Volete ucciderli?»

«Sì, altrimenti saranno loro a uccidermi.»

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***

Teresa in cucina stava dando il meglio di sé, volevaalleviare la tristezza di Carlos con un pranzo degnodel ristorante più raffinato.

Carlos e Dimitri erano in attesa in sala da pranzo.«Vado a prendere una bottiglia di Cartizze nel frigocantina, tu prendi il secchiello con del ghiaccio»disse Carlos.

Arrivò con la bottiglia, tolse il cappuccio, svitò lagabbietta che tiene bloccato il tappo e aprì labottiglia. Versò nel calice un po’ di vino, lo assaggiòe, soddisfatto della sua qualità, riempì i bicchieri.

«Brindiamo alla vita, che può essere crudele, mavale sempre la pena viverla.»

«A tavola perditempo» disse Teresa.

«Cos’hai cucinato?»

«Come primo, Bavette alle acciughe. Come secondo,tonno Briaco alla Livornese e come dolce, frittelle infarina dolce.»

«Carlos io da qui non mi muovo più, oppure mi portovia Teresa» disse Dimitri ridendo.

«Andiamo a tavola e facciamo onore alla cuoca»disse Carlos.

Gustato il pranzo, si accomodarono sulla poltrona inveranda e mentre Teresa riempiva due bicchierini digrappa bianca, cominciarono a conversare, il tempopassò veloce, ed era notte fonda quando andarono ariposarsi nelle loro camere, quella notte Carlos perqualche ora riuscì a dormire senza incubi.

Per la riuscita del loro piano erano fondamentali leinformazioni su come Roberto intendeva procederenei loro confronti. Dimitri riuscì a corrompere unimportante collaboratore della Securty.«Ho un

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appuntamento telefonico tra dieci minuti conl’infiltrato. Ho predisposto una linea sicura in un bardi miei amici a Zurigo.»

Il telefono era collegato a un apparato che criptava ilsegnale, con un algoritmo inventato da un ingegnereisraeliano, tanto sofisticato da rendere impossibile ladecodificazione. Lo stesso apparato era installato aZurigo.

Dimitri alzò il telefono, fece il prefissointernazionale seguito dal numero, dopo due squilliDavid rispose: «Ciao Dimitri, sono appenaarrivato».

«Hai buone notizie?»

«Sì, la tua conversazione è stata intercettata.»

«Non sospetta nulla?»

«La voglia di arrivare all’oro ad ogni costo, hadiminuito la sua percezione del pericolo. Diciamoche la prudenza in questo momento non è il suo forte.Ha deciso di assaltare i portavalori e non solo?»

«Cosa vuoi dire?»

«Oltre che prendere l’oro, vuole eliminarvifisicamente.»

«Brutta notizia! Sai, dove attaccheranno i furgoni?»

«Sì, alla fine della seconda discesa, circa quattrochilometri dopo Gabbro. Quando i mezziaffronteranno l’ultimo tornante, essendo molto stretto,saranno costretti a rallentare, quello sarà il punto. Imezzi che useranno per l’assalto saranno nascosti inuna vecchia cascina abbandonata dopo la rotonda,che porta alla SP8 per Livorno.»

«Chi coordinerà l’operazione?»

«Io.»

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«Bene, Buona fortuna a tutti noi.»

A questo punto Carlos prese il telefono e fece ilnumero privato di Giorgio. «Ciao, ho bisogno del tuoaiuto!»

***

Roberto era cosciente del fatto che se non si fosseimpossessato dell’oro ed eliminato Carlos per luisarebbe la fine, perciò pianificò l’assalto nei minimiparticolari senza lasciare nulla al caso. Non badò aspese per il personale e le attrezzature, ingaggiòcinquanta uomini dell’ex milizia serba, armati confucili mitragliatori caricati con proiettili speciali,calibro nove millimetri ad alta velocità, in grado diperforare la corazza dei furgoni e di conseguenzaanche i giubbotti antiproiettile, inoltre avevano adisposizione dei bazooka ed esplosivo C-4. Sitenevano in contatto audio video, attraversoricetrasmittenti e microcamere installate nei caschi,con la sede centrale di Zurigo. Il collegamentoavveniva attraverso un satellite prenotato per lagiornata di venerdì.

I paramilitari arrivarono in Italia, usando sia aerei dilinea che il treno. Alloggiavano in alberghi diversi,prenotati sia nella città di Livorno che nelle cittàlimitrofe. I mezzi, le attrezzature e le armi eranodepositate presso uno sfascia carrozze alla periferiadella città.

Il giorno prima della rapina, David convocò tutti icomponenti della banda presso lo sfascia carrozze,per rivedere punto per punto lo svolgimentodell’operazione e vi restarono finché non fusoddisfatto del risultato. Ritornarono nei loroalberghi tranne David e una decina di uomini, che sioccuparono dello spostamento dei mezzi e delleattrezzature presso la cascina.

Alle quattro di venerdì tredici l’operazione ebbe

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inizio, David distribuì le armi e le munizioni, e ognicomponente della banda si avviò verso la postazionestabilita.

Sulla collinetta davanti alla villa di Carlos, dueuomini di David controllavano l’ingresso. «Siamo inpostazione, si sono accese in questo momento le lucidavanti all’ingresso e sono usciti quattro uominiarmati, stanno controllando il perimetro esterno.»

Nel casale che fungeva da posto di coordinamentoDavid intervenne: «Tenetevi pronti fra pocoarriveranno i blindati, attenetevi al piano».

Qualche minuto prima delle sei, quattro uominiaprirono il cancello laterale della villa,controllarono di nuovo l’esterno e soddisfatti dellaricognizione comunicarono che i blindati potevanopassare. I mezzi spuntarono dalla curva e si diresseroall’interno. Uscirono dopo un’ora in fila indiana avelocità sostenuta, avviandosi verso la discesa perLivorno.

Gli uomini della postazione vicino alla villa, simisero in contatto con David: «Stanno uscendo, iblindati stanno uscendo!».

«Appena sono passati sganciatevi e bloccate lastrada mettendo le segnalazioni con la deviazione perRosignano Marittimo, poi seguiteli a distanza.»,contemporaneamente ordinò ai suoi uomini disbarrare la via prima della rotonda, facendo in mododi deviare il traffico verso il paese di Malvolta, inquesto modo la strada che portava a Gabbro eraisolata.

Nella sala operativa di Zurigo la tensione eraaltissima, il momento della rapina era vicino.Roberto fantasticava, si immaginava nella banca diSchultz ad ammirare quella montagna d’oro esorrideva soddisfatto, le comunicazioni tra lepostazioni lo riportò alla realtà.

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Dal casale partirono, un camion e quattro furgoni, ilcamion prima dell’ultimo tornante si mise pertraverso, mentre i quattro furgoni fecero manovra e simisero in direzione di Livorno.

Venti uomini scesero armi in pugno e si misero ai latidella strada in attesa dell’arrivo dei blindati. Dopoqualche minuto spuntarono dalla curva. Il guidatoredel primo mezzo vedendo la strada sbarrata fece unabrusca frenata. Guardò nello specchietto retrovisorecercando una via di fuga. Ma erano bloccati daifurgoni arrivati alle loro spalle, non avevanoscampo. Il capo delle guardie private, si mise incontatto radio con Carlos. «Siamo stati bloccati, tuttocome previsto.»

«Bene, ma per precauzione non scendete dai blindatiper nessun motivo.»

Furono circondati dai banditi, i quali sparandodiverse raffiche in aria intimarono agli uominirinchiusi nei furgoni di aprire i portelloni posteriori.Ma nessuno si mosse, anzi sembrava chesorridessero. I rapinatori rimasero interdetti daquella strana reazione e incominciavano ainnervosirsi. «Spariamo al furgone e se nondovessero aprire, useremo l’esplosivo.»

Puntarono le armi verso il vetro anteriore del primofurgone, mentre gli altri tenevano sotto tiro irimanenti blindati, «questo è l’ultimo avvertimento,se non scendete apriremo il fuoco» nessuna reazionedegli uomini all’interno. «Aprite il fuoco» disse unodei banditi. Spararono alcune raffiche, ma nonsuccesse nulla, neanche una scalfittura sulparabrezza, aprirono di nuovo il fuoco, niente. «Macosa diavolo… non capisco. Sembrano proiettili asalve.»

Non riuscirono neanche a riprendersi dalla sorpresache successe il finimondo. Spuntarono carabinieridei reparti speciali da tutte le parti, elicotteri

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sorvolavano la scena. Alcuni banditi tentarono lafuga ma furono bloccati e ammanettati, tutti gli altrialzarono le mani e si arresero.

Nella sede della Securty regnava il caos, siguardavano attoniti, rimasero allibiti, frastornati,increduli, per quello che avevano appena visto.Erano caduti in una trappola. Roberto dopo qualchesecondo di panico, riprese il controllo di se stesso.«Eliminiamo tutte le prove che potrebberoinchiodarci, forza datevi da fare.»

Voi non farete nulla, disse una voce alle sue spalle.Roberto si girò e si trovò di fronte una decina dipersone alcune in divisa e alcune in borghese. «Chisiete? Come avete fatto a entrare?»

«Sono il colonnello Leon del SAP. Servizio dianalisi e prevenzione. Siete tutti in arresto.»

«Per quale motivo? Siete entrati in una proprietàprivata senza nessuna autorizzazione. Farò rapportoai suoi superiori.»

«Abbiamo sufficienti prove per mandarvi in galeratutta la vita.»

«E quali sarebbero queste prove?» disse Robertosbalordito.

«Intercettazioni abusive! Assalto a furgoni blindati!Riciclaggio di denaro sporco. Questi sono soloalcuni dei capi d’imputazione.»

Si sentì perduto. «Maledetto Carlos, ma non mivedrai in galera.»

Con una mossa fulminea, che prese tutti di sorpresa,si mise a correre verso il suo ufficio. «Fermatelo!»urlò il colonnello.

Ma Roberto fu più veloce e riuscì a chiudersiall’interno. «Aprite la porta o la sfondiamo» disseuno degli agenti.

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Si avvicinò alla scrivania e crollò sulla sedia, siprese la testa fra le mani, chiuse gli occhi. Si sentìstanco, mortalmente stanco, tutto quello che avevacreato nella vita stava per dissolversi in una bolla disapone. Le parole del padre gli martellavano ilcervello, “giurami che recupererai l’oro,Giuramelo!”. «Papà, ho fallito. Mi dispiace!» Legrida fuori della porta e i tentativi di sfondarla glisembravano lontanissimi. Prese carta e penna, volevascrivere le sue ultime volontà. Ma per chi le avrebbedovute scrivere? Solo ora si rese conto che era solo,non c’era nessuno ad attenderlo a casa. Perso ilpotere, nessuno dei cosiddetti “amici” l’avrebbeaiutato, anzi avrebbero negato di conoscerlo.Appoggiò la penna, aprì il cassetto della scrivania,prese la semiautomatica, era fredda come la morte, laguardò con tristezza. Tolse la sicura, appoggiò lacanna alla tempia, diede un ultimo sguardo al di làdella finestra, il sole faceva capolino tra le nuvole,pensò che era una bella giornata per morire e tirò ilgrilletto.

Il colpo di pistola echeggiò nell’ufficio . «Sfondatela porta, fate presto» disse il colonnello. Quandoriuscirono a entrare Roberto era già morto.

***

Ritorniamo a qualche giorno prima, quando Carloschiamò Giorgio attraverso la linea criptata.

«Ciao l’operazione “trappola” come procede?» disseGiorgio.

«Hanno deciso di assaltare i furgoni.»

«E non sospettano nulla?»

«È talmente ossessionato dall’oro da non riuscire adanalizzare in modo razionale le informazioni, che leintercettazioni gli fornivano. Per fare un esempio: la

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trasmissione non era criptata, abbiamo fornito dataora e luogo dove intendevamo trasportarlo. Questiindizi avrebbero dovuto metterlo in allarme.»

«Ma avete la certezza dell’assalto?»

«Sì, uno dei dipendenti è la nostra talpa, si chiamaDavid ed è il capo della sicurezza. Dopo la riunioneche aveva avuto con Roberto, dove avevanopianificato l’assalto, ci siamo sentiti al telefono. Ciha fornito le informazioni sul luogo doveattaccheranno, i mezzi che useranno, il numero diuomini e le armi.»

«Ma potrebbe essere un bagno di sangue?»

«Non penso, David ha il compito di coordinarel’assalto e distribuire le armi. All’ultimo momentosostituirà i caricatori con altri forniti di pallottole asalve.»

«Io vi posso essere d’aiuto?»

«Sì, il tuo intervento sarà fondamentale per la buonariuscita dell’operazione.»

«Ok, dimmi cosa devo fare?»

«Devi far intervenire i servizi segreti americani.»

«E cosa dovrebbero fare?»

«Avvisare i servizi italiani della rapina e passare aquelli svizzeri le informazioni sulle attività dellaSecurty.»

«Per muoversi avranno bisogno di prove.»

«David mi ha inviato dei CD che contengono tutte leinformazioni necessarie per incastrare Roberto.»

«E quali sarebbero le informazioni contenute neiCD?»

«Su uno ci sono tutte le informazioni riguardanti iparamilitari che arriveranno in Italia, dove

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alloggeranno, dove tengono i mezzi e il depositodelle armi. Gli altri cinque riguardano la Securty:informazioni sul riciclaggio di denaro, in accordocon la banca del dottor Schultz, tutti i nomi di chi harichiesto le intercettazioni illegali e dove sonocustoditi i nastri, più altre operazioni illegali comelo spionaggio industriale.»

«Mi sembra che ci sia abbastanza per farliintervenire.»

«Un’altra cosa.»

«Dimmi?»

«David non dev’essere arrestato e noi non dovremocomparire nell’indagine.»

«Ok, non penso che ci siano problemi.»

***

Dal bunker della villa, Carlos e Dimitri avevanoseguito l’assalto, attraverso le telecamere installatesui furgoni e quando tutto fu finito nel migliore deimodi, Carlos disse: «Stappiamo una bottiglia dicartizze e brindiamo alla riuscita della trappola.»

Riempirono i bicchieri e quando stavano perbrindare, il cellulare di Carlos cominciò a squillare.«Ciao Giorgio è andato tutto bene, sono stati tuttiarrestati e nessuno si è fatto male.»

«Sì, sono stato informato dal direttore della CIA. Tiho chiamato per dirti cosa è successo a Roberto.»

«Dimmi?»

«Si è suicidato.»

«Giustizia è stata fatta.» Prese il bicchiere e lo scolòtutto d’un fiato.

