L’angelo della rivoluzione del Cilento: tra sciabola ed ... · Il poeta Giosuè Carducci diceva...

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Anna Maria Noia OVIDIO SERINO L’angelo della rivoluzione del Cilento: tra sciabola ed abito talare Presentazione di Giovanni Romano

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Anna Maria Noia

OVIDIO SERINO L’angelo della rivoluzione del Cilento: tra sciabola ed abito talare

Presentazione di

Giovanni Romano

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I Edizione Ottobre 2015

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In copertina foto d’epoca di Ovidio Serino arricchita con una frase tratta dallo scambio epistola-re tra Luigi Settembrini e la moglie.

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Introduzione

L’occasione del centocinquantesimo anniversario dell’Unità di Italia non poteva passare inosservata e sarebbe stato inopportuno se non avessi ricordato la partecipazione alla causa dell’unificazione da parte di un illu-stre ma “sconosciuto” cittadino del Comune di Mercato S. Severino che fu testimone partecipe di quel momento storico e che credette all’unificazio-ne stessa di quella nazione “giardino di Europa”, “culla della cultura” e della rinascita dell’Europa.

Il personaggio: Ovidio Serino ebbe una vita densissima e ricca di a-zioni e di dettagli, curiosità, ma voglio — almeno in questa prefazione — ricordarne soltanto alcuni peculiari aspetti legati alla sua valorosa pre-senza in battaglie che avrebbero segnato il destino e il futuro dell’Italia, come ad esempio nei celebri moti del Cilento.

Avrei voluto parlare del personaggio tra due anni, in occasione del secondo centenario della sua nascita, avvenuta il 5 aprile 1813.

Però inserire questo eroe risorgimentale negli avvenimenti che oggi stiamo vivendo è stato per me uno stimolo in più per parlarne, per pub-blicizzarlo e per farlo — svelandolo dall’oblio del passato — conoscere a quanti distrattamente lo ignorano pur sentendolo partecipe nella topo-nomastica locale; è questa un’operazione attuata anche per dare una giu-sta rivalutazione al dimenticato monumento funebre che il Comune eres-se dopo la morte di Ovidio Serino su progetto dell’ingegnere Francesco Saverio Guadagno il 24 settembre 1888 e ricorretto dopo la segnalazione di alcuni cittadini in occasione del centenario dell’Unità di Italia nel 1961.

Tale segnalazione andava a “correggere” e modificare il cambiamen-to di nome da Ovidio in Osvaldo nei festeggiamenti del 1931, in piena era fascista.

Sarebbe quindi opportuno restaurare e riporre quella lastra di mar-mo per dare dignità al defunto che diede onore all’Italia — rinunciando a una vita più “comoda” che molti “gattopardi” dell’epoca scelsero — e ri-portare un significato nuovo al giusto onore che bisogna tributare a que-sto “martire” della libertà.

Il poeta Giosuè Carducci diceva in una delle sue opere: “Per fare più compiuta e vera la nostra storia nazionale occorre rifare prima le storie particolari, raccogliere tutti i documenti dei nostri comuni”.

L’operazione che in questo opuscolo tento di compiere è quella di possedere il dovere e l’obbligo di far conoscere la nostra storia parlando di un personaggio “eroico” che ha dato tutto — senza mai chiedere — per-fino il suo ricordo, lasciandolo noi Sanseverinesi nell’oblio del passato ma rispolverandolo solo nelle “grandi occasioni”; occorre cercare di com-

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memorarlo con i dovuti onori altresì celebrandolo nelle scuole, nelle fa-miglie del paese in cui ha vissuto e poi estendendolo ad un più vasto pubblico extra moenia.

Nel 1961, durante il mese di marzo compariva per le strade del no-stro comune un manifesto che annunciava tra le tante attività di festeg-giamento per il centenario dell’unificazione, proprio la commemorazione di questo concittadino.

