LAMINA IN ARGENTO ED ORO DA SIBARI - Bollettino d'Arte · 2018. 5. 30. · PIER GIOVANNI GUZZO...

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PIER GIOVANNI GUZZO LAMINA IN ARGENTO ED ORO DA SIBARI N . ELL' ·AGOSTO del I97I, durante i lavori della terza campagna di scavo a Sibari finanziati dalla Cassa per il Mezzogiorno, è stata rin- venuta nel cantiere degli Stombi una lamina in argento ed oro, con decorazione a sbalzo. Il ritro- vamento è completato da un gruppo di sedici fo- glie in lamina d'oro, di almeno due tipi diversi fra loro, le quali non si ritengono pertinenti al reperto maggiore (fig. 3): a queste sono pertinenti due pic- coli frammenti, dello stesso materiale. L'insieme degli oggetti era frammisto all'argilla alluvionale che costituisce il terreno di scavo ed era disperso su di una superficie di circa mezzo metro quadrato; la zona di provenienza non è occupata da costru- zioni. Come in generale per tutti i ritrovamenti ef- fettuati nel cantiere degli Stombi, anche questo gruppo è stato probabilmente travolto dal suo ori- ginale luogo di deposizione da una delle ondate alluvionqji provenienti dal fiume Sybaris, il quale nell'antich ità scorreva poco a Nord dell'attuale luo- go di scavo. Allo stato delle conoscenze non sem- bra possibile identificare in nessuno degli edifici scoperti nel cantiere il luogo di provçnienza degli oggetti: a quanto pare di poter concludere infatti si tratta di abitazioni private dove non sembrano ambientabili oggetti di tale ricchezza. Il Al momento della scoperta la lamina si presen- tava avvolta su se stessa, con margini sfalsati e con le dimensioni di 8.3 x 4,7 x I. Nonostante le incrostazioni, erano visibili i margini della decora- zione a sbalzo; all'esterno si aveva la superficie interna originaria, come si è potuto appurare dopo le operazioni di svolgimento, compiute dalla sig.na Paola Fiorentino dell'Istituto Centrale del Restauro di Roma. Al momento attuale la lamina si presenta di for- ma falcata : occupa un rettangolo di 2I,7 x Ig,2. Nella descrizione si adotta convenzionalmente una posizione della lamina con il margine maggiore a di chi guarda. La larghezza è crescente da smtstra a destra, da 6,4 a 7.3 conservati; la lun- ghezza massima è 27,5 (figg . I, 4-5). La lamina stessa è formata da tre strati sovrapposti: due in argento, il terzo, esterno, in oro. . . sinistra si conserva una linguetta !tscta dt forma triangolare con vertice- smussato, tr:ttegra! ma con una scheggiatura all'angolo supe- dt base ed una, di minori proporzioni, al ver- ttce:. l'altezza della linguetta è di 2',55 massima e .a quella originaria. In prossimità due angolt dt base sono praticati due fori, di forma quadrangolare ad angoli smussati: quello inferiore è ben conservato e misura 0,45 x 0.35· con due crinature della lamina in corrispondenza dei lati lunghi che si distinguono per 0,45 quella interna e o,4 quella esterna. Del foro all'angolo superiore si conservano un lato lungo ed uno corto, rispettiva- mente di o,5 e di oa, così che si può affermare i fori siano voluti e simmetrici fra loro. La distanza fra i due fori è di 4,2; il loro margine interno è allineato con la base della linguetta; la distanza fra il foro inferiore e l'angolo inferiore della linguetta è di 0 1 53· Sul piano della linguetta si osservano almeno due segni incisi, i quali paiono casuali. La superficie della lamina (fig. 4) è occupata da una zona centrale, con ampiezza che aumenta verso destra, bordata ai due margini da una serie di lin- guette a superficie concava, sbalzate; tra la zona cen- trale ed i bordi ·con linguette si ha una linea conti- nua a sbalzo, con ampiezza media di o,I5. L'altezza dei bordi con linguette si mantiene costante per tut- to lo sviluppo conservato della lamina: nel bordo su- periore si ha un massimo di I,I ed un minimo di I jo,g e, nel bordo inferiore, un di I,2 ed un minimo di I/ I,I. È interessante notare la va- riabilità delle altezze minime, sui due bordi, alla quale fa riscontro la costanza dell'altezza massima. Il margine estremo della lamina segue il profilo delle linguette, le quali iniziano ad una distanza di 0.3 dal foro inferiore della linguetta liscia, e di 0,26 dal foro superiore. Le linguette sono di altez- za variabile tra I,I e o,g nel bordo inferiore; da I a o,g in quello superiore; per quanto riguarda la lar- ghezza si hanno due moduli, alternati fra loro: il maggiore è di o,6 nel bordo superiore e di o,6jo,7 in quello inferiore; il minore è di o,4jo,3 nel bor- do superiore e di oajo,25 in quello inferiore. In ambedue i bordi, accanto a fratture che au- mentano di grandezza verso destra (anche a causa del fatto che il ripiegamento deve aver forzato la parte centrale della lamina che era la più interna al momento della scoperta), si osservano lacune di forma approssimativamente circolare. In esse non si osserva alcun rapporto di simmetria, tranne una certa rispondenza di misure, in due serie: una mi- nore, di o,2jo,25, una maggiore, intorno a o,5 . La zona centrale ha un'altezza crescente da 3,I6 a 7,3 (misura conservata, leggermente inferiore a quella originaria) ed è decorata a con una catena di palmette à sette petali contrapposte a fiori di loto aperti. L'ordine delle otto coppie è alternato: iniziando dal margine minore, a sinistra, si ha la palmetta posta sopra al fiore di loto mentre ©Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo -Bollettino d'Arte

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PIER GIOVANNI GUZZO

LAMINA IN ARGENTO ED ORO DA SIBARI

N. ELL'·AGOSTO del I97I, durante i lavori della terza campagna di scavo a Sibari finanziati dalla Cassa per il Mezzogiorno, è stata rin­

venuta nel cantiere degli Stombi una lamina in argento ed oro, con decorazione a sbalzo. Il ritro­vamento è completato da un gruppo di sedici fo­glie in lamina d'oro, di almeno due tipi diversi fra loro, le quali non si ritengono pertinenti al reperto maggiore (fig. 3): a queste sono pertinenti due pic­coli frammenti, dello stesso materiale. L'insieme degli oggetti era frammisto all'argilla alluvionale che costituisce il terreno di scavo ed era disperso su di una superficie di circa mezzo metro quadrato; la zona di provenienza non è occupata da costru­zioni. Come in generale per tutti i ritrovamenti ef­fettuati nel cantiere degli Stombi, anche questo gruppo è stato probabilmente travolto dal suo ori­ginale luogo di deposizione da una delle ondate alluvionqji provenienti dal fiume Sybaris, il quale nell'antich ità scorreva poco a Nord dell'attuale luo­go di scavo. Allo stato delle conoscenze non sem­bra possibile identificare in nessuno degli edifici scoperti nel cantiere il luogo di provçnienza degli oggetti: a quanto pare di poter concludere infatti si tratta di abitazioni private dove non sembrano ambientabili oggetti di tale ricchezza. Il

Al momento della scoperta la lamina si presen­tava avvolta su se stessa, con margini sfalsati e con le dimensioni di 8.3 x 4,7 x I. Nonostante le incrostazioni, erano visibili i margini della decora­zione a sbalzo; all'esterno si aveva la superficie interna originaria, come si è potuto appurare dopo le operazioni di svolgimento, compiute dalla sig.na Paola Fiorentino dell'Istituto Centrale del Restauro di Roma.

Al momento attuale la lamina si presenta di for­ma falcata : occupa un rettangolo di 2I,7 x Ig,2. Nella descrizione si adotta convenzionalmente una posizione della lamina con il margine maggiore a ~es.tra di chi guarda. La larghezza è crescente da smtstra a destra, da 6,4 a 7.3 conservati; la lun­ghezza massima è 27,5 (figg. I, 4-5). La lamina stessa è formata da tre strati sovrapposti: due in argento, il terzo, esterno, in oro. . . ~ll'es.tremità sinistra si conserva una linguetta

!tscta dt forma triangolare con vertice- smussato, tr:ttegra! ma con una scheggiatura all'angolo supe­r~ore dt base ed una, di minori proporzioni, al ver­ttce:. l'altezza della linguetta è di 2',55 massima e cornspon~e .a quella originaria. In prossimità de~ due angolt dt base sono praticati due fori, di forma

quadrangolare ad angoli smussati: quello inferiore è ben conservato e misura 0,45 x 0.35· con due crinature della lamina in corrispondenza dei lati lunghi che si distinguono per 0,45 quella interna e o,4 quella esterna. Del foro all'angolo superiore si conservano un lato lungo ed uno corto, rispettiva­mente di o,5 e di oa, così che si può affermare i fori siano voluti e simmetrici fra loro. La distanza fra i due fori è di 4,2; il loro margine interno è allineato con la base della linguetta; la distanza fra il foro inferiore e l'angolo inferiore della linguetta è di 01 53· Sul piano della linguetta si osservano almeno due segni incisi, i quali paiono casuali.

