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Robert Louis Stevenson L’isola del tesoro www.liberliber.it Robert Louis Stevenson L’isola del tesoro www.liberliber.it

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Robert Louis StevensonL’isola del tesoro

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QUESTO E-BOOK:

TITOLO: L'isola del tesoroAUTORE: Stevenson, Robert Louis <1850-1894>TRADUTTORE: Novaro, Angiolo SilvioCURATORE: NOTE: CODICE ISBN E-BOOK: n. d.

DIRITTI D'AUTORE: no

LICENZA: questo testo è distribuito con la licenzaspecificata al seguente indirizzo Internet:www.liberliber.it/online/opere/libri/licenze

COPERTINA: n. d.

TRATTO DA: L' isola del tesoro / di R. L.Stevenson ; traduzione di Angiolo Silvio Novaro. -3. ed. - [Milano] : A. Mondadori, 1950. - 221 p. ;19 cm.

CODICE ISBN FONTE: n. d.

1a EDIZIONE ELETTRONICA DEL: 12 ottobre 2020

INDICE DI AFFIDABILITÀ: 1

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QUESTO E-BOOK:

TITOLO: L'isola del tesoroAUTORE: Stevenson, Robert Louis <1850-1894>TRADUTTORE: Novaro, Angiolo SilvioCURATORE: NOTE: CODICE ISBN E-BOOK: n. d.

DIRITTI D'AUTORE: no

LICENZA: questo testo è distribuito con la licenzaspecificata al seguente indirizzo Internet:www.liberliber.it/online/opere/libri/licenze

COPERTINA: n. d.

TRATTO DA: L' isola del tesoro / di R. L.Stevenson ; traduzione di Angiolo Silvio Novaro. -3. ed. - [Milano] : A. Mondadori, 1950. - 221 p. ;19 cm.

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1a EDIZIONE ELETTRONICA DEL: 12 ottobre 2020

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0: affidabilità bassa1: affidabilità standard2: affidabilità buona3: affidabilità ottima

SOGGETTO:JUV001020 FICTION PER RAGAZZI / Azione e Avventura /Pirati

DIGITALIZZAZIONE:Catia Righi, [email protected]

REVISIONE:Paolo Alberti, [email protected]

IMPAGINAZIONE:Catia Righi, [email protected]

PUBBLICAZIONE:Catia Righi, [email protected]

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Indice generale

Liber Liber......................................................................4NOTA...........................................................................10L’ISOLA DEL TESORO..............................................18ALL’ESITANTE ACQUISITORE...............................19PARTE PRIMAIL VECCHIO FILIBUSTIERE....................................20

IIL VECCHIO LUPO DI MARE ALL’“AMMIRA-GLIO BENBOW”.....................................................20IICAN-NERO APPARE E SCOMPARE....................28IIILA MACCHIA NERA..............................................37IVIL BAULE MARINO...............................................45VLA FINE DEL CIECO..............................................53VILE CARTE DEL CAPITANO..................................60

PARTE SECONDAIL CUOCO DI BORDO...............................................70

VIIVADO A BRISTOL..................................................70VIIIALL’INSEGNA DEL “CANNOCCHIALE”...........77

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Indice generale

Liber Liber......................................................................4NOTA...........................................................................10L’ISOLA DEL TESORO..............................................18ALL’ESITANTE ACQUISITORE...............................19PARTE PRIMAIL VECCHIO FILIBUSTIERE....................................20

IIL VECCHIO LUPO DI MARE ALL’“AMMIRA-GLIO BENBOW”.....................................................20IICAN-NERO APPARE E SCOMPARE....................28IIILA MACCHIA NERA..............................................37IVIL BAULE MARINO...............................................45VLA FINE DEL CIECO..............................................53VILE CARTE DEL CAPITANO..................................60

PARTE SECONDAIL CUOCO DI BORDO...............................................70

VIIVADO A BRISTOL..................................................70VIIIALL’INSEGNA DEL “CANNOCCHIALE”...........77

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IXPOLVERE E ARMI..................................................84XIL VIAGGIO............................................................92XICIÒ CHE UDII NEL BARILE DELLE MELE.......99XIICONSIGLIO DI GUERRA....................................107

PARTE TERZALA MIA AVVENTURA DI TERRA..........................115

XIIICOME INCOMINCIÒ LA MIA AVVENTURA.. .115XIVIL PRIMO COLPO.................................................122XVL’UOMO DELL’ISOLA.........................................129

PARTE QUARTAIL FORTINO...............................................................138

XVIIL DOTTORE CONTINUA IL RACCONTO: COMELA NAVE FU ABBANDONATA..........................138XVIICONTINUA IL RACCONTO DEL DOTTORE: L’ULTIMO VIAGGIO DEL PICCOLO CANOTTO................................................................................145XVIIICONTINUA IL RACCONTO DEL DOTTORE: FINE DELLA PRIMA GIORNATA DI COMBATTI-MENTO..................................................................151

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IXPOLVERE E ARMI..................................................84XIL VIAGGIO............................................................92XICIÒ CHE UDII NEL BARILE DELLE MELE.......99XIICONSIGLIO DI GUERRA....................................107

PARTE TERZALA MIA AVVENTURA DI TERRA..........................115

XIIICOME INCOMINCIÒ LA MIA AVVENTURA.. .115XIVIL PRIMO COLPO.................................................122XVL’UOMO DELL’ISOLA.........................................129

PARTE QUARTAIL FORTINO...............................................................138

XVIIL DOTTORE CONTINUA IL RACCONTO: COMELA NAVE FU ABBANDONATA..........................138XVIICONTINUA IL RACCONTO DEL DOTTORE: L’ULTIMO VIAGGIO DEL PICCOLO CANOTTO................................................................................145XVIIICONTINUA IL RACCONTO DEL DOTTORE: FINE DELLA PRIMA GIORNATA DI COMBATTI-MENTO..................................................................151

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XIXIL RACCONTO È RIPRESO DA JIM HAWKINS: LA GUARNIGIONE DEL FORTINO...................157XXL’AMBASCIATA DI SILVER...............................165XXIL’ATTACCO...........................................................172

PARTE QUINTALA MIA AVVENTURA IN MARE............................181

XXIIDOVE LA MIA AVVENTURA INCOMINCIA....181XXIIILA MAREA DISCENDE.......................................189XXIVLA CROCIERA DELLA PIROGA........................195XXVAMMÀINO IL JOLLY ROGER............................203XXVIISRAEL HANDS....................................................209XXVII«PEZZI DA OTTO»...............................................220

PASTE SESTAIL CAPITANO SILVER.............................................229

XXVIIINEL CAMPO NEMICO.........................................229XXIXDI NUOVO LA MACCHIA NERA.......................240XXXSULLA PAROLA...................................................248

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XIXIL RACCONTO È RIPRESO DA JIM HAWKINS: LA GUARNIGIONE DEL FORTINO...................157XXL’AMBASCIATA DI SILVER...............................165XXIL’ATTACCO...........................................................172

PARTE QUINTALA MIA AVVENTURA IN MARE............................181

XXIIDOVE LA MIA AVVENTURA INCOMINCIA....181XXIIILA MAREA DISCENDE.......................................189XXIVLA CROCIERA DELLA PIROGA........................195XXVAMMÀINO IL JOLLY ROGER............................203XXVIISRAEL HANDS....................................................209XXVII«PEZZI DA OTTO»...............................................220

PASTE SESTAIL CAPITANO SILVER.............................................229

XXVIIINEL CAMPO NEMICO.........................................229XXIXDI NUOVO LA MACCHIA NERA.......................240XXXSULLA PAROLA...................................................248

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XXXILA CACCIA AL TESORO: L’INDICE DI FLINT257XXXIILA CACCIA AL TESORO:LA VOCE DI TRA GLI ALBERI..........................266XXXIIILA CADUTA D’UN CAPO...................................274XXXIVED ULTIMO...........................................................282

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XXXILA CACCIA AL TESORO: L’INDICE DI FLINT257XXXIILA CACCIA AL TESORO:LA VOCE DI TRA GLI ALBERI..........................266XXXIIILA CADUTA D’UN CAPO...................................274XXXIVED ULTIMO...........................................................282

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L’ISOLA

DEL TESOROdi

R. L. STEVENSON*

EDIZIONE INTEGRALE

*

TRADUZIONE E INTRODUZIONE DI

ANGIOLO SILVIO NOVARO

Titolo dell’opera originale:TREASURE ISLAND

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L’ISOLA

DEL TESOROdi

R. L. STEVENSON*

EDIZIONE INTEGRALE

*

TRADUZIONE E INTRODUZIONE DI

ANGIOLO SILVIO NOVARO

Titolo dell’opera originale:TREASURE ISLAND

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NOTA

ROBERTO LUIGI STEVENSON nacque a Edimburgo il 13novembre 1850. Suo padre, come già suo nonno, era in-gegnere e costruttore di fari, e sognava di avere in lui uncontinuatore. Ma il figlio non costruí fari, o, se mai,d’altra sorte. A due anni fu affidato alla nutrice AlisonCunningham, soprannominata Cummy. Per nutrice, eradotta. Sapeva a memoria la Bibbia e il Viaggio del Pel-legrino di Bunyan. Ma, ciò che piú conta, possedevauna miniera di storie di spettri e di streghe, di folletti difate che sciorinava con bell’arte di chiaroscuri al piccoloascoltatore. Egli ha l’aria debole e malaticcia. È pallido,ha due occhi fosforescenti. Se il padre chiude uno spiri-to rude, una mente quadrata e una volontà di ferronell’armatura del fisico alto e massiccio, la madre è fra-gile e soave. È lei che ha dato al piccolo Luigi quel puroovale del viso, quegli occhi languidi e lucidi, quei capel-li lunghi e lisci come seta, quell’apparenza quasi femmi-nea, e la gaiezza e l’irrequietudine e la sensibilità tre-mante al minimo soffio, e la capacità e necessità disconfinare nel sogno e nella poesia. A 7 od 8 anni anco-ra non sa leggere e scrivere. A 9 va a scuola, ma preferi-sce le passeggiate con Cummy o le sue corse solitarie. Ilbabbo lo porta con sé nei suoi viaggi. A 13 anni gli si ri-vela la Costa Azzurra. Ne è abbagliato. E si tira dietro,

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NOTA

ROBERTO LUIGI STEVENSON nacque a Edimburgo il 13novembre 1850. Suo padre, come già suo nonno, era in-gegnere e costruttore di fari, e sognava di avere in lui uncontinuatore. Ma il figlio non costruí fari, o, se mai,d’altra sorte. A due anni fu affidato alla nutrice AlisonCunningham, soprannominata Cummy. Per nutrice, eradotta. Sapeva a memoria la Bibbia e il Viaggio del Pel-legrino di Bunyan. Ma, ciò che piú conta, possedevauna miniera di storie di spettri e di streghe, di folletti difate che sciorinava con bell’arte di chiaroscuri al piccoloascoltatore. Egli ha l’aria debole e malaticcia. È pallido,ha due occhi fosforescenti. Se il padre chiude uno spiri-to rude, una mente quadrata e una volontà di ferronell’armatura del fisico alto e massiccio, la madre è fra-gile e soave. È lei che ha dato al piccolo Luigi quel puroovale del viso, quegli occhi languidi e lucidi, quei capel-li lunghi e lisci come seta, quell’apparenza quasi femmi-nea, e la gaiezza e l’irrequietudine e la sensibilità tre-mante al minimo soffio, e la capacità e necessità disconfinare nel sogno e nella poesia. A 7 od 8 anni anco-ra non sa leggere e scrivere. A 9 va a scuola, ma preferi-sce le passeggiate con Cummy o le sue corse solitarie. Ilbabbo lo porta con sé nei suoi viaggi. A 13 anni gli si ri-vela la Costa Azzurra. Ne è abbagliato. E si tira dietro,

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tornando nelle nebbie gelate del suo paese, il tesoro diquella visione e la nostalgia, che lo pungerà tanta partedella vita, per i luoghi del sole. Per ubbidire al padre, siiscrive all’Università, ma presto l’abbandona. No, nonsarà ingegnere. «Che vorrai fare?» chiede TommasoStevenson. «L’avvocato.» Ma sente che non farà nean-che questo. I suoi gusti, la sua natura incostante e biz-zarra avida di violente emozioni, lo sbalestrano nelle piústrane compagnie e torbide strade. Frequenta marinai,vagabondi, contrabbandieri. Siede nelle taverne conloro, s’innamora d’una prostituta, è lí lí per sposarla.Vorrebbe redimerla! Nelle ore meno agitate legge gli au-tori del suo tempo, ma soprattutto le Vite dei pirati e la-dri delle grandi strade di Carlo Johnson. E quando èstanco si rannicchia a Swanston. Swanston, a poche le-ghe da Edimburgo, è l’oasi della voluttà smemorata.Prati verdi, ruscelli fruscianti, belar di greggi, abbaiar dicani, e i fumi che si staccano dal tetto delle case coloni-che e si perdono nell’azzurro. Ma presto le letture sifanno piú intelligenti e nutrienti. Stringe da presso igrandi autori, ne penetra i segreti tecnici. «Vivo» dice«coi vocaboli.» E questa lotta coi vocaboli, questa ricer-ca aspra, instancabile dell’espressione, finisce per esau-rirlo. Il che non gl’impedisce, mentre nel London esco-no le storie che formeranno le Nuove Mille e una notte,e si pubblica il suo volume A filo dell’acqua, di assapo-rare i suoi primi successi. Ne sarebbe contento se, cometutti i predestinati alla gloria, non vivesse nel tormentodelle piú alte ambizioni e nell’ansia e impazienza di una

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tornando nelle nebbie gelate del suo paese, il tesoro diquella visione e la nostalgia, che lo pungerà tanta partedella vita, per i luoghi del sole. Per ubbidire al padre, siiscrive all’Università, ma presto l’abbandona. No, nonsarà ingegnere. «Che vorrai fare?» chiede TommasoStevenson. «L’avvocato.» Ma sente che non farà nean-che questo. I suoi gusti, la sua natura incostante e biz-zarra avida di violente emozioni, lo sbalestrano nelle piústrane compagnie e torbide strade. Frequenta marinai,vagabondi, contrabbandieri. Siede nelle taverne conloro, s’innamora d’una prostituta, è lí lí per sposarla.Vorrebbe redimerla! Nelle ore meno agitate legge gli au-tori del suo tempo, ma soprattutto le Vite dei pirati e la-dri delle grandi strade di Carlo Johnson. E quando èstanco si rannicchia a Swanston. Swanston, a poche le-ghe da Edimburgo, è l’oasi della voluttà smemorata.Prati verdi, ruscelli fruscianti, belar di greggi, abbaiar dicani, e i fumi che si staccano dal tetto delle case coloni-che e si perdono nell’azzurro. Ma presto le letture sifanno piú intelligenti e nutrienti. Stringe da presso igrandi autori, ne penetra i segreti tecnici. «Vivo» dice«coi vocaboli.» E questa lotta coi vocaboli, questa ricer-ca aspra, instancabile dell’espressione, finisce per esau-rirlo. Il che non gl’impedisce, mentre nel London esco-no le storie che formeranno le Nuove Mille e una notte,e si pubblica il suo volume A filo dell’acqua, di assapo-rare i suoi primi successi. Ne sarebbe contento se, cometutti i predestinati alla gloria, non vivesse nel tormentodelle piú alte ambizioni e nell’ansia e impazienza di una

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irraggiungibile vetta. Eccolo in Francia, a Châtillon-sur-Loing arrestato da un gendarme perché privo di docu-menti e vestito come uno spazzacamino, poi a Fontaine-bleau aggregato a una compagnia di pittori. Là incontral’americana Fanny Osbourne che tanto influirà sul suodestino. Fanny è un brillante intelletto e un animo riso-luto. Vede chiaro, e pone i propri disegni al serviziod’una formidabile volontà. Sarà lei che d’ora innanzigovernerà l’uomo senza legge e gl’imporrà di non sper-perare le ricchezze di un talento di prim’ordine in lavorileggeri, slegati, frammentarii, ma di pensare a opere or-ganiche e vaste, di mirare alto, di far grande. Perciò, eperché anche è bella, quantunque con dieci anni piú dilui, e affascinante e tenebrosa, egli ne rimarrà prigionie-ro senza scampo. Ma Fanny non è libera: ha il marito,una figliuola sposata, e un figliuolo che conduce con sé;e ritorna in America. Stevenson compra un’asina persessantacinque franchi e un bicchiere d’acquavite, e ca-valca. Nasce cosí quel Viaggio con un asino nelle Ce-venne, dove il dimesso cavalcatore coglie alcuni dei piúpuri e freschi doni che terra e cielo riserbino al poeta. Alquale s’aprono ormai le porte delle grandi riviste. I mi-gliori autori del tempo: Edmondo Gosse, Andrew Lang,Giorgio Meredith, lo festeggiano. Ma perché Fanny èammalata, corre in America. Da Jersey City a San Fran-cisco, undici giorni di viaggio in compagnia di emigran-ti, in mezzo ad esalazioni pestilenziali di sudore e carneumana e fumo di treno. Ma Fanny non è a San Franci-sco, e lui pesto e affannato si rimette in moto e la rag-

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irraggiungibile vetta. Eccolo in Francia, a Châtillon-sur-Loing arrestato da un gendarme perché privo di docu-menti e vestito come uno spazzacamino, poi a Fontaine-bleau aggregato a una compagnia di pittori. Là incontral’americana Fanny Osbourne che tanto influirà sul suodestino. Fanny è un brillante intelletto e un animo riso-luto. Vede chiaro, e pone i propri disegni al serviziod’una formidabile volontà. Sarà lei che d’ora innanzigovernerà l’uomo senza legge e gl’imporrà di non sper-perare le ricchezze di un talento di prim’ordine in lavorileggeri, slegati, frammentarii, ma di pensare a opere or-ganiche e vaste, di mirare alto, di far grande. Perciò, eperché anche è bella, quantunque con dieci anni piú dilui, e affascinante e tenebrosa, egli ne rimarrà prigionie-ro senza scampo. Ma Fanny non è libera: ha il marito,una figliuola sposata, e un figliuolo che conduce con sé;e ritorna in America. Stevenson compra un’asina persessantacinque franchi e un bicchiere d’acquavite, e ca-valca. Nasce cosí quel Viaggio con un asino nelle Ce-venne, dove il dimesso cavalcatore coglie alcuni dei piúpuri e freschi doni che terra e cielo riserbino al poeta. Alquale s’aprono ormai le porte delle grandi riviste. I mi-gliori autori del tempo: Edmondo Gosse, Andrew Lang,Giorgio Meredith, lo festeggiano. Ma perché Fanny èammalata, corre in America. Da Jersey City a San Fran-cisco, undici giorni di viaggio in compagnia di emigran-ti, in mezzo ad esalazioni pestilenziali di sudore e carneumana e fumo di treno. Ma Fanny non è a San Franci-sco, e lui pesto e affannato si rimette in moto e la rag-

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giunge a Monterey sulla costa del Pacifico. E ora è luiche si ammala, e Fanny da sovrintendente letteraria sitrasmuta in paziente infermiera. Vita nera: miserie e tri-stezze fino ai capelli. Per fortuna il padre lontano se necommuove, e se un giorno ha maledetto e scacciato il fi-gliuolo ateo e dissoluto, ora gli telegrafa il perdono egl’invia denaro. Intanto Fanny ottiene il divorzio. Il 19maggio 1880 egli la sposa, e nell’agosto s’imbarca perl’Inghilterra con lei e il figliastro. I genitori gli vannoincontro a Liverpool e fanno buon viso a Fanny che,aiutata dalla sua fine intelligenza serietà e devozione,entra nelle loro grazie. Egli lavora lavora lavora. Sareb-be felice se i cattivi polmoni non lo facessero tanto sof-frire. Ripara a Davos, e nell’aria pura e sottile e nel si-lenzio e nella solitudine trova conforto e crede di guari-re. Ma il male non gli dà tregua. Fugge a Marsiglia, poia Nizza, infine a Hyères. E di nuovo ricade. Una notte sisveglia con un grido e allaga il letto di sangue. Intanto lasalute di suo padre declina. Per essergli vicino, si instal-la a Bournemouth sul litorale sud dell’Inghilterra. Quiaccorrono celebri visitatori, inglesi e americani. Sargentgli fa il ritratto. A Londra conosce Browning e BurneJones. A Parigi Rodin. Ma quando il padre è morto, ri-solca l’Atlantico. Con Fanny e Lloyd Osbourne conduceanche la madre. A New York è circondato da reporters.Giornali e riviste sollecitano la sua collaborazione apeso d’oro. Fortuna e gloria. La moglie gli prende in af-fitto una villa sulle rive del lago Saranac, dove l’artistapotrà proseguire in quiete e serenità l’opera sua. Ma Ste-

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giunge a Monterey sulla costa del Pacifico. E ora è luiche si ammala, e Fanny da sovrintendente letteraria sitrasmuta in paziente infermiera. Vita nera: miserie e tri-stezze fino ai capelli. Per fortuna il padre lontano se necommuove, e se un giorno ha maledetto e scacciato il fi-gliuolo ateo e dissoluto, ora gli telegrafa il perdono egl’invia denaro. Intanto Fanny ottiene il divorzio. Il 19maggio 1880 egli la sposa, e nell’agosto s’imbarca perl’Inghilterra con lei e il figliastro. I genitori gli vannoincontro a Liverpool e fanno buon viso a Fanny che,aiutata dalla sua fine intelligenza serietà e devozione,entra nelle loro grazie. Egli lavora lavora lavora. Sareb-be felice se i cattivi polmoni non lo facessero tanto sof-frire. Ripara a Davos, e nell’aria pura e sottile e nel si-lenzio e nella solitudine trova conforto e crede di guari-re. Ma il male non gli dà tregua. Fugge a Marsiglia, poia Nizza, infine a Hyères. E di nuovo ricade. Una notte sisveglia con un grido e allaga il letto di sangue. Intanto lasalute di suo padre declina. Per essergli vicino, si instal-la a Bournemouth sul litorale sud dell’Inghilterra. Quiaccorrono celebri visitatori, inglesi e americani. Sargentgli fa il ritratto. A Londra conosce Browning e BurneJones. A Parigi Rodin. Ma quando il padre è morto, ri-solca l’Atlantico. Con Fanny e Lloyd Osbourne conduceanche la madre. A New York è circondato da reporters.Giornali e riviste sollecitano la sua collaborazione apeso d’oro. Fortuna e gloria. La moglie gli prende in af-fitto una villa sulle rive del lago Saranac, dove l’artistapotrà proseguire in quiete e serenità l’opera sua. Ma Ste-

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venson è abbacinato da un sogno: una crociera nei maridel Sud, e questa è l’ora di realizzarlo. Quando nelle ac-que di San Francisco vede dondolare il veliero destinatoa rivelargli le meraviglie dei tropici, ha uno scoppio digioia infantile. Non è il paradiso galleggiante? Attraver-sa il Pacifico, visita la Polinesia e la Micronesia, sostan-do qui o là come l’amore o il capriccio vuole. Gettatal’àncora, vede affollarglisi intorno pacifici e sorridenticannibali dalle carni decorate di tatuaggi, e assiste ailoro riti entrando in familiarità con generose regine e recavallereschi. Le grandi calme marine, i soli accecanti,l’aria immobile arroventata, la lussuosa vegetazione, lenotti vivide di plenilunio o scintillanti delle gemme del-la Croce del Sud: tutto il fascino di un mondo vergineacre mostruoso, dove la natura quasi in delirio sfoggialuci e colori, e fermenti molli e assassini, lo attira e lolega con lacci che la morte soltanto potrà spezzare.

Un giorno dette fondo ad Apia nell’isola di Samoa.Gli piacque un sito in vicinanza del mare sulle falde delmonte Vaea. Comprò il terreno e vi costruí la villettache dai cinque ruscelli che vi scorrevano intorno ebbenome Vailima. Dolce lavorare lí, sotto gli occhi dellamaliarda, tra i canti degli uccelli e l’ombre degli alberidi cocco, di mango, di banane, e gli effluvi delle garde-nie, delle tuberose e dei gelsomini, ripensando magaricon una punta di nostalgia la lontana Scozia, le vie stret-te e scure della vecchia Edimburgo, i prati di Swanstone le fiabe di Cummy che forse ora sorride di compiacen-za rileggendo Il giardino poetico d’un fanciullo che il

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venson è abbacinato da un sogno: una crociera nei maridel Sud, e questa è l’ora di realizzarlo. Quando nelle ac-que di San Francisco vede dondolare il veliero destinatoa rivelargli le meraviglie dei tropici, ha uno scoppio digioia infantile. Non è il paradiso galleggiante? Attraver-sa il Pacifico, visita la Polinesia e la Micronesia, sostan-do qui o là come l’amore o il capriccio vuole. Gettatal’àncora, vede affollarglisi intorno pacifici e sorridenticannibali dalle carni decorate di tatuaggi, e assiste ailoro riti entrando in familiarità con generose regine e recavallereschi. Le grandi calme marine, i soli accecanti,l’aria immobile arroventata, la lussuosa vegetazione, lenotti vivide di plenilunio o scintillanti delle gemme del-la Croce del Sud: tutto il fascino di un mondo vergineacre mostruoso, dove la natura quasi in delirio sfoggialuci e colori, e fermenti molli e assassini, lo attira e lolega con lacci che la morte soltanto potrà spezzare.

Un giorno dette fondo ad Apia nell’isola di Samoa.Gli piacque un sito in vicinanza del mare sulle falde delmonte Vaea. Comprò il terreno e vi costruí la villettache dai cinque ruscelli che vi scorrevano intorno ebbenome Vailima. Dolce lavorare lí, sotto gli occhi dellamaliarda, tra i canti degli uccelli e l’ombre degli alberidi cocco, di mango, di banane, e gli effluvi delle garde-nie, delle tuberose e dei gelsomini, ripensando magaricon una punta di nostalgia la lontana Scozia, le vie stret-te e scure della vecchia Edimburgo, i prati di Swanstone le fiabe di Cummy che forse ora sorride di compiacen-za rileggendo Il giardino poetico d’un fanciullo che il

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poeta le ha dedicato! Dolce, se la morte non stesse inagguato. La sera del 3 dicembre 1894, mentre i suoi ser-vi erano occupati a preparar la tavola, egli si abbatténelle braccia di Fanny. Un colpo di apoplessia l’avevafulminato. Tusitala, il raccontatore di belle storie, comegli indigeni l’avevano battezzato, fu seppellito sullependici del monte come un giorno s’era egli stesso au-gurato.

Under the wide and starry skyDig the grave and let me lie...