“...Oggi il nostro Comune è fiero di partecipare alle celebrazioni indette per questo fausto evento, in quanto ebbe dei propri figli protagonisti di quelle lotte per l’unità di Italia, tra le quali si distinse Ovidio Serino da Ca-rifi, che partecipò con Garibaldi a tutte le gloriose battaglie da Marsala al Volturno”. “…Nell’anno sacro all’unità della Patria...risuoni alto l’impegno a prose-guire con ardore immutato, concordia e fraternità nella luce tracciata dai nostri avi nel cammino della libertà…”1.

L’oratore ufficiale della cerimonia sarebbe stato il professore Ruggie-

ro Moscati, ordinario di Storia del Risorgimento all’Università di Roma. Fu in questa occasione che fu inaugurata e intitolata a Serino la nuova strada al capoluogo che mi ricorda gli anni della scuola elementare, in quanto il plesso di via Ovidio Serino ospitava appunto le elementari.

Nella stessa commemorazione riportata dal giornalista Elio Somma sul quotidiano di cui alla nota, sarebbe stata dedicata sempre a tale “fi-glio” sanseverinese una piazza presso la frazione Carifi, di cui era origina-rio.

A proposito della tomba del grande Serino e del suo avvilente stato di conservazione, voglio qui riportare un raro documento datato 5 settem-bre 1935 XIII e.f. (cioè tredicesimo anno dell’era fascista).

Trattasi di una lettera, conservata nell’archivio comunale di Mercato S. Severino e inviata in quegli anni al podestà Cavaliere Amato Bilotta, presso il Comune di San Severino Rota.

Trascrivo non fedelmente il tutto ma qualche frase più significativa: nella missiva firmata dai familiari del Nostro è scritto:

“Non possiamo fare a meno di comunicarvi che il monumento posto nel cimitero di San Severino Rota...per incuria del tempo oggi è del tutto diru-to”.

______ 1 ELIO SOMMA, La commemorazione di Ovidio Serino nel centenario dell’Unità

di Italia, in Il quotidiano, Cronaca di Salerno, p. 4, 24 marzo 1961.

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In risposta al documento, è del 18 novembre 1935 l’altra lettera fir-mata dal Bilotta, in cui questi afferma che avrebbe aggiustato il monu-mento e che “in tempi prossimi” — entro giugno 1936 — si sarebbe inau-gurata la strada che — come ho affermato sopra — verrà ufficializzata so-lo nel 1961.

Per la costruzione del monumento stesso — edificazione voluta ap-punto dal Comune e commissionata a Francesco Saverio Guadagno — e “in linea economica” realizzata dall’artigiano Lanzetta Salvatore, si pagò “la somma di lire 210,05”.

Il 25 febbraio 1886, pochi giorni dopo la morte dell’eroe, avvenuta il 13 febbraio, in pieno consiglio comunale, alla presenza del sindaco Ago-stino Guerrasio e del segretario comunale, il tavolario Domenico Pastora-le — compaesano di Ovidio — il consigliere Alfonso Rossi (altro compae-sano da cui deriva la denominazione della zona Casa Rossi a Carifi) pro-pose di ricordare

“… a questo civico consesso il patriottismo del fu nostro concittadino sig. Ovidio Serino”.

In questo mio lavoro avrei voluto descrivere le parole e le impressio-

ni che lo stesso Ovidio Serino aveva provato durante la sua avventura ter-rena e nella partecipazione all’Unità d’Italia iniziata con i preamboli di un’attiva presenza nei moti preunitari; egli credeva, quale aderente alla “Giovane Italia” prima, e ai movimenti liberali poi, alla formazione di uno Stato libero, indipendente, che fosse soprattutto una nazione unita malgrado le “etnie” e i dialetti diversi che coloravano il “giardino di Eu-ropa”; tuttavia il materiale che sarebbe stato utile in questo momento e che qualcuno (fonti orali, curiosi, studiosi) si ricorda di aver visto nel 1961 nella stessa abitazione avita di Carifi, è ora in gran parte scomparso come lo sono ad esempio i ceppi che lo tennero prigioniero nel bagno pe-nale di Nitida — dove fu allocato; come è scomparsa la riproduzione dell’eroe dei due mondi donatagli dal generale Garibaldi in persona; co-me la divisa di maggiore, indossata a Calatafimi; come la foto autografata di Carlo Poerio; come il manoscritto-diario e altro ancora…

Eppure il Nostro era un puntiglioso descrittore del suo quotidiano, e anche un ottimo amministratore: non a caso fu anche consigliere comu-nale a Mercato S. Severino, all’indomani dell’impresa garibaldina.

