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L’alimentazione nel Medioevo S.M.S. Peyron-Fermi Sezione ospedaliera Anno scolastico 2004/05 Docente Maria Aliberti

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L’alimentazione nel Medioevo

S.M.S. Peyron-Fermi

Sezione ospedaliera

Anno scolastico 2004/05

Docente

Maria Aliberti

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L’alimentazione nel Medioevo

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Premessa

Parlare dell’alimentazione del Medioevo significa affrontare un

aspetto fondamentale della società del periodo, in cui, a brevi fasi

di abbondanza si alternano periodi di carestia. Il forte senso di

insicurezza e di paura crea un atteggiamento nei confronti del cibo

particolare. Diventa un vero e proprio “status symbol”: chi mangia ha

potere, e mangiare, per chi è affamato significa compiere un’azione

esagerata , vorace, quasi violenta.

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I religiosi possono mangiare, ma si autoreprimono, secondo la

dottrina Cristiana che stigmatizza la “gola” tra i peccati.

In questo periodo i poveri erano talmente denutriti da morire spesso

di fame. I ricchi si nutrivano in modo vario ed abbondante. Amavano

la cacciagione, i pesci soprattutto d’acqua dolce e in particolare le

anguille, il miele, che in questi secoli era l’unico dolcificante noto.

La parte di popolazione che, senza essere ricca, aveva tuttavia i

mezzi per nutrirsi a sufficienza, mangiava verdure

(cipolle,cavoli,rape,carote), uova (che si conservavano sode),

frutta. Base dell’alimentazione medioevale rimaneva il pane: da

cui l’estrema necessità di grano che, insieme con l’orzo e la segala,

era il cereale più coltivato.

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La birra era usata in maggior quantità rispetto al vino e al sidro,

prodotto dalla fermentazione delle mele. L’olio d’oliva era raro

perché carissimo ed era abbastanza diffuso solo in Italia e in

Spagna. Era sostituito con quello ricavato dalle mandorle,dalle

noci e dai semi di canapa.

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Il medioevo fu un periodo particolare per l’alimentazione e

mettendo insieme le varie informazioni abbiamo trovato:

• ricette d’epoca

• modi di vivere diversi

• diversa alimentazione tra ricchi e poveri.

Si nota che nell’alto medioevo – a causa di guerre e invasioni – la

gente curava molto meno l’alimentazione rispetto al basso

medioevo, anche se per tutto il periodo medioevale il piatto

principale e fondamentale era il pane con verdure e legumi. La

carne più pregiata era di vitello , seguita da quella del bue. In

autunno si mangiava soprattutto la carne di vitello e di ovino,

d’inverno invece era preferibile la carne di suino e bovino tranne in

quaresima che non mangiavano carne per usanza religiosa.

Le pecore erano importanti per ricavarne latte e lana; la carne del

maiale invece era più diffusa e più usata.

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IL CIBO DEI CONTADINI

Dopo il Mille la ricerca del cibo diviene più difficile: l’aumento di

popolazione, la diminuzione delle aree da mettere a coltura, la

sempre più invasiva presenza di riserve signorili di pascolo, di

caccia e di pesca, rende la vita dei contadini dura.

La carne scarseggia, diventa sempre più pregiata. I pochi animali

domestici sono considerati bestie da fatica, essenziali per svolgere

il lavoro nei campi. Aumenta la produzione e il consumo dei cereali

dalla segale al grano saraceno: il termine companatico sta ad

indicare ciò che accompagna il pasto basato quasi esclusivamente

sul pane. Esso è presente a ogni pasto, di tutte le varietà : d’orzo, di

castagne… Nei centri urbani si diffonde l’uso del pane di grano

duro, più chiaro di quello mangiato nelle campagne.

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Il vino rimane, secondo la tradizione, un alimento diffuso anche

tra le classi sociali più povere:è nutriente, rende allegri, si può

utilizzare come anestetico, tutti ottimi motivi perché anche i ceti

privilegiati ne favoriscano il consumo. La tavola dei contadini

non può non prevedere la presenza di verdure dell’orto. Piatti

consueti sono le zuppe di verdure di stagione, mescolate

spesso con legumi che accompagnano spesso i pasti

sostituendosi alla carne. La carne ,in prevalenza bianca, è

destinata ai giorni di festa: polli ,galline, qualche coniglio

rappresentano l’unica variante sostanziosa per la classe dei

lavoratori della terra. Le erbe aromatiche arricchiscono queste

semplici pietanze, che stanno alla base dell’alimentazione

contadina.

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LA CUCINA

Nelle case contadine, la carne (immancabilmente sotto sale per la

conservazione) si consumava bollita, in questo modo non solo si

addolciva il sapore del sale ma si faceva il brodo che serviva come

base per altre preparazioni. L’attrezzo più importante della cucina era

dunque la pentola appesa ad una catena o direttamente appoggiata

sul fuoco, ed esisteva solo quella per cucinare.