Pubblicato da principio nel Young Folks, L’isola delTesoro apparve in volume nel 1883 pei tipi dell’editoreCassel. Successo strepitoso. Andrew Lang perdette latesta fino al punto di paragonarlo con l’Odissea. Altri,con ben altra misura, lo avvicinò a Robinson Crusoe.Comunque sia, resta un capolavoro. Miracolo di vita edi sogno: dove l’aderenza alla realtà è cosí fedele, minu-ta, meticolosa, e il respiro degli orizzonti cosí largo, ilvolo della fantasia cosí libero! Chi parlava ieri di «reali-smo magico» come di una nuova formula d’arte? Il rea-lismo magico è antico quanto Omero. E realismo magi-co è questo di Roberto Stevenson. Tutto è strano, ina-spettato, sorprendente, ciò che accade lí dentro; eppurelogico, naturale, necessario. L’isola uscita dall’immagi-nazione del poeta si dispiega sotto i nostri occhi con laprecisione di una carta plastica: coi suoi seni e promon-torii, monti boschi paludi, stormi d’uccelli acquatici im-

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poeta le ha dedicato! Dolce, se la morte non stesse inagguato. La sera del 3 dicembre 1894, mentre i suoi ser-vi erano occupati a preparar la tavola, egli si abbatténelle braccia di Fanny. Un colpo di apoplessia l’avevafulminato. Tusitala, il raccontatore di belle storie, comegli indigeni l’avevano battezzato, fu seppellito sullependici del monte come un giorno s’era egli stesso au-gurato.

Under the wide and starry skyDig the grave and let me lie...

Pubblicato da principio nel Young Folks, L’isola delTesoro apparve in volume nel 1883 pei tipi dell’editoreCassel. Successo strepitoso. Andrew Lang perdette latesta fino al punto di paragonarlo con l’Odissea. Altri,con ben altra misura, lo avvicinò a Robinson Crusoe.Comunque sia, resta un capolavoro. Miracolo di vita edi sogno: dove l’aderenza alla realtà è cosí fedele, minu-ta, meticolosa, e il respiro degli orizzonti cosí largo, ilvolo della fantasia cosí libero! Chi parlava ieri di «reali-smo magico» come di una nuova formula d’arte? Il rea-lismo magico è antico quanto Omero. E realismo magi-co è questo di Roberto Stevenson. Tutto è strano, ina-spettato, sorprendente, ciò che accade lí dentro; eppurelogico, naturale, necessario. L’isola uscita dall’immagi-nazione del poeta si dispiega sotto i nostri occhi con laprecisione di una carta plastica: coi suoi seni e promon-torii, monti boschi paludi, stormi d’uccelli acquatici im-

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pauriti da un colpo di fucile, e l’incessante rovesciarsidei cavalloni contro la rocciosa costa lontana, con unrimbombo che dà malinconia. L’eroismo del piccolo Ha-wkins è il fatale portato della sua indole di ragazzo difegato, smanioso d’avventure. La diabolica figura di Sil-ver esce dalle pagine col rilievo di una maschia scultura.I personaggi di secondo piano, basta un rapido tocco,una battuta di dialogo, per stamparceli nella memoriadefinitivi. E il paesaggio getta sull’azione i suoi esoticiriverberi. Tutto vibra, brilla, canta, nel tremolío dell’ariainfocata, attraverso le grazie d’uno stile esperto di tutti isegreti e avvivato da un estro ricco di spontaneità e dicalore. Se talvolta lo studio dei particolari sembra ecces-sivo e ingombrante, lo si perdona volentieri all’amorequasi religioso, alla tenerezza e affezione sincera chesono in fondo alle intenzioni dello scrittore come unomaggio alla vita, e ne guidano la mano gentile.

Ricercando derivazioni e influenze d’altri autori nelNostro, la critica ha fatto specialmente i nomi degliamericani Charles Warren Stoddard e Hermann Melvil-le. Si sa d’altra parte che lo Stevenson leggeva molto, ese da ragazzo s’era imbevuto di Dumas padre e di Scott,piú tardi diligeva i classici e massime francesi. In realtà,si è sempre figli di qualcuno. Cosí come alla propriavolta si è padri. E se è vero che Stevenson discende dataluno dei nominati, non è meno vero che Conrad e JackLondon discendono da lui. Ma egli si erge e campeggiapur sempre nel suo tempo col profilo della sua netta in-confondibile personalità, e con la sua umana e luminosa

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pauriti da un colpo di fucile, e l’incessante rovesciarsidei cavalloni contro la rocciosa costa lontana, con unrimbombo che dà malinconia. L’eroismo del piccolo Ha-wkins è il fatale portato della sua indole di ragazzo difegato, smanioso d’avventure. La diabolica figura di Sil-ver esce dalle pagine col rilievo di una maschia scultura.I personaggi di secondo piano, basta un rapido tocco,una battuta di dialogo, per stamparceli nella memoriadefinitivi. E il paesaggio getta sull’azione i suoi esoticiriverberi. Tutto vibra, brilla, canta, nel tremolío dell’ariainfocata, attraverso le grazie d’uno stile esperto di tutti isegreti e avvivato da un estro ricco di spontaneità e dicalore. Se talvolta lo studio dei particolari sembra ecces-sivo e ingombrante, lo si perdona volentieri all’amorequasi religioso, alla tenerezza e affezione sincera chesono in fondo alle intenzioni dello scrittore come unomaggio alla vita, e ne guidano la mano gentile.

Ricercando derivazioni e influenze d’altri autori nelNostro, la critica ha fatto specialmente i nomi degliamericani Charles Warren Stoddard e Hermann Melvil-le. Si sa d’altra parte che lo Stevenson leggeva molto, ese da ragazzo s’era imbevuto di Dumas padre e di Scott,piú tardi diligeva i classici e massime francesi. In realtà,si è sempre figli di qualcuno. Cosí come alla propriavolta si è padri. E se è vero che Stevenson discende dataluno dei nominati, non è meno vero che Conrad e JackLondon discendono da lui. Ma egli si erge e campeggiapur sempre nel suo tempo col profilo della sua netta in-confondibile personalità, e con la sua umana e luminosa

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figura di raccontatore e di poeta.

ANGIOLO SILVIO NOVARO

Buona parte delle notizie sulla vita ho attinte dal dili-gente volume di JEAN-MARIE CARRÉ, La Vie de R. L. Ste-venson, N. R. F. Gallimard, Parigi, 1929.

A.S.N.

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figura di raccontatore e di poeta.

ANGIOLO SILVIO NOVARO

Buona parte delle notizie sulla vita ho attinte dal dili-gente volume di JEAN-MARIE CARRÉ, La Vie de R. L. Ste-venson, N. R. F. Gallimard, Parigi, 1929.

A.S.N.

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L’ISOLA DEL TESORO

AS. L. O.

GENTILUOMO AMERICANOIN RICAMBIO DI MOLTE PIACEVOLI ORE

E COI PIÚ CARI AUGURÎIL SEGUENTE RACCONTO DISEGNATO

IN ARMONIA COL SUO CLASSICO GUSTOL’AFFEZIONATO AMICO AUTORE

DEDICA

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L’ISOLA DEL TESORO

AS. L. O.

GENTILUOMO AMERICANOIN RICAMBIO DI MOLTE PIACEVOLI ORE

E COI PIÚ CARI AUGURÎIL SEGUENTE RACCONTO DISEGNATO

IN ARMONIA COL SUO CLASSICO GUSTOL’AFFEZIONATO AMICO AUTORE

DEDICA

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ALL’ESITANTE ACQUISITORE

Storie marine in marinaresco tonoE tempeste e avventure e caldi e geli

E bastimenti ed isole e crudeliPiraterie, ed interrato oro,

Ed ogni vecchia favola ridettaNei precisi antichi modi:

Se tutto ciò, come a me piacque un tempo,Piaccia ai piú savî giovani d’oggi:

Cosí sia, cosi accada! – Ma se no,Se il giovane saputo non piú brama,

Gli antichi amori suoi dimenticò,Kingston, o Ballantine il valoroso,

O Cooper dalla selva e dal maroso:Cosí pur sia! E rassegnato io possa

E i miei pirati entrare nella fossaOve dormono quelli e lor fantasmi!

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ALL’ESITANTE ACQUISITORE

Storie marine in marinaresco tonoE tempeste e avventure e caldi e geli

E bastimenti ed isole e crudeliPiraterie, ed interrato oro,

Ed ogni vecchia favola ridettaNei precisi antichi modi:

Se tutto ciò, come a me piacque un tempo,Piaccia ai piú savî giovani d’oggi:

Cosí sia, cosi accada! – Ma se no,Se il giovane saputo non piú brama,

Gli antichi amori suoi dimenticò,Kingston, o Ballantine il valoroso,

O Cooper dalla selva e dal maroso:Cosí pur sia! E rassegnato io possa

E i miei pirati entrare nella fossaOve dormono quelli e lor fantasmi!

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PARTE PRIMAIL VECCHIO FILIBUSTIERE

IIL VECCHIO LUPO DI MARE

ALL’“AMMIRAGLIO BENBOW”

Pregato dal cav. Trelawney, dal dr. Livesey e dal restodella brigata, di scrivere la storia della nostra avventuraall’Isola del Tesoro, con tutti i suoi particolari, nessunoeccettuato, salvo la posizione dell’isola; e ciò perchéuna parte del tesoro ancora vi è nascosta, – io prendo lapenna nell’anno di grazia 17... e mi rifò dal tempo quan-do il mio babbo teneva la locanda dell’“AmmiraglioBenbow” e il vecchio uomo di mare dal viso abbronzatoe sfregiato da un colpo di sciabola prese alloggio pressodi noi.

Lo ricordo come fosse ieri, quando entrò con quel suopasso pesante, seguito dalla carriuola che portava il bau-le. Alto, poderoso, bruno, con un codino incatramatoche gli ricadeva sopra il suo bisunto abito blu: le manirugose e ragnate di cicatrici, dall’unghie rotte e orlate dinero; e, attraverso la guancia, il taglio del colpo di scia-bola d’un bianco livido e sporco. Roteò in giro

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PARTE PRIMAIL VECCHIO FILIBUSTIERE

IIL VECCHIO LUPO DI MARE

ALL’“AMMIRAGLIO BENBOW”

Pregato dal cav. Trelawney, dal dr. Livesey e dal restodella brigata, di scrivere la storia della nostra avventuraall’Isola del Tesoro, con tutti i suoi particolari, nessunoeccettuato, salvo la posizione dell’isola; e ciò perchéuna parte del tesoro ancora vi è nascosta, – io prendo lapenna nell’anno di grazia 17... e mi rifò dal tempo quan-do il mio babbo teneva la locanda dell’“AmmiraglioBenbow” e il vecchio uomo di mare dal viso abbronzatoe sfregiato da un colpo di sciabola prese alloggio pressodi noi.

Lo ricordo come fosse ieri, quando entrò con quel suopasso pesante, seguito dalla carriuola che portava il bau-le. Alto, poderoso, bruno, con un codino incatramatoche gli ricadeva sopra il suo bisunto abito blu: le manirugose e ragnate di cicatrici, dall’unghie rotte e orlate dinero; e, attraverso la guancia, il taglio del colpo di scia-bola d’un bianco livido e sporco. Roteò in giro

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un’occhiata fischiettando fra sé, e poi, con la sua vec-chia stridula e tremula voce ritmata e arrochita dalle ma-novre dell’àrgano, intonò quell’antica canzone di mareche doveva piú tardi cosí spesso percuotere i nostriorecchi:

Quindici sopra il baule del morto,Quindici uomini yò-hò-hò,E una bottiglia di rum per conforto!

Poi con un pezzo di bastone simile a una manovellabatté contro la porta, e come il mio babbo apparve, ordi-nò bruscamente un bicchiere di rum. Appena gli fu por-tato, lo bevve lentamente assaporandolo all’uso de’ co-noscitori, e intanto seguitava a guardare intorno a séesaminando le colline e la nostra insegna.

«Questo è un luogo adatto» disse alfine «e ottima-mente situato. Molta gente, amico mio?»

Mio padre rispose che no; poca assai: una desolazio-ne.

«Bene. È l’ancoraggio che fa per me. Ehi, tu» gridòall’uomo della carriuola «vieni, e aiuta a portar su il miobaule. Resterò qui un pezzetto» continuò. «Sono unuomo alla buona, io: rum, prosciutto, uova: altro non mibisogna, e quella punta lassú per osservar le navi chepassano. Il mio nome? Capitano, potete chiamarmi. Ah,capisco, capisco ciò che vi preoccupa... Prendete!» Egittò sul banco tre o quattro monete d’oro. «Mi avverti-rete quando sarà finito» aggiunse, con una sguardata fie-

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un’occhiata fischiettando fra sé, e poi, con la sua vec-chia stridula e tremula voce ritmata e arrochita dalle ma-novre dell’àrgano, intonò quell’antica canzone di mareche doveva piú tardi cosí spesso percuotere i nostriorecchi:

Quindici sopra il baule del morto,Quindici uomini yò-hò-hò,E una bottiglia di rum per conforto!

Poi con un pezzo di bastone simile a una manovellabatté contro la porta, e come il mio babbo apparve, ordi-nò bruscamente un bicchiere di rum. Appena gli fu por-tato, lo bevve lentamente assaporandolo all’uso de’ co-noscitori, e intanto seguitava a guardare intorno a séesaminando le colline e la nostra insegna.

«Questo è un luogo adatto» disse alfine «e ottima-mente situato. Molta gente, amico mio?»

Mio padre rispose che no; poca assai: una desolazio-ne.

«Bene. È l’ancoraggio che fa per me. Ehi, tu» gridòall’uomo della carriuola «vieni, e aiuta a portar su il miobaule. Resterò qui un pezzetto» continuò. «Sono unuomo alla buona, io: rum, prosciutto, uova: altro non mibisogna, e quella punta lassú per osservar le navi chepassano. Il mio nome? Capitano, potete chiamarmi. Ah,capisco, capisco ciò che vi preoccupa... Prendete!» Egittò sul banco tre o quattro monete d’oro. «Mi avverti-rete quando sarà finito» aggiunse, con una sguardata fie-

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ra, da comandante.In verità, malgrado i suoi abiti frusti e il suo rozzo

parlare, egli non aveva l’aria d’un marinaio: si sarebbepiuttosto detto un secondo o un padrone di nave, abitua-to a vedersi ubbidito o a picchiare. L’uomo della car-riuola ci riferí ch’era sbarcato dalla corriera la mattinadianzi al “Giorgio Reale”, che s’era informato degli al-berghi lungo la costa, e udito parlar bene del nostro, loaveva prescelto in grazia del suo isolamento. Questo fututto quanto potemmo sapere sul conto del nostro ospite.

Egli era assai taciturno. Passava la sua giornata giron-zolando intorno alla cala, o per le colline, provvistod’un cannocchiale marino; e tutta la sera rimaneva in unangolo della sala accanto al fuoco, a bere dei grog moltoforti. A chi gli rivolgeva la parola evitava per lo piú dirispondere: dava una rapida e irosa guardata, e soffiavaper le nari come una tromba d’allarme; sicché tanto noiche gli avventori imparammo presto a lasciarlo stare.Ogni giorno, quando rientrava dalla sua passeggiata,non tralasciava di chiedere se qualche marinaio si fossevisto lungo la strada. Noi credevamo dapprima fosse lamancanza d’una compagnia di gente della sua specieche lo spingesse a tali domande; finimmo però col capi-re che, al contrario, ciò che gli premeva era evitare in-contri. Quando un marinaio scendeva all’“AmmiraglioBenbow” (come talvolta accadeva a chi recavasi a Bri-stol per la strada costiera) egli guatava il nuovo arrivatoattraverso la cortina dell’uscio prima di decidersi a pas-sar nella sala, e finché quello non alzava i tacchi, stava

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ra, da comandante.In verità, malgrado i suoi abiti frusti e il suo rozzo

parlare, egli non aveva l’aria d’un marinaio: si sarebbepiuttosto detto un secondo o un padrone di nave, abitua-to a vedersi ubbidito o a picchiare. L’uomo della car-riuola ci riferí ch’era sbarcato dalla corriera la mattinadianzi al “Giorgio Reale”, che s’era informato degli al-berghi lungo la costa, e udito parlar bene del nostro, loaveva prescelto in grazia del suo isolamento. Questo fututto quanto potemmo sapere sul conto del nostro ospite.

Egli era assai taciturno. Passava la sua giornata giron-zolando intorno alla cala, o per le colline, provvistod’un cannocchiale marino; e tutta la sera rimaneva in unangolo della sala accanto al fuoco, a bere dei grog moltoforti. A chi gli rivolgeva la parola evitava per lo piú dirispondere: dava una rapida e irosa guardata, e soffiavaper le nari come una tromba d’allarme; sicché tanto noiche gli avventori imparammo presto a lasciarlo stare.Ogni giorno, quando rientrava dalla sua passeggiata,non tralasciava di chiedere se qualche marinaio si fossevisto lungo la strada. Noi credevamo dapprima fosse lamancanza d’una compagnia di gente della sua specieche lo spingesse a tali domande; finimmo però col capi-re che, al contrario, ciò che gli premeva era evitare in-contri. Quando un marinaio scendeva all’“AmmiraglioBenbow” (come talvolta accadeva a chi recavasi a Bri-stol per la strada costiera) egli guatava il nuovo arrivatoattraverso la cortina dell’uscio prima di decidersi a pas-sar nella sala, e finché quello non alzava i tacchi, stava

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muto come un pesce. Codesto contegno non aveva pe-raltro nulla di misterioso ai miei occhi, giacché io incerto modo dividevo le preoccupazioni del capitano. Ungiorno tirandomi in disparte m’aveva promesso un pez-zo d’argento di quattro pence per ogni primo del mese, apatto ch’io facessi buona guardia e l’avvisassi non appe-na comparisse un “marinaio con una gamba sola”. Spes-so accadeva che giungeva il primo del mese, ed io dove-va richiedergli il mio salario: egli allora mi rispondevacon quel suo pauroso soffiare attraverso le nari, e conuna guardataccia che mi atterriva: ma la settimana nonpassava mai senza ch’egli si ravvedesse e mi rimettessei miei quattro pence ripetendomi l’ordine di stare attentoal marinaio con una gamba sola.

Non saprei dire come questo personaggio fosse di-ventato l’incubo dei miei sogni. Nelle notti di tempesta,quando il vento scoteva i quattro canti della casa e i ca-valloni infuriati mugghiavano lungo la cala e contro lerupi, io me lo vedevo apparir dinanzi in mille forme econ mille diaboliche espressioni. Ora aveva la gamba ta-gliata fino al ginocchio, ora fino all’anca; ora non erapiú uomo, ma una sorta di mostro nato proprio cosí, conuna gamba sola, e questa nel bel mezzo del corpo. Ve-derlo saltare, correre e inseguirmi scavalcando siepi efossati, era il piú tremendo degli incubi. E cosí, con talibieche visioni, io pagavo abbastanza caro il premio deimiei quattro pence mensili.

Ma, curioso a dirsi, malgrado il terrore che il marina-io dalla gamba sola m’incuteva, io ero poi di fronte al

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muto come un pesce. Codesto contegno non aveva pe-raltro nulla di misterioso ai miei occhi, giacché io incerto modo dividevo le preoccupazioni del capitano. Ungiorno tirandomi in disparte m’aveva promesso un pez-zo d’argento di quattro pence per ogni primo del mese, apatto ch’io facessi buona guardia e l’avvisassi non appe-na comparisse un “marinaio con una gamba sola”. Spes-so accadeva che giungeva il primo del mese, ed io dove-va richiedergli il mio salario: egli allora mi rispondevacon quel suo pauroso soffiare attraverso le nari, e conuna guardataccia che mi atterriva: ma la settimana nonpassava mai senza ch’egli si ravvedesse e mi rimettessei miei quattro pence ripetendomi l’ordine di stare attentoal marinaio con una gamba sola.

Non saprei dire come questo personaggio fosse di-ventato l’incubo dei miei sogni. Nelle notti di tempesta,quando il vento scoteva i quattro canti della casa e i ca-valloni infuriati mugghiavano lungo la cala e contro lerupi, io me lo vedevo apparir dinanzi in mille forme econ mille diaboliche espressioni. Ora aveva la gamba ta-gliata fino al ginocchio, ora fino all’anca; ora non erapiú uomo, ma una sorta di mostro nato proprio cosí, conuna gamba sola, e questa nel bel mezzo del corpo. Ve-derlo saltare, correre e inseguirmi scavalcando siepi efossati, era il piú tremendo degli incubi. E cosí, con talibieche visioni, io pagavo abbastanza caro il premio deimiei quattro pence mensili.

Ma, curioso a dirsi, malgrado il terrore che il marina-io dalla gamba sola m’incuteva, io ero poi di fronte al

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capitano in persona il meno pauroso fra tutti quantil’avvicinavano.

Certe sere egli beveva assai piú grog che non potesseportare; allora si tratteneva lí a cantar le sue vecchie, si-nistre, selvagge canzoni di mare non curandosi d’alcu-no; altre volte offriva da bere in giro e costringeva la in-timidita brigata ad ascoltar le sue storie o accompagnarein coro i suoi ritornelli. Quante volte ho udito la casarintronare di Yò-hò-hò e una bottiglia di rum, mentre ivicini, col timor della morte sul capo, l’accompagnava-no con tutta l’anima, cercando ognuno di superarel’altro, a scanso di appunti! Perché in questi accessi egliera l’uomo piú insolente e prepotente del mondo: oraimponeva silenzio battendo con la palma sulla tavola,ora pigliava fuoco per una domanda che gli era rivolta,o perché nessuno osservava nulla, il che per lui era se-gno che la compagnia non s’interessava al racconto. Enon tollerava che si lasciasse la sala prima che egli ub-briaco fradicio non avesse, barcolloni, raggiunto il suoletto.

Ciò che soprattutto sbigottiva l’uditorio erano le suestorie. Spaventevoli storie d’impiccagioni, d’annega-menti, di burrasche di mare, dell’Isole delle Tartarughe,e di gesta e luoghi selvaggi in terre spagnuole. A sentirlui, era vissuto fra la piú dannata genía che Iddio semi-nasse pei mari; e il suo linguaggio brutale urtava i nostrisemplici paesani quasi al paro dei delitti ch’egli descri-veva. Mio padre sempre andava lamentando chequell’uomo sarebbe la rovina dell’albergo, poiché ben

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capitano in persona il meno pauroso fra tutti quantil’avvicinavano.

Certe sere egli beveva assai piú grog che non potesseportare; allora si tratteneva lí a cantar le sue vecchie, si-nistre, selvagge canzoni di mare non curandosi d’alcu-no; altre volte offriva da bere in giro e costringeva la in-timidita brigata ad ascoltar le sue storie o accompagnarein coro i suoi ritornelli. Quante volte ho udito la casarintronare di Yò-hò-hò e una bottiglia di rum, mentre ivicini, col timor della morte sul capo, l’accompagnava-no con tutta l’anima, cercando ognuno di superarel’altro, a scanso di appunti! Perché in questi accessi egliera l’uomo piú insolente e prepotente del mondo: oraimponeva silenzio battendo con la palma sulla tavola,ora pigliava fuoco per una domanda che gli era rivolta,o perché nessuno osservava nulla, il che per lui era se-gno che la compagnia non s’interessava al racconto. Enon tollerava che si lasciasse la sala prima che egli ub-briaco fradicio non avesse, barcolloni, raggiunto il suoletto.

Ciò che soprattutto sbigottiva l’uditorio erano le suestorie. Spaventevoli storie d’impiccagioni, d’annega-menti, di burrasche di mare, dell’Isole delle Tartarughe,e di gesta e luoghi selvaggi in terre spagnuole. A sentirlui, era vissuto fra la piú dannata genía che Iddio semi-nasse pei mari; e il suo linguaggio brutale urtava i nostrisemplici paesani quasi al paro dei delitti ch’egli descri-veva. Mio padre sempre andava lamentando chequell’uomo sarebbe la rovina dell’albergo, poiché ben

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presto la gente si stancherebbe di venir lí per essere ti-ranneggiata, avvilita e spedita a battere i denti nei propriletti; ma io credo invece che la sua presenza ci fosseprofittevole. È vero che sul momento gli avventori rima-nevan male; ma poi provavano non so che gusto a tor-narci su col pensiero, e quasi amavano ciò che dava unascossa alla monotona e sonnacchiosa vita del paese.C’era persino tra i piú giovani chi per lui ostentava am-mirazione, qualificandolo “un vero lupo di mare”, un“autentico tizzo d’inferno”, e dicendo ch’eran gli uomi-ni di siffatta tempra che rendevan l’Inghilterra formida-bile sul mare.

Veramente, in certo modo, egli lavorava alla nostrarovina, giacché settimane e settimane e poi mesi e mesisi susseguivano senza ch’egli desse segno di voler slog-giare, e intanto da lunga pezza la sua moneta era consu-mata e a mio padre non bastava l’animo di insistere peraverne dell’altra. Se appena egli vi alludeva, il capitanosoffiava attraverso il naso talmente forte che pareva rug-gisse, e con una fulminante occhiata cacciava via dallasala il mio povero babbo. Io lo vedevo, il mio babbo, di-sperato torcersi le mani dopo tali rabbuffi, e credo chel’affanno e il terrore nei quali viveva affrettassero gran-demente la sua immatura e disgraziata fine.

Tutto il tempo che rimase con noi il capitano nonmutò mai nulla del suo vestiario, eccetto qualche calzacomprata da un merciaio ambulante. Uno degli angolidel suo cappello a tricorno essendosi rotto, egli lo la-sciava spenzolar giú sebbene gli desse abbastanza noia

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presto la gente si stancherebbe di venir lí per essere ti-ranneggiata, avvilita e spedita a battere i denti nei propriletti; ma io credo invece che la sua presenza ci fosseprofittevole. È vero che sul momento gli avventori rima-nevan male; ma poi provavano non so che gusto a tor-narci su col pensiero, e quasi amavano ciò che dava unascossa alla monotona e sonnacchiosa vita del paese.C’era persino tra i piú giovani chi per lui ostentava am-mirazione, qualificandolo “un vero lupo di mare”, un“autentico tizzo d’inferno”, e dicendo ch’eran gli uomi-ni di siffatta tempra che rendevan l’Inghilterra formida-bile sul mare.

Veramente, in certo modo, egli lavorava alla nostrarovina, giacché settimane e settimane e poi mesi e mesisi susseguivano senza ch’egli desse segno di voler slog-giare, e intanto da lunga pezza la sua moneta era consu-mata e a mio padre non bastava l’animo di insistere peraverne dell’altra. Se appena egli vi alludeva, il capitanosoffiava attraverso il naso talmente forte che pareva rug-gisse, e con una fulminante occhiata cacciava via dallasala il mio povero babbo. Io lo vedevo, il mio babbo, di-sperato torcersi le mani dopo tali rabbuffi, e credo chel’affanno e il terrore nei quali viveva affrettassero gran-demente la sua immatura e disgraziata fine.

Tutto il tempo che rimase con noi il capitano nonmutò mai nulla del suo vestiario, eccetto qualche calzacomprata da un merciaio ambulante. Uno degli angolidel suo cappello a tricorno essendosi rotto, egli lo la-sciava spenzolar giú sebbene gli desse abbastanza noia

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quando tirava vento. Rivedo l’aspetto dell’abito ch’eglistesso rappezzava nella sua stanza di sopra e che, giàprima della fine, era un mosaico di toppe. Mai scrisse néricevette una lettera; mai parlava con alcuno fuorché coivicini; e con questi, per lo piú, solo quand’era ubbriacodi rum. Nessuno di noi mai aveva visto aperto il grossobaule marino.