L’aver dimenticato quest’uomo forse è dovuto anche ad alcuni suoi discendenti che — ancora viventi ma trapiantati a Napoli o a Salerno — hanno venduto la casa di Carifi dove egli è nato e dove ha anche vissuto gli ultimi anni della sua vita, quasi da povero: la stessa abitazione dove per un certo periodo si sono formate le coscienze culturali di molti pa-

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trioti, per essere stata frequentata come “primitiva” scuola di paese e poi come luogo di formazione politica al ritorno della spedizione dei Mille; la casa ora versa in stato di abbandono.

Questo centocinquantesimo anniversario dell’Unità di Italia è un’oc-

casione non solo per “rinverdire” il ricordo di Ovidio Serino, ma anche per ridare lustro al personaggio e all’epoca, magari creando un museo a lui dedicato e soprattutto ridando il nome alla piazzetta di Carifi che la Commissione per la Toponomastica ha da qualche anno cambiato in “Largo della Chiesa”, quando l’antico luogo era dapprima noto come “Ar-no”: precedentemente ancora il luogo era “Largo Arno”, poi è diventato “Piazzetta Ovidio Serino” e ora, per l’appunto, “Largo Chiesa”.

Oggigiorno Serino non è ben rimembrato, a parte le poche occasioni di testimonianza succitate. Si pensi ad esempio alla targa della via al ca-poluogo che riporta un’errata data di nascita del garibaldino.

Speriamo che le varie amministrazioni che si succederanno al gover-no di Mercato S. Severino si rendano conto dell’importanza e della gran-dezza di questo umile figlio della nostra terra…

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Capitolo I

Nel centocinquantesimo anniversario dell’Unità di Italia, la riscoper-ta di uno degli eroi dimenticati della nostra Patria rende auspicabile e ne-cessario il rispolverare una figura storica che ha dato e speso tutta sé stessa nel tumultuoso panorama socio-politico della metà dell’800, lot-tando e credendo nei valori dell’unità del Paese per donare una pace “do-vuta” ad una nazione che aspettava (anche con il contributo di questa fi-gura) di divenire una e indivisibile dalle Alpi alla Sicilia.

Ovidio Serino aveva le qualità e la genia di essere un eroe, pur pro-

venendo da una piccolissima “contrada” del Mezzogiorno e — quale sa-cerdote, vocazione che lo ha portato giovanissimo all’altare — si donava senza nulla chiedere e in silenzio, come tutti i “veri” cristiani, pur di ve-dere realizzata ed attuata la pietas che contraddistingue un “unto” di Cri-sto; ciò applicando il Credo evangelico senza guardare indietro “dopo a-ver messo mano all’aratro”.

Perfino lo stemma che ancora si vede campeggiare nella casa pater-na del Nostro, il “grande” Ovidio Serino — in quel di Carifi — ci raccon-ta come dovevano essere i rappresentanti della sua famiglia: l’immagine riporta una colomba bianca che stringe nel becco un rametto di alloro (e non, come in altri blasoni, un ramo di ulivo) mentre è nell’atto di spic-care il volo dalla cima di un monte. Lo stemma stesso risale al 1753 (A.D. 1753).

Il personaggio del quale stiamo (sto) parlando aveva puntato in alto, malgrado provenisse da una frazione piccola del Comune di Mercato S. Severino che da poco era divenuto tale (appunto: Comune), nel 1810, do-po lo smembramento dell’antico Stato feudale dei Sanseverino.

Più che una “colomba della gloria”, quello che divenne “l’apostolo della rivolta nel Cilento” fu piuttosto un “aquilotto” della libertà e della fratellanza dei popoli, contro il dispotismo di chi comandava con oppres-sione e con dissoluzione laddove la corruzione imperava, la lascivia e il malcostume erano la principale “politica” del Regno delle Due Sicilie. Ciò mentre il popolo languiva nella miseria e pativa e versava nell’abbando-no, essendo represso dall’esosa corte borbonica.