 LA CARNE

I poveri avevano uno strano modo di mangiare la carne, infatti il più

delle volte mangiavano sul pane, sì proprio così sopra uno strato di

pane in modo che neanche il sugo venisse sprecato e alla fine del

pasto non rimaneva niente neanche la “tovaglia”. Nel caso raro che

avanzassero qualcosa lo davano alle persone che non avendo da

mangiare aspettavano davanti alla porta delle case contadine.

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IL CIBO DEI POTENTI

Una delle rappresentazioni tipiche della società signorile medioevale è

il momento del banchetto. Sulla tavola imbandita, diverse qualità di

carni arrostite stanno a indicare il cibo preferito del ceto nobiliare.

Carlo Magno, era un mangiatore quotidiano di arrosti, nonostante in

tarda età soffrisse di gotta e i medici gli consigliassero di passare a

pasti più leggeri.

Gli aristocratici, per accompagnare le carni bianche, e in special modo

selvaggina e agnelli usavano pane di grano, uova e formaggi e

bevevano abitualmente vino. Le verdure e i legumi, sconsigliati dai

medici del tempo agli stomaci raffinati, in quanto poco digeribili, hanno

un ruolo marginale sulle tavole dei ricchi, così come la frutta. Il miele,

unico dolcificante conosciuto è invece consumato in abbondanza.

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LA CARNE

La selvaggina procuratasi con la caccia era molto importante. I ricchi

amavano avere in tavola carne che nella dieta nobile rappresentava

il piatto principale e per così dire importante e questo ci descrive

Eginardo, il biografo di Carlo Magno, quando scrive che ogni cena

dell’imperatore era costituita da quattro portate di carne:<<… oltre

alla selvaggina, che i cacciatori erano soliti infilzare con lo spiedo ed

egli preferiva mangiare più di ogni altro cibo…>>. Nella regola

sanitaria di quel tempo i medici di Salerno raccomandano che le

uova siano fresche ed accompagnate dal vino che ne facilita la

digestione e il formaggio deve essere servito dopo la carne. L’uso

del bollito è quindi contemporaneo al fritto e all’arrosto. La carne e le

verdure si fanno friggere con il lardo invece il pesce, che è più

magro, si fa friggere con l’olio. La carne arrostita è comunque

sempre molto apprezzata.

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COTTURA DEI CIBI

La modalità di cottura più diffusa è la bollitura, che utilizza spezie

provenienti dalle Indie come il pepe, il coriandolo, la cannella, la noce

moscata, i chiodi di garofano che insaporiscono i cibi e le bevande,

ritardano la putrefazione e addolciscono i sapori aciduli. Anche le erbe

aromatiche sono molto in uso: in questo modo la carne,soprattutto la

selvaggina, diviene meno dura e acquista maggiore sapore. Gli stessi

arrosti sono prima bolliti e poi vengono fatti a pezzi e infilzati nello

spiedo.

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L’ETICHETTA

A tavola la sedia del signore era più elevata rispetto alle altre,

infatti gli altri commensali erano seduti su sgabelli. Si usava che

nei giorni feriali i piatti fossero di stagno, di rame, di ceramica o di

legno pregiato mentre il vasellame di metallo prezioso era usato

nei giorni di festa o nei banchetti; le bevande erano sulla tavola in

bottiglie di vetro o in brocche metalliche e si servivano in coppe di

metallo prezioso, di vetro o di legno finemente decorato. A quel

tempo esistevano pochi tipi di posate; nei documenti di quel tempo

erano citati infatti solo cucchiai, coltelli e mestoli fabbricati in

stagno.

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La prima forchetta fu costruita per una sposa che al banchetto del

suo matrimonio, al momento della carne si fece portare un “biforco”

d’oro e cominciò a mangiare con quello a differenza di tutti gli altri

che mangiavano con le mani. Per pulirsi le mani esistevano diversi

metodi a seconda della raffinatezza, dell’importanza del pranzo,

dell’ambiente e dell’epoca: si potevano strofinare sul mantello dei

cani che giravano numerosi attendendo l’osso, lavare delicatamente

in acqua di rose oppure pulire su delicate tovaglie di lino che

uscivano sicuramente malconce a causa degli schizzi e delle

macchie di sugo.

Se il padrone di casa dimenticava di offrire l’acqua di rose era

considerato maleducato, ma era considerato tale anche chi la

rifiutava. Nel medioevo a causa della mancanza dei fazzoletti e dei

tovaglioli, chi si doveva soffiare il naso si puliva le mani non sulla

tovaglia ma sulla propria veste, in segno di educazione e di igiene.

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IL CIBO DEI MONACI

L’idea della privazione del cibo, di un regime alimentare sorvegliato ed

essenziale,sta alla base della concezione di vita monastica diffusa nel

Medioevo. Se l’abbondanza di cibo è simbolo del potere e delle armi, il

“digiuno”diviene sinonimo di spiritualità e misticismo. Nella cultura

medievale, il corpo impedisce l’elevazione verso Dio, tenendo l’uomo

ancorato a desideri e pulsioni che vanno mortificati. La carne è il primo

alimento che deve essere bandito,perché interpreta meglio la forza e la

potenza guerriera. La carne è sostituita da pesce,legumi,uova e

formaggi. Nei giorni di festa la carne, soprattutto di maiale, è presente

nei pasti dei monaci cucinata in modi diversi. Compare anche nelle

dispense, conservata sotto sale, essiccata o insaccata. Stando alle fonti

dell’epoca, nell’Abbazia di Cluny, sono due i regimi alimentari che si

alternano durante l’anno: uno invernale ed uno estivo.