***

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La seconda votazione, per la modifica dellaCostituzione, avvenne tre mesi dopo quella delSenato. E anche alla Camera passò con un buonmargine. Per la terza e la quarta votazione eranecessaria la maggioranza assoluta dei voti per nonincorrere a un ulteriore passaggio attraverso ilreferendum confermativo, con esiti imprevedibili.

Giorgio chiamò in audio tutti i capigruppo della RosaNera: « Signori tra qualche mese al Senato ci sarà laterza votazione e serve la maggioranza assoluta deivoti. Compito vostro accertarvi che i numeri ci siano.Mettete in atto tutti i mezzi necessari per evitaresorprese, se necessario comprate i voti, avete adisposizione dieci milioni di euro.

Tutti i Deputati di Camera e Senato, aderenti allasocietà segreta, iniziarono discretamente a sondarechi fosse a favore e chi non lo era. Il risultato fu, cheper avere la matematica certezza di avere lamaggioranza assoluta, mancavano una ventina di votial Senato e una sessantina alla Camera.Incominciarono subito le trattative segrete per lacompravendita dei voti. Riuscirono ad accordarsicon una sessantina di deputati con una spesacomplessiva di otto milioni di euro. Lo scopo erastato raggiunto e a meno di sorprese, la maggioranzaassoluta era certa.

***

Dopo gli ultimi avvenimenti Giorgio decise diconvocare una riunione nella sua villa a Forte deiMarmi, erano presenti oltre al vertice della RosaNera anche Carlos e Dimitri.

Prima della riunione si accomodarono nel salone per

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il pranzo. In attesa della prima portata , Giorgio feceun breve discorso: «Ringrazio Carlos per averneutralizzato la Securty, un’organizzazione senzascrupoli, che in più di un’occasione ha cercato ditrafugare l’oro con attacchi criminali, causando lamorte di molte persone tra cui Beatrice». Ci fu unattimo di silenzio imbarazzato, poi Giorgio riprese aparlare. «Carlos so che qualunque cosa dica non lariporterà in vita , ma mi manca il suo sorriso e la suaprofessionalità, il suo sacrificio non sarà vano, te loassicuro.» Tutti si alzarono e applaudirono. Carlosprese la parola: «Grazie Giorgio le tue parole micommuovono, la sua scomparsa mi ha lasciato unvuoto incolmabile. Se lei potesse parlarmi mispronerebbe a continuare il lavoro che avevamocominciato assieme, ed è quello che farò in suamemoria, grazie a tutti.» Nel salone regnavaun’intensa emozione che fu mitigata dall’arrivo insala dello chef, seguito dai camerieri che portaronoin tavola il primo piatto, “agnolotti, fave, pecorino,seppie e ricci di mare”. «Eccezionale!» disseGiorgio. «E cosa ci hai preparato come secondo?»

«Fagiano farcito al lardo di Colonnata e tartufo nerocon carciofi,» disse, e per il dessert «sfogliatina difragole con verbena e cioccolato, i vini sono dellatua riserva privata.»

Soddisfatti dal pranzo abbonante nessuno si decidevaa lasciare la tavola, allora Giorgio intervenne:«Signori ci starebbe bene un riposino, ma il dovereci chiama. Spostiamoci nella sala riunioni.»

La sala poteva contenere fino a cinquanta persone,era di forma quadrangolare con tutte le poltronedisposte a semicerchio davanti a una pedana rialzata,con sopra una scrivania per quattro persone. Ognipostazione aveva a disposizione: un microfono, unP.C., e un monitor dove si poteva vedere quello cheveniva proiettato alle loro spalle. La sala inoltre erafornita del collegamento a Internet con wi-fi e audio

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conferenza.

Giorgio si accomodò sulla pedana prese ilmicrofono. «L’oro come sapete si trova nel bunkerdella villa di Carlos, l’intenzione era quella didepositarlo nella banca Vaticana, ma dopo la mortedi Beatrice e l’intervento di Roberto presso uncardinale, ho ritenuto più prudente soprassedere eattendere.»

«Cosa possiamo fare?» disse uno dei presenti.

«L’oro del Duce fu cercato in ogni angolo del nordd’Italia, nei laghi, nei fiumi, nelle grotte. Sono stateelaborate mille ipotesi e mille teoremi, senz’arrivarea nulla di concreto. Io una soluzione l’avrei trovata.»Un momento di attesa, poi riprese: «Far ritrovarel’oro facendo credere che era rimasto in quel luogoper tutti questi anni.»

«Mi sembra un’operazione pericolosa e difficile dacredere, tutto quell’oro nascosto per più disessant’anni, ma chi ci crederà?» disse Marco.

«Se avrete fiducia in me, tutto andrà per il meglio equell’oro ci aiuterà a creare un Governo che guideràil Paese per moltissimi anni.»

Tutti i presenti annuirono e applaudirono. «Hai lanostra piena fiducia.» disse Marco.

Chiuso il capitolo oro, passò ad altri argomenti cheriguardavano le loro società, bilanci, acquisizioni,dismissioni, prospettive di crescita e dividendi. Alleotto di sera la riunione terminò e tutti ritornarono nelsalone, dove lo chef aveva fatto preparare unospuntino: insalatina di polpo con verdure, bocconcinidi coda di rospo con carciofi e crocchette digamberi, vino gran toscano bianco, trecò frizzante equalche bottiglia di cartizze.

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***

26 aprile 1945.

A Menaggio ,nella notte, giunse un convoglio militaretedesco in ritirata diretti a Merano attraverso il passodello Stelvio. Mussolini con i gerarchi fascisti e lerispettive famiglie al seguito, decisero diaggregarvisi. La colonna appena fuori Musso, vennefermata ad un posto di blocco delle BrigateGaribaldi; dopo una breve sparatoria, e in seguito alunghe trattative, i tedeschi ottennero il permesso dipoter proseguire a condizione che venisse effettuataun’ispezione. Mussolini , su consiglio del capo dellasua scorta, indossò un cappotto e un elmetto dasottufficiale della Wehrmacht, occultandosi in fondoal pianale, vicino alla cabina di guida. Verso le orequindici del 27 aprile ,venne riconosciuto edarrestato dal vicecommissario di brigata che loaccompagnò nella sede comunale, dove gli vennesequestrata la borsa in suo possesso.

L’ufficiale partigiano chiamato Beppe prese inconsegna la borsa e partì per Milano, con il compitodi consegnarla personalmente al comandante delCLN.

Arrivato a Menaggio invece di proseguire per Comodeviò per Porlezza, alla periferia del paese svoltò inuna stradina che portava verso il casale dei Molin,che era deserto poiché i proprietari si erano rifugiatiin montagna.

Scese dalla macchina, andò nel fienile si sedette suuna balla di fieno e aprì la borsa. Era piena didocumenti battuti a macchina e fogli scritti a manodal Duce in persona, scorse tutti i fogli, il tempo eratiranno, allora prese solo quelli scritti da Mussolini eli infilò in uno zaino.

Prese una cassetta di legno che trovò nel fienile e vi

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ripose lo zaino al suo interno. La chiuse con uncoperchio e per maggior sicurezza con un martello edei chiodi la sigillò. Si guardò intorno per cercare unposto sicuro dove nasconderla. Sulla sua destradietro alcuni attrezzi, vide una rientranza nel muro,controllò se era grande abbastanza da contenerla. Eradella misura giusta. Prese la cassetta e la spinse nelforo, coprendo il tutto con della paglia. Si alzò,arretrò di una decina di passi e controllò se sivedeva, soddisfatto del nascondiglio se ne andò.

Dopo un’ora era a Menaggio, svoltò verso Como perpoi dirigersi verso Milano. Arrivò prima dimezzanotte e consegnò la borsa.

Erano passati già diversi mesi dalla fine delleostilità, quando Beppe decise di andare presso ilpresidio militare americano di Como. Il comandoUSA si trovava in una villa di fronte al lago che erastata requisita ai legittimi proprietari, ritenuti fascistimilitanti. Superò il cancello e salì la scalinata cheportava all’ingresso. Al piano terra c’era unandirivieni di militari, si guardò in giro e alla suadestra vide una scrivania sulla quale c’era scritto“informazioni” si avvicinò e al caporale gli chiese:«Avrei bisogno di parlare con un vostro ufficiale».

«Per quale motivo?»

«Sono un ex comandante partigiano e ho informazioniimportanti da fornirgli.»

«Su cosa?»

«Su dei documenti riservati.» Lo fece accomodare inun ufficio del primo piano. In attesa, Beppe ripassò amente cosa doveva dire, quando sentì aprirsi la portasi alzò in piedi. «Comodo, comodo,» gli disse ilcapitano in lingua italiana ,«mi hanno riferito cheaveva informazioni su documenti riservati?»

«Sì, mi chiamo Beppe ed ero il comandante di unabrigata partigiana che ha partecipato alla cattura di

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Mussolini.» Il capitano si fece più attento. Beppeproseguì: «Posso fornirvi importanti informazioni suidocumenti contenuti nella borsa del Duce.»

«Da informazioni in nostro possesso i documentisono stati consegnati al CLN?» Disse il capitano.

«Non tutti? Quelli scritti dal Duce sono in manomia!»

Il capitano lo guardò perplesso. «È stato lei aconsegnare la borsa con i documenti?» Dissesorpreso.

«Sì, sono stato io!»

Non sapeva cosa pensare, si erano già presentati altripartigiani spacciando documenti falsi per veri, ma intutti i casi, valeva la pena approfondire. «Attenda unattimo, vado a chiamare il mio superiore.»

Passò circa mezzora prima che ritornasse il capitano,stavolta accompagnato da un altro militare. «Sono ilcolonnello Ernesto dell’Office Of Strategic Services,spionaggio americano, il capitano mi ha spiegato chelei è in possesso di documenti scritti dal Duce?»

«Sì.»

«E perché li volete consegnare a noi?»

«Penso, che per averli, sareste disposti a pagare unanotevole somma!»

«Chi le dice che noi pagheremo? Potrei farlaarrestare e consegnarla ai carabinieri?»

«Certo è un rischio che ho valutato venendo qui. Ma idocumenti andrebbero persi o trovati da altri chepotrebbero renderli pubblici!»

«Lei li ha letti?»

«Velocemente, ma abbastanza da capire che se icontenuti venissero divulgati, alcune persone del

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governo inglese e americano, sarebbero travoltidallo scandalo e rischierebbero di essere incriminatiper alto tradimento.»

I due militari americani rimasero in silenzio peralcuni secondi, poi il colonnello Ernesto disse:«Cifaccia avere una prova di quello che afferma?»

Beppe prese un foglio dalla tasca e lo passòall’americano. L’ufficiale lo guardò attentamente:«Dovremo fare una verifica ci faremo sentire noi. Cidica dove la possiamo rintracciare.»

«Mi troverete ogni domenica alle ore undici a Messanella chiesa Santi Agostino e Antonino in piazzaAmendola a Como.»

Passò più di un mese e nessuno si mise in contattocon lui, aveva già perso la speranza quando unadomenica mentre si stava recando in chiesa con lafamiglia, fu avvicinato da una persona che gli disse:«Un amico mi ha detto di consegnarti questa lettera.»E se ne andò.

La prese e la mise in tasca. «Chi ti ha mandato quellalettera?» Disse la moglie.

«Non sono affari tuoi.» Gli rispose e si avviaronoverso la chiesa.

Rientrato a casa, aprì la busta e lesse la lettera.«L’aspetto domattina alle dieci nel parco vicino allago, sarò seduto sulla panchina di fronte al chioscodei gelati.»

Era eccitatissimo già si vedeva con una montagna disoldi da spendere: «Chiederò dieci milioni, no dipiù, quindici.» Pensava a voce alta. «Mi compreròuna casa, un negozio, una macchina.», «Certo dovròcambiare città, ma cosa importa, sarò ricco.»

Alle nove era già al parco era una giornata piovosa ec’erano poche persone, si sedette su una panchina

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lontana un centinaio di metri da quella dove era inattesa l’ufficiale americano. Aveva portato con sé unbinocolo e senza farsi notare scrutava a destra e asinistra ma oltre al militare seduto davanti al chiosconon vide altro di strano, si tranquillizzò, non era unatrappola.

Aspettò ancora qualche minuto si guardò di nuovointorno e non notando niente di particolare,s’incamminò verso la panchina. «Buongiornocolonnello.» Disse Beppe, «Buongiorno comandante,si accomodi.» Mentre si spostava per fargli posto,«il materiale che lei mi ha fornito è risultatoautentico, siamo interessati al resto.»

«Parliamo di cose concrete, cosa sareste disposti apagare?»

«Mi faccia lei una proposta?»

«Voglio quindici milioni di lire in contanti.»

«È una cifra importante? Non mi posso impegnarepersonalmente, devo sentire i miei superiori. Lacontatterò io.»

Si alzarono e si allontanarono in direzioni diverse.

Quella notte non riusciva a dormire, continuava arigirarsi nel letto e pensava: «Devo recuperare idocumenti? O, prima concludere l’accordo? E sequalcuno scopre il nascondiglio? E se ritornano icontadini? Non so cosa fare? Forse è megliorecuperarli e nasconderli in casa? Ho deciso!Domani andrò a prenderli.»

Si alzò di buon mattino, fece colazione con la moglie.«Devo assentarmi per qualche ora, non aspettarmiper pranzo.»

«Dove devi andare?» Chiese lei.

«Devo fare un lavoro per Bruno.»

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«Suo cugino Bruno?» La moglie restò interdetta. «Mase non si parlano da mesi per questioni di eredità?»Pensò, ma non insistette, erano giorni che eranervoso e intrattabile, c’era qualcosa che lotormentava, si ripromise di parlarne quando sarebberientrato.

Scese nel cortile salì sulla moto e partì. Prima diavviarsi verso Porlezza si fermò alla posta, che sitrovava alla periferia di Como e inviò una lettera ase stesso. Dopo due ore era al casale dei Molin,lasciò la moto appoggiata ad un albero e a piedi siavvicinò al podere, per verificare se nel frattemponon fossero tornati i proprietari, ma per sua fortunala cascina era ancora disabitata.

Entrò nel fienile e con il cuore in gola si avvicinò alpunto del muro, dove aveva nascosto la cassetta con idocumenti. Tirò un sospiro di sollievo, quando videche era al suo posto e nessuno l’aveva toccata.

Prese la cassa e con un martello schiodò ilcoperchio. Lo zaino era al suo posto. Verificò se idocumenti si erano ben conservati, non si sa mai contutta quella umidità? Erano tutti integri, richiuse lozaino e se lo mise sulle spalle.

Una voce con accento americano lo fece sobbalzare.«Comandante, posi lo zaino e non faccia mossefalse!»

«Mi hanno seguito? Accidenti. Dovevo prevederlo?Sono un imbecille? Ora cosa faccio?» Pensò Beppe.«Non lasceranno testimoni? Mi uccideranno? Devotentare il tutto per tutto!»