La superficie della lamina (fig. 4) è occupata da una zona centrale, con ampiezza che aumenta verso destra, bordata ai due margini da una serie di lin­guette a superficie concava, sbalzate; tra la zona cen­trale ed i bordi ·con linguette si ha una linea conti­nua a sbalzo, con ampiezza media di o,I5. L'altezza dei bordi con linguette si mantiene costante per tut­to lo sviluppo conservato della lamina : nel bordo su­periore si ha un massimo di I,I ed un minimo di I jo,g e, nel bordo inferiore, un ~assimo di I,2 ed un minimo di I /I,I. È interessante notare la va­riabilità delle altezze minime, sui due bordi, alla quale fa riscontro la costanza dell'altezza massima. Il margine estremo della lamina segue il profilo delle linguette, le quali iniziano ad una distanza di 0.3 dal foro inferiore della linguetta liscia, e di 0,26 dal foro superiore. Le linguette sono di altez­za variabile tra I,I e o,g nel bordo inferiore; da I a o,g in quello superiore; per quanto riguarda la lar­ghezza si hanno due moduli, alternati fra loro: il maggiore è di o,6 nel bordo superiore e di o,6jo,7 in quello inferiore; il minore è di o,4jo,3 nel bor­do superiore e di oajo,25 in quello inferiore.

In ambedue i bordi, accanto a fratture che au­mentano di grandezza verso destra (anche a causa del fatto che il ripiegamento deve aver forzato la parte centrale della lamina che era la più interna al momento della scoperta), si osservano lacune di forma approssimativamente circolare. In esse non si osserva alcun rapporto di simmetria, tranne una certa rispondenza di misure, in due serie : una mi­nore, di o,2jo,25, una maggiore, intorno a o,5 .

La zona centrale ha un'altezza crescente da 3,I6 a 7,3 (misura conservata, leggermente inferiore a quella originaria) ed è decorata a sbalzo ~ con una catena di palmette à sette petali contrapposte a fiori di loto aperti. L'ordine delle otto coppie è alternato: iniziando dal margine minore, a sinistra, si ha la palmetta posta sopra al fiore di loto mentre

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1 - Lamina in argento ed oro da Sibari (rilievo G. Foglia- M. Scarpaci)

la coppia sul margine maggiore, a destra, mostra il fiore di loto sovrapposto alla palmetta. Le coppie sono collegate fra loro da nàstri, dai margini segnati e con la superficie piana, con estremità revolute e, talvolta, affinate: i nastri disegnano un cerchio ai due lati di ogni coppia e le estremità revolute si accostano, ed in due casi sono tangenti, al petalo esterno dei fiori di loto. L'ampiezza dei nastri cresce da oa a o,6, procedendo da sinistra a destra. Nella zona di accostamento dei nastri, tra la pal­metta ed il fiore di loto di ogni coppia, si ha un elemento rettangolare ad angoli stondati che unisce i due nastri, sovrapponendosi ad essi. Le misure delle coppie sono crescenti, come di consueto, da

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sinistra a destra: della prima si conserva un'altezza massima di 3, 5; la seconda ha un'altezza originaria di 3,85; la penultima ha un'altezza originaria di 6,5; dell'ultima si conserva un'altezza di 6,8. Il disegno della palmetta segue un tipo costante, sia per numero di petali, sia per profilo: varia legger­mente la sagoma del bottone centrale. Il tipo del fiore di loto è lo stesso per sette esemplari: calice arrotondato, grossi petali laterali slanciati, petalo centrale verticale, più arrotondato di profilo nel terzo e nel settimo fiore, contando da sinistra, di quanto si noti nei rimanenti, sei petali, in due grup­pi di tre per ogni parte del petalo centrale, sor­genti da due bottoni di forma triangolare con lati

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stondati. Nel settimo fiore di loto contando da si­nistra i petali non sono a contatto con la linea di delimitazione superiore del calice; nella disposi­zione dei petali laterali-si notano alcune disimmetrie tra· un fiore e l'altro. Il secondo fiore di loto da sinistra non mostra né la linea di delimitazione superiore del calice né i sei petali arrotondati: il petalo centrale ha una forma romboidale che non si ritrova negli altri casi. La rappresentazione della coppia sul margine minore è interrotta dal campo liscio della linguetta non secondo l'asse verticale della coppia, ma leggermente spostata verso destra guardando: si conservano il petalo esterno del fiore di loto, con due dei petali laterali, parte dell'ele­mento rettangolare con angoli stondati sovrapposto ai nastri e due petali della palmetta con poca parte di un terzo. Ugualmente la coppia estrema al cen­tro è conservata per meno della metà; la frattura non segue una linea verticale così che dei due ele­menti compositivi si conservano porzioni differenti. Al centro del margine destro attuale si ha una la­cuna, di forma quasi quadrangolare con ulteriori

scheggiature, la quale misura o,85 X 0,45: i lati interni si presentano relativamente precisi. In ge­nerale è da notare che l'asse mediano della pal­metta non costituisce il proseguimento di quello del fiore di loto contrapposto, in cinque delle coppie conservate per intero; l'asse verticale è invece unico nella penultima coppia a destra. La deformazione della lamina nella terza coppia da sinistra non per­mette di compiere misurazioni precise.

La ripiegatura della lamina ha prodotto quattro deformazioni a sezione triangolare, di altezza va­riabile, maggiore sul margine inferiore che su quello superiore e crescenti da destra a sinistra.

Lungo il margine maggiore, a éiestra guardando, si osserva una linea verticale rilevata che corre pa­rallela alla frattura: si tratta probabilmente di una sorta di "linea guida, che è servita alla sezio­natura della lamina. Si può credere che la si sia piegata in due, sovrapponendo le due metà, e for­mando così una piegatura centrale della quale la linea osservata è il ricordo. Si può anche supporre che si sia tracciata sulla superficie una linea per

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4 - Restituzione grafica della lamina. in argento ed oro da Sibari (disegno G. Foglia- M . Scarpaci)

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mezzo di uno strumento, in modo da assicurarsi della giustezza della sezionatura, senza di necessità aver dovuto piegare in due la lamina.

È possibile proporre un restauro grafico (fig. 2), sviluppando le deformazioni causate dall'arrotola­mento della lamina: il rettangolo occupato misura così 23,75 x r8,45; la lunghezza massima risulta di 28,5. La frattura nella parte inferiore del margine di destra rientra maggiormente, in questa ricostru­zione, di quanto adesso si veda. Se l'ipotesi della sezionatura a metà è esatta, la lunghezza della la­mina integra si può supporre in 47,5; l'altezza mas­~ima, nella zona centrale, sembra potersi indicare 1n ro,r.

Le linguette rappresentate a sbalzo sui due mar­gini della lamina non trovano, a quanto si conosce, confronti con materiale coevo. Nelle imbracciature

-di scudo in bronzo decorazioni simili, per quanto con rapporti più squadrati, hanno funzioni diffe­renti, così che non sembra pertinente il confronto. 2>

Ad altre classi appartengono una lamina rettango­lare in bronzo, dal santuario di Artemide Orthia, con fila di carri a sbalzo e linguette sui margini lunghi, vòlte in alto in ambedue le serie, databile nel VII secolo; 3) un pettorale in lamina d'oro, da Stara Zagora, con un'unica serie di linguette vòlte in alto sul margine esterno, databile alla fine del V secolo; 4> una lamina in oro, da Chertomlyk, con un'unica serie di linguette verso il basso sul margine inferiore, ma intervallate da gocce, data­bile nella prima metà del IV secolo. s> Nella pro­duzione ceramica si trovano di frequente raffigu­razioni di linguette, più o meno allungate o squa­drate, ma non si riscontrano analogie con il caso in esame.

Il motivo della catena di palmette e fiori di loto alternati e contrapposti è piuttosto frequente in numerose classi di produzione e si articola in di­versi tipi. La raccolta di esempi non pretende di essere completa, ma è stata ampliata il più possi­bile a1 fine di giustificare le conclusioni.

