L'amore ci salverà?

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L'amore ci salverà?

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L'amore ci salverà?

Qualche anno fa, innamorata dell'amore, ingenua preda di incauti collezionisti di esperienze, avrei risposto senza esitazioni "Sì,

l'amore ci salverà!". Oppure avrei usato lo stesso titolo, ma senza punto interrogativo, come pura ed entusiastica affermazione.

Ho riflettuto, proprio in questi giorni di festa, sul vero significato della parola amore, spesso utilizzata impropriamente e con

grande disinvoltura. Ci ho pensato osservando i miei nonni, insieme da più di mezzo secolo eppure ancora innamorati, e

osservando la cura e le attenzioni di una madre verso suo figlio disabile. Che poi, da cosa ci dovrebbe salvare l'amore? E di che

tipo di amore parliamo? Bei quesiti, tanto affascinanti quanto applicabili ad un numero potenzialmente infinito di casi e

situazioni: tema difficile dunque, estremamente difficile.

Ho smesso di credere nell'amore, inteso in questo caso come puro sentimento tra uomo e donna, un anno e mezzo fa, quando il

mio fidanzato e convivente di allora, con un tempismo da manuale, pensò bene di lasciarmi nel momento più triste e

drammatico della mia vita: la mia prima chemioterapia. Che poi, non è una grande una novità, visto che un'indagine condotta

qualche anno fa dal Seattle Cancer Care Alliance dimostra che il 20,8% delle donne che si ammalano di tumore o sclerosi

multipla viene lasciato dal compagno, contro il 2,9% dei pazienti di sesso maschile. Sorprendente no?

Non sto a sviscerare i perché e i per come di allora, brucia oggi come bruciava quel giorno di inizio giugno, ed è una faccenda che

non ho mai superato realmente. So solo che questa esperienza ha fatto esplodere in me un fastidioso senso di diffidenza nei

confronti dell'altro sesso, una sensazione di rassegnazione con una buona dose di sospetto che, ahimè, mi porto dietro tutti i

giorni. Non me ne vogliano i lettori maschietti.

Colpa mia dopotutto. Ho sempre cercato l'uomo perfetto, affascinante, intelligente, interessante, brillante. In più occasioni, e

qualcuno mi dice che "me li trovo con il lanternino", in realtà mi sono innamorata dei cosidetti "vuoti a perdere", una particolare

categoria di uomini con cui non sai bene che fare, perchè non hanno una funzione ben precisa nella tua vita (ma neanche nella

loro). Non sono come il barattolo della Nutella, che può essere riutilizzato come bicchiere o contenitore, no. Sono piuttosto come

il brick del succo di frutta che ti bevi per strada e che sei costretto a tenere in tasca finchè non incontri un cestino

dell'immondizia.

C'è chi non ci crede, ma esistono. E ne esistono tanti, soprattutto nella fascia d'età tra i 30 e i 40 anni. Non si prendono

responsabilità e sfuggono ai problemi, hanno paura di rischiare e sono estremamente fragili ed egoisti, a volte vivono alle spalle

delle loro donne. Che poi il problema è che, se guardo mio padre, penso che non esisteranno mai più mariti così, quella era

un'altra generazione che aveva degli obiettivi certi e delle idee da far fruttare, che conosceva bene il significato delle parole

"dovere" e "responsabilità". Non generalizziamo, certo, ma in proporzione funziona così, ci posso mettere la mano sul fuoco.

Ma poi, che pretendiamo noi donne? Abbiamo voluto l'emancipazione? Queste sono le conseguenze, direbbe qualcuno. E anche

le mamme, devo dire, non sono più quelle di una volta, che non vedevano l'ora di "sistemare" i propri figli e soprattutto di vederli

fuori casa. Ora ci sono queste mamme iper-protettive, che collocano i loro figli sopra un bell'altarino e ogni intrusione

dall'esterno può trasformarsi, potenzialmente, in una bomba ad orologeria. Pensiamoci bene: se non fosse davvero così non

avremmo assistito alla nascita di un terrificante reality show intitolato "Mammoni. Chi vuole sposare mio figlio?".

E' forse colpa del periodo storico? Tutto questo cinismo, la crisi economica, il disincanto, ci portano a rapporti sempre più

superficiali e altalenanti. Non crediamo in noi stessi e non crediamo negli altri, la nostra massima aspirazione non è più mettere

su famiglia e avere un compagno degno di questo nome, ma è piuttosto trovare un lavoro anche precario e arrivare alla fine del

mese. E la figura dell'uomo, in questo contesto, ne esce profondamente svilita. Non possiamo più credere nella politica perché ci

sentiamo presi in giro, non riusciamo ad affidarci alle religioni perchè anche Dio e i santi ci sembrano troppo lontani dalla

nostra quotidianità. Non crediamo più in niente, forse è proprio questo il problema. Affrontiamo le nostre giornate senza

aggrapparci alla speranza di un domani migliore, e questo si ripercuote inevitabilmente sui rapporti sociali e sentimentali.

Allora esiste un tipo di amore in cui credere? Io credo nell'amore di una madre, di un padre, di una sorella. Credo nell'amore

puro e incontaminato che in pochi e ben selezionati casi sembra nascere quasi per miracolo e durare in eterno "finchè morte non

ci separi". Credo in quell'amore che scorre nelle vene e lo senti nello stomaco, eterosessuale, omosessuale, bisessuale, credo

nell'amore vero di un cane verso il suo padrone, credo nell'amore incondizionato e inattaccabile, credo nell'amore per la pace e

per l'umanità. Tutto questo, forse, ci salverà dal cinismo e dall'insicurezza: se tutti noi iniziassimo a credere davvero nell'amore e

smettessimo di ricercare un'idea di vita che non esiste, riusciremmo ad apprezzare il valore delle persone che ci circondano e del

singolo istante di vita. Tutto il resto non conta.