Con un balzo saltò la balla di fieno e si accovacciòdietro di essa, prese la pistola che teneva nelgiubbotto e sparò in direzione della voce, sentì ungrido. «Un testa di cazzo in meno.» Disse tra sé.

Incominciò il finimondo, gli americani aprirono ilfuoco con le armi automatiche, non aveva scampo era

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circondato, tentò il tutto per tutto, uscì allo scopertocorrendo verso l’uscita, sparando a casaccio, fucolpito tre volte, cadde a terra con la faccia sulterreno.

«La felicità era così vicina.» Pensava, mentre nellasua mente scorrevano le immagini della vitatrascorsa. L’ultimo pensiero fu per la moglie, poi ilbuio della morte.

«Prendete lo zaino e andiamocene.» Disse ilcolonnello dell’OOSS.

«Il partigiano lo lasciamo qui?»

«Sì, prima che lo trovino passerà parecchio tempo.Pulite tutto, non lasciate tracce che possano portare anoi.»

Era notte quando la moglie, non vedendolo rientrare,andò alla stazione dei carabinieri per denunciarne lascomparsa.

Lo trovarono un paio di mesi dopo i contadini, chenel frattempo erano ritornati nel casale. Non si scoprìmai da chi fu ucciso.

***

Giorgio, dalla finestra del suo ufficio alquindicesimo piano, guardava assorto il panorama diMilano. Vedere Milano dall’alto era un’esperienzamozzafiato, si potevano cogliere particolari chesfuggivano quando si cammina per strada, come leterrazze con piscina, i giardini e tanto verde. Se ilcielo era limpido si poteva ammirare la catenamontuosa delle alpi, coperte ancora di neve. Facevasempre fatica staccarsi, era così bella la sua Milano.A malincuore si girò e si accomodò sulla poltrona.L’ufficio in un elegantissimo palazzo in pieno centro,

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aveva un’estensione di settantacinque metri quadri,una parte era arredata con mobili antichi che eranoappartenuti al nonno, come la scrivania del primonovecento, in mogano con filettature in legni chiari,con ai lati due pianetti a scomparsa. Sul lato destro,una coppia di armadi veneti della seconda metà delsettecento e alla sua sinistra due cassettoni dellaprima metà dell’Ottocento. La rimanente partedell’ufficio era invece arredata in stile moderno, untavolo per riunioni in cristallo, con dodici sedie inpelle bianca che si abbinava ai mobili sempre dicolore bianco, infine una parete era dedicata allalibreria lunga dieci metri e alta due.

Si era appena accomodato, che il telefono internoincominciò a suonare, era la sua segretaria. «Sì, midica?»

«Dottore, mi scusi, le ricordo l’appuntamentotelefonico con il senatore Tyler.»

Prese il telefono criptato e fece il prefisso e ilnumero dell’ufficio : «Ciao , sono Giorgio, ti possodisturbare?»

«Dimmi tutto, sono a tua disposizione.»

«Avrei bisogno delle informazioni sui documentiscritti da Mussolini e sequestrati durante il suoarresto?»

«Ma dovrebbero essere in nostro possesso?»

«Sì, ne sono sicuro, nel 1945 un comandantepartigiano detto “Beppe” trafugò, dalla borsasequestrata al Duce, dei documenti che nascose in uncasale.»

«E come sarebbero arrivate a noi?»

«Furono presi da agenti americani, quando Beppeandò a recuperarli.»

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«E Beppe?»

«Fu ucciso nello scontro a fuoco che ne scaturì.»

«Ma tu, come fai a sapere che le cose siano andateveramente così?»

«È una lunga storia se vuoi te la posso raccontare?»

«Sì, mi interessa e al momento non avrei nessunimpegno.»

Giorgio iniziò il racconto: «Beppe prima di andare aPorlezza nel casale dei Molin, si fermò in posta doveinviò una lettera a se stesso, la quale diceva: «Caramoglie se stai leggendo questa lettera vorrà dire chesono morto. Ho tradito la fiducia dei miei compagnima non mi pento, ho rischiato la vita per la libertà equando arrivò il momento di raccogliere i frutti, imiei ” cari” compagni mi hanno dato un calcio nelsedere dicendomi che il mio compito era finito e nonavevano più bisogno di me. Per questo motivoquando mi hanno incaricato di portare la borsa delDuce a Milano ho pensato che poteva essere la miagiornata fortunata. Ho preso dalla borsa deidocumenti scritti di suo pugno e li ho nascosti in uncasale, con l’intenzione di venderli agli americani.Oggi ho deciso di andare a recuperarli, ma ho unbrutto presentimento. Di questa lettera fanne quelloche ritieni giusto. Ti amo amore mio. Beppe.»

«E la moglie cosa ne fece della lettera?» Chiese ilsenatore.

«La tenne per sé, aveva paura di ritorsioni da partedei partigiani.»

«Non capisco? Se la tenne per sé? Come avete avutoqueste informazioni?»

«In due modi. Dopo la morte del marito, fu costrettaa cercare lavoro e si mise in contatto con sua cugina,

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che lavorava come domestica da mio nonno, chel’assunse in cucina. Dopo qualche anno si ammalògravemente e dopo qualche mese morì. Una nostradomestica nel riordinare la sua stanza, trovò lalettera e la consegnò a mio nonno.»

«Hai detto che le informazioni le avete ricevute indue modi?»

«Sì, è vero. Mio nonno era già stato informato dalcolonnello Ernesto, che avevano trovato i diari diMussolini e gli inviò una copia. Diciamo che era laconferma delle sue parole .»

«Sono stupefatto, sembra la trama di un film, se nonfosse una tragica storia vera.»

«Veniamo alla mia richiesta. Avrei bisogno di alcunifogli del diario di Mussolini, solo quelli che fannoriferimento al carico d’oro, arrivato alla prefettura diMilano?»

«Perché non tutti?»

«Quando li leggerai concorderai con me, che non èancora il momento di rendere pubblici i rapporti checi sono stati fra anglo americani e i fascisti!»

«Capisco. Oggi stesso parlerò con il vicepresidente,ti richiamerò appena li avremo trovati.»

Giorgio riappese il telefono e fece l’interno della suasegretaria. «Per favore chiami Carlos e me lo passisulla linea riservata.»

Dopo alcuni minuti il telefono squillò. «Dottore lepasso Carlos.»

«Ciao, dovresti andare nella zona di Porlezza etrovare un casolare dove, verosimilmente, possaessere stato nascosto per più di sessant’anni tuttaquella quantità di oro e cercarmi un professionista

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per falsificare dei documenti.»

«Domani mi sposterò in zona e cercherò di trovare ilcasale che fa al caso nostro, per quanto riguarda ilfalsario non ci sono problemi, conosco il migliore.»

«Ti ringrazio, tienimi aggiornato.»

Chiusa la telefonata attivò l’apparato di audioconferenza, che in automatico lo mise in contattotelefonico con i capogruppo. Accertato che tuttierano in collegamento iniziò: «Signori domani sarà ilgiorno della terza votazione per la modifica allaCostituzione e come saprete, deve passare con lamaggioranza assoluta dei voti, non voglio sorprese!»

«Signori, i nostri Parlamentari hanno ottenuto che lavotazione avvenga con scrutinio segreto e non cisaranno sorprese.» Disse uno dei capogruppo.

«Bene me lo auguro.» Soddisfatto chiuse lacomunicazione.

***

Al Senato erano le sei del pomeriggio quandol’ultimo dei parlamentari passò sotto il baldacchinoper la votazione. I commessi vuotarono il contenitorecon i fogli dei voti, i quali venivano passati alpresidente che ad alta voce leggeva quello che c’erascritto: «Sì, sì, sì, no, nullo». E così via. A un certopunto del conteggio scattò l’applauso, si era superatala maggioranza. Il presidente cercò di riportarel’ordine, la conta dei voti non era finita, dopoqualche minuto ritornò la calma e si continuò. Arrivòl’ultimo foglietto. In attesa dei risultati finali, ilpresidente cercava di calmare i senatori. Era unabagarre, dai banchi volava di tutto e la situazionepeggiorò quando il presidente comunicò i risultati.

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Non solo avevano superato la maggioranza ma risultòche c’erano stati almeno trenta franchi tiratori. Loscontro fisico fu scongiurato a fatica e al grido divenduti e fascisti, terminò la terza votazione a favoredella modifica costituzionale.

***

Carlos e Dimitri lasciarono la villa alle sei,dovevano percorrere 370 chilometri di autostradaper arrivare a Como, e un’altra cinquantina perarrivare a Porlezza. La cittadina si affacciava sullago di Lugano ed era circondata da verdi montagne,un paesaggio splendido. Arrivarono prima dimezzogiorno. Seguendo le indicazioni di unvilleggiante andarono all’albergo Del Re, che sitrovava di fronte a tre laghi, un posto incantevole.

Portati i bagagli in camera ed espletate le formalitàcon l’impiegato della reception, si misero subito allaricerca del casale. Ritornarono poco prima dellacena, senza aver concluso nulla. Erano talmentestanchi che si accontentarono di un panino al bar, perpoi si ritirarsi nelle loro stanze.

Ripresero le ricerche di buon mattino, uscirono daPorlezza e presero la statale undici, diretti al paesedi Corrido, dopo alcuni chilometri notarono uncartello “vendesi cascinale” con una freccia cheindicava la strada da seguire. Si fermarono, feceroretromarcia e svoltarono nella via non asfaltata chesi inoltrava nella campagna, in lontananza videro ilcasale. Un cancello ne sbarrava l’ingresso , la retemetallica che circondava la proprietà era in moltipunti rotta e a terra. A prima vista sembrava tuttoabbandonato, decisero di entrare. Cautamente siavvicinarono alla casa padronale che era stata

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costruita su una collina e sembrava ancora in unbuono stato di conservazione. A qualche centinaio dimetri si trovavano le due stalle e un fienile, questeerano in cattivo stato e in parte diroccate. Deciserodi ispezionare il fienile, che aveva una dimensione dicirca cento metri quadri. Aprirono la porta di legnocon precauzione, il rischio che cadesse a pezzi erareale. Avanzando con cautela cominciarono aesplorarlo. Sulla destra c’era una specie di cantinache conteneva centinaia di bottiglie vuote e coperteda ragnatele. Il resto del pavimento era disseminatodi attrezzi coperti da ruggine e un paio di piccolemacchine agricole. Niente d’interessante, decisero diuscire e passare alle stalle. Quando si stavanoavviando all’uscita, videro uscire un gatto da ungrosso foro sul pavimento. Si guardarono negli occhie ritornarono indietro incuriositi. Con una scopa,pulirono il pavimento e notarono che la superficie,due metri per due, vicino al foro, era di qualchecentimetro più basso rispetto a tutto il resto.Accesero una torcia illuminando l’apertura e siaccorsero che sotto era vuoto. Trovarono unaspranga di ferro, che usarono come leva e facendopressione sulla fessura cercarono di sollevarla.Nonostante gli sforzi non si muoveva e dopo diversitentativi rinunciarono. Sudati guardarono con piùattenzione la botola, ma non c’era nulla per aprirla,nessun gancio, nessuna serratura. «Ci dovrebbeessere un meccanismo per aprirla» disse Carlos, manon videro nulla.

«Diamo un’occhiata in giro?» disse Dimitri.

Con la torcia illuminarono le pareti ma c’erano solodei ganci distanziati un metro uno dall’altro.Probabilmente servivano per appendere degliattrezzi. Uno di questi attirò la loro attenzione.Sporgeva dal muro qualche centimetro in più rispettoagli altri ed era più levigato. Si avvicinarono e

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Carlos provò a girarlo e tirarlo, ma non successenulla. Usò più forza e il gancio cominciò lentamentea scorrere in avanti, quando uscì di qualchecentimetro, sentirono un rumore sotto il pavimento,come se si fosse sbloccato un ingranaggio. Ripreserola spranga e stavolta la botola si aprì, sotto si aprivaun locale . Ancorata alla parete si trovava una scalain ferro, che permetteva la discesa fino al pavimentosottostante. Carlos una volta sul fondo illuminò lastanza di circa sedici metri quadrati e alta due. Difronte a lui si trovava una rastrelliera con una decinadi fucili mitragliatori, una ventina di pistole,proiettili d’ogni tipo e alcune casse di legnocontenenti bombe a mano. Il tutto era risalente allaseconda guerra mondiale. Lo stato di conservazioneera pessimo. Da una prima verifica constatarono cheerano lì da almeno sessant’anni.

«Dimitri, sigilliamo tutto e fai venire i tuoi uominiper la sorveglianza.»

«Ok. »

«Bene rientriamo!»

Arrivati a Porlezza decisero di fermarsi in un bar.Seduti al tavolino del bar Stella, davanti al lago,sorseggiavano la birra fresca e mentre parlavanodella giornata trascorsa, Carlos notò la targa sulcancello della casa di fronte “ RESIDENZABARDOLF”.

«Dimitri questa casa è in vendita e guarda chi era ilproprietario?»

Dimitri si alzò e lesse la targhetta. «Bardolf. Loconosci?»

«È un nome che ho già sentito da Giorgio, adesso lochiamo!»

«Ciao Giorgio, siamo a Porlezza, il nome Bardolf ti

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dice qualche cosa?»

«Certo, comandava un plotone tedesco con ilcompito di presidiare l’aereo che doveva trasportareil Duce in Germania, poi l’aereo fu usato dal plotoneLa Rosa Nera, perché questa domanda?»

«Potrebbe essere il proprietario di una casa qui aPorlezza.»

«Mi informo. E per il casale?»

«Forse abbiamo trovato quello giusto?»

«Bene ci sentiamo più tardi.»

Nel tardo pomeriggio il telefono di Carlos squillò,era Giorgio. «Dalle informazioni avute , ilcolonnello Bardolf dopo la guerra si trasferì aPorlezza e si sposò con una donna del luogo. Èdeceduto due mesi fa.»

Decisero che il giorno dopo avrebbero fatto visitaalla vedova.

Si presentarono in tarda mattinata e furono accolti dauna signora novantenne molto arzilla: «Buongiorno,siete venuti a vedere la casa?»

«Sì, signora, saremmo interessati all’acquisto.»

«Accomodatevi, vi faccio strada.», «incominciamodal primo piano, l’arredamento è formato da mobiliantichi, mio marito ne era affascinato.»

«Accidenti varranno un capitale.» Pensò Dimitri

«Al piano terra si trova la cucina e la sala da pranzo,adesso se volete possiamo scendere nella cantina , vivoglio far vedere la libreria di mio marito , contienecentinaia di diari sulla sua vita.»

L’accenno a diari scritti da lui destò il loro interesse.