Il primo tipo comprende i monumenti più vicini alla lamina in esame: la catena in essi documentata non presenta varianti notevoli da quella di Sibari. L'esempio più vicino è costituito da un pinax in argilla giallo chiaro, dal santuario di S. Biagio alla Venella di Metaponto, tagliato a forma pentagona­le (fig. 6). Della catena rimangono tre coppie di uguale altezza, le due laterali per circa metà, unite da nastri ad estremità revolute, con elemento di raccordo tra palmetta e fiore di loto di forma rettan­golare. 6> Il deposito è in uso dal VII al IV secolo: per il pezzo che interessa non sembra precisabile una cronologia più stretta della prima metà del VI secolo. 1>

Altro confronto pertinente è offerto da un'arula fittile parallelepipeda con registri figurati a rilievo,

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intervallati in un caso da una catena di palmette e fiori di loto alternati e contrapposti, uniti da nastri continui con nervatura centrale (fig. 7). L'elemento di raccordo è di forma rettangolare con angoli ston­dati. La provenienza è S. Lorenzo del Vallo, nel­l'entroterra di Sibari; la datazione è all'inizio del VI secolo. 8>

L'origine del tipo è ascrivibile alla produzione del corinzio antico, della quale si ricorda un arybal­los (fig. 9 a), da Perachora, nel quale si ha una ca­tena con nastri di giunzione continui, con linea centrale ed elemento di raccordo di forma rettan­golare: il fiore di loto è più semplice. 9) L'elemento di raccordo, piuttosto semplificato, è testimoniato fino al periodo tra corinzio medio e tardo da un cratere a colonnette. 10>

Un elemento di raccordo più semplice si trova in un'anfora "tirrenica, (fig. 8), dove anche il di­segno delle palmette e dei fiori di loto è differente per proporzioni dal nostro esempio: u> da questo ambiente derivano probabilmente le ripetizioni nella produzione beotica, databile nel secondo e terzo quarto del VI secolo. t 2l

Dai monùmenti sopra ricordati derivano gli esem­pi nella produzione etrusca che ripetono il motivo: si ricordano una pisside in avorio (fig. 9 b), con catena a nastri continui con incisioni longitudinali ed elemento di raccordo a doppia cordicella, databi­le nella prima metà del VI secolo; t3l ed un cippo in pietra fetida (fig. ro), da Chiusi, con elemento di raccordo a tripla cordicella, databile a poco dopo la metà del VI secolo. t4l

Il tipo esaminato è in stretto rapporto, per quanto riguarda la proporzione reciproca delle palmette e dei fiori di loto, con quello presente in una serie di monumenti, nel quale manca l'elemento di rac­cordo, così che i nastri di giunzione confluiscono direttamente nel calice del fiore di loto. L'esempio più vicino al nostro è costituito da un pinax fitti­le (fig. II), da Himera, con registri figurati a rilie­vo: la catené\ qa nastri continui con nervatura cen­trale; la dàtazione è fissata tra il 6ro ed il 590 . a. C. t5l Anche questa variante ha un'ascendenza nella produzione del corinzio antico: per quanto riguarda la ceramografia di questo periodo si può ricordare il cratere c. d. di Eurytios, con catena a nastri continui t6J e un frammento di bordo di skyphos (fig. 12) dall'Heraion d'Argo. 17l

Di poco più recenti altri esempi, che testimo­niano il largo uso del tipo decorativo: un cratere a colonnette, tra corinzio antico e medio; ' 8> una kylix del corinzio medio; t9l un orlo di kotyle da Egina, dello stesso periodo. 20> Giungendo alla metà del secolo, si nota mia progressiva trascuratezza del disegno: così, per un esempio, in una kylix (fig. 13) da Corinto, del corinzio medio; 21> in una pisside globulare del corinzio tardo, da T ocra; 22> in due antefisse da Corinto e da Olimpia, di fabbrica co­rinzia. 2 3l Ugualmente corsivo sembra il disegno nella produzione attica (fig. 14). 24>

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Del V secolo sono due diademi in argento plac­cato d'oro (fig. 15), provenienti da A,matunte, de­rivati da un'unica matrice, i quali sembrano atte­stare il termine più recente di sopravvivenza del motivo decorativo. 2 5>

Ad ambiente protoattico sembra da ascriversi l'elaborazione di un secondo tipo di catena di pal­mette e fiori di loto alternati e contrapposti, carat­terizzato dallo stacco degli elementi fra loro; dal­l' elaborazione del disegno dei nastri di giunzione; dal profilo pentagonale del calice dei fiori di loto; dalla forma arrotondata e dalle ridotte proporzioni delle palmette.

La esemplificazione è offerta da prodotti cera­mici: fra essi si ricorda l'anfora del pittore di Nesso (fig. 16); 26> un cratere dall'acropoli di Atene (fig. 17); 27l un piatto da Egina (fig. 9 c): 2 8l tutti questi documenti sono databili nell'ultimo quarto del VII secolo.

Nella seconda metà del VI secolo, in due esempi di produzione toreutica si ripete una catena che sembra riconnettersi al tipo sopra esemplificato: si tratta di una lamina in bronzo di provenienza beotica (fig. 9 d) 2 9l ed una seconda lamina di bron­zo, interpretata come diadema, da Olimpia. 3ol

Un tipo di catena intermedio tra i due principali discussi è documentato in classi di produzione ana­loghe a quelle presenti nel secondo tipo, e cioè la ceramografia protoattica e la toreutica del Pelopon­neso. Si possono citare due esempi protoattici: una lekane del pittore di Nesso, 3tl da Vari; ed una brocca dalla necropoli del Ceramico ad Atene: 32>

quest'ultima è databile all'inizio del VI secolo. Per la seconda classe di produzione, dall'Heraion

d'Argo proviene un recipiente in bronzo, con il bordo che reca una catena incisa; 33) da Olimpia un frammento di corazza, ugualmente con decorazione incisa: 34l ambedue le opere sono ascrivibili alla seconda metà del VI secolo.

Esclusivamente da prodotti toreutici di produ­zione peloponnesiaca 35) è documentato un terzo tipo di catena di palmetta e fiori di loto alternati e contrapposti: la caratteristica principale è costituita dalle notevoli proporzioni del fiore di loto rispetto alla palmetta; anche la semplicità di disegno dei nastri di giunzione sembra propria rispetto agli al­tri tipi. L'esemplificazione si può condurre con monumenti di provenienza beotica, come tre dia­~emi in bronzo (fig. 18) da Tebe; 36) una lamina ~n bronzo, sempre da Tebe; 37l una seconda lamina m ?ronzo ~a Eleutherae. 38) Da Olimpia proviene u~ùmbraccta~ura di scudo, della quale le condizioni dt .conse!Vaz10ne non hanno permesso riproduzioni chta~e: m base alla descrizione sembra possibile ascr!ver.e al terzo tipo anche questo documento. 39)

!-- ulttmo oggetto elencato è stato datato nella pnma metà del VI secolo; il restante gruppo nella seconda metà del secolo.

Come fra i due primi tipi, così tra il secondo ed il terzo si può riconoscere un tipo intermedio, do-

. cumentato dalla ceramografia protoattica; 4ol da un pinax fittile (fig. 9 e) da Praesos, 4'> databile tra la fine del VII e l'inizio del VI secolo; da un cratere del periodo corinzio medio. 42 >

Catene di palmette e fiori di loto in combinazioni diverse da quelle sopra esaminate si ritrovano anche nella produzione ornamentale del Vicino Oriente: ma anche nei modi più vicini non sembra di poter riconoscere i prototipi della catena in esame. 43>

Per quanto riguarda le catene di palmette e fiori di loto di produzione greca, si è creduto di poter distinguere quattro maniere principali, esaminando brevemente le quali si può risalire ai prototipi che interessano anche il tipo documentato nella lamina di Sibari.

I: alternanza e contrapposizione irregolare, sia per differenza degli elementi, sia per direzione degli stessi. Questa maniera è documentata, a quanto si conosce, prevalentemente nella ceramografia del periodo protocorinzio, 44l ma continua almeno fino al periodo del corinzio medio. 45> Nella produzione ceramica insulare è attestata una simile composi­zione, ma piuttosto schematizzata. 46>

II: la palmetta ed il fiore di loto sono contrap­posti in un'unica coppia. Oltreché nelle placche inferiori e superiori dei migliori esemplari delle oinoclioai c. d. rodiote, 47> dove la limitazione della composizione è da vedere nella particolare forma del campo da decorare, si ricorda una coppia sin­gola su una lampada di marmo di fattura greco­orientale, 48> databile nella seconda metà del VI secolo. Oltreché a coppie singole, questa costruzione si ritrova in catena continua durante il periodo pro­tocorinzio; 49) come coppia singola ritorna in gran­de varietà di forme nella produzione corinzia. so>

III: catena di coppie di palmette e fiori di loto alternate. Una catena di questa maniera appare in­cisa in un piatto di bronzo al Louvre st> e si ritrova nella produzione fittile a rilievo siceliota della fine del VI secolo 52> e nella scultura etrusca coeva. 53> La catena è molto frequente sui colli dei vasi attici a figure nere. 54> Varianti di questa maniera sono . costituite da catene composte da coppie di un unico elemento: sia palmette 5sl sia fiori di loto. s6> Una semplificazione della maniera è costituita dal trarre partito ornamentale da una sola coppia: in questi casi si possono usare sia palmette 57l sia fiori di loto. 58>

IV: alternanza di palmette e fiori di loto. È la maniera che sembra maggiormente diffusa dallo stile protocorinzio al V secolo. sgl La maniera è ripresa anche in aree periferiche: se ne hanno esempi da Trebenischte 60> e da Eygenbilsen (Bel­gio), 61 > con adattamenti del disegno nell'ultimo esempio e qualche confusione nel primo.