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Mangiare coincide con un momento collettivo e i monaci si ritrovano in

refettorio una volta nei giorni feriali e due in quelli festivi. Il pranzo

prevede due piatti caldi : il potagium di legumi e la minestra di verdura

e il piatto generale o la pietanza serviti a due giorni alterni alla

settimana, che porta in tavola uova, formaggi, verdure. Il vino e il pane

bianco non mancano mai. Nel periodo estivo i pasti sono due poiché

aumentano le ore di veglia e di lavoro. La cena, frugale, si basa sugli

avanzi del pranzo e un po’ di frutta di stagione. Dopo il Mille, questo

regime severo diventa più elastico: la semplicità dei pasti lascia spazio

all’abbondanza e alla varietà dei cibi. Le cucine ,sempre più spaziose

con dispense cariche di prodotti pregiati, divengono luogo di piacere:la

gola si incontra con la luxuria,i peccati condannati dal Cristianesimo,

che tanto spesso l’immaginario medievale accomuna, così come tanta

letteratura del tempo ci ha tramandato.

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CIBI NUTRITIVI....

Nutrit et impinguat triticum, lac, causeus infans, testiculi, porcina

caro, cerebella, medullae, dulcia vina, cibus gustu iucundior, ova

sorbilia, maturae ficus, uvaeque recentes.

Nutre e ingrassa il grano eletto, latte e cacio giovinetto, il maiale ed

i granelli, le midolle ed i cervelli, l'uovo al guscio, il vino dolce, il

patin che alleta e dolce, il buon fico mèl stillante, l'uva colta poco

innante.

Regole sanitarie salernitane, VIII

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E CIBI DANNOSI

Le pesche, le mele, le pere, il latte, il cacio, la carne salata, la carne

di cervo, di lepre, di bue, e di capra, questi cibi arrecano agli infermi

la nemica melanconia. Gustosa la carne di oca, come quella di

anitra. Fanno male le fritture, i lessati riscaldano, gli stufati

restringono; purgano i cibi acri, ma i crudi gonfiano, ed i salati

essicano. Non mangiare la crostata, perché cagiona potente

collera. I cibi piccanti infiammano gli occhi, scemano lo sperma, e

generano la scabbia, il prurito, e la febbre.

Regimen sanitatis, Flos medicinae Scholae Salerni

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IL PANE

Panis non calidus,necsit nimis inveteratus, sed fermentatus, oculatus

sit, bene coctus, modice salitus frugibus validis sit electus. Non

comedas crustam, choleram, quai gignit adustam. Panis salsatus,

fermentatus, bene coctus, purus sit, sannus, quainon ita sit tibi vanus.

Mai non fare l'apparecchio di pan caldo o troppo vecchio; ma che sia

ben fermentato, sia ben cotto e bucherato, di bastante sal condito e di

grano ben cernito. Non far uso della crosta, che talor doglie ti costa.

Che sia,replico,salato, sia ben cotto e fermentato, sia salubre, sia

sincero: senza questo vale un zero.

Regole sanitarie salernitane, XXIV

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IL PEPE

Quod piper est nigrum, non est dissolvere pigrum, phlegrnata urgabit,

digestivamque invabit. Leucopiper stomacho prodest,tussisque dolori

utili, praeveniet motum febrisque ricorem.

Dissolvente non leggero e non tardo è il pepe nero, che la flemma fa

sparire ed il cibo digerire. Al ventriglio il pepe bianco e al dolore giova

del fianco; della febbre presto bene moti e brividi previene.

Regole sanitarie salernitane, LXXV

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LO ZAFFERANO

Confortare crocus dicatur laetificando, membraque defecta

confortat hepar reparando.

Lo zafferan, dicesi gli egri che conforti e che rallegri; e che, il

fegato sanando, la lassezza ponga in bando.

Regole sanitarie salernitane, LXXIII

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ABITUDINI DIVERSE …

La differenza tra giorni feriali e giorni festivi era molto evidente

soprattutto dal punto di vista alimentare. Per i ricchi nei giorni

festivi gli acquisti aumentavano in modo sproporzionato, infatti nei

giorni di festa si comprava soprattutto carne, e anche molto

pregiata. Gli uomini più nobili e ricchi andavano a caccia, per

questo nelle cucine dei palazzi e povere molti prodotti diversi e

insoliti oltre che indispensabili per alcune ricette.

In certe feste religiose “i menù erano fissi”, ecco alcuni cibi

utilizzati abitudinariamente nelle rispettive feste:

lasagne a Natale, farro a Carnevale, uova e formaggio per

l’Ascensione, oca per Ognissanti, agnello a Pasqua. Questa lista

fu composta da Simone Prudenziali, poeta di fine 200.