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«Signora, la casa potrebbe fare a caso nostro.»

«Bene, questo è il numero dell’avvocato che cura imiei interessi, io domani parto per l’Argentina, dovemi attende mia sorella.»

«La ringrazio e faccia buon viaggio.»

«Per lo sgombero volete che ci pensi l’avvocato achiamare l’agenzia?»

«Preferiremmo pensarci noi.»

«Meglio così, parto più tranquilla.»

Dimitri, mentre Carlos distraeva la vedova, presedalla libreria i diari con scritto “anno 1945”.

Una volta usciti chiamarono Giorgio. «Ciao,abbiamo visitato la casa, penso faccia a casonostro.»

«Ok, a chi mi devo rivolgere per l’acquisto?»

«Ti mando un sms con il numero dell’avvocato.»

Il giorno dopo l’avvocato Lukas di Zurigo si mise incontatto con l’avvocato dei Bardolf e concordaronoil prezzo d’acquisto e nel primo pomeriggio era giàstato fatto il versamento dell’anticipo.

***

Chiavenna, 23 aprile 1945.

Il colonnello Bardolf, dopo aver fatto caricare lacassa d’oro avuta da Giuliano su una delle dueautoblindo, lasciò l’aeroporto di Chiavenna. Al suocomando c’erano undici uomini desiderosi di farritorno in Germania.

Prima però dovevano portare l’oro al sicuro, nonavevano nessuna intenzione di consegnarlo, loritenevano un risarcimento per la loro dedizione alla

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causa del Fuhrer e anche perché sarebbe statodifficile spiegarne la provenienza.

Decisero di tornare a Porlezza, sequestrare una barcae portare la cassa in Svizzera. E così fecero.

Sulla barca sequestrata a dei pescatori furibondi, chenon avevano nessuna intenzione di consegnarla,salirono il colonnello e un sergente. Prima di partiresi erano tolti la divisa e indossarono abiti civili.Avviarono il motore e si diressero verso ilporticciolo di Gandria. La fortuna era dalla loroparte, non incontrarono nessuno.

Mentre il sergente ormeggiava, Bardolf scese edentrò in un alberghetto e chiese di fare una telefonata.

«Ciao cugino sono Bardolf, avrei bisogno del tuoaiuto?» Suo cugino era un capitano dei servizi segretitedeschi in missione a Zurigo.

«Ma dove ti trovi? Ti credevo in Germania.»

«No, sono in Svizzera, ho bisogno di depositare unacassa in una banca.»

«Ti vuoi mettere nei guai? Di cosa si tratta?»

«Meno ne sai meglio è, sappi che il tuo aiuto saràricompensato bene.»

«Ti mando un mio uomo che ti accompagnerà nellabanca, attendi lì, ci vorrà un po’ di tempo, devo fareparecchie telefonate, accidenti a te.»

Dopo due ore Bardolf, che aveva atteso seduto suuna panchina lontano dalla strada, vide avvicinarsiun’auto con targa diplomatica.

L’uomo alla guida scese e lo guardò. «Siete ilcolonnello Bardolf?»

«Sono io.»

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«Ho l’ordine di scortarla alla Credit Swiss a Luganoe poi riportarla indietro.»

«Sergente, carichiamo la cassa nel baule, presto.»

Arrivati davanti alla banca attesero che il cancellolaterale venisse aperto, scesero nel garage dove eraad attenderli il Direttore: « Sono stato informato deldeposito! Scendiamo nel caveau.»

Era pomeriggio quando il colonnello salì di nuovosulla barca : « Sergente andiamocene il pacco è alsicuro.»

Per i soldati rimasti in attesa il tempo non passavamai e cominciavano a preoccuparsi.

«Come mai tutto questo tempo?» Disse uno di loro.

«Speriamo sia andato tutto bene. Se venisserosorpresi sarebbero arrestati subito come spie.» Disseun altro.

«Io mi fido ciecamente del comandante, vedrete cheritornerà sano e salvo.»

Poi sentirono un rumore in lontananza, uno deimilitari prese il binocolo e lo puntò verso il lago.«Sono loro.» Gridò.

I militari li salutarono entusiasti. Il sergente siavvicinò alla banchina e con una manovra perfetta lamise parallela al molo. Quando fu ormeggiata, ilcomandante scese e tutti si misero in fila sull’attentisalutandolo militarmente, «Soldati, tutto è andatobene. Possiamo andare.» Uno dei soldati tentò direplicare, ma fu zittito.

«Soldati, so cosa volete sapere. Ne parleremodopo.»

Usciti dal paese si fermarono in un bosco per passarela notte. «Ora potete farmi tutte le domande che

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volete.»

«Come faremo a riprenderlo?» disse uno dei militari,«per riprenderlo sarà necessario avere il codicesegreto?»

« Ho diviso l’oro in dodici parti ed ognuno di voiavrà il suo codice. Mi è sembrata la soluzionegiusta.» Tutti annuirono.

«Soldati, il dovere ci chiama, torniamo nella nostraamata Germania.»

Il viaggio fu lungo e gli scontri a fuoco con ipartigiani si susseguivano, l’obiettivo eraraggiungere Berlino, per unirsi alla IV armata panzer.

La battaglia di Berlino vera e propria iniziò il 25aprile, quando le forze russe varcarono il canaleHohenzollern all’altezza di Plötzensee e iniziaronoad avanzare nei settori orientale e nord-orientaledella città, scontrandosi con l’eroica resistenzaopposta da elementi della IX divisione Paracadutistidel Reich nell’area industriale a cavallo fral’Invalidenstrasse e la stazione Stettiner.Contemporaneamente, nel settore meridionale dellacittà, l’VIII Armata delle Guardie e la I ArmataGuardie corazzate si impadronivano dell’aeroportodi Tempelhof, dopo aver messo in rotta le formazionidella Hitlerjugend che lo difendevano assieme areparti della difesa contraerea e della Muncheberg.Il 27 aprile cadde l’aeroporto di Gatow.Violentissimi combattimenti, con perdite enormi daentrambe le parti, infuriavano intanto alla stazione diAnhalt e sull’Alexanderplatz dove, tra le macerie deicapisaldi e le buche di granata, un pugno di SS agliordini dello Standartenführer Hans Kempinresisteva ancora, appoggiato dagli ultimi carri del29º reggimento Panzer .

A Berlino il plotone del colonnello Bardolf nonarrivò mai, furono sorpresi dalle truppe americane

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nei pressi di Torgau, ogni tentativo di reazionesarebbe stato vano, decisero di arrendersi senzaopporre resistenza. Vennero disarmati e inviati nelleretrovie, dov’erano stati installati dei campi diconcentramento.

Dalla fine della guerra, passò ancora un anno primache il colonnello ritornasse in libertà. Tornò aBerlino per unirsi alla sua famiglia, ma scoprì, cheerano tutti morti sotto i bombardamenti alleati. Nonaveva più legami con la sua patria. Decise diritornare in Italia e stabilirsi a Porlezza. Sposòun’Italiana che aveva conosciuto nell’albergo doveaveva soggiornato. Con il ricavato della venditadell’oro comprò una casa, un albergo e alcuniterreni, morì in pace alla veneranda età dinovantasette anni.

***

Non mancava molto alla quarta e ultima votazioneper la modifica della legge costituzionale e se tuttoprocedeva come preventivato, l’Italia sarebbediventata una Repubblica Presidenziale. Era venutoil momento di creare un movimento politico,ufficialmente di centro destra, ma con connotatimarcatamente di destra, da affiancare ai partiti chesostenevano il Premier.

Le persone che facevano parte del vertice dellasocietà segreta, a parte Marco presidente delConsiglio, non potevano comparire in questomovimento per evidenti motivi di segretezza.Decisero che i dirigenti del movimento, dove Marcone sarebbe diventato il presidente, fossero icapogruppo. La società segreta aveva sedi in tuttaItalia, bastava poco farle diventare anche sedi delmovimento.

Giorgio in audio chiamò tutti i capogruppo, i direttori

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dei due giornali e l’amministratrice delle cinquetelevisioni. Per comunicare a loro la creazione delmovimento chiamato “LA NUOVA ITALIA” e cosadovevano fare per renderlo noto alla gente.

Il giorno dopo in edicola i giornali uscirono contitoloni in prima pagina “NASCE IL MOVIMENTOPOLITICO DEL PREMIER CHE SI CHIAMERÀ LANUOVA ITALIA”, nelle televisioni si ripetevano aritmo incalzante le interviste al Premier e ai nuovidirigenti che illustravano il loro programma, unavolta vinte le elezioni. “ Diminuzioni delle tasse, tutticontratti di lavoro a tempo indeterminato, le nuoveassunzioni esentasse per cinque anni, le nuovesocietà per cinque anni con tasse stabilite a priorisenza altri balzelli, ripresa delle grandi opere, mutuosociale, ridiscutere con l’Europa il patto di stabilità,oppure uscire dall’euro e ritornare alla Lira,adeguamento delle pensioni al costo della vita”. Unvero putiferio, i giornali e le televisioni avversebollavano il tutto come populismo, un golpe delladestra e paventavano un nuovo ventennio di dittatura.Ma i sondaggi davano in aumento il gradimento versoil premier e al governo. Mancava il colpo finale epoi era fatta.

***

«Dottor Giorgio il senatore chiede di lei» disse lasegretaria.

«Sì, me lo passi sulla linea riservata.»

«Ciao Giorgio ho sul mio tavolo i documenti scrittidal Duce. Li ho letti e concordo con te, che non èancora il momento di divulgarli, quali sono quelliche ti interessano?»

«Sono una decina di pagine, dove scrive dei suoipresentimenti sulla sua fine imminente, di quello cheavrebbe voluto fare ma non ha potuto e dell’oro che

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ha consegnato al comandante Alberto.»

«Ma nei documenti scrive che l’oro andava portato aComo e che fosse difeso, fino al suo arrivo?»

«Ma non andò così? Il comandante Alberto aveva unaltro progetto? Tenerselo per sé?»

«Già, ma gli è andata maluccio» disse ridendo, «ok,prendo le pagine che ti servono, faccio una fotocopiae gli originali, tra un paio di giorni saranno sulla tuascrivania.»

«Ti ringrazio, ti devo un favore.»

«Uno solo?»

«Diciamo più di uno?» fece Giorgio riappendendo iltelefono.

Chiamò Carlos. «Puoi ritornare alla villa, ti vengo atrovare settimana prossima e ti spiegherò il miopiano.»

«Ok, ti aspetto.»

«Scusa un’altra cosa, sai se il colonnello avevadocumenti scritti di suo pugno?»

«Sì, teneva il resoconto scritto della sua vita su deidiari. Abbiamo quelli riguardanti l’anno 1945.»

«Magnifico.»

Il ritorno alla villa dopo una missione gli avevasempre procurato una sensazione di benessere, difelicità. Contava i minuti che mancavano all’arrivo ementalmente organizzava quello che intendeva farenei giorni successivi. Ma perché ora non era così?Perché non era felice? Perché quell’oppressione allabocca dello stomaco? Quanto doveva ancora passareprima che il dolore per la morte di Beatricediminuisse, forse mai?

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«Carlos, come sei pensieroso? Non hai detto unaparola, vuoi guidare?» Disse Dimitri

«Scusami, ma non me la sento.»

«Lo sai cosa facciamo stasera? Andiamo a Livorno adivertirci.»

«Grazie Dimitri, ma non è ancora il momento.»

«Scusa se te lo dico, ma non puoi continuare così. Lavita continua, lei non tornerà più, fattene unaragione!»

«Lo so Dimitri, lo so. Dammi tempo?»

«Ok, riposati, manca ancora un paio d’oreall’arrivo.»

Erano tornati da un paio di giorni che la monotonia sistava impadronendo di Carlos, terminata la palestra,raggiunse Dimitri al poligono di tiro. «Ciao, staseraceniamo al ristorante “la cambusa” di Livorno, hovoglia di uscire?»

«All’ora sarò costretto a farmi la doccia?» disseridendo.

La serata passò allegramente fra portate di pesce ecartizze, era da tanto tempo che non lo vedeva cosìallegro e tra sé pensò: «Era la prima volta che nonparlava di Beatrice, buon segno.»

***

Giorgio in elicottero si stava dirigendo alla villa,quando mancava una mezzora decise di chiamareCarlos. «Ciao, sono in arrivo, chiedi a Teresa se miprepara il Cacciucco alla Livornese, quello con dueC.» Si dice che la caratteristica che distingue ilCacciucco alla Livornese dalle altre zuppe, sta nelfatto che non è una zuppa ma bensì una pietanza: è unumido di pesce. «Ok, avviso Teresa, sarà entusiasta»

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disse ridendo.

Erano le due del pomeriggio quando si alzarono daltavolo. «Complimenti Teresa, perché non vieni aMilano?»

«Dottore, mi piace la campagna, la città mi fapaura.» E si allontanò sorridendo.

«Peccato!»

«Ma sei venuto per lavorare o per portarmi via la“cuoca”?» disse scherzando. «Hai ragione, dove ciaccomodiamo?»

«Andiamo nel bunker.»

Andarono nell’archivio, si sedettero intorno a untavolo e Giorgio chiese: «Una domanda Carlos? Ilfalsario è affidabile?».

«La falsaria?» Disse.

«Falsaria? Non me l’avevi detto?»

«È succeduta al padre quando è deceduto e possoaffermare che l’allievo ha superato il maestro.»

«Vedo che la conosci bene?» Disse tra il sospettosoe il divertito.

«La conosco da molti anni, è anche una bella donna»disse con sufficienza, ma il rossore di imbarazzotradiva il suo stato d’animo.

«E come si chiama?» Disse Giorgio divertito.

«Elisabetta?»

«Bel nome? Ora parliamo di lavoro: deve falsificarealcuni documenti riconducibili al Duce, modificare ildiario del colonnello, nella parte riguardante l’oro einfine modificare un rapporto dei Repubblicani.»

«E cosa deve scrivere?»

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«Questo?» E gli passò una cartella che conteneva idocumenti originali e quello che doveva scrivere.Una seconda cartella conteneva una cinquantina difogli bianchi dell’epoca con l’inchiostro che avrebbedovuto usare, il quale aveva la struttura chimica diquello in uso nel 1945. Non aveva lasciato niente alcaso, non dovevano esserci dubbi sull’autenticità diquei documenti.

«Hai tutto il necessario per procedere. Una cosa, losapete chi ha ereditato il podere?»

«No?»

«Il senatore Guglielmo?»

«È un bene?»

«Forse abbiamo fatto centro, senza volerlo?» DisseGiorgio.

«Ok, vado a telefonare a Elisabetta.» Si spostò insala Trasmissioni alzò il telefono e fece il numerotelefonico, dopo tre squilli una voce sensualerispose: «Sono Elisabetta dell’antiquariatoTriburtino?»