Adesso riporto, scrivendo, alcuni appunti sul contesto storico dell’e-poca, una temperie così ricca di effervescenze: attuo una “veduta” — a vo-lo di uccello sulla realtà storico-sociale degli anni in cui visse e si trovò ad operare, con entusiasmo e mediante un notevole contributo personale di forze e di azione Ovidio Serino stesso.

Fra il 1858 e il 1863 la politica internazionale dell’Europa mette e ve-

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de al centro della discussione i problemi del Mediterraneo concernenti — nella fattispecie — l’Italia e soprattutto il Piemonte.

A tal proposito, le tappe dell’unificazione della Penisola (formazione del Regno d’Italia) traggono origine dall’incontro di Plombieres (luglio 1858).

Nel 1860 l’assidua regione piemontese — grazie alla costanza politica che la contraddistingueva — compì l’annessione del Regno delle Due Sici-lie, poi delle Marche e dell’Umbria. Nel 1861, quando Vittorio Emanuele assume il titolo di re di Italia, l’unificazione è in gran parte un processo compiuto, ma Veneto, Trentino e Stato della Chiesa rimangono ancora fuori dallo stato appena formato.

In tale quadro politico e amministrativo molte delle fonti a cui mi sono ispirata concordano nel sostenere che il movimento nazionale ita-liano nel 1859 è abbastanza “localizzato” rispetto invece all’anno 1848, quando esso movimento era più “di massa” e più ricco di partecipazione popolare.

In questo periodo e in quello immediatamente successivo (1856-1859) i contadini, grande maggioranza della popolazione, rimangono passivi: si ricordi sempre in tal periodo, pressappoco, l’impresa di Carlo Pisacane, nello stesso lasso di tempo (più o meno) fallita a causa degli stessi contadini che lo videro con sospetto e non capirono il valore della sua azione.

I patrioti, ovvero i fautori attivi del movimento italiano stesso, sono per lo più intellettuali con il senso del destino nazionale; sono in gran parte uomini di affari ed industriali, o magari operai e artigiani sensibili alla propaganda mazziniana. Ma vi sono — ed è il caso proprio del “nostro” O-vidio Serino — molti esponenti del clero e della Chiesa, validi e ferventi personaggi che diedero lustro alla società italiana e internazionale.

Sempre nel 1859, nei ducati dell’Italia centrale sono le iniziative pie-montesi e quelle di Garibaldi — nella fattispecie del mio lavoro — a lan-ciare la parola d’ordine dell’insurrezione contro le dinastie locali e a far convocare le assemblee costituenti per poter esprimere “la volontà dei popoli”.

Sempre discutendo del panorama nazionale e anche internazionale attorno agli anni dell’unificazione di Italia, già dal 1848 — un anno “criti-co” ma anche denso di avvenimenti tramite pure la nota rivoluzione in-dustriale — lo scenario in tutto il mondo cambia, divenendo più interes-sante: le condizioni di vita vengono infatti profondamente modificate non soltanto per l’invenzione delle macchine a vapore ma anche per la presenza dei nuovi mezzi di trasporto; anche le ferrovie — difatti — ven-gono potenziate, si sviluppa l’industria, ma è soprattutto nel campo del pensiero politico, sociale, religioso, che si attua un notevole cambiamen-

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to: anche nell’ambito della Chiesa — Ovidio ne era per l’appunto un de-gno rappresentante — alcuni ambienti cattolici subiscono l’influenza del marxismo e del socialismo. C’è, nel tempo di Ovidio Serino, un tipo di cattolicesimo “liberale”, che vorrebbe realizzare una “conciliazione” tra l’indirizzo tradizionale della Chiesa cattolica e la società moderna, in un ideale connubio.

Non scevra di condizionamenti, poi, l’idea di “nazionalità”, ora al centro delle preoccupazioni politiche ma anche ecclesiastiche. Nasce in tal contesto — anche nel “mondo” sanseverinese di Serino — l’afferma-zione del concetto della comunità di lingua, di costumi, di tradizioni. A tal uopo si ricordi la concezione di nazione e di Patria formulata da Maz-zini nel 1834.