Una volta soltanto il nostro uomo trovò chi gli tennetesta, e fu verso la fine, quando il mio povero babbo eragià molto minato dal male che doveva condurlo allatomba. Il dottor Livesey giunse a sera a veder l’infermo;si fece servire un boccone da mia madre, poi se ne andòa fumare una pipata nella sala, in attesa che il suo caval-lo gli fosse ricondotto dal villaggio, giacché al vecchio“Benbow” non avevamo stallaggio. Io ve lo seguii, erammento ancora lo stridente contrasto che faceva il lin-do e rilisciato dottore con la sua parrucca candida comeneve, i suoi neri e scintillanti occhi e le sue compite ma-niere, con la rustica popolaglia e soprattutto con quel su-cido torvo e repugnante spauracchio di pirata, acciacca-to laggiú in quel canto dal rum, con le braccia sulla ta-vola. D’improvviso costui – dico il capitano – intonò lasua eterna canzone:

Quindici sopra il baule del morto,Yò-hò-hò – e una bottiglia di rum!Satana agli altri non ha fatto torto,Con la bevanda li ha spediti in porto.Yò-hò-hò, e una bottiglia di rum!

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quando tirava vento. Rivedo l’aspetto dell’abito ch’eglistesso rappezzava nella sua stanza di sopra e che, giàprima della fine, era un mosaico di toppe. Mai scrisse néricevette una lettera; mai parlava con alcuno fuorché coivicini; e con questi, per lo piú, solo quand’era ubbriacodi rum. Nessuno di noi mai aveva visto aperto il grossobaule marino.

Una volta soltanto il nostro uomo trovò chi gli tennetesta, e fu verso la fine, quando il mio povero babbo eragià molto minato dal male che doveva condurlo allatomba. Il dottor Livesey giunse a sera a veder l’infermo;si fece servire un boccone da mia madre, poi se ne andòa fumare una pipata nella sala, in attesa che il suo caval-lo gli fosse ricondotto dal villaggio, giacché al vecchio“Benbow” non avevamo stallaggio. Io ve lo seguii, erammento ancora lo stridente contrasto che faceva il lin-do e rilisciato dottore con la sua parrucca candida comeneve, i suoi neri e scintillanti occhi e le sue compite ma-niere, con la rustica popolaglia e soprattutto con quel su-cido torvo e repugnante spauracchio di pirata, acciacca-to laggiú in quel canto dal rum, con le braccia sulla ta-vola. D’improvviso costui – dico il capitano – intonò lasua eterna canzone:

Quindici sopra il baule del morto,Yò-hò-hò – e una bottiglia di rum!Satana agli altri non ha fatto torto,Con la bevanda li ha spediti in porto.Yò-hò-hò, e una bottiglia di rum!

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Io avevo da prima creduto che il “baule del morto”fosse la stessa grossa cassa ch’egli teneva di sopra nellastanza davanti; e questa idea s’era fusa nei miei incubicon l’immagine del marinaio dalla gamba sola. Ma dalungo tempo ormai noi avevamo cessato di far attenzio-ne al ritornello; solo agli orecchi del dottor Liveseyquella sera giungeva nuovo; ed io m’accorsidell’impressione tutt’altro che gradevole ch’egli ne rice-veva, giacché alzò gli occhi e guardò per un momentocon aria irritata prima di decidersi a seguitar col vecchiogiardiniere Taylor il suo discorso intorno a una nuovacura delle affezioni reumatiche. Frattanto il capitanos’andava accendendo della sua musica e alzando il tono;e alla fine schiaffò sulla tavola con la palma quel tal col-po che noi tutti sapevamo significava: Silenzio! Nessu-na voce fu piú udita, ad eccezione di quella del dottorLivesey, che seguitò a parlare come prima, chiaro e cor-tese, tirando tra una frase e l’altra una vistosa boccata difumo. Il capitano lo fissò bieco un istante, batté un nuo-vo colpo con la palma, gli lanciò un’altra occhiataccia,e, accompagnando la frase con una triviale bestemmia,gridò:

«Silenzio, laggiú a prua!»«È a me che il signore intende parlare?» disse il dot-

tore; e non appena il ribaldo gli ebbe, con un’altra be-stemmia, risposto affermativamente, «io non ho che unacosa da dirvi» replicò il dottore «ed è che se voi conti-nuate a tracannare rum, il mondo sarà presto liberato dauno schifoso miserabile.»

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Io avevo da prima creduto che il “baule del morto”fosse la stessa grossa cassa ch’egli teneva di sopra nellastanza davanti; e questa idea s’era fusa nei miei incubicon l’immagine del marinaio dalla gamba sola. Ma dalungo tempo ormai noi avevamo cessato di far attenzio-ne al ritornello; solo agli orecchi del dottor Liveseyquella sera giungeva nuovo; ed io m’accorsidell’impressione tutt’altro che gradevole ch’egli ne rice-veva, giacché alzò gli occhi e guardò per un momentocon aria irritata prima di decidersi a seguitar col vecchiogiardiniere Taylor il suo discorso intorno a una nuovacura delle affezioni reumatiche. Frattanto il capitanos’andava accendendo della sua musica e alzando il tono;e alla fine schiaffò sulla tavola con la palma quel tal col-po che noi tutti sapevamo significava: Silenzio! Nessu-na voce fu piú udita, ad eccezione di quella del dottorLivesey, che seguitò a parlare come prima, chiaro e cor-tese, tirando tra una frase e l’altra una vistosa boccata difumo. Il capitano lo fissò bieco un istante, batté un nuo-vo colpo con la palma, gli lanciò un’altra occhiataccia,e, accompagnando la frase con una triviale bestemmia,gridò:

«Silenzio, laggiú a prua!»«È a me che il signore intende parlare?» disse il dot-

tore; e non appena il ribaldo gli ebbe, con un’altra be-stemmia, risposto affermativamente, «io non ho che unacosa da dirvi» replicò il dottore «ed è che se voi conti-nuate a tracannare rum, il mondo sarà presto liberato dauno schifoso miserabile.»

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Spaventevole fu lo scoppio d’ira del vecchio gagliof-fo. Scattò in piedi, trasse e aprí un coltello a serramani-co, e bilanciandolo sulla palma della mano, stava per in-chiodare al muro l’avversario.

Il dottore non si mosse. Parlandogli di sopra la spalla,con lo stesso tono di voce, piuttosto rinforzato, permodo che l’intiera sala potesse udire, ma perfettamentetranquillo e fermo, disse:

«Se non rimettete immediatamente in tasca quel col-tello, vi giuro sul mio onore che alle prossime assise sa-rete impiccato.»

Seguí tra i due una battaglia di sguardi: ma presto ilcapitano si arrese: ripose l’arma e riprese il suo postotremando come un can battuto.

«E ora, signore» continuò il dottore «dal momentoche io so che razza d’arnese c’è nel mio distretto, potetestar sicuro che sarete sorvegliato giorno e notte. Io nonsono soltanto dottore: sono anche magistrato, e se appe-na mi giunge una lagnanza sul conto vostro, fosse maga-ri per una smargiassata come quella di stasera, provve-derò a farvi spazzar via di qui. Siete avvisato.»

Poco dopo il cavallo del dottor Livesey giunse allaporta, ed egli partí; ma per quella sera e molt’altre suc-cessive il capitano rimase tranquillo.

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Spaventevole fu lo scoppio d’ira del vecchio gagliof-fo. Scattò in piedi, trasse e aprí un coltello a serramani-co, e bilanciandolo sulla palma della mano, stava per in-chiodare al muro l’avversario.

Il dottore non si mosse. Parlandogli di sopra la spalla,con lo stesso tono di voce, piuttosto rinforzato, permodo che l’intiera sala potesse udire, ma perfettamentetranquillo e fermo, disse:

«Se non rimettete immediatamente in tasca quel col-tello, vi giuro sul mio onore che alle prossime assise sa-rete impiccato.»

Seguí tra i due una battaglia di sguardi: ma presto ilcapitano si arrese: ripose l’arma e riprese il suo postotremando come un can battuto.

«E ora, signore» continuò il dottore «dal momentoche io so che razza d’arnese c’è nel mio distretto, potetestar sicuro che sarete sorvegliato giorno e notte. Io nonsono soltanto dottore: sono anche magistrato, e se appe-na mi giunge una lagnanza sul conto vostro, fosse maga-ri per una smargiassata come quella di stasera, provve-derò a farvi spazzar via di qui. Siete avvisato.»

Poco dopo il cavallo del dottor Livesey giunse allaporta, ed egli partí; ma per quella sera e molt’altre suc-cessive il capitano rimase tranquillo.

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IICAN-NERO APPARE E SCOMPARE

Poco tempo dopo ciò, occorse il primo di quei miste-riosi eventi che dovevano finalmente sbarazzarci del ca-pitano se pure non, come vedremo, delle conseguenzedella sua presenza. Entrava allora un rigidissimo inver-no, con lunghe aspre gelate e violente bufere; e fin dalprincipio apparve chiaro che il mio povero babbo diffi-cilmente vedrebbe la primavera. Di giorno in giorno de-clinava, e mia madre ed io, con sulle braccia il pesodell’albergo, eravamo troppo occupati per prestare at-tenzione al nostro fastidioso ospite.

Era un mattino di gennaio, assai per tempo, con unfreddo che passava l’ossa, e tutta la baia biancheggiavadi brina; le onde baciavano dolcemente i ciottoli dellariva, e il sole ancora basso dorava appena la cresta dellecolline e riluceva lontano sul mare. Il capitano levatosipiú presto del solito era sceso alla spiaggia col suo col-tellaccio dondolante sotto le larghe falde del suo abitoblu, il cannocchiale sotto l’ascella, e il tricorno buttatoindietro sulla nuca. Vedo ancora il suo alito ondeggiarein aria dietro a lui come fumo mentre egli si allontanavarapidamente. L’ultimo suono che giunse ai miei orecchimentre egli girava dietro la grande rupe, fu un potentesbuffo d’ira, come s’egli ancora fosse travagliato dalpensiero del dottor Livesey.

Mia madre era in quel momento disopra col babbo;ed io stavo apparecchiando la tavola per la colazione del

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IICAN-NERO APPARE E SCOMPARE

Poco tempo dopo ciò, occorse il primo di quei miste-riosi eventi che dovevano finalmente sbarazzarci del ca-pitano se pure non, come vedremo, delle conseguenzedella sua presenza. Entrava allora un rigidissimo inver-no, con lunghe aspre gelate e violente bufere; e fin dalprincipio apparve chiaro che il mio povero babbo diffi-cilmente vedrebbe la primavera. Di giorno in giorno de-clinava, e mia madre ed io, con sulle braccia il pesodell’albergo, eravamo troppo occupati per prestare at-tenzione al nostro fastidioso ospite.

Era un mattino di gennaio, assai per tempo, con unfreddo che passava l’ossa, e tutta la baia biancheggiavadi brina; le onde baciavano dolcemente i ciottoli dellariva, e il sole ancora basso dorava appena la cresta dellecolline e riluceva lontano sul mare. Il capitano levatosipiú presto del solito era sceso alla spiaggia col suo col-tellaccio dondolante sotto le larghe falde del suo abitoblu, il cannocchiale sotto l’ascella, e il tricorno buttatoindietro sulla nuca. Vedo ancora il suo alito ondeggiarein aria dietro a lui come fumo mentre egli si allontanavarapidamente. L’ultimo suono che giunse ai miei orecchimentre egli girava dietro la grande rupe, fu un potentesbuffo d’ira, come s’egli ancora fosse travagliato dalpensiero del dottor Livesey.

Mia madre era in quel momento disopra col babbo;ed io stavo apparecchiando la tavola per la colazione del

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capitano, quando l’uscio della sala si aperse, ed uno sco-nosciuto si fece avanti. Era pallido come cera; due ditagli mancavano alla mano sinistra; e, per quanto portasseun coltellaccio, non pareva troppo aggressivo. Ma io do-vevo pur tener d’occhio la gente di mare, sia con unasola gamba che con due, e quella apparizione mi scon-certò. Egli non aveva l’aria di marinaio; pure, non soquale aroma marino lo circondava.

Alla mia domanda cosa volesse, rispose ordinandodel rum; ma, mentre andavo a prenderlo, sedette a unatavola e mi richiamò. Io mi fermai col tovagliuolo inmano. «Vieni qui, ragazzo» disse lui. «Qui, piú vicino.»Io m’accostai d’un passo.

«È questa qui la tavola del mio amico Bill?» chiesecon una strizzatina d’occhi.

Risposi che io il suo compagno Bill non lo conosce-vo, e quella tavola era per una persona che dimoravapresso di noi, e che noi chiamavamo il capitano.

«Perfettamente» fece lui. «Il mio compagno Bill puòanche farsi chiamar capitano se cosí gli aggrada. Ha untaglio su una guancia, e maniere molto gentili, speciequando ha trincato, il mio compagno Bill. Mettiamo, permodo di dire, che il tuo capitano abbia una cicatrice suuna guancia; mettiamo, per modo di dire, che questaguancia sia la destra. Eh? Che ti dicevo io? E adesso,sentiamo ancora: il mio amico Bill è in casa?»

Risposi ch’era uscito per una passeggiata.«Da che parte, ragazzo mio? Da che parte ha preso?»Gl’indicai la rupe aggiungendo che il capitano sareb-

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capitano, quando l’uscio della sala si aperse, ed uno sco-nosciuto si fece avanti. Era pallido come cera; due ditagli mancavano alla mano sinistra; e, per quanto portasseun coltellaccio, non pareva troppo aggressivo. Ma io do-vevo pur tener d’occhio la gente di mare, sia con unasola gamba che con due, e quella apparizione mi scon-certò. Egli non aveva l’aria di marinaio; pure, non soquale aroma marino lo circondava.

Alla mia domanda cosa volesse, rispose ordinandodel rum; ma, mentre andavo a prenderlo, sedette a unatavola e mi richiamò. Io mi fermai col tovagliuolo inmano. «Vieni qui, ragazzo» disse lui. «Qui, piú vicino.»Io m’accostai d’un passo.

«È questa qui la tavola del mio amico Bill?» chiesecon una strizzatina d’occhi.

Risposi che io il suo compagno Bill non lo conosce-vo, e quella tavola era per una persona che dimoravapresso di noi, e che noi chiamavamo il capitano.

«Perfettamente» fece lui. «Il mio compagno Bill puòanche farsi chiamar capitano se cosí gli aggrada. Ha untaglio su una guancia, e maniere molto gentili, speciequando ha trincato, il mio compagno Bill. Mettiamo, permodo di dire, che il tuo capitano abbia una cicatrice suuna guancia; mettiamo, per modo di dire, che questaguancia sia la destra. Eh? Che ti dicevo io? E adesso,sentiamo ancora: il mio amico Bill è in casa?»

Risposi ch’era uscito per una passeggiata.«Da che parte, ragazzo mio? Da che parte ha preso?»Gl’indicai la rupe aggiungendo che il capitano sareb-

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be presto di ritorno; e dopo ch’ebbi risposto a varie altredomande: «Ah» disse lui «questo gli farà prò come unbuon bicchiere, al mio camerata Bill!»

L’espressione del suo viso, pronunziando tali parole,era tutt’altro che amabile, ed io avevo le mie buone ra-gioni per pensare che lo straniero si sbagliava, dato cheintendesse parlar sul serio. Ma ciò non mi riguardava: ed’altra parte, che avrei fatto? Egli rimase lí, attaccatoall’uscio, sorvegliando il canto della rupe come il gattoche aspetta il sorcio. A un momento io scappai sullastrada, ma tosto mi richiamò, e com’io tardavo alquantoa ubbidire, il suo pallido volto prese un’espressione fe-roce, e con una bestemmia che mi fece sobbalzare, micomandò di rientrare. Appena fui lí, tornò alle manieredi prima, tra lusinghiere e beffarde, mi batté sulla spalla,mi disse ch’ero un bravo ragazzo e che s’era innamoratodi me.

«Ho io stesso un figliuolo che t’assomiglia come duegocce d’acqua, ed è tutto il mio orgoglio. Ma l’impor-tante pei ragazzi è la disciplina, piccolo mio, la discipli-na. Se tu, per esempio, avessi navigato con Bill, non tisaresti fatto chiamar due volte, no di certo. Non era que-sto il metodo di Bill né di chi navigava con lui. Ma eccoil mio compagno Bill, ben certo, col suo cannocchialesotto il braccio, Dio lo benedica, lui senza dubbio. Rien-triamo, piccolo mio, e mettiamoci dietro la porta: gli fa-remo una piccola sorpresa a Bill, Dio lo benedica ancorauna volta.»

Cosí dicendo lo sconosciuto mi sospinse nella sala e

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be presto di ritorno; e dopo ch’ebbi risposto a varie altredomande: «Ah» disse lui «questo gli farà prò come unbuon bicchiere, al mio camerata Bill!»

L’espressione del suo viso, pronunziando tali parole,era tutt’altro che amabile, ed io avevo le mie buone ra-gioni per pensare che lo straniero si sbagliava, dato cheintendesse parlar sul serio. Ma ciò non mi riguardava: ed’altra parte, che avrei fatto? Egli rimase lí, attaccatoall’uscio, sorvegliando il canto della rupe come il gattoche aspetta il sorcio. A un momento io scappai sullastrada, ma tosto mi richiamò, e com’io tardavo alquantoa ubbidire, il suo pallido volto prese un’espressione fe-roce, e con una bestemmia che mi fece sobbalzare, micomandò di rientrare. Appena fui lí, tornò alle manieredi prima, tra lusinghiere e beffarde, mi batté sulla spalla,mi disse ch’ero un bravo ragazzo e che s’era innamoratodi me.

«Ho io stesso un figliuolo che t’assomiglia come duegocce d’acqua, ed è tutto il mio orgoglio. Ma l’impor-tante pei ragazzi è la disciplina, piccolo mio, la discipli-na. Se tu, per esempio, avessi navigato con Bill, non tisaresti fatto chiamar due volte, no di certo. Non era que-sto il metodo di Bill né di chi navigava con lui. Ma eccoil mio compagno Bill, ben certo, col suo cannocchialesotto il braccio, Dio lo benedica, lui senza dubbio. Rien-triamo, piccolo mio, e mettiamoci dietro la porta: gli fa-remo una piccola sorpresa a Bill, Dio lo benedica ancorauna volta.»

Cosí dicendo lo sconosciuto mi sospinse nella sala e

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mi ficcò nel canto dietro a sé per modo che rimanessimonascosti dall’uscio aperto. Io stavo inquieto e intimoritoassai, come si può immaginare, e la mia paura era accre-sciuta dal veder che lo stesso sconosciuto tremava eglipure. Egli liberò l’impugnatura del coltellaccio, provò arimuovere la lama nel fodero, e durante tutta l’attesa se-guitò a trangugiar saliva quasi avesse come si suol direun rospo in gola.

Finalmente il capitano entrò sbattendo l’uscio dietrole spalle, e senza guardare né a destra né a sinistra attra-versò difilato la sala dirigendosi alla tavola apparecchia-ta per la sua colazione.

«Bill» fece lo sconosciuto con una voce che mi parvesi sforzasse d’essere ferma e animosa.

Il capitano girò sui calcagni e guardò verso noi: ilsangue sparve dalla sua faccia che diventò livida finoalla punta del naso: egli aveva l’aria d’uno che s’imbattain uno spettro, o nel diavolo, o in qualcosa di peggio, seun che di peggio vi fosse; e io confesso che provai unsenso di pietà a vederlo d’un tratto cosí invecchiato e di-sfatto.

«Vieni qua, Bill, vieni qua. Tu mi riconosci, non èvero? Il tuo vecchio camerata di bordo lo riconoscibene!»

Il capitano respirò convulso.«Can-Nero!» proferí.«E chi altri vorresti che fossi?» replicò lo straniero

sensibilmente rassicurato. «Can-Nero meglio che mai,venuto a salutare il suo vecchio camerata Bill all’alber-

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mi ficcò nel canto dietro a sé per modo che rimanessimonascosti dall’uscio aperto. Io stavo inquieto e intimoritoassai, come si può immaginare, e la mia paura era accre-sciuta dal veder che lo stesso sconosciuto tremava eglipure. Egli liberò l’impugnatura del coltellaccio, provò arimuovere la lama nel fodero, e durante tutta l’attesa se-guitò a trangugiar saliva quasi avesse come si suol direun rospo in gola.

Finalmente il capitano entrò sbattendo l’uscio dietrole spalle, e senza guardare né a destra né a sinistra attra-versò difilato la sala dirigendosi alla tavola apparecchia-ta per la sua colazione.

«Bill» fece lo sconosciuto con una voce che mi parvesi sforzasse d’essere ferma e animosa.

Il capitano girò sui calcagni e guardò verso noi: ilsangue sparve dalla sua faccia che diventò livida finoalla punta del naso: egli aveva l’aria d’uno che s’imbattain uno spettro, o nel diavolo, o in qualcosa di peggio, seun che di peggio vi fosse; e io confesso che provai unsenso di pietà a vederlo d’un tratto cosí invecchiato e di-sfatto.

«Vieni qua, Bill, vieni qua. Tu mi riconosci, non èvero? Il tuo vecchio camerata di bordo lo riconoscibene!»

Il capitano respirò convulso.«Can-Nero!» proferí.«E chi altri vorresti che fossi?» replicò lo straniero

sensibilmente rassicurato. «Can-Nero meglio che mai,venuto a salutare il suo vecchio camerata Bill all’alber-

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go dell’“Ammiraglio Benbow”. Ah, Bill, visto, qualcosaabbiam visto, noi due, dopo che io ci lasciai questi dueartigli» soggiunse alzando la mano mutilata.

«Bene, vediamo» disse il capitano. «Tu mi hai ripe-scato; eccomi, e dunque parla. Che c’è?»

«Sei ben tu» replicò Can-Nero. «Non c’è sbaglio,Bill. Io voglio farmi servire un bicchiere di rum da que-sto caro ragazzo che ho preso in simpatia, e noi ci met-teremo a sedere, se cosí ti piace, e parleremo schietto,come si conviene a vecchi amici di bordo.»

Quando io rientrai col rum, essi stavano già seduti;l’uno da un lato, l’altro dall’altro della tavola del capita-no: Can-Nero vicino alla porta, di sbieco, in maniera dapoter tener d’occhio il suo vecchio compagno e, secon-do mi parve, sorvegliare insieme la propria linea di riti-rata.

Costui mi ordinò di andarmene e lasciar la porta spa-lancata.

«I buchi delle serrature non sono di mio gusto, ragaz-zo mio!» aggiunse.

Io li lasciai soli, e mi ritirai nel bar.Di lí, pur facendo del mio meglio per ascoltare, io per

un pezzo non intesi se non un sommesso parlottare, maalla fine le voci si alzarono e potei cogliere una o dueparole, per lo piú bestemmie, del capitano.

«No, no, no, no; e basta!» gridò una prima volta.E poi:«Se finisce con la forca, sarà la forca per tutti, dico

io!»

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go dell’“Ammiraglio Benbow”. Ah, Bill, visto, qualcosaabbiam visto, noi due, dopo che io ci lasciai questi dueartigli» soggiunse alzando la mano mutilata.

«Bene, vediamo» disse il capitano. «Tu mi hai ripe-scato; eccomi, e dunque parla. Che c’è?»

«Sei ben tu» replicò Can-Nero. «Non c’è sbaglio,Bill. Io voglio farmi servire un bicchiere di rum da que-sto caro ragazzo che ho preso in simpatia, e noi ci met-teremo a sedere, se cosí ti piace, e parleremo schietto,come si conviene a vecchi amici di bordo.»

Quando io rientrai col rum, essi stavano già seduti;l’uno da un lato, l’altro dall’altro della tavola del capita-no: Can-Nero vicino alla porta, di sbieco, in maniera dapoter tener d’occhio il suo vecchio compagno e, secon-do mi parve, sorvegliare insieme la propria linea di riti-rata.

Costui mi ordinò di andarmene e lasciar la porta spa-lancata.

«I buchi delle serrature non sono di mio gusto, ragaz-zo mio!» aggiunse.

Io li lasciai soli, e mi ritirai nel bar.Di lí, pur facendo del mio meglio per ascoltare, io per

un pezzo non intesi se non un sommesso parlottare, maalla fine le voci si alzarono e potei cogliere una o dueparole, per lo piú bestemmie, del capitano.

«No, no, no, no; e basta!» gridò una prima volta.E poi:«Se finisce con la forca, sarà la forca per tutti, dico

io!»

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D’un tratto una formidabile esplosione di bestemmiemescolata con altri rumori: tavola e sedie che si rove-sciavano, un tintinnío di lame, e infine un urlo di dolore,dopo di che vidi Can-Nero fuggire a precipizio e il capi-tano corrergli alle calcagna, tutt’e due col coltellaccioalla mano, ed il primo che versava sangue dalla spallasinistra. Arrivato alla porta, il capitano vibrò al fuggiti-vo un ultimo tremendo fendente che gli avrebbe certa-mente spaccato la schiena in due se l’arma non si fosseintoppata nello spessore dell’insegna dell’“AmmiraglioBenbow”, incidendo nell’orlo inferiore dell’asse unatacca che tuttora è visibile.

Quel colpo fu l’ultimo dello scontro. Non appena nel-la strada, Can-Nero, malgrado la ferita, mise le ali aipiedi, e in mezzo minuto si dileguò dietro il corno dellacollina. Il capitano dal canto suo restò lí accantoall’insegna impalato e come inebetito. Si passò piú voltela mano sugli occhi, e alfine si decise a rientrare.

«Jim, del rum!» E mentre cosí diceva, vacillava unpoco, e con una mano si appoggiava al muro.

«Siete ferito?» gridai.«Del rum!» ripeté. «Devo andar via. Del rum! Del

rum!»Io corsi a prenderne; ma ero talmente sconvolto che

ruppi un bicchiere e guastai il rubinetto, e mentr’erocosí intrigato intesi come un tonfo sordo nella sala; vo-lai e trovai il capitano disteso lungo per terra. Nellostesso tempo mia madre, allarmata dalle grida e dallostrepito della zuffa, s’era precipitata giú per aiutarmi.

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D’un tratto una formidabile esplosione di bestemmiemescolata con altri rumori: tavola e sedie che si rove-sciavano, un tintinnío di lame, e infine un urlo di dolore,dopo di che vidi Can-Nero fuggire a precipizio e il capi-tano corrergli alle calcagna, tutt’e due col coltellaccioalla mano, ed il primo che versava sangue dalla spallasinistra. Arrivato alla porta, il capitano vibrò al fuggiti-vo un ultimo tremendo fendente che gli avrebbe certa-mente spaccato la schiena in due se l’arma non si fosseintoppata nello spessore dell’insegna dell’“AmmiraglioBenbow”, incidendo nell’orlo inferiore dell’asse unatacca che tuttora è visibile.

Quel colpo fu l’ultimo dello scontro. Non appena nel-la strada, Can-Nero, malgrado la ferita, mise le ali aipiedi, e in mezzo minuto si dileguò dietro il corno dellacollina. Il capitano dal canto suo restò lí accantoall’insegna impalato e come inebetito. Si passò piú voltela mano sugli occhi, e alfine si decise a rientrare.

«Jim, del rum!» E mentre cosí diceva, vacillava unpoco, e con una mano si appoggiava al muro.

«Siete ferito?» gridai.«Del rum!» ripeté. «Devo andar via. Del rum! Del

rum!»Io corsi a prenderne; ma ero talmente sconvolto che

ruppi un bicchiere e guastai il rubinetto, e mentr’erocosí intrigato intesi come un tonfo sordo nella sala; vo-lai e trovai il capitano disteso lungo per terra. Nellostesso tempo mia madre, allarmata dalle grida e dallostrepito della zuffa, s’era precipitata giú per aiutarmi.