«Ciao, sono Carlos, avrei una cassa pancadell’ottocento da ristrutturare?»

«Ciao, pensavo che ti fossi dimenticato di me? Nonmi hai neanche chiamato per dirmi cosa era successoa Rosabella? Mi chiami solo quando ti servo per iltuo lavoro. Pensavo che contassi di più?»

Restò senza parole, l’aveva sempre considerata soloun’amica. Non aveva capito che lei nutriva altrisentimenti nei suoi confronti. «Scusami, sono statoimperdonabile, ma ho passato mesi terribili e il miosolo pensiero era fuggire dalla realtà, capisci?»

«Sì, scusami non avrei dovuto dirti queste cose, mi

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dispiace per Beatrice, era una brava persona.»

«Niente, avremo tempo di parlarne.»

«Ok, parlami della cassa panca?» La cassa panca erauna parola in codice che usavano quando avevabisogno di documenti o altro da falsificare.

«Se sei libera, domani verrei da te con Dimitri permostrartela?»

«Domani va benissimo, è il giorno che tengo chiusoil negozio?»

«A domani.» E chiuse la comunicazione.

«Giorgio, domani possiamo andare a Roma.»

«Tutto a posto?» Disse perplesso.

«Tutto a posto!» fece Carlos.

«Ok, domattina andate all’aeroporto di LuccaTassignano, un jet privato vi porterà a destinazione.Adesso vi lascio, mi aspettano alla villa di Forte deiMarmi.»

Elisabetta abitava a Roma vicino al centro città, invia Arco degli Acetari. L’abitazione disposta su duepiani era stata ristrutturata dopo la morte del padre,al piano terra si trovava il negozio, dove si potevanoammirare i mobili d’antiquariato, quadri famosi elibri antichi. Al primo piano l’appartamento doveabitava, era arredato con mobili antichi e quadriappesi su tutte le pareti. Nel piano interrato centometri quadrati di “laboratorio”, protetto da sistemi diallarme sofisticatissimi. Per entrarvi si dovevasuperare due accessi. Il primo si oltrepassava dopoil riconoscimento biometrico delle impronte digitali,per superare il secondo era necessario digitare uncodice che cambiava ogni dieci secondi in sincroniacon la chiavetta che aveva a disposizione. Se non

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veniva inserito, le saracinesche d’acciaio sarebberoscese, bloccando tutte le uscite. L’ultimo ostacoloera la porta blindata, che dava l’accesso allaboratorio, si apriva con chiavi brevettate difficilida duplicare, un vero bunker.

Uno dei sistemi che si potevano usare per lacontraffazione poteva essere il ricalco o quello amano libera, ma nessuno di questi supererebbe unaperizia grafica.

Oggi computer e scanner rendono veloce lacontraffazione del documento e per la stampavenivano usati speciali plotter che variando il flussodell’inchiostro simulavano la pressione sulla carta.

Nella tarda mattinata del giorno dopo un taxi si fermòdavanti al civico venti di via Arco degli Acetari,mentre Dimitri pagava la corsa, Carlos schiacciò ilcampanello dell’abitazione di Elisabetta.

«Carlos ben arrivato.» scese le scale a precipizio eabbracciò Carlos «felice di vederti, mi sei mancato.»

«Anche tu.» disse Carlos, colto impreparato dallamanifestazione d’affetto.

«Accomodatevi vi preparo un caffè?»

«Vista l’ora direi di fare in questo modo: portiamo idocumenti nel laboratorio, poi usciamo a pranzo e ilpomeriggio lo usiamo per il lavoro, cosa ne dite?»

«Direi che il tuo ragionamento non fa una grinza.Conosco un’hostaria tipica romana in zonaTrastevere, fanno rigatoni alla paiata, la coda allavaccinara, trippa, minestra di broccoli e arzina, c’èl’imbarazzo della scelta.»

«Cosa aspettiamo?» disse Carlos.

Erano le tre del pomeriggio quando, rientrarono

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nell’abitazione. Scesero le scale che portavano allaboratorio, Elisabetta appoggiò la mano suldispositivo per le impronte digitali, inserì il codice einfine aprì la porta blindata. Si accomodarono nellasala riunioni. Carlos prese i documenti dallacartelletta e spiegò a Elisabetta il lavoro che dovevafare.

«Accidenti. Cose grosse?» Disse perplessa epreoccupata.

«Ci sono problemi?» Disse Carlos.

«Se intendi come lavoro di falsificazione,sicuramente no. Mi preoccupano le implicazioni?»

«Cosa intendi dire?»

«Questi sono gli originali scritti dal Duce? Questidiari sono stati scritti da un colonnello tedesco? Equesto rapporto è stato scritto da un repubblichinonel 1945?»

«Sì!» Carlos cominciava a innervosirsi.

«Carlos, ci conosciamo da tempo. State cercando dimodificare la storia. Volete cambiare la parteriguardante il trasporto dell’oro? Per non parlare deldiario e del rapporto! Lo scopo non lo voglio sapere!Ho paura di saperlo. Farò il lavoro solo se tiimpegnerai a proteggermi?»

Carlos si rilassò. «Elisabetta non c’era bisogno cheme lo chiedessi? Da questo momento sei sotto lanostra protezione.»

«Bene, di te mi fido. Domani inizierò il lavoro.»

«D’ora in avanti per metterti in contatto con me,dovrai usare la linea telefonica collegataall’apparato che Dimitri oggi ti installerà, nonchiamarmi con altri mezzi.»

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«Va bene, quando partite?»

«Stasera alle otto da Fiumicino.»

Era l’una di notte quando entrarono nella villa,stanchi e affamati. «Dimitri, cosa ne dici, se prima diandare a dormire, facciamo una visita alla cucina,magari Teresa avrà pensato a noi?»

«Direi che è una buona idea!» Quando accesero laluce della cucina, notarono un foglio sulla tavola, erala scrittura di Teresa. «Se vi conosco bene? Sareteaffamati! Nel forno troverete due branzini, sono giàcotti, scaldate il forno a centoottanta gradi einfornateli per una decina di minuti. Buon appetito.»

«Grande donna» disse Dimitri, «tu accendi il forno,io vado a prendere una bottiglia di cartizze.» E siavviò alla cantina frigo. Alla fine del pranzo Dimitrisi rivolse a Carlos: «Pensi che filerà tutto liscio?».

«Vuoi il mio parere? Quando si spargerà la notiziache i diari sono autentici e ci sarebbero indicazionisu dove sarebbe stato trasportato l’oro, avremo unbel daffare a mantenere in vita le persone chedovremo proteggere.

***

Mancavano un paio di mesi alla quarta e ultimavotazione. All’esterno di Montecitorio si eranoradunati qualche centinaio di contestatori, appoggiatida frange violente, che manifestavano la lorodisapprovazione alla variazione della Costituzione.Gli scontri con le forze dell’ordine diventavanosempre più violenti, con feriti da entrambe le parti.La situazione stava degenerando e la contestazionecominciava a far presa anche su quelli che erano

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favorevoli alla modifica. Erano già parecchiparlamentari che cominciavano a ricredersi sullanecessità del cambiamento. La situazione stavaprendendo una piega pericolosa, era necessariospostare l’attenzione dell’opinione pubblica su altriargomenti.

Giorgio chiamò in audio conferenza i direttori deidue giornali, Amedeo e Maurizio e l’amministratoredelegato delle cinque televisioni private dottoressaCristina. «Prima che la situazione degli incidentidavanti a Montecitorio ci sfugga di mano, dovete farein modo di spostare l’attenzione su un nuovoargomento.»

«Non è facile, le televisioni e i giornali non parlanod’altro?» Disse Amedeo.

«E non saprei quale potrebbe essere l’argomento ingrado di spostare l’attenzione dell’opinionepubblica?» disse Cristina.

«I diari e l’oro di Mussolini?»

Sorpresa totale, non si sentiva volare una mosca,«L’oro di Mussolini?» dissero increduli, «ma sonosessant’anni che lo cercano e nessuno sa dove sitrova? Se poi esiste?»

«Esiste.» Disse Giorgio tra la sorpresa generale.

«Be’, sono argomenti che hanno sempre interessatogli italiani.»

«Avrei bisogno che uno di voi mi indichi un giovanegiornalista che segua la pista dell’oro?»

«Io ne avrei uno,» disse Maurizio «ha unavenerazione per il Duce, ed è convinto che i diariprima o poi li troverà?»

«Sì, sono convinto che li troverà?» Non sapevano

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cosa pensare, stava scherzano o parlava sul serio?Giorgio continuò: «Maurizio domani riceverai perposta una lettera anonima, la devi passare alGiornalista e dirgli di seguire la pista! A proposito,come si chiama?».

«Marcello?»

«Ok tienimi informato di come procede» Dopo isaluti chiuse la comunicazione.

La mattina seguente il fattorino, addetto allo

smistamento della posta in arrivo al giornale, bussò

alla porta del direttore. «Signor direttore, è arrivata

una busta anonima indirizzata a lei?»

«Grazie, lasciala sulla scrivania.» Quando il

fattorino lasciò l’ufficio, tolse il foglio dalla busta e

lesse:« Sono in possesso dei diari scritti dal Duce.

Nella busta troverete una pagina del diario, se volete

il resto, mettete un’inserzione con scritto “il diario è

autentico”. Vi contatterò io.»

Alzò il telefono e fece l’interno di Marcello. «Puoivenire nel mio ufficio.» Non fece in tempo adappendere la cornetta che sentì bussare alla porta.«Sono Marcello.»

«Entra e siediti.»

«Mi dica signor direttore» Disse mordendosi illabbro.

«Devo affidarti un’inchiesta, che deve restaresegreta, finché non avremo svolto tutte le indagini.»

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Marcello era sempre più nervoso e pensava, «perchéproprio a me? Sono l’ultimo arrivato? Cosa c’èsotto?»

«Sei con noi?» Disse il direttore vedendolo assente

«Mi scusi.»

«Leggi questa lettera e dimmi cosa ne pensi?»

La lesse e guardò perplesso il foglio del diario, dopoun attimo prese coraggio. «Signor direttore, se è unfalso è stato imitato alla perfezione! In tutti i casidevo farlo esaminare da un esperto?»

«Bene, l’indagine è tua. Devi tenermi aggiornato sututto, mi hai capito bene, su tutto.»

«Certo signore, grazie,» si alzò raggiante e si chiusenel suo ufficio «non ci posso credere, mi hannoaffidato un caso? E su un argomento che mi affascina,cosa posso volere di più.» Prese la sua agendaelettronica e cercò il numero del suo professoreall’università di Milano. Perito grafologo, svolgevainoltre indagini grafiche e perizie criminalistiche.«Buongiorno professor Romano, sono Marcello, siricorda di me?»

«Certo, se non ricordo male avevi una fissa per idiari di Mussolini, peccato che quelli che avevitrovato erano falsi, vero?»

«Sì, è vero ma sono convinto che prima o poi troverògli originali.»

«Avevi bisogno di me?»

«Sì, posso venire a trovarla all’università? Avrei dasottoporle una verifica grafologica su undocumento.»

«Domani pomeriggio sarei libero, ti aspetto dopo lesedici.»

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«Grazie professore a domani.»

Il giorno dopo, puntuale alle sedici, entrònell’università. Quanti ricordi… Si era laureato inpsicologia del lavoro per poi passare al giornalismofrequentando un master. Riconobbe molti deiprofessori che tenevano le lezioni quando luifrequentava, alcuni si ricordavano ancora di lui.Arrivato davanti all’ufficio del professore, bussò.«Avanti, la porta è aperta.»

«Buongiorno, le ho portato questo documento perverificare se è autentico?»

Prese il documento, lo lesse, lo rigirò, passò unalente di ingrandimento su tutte le righe, soppesò lacarta e la strofinò tra pollice e indice. Posò ildocumento sul tavolo, alzò la testa, si tolse gliocchiali e si mise a fissare Marcello. «Professore,c’è qualcosa che non va?» Disse preoccupato.

Dopo alcuni secondi di silenzio rispose: «Dove haitrovato questo documento?».

«Non posso dirvelo.»

«Ci sono altri documenti?»

«Non ne sono sicuro, può darsi.»

«Devo fare altre verifiche prima di darti una rispostadefinitiva.»

«Ok, questo è il mio numero di telefono, attendo unasua chiamata?» Si alzò e uscì dall’ufficio.

Senza perdere un attimo prese il documento e andò inlaboratorio, era ansioso di verificare se eraautentico. Anzitutto verificò se l’inchiostro usatofosse compatibile con i composti chimici usati inquegli anni. Anche se il metodo non era preciso, siriusciva comunque a individuarne il periodo. Passò

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poi alla valutazione sulla consistenza della carta. Nelperiodo bellico la cellulosa era difficile da trovare,si cercò di sopperire a quella mancanza estraendolada piante annue, come la paglia. L’ultimo esame eraquello più importante. Confrontare la grafia conquella di un documento scritto dal Duce e custoditinell’archivio di Stato. Il giorno dopo si sarebbe fattoinviare una copia da un suo conoscente dipendentepresso l’archivio. Era notte fonda quando decise chepoteva tornarsene a casa, ripose nella cassaforte ildocumento, spense le luci e uscì dall’università.

Erano passati tre giorni e Marcello non aveva ancoraavuto notizie, quando il suo telefono cellularesquillò. «Marcello sono Romano, ho finito in questomomento la perizia sul documento?»

Rimase paralizzato, il suo cuore perse un battito. «Midica, non mi tenga in ansia?»

«Ritengo che il documento sia autentico!» Avrebbevoluto gridare di gioia, ma si trattenne. «Grazieinfinite professore, mi dovrebbe preparare la perizia,la vengo a ritirare insieme al documento?»

«È già pronta. Ora cosa farai?»

«Non so, devo parlarne al mio direttore?»

Si salutarono e si precipitò nell’ufficio del direttoreentrò senza bussare. «Signore è autentico!»

«Chiudi la porta idiota!» Gli disse.

«Mi scusi, ma non stavo più nella pelle, diventeremofamosi!»

«Stai calmo e siediti, per prima cosa mettiamol’annuncio richiesto e attendiamo la loro chiamata.Quando avremo il resto dei documenti, vedremocome comportarci? Adesso ritorna nel tuo ufficio enon farne parola con nessuno.» Marcello si avviò

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verso il suo ufficio sorridendo, vincerò il premiopuzzle, pensava euforico.

Carlos era nella palestra della villa quando ricevettela chiamata da Giorgio. «Ciao, mi ha appenacontattato Maurizio, tutto sta procedendo comeprevisto. A che punto siamo con i documenti dafalsificare?»

«Sono appena arrivati, sono sul mio tavolo.»