La Patria, anche per Serino, è “coscienza” della stessa nazione. Per ciò che riguarda i movimenti nazionali, dal punto di vista politico gli stati italiani non sono uniti da un vincolo federale e non conoscono le nuove forme della produzione industriale. Però nel Risorgimento il movimento intellettuale ha importanza ben maggiore degli interessi economici (pur importanti): dopo il 1832, infatti, gli uomini di pensiero — e di azione, quale il nostro Serino — si sono lanciati nell’agone, e manifestato l’intento di mettersi al servizio “dell’educazione nazionale”.

Il centro di interesse di questo movimento di idee è rappresentato dall’opera degli scrittori politici, promotori del movimento in questione.

In particolare tra il 1845 e il 1848, libri ed opuscoli mantengono l’opinione pubblica in uno stato (per così dire) di “fermento”.

Ed è così che umili servitori dello stato nascente, come Ovidio Seri-no, possono finalmente far penetrare — capillarmente — le nuove e rivo-luzionarie idee per combattere al fianco — anche — di Garibaldi e liberare l’Italia — mera espressione geografica, secondo la definizione di Metter-nich — dall’oppressione del dominio austriaco e papale.

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Ritratto fotografico di Ovidio Serino

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Capitolo II

In una piccola frazione dell’allora nascente Comune di Sanseverino [sic!] nasceva il 5 aprile del 1813 il nostro Ovidio Serino, da una famiglia di benestanti.

La frazione Carifi aveva circa cinquantadue nuclei familiari, compre-si gli ecclesiastici e le donne vedove, per un totale di circa duecentotrenta persone.

A trascrivere il suo atto di nascita fu lo stesso padre Francesco, che al margine dell’atto di nascita si qualificava come “ufficiale di Stato Civile aggiunto” del Comune di Mercato in Provincia di Principato Citra (Saler-no) per il quartiere o villaggio di Carifi, che comprendeva anche la borga-ta di Galdo (ancora oggi).

Ovidio Serino nasce da un parto gemellare alle ore 10 del mattino dal possidente Francesco, di anni 35, e da Chiara (o Clara) Garofoli, di anni 27.

A lui viene dato il nome di “Oviddio” [sic!] in ricordo di un prozio sa-cerdote e il secondo nome è Alfonso, per ricordare la presenza del santo (Alfonso Maria dei Liguori) nella zona, in particolare a Ciorani, dove S. Alfonso aveva creato da poco la Congregazione dei Padri Redentoristi; al-la sorella gemella furono imposti i nomi di Nicoletta Maria Carmela.

Essi gemelli dovevano essere il secondo e terzo figlio degli undici nati dal matrimonio di Francesco e Chiara (alcuni dicono invece che i figli del-la coppia Serino-Garofoli fossero in realtà otto in totale).

Dal registro Nati e Morti dal 1811 al 1865 (dalla lettera F alla lettera Z) si evince che dall’unione di Serino Francesco (N. ?- ?-1778 + 23-11-1840) e Garofoli Chiara nascono i seguenti componenti della numerosa famiglia: – Serino Maria Enrichetta, 14-5-1812; – Serino Ovidio Alfonso, 5-4-1813; – Serino M. Nicoletta, 5-4-1813 (gemella); – Serino Crescenzo, 1815, + 3-7-1815; – Serino Pasquale, 1816; – Serino Antonio, 1818; – Serino Francesco Saverio, 1821, speziale; – Serino Giacomo, 1823; – Serino M. Maddalena, 1824; – Serino M. Teresa, 1826; – Serino Gaetano, 1828.

Voglio ricordare anche gli zii di Ovidio: Maria Maddalena, sposa di

Scelzi Gennaro (Scelzi Serafina, Scelzi Angelamaria), Angelo, Carmela, Giacomo.

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Nell’anno in cui nacque, nel Regno di Napoli si susseguivano movi-menti antinapoleonici organizzati dalla società segreta della Carboneria, moti in cui furono presenti i nostri conterranei (importanti per la storia dei luoghi viciniori) Pietro Sessa di Fisciano e i fratelli Bracale di Baro-nissi, oltre alle famiglie Pepe, di Montoro, e ai De Falco di Bracigliano.