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Fra tutti e due gli sollevammo il capo. Egli respiravaforte, affannosamente; i suoi occhi erano chiusi, il visoterreo.

«Mio Dio, mio Dio!» gridò mia madre. «Che sventuraper la nostra casa! E il tuo povero babbo infermo!»

Frattanto non sapevamo che fare, per soccorrere il ca-pitano, convinti com’eravamo, che nello scontro con losconosciuto avesse ricevuto un colpo mortale. Presi ilrum, nondimeno, e cercai di fargliene entrare un po’ ingola, ma i suoi denti erano serrati e le mascelle durecome ferro. Un sollievo fu per noi quando la porta siaperse e il dottor Livesey entrò per la solita visita a miopadre.

«Oh, dottore» gridammo «che c’è da fare? Dov’è fe-rito?»

«Ferito? Storie!» disse il dottore. «Non piú ferito dime o di voi. Ha avuto un colpo, come gli avevo predet-to. Via, signora Hawkins, risalite da vostro marito, e, sepossibile, non raccontategli nulla. Quanto a me, devo fardel mio meglio per salvar la vita tre volte indegna diquesto miserabile; e Jim qui mi porterà un catino.»

Quando io tornai col catino, il dottore aveva già rim-boccato la manica del capitano e messo a nudo il suogrosso e muscoloso braccio. Esso era sparso di tatuaggi.Ecco la fortuna, Buon vento, Billy Bones se ne infischiasi leggeva molto chiaramente su l’avambraccio; e sopra,vicino alla spalla, si vedeva una forca, con un uomo ap-piccato: scena resa, a parer mio, con grande bravura.

«Profetico!» esclamò il dottore toccando con la punta

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Fra tutti e due gli sollevammo il capo. Egli respiravaforte, affannosamente; i suoi occhi erano chiusi, il visoterreo.

«Mio Dio, mio Dio!» gridò mia madre. «Che sventuraper la nostra casa! E il tuo povero babbo infermo!»

Frattanto non sapevamo che fare, per soccorrere il ca-pitano, convinti com’eravamo, che nello scontro con losconosciuto avesse ricevuto un colpo mortale. Presi ilrum, nondimeno, e cercai di fargliene entrare un po’ ingola, ma i suoi denti erano serrati e le mascelle durecome ferro. Un sollievo fu per noi quando la porta siaperse e il dottor Livesey entrò per la solita visita a miopadre.

«Oh, dottore» gridammo «che c’è da fare? Dov’è fe-rito?»

«Ferito? Storie!» disse il dottore. «Non piú ferito dime o di voi. Ha avuto un colpo, come gli avevo predet-to. Via, signora Hawkins, risalite da vostro marito, e, sepossibile, non raccontategli nulla. Quanto a me, devo fardel mio meglio per salvar la vita tre volte indegna diquesto miserabile; e Jim qui mi porterà un catino.»

Quando io tornai col catino, il dottore aveva già rim-boccato la manica del capitano e messo a nudo il suogrosso e muscoloso braccio. Esso era sparso di tatuaggi.Ecco la fortuna, Buon vento, Billy Bones se ne infischiasi leggeva molto chiaramente su l’avambraccio; e sopra,vicino alla spalla, si vedeva una forca, con un uomo ap-piccato: scena resa, a parer mio, con grande bravura.

«Profetico!» esclamò il dottore toccando con la punta

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del dito il tatuaggio. «E ora, mastro Billy Bones, se que-sto è il vostro nome, vediamo un po’ il colore del vostrosangue. Jim, hai paura del sangue?»

«No, signore.»«Bene. Allora tieni il catino.» E ciò dicendo trasse la

lancetta e aperse una vena.Non poco sangue fu dovuto cavare allo sciagurato

prima ch’egli aprisse gli occhi e volgesse intorno il suosguardo annebbiato.

Prima riconobbe il dottore, con un brusco aggrottar diciglia; poi posò gli occhi su me, e apparve confortato.Ma d’improvviso cangiò colore, e tentò di alzarsi gri-dando:

«Dov’è Can-Nero?»«Non c’è nessun Can-Nero, qui» disse il dottore

«all’infuori di quello che vi frulla per il capo. Avete be-vuto del rum, voi, e vi ha preso un colpo, precisamentecome vi avevo predetto, ed io vi ho tratto or ora miomalgrado dalla fossa dove stavate già con un piede. Eadesso, signor Bones...»

«Non è questo il mio nome» interruppe lui.«Non importa» ribatté il dottore. «È il nome d’un fili-

bustiere di mia conoscenza, ed io vi chiamo cosí per farpresto, ed ecco cosa desidero dirvi: un bicchiere di rumnon vi ammazzerà: ma se voi ne berrete uno, ne berretecerto un altro e poi un altro; ed io scommetto la mia par-rucca che se non vi decidete a troncar di netto, morirete,capite? mo-ri-re-te, e ve ne andrete diritto al Creatorecome l’uomo della Bibbia. Su, fate uno sforzo. Vi aiute-

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del dito il tatuaggio. «E ora, mastro Billy Bones, se que-sto è il vostro nome, vediamo un po’ il colore del vostrosangue. Jim, hai paura del sangue?»

«No, signore.»«Bene. Allora tieni il catino.» E ciò dicendo trasse la

lancetta e aperse una vena.Non poco sangue fu dovuto cavare allo sciagurato

prima ch’egli aprisse gli occhi e volgesse intorno il suosguardo annebbiato.

Prima riconobbe il dottore, con un brusco aggrottar diciglia; poi posò gli occhi su me, e apparve confortato.Ma d’improvviso cangiò colore, e tentò di alzarsi gri-dando:

«Dov’è Can-Nero?»«Non c’è nessun Can-Nero, qui» disse il dottore

«all’infuori di quello che vi frulla per il capo. Avete be-vuto del rum, voi, e vi ha preso un colpo, precisamentecome vi avevo predetto, ed io vi ho tratto or ora miomalgrado dalla fossa dove stavate già con un piede. Eadesso, signor Bones...»

«Non è questo il mio nome» interruppe lui.«Non importa» ribatté il dottore. «È il nome d’un fili-

bustiere di mia conoscenza, ed io vi chiamo cosí per farpresto, ed ecco cosa desidero dirvi: un bicchiere di rumnon vi ammazzerà: ma se voi ne berrete uno, ne berretecerto un altro e poi un altro; ed io scommetto la mia par-rucca che se non vi decidete a troncar di netto, morirete,capite? mo-ri-re-te, e ve ne andrete diritto al Creatorecome l’uomo della Bibbia. Su, fate uno sforzo. Vi aiute-

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rò a mettervi a letto, per questa volta.»Con non poca fatica riuscimmo a trasportarlo al piano

di sopra e lo adagiammo sul suo letto.Il suo capo ripiombò sul guanciale come s’egli doves-

se svenire.«Dunque» aggiunse il dottore «ricordatevi bene: ve lo

dico per scarico di coscienza: rum per voi significa mor-te.»

Detto ciò, prendendomi per un braccio, uscí per vede-re mio padre.

«Non è nulla» mi disse appena fuori dell’uscio. «Gliho cavato sangue abbastanza perché possa stare un pocotranquillo. Il meglio per lui e per voi sarebbe che rima-nesse una settimana dov’è. Ma se lo coglie un altro col-po, è finita.»

IIILA MACCHIA NERA

Verso mezzogiorno entrai dal capitano con qualchebibita rinfrescante, e medicine. Egli trovavasi ancora nelmedesimo stato, forse un tantino sollevato, e apparivainsieme debole ed eccitato.

«Jim» disse «tu sei l’unico, qui, che valga qualcosa; etu sai come io sono sempre stato buono con te. Non c’èstato mese che non t’abbia pagato i tuoi quattro pence. Eora tu vedi, amico mio, come son malandato e abbando-nato da tutti. Jim, tu m’hai da dare un bicchierino di

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rò a mettervi a letto, per questa volta.»Con non poca fatica riuscimmo a trasportarlo al piano

di sopra e lo adagiammo sul suo letto.Il suo capo ripiombò sul guanciale come s’egli doves-

se svenire.«Dunque» aggiunse il dottore «ricordatevi bene: ve lo

dico per scarico di coscienza: rum per voi significa mor-te.»

Detto ciò, prendendomi per un braccio, uscí per vede-re mio padre.

«Non è nulla» mi disse appena fuori dell’uscio. «Gliho cavato sangue abbastanza perché possa stare un pocotranquillo. Il meglio per lui e per voi sarebbe che rima-nesse una settimana dov’è. Ma se lo coglie un altro col-po, è finita.»

IIILA MACCHIA NERA

Verso mezzogiorno entrai dal capitano con qualchebibita rinfrescante, e medicine. Egli trovavasi ancora nelmedesimo stato, forse un tantino sollevato, e apparivainsieme debole ed eccitato.

«Jim» disse «tu sei l’unico, qui, che valga qualcosa; etu sai come io sono sempre stato buono con te. Non c’èstato mese che non t’abbia pagato i tuoi quattro pence. Eora tu vedi, amico mio, come son malandato e abbando-nato da tutti. Jim, tu m’hai da dare un bicchierino di

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rum; è vero che me lo dài, mio piccolo amico?»«Il dottore...» presi a dire.Ma egli mi tagliò la parola con una voce fiacca ma

appassionata.«I dottori sono una massa di scope: e quel dottore,

che vuoi che sappia, lui, di gente di mare? Io sono statoin paesi dove s’arrostiva, e i miei compagni la febbregialla te li faceva cascar come mosche, e i terremoti fa-cevano ondular la terra come un mare: ebbene, che puòsapere il dottore di paesi simili? e io vivevo di rum, ca-pisci? Bevanda, cibo: per me il rum era tutto: come ma-rito e moglie, eravamo; e se tu ora non mi dài il miorum, io non sarò piú che una povera vecchia carcassa ri-gettata sugli scogli, e il mio sangue ricadrà su te, Jim, esu quella maledetta scopa di dottore.»

Qui intramezzò una buona dose di bestemmie; e intono lamentevole continuò:

«Guarda, Jim, come tremano le mie dita. Non riesco atenerle ferme. Non ho bevuto una goccia in questa male-detta giornata. Quel dottore è un cretino, ti dico. Se nonbevo un po’ di rum, Jim, vedrò gli spettri: qualcuno giàl’ho visto. Ho visto il vecchio Flint là nel canto, dietro ate; come fosse dipinto, l’ho visto; e se gli spettri miprendono, come la mia vita è stata burrascosa, morirò dispavento. Lo stesso tuo dottore ha detto che un bicchierenon mi fa male. Ti do una ghinea d’oro, Jim, se mi portiun bicchierino.»

Egli s’andava sempre piú riscaldando; e ciò m’inquie-tava per il mio babbo, che quel giorno era molto abbat-

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rum; è vero che me lo dài, mio piccolo amico?»«Il dottore...» presi a dire.Ma egli mi tagliò la parola con una voce fiacca ma

appassionata.«I dottori sono una massa di scope: e quel dottore,

che vuoi che sappia, lui, di gente di mare? Io sono statoin paesi dove s’arrostiva, e i miei compagni la febbregialla te li faceva cascar come mosche, e i terremoti fa-cevano ondular la terra come un mare: ebbene, che puòsapere il dottore di paesi simili? e io vivevo di rum, ca-pisci? Bevanda, cibo: per me il rum era tutto: come ma-rito e moglie, eravamo; e se tu ora non mi dài il miorum, io non sarò piú che una povera vecchia carcassa ri-gettata sugli scogli, e il mio sangue ricadrà su te, Jim, esu quella maledetta scopa di dottore.»

Qui intramezzò una buona dose di bestemmie; e intono lamentevole continuò:

«Guarda, Jim, come tremano le mie dita. Non riesco atenerle ferme. Non ho bevuto una goccia in questa male-detta giornata. Quel dottore è un cretino, ti dico. Se nonbevo un po’ di rum, Jim, vedrò gli spettri: qualcuno giàl’ho visto. Ho visto il vecchio Flint là nel canto, dietro ate; come fosse dipinto, l’ho visto; e se gli spettri miprendono, come la mia vita è stata burrascosa, morirò dispavento. Lo stesso tuo dottore ha detto che un bicchierenon mi fa male. Ti do una ghinea d’oro, Jim, se mi portiun bicchierino.»

Egli s’andava sempre piú riscaldando; e ciò m’inquie-tava per il mio babbo, che quel giorno era molto abbat-

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tuto e abbisognava di quiete: a parte ciò, se le parole deldottore, ch’egli mi ricordava, mi rassicuravano, il suotentativo di corruzione non mancava d’indispormi.

«Non voglio del vostro denaro» dissi io «se nonquanto dovete a mio padre. Vi darò un bicchiere, maniente di piú.»

Appena l’ebbe a portata di mano, l’afferrò avidamen-te, e lo votò d’un fiato.

«Ah, ah, ora va un po’ meglio, proprio meglio. Masentiamo, piccolo mio, quanto tempo ha detto il dottoreche dovrei rimanere in questa vecchia cuccetta?»

«Non meno d’una settimana.»«Per mille fulmini!» gridò. «Una settimana! È impos-

sibile. Tra una settimana essi mi avranno già scagliato lamacchia nera. I tangheri stan cercando di passarmi alvento, in questo dannato momento; ruffiani incapaci dicustodir quello che avevano acciuffato, vorrebberosgraffignare quello d’altri. Domando io se è un trattareda gente di mare? Ma io ho l’anima del risparmiatore,io. Mai sciupato né perso il mio buon denaro, io; e limetterò di nuovo nel sacco. Non mi fanno mica paura.Mollerò un’altra mano di terzeruoli, e li lascerò in codaun’altra volta.»

Mentre cosí parlava s’era levato dal letto con grandefatica, e appoggiandosi alla mia spalla e stringendomifino quasi a farmi gridare, moveva le gambe come fos-sero un peso morto. La violenza del suo linguaggio fa-ceva un triste contrasto con la fievolezza della sua voce.Provò a sedersi sulla sponda del letto, e restò immobile.

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tuto e abbisognava di quiete: a parte ciò, se le parole deldottore, ch’egli mi ricordava, mi rassicuravano, il suotentativo di corruzione non mancava d’indispormi.

«Non voglio del vostro denaro» dissi io «se nonquanto dovete a mio padre. Vi darò un bicchiere, maniente di piú.»

Appena l’ebbe a portata di mano, l’afferrò avidamen-te, e lo votò d’un fiato.

«Ah, ah, ora va un po’ meglio, proprio meglio. Masentiamo, piccolo mio, quanto tempo ha detto il dottoreche dovrei rimanere in questa vecchia cuccetta?»

«Non meno d’una settimana.»«Per mille fulmini!» gridò. «Una settimana! È impos-

sibile. Tra una settimana essi mi avranno già scagliato lamacchia nera. I tangheri stan cercando di passarmi alvento, in questo dannato momento; ruffiani incapaci dicustodir quello che avevano acciuffato, vorrebberosgraffignare quello d’altri. Domando io se è un trattareda gente di mare? Ma io ho l’anima del risparmiatore,io. Mai sciupato né perso il mio buon denaro, io; e limetterò di nuovo nel sacco. Non mi fanno mica paura.Mollerò un’altra mano di terzeruoli, e li lascerò in codaun’altra volta.»

Mentre cosí parlava s’era levato dal letto con grandefatica, e appoggiandosi alla mia spalla e stringendomifino quasi a farmi gridare, moveva le gambe come fos-sero un peso morto. La violenza del suo linguaggio fa-ceva un triste contrasto con la fievolezza della sua voce.Provò a sedersi sulla sponda del letto, e restò immobile.

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«Quel dottore mi ha finito» mormorò. «Mi ronzano leorecchie. Rimettimi giú.»

Ma prima che io potessi aiutarlo, era già ricaduto alsuo posto di prima dove rimase un momento in silenzio.

«Jim» disse alfine «hai visto quel marinaio?»«Can-Nero?»«Sí, Can-Nero. Lui è un cattivo soggetto, ma quelli

che l’hanno mandato son peggio ancora. Ebbene, se ionon riesco ad andarmene via, ed essi mi lanciano lamacchia nera, bada, ciò che a loro preme è il mio vec-chio baule; allora tu monti a cavallo – sai montare a ca-vallo, no? – ebbene, tu monti a cavallo e vai – sí, perdio– vai da quella vecchia ciabatta di dottore, e gli dici diradunar tutti quanti – giudici e il resto – e lui li pescheràall’“Ammiraglio Benbow” – l’intera ciurmaglia del vec-chio Flint, uomini e ragazzi e compagnia. Io ero il primoufficiale del vecchio Flint, e sono io il solo che conosceil posto. Mi ha confidato il segreto a Savannah, mentrestava per morire, vedi, come potrei farlo io adesso. Matu non devi denunciarli a meno che non mi lancino lamacchia nera, o a meno che tu non riveda Can-Nero, op-pure il marinaio della gamba sola, Jim – lui soprattutto.»

«Ma capitano, cos’è la macchia nera?»«È un avvertimento, amico mio. Te lo spiegherò se

arriveranno a quel punto. Ma tu hai da far buona guar-dia, e poi divideremo in due – due parti uguali – parolad’onore.»

Divagò ancora un poco mentre la sua voce semprepiú s’affievoliva: ma tosto che io gli ebbi somministrato

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«Quel dottore mi ha finito» mormorò. «Mi ronzano leorecchie. Rimettimi giú.»

Ma prima che io potessi aiutarlo, era già ricaduto alsuo posto di prima dove rimase un momento in silenzio.

«Jim» disse alfine «hai visto quel marinaio?»«Can-Nero?»«Sí, Can-Nero. Lui è un cattivo soggetto, ma quelli

che l’hanno mandato son peggio ancora. Ebbene, se ionon riesco ad andarmene via, ed essi mi lanciano lamacchia nera, bada, ciò che a loro preme è il mio vec-chio baule; allora tu monti a cavallo – sai montare a ca-vallo, no? – ebbene, tu monti a cavallo e vai – sí, perdio– vai da quella vecchia ciabatta di dottore, e gli dici diradunar tutti quanti – giudici e il resto – e lui li pescheràall’“Ammiraglio Benbow” – l’intera ciurmaglia del vec-chio Flint, uomini e ragazzi e compagnia. Io ero il primoufficiale del vecchio Flint, e sono io il solo che conosceil posto. Mi ha confidato il segreto a Savannah, mentrestava per morire, vedi, come potrei farlo io adesso. Matu non devi denunciarli a meno che non mi lancino lamacchia nera, o a meno che tu non riveda Can-Nero, op-pure il marinaio della gamba sola, Jim – lui soprattutto.»

«Ma capitano, cos’è la macchia nera?»«È un avvertimento, amico mio. Te lo spiegherò se

arriveranno a quel punto. Ma tu hai da far buona guar-dia, e poi divideremo in due – due parti uguali – parolad’onore.»

Divagò ancora un poco mentre la sua voce semprepiú s’affievoliva: ma tosto che io gli ebbi somministrato

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la sua pozione ch’egli prese docile come un ragazzo, os-servando che “se c’era un uomo di mare che mai avesseavuto bisogno di droghe, era proprie lui”, s’immerse inun sonno pesante come una sincope, ov’io lo lasciai.

Che cosa avrei fatto se le cose si fossero svolte inmodo normale, io non so. Probabilmente avrei tutto rac-contato al dottore, giacché ero martoriato dal dubbio cheil capitano dovesse pentirsi delle sue confidenze e libe-rarsi di me. Ma il mio povero babbo morí improvvisa-mente quella sera, il che relegò nell’ombra ogni altracosa. La nostra angoscia, le visite dei vicini, i preparati-vi del funerale e per giunta le faccende della locanda dasbrigare, mi tennero talmente occupato che non ebbitempo di ripensare al capitano e tanto meno alla miapaura.

Egli discese, a dir vero, il mattino seguente e consu-mò i suoi pasti mangiando poco ma bevendo, io temo,piú rum del solito, giacché si serví egli stesso al bar colsuo muso arcigno soffiando attraverso il naso, senza chealcuno osasse contrariarlo. La sera avanti il funerale erapiú ubbriaco che mai. Nulla di piú repugnante che sentirquella voce, nella casa visitata dalla morte, ricantar lavecchia sconcia canzone. Ma, per quanto debole, egliispirava a noi tutti una paura mortale, e il dottore accor-so improvvisamente presso un malato distante molte mi-glia, era sempre rimasto dopo la disgrazia lontano dallanostra casa.

Ho detto che il capitano era debole: effettivamentepareva sempre piú declinare, anziché riacquistar le sue

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la sua pozione ch’egli prese docile come un ragazzo, os-servando che “se c’era un uomo di mare che mai avesseavuto bisogno di droghe, era proprie lui”, s’immerse inun sonno pesante come una sincope, ov’io lo lasciai.

Che cosa avrei fatto se le cose si fossero svolte inmodo normale, io non so. Probabilmente avrei tutto rac-contato al dottore, giacché ero martoriato dal dubbio cheil capitano dovesse pentirsi delle sue confidenze e libe-rarsi di me. Ma il mio povero babbo morí improvvisa-mente quella sera, il che relegò nell’ombra ogni altracosa. La nostra angoscia, le visite dei vicini, i preparati-vi del funerale e per giunta le faccende della locanda dasbrigare, mi tennero talmente occupato che non ebbitempo di ripensare al capitano e tanto meno alla miapaura.

Egli discese, a dir vero, il mattino seguente e consu-mò i suoi pasti mangiando poco ma bevendo, io temo,piú rum del solito, giacché si serví egli stesso al bar colsuo muso arcigno soffiando attraverso il naso, senza chealcuno osasse contrariarlo. La sera avanti il funerale erapiú ubbriaco che mai. Nulla di piú repugnante che sentirquella voce, nella casa visitata dalla morte, ricantar lavecchia sconcia canzone. Ma, per quanto debole, egliispirava a noi tutti una paura mortale, e il dottore accor-so improvvisamente presso un malato distante molte mi-glia, era sempre rimasto dopo la disgrazia lontano dallanostra casa.

Ho detto che il capitano era debole: effettivamentepareva sempre piú declinare, anziché riacquistar le sue

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forze. Egli si strascinava su e giú per le scale; andava eveniva dalla sala al bar, e talvolta cacciava il naso fuoridell’uscio per odorare il mare, e camminava appoggian-dosi al muro e respirando faticosamente come chi saleun’erta. Con me direttamente non parlò piú, ed io pensoche avesse dimenticato le sue confidenze. Ma l’umorsuo s’era fatto piú instabile; e, tenuto conto della sua de-pressione fisica, piú violento che mai. Quando era ub-briaco ora aveva la inquietante abitudine di sfoderare ilsuo coltellaccio e tenersi la nuda lama sulla tavola a por-tata di mano. Con tutto ciò, si curava meno della gente:sembrava chiuso nei suoi pensieri e piuttosto assente.Una volta, per esempio, con nostra grande sorpresa, in-tonò una sorta di villereccia canzone d’amore ch’ei do-veva aver imparato in gioventú, prima di mettersi a na-vigare.

Cosí andarono le cose finché l’indomani del funeraleverso le tre di un meriggio pungente di freddo e nebbio-so, mentre mi trattenevo un momento sulla sogliadell’albergo pieno di tristezza pensando a mio padre,scorsi sulla strada un individuo che lentamente si avvici-nava. Di certo era un cieco, poiché picchiava davanti asé con un bastone e portava una mascherina verde chegli copriva occhi e naso. Incurvato dall’età o dagli sten-ti, indossava un ampio, vecchio e cencioso gabbano damarinaio, con un cappuccio, che gli dava un aspetto de-forme. Mai vidi in vita mia figura piú sinistra. Un po’prima dell’albergo si fermò, e dando alla sua voce unbizzarro tono di cantilena, e rivolgendosi al vuoto, din-

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forze. Egli si strascinava su e giú per le scale; andava eveniva dalla sala al bar, e talvolta cacciava il naso fuoridell’uscio per odorare il mare, e camminava appoggian-dosi al muro e respirando faticosamente come chi saleun’erta. Con me direttamente non parlò piú, ed io pensoche avesse dimenticato le sue confidenze. Ma l’umorsuo s’era fatto piú instabile; e, tenuto conto della sua de-pressione fisica, piú violento che mai. Quando era ub-briaco ora aveva la inquietante abitudine di sfoderare ilsuo coltellaccio e tenersi la nuda lama sulla tavola a por-tata di mano. Con tutto ciò, si curava meno della gente:sembrava chiuso nei suoi pensieri e piuttosto assente.Una volta, per esempio, con nostra grande sorpresa, in-tonò una sorta di villereccia canzone d’amore ch’ei do-veva aver imparato in gioventú, prima di mettersi a na-vigare.

Cosí andarono le cose finché l’indomani del funeraleverso le tre di un meriggio pungente di freddo e nebbio-so, mentre mi trattenevo un momento sulla sogliadell’albergo pieno di tristezza pensando a mio padre,scorsi sulla strada un individuo che lentamente si avvici-nava. Di certo era un cieco, poiché picchiava davanti asé con un bastone e portava una mascherina verde chegli copriva occhi e naso. Incurvato dall’età o dagli sten-ti, indossava un ampio, vecchio e cencioso gabbano damarinaio, con un cappuccio, che gli dava un aspetto de-forme. Mai vidi in vita mia figura piú sinistra. Un po’prima dell’albergo si fermò, e dando alla sua voce unbizzarro tono di cantilena, e rivolgendosi al vuoto, din-

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nanzi a lui, disse:«C’è qualche buona creatura che voglia informare un

povero cieco che ha perduto la sua preziosa vista difen-dendo il proprio caro paese nativo, l’Inghilterra – e Diobenedica Re Giorgio! – dove o in quale parte di questaregione egli attualmente si trova?»

«Voi siete all’“Ammiraglio Benbow”, baia del MonteNero, mio brav’uomo» risposi.

«Sento una voce» riprese «una giovine voce. Vorrestidarmi una mano, mio caro ragazzo, e farmi entrare?

Gli porsi la mano, e la sozza creatura senz’occhi, dal-le parole melate, l’agguantò di scatto come una tenaglia.Ne fui talmente impaurito che cercai svincolarmi, ma ilcieco mi strinse a sé con uno strattone.

«E ora, ragazzo mio, conducimi dal capitano.»«Signore» obiettai «vi giuro sulla mia parola che non

oso.»«Oh» ghignò lui. «È cosí? Conducimi difilato, o ti

rompo il braccio.»Difatti me lo torse, mentre parlava, cosí forte, che io

misi un grido.«Signore» spiegai «è per voi che dico ciò. Il capitano

non è del solito umore. Ha sempre il coltellaccio sguai-nato. Un altro signore...»

«Andiamo», incalzò lui. «Su!»Voce cosí crudele, fredda e odiosa io non intesi mai.

Essa poté sul mio animo piú del dolore; sicché mi affret-tai a ubbidire varcando la soglia e dirigendomi al postodove, abbrutito dal rum, sedeva il vecchio infermo fili-

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nanzi a lui, disse:«C’è qualche buona creatura che voglia informare un

povero cieco che ha perduto la sua preziosa vista difen-dendo il proprio caro paese nativo, l’Inghilterra – e Diobenedica Re Giorgio! – dove o in quale parte di questaregione egli attualmente si trova?»