Come conclusione alla presentazione dei con­fronti conosciuti si può affermare che il primo tipo

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di catena, più direttamente interessato alla ricerca, ha le sue prime espressioni nel corinzio antico, de­rivando da motivi simili, ma diversamente orga­nizzati, presenti nel protocorinzio medio/tardo; 62> la derivazione del tipo da esempi del Vicino Oriente non è provata e pare da escludersi, oltre che per la sintassi anche per il disegno dei singoli elementi,

- specialmente quello dei fiori di loto. 63> A raffor­zare questa indipendenza si osserva che manca il tipo nelle produzioni greco-orientali, dove si in­contrano catene di palmette e fiori di loto alternati nella seconda metà del VI secolo 64> e l'esempio della III maniera sopra distinta (supra nota 51). In generale, pare di poter affermare che le maniere più diffuse siano quelle semplicemente alternate dei due elementi. 6s>

Esaminando in dettaglio il primo tipo se ne è già vista l'ampia diffusione geografica e cronolo­gica; e si è sottolineato che solo il pinax da Meta­ponto costituisce confronto preciso per il nostro pezzo, pur nella differente rappresentazione del­l'elemento mediano di giunzione e nel costante rap­porto delle dimensioni. Che l'elaborazione del tipo sia avvenuta a Corinto si può affermare sia per il numero degli esemplari di fabbrica corinzia sia per la più bassa cronologia degli esemplari di fabbri­che non corinzie. La presenza nella produzione protoattica di un tipo di catena, simile ma con ca­ratteristiche che lo hanno fatto distinguere dal tipo in esame, non permette di considerare attica l'ori­gine della decorazione. 66>

Allo stato attuale, pare di poter concludere che il motivo decorativo della lamina da Sibari sia derivato dalla tradizione artistica della fase del co­rinzio antico, dalla quale si è diffuso in altre culture artistiche come quella etrusca e quella beotica tra­mite, per quest'ultima, la rielaborazione attica.

Oggetti in metallo, od altro materiale, di forma simile a quella qui documentata non sono frequenti, a quanto si conosce: gli esemplari che si sono rac­colti si possono dividere in due aree geografiche di provenienza distinte fra loro, lontane inoltre dalla Magna Grecia. Il gruppo più antico di oggetti si­mili proviene dal Medio Oriente ed è composto da pettorali a forma semilunata, con estremità ad anelli oppure a ganci, in lamina decorata a sbalzo. Le provenienze conosciute sono dal Luristan, VIII­VII secolo; 67) da Salamina di Cipro, VIII-VII secolo; 68> da Nor-Aresh, VII secolo; 69> da Ziweye, VII secolo. 1o> Oltre che da questi ritrovamenti l'uso di pettorali di forma semilunata è attestato da monumenti figurati; 7tl la sua origine può forse ricercarsi in collari egizi, foggiati a forma di falco con le ali aperte. 12>

Il secondo gruppo proviene dall'ambiente scita e celta ed è composto da pettorali di forma semi­lunata, più o meno aperta, generalmente con estre­mità lisce, in un caso a gancio ed in un secondo ad anello. Tutti gli esemplari conosciuti sono in ma-

teriale prezioso, con decorazione a sbalzo. Le pro­venienze conosciute sono Trebenischte, seconda metà del VI secolo; 73> Duvanlij, seconda metà del V secolo; 74> Grande Bliznitza, del V secolo; 1s> Maikop, della metà del V secolo; 16> Etrechy (Mar­na); n> Maltepe, del IV secolo; 78) Varbiza, del IV secolo; 79) Ogiiz, della prima metà del IV se­colo. 8o> È incerto se la forma di questo gruppo di pettorali derivi da quella del gruppo orientale, o se invece sia una mescolanza di tale prototipo con la forma delle lunule d'oro frequenti nell'Europa Cen­trale, 8t) le quali sono decorate con ornati sia incisi sia a sbalzo.

Per quanto riguarda la Grecia si hanno lamine a forma semilunata, interpretate come pettorali, in epoca tardo-geometrica, ma generalmente in bron­zo, 82l con terminazioni a gancio e decorazione in­cisa. Un frammento di lamina in argento dorato, con simile funzione, decorata a sbalzo con forma semilunata, proviene dalla Beozia ed è databile alla fine del V secolo. 83)

Il particolare delle linguette laterali lisce si ri­trova in una lamina, con probabile destinazione di ornamento frontale, da Cipro. 84)

Ancor più che per il disegno dell'ornato, la for­ma della lamina rimane senza un confronto preciso, almeno a quanto si conosce nella produzione greca. Bsl

La realizzazione dell'ornato è avvenuta una volta uniti fra loro, in seguito a martellatura, i due strati in argento e quello in oro esterno, usando stru­menti a punta arrotondata di diverse dime_nsioni contro l;:t faccia interna. Il ritocco dei particolari è avvenuto sulla faccia esterna, sempre con uno stru­mento a punta arrotondata, il quale ha lasciato tracce visibili al microscopio. Da quanto si è po­tuto vedere non ci si è discostati dalla tecnica abi­tualmente usata. 86)

La composizione dell'ornato può essere avvenuta a mano libeta oppure adoperando una forma già costruita: a· causa del non preciso centraggio della zona centrale rispetto ai bordi si può credere che la lavorazione sia avvenuta a mano libera, in quanto che, se si fosse usata una forma, si sarebbe pre­sunta una precisa impostazione della lamina su di essa prima di ricevere la deformazione della decora­zione. Dalla variabilità di misura dei due bordi si può ritenere che il ritaglio di essi seguendo il margine delle linguette sia avvenuto a decorazione ultimata.

Anche la interruzione asimmetrica della decora­zione sul margine minore sembrerebbe elemento contrario all'uso di matrice: che si presuppone co­struita apposta per la lamina a causa della rilevata rarità della forma stessa, e quindi con un calcolo più preciso della superficie da decorare. Lo stesso calcolo avrebbe inoltre fatto preferire, anche per i fiori di loto, un tipo costante, mentre se ne è osser­vato uno di forma diversa. La differenza di misura delle coppie esclude di per sé l'uso di un punzone.

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Come già accennato all'inizio, la situazione del settore di scavo dal quale proviene la lamina non permette di adottare per la datazione del reperto un sistema stratigrafico; si può osservare che dalla zona proviene gran quantità di materiale ceramico databile nel corso del VI secolo, con maggioranza della prima metà, per quanto si abbiano anche re­perti dell'ultimo quarto del VII secolo.

Da quanto detto circa i confronti per l'ornato, si può affermare che una datazione dalla fine del VII a tutto il primo quarto del VI secolo è quella che sembra meglio attestata. Dai confronti cono­sciuti circa la forma della lamina non è possibile acquisire alcun utile elemento cronologico.

Nella mancanza di confronti per la forma del­l'oggetto, come già in sede cronologica, occorre basarsi principalmente sulla decorazione per ten­tare di definire la fabbrica di provenienza della la­mina. Il "gusto, dell'ornato usato è peculiare dell'area peloponnesiaca, e corinzia in particolare: 87)

e sembra particolare degno di nota che il confronto più preciso provenga da una colonia della Magna Grecia, achea così come era Sibari. 88) In base alla documentazione archeologica offerta dagli scavi nei due luoghi 89> sembra di notare a Sibari una maggiore percentuale di prodotti greco-orientali di quanto si abbia a Metaponto: manca tuttavia, in questi prodotti, la ripetizione della catena presente sulla lamina e sul pinax. Il tipo di catena sembra dovuto ad una elaborazione locale, da parte degli artigiani, figuli ed orafi, della Magna Grecia achea, di quello diffuso dalle officine corinzie. Che si tratti della elaborazione di un imprestito oltre al fatto che, almeno finora, mancano in Magna Grecia i prototipi diffusi invece in Grecia come sopra si è visto, dimostra la presenza, ~nche a Sibari, del tipo originario, documentato, oltre che dalla ceramica d'importazione, anche dall'arula da S. Lorenzo del Vallo la quale, pur se locale è l'argilla impiegata, mostra uno stretto legame con le iconografie in uso in Grecia. 90> Si può anche aggiungere che nell'altro ~set?pio di colonia greca (Himera) l'ornato segue tl ttpo più comune in Grecia, evidentemente per esigenza artistica diversa da quella mostrata dal­l'elaborazione operata a Sibari e Metaponto.