Pochi giorni prima della nascita di Serino, la Prussia aveva dichiarato guerra alla Francia e si formava la “settima coalizione” con l’adesione — anche — dell’Inghilterra e della Russia. È l’anno in cui Napoleone scon-figge la Prussia a Dresda, e sarà la sua ultima, grande vittoria sul suolo tedesco.

Il giovane Ovidio Serino, prete e patriota, avrebbe fatto parlare di sé soprattutto negli anni che andranno dal 1848 al 1860.

Secondo alcune fonti1, egli, come si usava a quei tempi, fu battezzato lo stesso giorno della nascita, con la gemella.

Da adulto Serino fu ammesso alla Prima Tonsura e al Primo e Se-condo Ordine Minore.

Riguardo la sua famiglia, il casato “Serino” giunse a Carifi da Braci-gliano a fine ’600. Anche alcuni nomi, come è evidente da ciò che ho scritto prima riguardo i suoi fratelli e zii, si ripetono all’interno dell’albe-ro genealogico di famiglia.

L’istruzione di Ovidio Serino: dopo i moti del 1820, vi furono delle epurazioni politiche tra i maestri, soprattutto preti e frati, ecclesiastici, e per tale motivo nella arcidiocesi di Salerno ben metà dei centottantatrè maestri elementari censiti furono privati dall’insegnamento.

Inoltre tali maestri erano pluriclassi, ed insegnavano anche a casa propria, perché il Comune di Mercato S. Severino non poteva pagare il fitto dei locali.

La maggioranza dei fanciulli, in tale temperie, rimaneva analfabeta. In queste circostanze storiche il giovane Ovidio Serino, essendo an-

che di famiglia benestante, con molta probabilità ricevette l’istruzione primaria da un sacerdote del luogo, per poi essere avviato al seminario arcivescovile di Salerno, considerato tra i migliori del Regno di Napoli.

Per i Serino, inoltre, non era una novità avere un prete in famiglia, come ho asserito prima: nel secolo precedente, infatti, un altro don Ovi-dio Serino, prozio paterno del Nostro, aveva retto la parrocchia di Carifi dal 1762 al 3 dicembre 1787, quando improvvisamente morì.

Un altro sacerdote sempre nella sua famiglia fu poi don Gaetano.

______ 1 ANTONIO SORRENTINO, Don Ovidio Serino patriota e Garibaldino, in Garibaldi

e garibaldini in provincia di Salerno, Plectica.

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Dopo la cresima, ricevuta per le mani di S. E. Nicola Laudisio, Serino ebbe un percorso di studi regolare, senza eccellere ma anche senza deme-ritare. Perciò, già quando ebbe 18 anni, chiese ed ottenne facilmente di essere ammesso alla (cosiddetta) Prima Tonsura e agli ordini minori dell’Ostiariato e del Lettorato.

Le testimonianze a suo riguardo, rilasciate dai superiori del semina-rio, dal parroco di Carifi e dai sacerdoti compaesani don Angelo Ceruso e don Francesco Pastorale, sono concordi nel descriverlo

“… di buoni e ottimi costumi, diligente nel compiere i suoi doveri, assiduo nel frequentare i corsi di filosofia, obbediente e rispettoso verso i superio-ri, lontano dai giochi profani e da cattive compagnie, esemplare nell’in-dossare sempre l’abito talare e nella frequenza ai sacramenti”.

Ovidio Serino iniziò dunque la sua vita clericale, dopo quattro giorni

di ritiro presso i Redentoristi di Ciorani. Per il Suddiaconato, poi, la fa-miglia di questo (futuro) garibaldino offrì il cosiddetto “sacro patrimo-nio”.

Lo poté fare anche agevolmente, poiché il padre di Ovidio — France-sco — aveva “vistosa possidenza”, cioè un “imponibile” di 375 ducati e grani 78 su immobili.

Con atto del tribunale civile di Salerno, datato 17 luglio 1834, France-sco Serino donò al figlio la rendita di 52 ducati e 84 grani quale usufrutto su un fondo detto: “Piano Piedimonte” di “moggia 3 e 40 passi”.