«Voi siete all’“Ammiraglio Benbow”, baia del MonteNero, mio brav’uomo» risposi.

«Sento una voce» riprese «una giovine voce. Vorrestidarmi una mano, mio caro ragazzo, e farmi entrare?

Gli porsi la mano, e la sozza creatura senz’occhi, dal-le parole melate, l’agguantò di scatto come una tenaglia.Ne fui talmente impaurito che cercai svincolarmi, ma ilcieco mi strinse a sé con uno strattone.

«E ora, ragazzo mio, conducimi dal capitano.»«Signore» obiettai «vi giuro sulla mia parola che non

oso.»«Oh» ghignò lui. «È cosí? Conducimi difilato, o ti

rompo il braccio.»Difatti me lo torse, mentre parlava, cosí forte, che io

misi un grido.«Signore» spiegai «è per voi che dico ciò. Il capitano

non è del solito umore. Ha sempre il coltellaccio sguai-nato. Un altro signore...»

«Andiamo», incalzò lui. «Su!»Voce cosí crudele, fredda e odiosa io non intesi mai.

Essa poté sul mio animo piú del dolore; sicché mi affret-tai a ubbidire varcando la soglia e dirigendomi al postodove, abbrutito dal rum, sedeva il vecchio infermo fili-

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bustiere.Il cieco s’aggrappava a me serrandomi nel suo pugno

di ferro, e mi opprimeva col suo peso fino quasi aschiacciarmi.

«Conducimi dritto da lui, e quando gli sono davanti,di’: “Ecco un amico per voi, Bill!” Se non lo fai, ti faròquesto, io!» e accompagnò la minaccia con un tal pizzi-cotto che io mi credetti svenire. Preso in quest’alternati-va, e ghiacciato di terrore, dimenticai la mia paura delcapitano e, aperto l’uscio della sala, proferii con vocetremante la frase impostami.

Il povero capitano alzò la fronte. In un batter di cigliai fumi del rum svanirono, ed egli stette lí disebbriatocon gli occhi sbarrati e fissi. Piú che sbigottimento sileggeva sul suo viso un mortale malessere. Fece per al-zarsi, ma credo che le forze non gli sarebbero bastate.

«Stai, Bill, stai» disse il mendicante. «È vero che nonci vedo, ma se un dito si muove, lo sento. Gli affari sonaffari. Porgi la tua mano sinistra. E tu, piccolo, prendiquella mano per il polso, e avvicinala alla mia destra.»

Gli obbedimmo tutt’e due; ed io vidi in quel punto ilcieco far scivolare qualcosa dal cavo della mano con cuiteneva il bastone, in quella del capitano, che prestamen-te si richiuse.

«Ecco fatto» disse il cieco.E tosto si sciolse da me, e con incredibile precisione e

sveltezza attraversò la sala e saltò nella strada. Ed io, ri-masto lí intontito, potei nel silenzio udire i colpi del suobastone che grado grado s’andava allontanando.

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bustiere.Il cieco s’aggrappava a me serrandomi nel suo pugno

di ferro, e mi opprimeva col suo peso fino quasi aschiacciarmi.

«Conducimi dritto da lui, e quando gli sono davanti,di’: “Ecco un amico per voi, Bill!” Se non lo fai, ti faròquesto, io!» e accompagnò la minaccia con un tal pizzi-cotto che io mi credetti svenire. Preso in quest’alternati-va, e ghiacciato di terrore, dimenticai la mia paura delcapitano e, aperto l’uscio della sala, proferii con vocetremante la frase impostami.

Il povero capitano alzò la fronte. In un batter di cigliai fumi del rum svanirono, ed egli stette lí disebbriatocon gli occhi sbarrati e fissi. Piú che sbigottimento sileggeva sul suo viso un mortale malessere. Fece per al-zarsi, ma credo che le forze non gli sarebbero bastate.

«Stai, Bill, stai» disse il mendicante. «È vero che nonci vedo, ma se un dito si muove, lo sento. Gli affari sonaffari. Porgi la tua mano sinistra. E tu, piccolo, prendiquella mano per il polso, e avvicinala alla mia destra.»

Gli obbedimmo tutt’e due; ed io vidi in quel punto ilcieco far scivolare qualcosa dal cavo della mano con cuiteneva il bastone, in quella del capitano, che prestamen-te si richiuse.

«Ecco fatto» disse il cieco.E tosto si sciolse da me, e con incredibile precisione e

sveltezza attraversò la sala e saltò nella strada. Ed io, ri-masto lí intontito, potei nel silenzio udire i colpi del suobastone che grado grado s’andava allontanando.

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Ci volle un po’ di tempo prima che ci riavessimo dal-la sorpresa; alla fine, e quasi simultaneamente, io lasciailibero il suo polso, ed egli ritirò la sua mano dando unaacuta sbirciata al palmo.

«Alle dieci!» gridò. «Sei ore di tempo. Gliela faccia-mo ancora!» E scattò in piedi.

Ma subito barcollò, si portò una mano alla gola, rima-se pencolando un attimo, e con uno strano rantolo stra-mazzò lungo disteso con la faccia sul pavimento.

Io me gli precipitai sopra chiamando mia madre. Male nostre premure a nulla valsero. Fulminato dall’apo-plessia il capitano era morto. Strano a dirsi! Io nonl’avevo di sicuro mai amato, per quanto da ultimo miispirasse una certa pietà: ma quando lo vidi spento aimiei piedi, ruppi in lacrime. Era la seconda morte ch’iovedeva, e lo sgomento cagionatomi dalla prima era an-cora vivo nel mio cuore.

IVIL BAULE MARINO

Io non tardai naturalmente a raccontare a mia madretutto ciò che sapevo, come forse avrei dovuto far moltoprima, e tosto vedemmo quanto difficile e pericolosafosse la nostra posizione. Del denaro del capitano, sepur ve n’era, una parte spettava indubbiamente a noi;ma era ben poco probabile che i suoi camerati, e soprat-tutto i due campioni da me conosciuti, Can-Nero e il

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Ci volle un po’ di tempo prima che ci riavessimo dal-la sorpresa; alla fine, e quasi simultaneamente, io lasciailibero il suo polso, ed egli ritirò la sua mano dando unaacuta sbirciata al palmo.

«Alle dieci!» gridò. «Sei ore di tempo. Gliela faccia-mo ancora!» E scattò in piedi.

Ma subito barcollò, si portò una mano alla gola, rima-se pencolando un attimo, e con uno strano rantolo stra-mazzò lungo disteso con la faccia sul pavimento.

Io me gli precipitai sopra chiamando mia madre. Male nostre premure a nulla valsero. Fulminato dall’apo-plessia il capitano era morto. Strano a dirsi! Io nonl’avevo di sicuro mai amato, per quanto da ultimo miispirasse una certa pietà: ma quando lo vidi spento aimiei piedi, ruppi in lacrime. Era la seconda morte ch’iovedeva, e lo sgomento cagionatomi dalla prima era an-cora vivo nel mio cuore.

IVIL BAULE MARINO

Io non tardai naturalmente a raccontare a mia madretutto ciò che sapevo, come forse avrei dovuto far moltoprima, e tosto vedemmo quanto difficile e pericolosafosse la nostra posizione. Del denaro del capitano, sepur ve n’era, una parte spettava indubbiamente a noi;ma era ben poco probabile che i suoi camerati, e soprat-tutto i due campioni da me conosciuti, Can-Nero e il

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cieco mendicante, fossero disposti a rinunziare al lorobottino per saldare i debiti del morto. Ora, se io monta-vo a cavallo e correvo come il capitano voleva per ildottor Livesey, avrei lasciato mia madre sola e indifesa:non era dunque il caso di pensare a ciò. D’altra parte,noi non ci sentivamo di rimaner piú a lungo nella nostracasa. Il cader dei carboni Nella griglia del fornello, ilsemplice tic-tac dell’orologio, ci facevano trasalir dispavento. Pareva ai nostri orecchi sentir la strada battutada uno scalpiccío che venisse mano a mano avvicinan-dosi. Ed io, stretto fra il cadavere del capitano giacentesul piancito della sala, e il pensiero di quell’abominevo-le cieco ronzante nei dintorni e pronto a riapparire, pas-savo dei momenti in cui per il terrore non avevo capelloin capo che non fosse ritto. Nondimeno, qualche cosabisognava decidere. Decidemmo finalmente di uscir in-sieme a cercar aiuto nel vicino villaggio. Detto fatto. Acapo scoperto com’eravamo, ci slanciammo nella cre-scente oscurità della sera e nella gelida nebbia.

Il villaggio giaceva a poche centinaia di passi da noi,nascosto alla vista, sull’altra costa della baia; e, ciò chemolto mi confortava, in direzione opposta a quella don-de il cieco era apparito, e dove presumibilmente s’eraeclissato. Non piú di parecchi minuti richiese il tragitto,sebbene ripetute volte sostassimo a tender l’orecchio.Ma nessun insolito rumore: nulla, tranne il leggiero fru-sciar della risacca sul lido, e il gracchiar dei corvi nelbosco.

Era l’ora che s’accendevano le candele nelle case,

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cieco mendicante, fossero disposti a rinunziare al lorobottino per saldare i debiti del morto. Ora, se io monta-vo a cavallo e correvo come il capitano voleva per ildottor Livesey, avrei lasciato mia madre sola e indifesa:non era dunque il caso di pensare a ciò. D’altra parte,noi non ci sentivamo di rimaner piú a lungo nella nostracasa. Il cader dei carboni Nella griglia del fornello, ilsemplice tic-tac dell’orologio, ci facevano trasalir dispavento. Pareva ai nostri orecchi sentir la strada battutada uno scalpiccío che venisse mano a mano avvicinan-dosi. Ed io, stretto fra il cadavere del capitano giacentesul piancito della sala, e il pensiero di quell’abominevo-le cieco ronzante nei dintorni e pronto a riapparire, pas-savo dei momenti in cui per il terrore non avevo capelloin capo che non fosse ritto. Nondimeno, qualche cosabisognava decidere. Decidemmo finalmente di uscir in-sieme a cercar aiuto nel vicino villaggio. Detto fatto. Acapo scoperto com’eravamo, ci slanciammo nella cre-scente oscurità della sera e nella gelida nebbia.

Il villaggio giaceva a poche centinaia di passi da noi,nascosto alla vista, sull’altra costa della baia; e, ciò chemolto mi confortava, in direzione opposta a quella don-de il cieco era apparito, e dove presumibilmente s’eraeclissato. Non piú di parecchi minuti richiese il tragitto,sebbene ripetute volte sostassimo a tender l’orecchio.Ma nessun insolito rumore: nulla, tranne il leggiero fru-sciar della risacca sul lido, e il gracchiar dei corvi nelbosco.

Era l’ora che s’accendevano le candele nelle case,

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quando entrammo nel villaggio, ed io mai dimenticheròil grande sollievo ch’ebbi a vedere a porte e finestrequei lumi d’oro. Ma fu questo ahimè il meglio dell’aiutoche laggiú ci aspettava. Poiché, e fa meraviglia chequella gente non se ne vergognasse, nessuno di loroconsentí a ritornar con noi all’“Ammiraglio Benbow”.Piú ci dilungavamo a dipingere i nostri affanni, e piúloro, donne, uomini e ragazzi, si aggrappavano ai lorousci. Il nome del capitano Flint, ignoto a me, era abba-stanza popolare in mezzo a loro, e non lo si udiva pro-nunciare senza raccapriccio. Uomini che avevano accu-dito a lavori agricoli di là dall’“Ammiraglio Benbow”,raccontavano d’essersi imbattuti lungo la strada in alcu-ni stranieri dall’aspetto di contrabbandieri, ed essersi ti-rati in disparte; ed uno almeno aveva visto un piccolotrabaccolo all’àncora in quella che noi chiamavamo laTana di Kitt; e perciò bastava che uno fosse in relazionecol capitano per incuter loro una paura mortale. In con-clusione, se trovammo alcuni disposti a correre a caval-lo dal dottor Livesey, il quale abitava in tutt’altra dire-zione, nessuno volle aiutarci a difendere la nostra casa.

Se la viltà è come dicono contagiosa, la discussioneper contro accende l’ardire: sicché dopo che ognunoebbe detta la sua, parlò mia madre. E dichiarò che nonintendeva rinunziare al denaro che apparteneva al suopovero orfano.

«Se nessuno di voi osa» esclamò «Jim ed io oseremo.Rifaremo la strada che abbiamo fatta, e tante grazie avoi, massa di conigli che non siete altro. Dovesse co-

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quando entrammo nel villaggio, ed io mai dimenticheròil grande sollievo ch’ebbi a vedere a porte e finestrequei lumi d’oro. Ma fu questo ahimè il meglio dell’aiutoche laggiú ci aspettava. Poiché, e fa meraviglia chequella gente non se ne vergognasse, nessuno di loroconsentí a ritornar con noi all’“Ammiraglio Benbow”.Piú ci dilungavamo a dipingere i nostri affanni, e piúloro, donne, uomini e ragazzi, si aggrappavano ai lorousci. Il nome del capitano Flint, ignoto a me, era abba-stanza popolare in mezzo a loro, e non lo si udiva pro-nunciare senza raccapriccio. Uomini che avevano accu-dito a lavori agricoli di là dall’“Ammiraglio Benbow”,raccontavano d’essersi imbattuti lungo la strada in alcu-ni stranieri dall’aspetto di contrabbandieri, ed essersi ti-rati in disparte; ed uno almeno aveva visto un piccolotrabaccolo all’àncora in quella che noi chiamavamo laTana di Kitt; e perciò bastava che uno fosse in relazionecol capitano per incuter loro una paura mortale. In con-clusione, se trovammo alcuni disposti a correre a caval-lo dal dottor Livesey, il quale abitava in tutt’altra dire-zione, nessuno volle aiutarci a difendere la nostra casa.

Se la viltà è come dicono contagiosa, la discussioneper contro accende l’ardire: sicché dopo che ognunoebbe detta la sua, parlò mia madre. E dichiarò che nonintendeva rinunziare al denaro che apparteneva al suopovero orfano.

«Se nessuno di voi osa» esclamò «Jim ed io oseremo.Rifaremo la strada che abbiamo fatta, e tante grazie avoi, massa di conigli che non siete altro. Dovesse co-

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starci la vita, noi apriremo quel baule. Vuole imprestar-mi, signora Crossley, quella borsa? Mi servirà per ripor-tare indietro il nostro avere.»

Naturalmente io dichiarai che avrei accompagnatomia madre; e non meno naturalmente tutti quanti ad altegrida condannarono la nostra temerità: ma anche alloranon un solo uomo pronto a seguirci saltò fuori. Tutto illoro aiuto si restrinse a munirci di una pistola carica perdifesa in caso di aggressione, e a prometterci di farcitrovar cavalli sellati per l’eventualità che nel ritorno fos-simo inseguiti, mentre un ragazzo galopperebbe per ildottore, in cerca di soccorso armato.

Il mio cuore batteva a martello quando noi due nellanotte gelata uscimmo incontro alla perigliosa avventura.La luna piena incominciava a sorgere e appariva rossaattraverso i margini superiori della nebbia; e ciò incalza-va la nostra fretta, giacché nessun dubbio che prima delnostro ritorno sarebbe chiaro come giorno, e la nostrapartenza esposta a tutti gli sguardi. Svelti e silenziosisgusciavamo lungo le siepi senza vedere né udire cosaalcuna capace di aumentare la nostra inquietudine, fin-ché con indicibile sollievo la porta dell’“AmmiraglioBenbow” si richiuse alle nostre spalle.

Io spinsi il chiavistello, e per un istante ristemmo solie anelanti nel buio accanto al cadavere del capitano. Poimia madre prese una candela nel bar e tenendoci permano c’inoltrammo nella sala. Egli era lí come l’aveva-mo lasciato, con la schiena sul pavimento, gli occhi spa-

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starci la vita, noi apriremo quel baule. Vuole imprestar-mi, signora Crossley, quella borsa? Mi servirà per ripor-tare indietro il nostro avere.»

Naturalmente io dichiarai che avrei accompagnatomia madre; e non meno naturalmente tutti quanti ad altegrida condannarono la nostra temerità: ma anche alloranon un solo uomo pronto a seguirci saltò fuori. Tutto illoro aiuto si restrinse a munirci di una pistola carica perdifesa in caso di aggressione, e a prometterci di farcitrovar cavalli sellati per l’eventualità che nel ritorno fos-simo inseguiti, mentre un ragazzo galopperebbe per ildottore, in cerca di soccorso armato.

Il mio cuore batteva a martello quando noi due nellanotte gelata uscimmo incontro alla perigliosa avventura.La luna piena incominciava a sorgere e appariva rossaattraverso i margini superiori della nebbia; e ciò incalza-va la nostra fretta, giacché nessun dubbio che prima delnostro ritorno sarebbe chiaro come giorno, e la nostrapartenza esposta a tutti gli sguardi. Svelti e silenziosisgusciavamo lungo le siepi senza vedere né udire cosaalcuna capace di aumentare la nostra inquietudine, fin-ché con indicibile sollievo la porta dell’“AmmiraglioBenbow” si richiuse alle nostre spalle.

Io spinsi il chiavistello, e per un istante ristemmo solie anelanti nel buio accanto al cadavere del capitano. Poimia madre prese una candela nel bar e tenendoci permano c’inoltrammo nella sala. Egli era lí come l’aveva-mo lasciato, con la schiena sul pavimento, gli occhi spa-

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lancati, e un braccio proteso.1

«Tira giú la persiana, Jim» bisbigliò mia madre. «Po-trebbero arrivare e vederci dal di fuori. Ed ora» aggiun-se appena io l’ebbi ubbidita «dobbiamo trovargli in dos-so la chiave, e io non so chi di noi due lo vorrà toccare!»

Ed ebbe come un singulto.Io mi buttai in ginocchio. Sul pavimento, presso la

sua mano c’era un piccolo disco di carta annerita da unlato. Nessun dubbio ch’era “la macchia nera”; presolo inmano e rivoltatolo, lessi su l’altro lato, vergato in fermae chiara scrittura, questo breve messaggio: Tempo finoalle dieci di stasera.

«Mamma» diss’io «fino alle dieci aveva tempo» eproprio mentre pronunciavo queste parole il nostro oro-logio cominciò a batter le ore. Quegli improvvisi colpici fecero sobbalzare: ma recavano una buona nuova,giacché non erano che le sei.

«Su, Jim» riprese lei «quella chiave.»Frugai le sue tasche, una dopo l’altra. Alcuni spiccio-

li, un ditale, un po’ di refe, due grossi aghi, un rotolo ditabacco morsicato in cima, il suo coltello dal manico ri-curvo, una bussola tascabile, e un acciarino: null’altrosaltò fuori.

Io cominciavo a disperare.«Forse al suo collo» suggerí mia madre.Superando una acuta repugnanza, lacerai la camicia

1 Curioso! L’Autore dimentica qui di averlo fatto cadere «conla faccia sul pavimento». (Nota del T.)

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lancati, e un braccio proteso.1

«Tira giú la persiana, Jim» bisbigliò mia madre. «Po-trebbero arrivare e vederci dal di fuori. Ed ora» aggiun-se appena io l’ebbi ubbidita «dobbiamo trovargli in dos-so la chiave, e io non so chi di noi due lo vorrà toccare!»

Ed ebbe come un singulto.Io mi buttai in ginocchio. Sul pavimento, presso la

sua mano c’era un piccolo disco di carta annerita da unlato. Nessun dubbio ch’era “la macchia nera”; presolo inmano e rivoltatolo, lessi su l’altro lato, vergato in fermae chiara scrittura, questo breve messaggio: Tempo finoalle dieci di stasera.

«Mamma» diss’io «fino alle dieci aveva tempo» eproprio mentre pronunciavo queste parole il nostro oro-logio cominciò a batter le ore. Quegli improvvisi colpici fecero sobbalzare: ma recavano una buona nuova,giacché non erano che le sei.

«Su, Jim» riprese lei «quella chiave.»Frugai le sue tasche, una dopo l’altra. Alcuni spiccio-

li, un ditale, un po’ di refe, due grossi aghi, un rotolo ditabacco morsicato in cima, il suo coltello dal manico ri-curvo, una bussola tascabile, e un acciarino: null’altrosaltò fuori.

Io cominciavo a disperare.«Forse al suo collo» suggerí mia madre.Superando una acuta repugnanza, lacerai la camicia

1 Curioso! L’Autore dimentica qui di averlo fatto cadere «conla faccia sul pavimento». (Nota del T.)

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intorno al collo; e lí, attaccata a un pezzo di spago inca-tramato, che tagliai col suo stesso coltello, trovammo lachiave. Inanimiti da questa vittoria balzammo di furia alpiano di sopra, nella piccola stanza dove per tante nottiegli aveva dormito e dove il suo baule non era statomosso dal giorno del suo arrivo.

Era all’apparenza uno dei soliti bauli marini, con sulcoperchio impressa a fuoco l’iniziale “B”, e gli spigoliammaccati e consumati dal lungo e aspro uso.

«Dammi la chiave» disse mia madre. E malgrado laserratura fosse dura, aperse in un batter d’occhio, edalzò il coperchio.

Un acuto odore di tabacco e di catrame si sprigionòdall’interno, ma nulla comparve all’infuori di un ottimoabito completo, diligentemente spazzolato e piegato,che, al dire di mia madre, non era mai stato indossato.Al disotto, cominciava la confusione: un quadrante, unvaso di latta, alcuni rocchi di tabacco, due belle paia dipistole, una barra d’argento, un vecchio orologio spa-gnuolo, e parecchie altre cianfrusaglie di scarso valorequasi tutte di provenienza straniera; un paio di bussolemontate in rame, e cinque o sei curiose conchigliedell’Indie Occidentali, a proposito delle quali piú voltedopo d’allora mi accadde di domandarmi perché egli sele portasse dietro nella sua errabonda criminosa e perse-guitata esistenza.

Nulla fin qui di qualche valore, eccetto l’argento, equei gingilli; e nulla che in qualche modo rispondessealle nostre aspettazioni. Sotto c’era un vecchio cappotto

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intorno al collo; e lí, attaccata a un pezzo di spago inca-tramato, che tagliai col suo stesso coltello, trovammo lachiave. Inanimiti da questa vittoria balzammo di furia alpiano di sopra, nella piccola stanza dove per tante nottiegli aveva dormito e dove il suo baule non era statomosso dal giorno del suo arrivo.

Era all’apparenza uno dei soliti bauli marini, con sulcoperchio impressa a fuoco l’iniziale “B”, e gli spigoliammaccati e consumati dal lungo e aspro uso.

«Dammi la chiave» disse mia madre. E malgrado laserratura fosse dura, aperse in un batter d’occhio, edalzò il coperchio.

Un acuto odore di tabacco e di catrame si sprigionòdall’interno, ma nulla comparve all’infuori di un ottimoabito completo, diligentemente spazzolato e piegato,che, al dire di mia madre, non era mai stato indossato.Al disotto, cominciava la confusione: un quadrante, unvaso di latta, alcuni rocchi di tabacco, due belle paia dipistole, una barra d’argento, un vecchio orologio spa-gnuolo, e parecchie altre cianfrusaglie di scarso valorequasi tutte di provenienza straniera; un paio di bussolemontate in rame, e cinque o sei curiose conchigliedell’Indie Occidentali, a proposito delle quali piú voltedopo d’allora mi accadde di domandarmi perché egli sele portasse dietro nella sua errabonda criminosa e perse-guitata esistenza.

Nulla fin qui di qualche valore, eccetto l’argento, equei gingilli; e nulla che in qualche modo rispondessealle nostre aspettazioni. Sotto c’era un vecchio cappotto

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da marinaio sbiancato dalla salsedine in piú d’una taver-na di porto di mare. Con impazienza mia madre lo tolsevia, ed ecco in fondo al baule un piego involto in telacerata, che pareva contener carte, e un sacchetto di telache, urtato, rispose con un tintinnío d’oro.

«Mostrerò a quei furfanti che io sono una donna one-sta» disse mia madre. «Prenderò ciò che mi spetta, e nonun millesimo di piú. Porgi la borsa della signora Cros-sley.» E incominciò a far passare dal sacchetto marinoin quello che io le tendevo, l’importo del debito del ca-pitano: lunga e complicata faccenda giacché le moneteeran di tutti i paesi e valute; doppioni e luigi d’oro, ghi-nee, pezzi da otto e non so che altre: tutte quante mesco-late a casaccio. E pur troppo le ghinee, che sole permet-tevano a mia madre di fare il conto, erano le meno nu-merose.

D’un tratto, mentr’eravamo a circa metà dell’opera-zione, posai una mano sul braccio di lei: un rumore dame inteso nella silenziosità dell’aria ghiacciata mi avevafatto saltare il cuore in gola: il picchiettío del bastonedel cieco sulla strada indurita dal gelo. E il rumore si ve-niva sempre piú avvicinando, mentre immobili noi trat-tenevamo il respiro. Poi un colpo violento fu sferratocontro la porta, si udí girar la maniglia e il catenacciostridere mentre il miserabile tentava forzarlo, dopo diche seguí un lungo silenzio, cosí dentro come fuori. Fi-nalmente il picchiettío del bastone ricominciò, e con in-descrivibile nostra gioia adagio adagio si affievolí, fin-ché si spense nella lontananza.

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da marinaio sbiancato dalla salsedine in piú d’una taver-na di porto di mare. Con impazienza mia madre lo tolsevia, ed ecco in fondo al baule un piego involto in telacerata, che pareva contener carte, e un sacchetto di telache, urtato, rispose con un tintinnío d’oro.

«Mostrerò a quei furfanti che io sono una donna one-sta» disse mia madre. «Prenderò ciò che mi spetta, e nonun millesimo di piú. Porgi la borsa della signora Cros-sley.» E incominciò a far passare dal sacchetto marinoin quello che io le tendevo, l’importo del debito del ca-pitano: lunga e complicata faccenda giacché le moneteeran di tutti i paesi e valute; doppioni e luigi d’oro, ghi-nee, pezzi da otto e non so che altre: tutte quante mesco-late a casaccio. E pur troppo le ghinee, che sole permet-tevano a mia madre di fare il conto, erano le meno nu-merose.

D’un tratto, mentr’eravamo a circa metà dell’opera-zione, posai una mano sul braccio di lei: un rumore dame inteso nella silenziosità dell’aria ghiacciata mi avevafatto saltare il cuore in gola: il picchiettío del bastonedel cieco sulla strada indurita dal gelo. E il rumore si ve-niva sempre piú avvicinando, mentre immobili noi trat-tenevamo il respiro. Poi un colpo violento fu sferratocontro la porta, si udí girar la maniglia e il catenacciostridere mentre il miserabile tentava forzarlo, dopo diche seguí un lungo silenzio, cosí dentro come fuori. Fi-nalmente il picchiettío del bastone ricominciò, e con in-descrivibile nostra gioia adagio adagio si affievolí, fin-ché si spense nella lontananza.

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«Mamma, prendiamo tutto quanto, e andiamo»diss’io, sicuro com’ero che il fatto della porta inchiavi-stellata dovesse destar sospetto e tirarci addosso l’interonido di vespe, mentre d’altra parte della misura presa micompiacevo fino a un punto difficilmente immaginabileda chi mai si fosse scontrato con quel terribile cieco.