La possibilità dell'esistenza di orafi sulla costa ionic_a durante la prima metà del VI secolo è da ~rarst d~lle ~et?- no!e fonti circa il lusso e l'agiatezza, tn specte. dt Stban. Da Metaponto provengono in­teressanti opere a sbalzo, leggermente più antiche ~ella .nost~a lamina, in argento dorato (inedite, al­l Anttqua~tut? ~i Metaponto), composte da rap­presentaztont dt figure maschili e femminili stanti · con la stessa provenienza si hanno una lamina co~ ~tena di boccioli di loto a balzo, delimitata infe­n~rmente da una_serie di linguette (n. inv. 54rrg), ptu tarda probabtlmente della lamina in esame e ?ue palmette assai simili e coeve alle nostre (~n. tnv. 54127-54128). Tramite una bulla in oro, de-

corata a sbalzo con un gorgoneion, sempre prove­niente da Metaponto e databile alla fine del secolo, si può ricollegare a questo piccolo gruppo di ore­ficeria la collana di Ruvo. 9 1 ) Dagli scavi sulla Motta di Francavilla Marittima (Cosenza), relativi ad un santuario greco tributario di Sibari, proven­gono frammenti di grosse rosette a sbalzo, in la­mina d'argento dorata che trovano confronti con oggetti analoghi da Metaponto. 92> La dispersione dei prodotti di oreficeria della Magna Grecia di epoca arcaica non ha permesso di impiantarne lo studio; 93) non sembra però, questo, elemento suffi­ciente per negare l'esistenza di una tale produzione; nello stretto contatto con maniere della precia si può vedere una prova ulteriore dell'attività girovaga degli orafi. 94)

I confronti richiamati per la forma della lamina, pur nella loro diversità strutturale e nella varietà di provenienza e cronologia, inducono a intendere il reperto in esame come facente parte della decora­zione del petto. Si esclude l'interpretazione di dia­dema a causa della completa mancanza di confronti con oggetti di questa funzione: 95> si nota inoltre che non si hanno nei diademi conosciuti le lin­guette laterali lisce, 96> mentre in ogni tipo di petto­rate è presente un accorgimento per agganciare le estremità. 97l La forma stessa della lamina sembra inoltre adattarsi meglio a questa che a diversa fun­zione. 98) Il fatto di trovare monumenti figurati con diademi ornati di motivi analoghi, ma mai uguali, a quello presente nella zona centrale della lamina non costituisce ostacolo a quanto proposto, perché si osserva che in questi stessi monumenti la forma del diadema è sempre rigidamente rettan­golare e mai falcata. 99)

Dalla documentazione figurata si traggono altri elementi di appoggio alla ipotesi sopra proposta. La nostra lamina può essere uno degli ornamenti che si notano, da una spalla all'altra, in numerose terracotte arcaiche, per esempio dalla Sicilia 100>

e da Perachora, 101> con grosse fibule, particolar­mente decorate negli esemplari sicelioti, che fissano gli ornamenti alle spalle, coprendo le linguette la­terali lisce. Si può pensare che i segni incisi rima­sti sulla superficie della linguetta laterale siano do­vuti all'usura causata dalle fibule di sostegno.

La nostra lamina può quindi esser stata una de­corazione del genere, oppure deve esser conside­rata come un· ornamento da applicarsi, per mezzo di fissaggio alle estremità ed eventuali cuciture tra­mite una fodera intermedia, in cuoio o stoffa, in­collata alla superficie interna, 102> ai bordi delle vesti da usarsi, vista la ricchezza dell'oggetto, in ceri­monie pubbliche, forse anche come copertura di statue di culto. L'offerta di vesti alle divinità è am­piamente documentata: e proprio da Atene, dove si compiva annualmente l'offerta del peplo ad Ate­na, proviene un frammento di skyphos a figure nere, poco più recente della lamina in esame, nel

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quale è raffigurata la dea che indossa una veste con il bordo della scollatura decorato da una catena di fiori di loto alternati. ' 0 3) Si conoscono d'altronde altri frammenti di lamine con decorazioni a sbalzo che sono stati interpretati con questa funzione. Io4l

Che a Sibari si prediligessero i costumi sfarzosi è ben noto: il mantello di Alcistene, con ricca deco­razione figurata intessuta, rappresenta il culmine

I) La lamina è contemporaneamente resa nota nella re­lazione preliminare della campagna I97I, in stampa nelle NSc., I97I 1 I 0 supp!., dove st trovano più dettagliate no­tizie sulle operazioni di scavo; nello stesso volume si potrà consultare la bibliografia apparsa posteriormente alla voce Sibari, in Enc. Arte Antica, 6, Roma I966. Le misure sono date in cm.

2) E. KUNZE, Archaische Schildbaender. Ein Beitrag zur jruehgriechischen Bildgeschichte und Sagen Ueberliejerung, 01. Forsch. 2, Berlin I950, pp. 45, 47-48.

3) R. M. DAWKINS, The Sanctuary oj Arthemis Orthia at Sparta, London I929, p. 20I fig. II5·

4) D. B. HARDEN, A Summary Guide to the Collections, Ashmolean Museum, Oxford I95I 1 tav. 4I 1 p. 54·

sl E. H. MINNS, Scythians and Greeks, Cambridge I9I31

p. I57 fig. 44 ; simile decorazione in un cinturone illirico d'argento sbalzato, da Gradishta (Albania), dell' inizio del III secolo: M . KoRKUTI, Shqiperia arkeologjike, Tirane I 97 I, fig. 4 7. Cfr. anche il diadema da Prizzi (Palermo): LA LoMIA, in Arch. Class., 20, I968, tav. 25, della fine del IV secolo.

6) BoNACASA, in Annuario Se. Arch. It. Atene, 29-30, I967-I968, p. 3I6 fig. 8; DE MIRO, in Cronache Arch. St. Arte Catania, 4, I965, tav. 27, I, b, pp. 63-64.

7) ADAMESTEANU, in Rev. Arch., I967, pp. 3-38. 8) PESCE, in Boli. d'Arte, 29, I935• pp. 228-23I, fig. I . 9) T. J. DUNBABIN-H. PAYNE, Perachora 2, Oxford

I962, p. I47 fig. I2 b, n. I564 p. I48. Io) H. PAYNE, Necrocorinthia, Oxford I93I, p. I54 fig.

62 D, n. I452 p. 328. II) E. HoMANN-WEDEKING, Archaische Vasenornamentik

in Attika, Lakonien und Ostgriechenland, Athen I938, fig. 8, p. 39·

I2) CVA, Berlin Antiquarium 4, tav. I971 p. 7I fig. 35; tav. I98, I-2.

I3) HILLER, in Marburger Winckelmannsprogr., I963, p. 3I fig. 5, p. 33· Y. HuLs, Ivoires d'Etrurie, Bruxelles I957• p. 58 nota I, dubita dell'autenticità del pezzo; da ultimo CRISTOFANI, in St. Etr., 39, I97I 1 p. 87 nota 96.

I4) BLANCK, in Arch. Anz., I970, p. 28I fig. 6, p. 28o. I5) BoNACASA, in Annuario Se. Arch. It. Atene, 29-30,

I967-I968, p. 306 fig. 4i BONACASA, in A. ADRIANI (et alii), Himera l. Campagne di scavo 1963-1965, Roma I970, tav. 53, I, pp. II9-I20.

I6) PAYNE, Necrocorinthia, cit., p. I 54 fig. 62 B, n. 780 p. 302.

I7) C. WALDSTEIN, The Argive Heraeum, New York- · Boston I905, tav. 6I, 6, p. I67.

I8) PAYNE, Necrocorinthia, cit., p. I54 fig. 62 C, n. u8r d p. 3I7·

I9) PAYNE, Necrocorinthia, cit., p. I27 fig. 45 B, n. 987 p. 3II•

20) W. KRAIKER, Aigina. Die Vasen des 10. biq. ]ahrun­derts v. Chr., Berlin I96I, tav. 40 n. 534, pp. 83-84.

::u) S. S. WEINBERG, The Geometrie and Orientalizing Pottery, Corinth 7, Cambridge Mass. I9431 tav. 4I n. 325, p. 76.

2 2) J. BoARDMAN-J. HA.YES, Excavations at Tocra 1963-1965, The Archaic Deposits, I Suppl. Ann. Brit. School Athens, London I966, tav. I2 ri. I39, p. 30.

23) PAYNE, Necrocorinthia, cit., p. 257 fig. I09 A, fig. II2A.