Il Suddiaconato di Ovidio Serino fu conferito dall’arcivescovo Marino Paglia nel duomo di Salerno il 24 settembre 1836, dopo nove giorni di e-sercizi spirituali a Ciorani.

Il 10 marzo 1838 il Nostro fu ordinato diacono e nel 1840 divenne sacerdote.

Ripercorrendo queste “tappe” nella vita sacerdotale (iniziale) di Ovi-dio Serino riporto qui alcuni frammenti di documenti che attestano quanto già in parte ho affermato sui vari momenti della “carriera” eccle-siastica del garibaldino.

Si legge infatti dai documenti in nostro possesso che d. Ovidio Seri-no, all’età di 18 anni, a luglio 1831 “avendo terminato il triennio, desidera ascendere agli Ordini Minori …” … e chiede di essere ammesso “al pros-simo anno di Dicembre”2.

A seguito, inoltre, riporto la dichiarazione “di pertinenza e libertà di un fondo donatogli per costituzione di Sacro Patrimonio”.

______ 2 A.D.S. I, 46 Sacre ordinazioni S. Severino, 1829-1839.

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26 febbraio 1834: “Istrumenti per Notar Giuseppe Maffei, con cui d. Fran-cesco Serino ha donato la rendita di un immobile di sua spettanza a favore del figlio d. Ovidio Serino a titolo di Sacro Patrimonio onde farlo ascende-re al sacerdozio” … ... “dal Verbale di Perizia… Risulta che la rendita dell’immobile costituito ascende ad annui ducati 52 e grani 84”. ... “Visto l’art. 21 del Concordato del 21-03-1818. Osserva che la rendita del fondo... corrisponde alla tassa stabilita pe’ Sacri Patrimoni”. ... “che dal certificato del Sindaco e Decurionato. Emerge che il fondo... è libero da ipoteche legali” ... poiché quella ... “a favore del Signor Lamagna è rimasta estinta come risulta dalla fede… Rilasciata dal Notaio d. France-sco Maria de Vita di Napoli”.

Altre ipoteche gravavano su fondi “diversi da quello costituito in Sa-

cro Patrimonio”.

... “Per la ipoteca dotale di d. Chiara Garofoli, madre dell’Accolito suddet-to trovasi tutta la capienza sulla vistosa possidenza del donante che pre-senta un imponibile di ducati 375 e grani 78”.

... “Il Tribunale... dichiara la pertinenza e libertà di un fondo sito in Carifi e denominato Piano Piedimonte; ma nella semplice porzione distaccata di moggia 2 / e passi 40 che fan parte dell’intero corpo”.

“Confinano da Mezzogiorno (Sud) coi beni di d. Giacomo Giordano, da Occidente (Ovest), Rio secco pubblico, e da Settentrione (Nord) e Oriente (Est) co’ rimanenti beni di d. Francesco Serino”.

“Il fondo... è riportato per lo intero in Fondiaria sotto l’articolo 1695, sez. A, num. 91”.

“… Il Signor d. Francesco Serino ha donato nel semplice usufrutto all’accolito figliolo d. Ovidio”. Salerno, 17 luglio 18343. Sanseverino, 9 settembre 1836.

“Il Cancelliere del Regno Giudicato del “Circondario di Sanseverino”, Mat-teo Terrone, dichiara: “Non risulta alcuna imputazione a carico di d. Ovi-dio Maria Serino...”

Salerno, 8 marzo 1840.

______ 3 A.D.S., Ibidem.

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OVIDIO SERINO. L’ANGELO DELLA RIVOLUZIONE DEL CILENTO 21

L’Abate d. Fabio d’Avossa esamina il Diacono d. Ovidio e dà l’assenso al conferimento del Presbiterato. Dal Collegio dei Redentoristi di Ciorani il 12 marzo 1840.

Il Superiore della Casa Alfonsiana dichiara “in fede” che il “Diaconum Ovidium Mariam Serino Terrae Cariphi”

ha partecipato per nove giorni agli esercizi spirituali.

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22 ANNA MARIA NOIA

Immagini delle proprietà della famiglia Serino, nella frazione Carifi