Ma, per quanto squassata dallo spavento, mia madremai avrebbe toccato nulla piú del suo diritto, alla stessamaniera ch’era inflessibilmente decisa a non appagarsid’un millesimo di meno.

«Manca ancora parecchio alle sette» diceva lei; sape-va cos’era il fatto suo e intendeva averlo. E ancora stavadisputando con me, quando un sottile fischio partito dalontano sopra la collina, ferí il silenzio. Bastò, e ce ne fud’avanzo, per entrambi.

«Porto via ciò che ho» fece lei, balzando in piedi.«Ed io questo, per arrotondare il conto» aggiunsi io

arraffando il plico di tela cerata.Senza perder tempo, lasciando la candela accanto al

baule vuoto, scendemmo a tastoni la scala, aprimmo laporta, ed eccoci in piena ritirata. Non era il caso di tar-dare un attimo. La nebbia andava prestamente dileguan-dosi; già libera e nitida la luna illuminava le alture; solonel cavo della vallicella e attorno alla porta dell’albergopendeva intatto ancora quasi un tenue velo di bruma co-prendo i primi passi della nostra fuga. Assai prima che ametà cammino e poco oltre il piede della collina, en-trammo in pieno lume di luna. Ma non bastava: ché inostri orecchi già erano colpiti da un rumore di passi ac-

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«Mamma, prendiamo tutto quanto, e andiamo»diss’io, sicuro com’ero che il fatto della porta inchiavi-stellata dovesse destar sospetto e tirarci addosso l’interonido di vespe, mentre d’altra parte della misura presa micompiacevo fino a un punto difficilmente immaginabileda chi mai si fosse scontrato con quel terribile cieco.

Ma, per quanto squassata dallo spavento, mia madremai avrebbe toccato nulla piú del suo diritto, alla stessamaniera ch’era inflessibilmente decisa a non appagarsid’un millesimo di meno.

«Manca ancora parecchio alle sette» diceva lei; sape-va cos’era il fatto suo e intendeva averlo. E ancora stavadisputando con me, quando un sottile fischio partito dalontano sopra la collina, ferí il silenzio. Bastò, e ce ne fud’avanzo, per entrambi.

«Porto via ciò che ho» fece lei, balzando in piedi.«Ed io questo, per arrotondare il conto» aggiunsi io

arraffando il plico di tela cerata.Senza perder tempo, lasciando la candela accanto al

baule vuoto, scendemmo a tastoni la scala, aprimmo laporta, ed eccoci in piena ritirata. Non era il caso di tar-dare un attimo. La nebbia andava prestamente dileguan-dosi; già libera e nitida la luna illuminava le alture; solonel cavo della vallicella e attorno alla porta dell’albergopendeva intatto ancora quasi un tenue velo di bruma co-prendo i primi passi della nostra fuga. Assai prima che ametà cammino e poco oltre il piede della collina, en-trammo in pieno lume di luna. Ma non bastava: ché inostri orecchi già erano colpiti da un rumore di passi ac-

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correnti; e volgendoci indietro a riguardare in quella di-rezione, scorgemmo una luce sbattuta di qua e di là cherapidamente si appressava, segno evidente che uno deivenienti reggeva una lanterna.

«Figlio mio» proruppe mia madre «prendi il denaro ecorri. Io mi sento mancare.»

Vidi la fine certa per tutti e due. Ah di che cuore ma-ledissi la codardia dei nostri vicini; e come ne volevoalla mia povera madre per la sua onestà e avidità; per lapassata audacia e la presente debolezza! Per fortunaavevamo raggiunto il ponticello; la sostenni barcollantecom’era fino alla sponda dell’argine dove ella mise unsospiro e mi si afflosciò sulle spalle. Io non so dove tro-vassi la forza (e fu, temo, non senza brutalità) di trasci-narla a piè dell’argine e alquanto sotto l’arco, ma nonoltre un certo punto, giacché l’arco era troppo basso, edio non poteva altro fare se non strisciarvi sotto. Costí citoccò rimanere, mia madre quasi interamente espostaalla vista, ed entrambi a portata di voce dall’albergo.

VLA FINE DEL CIECO

La curiosità vinse in me la paura. Incapace di rimanerlí, mi riportai strisciando indietro gatton gattoni,all’argine; da dove, nascosto dietro un cespo di ginestre,potevo spiar la strada fin davanti alla nostra porta.

Avevo appena raggiunto quel posto, quando i nostri

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correnti; e volgendoci indietro a riguardare in quella di-rezione, scorgemmo una luce sbattuta di qua e di là cherapidamente si appressava, segno evidente che uno deivenienti reggeva una lanterna.

«Figlio mio» proruppe mia madre «prendi il denaro ecorri. Io mi sento mancare.»

Vidi la fine certa per tutti e due. Ah di che cuore ma-ledissi la codardia dei nostri vicini; e come ne volevoalla mia povera madre per la sua onestà e avidità; per lapassata audacia e la presente debolezza! Per fortunaavevamo raggiunto il ponticello; la sostenni barcollantecom’era fino alla sponda dell’argine dove ella mise unsospiro e mi si afflosciò sulle spalle. Io non so dove tro-vassi la forza (e fu, temo, non senza brutalità) di trasci-narla a piè dell’argine e alquanto sotto l’arco, ma nonoltre un certo punto, giacché l’arco era troppo basso, edio non poteva altro fare se non strisciarvi sotto. Costí citoccò rimanere, mia madre quasi interamente espostaalla vista, ed entrambi a portata di voce dall’albergo.

VLA FINE DEL CIECO

La curiosità vinse in me la paura. Incapace di rimanerlí, mi riportai strisciando indietro gatton gattoni,all’argine; da dove, nascosto dietro un cespo di ginestre,potevo spiar la strada fin davanti alla nostra porta.

Avevo appena raggiunto quel posto, quando i nostri

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nemici in numero di sette od otto arrivarono correndo indisordinata furia, preceduti di alcuni passi dall’uomodella lanterna. Tre di essi andavano insieme dandosi lamano, ed io malgrado la nebbia potei discernere chequello di mezzo era il cieco. Poco dopo la sua voce miprovò che non m’ero sbagliato.

«Giú la porta» gridò lui.«Sí! Sí!» rispose un coro di due o tre; e si scagliarono

contro l’“Ammiraglio Benbow” seguiti dal portatoredella lanterna. Poi li vidi ristare e li udii confabulare abassa voce come fossero sorpresi di trovar la porta aper-ta. Ma la pausa durò poco, poiché il cieco riprese a lan-ciar ordini. E la sua voce echeggiava piú forte e piúagra, come s’egli bruciasse d’impazienza e di rabbia.

«Dentro! Dentro! Dentro!» urlava, maledicendoli perl’indugio.

Quattro o cinque immediatamente ubbidirono, e duerimasero sulla strada col terribile pezzente. Un silenzio,un grido di sorpresa, e infine come un tuono dall’inter-no.

«Bill è morto!»Ma di nuovo il cieco bestemmiava loro e la loro len-

tezza.«Uno di voi che lo frughi» gridò «poltroni mangiau-

fo, e gli altri su, a cercare il baule.»Intesi lo strepito dei loro passi veementi su per la no-

stra vecchia scala, cosí da scuoter la casa; e subito doponuove voci di stupore, finché la finestra della camera delcapitano fu spalancata con fracasso e tintinnío di vetri

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nemici in numero di sette od otto arrivarono correndo indisordinata furia, preceduti di alcuni passi dall’uomodella lanterna. Tre di essi andavano insieme dandosi lamano, ed io malgrado la nebbia potei discernere chequello di mezzo era il cieco. Poco dopo la sua voce miprovò che non m’ero sbagliato.

«Giú la porta» gridò lui.«Sí! Sí!» rispose un coro di due o tre; e si scagliarono

contro l’“Ammiraglio Benbow” seguiti dal portatoredella lanterna. Poi li vidi ristare e li udii confabulare abassa voce come fossero sorpresi di trovar la porta aper-ta. Ma la pausa durò poco, poiché il cieco riprese a lan-ciar ordini. E la sua voce echeggiava piú forte e piúagra, come s’egli bruciasse d’impazienza e di rabbia.

«Dentro! Dentro! Dentro!» urlava, maledicendoli perl’indugio.

Quattro o cinque immediatamente ubbidirono, e duerimasero sulla strada col terribile pezzente. Un silenzio,un grido di sorpresa, e infine come un tuono dall’inter-no.

«Bill è morto!»Ma di nuovo il cieco bestemmiava loro e la loro len-

tezza.«Uno di voi che lo frughi» gridò «poltroni mangiau-

fo, e gli altri su, a cercare il baule.»Intesi lo strepito dei loro passi veementi su per la no-

stra vecchia scala, cosí da scuoter la casa; e subito doponuove voci di stupore, finché la finestra della camera delcapitano fu spalancata con fracasso e tintinnío di vetri

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infranti, e un uomo si sporse al chiaro di luna, testa espalle, rivolgendosi al cieco nella strada.

«Pew» gridò «ci hanno preceduti. Qualcuno ha messoil baule sossopra.»

«C’è?» ruggí Pew.«Il denaro c’è.»«All’inferno il denaro. La carta di Flint, dico io.»«Non la troviamo in nessun posto» replicò l’uomo.«Ehi, voi di sotto, c’è in dosso a Bill?»A questo punto un altro camerata, quello probabil-

mente ch’era rimasto a frugare il corpo del capitano, siaffacciò sulla soglia dell’albergo.

«Bill è già stato frugato» disse. «Non c’è nulla.»«È la gente dell’albergo: è quel ragazzo. Ah, gli aves-

si cavati gli occhi!» imprecò il cieco. «Eran lí poco fa:avevano inchiavistellato la porta quando io tentaid’entrare. Su, mocciosi, datevi d’attorno, e trovatemeli.»

«Non c’è dubbio: han lasciato il loro moccolo qui»disse il compagno dalla finestra.

«Datevi d’attorno e trovatemeli. Buttate all’aria lacasa!» reiterò Pew picchiando in terra col bastone.

Un casaldiavolo successe nella nostra vecchia dimo-ra: passi pesanti che pestavano su e giú, mobili rovescia-ti, usci sfondati a calci, con un fracasso da intronare ilvicinato, finché gli uomini di nuovo vennero giú dichia-rando che in nessun luogo ci si poteva scovare. Proprioin quel punto lo stesso fischio che già aveva turbato miamadre e me mentre stavamo contando il denaro del ca-pitano, echeggiò di nuovo chiaro nella notte, ma ora due

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infranti, e un uomo si sporse al chiaro di luna, testa espalle, rivolgendosi al cieco nella strada.

«Pew» gridò «ci hanno preceduti. Qualcuno ha messoil baule sossopra.»

«C’è?» ruggí Pew.«Il denaro c’è.»«All’inferno il denaro. La carta di Flint, dico io.»«Non la troviamo in nessun posto» replicò l’uomo.«Ehi, voi di sotto, c’è in dosso a Bill?»A questo punto un altro camerata, quello probabil-

mente ch’era rimasto a frugare il corpo del capitano, siaffacciò sulla soglia dell’albergo.

«Bill è già stato frugato» disse. «Non c’è nulla.»«È la gente dell’albergo: è quel ragazzo. Ah, gli aves-

si cavati gli occhi!» imprecò il cieco. «Eran lí poco fa:avevano inchiavistellato la porta quando io tentaid’entrare. Su, mocciosi, datevi d’attorno, e trovatemeli.»

«Non c’è dubbio: han lasciato il loro moccolo qui»disse il compagno dalla finestra.

«Datevi d’attorno e trovatemeli. Buttate all’aria lacasa!» reiterò Pew picchiando in terra col bastone.

Un casaldiavolo successe nella nostra vecchia dimo-ra: passi pesanti che pestavano su e giú, mobili rovescia-ti, usci sfondati a calci, con un fracasso da intronare ilvicinato, finché gli uomini di nuovo vennero giú dichia-rando che in nessun luogo ci si poteva scovare. Proprioin quel punto lo stesso fischio che già aveva turbato miamadre e me mentre stavamo contando il denaro del ca-pitano, echeggiò di nuovo chiaro nella notte, ma ora due

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volte ripetuto. Io aveva prima pensato che fosse un avvi-so del cieco destinato a scagliar la sua banda all’assalto;ora invece capii ch’era un suono proveniente dall’altodella collina verso il villaggio; e, a giudicarne dall’effet-to prodotto sui contrabbandieri, li avvertiva dell’appros-simarsi d’un pericolo.

«Di nuovo Dirk» disse uno. «Due volte! Converràsloggiare, amici.»

«Sloggiate pure, vigliacchi!» gridò Pew. «Dirk non èmai stato altro che uno stupido coniglio: non dovrestebadargli. Devono esser lí; non possono esser lontani;nelle mani, li avete. Movetevi, cercateli, razza di cani!Oh, il diavolo mi pigli! Avessi la mia vista!»

Codesta intemerata parve produrre un qualche effetto.Due d’essi si diedero a cercar qua e là tra le robe scon-volte, a malincuore però, credo io, e tuttavia preoccupaticiascuno del proprio rischio, mentre gli altri rimaserosulla strada irresoluti.

«Avete sottomano un mucchio d’oro, idioti che siete,ed eccovi lí impalati! Sareste ricchi come tanti re, se tro-vaste “quello”: e voi sapete che c’è, e vi ciondolatecome marmotte. Ci fu mai uno di voi che osasse tenertesta a Bill? E io gli ho tenuto testa, io cieco! E perderòla mia fortuna per causa vostra. Sarò un povero dannatocostretto a mendicar un sorso di rum, mentre potrei far-mi rotolare in carrozza! Se aveste appena il coraggiod’un sorcio in una forma di cacio, li avreste già acciuffa-ti.

«Al diavolo Pew!» borbottò uno «abbiamo i doppio-

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volte ripetuto. Io aveva prima pensato che fosse un avvi-so del cieco destinato a scagliar la sua banda all’assalto;ora invece capii ch’era un suono proveniente dall’altodella collina verso il villaggio; e, a giudicarne dall’effet-to prodotto sui contrabbandieri, li avvertiva dell’appros-simarsi d’un pericolo.

«Di nuovo Dirk» disse uno. «Due volte! Converràsloggiare, amici.»

«Sloggiate pure, vigliacchi!» gridò Pew. «Dirk non èmai stato altro che uno stupido coniglio: non dovrestebadargli. Devono esser lí; non possono esser lontani;nelle mani, li avete. Movetevi, cercateli, razza di cani!Oh, il diavolo mi pigli! Avessi la mia vista!»

Codesta intemerata parve produrre un qualche effetto.Due d’essi si diedero a cercar qua e là tra le robe scon-volte, a malincuore però, credo io, e tuttavia preoccupaticiascuno del proprio rischio, mentre gli altri rimaserosulla strada irresoluti.

«Avete sottomano un mucchio d’oro, idioti che siete,ed eccovi lí impalati! Sareste ricchi come tanti re, se tro-vaste “quello”: e voi sapete che c’è, e vi ciondolatecome marmotte. Ci fu mai uno di voi che osasse tenertesta a Bill? E io gli ho tenuto testa, io cieco! E perderòla mia fortuna per causa vostra. Sarò un povero dannatocostretto a mendicar un sorso di rum, mentre potrei far-mi rotolare in carrozza! Se aveste appena il coraggiod’un sorcio in una forma di cacio, li avreste già acciuffa-ti.

«Al diavolo Pew!» borbottò uno «abbiamo i doppio-

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ni, e basta.»«Probabilmente l’han nascosto, quel benedetto affa-

re» disse un altro. «Prendi le sterline, Pew, e smetti disbraitare.»

Sbraitare era il termine adatto, talmente imbestiatos’era Pew a quelle obiezioni, finché la collera lo sopraf-fece affatto, e come impazzito si mise a battere nel muc-chio a casaccio, e il suo bastone risonò sordamente sullespalle di piú d’uno.

Essi a loro volta scaricarono un sacco di maledizionie minacce sullo sciagurato cieco, tentando in vano di af-ferrargli il bastone e strapparglielo di mano.

Questa contesa fu la nostra salvezza, poiché mentreancora essa bolliva, un altro rumore giunse ai nostriorecchi di sulla cima della collina verso il villaggio: unoscalpitar di cavalli cacciati al galoppo. Quasi nello stes-so istante il lampo e la detonazione d’un colpo di pistolapartirono dal lato della siepe. Era evidentemente l’estre-mo segnale del pericolo: difatti i filibustieri voltaronosubito la schiena e si squagliarono correndo chi giú lun-go la spiaggia, chi di traverso su per la collina, e cosívia; talché in mezzo minuto non rimase d’essi, eccettoPew, la minima traccia.

Il perché l’avessero piantato: se per effetto dello spa-vento, o per vendetta delle male parole e percosse, ionon saprei: il fatto è ch’egli restò solo, e andava su e giútempestando col bastone il terreno, come delirasse, echiamando a gran voce i compagni. Finalmente sba-gliando direzione prese a correre verso il villaggio e mi

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ni, e basta.»«Probabilmente l’han nascosto, quel benedetto affa-

re» disse un altro. «Prendi le sterline, Pew, e smetti disbraitare.»

Sbraitare era il termine adatto, talmente imbestiatos’era Pew a quelle obiezioni, finché la collera lo sopraf-fece affatto, e come impazzito si mise a battere nel muc-chio a casaccio, e il suo bastone risonò sordamente sullespalle di piú d’uno.

Essi a loro volta scaricarono un sacco di maledizionie minacce sullo sciagurato cieco, tentando in vano di af-ferrargli il bastone e strapparglielo di mano.

Questa contesa fu la nostra salvezza, poiché mentreancora essa bolliva, un altro rumore giunse ai nostriorecchi di sulla cima della collina verso il villaggio: unoscalpitar di cavalli cacciati al galoppo. Quasi nello stes-so istante il lampo e la detonazione d’un colpo di pistolapartirono dal lato della siepe. Era evidentemente l’estre-mo segnale del pericolo: difatti i filibustieri voltaronosubito la schiena e si squagliarono correndo chi giú lun-go la spiaggia, chi di traverso su per la collina, e cosívia; talché in mezzo minuto non rimase d’essi, eccettoPew, la minima traccia.

Il perché l’avessero piantato: se per effetto dello spa-vento, o per vendetta delle male parole e percosse, ionon saprei: il fatto è ch’egli restò solo, e andava su e giútempestando col bastone il terreno, come delirasse, echiamando a gran voce i compagni. Finalmente sba-gliando direzione prese a correre verso il villaggio e mi

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oltrepassò gridando:«Johnny, Can-Nero, Dirk» e altri nomi «non abban-

donate il vostro vecchio Pew, camerati... il vostro vec-chio Pew!»

In quel punto il rumore della cavalcata raggiunsel’altura, e quattro o cinque cavalieri apparvero nel chia-ro di luna e si calarono a galoppo serrato giú per il pen-dío.

Pew si accorse allora del proprio errore; si voltò conun grido, e si avventò dritto in direzione del fosso doveruzzolò. Ma in un batter d’occhio si rialzò; e, inferocitocom’era, prese un altro abbrivo che lo portò sotto il pri-mo dei venienti cavalli.

Il cavaliere tentò scansarlo, ma in vano. Pew caddecon un urlo che risonò nella notte, e quattro zampe fer-rate lo calpestarono, oltrepassandolo. Egli si piegò sopraun fianco, poi mollemente si abbatté sulla sua faccia, enon si mosse piú.

Io scattai in piedi, e detti una voce ai cavalieri. Essis’arrestarono inorriditi, e tosto li riconobbi. Un di loro,che stava in coda, era un ragazzo mandato dal villaggioin cerca del dottor Livesey; gli altri erano ufficiali delladogana ch’egli aveva incontrati a mezzo cammino, eche aveva avuto l’accortezza di ricondurre con sé. Qual-che voce circa il trabaccolo della Tana di Kitt era giuntafino all’orecchio del sovrintendente Dance, sospingen-dolo quella stessa notte sui nostri passi: e fu questa lacircostanza che salvò mia madre e me dalla morte.

Pew era morto, e ben morto. Quanto a mia madre, ap-

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oltrepassò gridando:«Johnny, Can-Nero, Dirk» e altri nomi «non abban-

donate il vostro vecchio Pew, camerati... il vostro vec-chio Pew!»

In quel punto il rumore della cavalcata raggiunsel’altura, e quattro o cinque cavalieri apparvero nel chia-ro di luna e si calarono a galoppo serrato giú per il pen-dío.

Pew si accorse allora del proprio errore; si voltò conun grido, e si avventò dritto in direzione del fosso doveruzzolò. Ma in un batter d’occhio si rialzò; e, inferocitocom’era, prese un altro abbrivo che lo portò sotto il pri-mo dei venienti cavalli.

Il cavaliere tentò scansarlo, ma in vano. Pew caddecon un urlo che risonò nella notte, e quattro zampe fer-rate lo calpestarono, oltrepassandolo. Egli si piegò sopraun fianco, poi mollemente si abbatté sulla sua faccia, enon si mosse piú.

Io scattai in piedi, e detti una voce ai cavalieri. Essis’arrestarono inorriditi, e tosto li riconobbi. Un di loro,che stava in coda, era un ragazzo mandato dal villaggioin cerca del dottor Livesey; gli altri erano ufficiali delladogana ch’egli aveva incontrati a mezzo cammino, eche aveva avuto l’accortezza di ricondurre con sé. Qual-che voce circa il trabaccolo della Tana di Kitt era giuntafino all’orecchio del sovrintendente Dance, sospingen-dolo quella stessa notte sui nostri passi: e fu questa lacircostanza che salvò mia madre e me dalla morte.

Pew era morto, e ben morto. Quanto a mia madre, ap-

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pena trasportata al villaggio, alcune gocce d’acqua fred-da e dei sali erano bastati a farle riprendere i sensi: edella ora, piú che risentirsi del passato spavento, badava arimpiangere il resto del suo denaro. Frattanto il sovrin-tendente galoppava a gran carriera verso la Tana di Kitt,mentre ai suoi uomini era toccato smontare e calarsi atastoni giú per la ripa conducendo e talvolta sostenendoi loro cavalli, premuti dal timore d’una imboscata; sic-ché non deve far meraviglia se arrivando alla Tana diKitt trovarono che il trabaccolo già aveva levato l’ànco-ra, pur non essendosi scostato molto da terra. Il sovrin-tendente chiamò. Risposero da bordo avvertendolo di ri-pararsi dal chiaro di luna se non voleva buscarsi un po’di piombo: e in quel medesimo istante il fischio d’unapallottola gli sfiorò il braccio. Poco dopo il trabaccolodoppiava la punta del promontorio, e spariva. Il signorDance rimase lí, per dirla con le sue parole, come un pe-sce fuor d’acqua, e tutto quanto poté fare fu di spedireun uomo a B... per informare il cutter della dogana: “ilche”, disse lui “non servirà proprio a nulla. Se la sonoscapolata liscia, ed è un affare finito. A parte ciò, sonocontento d’aver pestato i calli a Mastro Pew” aggiunse,avendo allora allora udito il mio racconto.

Io ritornai con lui all’“Ammiraglio Benbow”. Non sipuò immaginare in quale stato di sconvolgimento trovaila nostra povera casa. Persino l’orologio era stato butta-to a terra e fracassato da quei gaglioffi nella loro dispe-rata caccia a me e a mia madre; e quantunque nulla fos-se stato asportato all’infuori della borsa del capitano e

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pena trasportata al villaggio, alcune gocce d’acqua fred-da e dei sali erano bastati a farle riprendere i sensi: edella ora, piú che risentirsi del passato spavento, badava arimpiangere il resto del suo denaro. Frattanto il sovrin-tendente galoppava a gran carriera verso la Tana di Kitt,mentre ai suoi uomini era toccato smontare e calarsi atastoni giú per la ripa conducendo e talvolta sostenendoi loro cavalli, premuti dal timore d’una imboscata; sic-ché non deve far meraviglia se arrivando alla Tana diKitt trovarono che il trabaccolo già aveva levato l’ànco-ra, pur non essendosi scostato molto da terra. Il sovrin-tendente chiamò. Risposero da bordo avvertendolo di ri-pararsi dal chiaro di luna se non voleva buscarsi un po’di piombo: e in quel medesimo istante il fischio d’unapallottola gli sfiorò il braccio. Poco dopo il trabaccolodoppiava la punta del promontorio, e spariva. Il signorDance rimase lí, per dirla con le sue parole, come un pe-sce fuor d’acqua, e tutto quanto poté fare fu di spedireun uomo a B... per informare il cutter della dogana: “ilche”, disse lui “non servirà proprio a nulla. Se la sonoscapolata liscia, ed è un affare finito. A parte ciò, sonocontento d’aver pestato i calli a Mastro Pew” aggiunse,avendo allora allora udito il mio racconto.

Io ritornai con lui all’“Ammiraglio Benbow”. Non sipuò immaginare in quale stato di sconvolgimento trovaila nostra povera casa. Persino l’orologio era stato butta-to a terra e fracassato da quei gaglioffi nella loro dispe-rata caccia a me e a mia madre; e quantunque nulla fos-se stato asportato all’infuori della borsa del capitano e

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un po’ di moneta dal cassetto del bar, mi bastò un colpod’occhio per convincermi ch’eravamo rovinati. Il signorDance, poi, non riusciva a spiegarsi quello spettacolo.

«Hanno tolto il denaro, mi dici. Ma, allora, Hawkins,che diavolo cercavano ancora? Dell’altro denaro forse?»

«No, signore, non credo» risposi. «In realtà, signore,credo aver io in tasca ciò ch’essi cercavano, e, per dirvila verità, desidererei metterlo al sicuro.»

«Giusto, ragazzo mio» disse lui. «Puoi consegnarlo ame, se ti pare.»

«Io pensavo che, forse, il dottor Livesey....» presi adire.

«Benissimo» interruppe lui con fervore «benissimo:un gentiluomo e un magistrato. E adesso che ci penso,converrebbe a me pure correr fin là, per fare il mio rap-porto a lui o al cavaliere. Mastro Pew è morto, dopo tut-to: non che io lo rammarichi; ma è morto, capisci, e lagente se ne varrà magari volentieri, se può, per dare ad-dosso ad un ufficiale delle dogane di Sua Maestà. Ebbe-ne, se ti piace, ti porto con me.»

Lo ringraziai cordialmente, e ci restituimmo al villag-gio dove i cavalli aspettavano. Il tempo di informaremia madre del mio divisamento, ed ecco tutti in sella.

«Dogger» disse il signor Dance «tu hai un buon ca-vallo, prenditi in groppa questo ragazzo.»

Tosto ch’io fui montato, tenendomi al cinturino diDogger, il sovrintendente diede il segnale, e la brigata silanciò a gran trotto sulla strada che conduceva alla casadel dottor Livesey.

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un po’ di moneta dal cassetto del bar, mi bastò un colpod’occhio per convincermi ch’eravamo rovinati. Il signorDance, poi, non riusciva a spiegarsi quello spettacolo.

«Hanno tolto il denaro, mi dici. Ma, allora, Hawkins,che diavolo cercavano ancora? Dell’altro denaro forse?»

«No, signore, non credo» risposi. «In realtà, signore,credo aver io in tasca ciò ch’essi cercavano, e, per dirvila verità, desidererei metterlo al sicuro.»