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di tale produzione. Recentemente è stata rivendi­cata a Mileto la fabbricazione di questo, come degli altri prodotti tessili, con convincenti argomenti e sull'appoggio delle fonti antiche: Io5l questo però non impedisce di supporre che ai tessuti importati si affiancasse una manifattura locale o si aggiun­gessero a Sibari ulteriori decorazioni, specialmente se la destinazione finale era quella cultuale.

24) Per esempio: P. ]AC()BSTAHL, Ornamente griechischer Vasen, Berlin I927, tav. 26 a.

25) A. s. MURRAY-A. H. SMITH-H. B. WALTERS, Excavations in Cyprus, London I9oo, tav. I4, 25, p. I02i F. H. MARSHALL, Catalogue oj the ]ewellery ... in the ... British Museum, London I9II, n. I6I6 p. I73i FURT­WAENGLER, in Arch. Anz., I89I , p. I26 fig. 2 b; M. OHNE­FALSCH-RICHTER, Kypros, die Bibel und Homer, Berlin I893, tav. II3, 4, p. 438.

26) S. PAPASPYRIDI-KARousou, Angheia tou Anagyroun­tos, Athines I963, tavv. SI-84.

27) PAPASPYRIDI-KAROUSOU, Anagyrountos, cit., p. I33 fig. 96.

28) A. RIEGL, Stilfragen. Grundlegungen zu einer Geschich­te der Ornamentik, Berlin I893, p. I8o fig. 83; K. F. ]OHANSEN, Les vases sicyoniens, Paris-Copenhague I923, p. I27 fig. I04·

29) FuRTWAENGLER, in Arch. Anz., I89I, p. I25 fig. I2 e; RIEGL, Stilfragen, cit., p. I8I fig. 84; ]OHANSEN, Vases sicyoniens, cit., p. I26 fig. I03.

30) A. FURTWAENGLER, Die Bronzen und die uebrigen kleineren Funde von Olympia, Olympia 4, Berlin I89o, p. II I n. 746, tav. 42·

3I) PAPASPYRIDI-KAROUSOU, Anagyrountos, cit., p. 20 fig. 9, tav. 44·

32) K. KUEBLER, Die Nekropole des spaeten B. bis jruehen 6. ]ahrhunderts, Kerameikos 6, 2, Berlin I970, tavv. 93, 96, p. 377, pp. 50I-502: inv. 40, cat. n. I07·

33l WALDSTEIN, Argive Heraeum, cit., tav. I27, 2005, p. 285.

34) FURTWAENGLER, Qlympia 4, cit., p. I571 n. 982, tav. 6o. 35) PAYNE, Necrocorinthia, cit., pp. 225-230. 36) WoLTERS, in Arch. Ephemeris, I892, tav. I2, I-I a,

coli. 234-235; J, BoEHLAU, Aus ionischen und italischen Nekropolen, Leipzig I898, p. I09 fig. 56; WoLTERS, in Arch. Ephemeris, I892, tav. I2, 2, col. 235; IDEM, ibidem, tav. I2, 3, col. 235·

37) FURTWAENGLER, in Arch. Anz., I89I, p. I24 fig. I2 a. 381 PAYNE,. N_ecrocorinthia, cit., p. 229 fig. I04 F, p. 228. 59) KuNxi, Schildbaender, cit., p. 200, XXc, p. 24;

Olympia Bericht, 2, I937-I938, tav. 3I, p. 72 n. 4· 4°) Cratere dal Ceramico di Atene: KuEBLER, Keramei­

kos 6, 2, cit., tav. 74, pp. 485, 37I, 377: inv. I52, cat. n. 78. Cratere da Vari, tomba I: PAPASPYRIDI-KARousou, Anagyrountos, cit., p. 76 fig. 64, tav. I3.

4I) HALBHERR, in American ]ourn. Arch., 5, I90I, p. 391 fig. 22; JoHANSEN, Vases sicyoniens, cit., p. I27 fig. 105·

42) PAYNE, Necrocorinthia, cit., p. I 54 fig. 62 E, n. u86 p. 3I8.

43) G. LouD, The Megiddo lvories, Chicago I9391 tav. 6, I-5: fine del II millennio; IDEM, ibidem, tav. 20, I23, con incrostazioni di vetro: fine del II millennio; G. RIZ­ZA-V. ScRINARI, Il santuario sull'acropoli di Gortina, I, Roma Ig68, p. 255 fig. 354: rilievo assiro da Nimrud (884-859 a. C.); C. DECAMPS DE MERTZENFELDT, lnven­taire commenté des ivoires phéniciens découverts dans le Proche-Orient, Paris I9541 tav. Io6, 966-g67, p. I44: Khorsabad, IX-VIII secolo; H. DANTHINE, Le palmier­dattier et l es arbres sacrés dans l' iconographie de l' Asie occidentale ancienne, Paris I937• tav. 6o n. 39: Babilonia, mattone smaltato della prima metà del VI secolo. Dove non indicato, il materiale è avorio.

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3 - La lamina e le foglie al momento del ritrovamento

(foto Sopr. Ant. R . Calabria)

4 - La lamina dopo il restauro (foto 1st. Centr. Restauro)

5 - Radiografia della lamina

(foto 1st. Centr. Restauro)

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6 - Pinax fittile da Metaponto (da Annuario Se. Arch. /t. Atene, rg67-rg68)

8 - Anfora " tirrenica , (da HOMANN- WEDEKING)

7 - Arula da S. Lorenzo del Vallo

(foto Sopr. Ant. R . Calabria)

c E

A

8 D

9 - A. Aryballos del corinzio antico; B. Pisside etrusca in avorio; C. Piatto protoattico; D. Lamina in bronzo beotica; E. Pinax fittile; F. Olpe c. d. Chigi (lucido di V. Pitrelli)

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10 - Cippo etrusco da Chiusi (da Arch. Anz., 1970)

I I - Pinax fittile da Himera (da Annuario Se. Arch. /t. Atene, I967-I968)

12 - Bordo di skyphos da Argo (da WALDSTEIN)

13 - Kylìx da Corinto (da WEINBERG) I4 - Anfora attica (da JACOBSTAHL)

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15

15 - Diadema da Amatunte (da MURRAY-SMITH-WALTERS)

16 - Anfora del pittore di Nesso (da PAPASPYRIDI-KAROUSOU)

17 - Cratere da Atene (da PAPASPYRIDI-KAROUSOU)

18 Diademi in bronzo da Tebe (da Arch. Ephemeris, 1892)

17

..... .. ~, ,..!..!!.:...::.·· ~ ~ ...... .. . , .;.

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44) }OHANSEN, Vases sicyoniens, cit., p. II6 fig. 58, tav. 23, 2, p. 92 n. 12: aryballos classe A; H. PAYNE, Protokorintische Vasenmalerei, Berlin 1933, tav. 24, I: pisside da Perachora, secondo stile policromo; PAYNE, Vasenmalerei, cit., tav. 20, 3-4: da Tebe, aryballos di secondo stile a figure nere; }oHANSEN, Vases sicyoniens, cit., p. ng fig. 77, p. 102 n. 79, tav. 38, 2: alabastron da Camiro; PAYNE, Vasenmàlerei, cit., tav. 22, 1-2: da Tebe, aryballos c. d. MacMillan; DUNBABIN, Perachora 2, cit., tav. 21,399, p. 59: frammenti attribuiti al Sacrifice Painter; }OHANSEN, Vases sicyoniens, cit., p. 126 fig. 102: da For­mello, olpe c.d. Chigi (fig. gf).

45) DuNBABIN, Perachora 2, cit., tav. uo, 2481 b, tav. 102, p. 256.

46) P. Bocci, Ricerche sulla ceramica cicladica, Roma rg62, tav. g, 36, p. IO n. I5: da Delo, anfora nassia del secondo quarto del VII secolo (p. 14). ,

47) Da ultimo FREY, in Marburger Winckelmannsprogr., rg63, pp. r8-26, con bibl. prec. Ai rinvenimenti sono da aggiungere i seguenti esemplari: V. CIANFARANI, Antiche civiltà d'Abruzzo, Roma Ig6g, n. 91 i D. ADAMESTEANU, Siris-Heraclea, Lecce rg6g, p. 42 fig. 8 (la stessa: Mostra popoli anellenici Basilicata, Napoli 197I, p. 67 n. in v. 33037; ADAMESTEANU, in Atti Mem. Soc. Magna Grecia, II-I2, I970-197I, p. 86 n. I; citata anche da ToRELLI, in Parola Passato, 136, 1971, p. 6I nota 42); Villa Giulia, Roma: tomba del Carro da Vulci, inedita; G. CAMPOREALE, I commerci di Vetulonia in età orientalizzante, Firenze rg6g, p. ro8; J. P. GARRIDO Rmz, Excavaciones en la necropolis de "La ]oya ,, Huelva, Excavaciones Arq. Espafia 71, Madrid 1970, tavv. I3-I5; Mi.inzen und Medaillen A. G., Sonderlistey, Marz Ig68, n. 3·

48J BEAZLEY, in ]ourn. Hellenic St., 6o, I940, tav. 7 b, pp. 4o-42; cfr. un aryballos invetriato in J. BoARDMAN, The Greek Overseas, Aylesbury I964, tav. 12 b, p. 200.