«Molto bene, passiamo alla seconda fase. Dimitriconsegnerà i restanti documenti al giornalista.»

Finita la chiamata, chiamò Maurizio al giornale.«Ciao, partiamo con la seconda fase. Ti arriverà unavaligetta con i soldi, il tuo giornalista deveconsegnarla a Dimitri, che funge da basista, incambio dei documenti. Deve trovarsi presso ilcinema multisala di viale Sarca 336, nella sala 10,poltrona 200, alle ore 15.00 di domani. Una volta inpossesso dei documenti deve farli di nuovoperiziare. Avuta la risposta, facciamo filtrare lanotizia.»

«La valigetta è arrivata in questo momento, chiamoMarcello per metterlo al corrente.»

Passarono altri dieci giorni prima che il professorRomano finisse la perizia sui nuovi documenti, laquale confermava la precedente. I documenti eranoautentici.

Titolone in prima pagina: “TROVATI PARTE DEIDIARI DEL DUCE. La perizia fatta dal professorRomano confermerebbe l’autenticità! I diariconterrebbero informazioni su un carico d’oroportato alla prefettura di Milano nell’aprile 1945 epoi sparito misteriosamente”. Il giorno dopo ilquotidiano usciva in edicola con in allegato duepagine del diario.

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Tutte le agenzie mondiali battevano la notizia, igiornali e le televisioni facevano a gara a pubblicaree a intervistare eminenti esperti, i quali davano illoro parere in base a quello pubblicato sulquotidiano. Alcuni erano scettici, alcuni piùpossibilisti, ma tutti per dare un parere chiedevano divederli.

Nella sede del quotidiano Marcello era chiuso nelsuo ufficio, lesse per la seconda volta i dieci fogliscritti dal Duce. Si concentrò sulla parte relativa altrasporto dell’oro: «La guerra è persa, i tedeschisono in fuga e io non voglio lasciare l’Italia come michiedono. Non mi resta che tentare un’ultimaresistenza sulle montagne della Valtellina. Lidovranno confluire tutti gli uomini rimasti a mefedeli. Avrò bisogno di armi, munizioni, vettovagliee mezzi di trasporto. L’oro in mio possesso miconsentirà di avere tutto il necessario. Lo faròportare a Como, e da lì, scortati da due blindatitedeschi, comandati dal colonnello Bardolf saràtrasportato a Porlezza e attraverso il lago di Luganotrasferito in Svizzera. L’oro sarà consegnato aemissari spagnoli, che provvederanno a farci averetutto il necessario. Se riusciamo a resistere finoall’arrivo degli americani, chiederemo una resaseparata».

Marcello si chiese: «Ma chi è questo colonnello?Devo approfondire». Aprì il collegamento a Internete inserì il nome in un motore di ricerca. Trovò alcunenotizie sulla sua carriera militare: gli americanil’avevano fatto prigioniero e alla fine della guerra siera trasferito in Italia.

«Cominciamo le indagini da Como, chissà se inqualche archivio comunale trovo qualcheinformazione?» Era ormai notte, attese l’uscita,fresca di stampa, di una copia del quotidiano. Il suo

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articolo era in prima pagina, lo lesse e rimasesoddisfatto di quello che aveva scritto. Mise i foglidel diario nella cartella e si avviò all’uscita.Raggiunto il parcheggio rabbrividì, l’aria erafrizzante, si guardò intorno e si accorse che erarimasto uno degli ultimi. Con passo veloce siavvicinò all’auto, schiacciò il telecomando e quandotentò di aprire la portiera, una voce alle sue spalle logelò. «Metti a terra la borsa e non ti succederànulla.»

Non osava girarsi. «Metti a terra la borsa o tifacciamo un buco in testa» gli intimò uno degliaggressori. Non sapeva cosa fare? In cuor suo nonvoleva lasciare la borsa? Ma quella voce gli facevapaura. «State calmi, metto a terra la borsa!» Stavaper appoggiarla, quando sentì un trambusto alle suespalle, si girò e vide i due uomini incappucciati stesiper terra svenuti e quattro uomini che gli stavanointorno, uno di loro disse: «Salga in macchina e vadaa casa!».

«Ma chi siete?»

«I suoi angeli custodi!» disse sorridendo. Salì sullamacchina e partì, guardando nello specchiettoretrovisore vide che due dei quattro erano saliti suuna macchina e lo stavano seguendo. Prese iltelefonino.

«Pronto, signor direttore, sono scampato aun’aggressione, due uomini mi volevano portare viala borsa.»

«Stai bene? Adesso dove sei? Devo chiamare laPolizia?»

«Non è necessario, quattro uomini mi hanno salvato,però ora mi seguono, che cosa devo fare?»

«Tranquillo è la tua scorta!»

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«Scorta? Vuole dire che sono in pericolo?»

«No, è solo una precauzione, continua la tuaindagine. Buonanotte.»

«Buonanotte? Fa presto Lui, ma nei casini ci sonoio.» Pensò e si avviò verso la sua abitazione.

Negli archivi comunali non trovò nulla diinteressante, decise di andare in biblioteca econsultare i giornali locali dell’epoca. Iniziò acercare partendo da inizio aprile 1945. Sfogliòcentinaia di pagine, ma nulla attinente a quello checercava, tutte notizie risapute. Stava per arrendersi,quando un articolo catturò la sua attenzione:“Porlezza 23 aprile 1945. Un plotone di militaritedeschi comandati dal colonnello Bardolfsequestrava una barca adibita alla pesca. Dopo avercaricato delle casse di legno, tipo quelle per iltrasporto delle bombe a mano, lasciarono il molodiretti verso la Svizzera. Ritornò dopo parecchie oree la barca fu riconsegnata ai legittimi proprietari. Ilnumero delle casse caricate non è stato chiarito, chidice che era una sola, altri affermarono che eranomolte di più. Cosa contenessero nessuno lo sa.Qualcuno dei presenti disse che fecero molta fatica asollevarle. Senza dubbio era qualcosa di talmenteprezioso, da rischiare la traversata in pieno giorno.Si fecero molte ipotesi, ma nulla di concreto”. Feceuna foto dell’articolo e uscì dalla biblioteca.«Interessante?» Pensò Marcello, mentre si trovavasull’autostrada Como – Milano diretto alla suaabitazione. «Molto interessante? Porlezza? Questopaese devo visitarlo, ci andrò domani.»

***

L’attenzione dei media si era concentrata sulritrovamento dei diari e l’ultimo passaggio alle

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camere per la modifica della Costituzione passò conla maggioranza assoluta e le contestazioni non ebberol’effetto sperato dai contrari alla riforma. L’Italiaera diventata una Repubblica Presidenziale.

Il Capo dello Stato, preso atto della nuova situazionecreatasi dopo l’ultima votazione, decise che sidovevano indire nuove elezioni. Sciolse le camere ediede le dimissioni. Incominciava la campagnaelettorale. Forse la più aspra degli ultimiquarant’anni.

I candidati che avrebbero potuto avere qualchepossibilità di essere eletti erano due, uno di centrosinistra e uno di centrodestra.

Per il centrosinistra il candidato ufficiale era ilsenatore Guglielmo laureato in economia e damoltissimi anni in politica. Aveva iniziato subitodopo la laurea e nei vari governi che si eranosucceduti, aveva ricoperto diversi ruoli di prestigiocome ministro dell’economia e della difesa. Eraarrivato il suo momento, poteva, anzi, doveva,sconfiggere il candidato della destra.

Da bambino fino a quando si laureò, visse in uncasale poco distante da Porlezza, dove tutta la suafamiglia nonni e genitori allevavano le mucche ecoltivavano la terra. Dopo la morte del padre, cheera un partigiano, in uno scontro a fuoco con irepubblicani, il podere fu affittato a uno zio. Dopo lamorte della madre, era stato messo in vendita ed eralui l’unico erede.

Per il centrodestra fu candidato il Premier uscenteMarco, che i sondaggi lo davano in leggerovantaggio.

La società segreta era determinata a mettere in campotutta la sua potenza economica, usando le lorotelevisioni i giornali e le associazioni amiche. Ma

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l’asso nella manica, doveva essere ancora calato esarebbe stato devastante.

***

Carlos tutto era pronto per l’operazione chiamata“LA GRANDE BURLA”, i lingotti d’oro furonomessi in casse, usate per il trasporto di bombe amano. Erano state acquistate in un negozio chevendeva reperti della seconda guerra mondiale.Attendevano solo la conferma da Giorgio.

Marcello chiamò il direttore. «Dopodomani vorreiandare a Porlezza per fare delle indagini sulcolonnello Bardolf.»

«Buona idea, tienimi informato su quello chescopri.»

«Dimitri, Giorgio mi ha appena avvisato che ilgiornalista si sposterà a Porlezza dopodomani, mi èvenuto un’idea? Chiamo Elisabetta?»,«ciao hobisogno del tuo aiuto?»

«Carlos, ma tu mi chiami solo se hai bisogno?»

«Scusami, ma è una cosa di vitale importanza?»

«Dimmi?»

«Un aereo privato sta aspettando a Fiumicino. Tiporterà all’aeroporto di Tassignano, io sarò adattenderti?»

«Ma Carlos?, Senza preavviso? Certo che con te nonci si annoia mai.»

«Scusami, ma se non fosse importante, non mi sareimai permesso di chiedertelo?»

«Carlos lo faccio solo perché… be’, lasciamoperdere?» silenzio imbarazzato, «grazie, porta con te

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solo il minimo necessario».

Aeroporto di Tassignano, primo pomeriggio, Carlosera in attesa nella sala arrivi. Vedendola provò unastrana oppressione allo stomaco, era felice di poterlaavere vicino. Si salutarono.

Si avviarono verso l’uscita, dov’era ad attenderliDimitri.

Saliti sull’auto Elisabetta guardò Carlos con fareinterrogativo, «ora mi vuoi dire cosa è successo ditanto importante?»

«Be’… è un po’ imbarazzante.»

«Cominciamo male? Devo preoccuparmi?»

«Te lo spiego mentre ti trucchi?»

«A certo che sei un bel cafone.»

«Non fraintendere, sei bellissima, solo che latruccatrice ti deve trasformare in un’arzillavecchietta di novant’anni?»

«E per far questa parte hai scelto me?» disseridendo.

Quando uscirono dalla sala trucco era notte fonda,«ora partiamo per Porlezza potrai riposare inmacchina.» Nel tragitto Carlos ne approfittò perspiegarle quello che doveva fare e dire, quandosarebbe arrivato il giornalista a casa Bardolf.

Marcello arrivò a Porlezza in tarda mattinata,posteggiò l’auto nella piazzetta principale di frontealla chiesa, e cominciò a gironzolare per la cittadinasenza una meta precisa. Un negozio nascosto in unaviuzza attirò la sua attenzione. Vendeva vecchiecianfrusaglie e anche chi lo gestiva, era moltoanziano. Entrò, «buondì, sono un giornalista, vorreifarle delle domande su un vostro concittadino.»

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«Mi dica come si chiama, se lo conosco?»

«Bardolf.»

«Certo che lo conosco! Arrivò dopo la fine dellaguerra, mi sembra nel 1946, per un certo periodo siera stabilito in una pensione, poi all’improvviso, nonsi sa come, comprò una villa, un albergo e deiterreni.»

«Mi scusi perché, non si sa come?»

«I maligni dissero che faticava a pagare la pensionedove alloggiava, faceva qualche lavoretto qua e là epoi?»

«E non vi siete chiesti come avesse fatto?»

«Sì, certo, molte illazioni, ma niente prove. Le vocidicevano di un trasporto, che fece con una barca dapesca verso la Svizzera, prima della fine dellaguerra. Si parlava di oro, ma niente di sicuro.»

«Dove lo posso trovare?»

«Al cimitero! È morto qualche mese fa. Però puòandare a trovare la vedova, la villa si trova di fronteal bar Stella, sul lungolago.»

Lo ringraziò e si avviò verso il lungo lago, in cercadella villa del colonnello. Arrivato davanti al barguardò l’ora, era quasi mezzogiorno decise di entraree ordinò un panino con prosciutto e una birra.

Riguardò l’ora e decise di andare verso la villa,suonò il campanello e dopo qualche minuto ilcancello si aprì. «Prego» disse la “vedova” Bardolf.«Come posso aiutarla?»

«Mi chiamo Marcello e sono un giornalista, avreibisogno di farle delle domande su suo marito.»

«Per cosa?»

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«Per un articolo su fatti avvenuti a Porlezza alla finedella guerra.»

«Sono anziana i ricordi sono ormai confusi ,comunque si accomodi.»

«Suo marito era un colonnello tedesco, come mai sitrasferì a Porlezza?»

«Era rimasto solo, aveva perso tutti i familiari sotto ibombardamenti e Porlezza l’aveva affascinato.»

«In Italia dove aveva combattuto?»

«Non saprei. Della guerra non parlava mai… sevuole delle informazioni precise, mio maritoscriveva tutta la sua vita su dei diari. Li teneva incantina, catalogati anno per anno. Le interessavederli?»

«Mi sarebbero di grande aiuto» disse sorridendo.

«Questi sono tutti i suoi diari, se le interessa ilperiodo della guerra sono questi.» E indicò gli annidal 40 al 45, «mi basterebbe il 45?»

«Senta facciamo così, io domani parto perl’Argentina, e porterò con me solo quelli del 46, imiei ricordi sono tutti lì. Li prenda pure.»

«Grazie signora non saprei come ringraziarla?»

«Scriva un buon articolo su mio marito.»

Non ci poteva credere, aveva i diari scritti dalcolonnello Bardolf. Non poteva aspettare, volevaleggerli subito. Uscito dalla villa entrò nel bar,chiese un caffè e cominciò a sfogliarli.

Nella villa Bardolf, Carlos e Dimitri si stavanocongratulando con Elisabetta. «La parte dellavecchietta ti si addice. Non ha sospettato nulla» e simisero a ridere.

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«Siete proprio dei cretini. Vado in bagno a togliermiil trucco, non ne posso più.»

«Dimitri, ora possiamo far trasportare l’oro nellafattoria, noi aspetteremo qui. Domani accompagneròElisabetta all’aeroporto della Malpensa.»

Marcello cominciò a leggere il diario, che iniziava agennaio 1945. Il colonnello annotava ogni giornoquello che succedeva al fronte e alla fine delresoconto scriveva le sue riflessioni.

Mise da parte i diari che riguardavano i mesi dagennaio a fine marzo e si concentrò sul mese diaprile. Lo lesse velocemente fino al giorno 22, «eccoci siamo» disse tra sé.

22 aprile 1945.