«Giusto, ragazzo mio» disse lui. «Puoi consegnarlo ame, se ti pare.»

«Io pensavo che, forse, il dottor Livesey....» presi adire.

«Benissimo» interruppe lui con fervore «benissimo:un gentiluomo e un magistrato. E adesso che ci penso,converrebbe a me pure correr fin là, per fare il mio rap-porto a lui o al cavaliere. Mastro Pew è morto, dopo tut-to: non che io lo rammarichi; ma è morto, capisci, e lagente se ne varrà magari volentieri, se può, per dare ad-dosso ad un ufficiale delle dogane di Sua Maestà. Ebbe-ne, se ti piace, ti porto con me.»

Lo ringraziai cordialmente, e ci restituimmo al villag-gio dove i cavalli aspettavano. Il tempo di informaremia madre del mio divisamento, ed ecco tutti in sella.

«Dogger» disse il signor Dance «tu hai un buon ca-vallo, prenditi in groppa questo ragazzo.»

Tosto ch’io fui montato, tenendomi al cinturino diDogger, il sovrintendente diede il segnale, e la brigata silanciò a gran trotto sulla strada che conduceva alla casadel dottor Livesey.

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VILE CARTE DEL CAPITANO

Cavalcammo speditamente lungo tutto il cammino,finché ci arrestammo alla porta del dottor Livesey.

La facciata della casa era completamente buia.Il signor Dance mi ordinò di saltare a terra e picchia-

re, e Dogger mi prestò la staffa per discendere. Subito laporta si aperse, e alla mia domanda se il dottore fosse incasa, la cameriera rispose ch’era rientrato nel pomerig-gio ma poi di nuovo era uscito per recarsi a pranzare alcastello e passar la serata col cavaliere.

«Ebbene, andiamo là, ragazzi» disse il signor Dance.Questa volta siccome il tragitto era breve non montai

a cavallo, ma corsi dietro a Dogger tenendomi alla co-reggia della sua staffa fino al cancello, e poi su per illungo viale dagli alberi spogli, illuminato dalla luna, infondo al quale la bianca mole del castello si ergeva do-minando per ogni lato i vasti e antichi parchi.

Costí il signor Dance smontò, e presomi con sé, dettauna parola, venne introdotto.

Il servo ci condusse lungo un corridoio tappezzato distuoie, facendoci alfine entrare in una spaziosa bibliote-ca tutta foderata di scansíe sormontate da busti, dove ilcavaliere e il dottore Livesey con la pipa in mano stava-no seduti a lati di un allegro fuoco.

Io non avevo mai visto il cavaliere cosí da vicino. Eraun pezzo d’uomo alto piú di sei piedi, quadrato, dallafaccia aperta e fiera, che i lunghi viaggi di mare aveva-

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VILE CARTE DEL CAPITANO

Cavalcammo speditamente lungo tutto il cammino,finché ci arrestammo alla porta del dottor Livesey.

La facciata della casa era completamente buia.Il signor Dance mi ordinò di saltare a terra e picchia-

re, e Dogger mi prestò la staffa per discendere. Subito laporta si aperse, e alla mia domanda se il dottore fosse incasa, la cameriera rispose ch’era rientrato nel pomerig-gio ma poi di nuovo era uscito per recarsi a pranzare alcastello e passar la serata col cavaliere.

«Ebbene, andiamo là, ragazzi» disse il signor Dance.Questa volta siccome il tragitto era breve non montai

a cavallo, ma corsi dietro a Dogger tenendomi alla co-reggia della sua staffa fino al cancello, e poi su per illungo viale dagli alberi spogli, illuminato dalla luna, infondo al quale la bianca mole del castello si ergeva do-minando per ogni lato i vasti e antichi parchi.

Costí il signor Dance smontò, e presomi con sé, dettauna parola, venne introdotto.

Il servo ci condusse lungo un corridoio tappezzato distuoie, facendoci alfine entrare in una spaziosa bibliote-ca tutta foderata di scansíe sormontate da busti, dove ilcavaliere e il dottore Livesey con la pipa in mano stava-no seduti a lati di un allegro fuoco.

Io non avevo mai visto il cavaliere cosí da vicino. Eraun pezzo d’uomo alto piú di sei piedi, quadrato, dallafaccia aperta e fiera, che i lunghi viaggi di mare aveva-

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no arrossata e tagliuzzata di rughe; le sue sopracciglianerissime si movevano frequenti, e ciò gli dava un’arianon cattiva, direi, ma piuttosto vivace e altiera.

«Venga, signor Dance» egli disse con un fare affabilee dignitoso.

«Buona sera, Dance» disse il dottore, con un cennodel capo. «E buona sera a te, amico Jim. Che buon ventovi porta qui?»

Dritto in piedi e rigido, il sovrintendente prese a nar-rare il fatto speditamente come recitasse una lezione, edera curioso vedere come gli ascoltatori pendevano dallesue labbra e tratto tratto si scambiavano occhiate dimen-ticando, nella meraviglia e commozione, di fumare.Udendo poi la prova di coraggio di mia madre, il dottorLivesey si dette una pacca sulla coscia, e il cavalieregridò “Brava” con un gesto che gli fece spezzare controil camino la sua lunga pipa. Molto prima che il raccontofosse terminato, il signor Trelawney (era questo come illettore ricorderà il nome del cavaliere) era scattato inpiedi, e andava misurando a lunghi passi la sala; e il dot-tore si era tolta, come per meglio udire, la parrucca inci-priata, scoprendo la testa dai capelli neri completamenterasi, il che gli dava uno stranissimo aspetto.

«Signor Dance» disse il cavaliere appena il sovrinten-dente ebbe finito «lei è una degnissima persona. Quantoall’aver schiacciato quel mostro di atrocità, io lo consi-dero come un atto meritorio, come schiacciare un ser-pente. Questo ragazzo poi, è un coraggioso, a quantovedo. Hawkins, vuoi suonare quel campanello? Il signor

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no arrossata e tagliuzzata di rughe; le sue sopracciglianerissime si movevano frequenti, e ciò gli dava un’arianon cattiva, direi, ma piuttosto vivace e altiera.

«Venga, signor Dance» egli disse con un fare affabilee dignitoso.

«Buona sera, Dance» disse il dottore, con un cennodel capo. «E buona sera a te, amico Jim. Che buon ventovi porta qui?»

Dritto in piedi e rigido, il sovrintendente prese a nar-rare il fatto speditamente come recitasse una lezione, edera curioso vedere come gli ascoltatori pendevano dallesue labbra e tratto tratto si scambiavano occhiate dimen-ticando, nella meraviglia e commozione, di fumare.Udendo poi la prova di coraggio di mia madre, il dottorLivesey si dette una pacca sulla coscia, e il cavalieregridò “Brava” con un gesto che gli fece spezzare controil camino la sua lunga pipa. Molto prima che il raccontofosse terminato, il signor Trelawney (era questo come illettore ricorderà il nome del cavaliere) era scattato inpiedi, e andava misurando a lunghi passi la sala; e il dot-tore si era tolta, come per meglio udire, la parrucca inci-priata, scoprendo la testa dai capelli neri completamenterasi, il che gli dava uno stranissimo aspetto.

«Signor Dance» disse il cavaliere appena il sovrinten-dente ebbe finito «lei è una degnissima persona. Quantoall’aver schiacciato quel mostro di atrocità, io lo consi-dero come un atto meritorio, come schiacciare un ser-pente. Questo ragazzo poi, è un coraggioso, a quantovedo. Hawkins, vuoi suonare quel campanello? Il signor

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Dance berrà un bicchiere di birra.»«Sicché, Jim» disse il dottore «tu hai ciò che loro cer-

cavano, no?»«Eccolo qui» risposi io porgendo il pacchetto di tela

cerata.Il dottore l’esaminò voltandolo e rivoltandolo per

ogni lato, come se le dita gli pizzicassero dalla voglia diaprirlo; ma poi finí per metterselo tranquillamente in ta-sca.

«Cavaliere» diss’egli «quando Dance avrà bevuta lasua birra gli toccherà naturalmente restituirsi al serviziodi Sua Maestà; ma io penso di trattenere qui Jim Haw-kins: egli dormirà a casa mia; e frattanto, con vostropermesso, non si potrebbe fargli avere un po’ di pastic-cio freddo?»

«Come volete, Livesey» disse il cavaliere «Hawkinss’è guadagnato assai piú che il pasticcio freddo.»

E cosí un abbondante pasticcio di piccione mi fu ser-vito a una piccola tavola, ed io cenai di gusto, giacchéavevo una fame da lupo; mentre il signor Dance, ricol-mato di complimenti, erasi congedato.

«E ora, cavaliere...» disse il dottore.«E ora, Livesey...» disse a un tempo il cavaliere.«Uno alla volta! Uno alla volta!» rise il dottore.«Credo che avrete inteso parlare di questo Flint, nev-

vero?»«Di Flint!» esclamò il cavaliere. «Se ho inteso parlar

di Flint, mi dite! Il piú tremendo dei pirati che mai te-nessero il mare, era lui. Barbablu, al paragone, era un

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Dance berrà un bicchiere di birra.»«Sicché, Jim» disse il dottore «tu hai ciò che loro cer-

cavano, no?»«Eccolo qui» risposi io porgendo il pacchetto di tela

cerata.Il dottore l’esaminò voltandolo e rivoltandolo per

ogni lato, come se le dita gli pizzicassero dalla voglia diaprirlo; ma poi finí per metterselo tranquillamente in ta-sca.

«Cavaliere» diss’egli «quando Dance avrà bevuta lasua birra gli toccherà naturalmente restituirsi al serviziodi Sua Maestà; ma io penso di trattenere qui Jim Haw-kins: egli dormirà a casa mia; e frattanto, con vostropermesso, non si potrebbe fargli avere un po’ di pastic-cio freddo?»

«Come volete, Livesey» disse il cavaliere «Hawkinss’è guadagnato assai piú che il pasticcio freddo.»

E cosí un abbondante pasticcio di piccione mi fu ser-vito a una piccola tavola, ed io cenai di gusto, giacchéavevo una fame da lupo; mentre il signor Dance, ricol-mato di complimenti, erasi congedato.

«E ora, cavaliere...» disse il dottore.«E ora, Livesey...» disse a un tempo il cavaliere.«Uno alla volta! Uno alla volta!» rise il dottore.«Credo che avrete inteso parlare di questo Flint, nev-

vero?»«Di Flint!» esclamò il cavaliere. «Se ho inteso parlar

di Flint, mi dite! Il piú tremendo dei pirati che mai te-nessero il mare, era lui. Barbablu, al paragone, era un

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bambino. Gli Spagnuoli ne avevano una cosí smisuratapaura che, vi assicuro, signore, io qualche volta ero per-sino fiero di saperlo inglese. Con questi occhi ho vedutoi suoi velacci al largo di Trinidad; ebbene: quel vigliac-co di figlio d’un ubbriacone col quale navigavo, se lasvignò: sissignore, se la svignò, e si rifugiò nel Porto diSpagna.»

«Ebbene, io pure ho sentito parlar di lui in Inghilter-ra» riprese il dottore. «Ma l’importante è sapere: avevao no del denaro?»

«Del denaro?» saltò su il cavaliere. «Non avete dun-que inteso la storia? E che cosa cercavano quei furfanti,se non denaro? Di che cosa mai s’interessano, se non didenaro? Per che cosa rischierebbero la loro maledettapelle, se non per il denaro?»

«È ciò che sapremo presto» replicò il dottore. «Mavoi vi riscaldate, e m’imbrogliate talmente con le vostreesclamazioni, che io non riesco ad aprir bocca. Ciòch’io vorrei sapere, è questo: supponendo che io abbiaqui nella mia tasca il filo capace di condurmi dove Flintha seppellito il suo tesoro, credete che quel tesoro possaessere importante?»

«Importante? Per darvene un’idea, se noi possediamoil filo di cui mi parlate, io armo un bastimento nel portodi Bristol, prendo con me Hawkins e voi, e trovo il teso-ro, dovessi impiegare un anno a cercarlo!»

«Ottimamente! E allora, se a Jim non dispiace, aprire-mo il pacchetto» disse il dottore.

E lo posò sulla tavola.

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bambino. Gli Spagnuoli ne avevano una cosí smisuratapaura che, vi assicuro, signore, io qualche volta ero per-sino fiero di saperlo inglese. Con questi occhi ho vedutoi suoi velacci al largo di Trinidad; ebbene: quel vigliac-co di figlio d’un ubbriacone col quale navigavo, se lasvignò: sissignore, se la svignò, e si rifugiò nel Porto diSpagna.»

«Ebbene, io pure ho sentito parlar di lui in Inghilter-ra» riprese il dottore. «Ma l’importante è sapere: avevao no del denaro?»

«Del denaro?» saltò su il cavaliere. «Non avete dun-que inteso la storia? E che cosa cercavano quei furfanti,se non denaro? Di che cosa mai s’interessano, se non didenaro? Per che cosa rischierebbero la loro maledettapelle, se non per il denaro?»

«È ciò che sapremo presto» replicò il dottore. «Mavoi vi riscaldate, e m’imbrogliate talmente con le vostreesclamazioni, che io non riesco ad aprir bocca. Ciòch’io vorrei sapere, è questo: supponendo che io abbiaqui nella mia tasca il filo capace di condurmi dove Flintha seppellito il suo tesoro, credete che quel tesoro possaessere importante?»

«Importante? Per darvene un’idea, se noi possediamoil filo di cui mi parlate, io armo un bastimento nel portodi Bristol, prendo con me Hawkins e voi, e trovo il teso-ro, dovessi impiegare un anno a cercarlo!»

«Ottimamente! E allora, se a Jim non dispiace, aprire-mo il pacchetto» disse il dottore.

E lo posò sulla tavola.

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Ma siccome il pacchetto era cucito, fu costretto aprendere nella sua borsa le forbici chirurgiche per ta-gliare i punti, dopo di che venne fuori il contenuto: unquaderno, ed una carta suggellata.

«Prima di tutto vediamo il quaderno» disse il dottore.Gentilmente egli mi aveva invitato a partecipare al

piacere delle ricerche; ed io, levatomi dalla mia tavola,mi sporgevo ora di sopra le sue spalle, insieme col cava-liere, a guardare il quaderno aperto. Sulla prima paginaapparivano soltanto alcuni brani di scritto, quali unuomo con una penna in mano potrebbe tracciare peroziosaggine o per esercizio. Uno d’essi riportava il testodel tatuaggio Billy Bones se ne infischia. E poi c’era:Mr. W. Bones piloto, Non piú rum, L’ha avuto al largodi Palm Key e alcuni altri scarabocchi: vocaboli isolati,per lo piú, e incomprensibili. Io non potei a meno di do-mandarmi chi era che l’aveva avuto e che cosa avevaavuto. Una coltellata nella schiena, forse.

«Poco ci si ricava, qui» disse il dottor Livesey, segui-tando a sfogliare.

Le ulteriori dieci o dodici pagine erano riempite dicuriose annotazioni. C’era una data, a un capo dellariga, e all’altro capo una somma, come negli ordinari li-bri di commercio; con in mezzo, invece di un testoesplicativo, un certo numero di crocette. Al 12 giugno1745, per esempio, una somma di settanta sterline risul-tava chiaramente accreditata a qualcuno, ed in luogo delmotivo non si vedevano che sei crocette. In alcuni puntiera stato evidentemente aggiunto il nome della località,

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Ma siccome il pacchetto era cucito, fu costretto aprendere nella sua borsa le forbici chirurgiche per ta-gliare i punti, dopo di che venne fuori il contenuto: unquaderno, ed una carta suggellata.

«Prima di tutto vediamo il quaderno» disse il dottore.Gentilmente egli mi aveva invitato a partecipare al

piacere delle ricerche; ed io, levatomi dalla mia tavola,mi sporgevo ora di sopra le sue spalle, insieme col cava-liere, a guardare il quaderno aperto. Sulla prima paginaapparivano soltanto alcuni brani di scritto, quali unuomo con una penna in mano potrebbe tracciare peroziosaggine o per esercizio. Uno d’essi riportava il testodel tatuaggio Billy Bones se ne infischia. E poi c’era:Mr. W. Bones piloto, Non piú rum, L’ha avuto al largodi Palm Key e alcuni altri scarabocchi: vocaboli isolati,per lo piú, e incomprensibili. Io non potei a meno di do-mandarmi chi era che l’aveva avuto e che cosa avevaavuto. Una coltellata nella schiena, forse.

«Poco ci si ricava, qui» disse il dottor Livesey, segui-tando a sfogliare.

Le ulteriori dieci o dodici pagine erano riempite dicuriose annotazioni. C’era una data, a un capo dellariga, e all’altro capo una somma, come negli ordinari li-bri di commercio; con in mezzo, invece di un testoesplicativo, un certo numero di crocette. Al 12 giugno1745, per esempio, una somma di settanta sterline risul-tava chiaramente accreditata a qualcuno, ed in luogo delmotivo non si vedevano che sei crocette. In alcuni puntiera stato evidentemente aggiunto il nome della località,

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come Al largo di Caracas, oppure una semplice indica-zione di latitudine e longitudine, come 62° 17' 20", 19°2' 40".

Le registrazioni abbracciavano un periodo di circavent’anni; gli importi crescevano a ogni piè di pagina,ed in ultimo, dopo cinque o sei tentativi di addizionesbagliati, un gran totale era stato fatto con aggiunte leparole Bones, il suo gruzzolo.

«Non ci capisco un’acca» disse il dottor Livesey.«È chiaro come la luce del sole» ribatté il cavaliere

«codesto è il libro di conti di quella canaglia. Le crocet-te rappresentano navigli affondati o città saccheggiate.Le somme indicano la parte toccata al miserabile; edov’egli temeva un equivoco, aggiungeva, come vedete,qualcosa di piú preciso. Guardate: Al largo di Caracas.Qui si tratta di qualche disgraziato naviglio assalito allargo di quella costa. Dio assista l’anima dei poverettich’erano a bordo: da tanto tempo son fatti corallo.»

«Giusto!» osservò il dottore. «Ecco che cosa significaaver navigato. Giusto! E si vede che le somme aumenta-no di mano in mano che egli sale di grado.

Null’altro v’era nel quaderno all’infuori delle posizio-ni di alcuni luoghi registrate negli ultimi fogli bianchi; euna tavola di equivalenze per le monete francesi, inglesie spagnuole.

«Uomo avveduto!» esclamò il dottore. «E tale da nonlasciarsi facilmente imbrogliare.»

«E ora» riprese il cavaliere «passiamo all’altro.»La carta era stata suggellata in parecchi punti adope-

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come Al largo di Caracas, oppure una semplice indica-zione di latitudine e longitudine, come 62° 17' 20", 19°2' 40".

Le registrazioni abbracciavano un periodo di circavent’anni; gli importi crescevano a ogni piè di pagina,ed in ultimo, dopo cinque o sei tentativi di addizionesbagliati, un gran totale era stato fatto con aggiunte leparole Bones, il suo gruzzolo.

«Non ci capisco un’acca» disse il dottor Livesey.«È chiaro come la luce del sole» ribatté il cavaliere

«codesto è il libro di conti di quella canaglia. Le crocet-te rappresentano navigli affondati o città saccheggiate.Le somme indicano la parte toccata al miserabile; edov’egli temeva un equivoco, aggiungeva, come vedete,qualcosa di piú preciso. Guardate: Al largo di Caracas.Qui si tratta di qualche disgraziato naviglio assalito allargo di quella costa. Dio assista l’anima dei poverettich’erano a bordo: da tanto tempo son fatti corallo.»

«Giusto!» osservò il dottore. «Ecco che cosa significaaver navigato. Giusto! E si vede che le somme aumenta-no di mano in mano che egli sale di grado.

Null’altro v’era nel quaderno all’infuori delle posizio-ni di alcuni luoghi registrate negli ultimi fogli bianchi; euna tavola di equivalenze per le monete francesi, inglesie spagnuole.

«Uomo avveduto!» esclamò il dottore. «E tale da nonlasciarsi facilmente imbrogliare.»

«E ora» riprese il cavaliere «passiamo all’altro.»La carta era stata suggellata in parecchi punti adope-

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rando come sigillo un ditale: lo stesso ditale forse che ioavevo rinvenuto nella tasca del capitano. Il dottore rup-pe con molta precauzione i suggelli, e ne uscí la piantad’un’isola con i dati di latitudine e longitudine, fondali,nomi di alture, baie e imboccature, ed ogni altra indica-zione necessaria a poter condurre un bastimento pressola costa in un sicuro ancoraggio. Misurava quest’isolacirca nove miglia in lungo e cinque in largo, simile nellaforma a un grosso drago rampante, ed aveva due portiassai ben riparati, e nel centro una collina denominata“Il Cannocchiale”. Vi erano alcune aggiunte di data po-steriore; e, specialmente visibili, tre croci in inchiostrorosso: due nella parte nord dell’isola, una al sud-ovest;inoltre, accanto a quest’ultima, nel medesimo inchiostrorosso, in una minuta e linda scrittura ben diversa dai tre-molanti caratteri del capitano, queste parole: Qui ilgrosso del tesoro.

Sul rovescio del foglio, la stessa mano aveva tracciatoi seguenti ulteriori ragguagli:

Grande albero, contrafforte del Cannocchiale, puntoin direzione N. N. E., quarta a N.

Isola dello Scheletro E. S. E., quarta ad E.Dieci piedi.La barra d’argento è nel nascondiglio nord; trovasi

nella linea del poggio est, dieci braccia a sud della pro-spiciente rupe nera.

Le armi saranno presto trovate, nella collina di sab-bia, all’estremità N. del capo della baia nord: direzioneE., e una quarta N.

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rando come sigillo un ditale: lo stesso ditale forse che ioavevo rinvenuto nella tasca del capitano. Il dottore rup-pe con molta precauzione i suggelli, e ne uscí la piantad’un’isola con i dati di latitudine e longitudine, fondali,nomi di alture, baie e imboccature, ed ogni altra indica-zione necessaria a poter condurre un bastimento pressola costa in un sicuro ancoraggio. Misurava quest’isolacirca nove miglia in lungo e cinque in largo, simile nellaforma a un grosso drago rampante, ed aveva due portiassai ben riparati, e nel centro una collina denominata“Il Cannocchiale”. Vi erano alcune aggiunte di data po-steriore; e, specialmente visibili, tre croci in inchiostrorosso: due nella parte nord dell’isola, una al sud-ovest;inoltre, accanto a quest’ultima, nel medesimo inchiostrorosso, in una minuta e linda scrittura ben diversa dai tre-molanti caratteri del capitano, queste parole: Qui ilgrosso del tesoro.

Sul rovescio del foglio, la stessa mano aveva tracciatoi seguenti ulteriori ragguagli:

Grande albero, contrafforte del Cannocchiale, puntoin direzione N. N. E., quarta a N.

Isola dello Scheletro E. S. E., quarta ad E.Dieci piedi.La barra d’argento è nel nascondiglio nord; trovasi

nella linea del poggio est, dieci braccia a sud della pro-spiciente rupe nera.

Le armi saranno presto trovate, nella collina di sab-bia, all’estremità N. del capo della baia nord: direzioneE., e una quarta N.

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«J.F.»Null’altro: ma, pur nella sua brevità, e per quanto a

me incomprensibile, il documento colmò di gioia il ca-valiere e il dottore.

«Livesey» ruppe il cavaliere «voi lascerete immedia-tamente codesta vostra misera clientela. Io domani filo aBristol. Tempo tre settimane, tre settimane!, due setti-mane, dieci giorni forse, avrò a mia disposizione il mi-glior bastimento d’Inghilterra, e la schiuma degli equi-paggi. Hawkins ci accompagnerà come mozzo. Tu, Ha-wkins, sarai un mozzo eccellente. Voi, Livesey, sarete ilmedico di bordo; io l’ammiraglio. Prenderemo con noiRedruth, Joyce e Hunter. Avremo venti favorevoli, unarapida traversata, e troveremo il sito senza la minimadifficoltà, e denaro a palate e a mucchi, da rotolarcisidentro e affogarci fino alla fine dei nostri giorni.»

«Trewlaney» disse il dottore «io verrò con voi, e vigarantisco che Jim farà altrettanto e si farà onore. Nonv’è che una persona, che mi preoccupi...»

«E chi è costui?» esclamò il cavaliere. «Ditemi ilnome di questo poco di buono.»

«Voi» rispose il dottore «perché non siete capace distar zitto. Noi non siamo i soli a conoscere questo docu-mento. Quei messeri che stanotte assalirono l’albergo,diavoli scatenati e disperati se mai ve ne furono, comepure gli altri della combriccola rimasti a bordo del tra-baccolo, ed altri ancora io credo non molto lontani diqui, son decisi come un sol uomo a tutto pur di entrarein possesso di quel denaro. Nessuno di noi deve andar

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«J.F.»Null’altro: ma, pur nella sua brevità, e per quanto a

me incomprensibile, il documento colmò di gioia il ca-valiere e il dottore.

«Livesey» ruppe il cavaliere «voi lascerete immedia-tamente codesta vostra misera clientela. Io domani filo aBristol. Tempo tre settimane, tre settimane!, due setti-mane, dieci giorni forse, avrò a mia disposizione il mi-glior bastimento d’Inghilterra, e la schiuma degli equi-paggi. Hawkins ci accompagnerà come mozzo. Tu, Ha-wkins, sarai un mozzo eccellente. Voi, Livesey, sarete ilmedico di bordo; io l’ammiraglio. Prenderemo con noiRedruth, Joyce e Hunter. Avremo venti favorevoli, unarapida traversata, e troveremo il sito senza la minimadifficoltà, e denaro a palate e a mucchi, da rotolarcisidentro e affogarci fino alla fine dei nostri giorni.»

«Trewlaney» disse il dottore «io verrò con voi, e vigarantisco che Jim farà altrettanto e si farà onore. Nonv’è che una persona, che mi preoccupi...»

«E chi è costui?» esclamò il cavaliere. «Ditemi ilnome di questo poco di buono.»

«Voi» rispose il dottore «perché non siete capace distar zitto. Noi non siamo i soli a conoscere questo docu-mento. Quei messeri che stanotte assalirono l’albergo,diavoli scatenati e disperati se mai ve ne furono, comepure gli altri della combriccola rimasti a bordo del tra-baccolo, ed altri ancora io credo non molto lontani diqui, son decisi come un sol uomo a tutto pur di entrarein possesso di quel denaro. Nessuno di noi deve andar

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solo finché non saremo imbarcati. Jim ed io frattantonon ci staccheremo l’uno dall’altro; voi andando a Bri-stol vi farete accompagnare da Joyce e da Hunter; e nes-sun di noi dovrà lasciarsi sfuggire una sillaba a proposi-to della nostra scoperta.»

«Livesey» replicò il cavaliere «voi avete sempre ra-gione. Io sarò muto come una tomba.»

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solo finché non saremo imbarcati. Jim ed io frattantonon ci staccheremo l’uno dall’altro; voi andando a Bri-stol vi farete accompagnare da Joyce e da Hunter; e nes-sun di noi dovrà lasciarsi sfuggire una sillaba a proposi-to della nostra scoperta.»

«Livesey» replicò il cavaliere «voi avete sempre ra-gione. Io sarò muto come una tomba.»