49) BOEHLAU, Nekropo/en, cit., p. IIO fig. 59· 50) PAYNE, Necrocorinthia, cit., pp. 148-I50, fig. 55· 51) VrLLARD, in Monuments Piot, 48, 2, 1956, tav. 4 a,

pp. 25-28, pp. 36-4I: da Tarquinia. Probabilmente rodio: cfr. da ultimo DE Juurs, in Arch. Class., 20, 1968, p. 54 nota 97·

5~) COLDSTREAM, in NSc., I970, p. 580 fig. I8: Motya, con elenco di pezzi simili; cilindro per impressione del motivo da Gela: Mon. Ant. Lincei, I7, Igo6, col. 653 fig. 471·

53) GABRICI, in St. Etr., 2, I928, tav. 6 b, p. 63: Chiusi. 54) }ACOBSTAHL, Ornamente, cit., tavv. 23, 25, 28, 38. 55) }OHANSEN, Vases sicyoniens, cit., p. Ioo fig. 54 n. 59:

aryballos della classe C da Eleusi. s6J PAYNE, Necrocorinthia, cit., p. I54 fig. 62 A, n. 770

p. 300: anfora del corinzio antico. 57) WEINBERG, Corinth 7, ci t., tav. 26, n. I88, pp. ss-s6;

PA"':NE, Necrocorinthia, cit., n. 776, cratere del corinzio antico. In Etruria un'applicazione particolare dell'ornato è nella P!acca d'argento traforata da Castel S. Mariano: HAYNES, m ]ahrbuc.h Instituts,. 73, 1958, p. 15 fig. 3, pp. u, I6, dalla quale denva, semphficata, la placca in osso dalla ~ontagnola: SOPRINTENDENZA ALLE ANTICHITÀ DEL­L ETRURIA, Restauri Archeologici, Firenze Ig6g, tav. IO, 3-4, n. 28. I~ rapporto si estende anche alla coppa in argen~o da IallSo: Clara Rhodos, 8, I936, p. r8o fig. I6g, da~b1le tra fine VI ed inizio V secolo. and J ~· P~YNE, Perachora: the Sanctuaries of H era Akraia tura L~mema, <;>xford I940, tav. 47, 5, p. I46: imbraccia-

àd1 scudo m bronzo con decorazione a punzone della

met del VI secolo. ' va':~ ~YNE~ Vas~nmalerei, cit., tav. Ig, 4. 6; ]OHANSEN, zio d.Yosens, ctt., tav. 26, 4: aryballos del protocorin­Beilme IOj • CHLEIF, in Ath. Mitt., s8, I933. p. I93 fig. I7, d' Rb5~k 4· coronamento dello zoccolo Nord dell'altare P~YNE01 N a Sa'!lo . . Per lo stile corinzio in generale cfr. BoA ' ecrocormthra, cit., pp. IS4-I55, fig. 65 B; ]. tav RDMAN, The Cretan Coll~ction in Oxford, Oxford rg6I

• 43 n. 52I, P· II8: bacmo con decorazione a stamp~

di fabbrica corinzia della metà del VI secolo; A. AKER­STROM, Die architektonischen Terrakotten Kleinasiens, Lund Ig66, tav. so, 3: da Sardi; DucATI, in Historia, 4, 1930, p. 455 fig. r: matrice da Vulci dell'inizio del V secolo.

6o) B. D. FrLOW, Die archaische Nekropole von Trebe­nischte, Berlin-Leipzig I9271 p·. I4 fig. IO, n. 4;· p. I6 fig. I2, n. 5; p. 26 n. 28 (p. 24) fig. 23.

6r) P. }ACOBSTAHL, Early Celtic Art, Oxford Ig6g (ri­stampa I944), tav. 23 n. 24, p. I68: banda d'oro traforata della prima metà del V secolo. Analisi dell'oro in A. HART­MANN, Praehistorische Goldfunde aus Europa, Berlin I97I, tav. 32 Au 1306, tabella 29, p. I28. Un'ulteriore semplifi­cazione in una lamina in bronzo da Sanzeno: NSc., 1931, p. 422 fig. I6.

62) PAYNE, Necrocorinthia, cit., p. 153. 63) F. CANCIANI, Bronzi orientali e orientalizzanti a Creta

nell'VIII e VII secolo a. C., Roma I970, p. 6o. 64) W. SCHIERING, Werkstaetten orientalisierenden Kera­

mik aus Rhodos, Berlin 1957, pp. 8o-8I. 65) KUNZE, Schildbaender, cit., p. Igg. 66) KuEBLER, Kerameikos 6, 2, ci t., p. 377: è indicata

un'origine mista corinzio-insulare: quest'ultima compo­nente non pare tuttavia molto giustificata. PAPASPYRIDI­K~R?Us~u, Anagyrountos, ci~··.P· 76: motivo con partico­lanta atuche parallele, ma d1stmte, a quelle protocorinzie. Per i vari influssi riconosciuti nella statua della Polle­drara di Vulci, con motivo di I tipo sul bordo della v~ste cfr. HAYNES, in Antike Plastik, 4, I965, p. I8 e BIANcHi BANDINELLI, in Dialoghi d'Arch., I 1 I967, p. I23·

67> R. GHIRSHMAN, Perse. Proto-iraniens, médes, achè­ménides, Paris I963, p. 314 fig. 380 b: bronzo, estremità a gancio. ·

68) V. KARAGEORGHIS, Salamis. Die zyprische Metropole des Altertums, Ulm I970, p. 120 fig. 22: bronzo, estremità lisce,. fo.ri lung? i margini. Lungh. so; alt. 39/40. La for­ma SI ntrova, m oro, nel pettorale della Tomba Regolini Galassi: G. BECATTI, Oreficerie antiche, Roma 1955, n. 237 (moderno l'esemplare analogo a New York: BOTHMER, in Metropolitan Museum Bulletin, 24, Ig66, pp. 26I-268).

6g) K. R. MAXWELL-HYSLOP, Western Asiatic ]ewellery c. 3(}00-612 B. C., London I97I 1 p. 222 fig. 123: bronzo, estremità ad anello.

7°l GHIRSHMAN, Perse, cit., fig. I37, pp. 3ID-3I I; MAXWELL-HYSLOP1 jewellery, cit., p. 2I6 fig. I88: oro estremità forate con anelli di filo inseriti. Lungh. 34:

7I) MAXWELL-HYSLOP, jewellery, cit., p. 221 j cfr. anche MEYER, in Das Altertum, I, I955, pp. 205-2I3; Sov. Arch., Ig68, 4, p. I92 fig. 2.

72) Per esempio: A. WrLKINSON, Ancient Egyptian ]ewel­lery, London I97I, tav. 35 a sin., datati al Nuovo Regno.

73l FrLow, Trebenischte, cit., p. I4 n. 4; BECATTI, Ore­ficerie, cit., n. 204; P. }ACOBSTAHL, Greek Pins and their Connections with Europe and Asia, Oxford I956, fig. 302 p. 78: oro, forma semilunata chiusa. Alt. r8,5; largh. 21,5; altezza lamina 7.3·

74l B. D. FrLOW, Die Grabhuegelnekropole bei Duvanlij in Suedbulgarien, Sofia 1934, p. 107 fig. 131, 2: oro forma semilunata aperta con incavatura al centro. Lungh: 38,5; largh. g,s.

75l MrNNS, Scythians, cit., p. 429 fig. 320, pp. 40o-402: oro, estremità a gancio.

76) A. GREIFENHAGEN, Schmuckarbeiten in Edelmetall. I: Fundgruppen, Berlin 1970, p. 57, tav. 30, 2: oro, fori lungo i margini, inserzioni di pasta colorata. Lungh. 22.

77l }ACOBS~A!IL, Ce/tic Art,.cit., tav. 176, n. 376, p. rgg: t~e esem~lan m oro; estremttà slargate ad anello appiat­tito; amp1ezza Io/12.

78) OGNENOVA, in Atti 7° Congr. Int. Arch. Class., rg6r, 3, p. 120 fig. g: argento dorato, forma semilunata chiusa.

79) 0GNENOVA, in Atti 7° Congr., cit., p. 120 fig. IO. La OGNENOVA, ibidem, ricorda un pettorale Qi forma simile a quello. da Tr.ebenischte (supra, nota 73) in oro, da Dalbocht, databtle al V secolo. Non è stato possibile con­trollare la citazione.