Ho ricevuto l’ordine dal generale Borchard di andare a Comopresso il presidio repubblicano e di attendere un convoglioitaliano in arrivo da Milano. Devo scortarlo fino a Porlezza,finita la missione devo abbandonare il territorio e dirigermiverso la Germania per unirmi alla IV Armata Panzer.

Riflessioni: sono mesi che siamo in ritirata, dovremmo esseregià in Germania a difendere la nostra Nazione, non capiscocosa avrà di tanto importante questo convoglio. Da quantoho percepito, dovrebbero arrivare cinque camion con uncarico vitale per la sopravvivenza del fascismo. Vedremo dicosa si tratta. Se non ci saranno problemi, saremo adestinazione stasera tardi.

Ore 24

Siamo arrivati e ci siamo accampati al centro del presidio, icamion sono arrivati e sono quattro, ne manca uno.

Ho chiesto al loro comandante cosa contenessero le casse dilegno usate per il trasporto di bombe a mano, mi ha rispostoin modo evasivo. Tutto questo spiegamento di forze per dellebombe a mano mi sembra ridicolo. Porlezza è quasi sul

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confine con la Svizzera, io penso che contengano materialeprezioso e non penso di sbagliarmi. Adesso vado a riposarmi,ho il presentimento che domani sarà una giornata pesante.

Giorno 23 aprile 1945

Ore 6

Siamo pronti per partire. Un mezzo non è arrivato, è statointercettato dai partigiani e i repubblicani sono tutti morti.Metterò un blindato in avanguardia e uno in retroguardia,per precauzione ho fatto installare su ogni camion unamitragliatrice.

Ore 16

Sono su una barca sequestrata a dei pescatori e ci stiamodirigendo al porticciolo di Gandria in Svizzera, è stata unagiornata terribile e che probabilmente ci cambierà la vita. Seriusciamo a uscirne vivi da questa guerra.

Eravamo arrivati alla periferia di Porlezza senza problemi,quando all’improvviso siamo stati attaccati dai partigiani.Erano appostati ai due lati della strada su una collina, il lorotiro incrociato era micidiale.

Ho fatto disporre i miei blindati a protezione dei camion, imitraglieri e gli addetti al mortaio hanno risposto subito alfuoco, costringendo gli uomini sulla collina a indietreggiare.

Lo scontro a fuoco durò una decina di minuti, poi il silenzio.Probabilmente la nostra risposta li aveva sorpresi. Lo stallo siinterruppe dopo una mezzora. Dalla collina spuntò unabandiera bianca e una voce chiese di poter parlare.

Scesero una decina di partigiani, il loro comandante eramolto giovane, ma gli occhi rispecchiavano la determinazionedi un uomo molto più anziano. Erano giovani, ma vecchidentro, la guerra è una brutta bestia.

Volevano ispezionare i carri e arrestare i repubblicani, invecenoi potevamo passare. I militari italiani non intendevano

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arrendersi e impugnarono le armi. Dalla collina partì uncolpo che colpì al capo uno dei militari e scoppiò ilfinimondo. Tutti i repubblicani morirono, insieme a moltipartigiani, noi invece rimanemmo miracolosamente illesi. Aquesto punto dissi al comandante: «Siete sotto il tiro dei mieimitraglieri, ritiratevi e non spareremo». Era un bluff,potevano sopraffarci, erano il doppio di noi. Il comandanterispose: «Ispezioniamo i carri e poi ne parliamo». Quandoaprimmo la prima cassa, restammo senza parole, erano pienedi lingotti d’oro.

Nessuno parlò, ci guardammo senza sapere cosa fare, dissi:«Io una soluzione l’avrei, senza che nessuno si faccia male».Il comandante mi guardò perplesso e avvicinò il dito algrilletto, «non faccia sciocchezze, sarebbe morto prima dipremerlo! Noi prenderemo alcune casse e ce ne andremo per lanostra strada.» Ci pensò un attimo, guardò i lingotti. «Devoconsultarmi?»

Passò una mezzora poi ritornò. «Ok, prendete alcune casse eandatevene!»

Caricammo le casse sui blindati e ci dirigemmo al porto diPorlezza. Sequestrammo una barca con l’intenzione ditrasportare l’oro in Svizzera e depositarlo in una banca.

Questo è il mio ultimo scritto, lascerò i diari insieme all’oro,spero che un giorno possa ritornare a riprenderli.

Accidenti, imprecò Marcello, fino al 1946 non ètornato e quei diari sono ormai in Argentina. L’oropreso dal colonnello, penso di sapere dove è finito,ma tutto il resto? Non è mai stato ritrovato! Devoscoprire cosa è successo alla pattuglia partigiana.Domani, ritorno a Como e vado all’Archivio diStato.

Era eccitato all’idea di essere a un passo dalloscoprire dove si trovava l’oro, voleva arrivare primapossibile a Como. Alle otto di mattina era sullastrada provinciale 14, quando vide dallo specchietto

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retrovisore un’auto che gli stava lampeggiando.«Saranno le mie guardie del corpo» pensò, «chevorranno? Mi conviene accostare?» Stranamente nonc’era traffico, di solito era una coda unica, megliocosì. Vide uno spiazzo, mise la freccia e parcheggiò.La macchina che lo seguiva si fermò dietro la sua.L’uomo alla destra del guidatore scese e si avvicinòalla macchina. Marcello abbassò il finestrino. «Cisono problemi?»

«Prenda la borsa. Lasci il cellulare e le chiavi sulsedile e ci segua senza fare storie!» Restò interdetto,ma quando vide che l’uomo spostò la giaccafacendogli notare la pistola, ebbe paura.

«Ok, prendo la borsa e scendo, ma dove mi portate?»L’altro non rispose e in malo modo lo spinse versol’auto in attesa, gli mise un cappuccio sulla testa epartirono a gran velocità.

Dimitri e Carlos stavano sovraintendendo i lavoriper il trasporto dell’oro alla fattoria, erano quasi altermine, tutte le casse erano all’interno del localeinterrato, quando il telefono di Dimitri squillò.«Abbiamo perso il giornalista.»

«Cosa?»

«Siamo rimasti imbottigliati in un incidente e quandosiamo potuti ripartire, era sparito.»

«Cosa vuol dire sparito?»

«La macchina era parcheggiata in uno spiazzo, ma luinon c’era, le chiavi e il cellulare erano sul sedile.Penso che sia stato rapito.»

«Avete perquisito la macchina?»

«Sì, e abbiamo trovato i diari sotto il sedile?»

«È quello che cercavano, ritorneranno. Qui abbiamo

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quasi finito, mezzora e siamo da voi!»

«Cos’è successo?» chiese Carlos, «hanno rapitoMarcello.»

«Accidenti, questa non ci voleva?» Per sorvegliare ilcasale rimasero quattro uomini in un camper prontiad intervenire in caso di bisogno.

***

La campagna elettorale era in pieno svolgimento idue candidati per conquistare la fiducia deglielettori, partecipavano a trasmissioni televisive,svolgevano comizi e gli attivisti in tutte le piazzeitaliane, distribuivano i volantini con il programmadel proprio candidato.

Tutte le televisioni si contendevano la partecipazionedei due leader a un dibattito, riuscì ad avere lameglio una delle televisioni private della dottoressaCristina.

L’attesa per l’incontro era spasmodica, i duecontendenti sapevano che sarebbero dovuti essereconvincenti. Fare degli errori a pochi giorni dalleelezioni poteva essere fatale.

La sera della trasmissione era arrivata, milioni dispettatori erano incollati davanti al televisore. Ledomande ai due contendenti erano le stesse: imaggiori poteri dati al capo dello stato potevanoportare verso una dittatura. Come s’intendevarimettere in moto l’economia. Era possibile unadiminuzione delle tasse. I rapporti con l’Europasarebbero cambiati.

Per quanto riguarda i maggiori poteri tutt’e due

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risposero che c’erano dei contrappesi, i qualiavrebbero evitato questa possibilità, per le altredomande ognuno rispose secondo i loro indirizzipolitici.

Nessuno dei due contendenti prevalse, erano insostanziale parità. Il conduttore fece l’ultimadomanda: «Parliamo di un argomento che in questimesi appassiona gli italiani “l’oro di Mussolini”,indiscrezioni dicono che per il ritrovamento è soloquestione di giorni. Si pensa che il valore sfiori ilcentinaio di milioni di euro.»

Risponde per primo il candidato del centro destra,Marco. «Se l’oro esiste e da indiscrezionisembrerebbe di sì, sarebbe stato sequestrato da“combattenti italiani” e nascosto senza restituirlo alpopolo italiano.»

La risposta del candidato del centro sinistraGuglielmo fu violenta. «Siete voi fascisti che loavete rubato agli italiani e vi siete arricchiti allespalle del popolo, che moriva di fame. Sono sicuroche nessuno dei partigiani che ha lottato per lalibertà, abbia voluto arricchirsi con quell’oro. Tuttequeste notizie sono false, costruite ad arte per sviarei veri problemi del paese.»

Marco ripose con pacatezza. «Che sia vero o no losapremo presto. Le faccio una proposta? Se fosseritrovato prima delle elezioni ci potremmo ritrovarequi e riparlarne?»

«Con molto piacere» disse Guglielmo.

***

Giorgio chiamò Carlos. «Cosa diavolo è successo algiornalista? Siamo in un momento delicato dellacampagna elettorale, se non trova l’oro e nonpubblica il diario del colonnello, rischiamo di

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perdere le elezioni.»

«Siamo sul posto, sono convinto che ritorneranno acercare i diari.»

«Lo spero, tenetemi informato.»

Erano nello spiazzo dov’era parcheggiata l’auto.Stavano valutando il da farsi. Decisero che loro duesi sarebbero appostati nel boschetto, che costeggiavail parcheggio e gli altri, con le auto, si sarebberospostati più avanti restando tutti in collegamentoradio.

Passavano le ore ma nessuno si era avvicinatoall’auto, cominciarono a preoccuparsi. «Dimitri, e sequalcosa è andato storto, nel corso del rapimento?»

«È una possibilità. Potremmo far intervenire i nostriamici dei servizi?»

«Sarebbe l’ultima possibilità!»

«Aspetta. Guarda, quell’auto ha rallentato?» Il suvcon due uomini a bordo passò davanti allo spiazzo apasso d’uomo, per poi accelerare. «Ci siamo.Tenetevi tutti pronti!» Dopo qualche minuto l’autorispuntò in senso inverso, rallentò di nuovo eproseguì senza fermarsi per qualche centinaio dimetri. Frenò all’improvviso e fece inversione, misela freccia ed entrò nel parcheggio, fermandosi afianco dell’auto del giornalista. I due uomini siguardarono intorno, poi uno di loro scese si avvicinòe aprì la portiera. Mise la mano sotto il sedile incerca dei diari. «Cerchi questi?» disse Carlos.L’uomo tentò una reazione ma l’arma puntata allatesta gli fece cambiare idea. «Metti le mani sopra lamacchina e allarga le gambe!»

Anche l’altro uomo era stato neutralizzato da Dimitri.Dopo averli perquisiti, sequestrate le armi e icellulari, guardarono i documenti. «Fate parte dei

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servizi Vaticani? Chi vi ha incaricato di rapire ilgiornalista?»

«Non vi diremo nulla!»

«Risposta sbagliata?» Un calcio sul ginocchio lofece cadere a terra dolorante, un altro calcio nellostomaco gli tolse il respiro. Il secondo disse: «Basta,vi diremo quello che volete sapere?».

«Così va bene. Adesso saliremo sulla vostra auto eci porterete, dove tenete rinchiuso il giornalista.»

Ripercorsero tutta la statale 14 fino a Porlezza, perpoi deviare sulla statale 340 fino al lago Di Piano. Aquesto punto svoltarono in una strada sterrata fino auna villetta isolata.

«Niente scherzi, capito! Non ci metterei un attimo aspararvi!» Annuirono con la testa. Arrivati davantialla villa, suonarono due volte il clacson elampeggiarono per tre volte. Era il segnale convenutoe il cancello si aprì. «Quanti uomini ci sono incasa?»

«Due!»

«Chiamateli con una scusa!» Scese dalla macchina egridò: «Venite ad aiutarmi Simon non sta bene». Laporta di ingresso della villa si aprì e uscirono dueuomini armati. «Cos’è successo a Simon?»

«Non sta bene, ha bisogno d’aiuto?» Si avvicinaronocon cautela guardando a destra e a sinistra, «non mipiace, tu ritorna dentro!» Appena si girò per tornarenella villa Carlos aprì la portiera e sparò colpendoloalle gambe, Dimitri fece lo stesso e colpì il secondoalla spalla. «Non costringeteci a sparare di nuovo.Buttate le armi per terra e tenete le mani bene invista!»

Portarono tutti nella villa, tamponarono alla meglio

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le ferite e liberarono Marcello.

«Giorgio, Marcello è libero, i rapitori sono feriti manon gravi. Fanno parte della guardia Papale.»

«Complimenti. Sono fiero di voi. Ditemi dove vitrovate e lasciate le guardie dove sono, ci penso io.»

Un paio di giorni dopo su tutte le prime pagine deiquotidiani comparve un articolo: “Due fatti scuotonoil Vaticano. Il Pontefice pensiona il cardinaleStefano, responsabile della banca Vaticana. Dueufficiali della sicurezza sono rimasti gravementeferiti in uno scontro a fuoco. Le due cose sono legatefra loro?”.

***

Marcello stava pensando di abbandonare la ricerca,tanto fu il terrore che aveva provato quando fu rapito.Ma il suo direttore riuscì a fargli cambiare idea,assicurandogli che sarebbe stato scortato giorno enotte. E il desiderio di portare a termine il compito,che gli avevano affidato, ebbe in sopravvento sullapaura.

L’archivio di Stato si trovava in via Briantea 24 aComo, alla signorina della segreteria disse: «Sono ungiornalista, mi interesserebbero, per una mia ricerca,i rapporti delle azioni militari nell’aprile 1945 delleforze repubblicane, nella provincia di Como»

«Mi compili la domanda e domani li avrà adisposizione.»

Uscì soddisfatto, in strada erano ad attenderlo i suoiangeli custodi. «Dove la portiamo signore?»

«In ufficio, grazie.»

Prima, dell’andata in stampa del quotidiano, riuscì a

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preparare il suo articolo “Tedeschi e Partigianiconcordarono la spartizione dell’oro? Da quantoscrisse sul diario, il colonnello Bardolf,sembrerebbe di sì “.

Il centro sinistra entrò in fibrillazione. «È unvergognoso attacco di stampo fascista, voglionoscreditare il nostro candidato. Ma non ciriusciranno!» Insorsero le associazioni partigiane.«Invenzioni vergognose.» E invocarono l’interventodel Capo dello Stato. Il candidato Guglielmo disseche era un attacco inaudito alla sua persona e allamemoria di suo padre morto per la libertà.