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Page 14: LAMINA IN ARGENTO ED ORO DA SIBARI - Bollettino d'Arte · 2018. 5. 30. · PIER GIOVANNI GUZZO LAMINA IN ARGENTO ED ORO DA SIBARI N. ELL'·AGOSTO del I97I, durante i lavori della

Bo) Coll. Mavrogordato, Leningrado, Ermitage. Oro, estremità affinate; decorazione a sbalzo: DAI Rom, neg. 62.204I; Ottet, Igo3, fig. 323 (non è stato accessibile).

Bt) Cfr. per esempio HARTMANN, Goldfunde, cit., tavv. I-Io, 22-23.

82) BIELEFELD, in Arch. Anz., rg68, pp. 637-640. 83) A. DE RIDDER, Catalogue sommaire des bijoux anti­

ques, Paris 1924, tav. 4 n. Ios, p. rr. Gli esemplari ibidem, nn. I07-I09 sono composti da elementi disparati montati nella forma attuale in epoca moderna: cfr. C. CLEMENT, Catalogue des bijoux du Musée Napoléon IIIe, s. l. r862, nn. 2-3, 9·

84> A. PALMA DI CESNOLA, Salaminia (Cyprus)2, London I884, p. 22 fig. r.

Bsl Il piccolo pettorale del tesoro di Egina è da conside­rarsi tardo-minoico, anche in base alla forma che non trova confronti in epoca orientalizzante: M. S. RUXER, Historja naszyjnika greckiego, r, Poznan I938, p. 331; BECATTI, Oreficerie, cit., n. II9 (VII secolo); HIGGINS, in Ann. Brit. School Athens, 52, 1957, p. 48 n. 3; HoPKINS, in American ]ourn. Arch., 66, 1962, p. 184 (VII secolo). Cfr. però SEGAL, in Bull. Mus. Fine Arts Boston, 4I, 1943, p. 46 tav. 2.

86) C. SINGER-E. J. HoLMYARD, A History of Techno­logy, Oxford 1954, pp. 642-649; H. HOFFMANN-P. F. DAVIDSON, Greek Gold, Mainz I965, pp. 26-27; FoRMI­GLI, in Atti Mem. Soc. Magna Grecia, II-12, 1970-I971, pp. 34-36.

87) Sulla diffusione RIEGL, Stilfragen, cit., pp. 178-I86; v. supra nota 66; JoHANSEN, Vases sicyoniens, cit., pp. 126-128.

88) Sugli stretti contatti tra Sibari e Metaponto, in ge­nerale J, BERARD, La colonisation grecque de l'Italia Mé­ridiona[e et de la Sicile dans rantiquité2, Paris I957t pp. I75-I85. .

B9l Sugli scavi di Metaponto: Lo PoRTO, in NSc., 1966, pp. 136-231; ADAMESTEANU, in Boli. d'Arte, 1964, pp. 360-361; ADAMESTEANU, in Rev. Arch., 1967, pp. 3-38.

90) PESCE, in Boli. d'Arte, 29, 1935, pp. 228-231; Bo­NACASA, in Himera l, cit., p. II9 nota I67.

91) La bulla da Metaponto in NSc., Ig66, pp. Igo fig. 44,1; la collana di Ruvo in BECATTI, Oreficerie, cit., n. 272; incerto il collegamento con la più recente collana da Atri: MARSHALL, BM ]ewellery, cit., n. I46o, tav. 21, nella quale le bullae con scalpo di leone possono accostarsi a tipi ana­loghi di monete, sui quali da ultimo CoRDANO, in Parola Passato, 25, 1970, pp. 249-251. Sul ritrovamento da Atri anche BoARDMAN, in Papers Brit. School Rome, 34, 1966, p. 13 nota I (alla lista degli anelli del gruppo Fortnum è da aggiungere un esemplare nel comm. antiq. romano: DAI Rom, neg. 34.2043).

92) Cortesia della dr.ssa M.-W. STOOP, che ringrazio; sugli scavi di Francavilla Marittima da ultimo Atti Mem. Soc. Magna Grecia, rr-12, 197o-197I, pp. 7-So; ro­sette analoghe da Metaponto, senza n. inv. al locale Antiquarium.

93) Si veda, per esempio, la scarsezza di provenienze conosciute fra gli anelli arcaici: BoARDMAN, in Antike Kunst, IO, 1967, pp. 3-31, con addenda in J. BoARDMAN, Greek Gems and Finger Rings, London I970, pp. 402-403. Menzione di quattro diademi in argento a Siri: GUAR­nuccr, in Atti Mem. Soc. Magna Grecia, 2, 1958, pp. 51-6I.

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Sono di incerta epoca, e forse moderni, sia la lamina d'oro decorata a sbalzo: E. CocHE DE LA FERTÉ, Les bijoux antiques, Paris 1956, tav. 31 p. rrg, sia il diadema in argento sbalzato : Mostra Ori e Argenti dell'Italia An­tica, Torino 1961, pp. 91-92 n. 238; Catalogo Coli. Pa­lese al Museo di Bari, Taranto 1971, pp. I03-104 n. 418, tav. 6r.

94) Da qui le difficoltà di attribuzione rilevate da AMAN-DRY, in Ath. Mitt., 77, 1962, pp. 68-71. · ·

9~) Si veda in generale su questa classe SZILAGYI, in Acta Ant. Hung., 5, 1957, pp. 49-53; KARDARA, in Ame­rican ]ourn. Arch., 64, rg6o, pp. 343-347; LA LOMIA, in Arch. Class., 20, I968, pp. 58-75.

CJ6l Un unico esempio da Cipro: cfr. supra nota 84. 97) Oltre agli esempi sopra ricordati, anche la collana

da Atri (supra nota gr) ha linguette terminali decorate a sbalzo.

9Bl La forma continua per lungo tempo: per quanto ad elementi giustapposti ~ in uso ancora nel VI secolo d. C.: GREIFENHAGEN, Schmuckarbeiten, cit., p. 68 tavv. 49, III: anche in questo caso gli elementi terminali sono differen­ziati da quelli centrali.

99) W. LERMANN, Altgriechische Plastik, Muenchen 1907, tavv. 3, 9, ro, Ig, 20: korai dell'Acropoli di Atene nn. 671, 6g6, 675 (su questa v. anche KUNZE, Schildbaen­der, cit., p. 199 nota 4), 670, 684. Nella testa in terracotta da Vouni: Swedish Cyprus Expedition, 4, 2, tav. IS in basso, sub-arcaica, il motivo decorativo del diadema è molto simile a quello presente sui diademi di Amatunte (supra nota 25), di poco più recenti.

too) E. LANGLOTZ, Arte della Magna Grecia, Roma Ig6g, tav. 20. ·

1°1) PAYNE, Perachora, cit., tavv. 93--94· 102) Un esempio in OGNENOVA, Atti 7° Congr., cit.,

pp. 120-I2I 1 fig. II. 103) D. VoN BOTHMER, Amazons in Greek Art, Oxford

I957, tav. Ig, Ia, p. 9 n. 39: attribuito a Kleitias: BEAZLEY, ABV, p. 77 n. 4· Il motivo in KLOss, in MittDAI, 5, 1952, p. 92 n. 2I b: da notare che questo motivo pare molto usato nel decorare bordi di vesti.

104) P. PARIS, Elatée, I892 (BEFAR 6o), p. 289 n. I6 fig. 27, p. 288; si può presumere questa funzione anche per il frammento in DE RIDDER, Bijoux, cit., tav. 4 n. I Io, p. I I; incerti sia il frammento da Samo in Ath. Mitt., 83, Ig68, tav. I28, I, p. 295 n. I3I, sia le lamine in P. AMANDRY, Coli. H. Stathatos. Les bijoux antiques, Stra­sbourg 1953, tav. 34 n. 230.

105) HEURGON, in Festschrift Michalowsky, Warszawa I965, pp. 445-450 con bibl. prec. Le vesti suntuose dei Siriti (ATENEO, XII, 523 d) sono state recentemente inter­pretate com~ importazione da Sibari: FRASCHETTI, in Parola P.flssato, 24, Ig6g, p. 46. L'aggiunta al tessuto di accessori di notevole lusso, tramandata per Siri a pro­posito delle cinture (ma fllrea ha significato vasto), e quindi accertata per la città ionica, può essere estesa ragionevolmente anche a Sibari.

Desidero ringraziare, per consigli e suggerimenti, le sig.re Licia Vlad Borrelli, Paola Zancani Montuoro e i sig.ri Giovanni Becatti t, Nevio Degrassi, Friedrich-Wilhelm von Haase, Enrico Paribeni. Lo scavo del reperto è stato seguito dalla sig.na M. Nicoletta Pagliardi.

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