Giorgio era soddisfatto, tutto procedeva come avevaprevisto, mancava l’ultimo tassello.

Marcello dopo ore di lettura gli era venuto un granmal di testa e non aveva trovato nulla di interessante.Svogliatamente , sbadigliando , lesse l’ennesimodocumento :” Il 24 aprile 1945 è stato effettuato unrastrellamento nelle campagne intorno a Porlezza”.Si scosse.«Forse ci siamo?» pensò, e continuò aleggere: “ Alla ricerca dei banditi che si erano resicolpevoli dell’assassinio di otto camerati. Furonointercettati nelle vicinanze del paese di Corrido enello scontro a fuoco tutti i partigiani rimasero uccisi. Il loro comandante si chiamava Giordano figlio diErnesto proprietario di un’azienda agricola”.

Marcello analizzava mentalmente tutte leinformazioni che aveva trovato: «Il giorno 23 aprileil convoglio viene attaccato. Dividono l’oro, itedeschi lo portano in Svizzera e i partigiani lonascondono da qualche parte. Pensando diriprenderlo più avanti. Poi furono uccisi tutti e l’ororimase nascosto per tutti questi anni. Ma, dovel’avranno nascosto? Se intendevano tenerselo,avrebbero dovuto trovare un posto sicuro e vicino? Ese fosse nascosto in qualche fattoria vicino a

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Corrido? Il comandante partigiano era il figlio delproprietario di un casale? Vado in comune, vediamodove si trova e chi è adesso il proprietario?»

Quando uscì dal comune con l’informazione checercava, era sbalordito. Il casale si trova a Corrido el’erede universale era il senatore Guglielmo,candidato alla poltrona di presidente.

Rientrato in ufficio, andò dal direttore e gli fece ilresoconto dettagliato di tutto quello che avevascoperto.

«Marcello tu fai l’articolo su quello che hai scopertoe alla fine esprimi le tue opinioni, tra le quali, anchequella che l’oro potrebbe essere nascosto nel casale,senza nominare il Senatore.»

Il giornalista era appena uscito dall’ufficio che ildirettore chiamò Giorgio. «Domani uscirà l’articoloe penso che intorno al casale ci saranno moltissimigiornalisti e curiosi?»

«Tra qualche ora avverti le autorità, che domanipotrebbero esserci problemi di ordine pubblico, ioavverto Carlos. Avete fatto un ottimo lavoro.»

«Carlos dovete spostarvi dal casale, tra qualche oraarriverà la polizia.»

Le insinuazioni scritte nell’articolo avevano colpitonel segno. La polizia aveva bloccato l’ingresso, ma ilcasale era vasto e la ricchezza sembrava a portata dimano. Avranno pensato le centinaia di persone chestavano affluendo verso la fattoria. La polizia nonpoteva fermarli, uomini e donne sciamavanoall’interno intrufolandosi da ogni parte. Regnava ilcaos, fu necessario chiamare i rinforzi. Dopo un’oraun centinaio di poliziotti in tenuta anti-sommossaentrarono nel casale e riportarono l’ordine. Sottoscorta arrivò il senatore che davanti ai giornalisti

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disse: «Chi ha scritto l’articolo dovrebbe essereradiato dall’albo, certi attacchi a un avversariopolitico, ed è questo che si tratta, è scandaloso. Nelmio casale non è nascosto niente e le forzedell’ordine lo proveranno». Rivolgendosi alcomandante della polizia disse: «Procedete allaricerca!»

La prima giornata passò senza nessun ritrovamento,non volevano lasciare nulla di intentato, ogni dubbioandava fugato. Decisero di usare il Georadar, notoanche come GPR – ground penetrating radar – è unametodologia non invasiva usata in geofisica nellostudio del primo sottosuolo.

Per tutta la notte il cascinale fu tenuto sotto strettasorveglianza dalle forze dell’ordine. Erano rimasti igiornalisti, i camper delle televisioni e alcune decinedi irriducibili.

All’alba arrivarono i tecnici con il GPR e iniziaronosubito ad analizzare il terreno, incominciando dallecantine della casa colonica. Era una giornata calda ela folla all’esterno continuava ad aumentare. Dovetteintervenire la Protezione Civile che oltre adistribuire bottiglie d’acqua, installò una tenda diprimo soccorso, per prestare aiuto medico a chi neaveva bisogno.

Il GPR nelle cantine non rivelò nulla di anormale. Sipassò alle stalle, ma anche lì non trovarono nulla.Era arrivata la sera con un nulla di fatto, mancavasolo il fienile. I giornalisti presenti, si sbizzarrivanoscrivendo i loro articoli per il giorno dopo. Il titolimettevano in dubbio le affermazioni del giornalistaMarcello, alcuni dicevano che era un buffone, altriche era un mitomane e che si era inventato tutto. Lostesso senatore che non si era mosso dal casale,rilasciò un’intervista di fuoco, dicendo che era tuttauna macchinazione dei suoi avversari politici, per

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metterlo in difficoltà, in quanto, i sondaggi lo davanoin vantaggio.

La notte passò relativamente tranquilla e alle primeluci del mattino si riprese il lavoro con il georadar,partendo dal fienile.

Lo studio del sottosuolo proseguì senza risultati,mancavano da controllare qualche decina di metriquadrati, quando la macchina smise di funzionare.

Per far arrivare una nuova macchina ci sarebberovoluti almeno due giorni il Senatore era propenso asospendere tutto mentre il suo staff riteneva che nondovessero rimanere dubbi, decisero di continuare.

In tarda mattinata del terzo giorno arrivò il nuovoapparecchio, non si perse tempo, fu preparato eportato nel fienile per controllare gli ultimi metriquadrati di pavimento.

Dopo alcuni metri l’operatore si bloccò e gridò:«Qui sotto è vuoto». La confusione fu incredibile,tutti correvano a vedere. Dovettero intervenire leforze dell’ordine per ripristinare la calma. «Questasembra una botola, ma non vedo aperture, chiamate ilsenatore?»

«Senatore, sapete come aprirla?»

«Non sapevo neanche che esistesse?»

« Non perdiamo tempo, fate portare dei martellipneumatici!» Dopo un’ora la botola era pronta peressere sollevata. Non si sentiva volare una mosca,tutti trattenevano il respiro.

«Allontanatevi, portatemi delle torce presto.»Disse ilcomandante.

Quando illuminarono il locale videro delle casseusate per il trasposto delle bombe a mano e la

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rastrelliera con i fucili e le pistole. «Accidenti,sembrano casse per bombe a mano e ci sono anchearmi, bisogna far intervenire gli artificieri. Fateallontanare tutti e transennate l’aerea.»

Tutte le televisioni bloccarono i loro programmi permandare in onda le edizioni speciali. “Sembra cheabbiano trovato un rifugio sotterraneo pieno di casseusate per il trasporto di bombe a mano e molte armi.Siamo in attesa che gli artificieri le aprano.”

Il senatore rimase chiuso in casa, non voleva ancorarilasciare interviste. «Manca poco alle votazioni eguarda che casino?» disse ai suoi collaboratori, «sesono solo armi, non penso che possa danneggiarci,anzi potrebbe avvantaggiarci, vi pare?»

«E se non ci fossero solo armi?»

«Sarebbe drammatico.»

Marcello, che fino a quel momento era rimasto inufficio a Milano, appresa la notizia si precipitò aPorlezza, poteva essere il suo momento di gloria.

Gli artificieri si avvicinarono alle casse e con tutte leprecauzioni del caso aprirono la prima. «Questa èpiena di bombe a mano, ora apriamo la seconda»silenzio, «cosa succede? Cos’avete trovato?» disseroallarmati i militari in attesa. «Non ci crederete mai.»

«Accidenti. Volete dirci cos’avete trovato?»

«Le casse sono piene di lingotti d’oro.»

La notizia si sparse subito. Tutti cercavano dicollegarsi con le loro sedi. «Sembrerebbe che l’oroci sia davvero, ci sono moltissime casse piene zeppedi lingotti!»

Tutti si precipitarono verso Marcello perintervistarlo, era il suo momento di gloria. Il grande

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bluff aveva avuto successo.

L’oro recuperato aveva un valore vicino aisettantadue milioni di euro, una cifra enorme, chelasciò sbalordito il mondo intero.

Le televisioni trasmettevano in diretta le immaginidei blindati che uscivano dalla fattoria, diretti allaBanca d’Italia, scortati da un imponente servizio discorta.

A pochi giorni dalle consultazioni i due contendentisi ritrovavano a faccia a faccia davanti alletelecamere, come avevano concordato qualchesettimana prima.

Il conduttore prima di fare la domanda mandò inonda un riassunto dei fatti che erano accaduti neigiorni precedenti.

Una volta terminato il filmato disse: «Senatore, neidiari del colonnello Bardolf, pubblicati dalgiornalista Marcello, si affermava che l’oro fu divisotra tedeschi e partigiani. I quali lo nascosero senzaconsegnarlo. Qual è la sua opinione?».

«È una domanda a cui non sono in grado dirispondere, bisognerebbe chiederlo a loro. Peccatoche siano stati uccisi, per la libertà del nostroPaese.»

«Quello che dice è vero! Ma lo scontro a fuoco con iRepubblicani avvenne il giorno prima, avevano tuttoil tempo per inviare una staffetta a Milano? Noncrede?» Si sentiva in trappola, tentò l’ultima carta.«Questa è tutta una messinscena, organizzata dalladestra fascista, è tutto un falso.» Il conduttore loincalzava: «Forse i diari saranno anche falsi, mal’oro era vero?».

Stavolta non rispose.

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Il conduttore lasciò passare alcuni secondi prima difare la domanda al secondo candidato. «DottorMarco, lei a che conclusioni è arrivato riguardo aquesta faccenda?»

«Che anche il più puro degli uomini, davanti a unamontagna d’oro, può prendere la decisione sbagliata.Posso però dire una cosa, l’oro era degli italiani e aloro ritornerà.»

Nei dibattiti televisivi non si parlava d’altro, sianalizzava e si scavava a fondo e qualcheincongruenza cominciava ad affiorare, ma era troppotardi, le elezioni erano tra due giorni e non era piùpossibile cambiare le cose.

L’affluenza alle urne superò ogni aspettativa, eranoalmeno vent’anni che non si superava l’ottanta percento.

Lunedì pomeriggio incominciò lo spoglio delleschede. Gli exit poll davano in leggero vantaggio ilcandidato della destra. I commentatori, nei lorodibattiti televisivi, si sbizzarrivano sulle previsioni,ma i risultati dal Viminale che man mano affluivanodavano un vantaggio clamoroso del candidato delcentro destra. A tarda sera, dalla sede del centrosinistra Guglielmo ammise davanti ai suoi sostenitorila sconfitta.

Quando ci fu la certezza matematica della vittoria, ilnuovo presidente si presentò davanti ai suoisostenitori.

La sala non bastava per contenere tutte le personeintervenute, per festeggiare una vittoria storica. Unboato lo accolse quando si presentò sul palco, scenedi giubilo, centinaia di bandiere sventolavano e moltipiangevano di gioia. Era raggiante, stringeva mani,abbracciava i suoi collaboratori più stretti. La follalo stava soffocando con il suo entusiasmo e la scorta

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si trovò in difficoltà, decise di fare un brevediscorso. «È stata una grande vittoria, la vostravittoria,» boato di entusiasmo «amici, da domaniincomincia una nuova era per l’Italia, diventeremo lanazione che trascinerà l’Europa e non viceversa.»Continuò per una mezzora e si congedò, era attesoper la conferenza stampa. Erano presenti giornalistiprovenienti da tutto il mondo e la prima domanda chegli rivolsero fu: «Signor presidente, cosa ne saràdell’oro?»

«Sarà gestito da una fondazione, che ogni anno daràla possibilità ai migliori laureati di entrare nellaricerca. Non ci faremo più sfuggire i nostri miglioricervelli.»

«I vostri avversari affermano che avete ingannato ilpopolo.»

«Loro lo hanno ingannato. Il popolo stava perdendola speranza e se non vedeva più nello Stato uninterlocutore in grado di soddisfare le esigenzeprimarie, si sarebbe corso il rischio di una “derivaautoritaria”. Io dico che il potere sugli altri sigiustifica solo se sono soddisfatti gli interessi dellacollettività a cui apparteniamo e non il propriotornaconto personale. Ed è quello che faremo.»

«Si dice che l’oro fascista era nella vostradisponibilità.»

«Provocazioni, l’unica cosa che posso dire riguardoal fascismo è che non ritornerà più e non sono piùnecessarie le leggi che ne vietano la ricostruzionecome la legge Scelba, ogni individuo ha il diritto allalibertà di opinione e di espressione, incluso il dirittodi non essere molestato per la propria opinione equello di cercare, ricevere e diffondere informazionie idee attraverso ogni mezzo e senza riguardo afrontiere.»

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Per un minuto nessuno proferì parola, tutti siguardarono attoniti. Era cominciato un nuovoventennio?

Mentre nella sede di Milano del partito “La NuovaItalia” si continuava a festeggiare la vittoriaelettorale, Giorgio era in riunione con Carlos nellasua villa a Forte dei Marmi. «Carlos, l’obiettivo èstato raggiunto governeremo per molti anni e daremoal nostro popolo lavoro e serenità, il futuro è nostro ,il sacrificio dei nostri genitori non è stato vano.»Continuò, «Hai fatto un ottimo lavoro e non nedubitavo, sei il migliore!»

«Ti ringrazio. Ora mi posso prendere una vacanza.»

«Te la sei meritata, ma ho ancora bisogno di te.»

«Dimmi?»

«Ho bisogno che tu vada in Argentina.»

«In Argentina?»

«Sì, al tuo rientro ti spiego tutto. Buone vacanze. Aproposito, vai solo?»

«Non proprio. Mi accompagna Elisabetta» dissearrossendo.

EPILOGO

Il potere trova la propria legittimazione nel consensodel popolo. Ma se il consenso è influenzato dallapotenza economica, che può condizionare il giudiziodegli elettori, si può considerare un colpo di Stato? Ese questo potere venisse usato per il bene delpopolo, si può ancora considerare un colpo di Stato?

Ognuno di voi che avrà la fortuna di leggere questoromanzo, potrà esprimere la propria opinione sulsito:www.cvslibrionline.it

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NOTE DELL’AUTORE

Questo libro è un’opera di fantasia.Personaggi, luoghi, Società, marchi eazioni descritti e citati sonoinvenzioni dell’autore seppureinserite in un contesto storico edocumentale ben preciso e hanno ilsolo scopo di conferire un’aura diveridicità alla narrazione.Il mutuo sociale è stato ideato dal partito “LADESTRA” e modificato in alcune parti per esigenzedi romanzo www.ladestra.com (1)

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