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PARTE SECONDAIL CUOCO DI BORDO

VIIVADO A BRISTOL

Per approntare il nostro equipaggiamento ci volle piútempo che il cavaliere non immaginasse, e nessuno deinostri primitivi progetti, neppure quello del dottor Live-sey di tenermi presso di sé, poté essere attuato secondole nostre intenzioni. Il dottore aveva dovuto recarsi aLondra in cerca di un medico a cui rimettere la propriaclientela; il cavaliere era grandemente occupato a Bri-stol, ed io ero rimasto al castello sotto la sorveglianzadel vecchio Redruth il guardacaccia. Ero quasi prigio-niero, ma il mare empiva i miei sogni con le piú delizio-se visioni di strane isole ed avventure. Ore e ore il miopensiero pendeva sulla carta della quale rammentavoesattamente i particolari. Seduto accanto al fuoco nellastanza dell’intendente, mi lasciavo trasportare dalla fan-tasia in quell’isola; ne esploravo ogni angolo; cento vol-te mi arrampicavo su per il largo dorso del monte deno-minato Il Cannocchiale, e dalla cima mi godevo i piúvarii e meravigliosi panorami. Talvolta l’isola si popola-

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PARTE SECONDAIL CUOCO DI BORDO

VIIVADO A BRISTOL

Per approntare il nostro equipaggiamento ci volle piútempo che il cavaliere non immaginasse, e nessuno deinostri primitivi progetti, neppure quello del dottor Live-sey di tenermi presso di sé, poté essere attuato secondole nostre intenzioni. Il dottore aveva dovuto recarsi aLondra in cerca di un medico a cui rimettere la propriaclientela; il cavaliere era grandemente occupato a Bri-stol, ed io ero rimasto al castello sotto la sorveglianzadel vecchio Redruth il guardacaccia. Ero quasi prigio-niero, ma il mare empiva i miei sogni con le piú delizio-se visioni di strane isole ed avventure. Ore e ore il miopensiero pendeva sulla carta della quale rammentavoesattamente i particolari. Seduto accanto al fuoco nellastanza dell’intendente, mi lasciavo trasportare dalla fan-tasia in quell’isola; ne esploravo ogni angolo; cento vol-te mi arrampicavo su per il largo dorso del monte deno-minato Il Cannocchiale, e dalla cima mi godevo i piúvarii e meravigliosi panorami. Talvolta l’isola si popola-

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va di selvaggi, coi quali combattevamo; talaltra s’infol-tiva di belve che c’inseguivano: ma in nessuna di tuttecodeste allucinazioni vidi mai cose talmente straordina-rie e tragiche come quelle che dovevamo incontrare nel-la realtà.

Passarono alcune settimane finché un bel giornogiunse all’indirizzo del dottor Livesey una lettera conl’avvertenza: Da essere aperta, in caso di sua assenza,da Tom Redruth o dal giovane Hawkins. Dissuggellata-la, trovammo, o meglio trovai, dacché il guardacaccianon se la cavava a leggere se non lo stampato, le se-guenti importanti notizie:

“Albergo dell’Àncora Vecchia – BristolI° marzo 17...

“Caro Livesey, ignorando se siete di ritorno al castel-lo o tuttora in Londra, invio la presente in doppio adambedue le destinazioni. Il bastimento è acquistato,equipaggiato, e pronto a salpare. Mai vedeste una piúgraziosa goletta, un bambino sarebbe capace di gover-narla, portata, duecento tonnellate: nome, Hispaniola.

Me la procurò il mio vecchio amico Blandly, che si ècondotto come il migliore dei camerati, dandomi provad’una bontà stupefacente. Il mio meraviglioso compa-gno si è fatto in quattro per servirmi, e la stessa cosaposso dire ha fatto ogni altra persona in Bristol non ap-pena trapelato verso qual porto noi metteremo la prua:vale a dire, il tesoro.”

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va di selvaggi, coi quali combattevamo; talaltra s’infol-tiva di belve che c’inseguivano: ma in nessuna di tuttecodeste allucinazioni vidi mai cose talmente straordina-rie e tragiche come quelle che dovevamo incontrare nel-la realtà.

Passarono alcune settimane finché un bel giornogiunse all’indirizzo del dottor Livesey una lettera conl’avvertenza: Da essere aperta, in caso di sua assenza,da Tom Redruth o dal giovane Hawkins. Dissuggellata-la, trovammo, o meglio trovai, dacché il guardacaccianon se la cavava a leggere se non lo stampato, le se-guenti importanti notizie:

“Albergo dell’Àncora Vecchia – BristolI° marzo 17...

“Caro Livesey, ignorando se siete di ritorno al castel-lo o tuttora in Londra, invio la presente in doppio adambedue le destinazioni. Il bastimento è acquistato,equipaggiato, e pronto a salpare. Mai vedeste una piúgraziosa goletta, un bambino sarebbe capace di gover-narla, portata, duecento tonnellate: nome, Hispaniola.

Me la procurò il mio vecchio amico Blandly, che si ècondotto come il migliore dei camerati, dandomi provad’una bontà stupefacente. Il mio meraviglioso compa-gno si è fatto in quattro per servirmi, e la stessa cosaposso dire ha fatto ogni altra persona in Bristol non ap-pena trapelato verso qual porto noi metteremo la prua:vale a dire, il tesoro.”

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«Redruth» dissi interrompendo la lettura «questo nongradirà al dottor Livesey. Il cavaliere ha pur finito perparlare.»

«E chi piú di lui ne aveva il diritto?» brontolò il guar-dacaccia. «Sarebbe bella che il cavaliere dovesse aspet-tare il permesso del dottor Livesey per aprir bocca.»

Dopo ciò io rinunziai a qualsiasi commento e seguitaia leggere difilato:

“Fu lo stesso Blandly a scovare la Hispaniola e ado-perandosi con incredibile accortezza riuscí ad ottenerlaper un’inezia. C’è in Bristol una categoria di genteestremamente prevenuta contro Blandly. A sentir loro,questa onesta creatura sarebbe capace di non so che, purdi far denaro; l’Hispaniola gli apparteneva; me l’avreb-be venduta a un prezzo esorbitante, e simili altre eviden-tissime calunnie. Nessuno, peraltro, osa negare le dotidella nave.

Fin qui, nessun inciampo. Gli operai, attrezzatori edaltri, d’una lentezza da stancare i santi: ma col tempo ela pazienza ci siamo arrivati. Ciò che m’inquietava eral’equipaggio.

Io volevo una buona ventina d’uomini, per l’eventua-lità d’incontri con indigeni o pirati o con quei dannatifrancesi, e m’era costato una fatica del diavolo trovarnenon piú d’una mezza dozzina, quando uno straordinariocolpo di fortuna mi portò tra le gambe proprio l’indivi-duo che faceva per me. Ero sul molo e per puro caso at-taccai discorso con lui. Seppi ch’era un vecchio marina-io, che teneva un’osteria, conosceva tutta quanta la gen-

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«Redruth» dissi interrompendo la lettura «questo nongradirà al dottor Livesey. Il cavaliere ha pur finito perparlare.»

«E chi piú di lui ne aveva il diritto?» brontolò il guar-dacaccia. «Sarebbe bella che il cavaliere dovesse aspet-tare il permesso del dottor Livesey per aprir bocca.»

Dopo ciò io rinunziai a qualsiasi commento e seguitaia leggere difilato:

“Fu lo stesso Blandly a scovare la Hispaniola e ado-perandosi con incredibile accortezza riuscí ad ottenerlaper un’inezia. C’è in Bristol una categoria di genteestremamente prevenuta contro Blandly. A sentir loro,questa onesta creatura sarebbe capace di non so che, purdi far denaro; l’Hispaniola gli apparteneva; me l’avreb-be venduta a un prezzo esorbitante, e simili altre eviden-tissime calunnie. Nessuno, peraltro, osa negare le dotidella nave.

Fin qui, nessun inciampo. Gli operai, attrezzatori edaltri, d’una lentezza da stancare i santi: ma col tempo ela pazienza ci siamo arrivati. Ciò che m’inquietava eral’equipaggio.

Io volevo una buona ventina d’uomini, per l’eventua-lità d’incontri con indigeni o pirati o con quei dannatifrancesi, e m’era costato una fatica del diavolo trovarnenon piú d’una mezza dozzina, quando uno straordinariocolpo di fortuna mi portò tra le gambe proprio l’indivi-duo che faceva per me. Ero sul molo e per puro caso at-taccai discorso con lui. Seppi ch’era un vecchio marina-io, che teneva un’osteria, conosceva tutta quanta la gen-

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te di mare di Bristol, s’era guastata la salute rimanendoa terra, e cercava un buon posto di cuoco a bordo per ri-tornar sul mare. Quel mattino se n’era venuto zoppican-do fin lí, diceva, per prendervi una boccata d’aria salsa.

Io ne fui profondamente commosso, come sarebbe ca-pitato a voi stesso, e per pura compassione lo ingaggiailí per lí come cuoco di bordo. Si chiama Long John Sil-ver, e gli manca una gamba; ma questo particolare contaper me come una raccomandazione, poiché codestagamba egli l’ha perduta servendo la Patria sotto gli ordi-ni dell’immortale Hawke. Eppure, non gli passano uncentesimo di pensione. In che tristi tempi viviamo, Live-sey!

Ebbene, io credevo fin qui di non aver trovato che uncuoco, ed era invece una intera ciurma che avevo sco-perto. Fra tutti e due riuscimmo in pochi giorni a radu-nare una brigata dei piú induriti vecchi lupi di mare chesi potesse immaginare, non certo belli da vedere, ma deitipi, come il loro aspetto dimostra, dalla tempra indoma-bile. Vi assicuro che potremmo affrontare una fregata.

Long John si è sbarazzato di due dei sei o sette che iogià avevo ingaggiati. Egli non durò fatica a persuadermich’erano dei marinai d’acqua dolce per nulla adatti aun’impresa di cosí maschia importanza.

Io sto magnificamente bene di corpo e di spirito:mangio come un bue e dormo come un ceppo; ma nonme la godrò se non quando sentirò intorno all’argano loscalpiccío dei miei vecchi lupi di mare. Al largo! Al dia-volo il tesoro! È la gloria di questo mare che m’ha fatto

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te di mare di Bristol, s’era guastata la salute rimanendoa terra, e cercava un buon posto di cuoco a bordo per ri-tornar sul mare. Quel mattino se n’era venuto zoppican-do fin lí, diceva, per prendervi una boccata d’aria salsa.

Io ne fui profondamente commosso, come sarebbe ca-pitato a voi stesso, e per pura compassione lo ingaggiailí per lí come cuoco di bordo. Si chiama Long John Sil-ver, e gli manca una gamba; ma questo particolare contaper me come una raccomandazione, poiché codestagamba egli l’ha perduta servendo la Patria sotto gli ordi-ni dell’immortale Hawke. Eppure, non gli passano uncentesimo di pensione. In che tristi tempi viviamo, Live-sey!

Ebbene, io credevo fin qui di non aver trovato che uncuoco, ed era invece una intera ciurma che avevo sco-perto. Fra tutti e due riuscimmo in pochi giorni a radu-nare una brigata dei piú induriti vecchi lupi di mare chesi potesse immaginare, non certo belli da vedere, ma deitipi, come il loro aspetto dimostra, dalla tempra indoma-bile. Vi assicuro che potremmo affrontare una fregata.

Long John si è sbarazzato di due dei sei o sette che iogià avevo ingaggiati. Egli non durò fatica a persuadermich’erano dei marinai d’acqua dolce per nulla adatti aun’impresa di cosí maschia importanza.

Io sto magnificamente bene di corpo e di spirito:mangio come un bue e dormo come un ceppo; ma nonme la godrò se non quando sentirò intorno all’argano loscalpiccío dei miei vecchi lupi di mare. Al largo! Al dia-volo il tesoro! È la gloria di questo mare che m’ha fatto

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girar la testa! Sicché, Livesey, venite senza indugio: nonperdete un’ora, se mi volete bene.

Mandate il giovane Hawkins a salutar sua madre ac-compagnato da Redruth; e poi volate a Bristol.

“JOHN TRELAWNEY”

“Poscritto. – Non vi ho detto che Blandly, il quale traparentesi ci manderà dietro una nave qualora dentroagosto non fossimo ritornati, mi ha trovato un mirabilecapitano, un uomo duro (il che rammarico) ma, sottoogni altro aspetto, una perla. Long John Silver ha scova-to un competentissimo nostromo, di nome Arrow. Ab-biamo pure un secondo che suona il piffero, Livesey:sicché le cose fileranno lisce come sopra una nave daguerra, a bordo della nostra incomparabile Hispaniola.

Dimenticavo pure di dirvi che Silver è persona seria:so da sicura fonte che tiene presso una Banca un creditoil cui importo non è mai stato oltrepassato. Egli lasceràl’osteria nelle mani della moglie; e siccome lei è una ne-gra, due impenitenti celibi come voi ed io hanno ben ra-gione di pensare che non è soltanto la salute, ma puranco la moglie, che lo risospinge a girare il mondo.

“J. T.”

“P.P.S. – Hawkins può rimanere ventiquattr’ore pres-so sua madre.”

È facile immaginare la frenesia in cui mi mise questalettera. Io ero quasi fuori di me dalla gioia e guardavocon disprezzo il vecchio Tom Redruth che non sapeva

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girar la testa! Sicché, Livesey, venite senza indugio: nonperdete un’ora, se mi volete bene.

Mandate il giovane Hawkins a salutar sua madre ac-compagnato da Redruth; e poi volate a Bristol.

“JOHN TRELAWNEY”

“Poscritto. – Non vi ho detto che Blandly, il quale traparentesi ci manderà dietro una nave qualora dentroagosto non fossimo ritornati, mi ha trovato un mirabilecapitano, un uomo duro (il che rammarico) ma, sottoogni altro aspetto, una perla. Long John Silver ha scova-to un competentissimo nostromo, di nome Arrow. Ab-biamo pure un secondo che suona il piffero, Livesey:sicché le cose fileranno lisce come sopra una nave daguerra, a bordo della nostra incomparabile Hispaniola.

Dimenticavo pure di dirvi che Silver è persona seria:so da sicura fonte che tiene presso una Banca un creditoil cui importo non è mai stato oltrepassato. Egli lasceràl’osteria nelle mani della moglie; e siccome lei è una ne-gra, due impenitenti celibi come voi ed io hanno ben ra-gione di pensare che non è soltanto la salute, ma puranco la moglie, che lo risospinge a girare il mondo.

“J. T.”

“P.P.S. – Hawkins può rimanere ventiquattr’ore pres-so sua madre.”

È facile immaginare la frenesia in cui mi mise questalettera. Io ero quasi fuori di me dalla gioia e guardavocon disprezzo il vecchio Tom Redruth che non sapeva

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altro fare che brontolare e gemere. Qualunque dei guar-dacaccia in seconda avrebbe volentieri preso il suo po-sto: ma tale non era il desiderio del cavaliere; e i deside-ri del cavaliere erano legge, per i suoi servitori; fra iquali nessuno, all’infuori del vecchio Redruth, si sareb-be mai arrischiato di mormorare.

L’indomani mattina noi due a piedi ci recammoall’“Ammiraglio Benbow”, dove io trovai mia madre inbuona salute e allegra. Il capitano, cagione di tante affli-zioni, s’era trasferito là dove ai malvagi è tolto di poternuocere altrui. Il cavaliere aveva fatto riparare ognicosa, e ridipingere l’insegna e i locali destinati al pub-blico; aggiungendovi alcuni mobili, tra cui splendevauna bella sedia a bracciuoli destinata a mia madre. Allaquale aveva pur procurato un ragazzo apprendista, permodo che durante la mia assenza ella non rimarrebbepriva di aiuto.

Fu guardando quel ragazzo, che per la prima volta iomi resi conto della mia situazione. Fino a quel momentoio avevo soltanto pensato alle avventure cui andavo in-contro; non alla casa che stavo per lasciare; ed ora, allavista di quello sgraziato straniero che occuperebbe ilmio posto accanto a mia madre, fui preso dalla primacrisi di lacrime. Io temo d’avergli fatta una vita da canea quel ragazzo, poiché non essendo egli pratico dei lavo-ri, mi offerse mille occasioni di rimproverarlo e umiliar-lo, delle quali io non esitai ad approfittare.

La notte passò, e l’indomani nel pomeriggio Redruthed io ci rimettemmo in cammino. Io dissi addio a mia

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altro fare che brontolare e gemere. Qualunque dei guar-dacaccia in seconda avrebbe volentieri preso il suo po-sto: ma tale non era il desiderio del cavaliere; e i deside-ri del cavaliere erano legge, per i suoi servitori; fra iquali nessuno, all’infuori del vecchio Redruth, si sareb-be mai arrischiato di mormorare.

L’indomani mattina noi due a piedi ci recammoall’“Ammiraglio Benbow”, dove io trovai mia madre inbuona salute e allegra. Il capitano, cagione di tante affli-zioni, s’era trasferito là dove ai malvagi è tolto di poternuocere altrui. Il cavaliere aveva fatto riparare ognicosa, e ridipingere l’insegna e i locali destinati al pub-blico; aggiungendovi alcuni mobili, tra cui splendevauna bella sedia a bracciuoli destinata a mia madre. Allaquale aveva pur procurato un ragazzo apprendista, permodo che durante la mia assenza ella non rimarrebbepriva di aiuto.

Fu guardando quel ragazzo, che per la prima volta iomi resi conto della mia situazione. Fino a quel momentoio avevo soltanto pensato alle avventure cui andavo in-contro; non alla casa che stavo per lasciare; ed ora, allavista di quello sgraziato straniero che occuperebbe ilmio posto accanto a mia madre, fui preso dalla primacrisi di lacrime. Io temo d’avergli fatta una vita da canea quel ragazzo, poiché non essendo egli pratico dei lavo-ri, mi offerse mille occasioni di rimproverarlo e umiliar-lo, delle quali io non esitai ad approfittare.

La notte passò, e l’indomani nel pomeriggio Redruthed io ci rimettemmo in cammino. Io dissi addio a mia

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madre e alla baia dov’ero vissuto fin dalla lontana infan-zia, e al caro vecchio “Ammiraglio Benbow”, per quan-to forse non piú cosí caro dopo ridipinto. Uno dei mieiultimi pensieri fu per il capitano che tante volte avevovisto correre lungo la spiaggia col suo cappello a tricor-no, la sua guancia sfregiata, e il suo vecchio cannoc-chiale di rame. Un minuto appresso avevamo svoltato ilcanto, e la mia casa era scomparsa.

La diligenza ci raccolse verso sera al “Royal George”sulla landa. Io mi trovai incastrato fra Redruth ed uncorpulento signore, e, malgrado gli scossoni della rapidacorsa e la pungente aria notturna, cominciai fin dal prin-cipio a sonnecchiare e poi dormii sodo come un ceppo,per colline e per valli e di posta in posta; e quando alfineun pugno nelle costole mi fece riscuotere e aprir gli oc-chi, m’accorsi che stavamo dinanzi a un vasto fabbrica-to, in una via di città, ed era giorno fatto.

«Dove siamo?» chiesi.«A Bristol» rispose Tom. «Scendi giú.»Il signor Trelawney aveva preso alloggio in un alber-

go situato in cima al porto per poter da vicino sorveglia-re i lavori della goletta. Era quella la nostra mèta; e, conmio grande piacere, la strada correva lungo le banchine,costeggiando una folla innumerevole di bastimenti diogni forma, attrezzatura e paese. Su l’uno i marinai can-tavano intenti alla loro fatica; su l’altro si vedevano uo-mini lassú per aria sospesi a funi sottili all’occhio comefili di ragnatele. Quantunque io avessi vissuto tutti imiei giorni lungo la spiaggia, avevo l’impressione di ac-

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madre e alla baia dov’ero vissuto fin dalla lontana infan-zia, e al caro vecchio “Ammiraglio Benbow”, per quan-to forse non piú cosí caro dopo ridipinto. Uno dei mieiultimi pensieri fu per il capitano che tante volte avevovisto correre lungo la spiaggia col suo cappello a tricor-no, la sua guancia sfregiata, e il suo vecchio cannoc-chiale di rame. Un minuto appresso avevamo svoltato ilcanto, e la mia casa era scomparsa.

La diligenza ci raccolse verso sera al “Royal George”sulla landa. Io mi trovai incastrato fra Redruth ed uncorpulento signore, e, malgrado gli scossoni della rapidacorsa e la pungente aria notturna, cominciai fin dal prin-cipio a sonnecchiare e poi dormii sodo come un ceppo,per colline e per valli e di posta in posta; e quando alfineun pugno nelle costole mi fece riscuotere e aprir gli oc-chi, m’accorsi che stavamo dinanzi a un vasto fabbrica-to, in una via di città, ed era giorno fatto.

«Dove siamo?» chiesi.«A Bristol» rispose Tom. «Scendi giú.»Il signor Trelawney aveva preso alloggio in un alber-

go situato in cima al porto per poter da vicino sorveglia-re i lavori della goletta. Era quella la nostra mèta; e, conmio grande piacere, la strada correva lungo le banchine,costeggiando una folla innumerevole di bastimenti diogni forma, attrezzatura e paese. Su l’uno i marinai can-tavano intenti alla loro fatica; su l’altro si vedevano uo-mini lassú per aria sospesi a funi sottili all’occhio comefili di ragnatele. Quantunque io avessi vissuto tutti imiei giorni lungo la spiaggia, avevo l’impressione di ac-

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costarmi ora al mare per la prima volta. L’odor del ca-trame e della salsedine m’era come una novità. Vedevosulle prue meravigliose polene che s’erano specchiatenei piú lontani oceani; e vecchi marinai dagli anellinid’oro agli orecchi, dai mustacchi arricciati, dai codiniincatramati, dalla goffa e pesante andatura – contentonon meno che se avessi assistito a una processione di ree di arcivescovi.

Ed ora io pure avrei navigato: sopra una goletta, conun nostromo che sonerebbe il piffero; e marinai dal co-dino incatramato che canterebbero: sul mare, versoun’isola sconosciuta, alla ricerca di nascosti tesori!

Mentre mi andavo cullando in questo sogno, giun-gemmo a un tratto dinanzi a un grande albergo, ed in-contrammo il cavalier Trelawney, vestito tal quale un uf-ficiale di marina, d’un abito blu scuro. Egli uscivadall’albergo col volto sorridente, imitando alla perfezio-ne la camminatura dondolante della gente di mare.

«Oh» esclamò «eccovi qui! E il dottore è arrivato ier-sera da Londra. Bene! La brigata è al completo!»

«Signore» diss’io «quando partiamo?»«Quando partiamo?» rispose. «Domani! Domani!»

VIIIALL’INSEGNA DEL “CANNOCCHIALE”

Dopo ch’ebbi fatta colazione, il cavaliere mi rimiseun biglietto indirizzato a John Silver all’insegna del

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costarmi ora al mare per la prima volta. L’odor del ca-trame e della salsedine m’era come una novità. Vedevosulle prue meravigliose polene che s’erano specchiatenei piú lontani oceani; e vecchi marinai dagli anellinid’oro agli orecchi, dai mustacchi arricciati, dai codiniincatramati, dalla goffa e pesante andatura – contentonon meno che se avessi assistito a una processione di ree di arcivescovi.

Ed ora io pure avrei navigato: sopra una goletta, conun nostromo che sonerebbe il piffero; e marinai dal co-dino incatramato che canterebbero: sul mare, versoun’isola sconosciuta, alla ricerca di nascosti tesori!

Mentre mi andavo cullando in questo sogno, giun-gemmo a un tratto dinanzi a un grande albergo, ed in-contrammo il cavalier Trelawney, vestito tal quale un uf-ficiale di marina, d’un abito blu scuro. Egli uscivadall’albergo col volto sorridente, imitando alla perfezio-ne la camminatura dondolante della gente di mare.

«Oh» esclamò «eccovi qui! E il dottore è arrivato ier-sera da Londra. Bene! La brigata è al completo!»

«Signore» diss’io «quando partiamo?»«Quando partiamo?» rispose. «Domani! Domani!»

VIIIALL’INSEGNA DEL “CANNOCCHIALE”

Dopo ch’ebbi fatta colazione, il cavaliere mi rimiseun biglietto indirizzato a John Silver all’insegna del

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“Cannocchiale”. Costeggiando la darsena, mi disse, efacendo bene attenzione, avrei facilmente trovato la pic-cola osteria, con, per insegna, un grande telescopio dirame. Io mi mossi, felice della occasione di ancora emeglio veder bastimenti e marinai; e facendomi largotra una moltitudine di gente e carri e balle di mercanziementre il lavoro della banchina era nel suo massimobollore, arrivai alla taverna.

Era un chiaro piccolo luogo allegro; dall’insegna ridi-pinta di fresco, dalle finestre guernite di linde tende ros-se, e dal pavimento accuratamente coperto di sabbia.Posto fra due strade, aveva una porta aperta su ciascunlato, il che dava abbastanza luce alla bassa e larga sala, amalgrado delle nuvole di fumo di tabacco che l’ingom-bravano.

Gli avventori erano in gran parte gente di mare: e par-lavano cosí forte che io m’arrestai sull’uscio, quasi ti-moroso di entrare.

Mentre esitavo, un uomo uscí da una stanza laterale, ein un colpo d’occhio io mi persuasi ch’era lui, LongJohn. Egli aveva la gamba sinistra tagliata fin sottol’anca, e sotto l’ascella sinistra portava una gruccia dellaquale si serviva con prodigiosa destrezza saltellandovisopra come un uccello. Era alto di corporatura e robu-sto, con una faccia larga come un prosciutto, scialba evolgare, ma rischiarata da un intelligente sorriso. Con ir-requieta gaiezza fischiettava e si aggirava tra le tavoledistribuendo motti o pacche sulle spalle dei suoi ospitipreferiti.

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“Cannocchiale”. Costeggiando la darsena, mi disse, efacendo bene attenzione, avrei facilmente trovato la pic-cola osteria, con, per insegna, un grande telescopio dirame. Io mi mossi, felice della occasione di ancora emeglio veder bastimenti e marinai; e facendomi largotra una moltitudine di gente e carri e balle di mercanziementre il lavoro della banchina era nel suo massimobollore, arrivai alla taverna.

Era un chiaro piccolo luogo allegro; dall’insegna ridi-pinta di fresco, dalle finestre guernite di linde tende ros-se, e dal pavimento accuratamente coperto di sabbia.Posto fra due strade, aveva una porta aperta su ciascunlato, il che dava abbastanza luce alla bassa e larga sala, amalgrado delle nuvole di fumo di tabacco che l’ingom-bravano.

Gli avventori erano in gran parte gente di mare: e par-lavano cosí forte che io m’arrestai sull’uscio, quasi ti-moroso di entrare.

Mentre esitavo, un uomo uscí da una stanza laterale, ein un colpo d’occhio io mi persuasi ch’era lui, LongJohn. Egli aveva la gamba sinistra tagliata fin sottol’anca, e sotto l’ascella sinistra portava una gruccia dellaquale si serviva con prodigiosa destrezza saltellandovisopra come un uccello. Era alto di corporatura e robu-sto, con una faccia larga come un prosciutto, scialba evolgare, ma rischiarata da un intelligente sorriso. Con ir-requieta gaiezza fischiettava e si aggirava tra le tavoledistribuendo motti o pacche sulle spalle dei suoi ospitipreferiti.

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A dir il vero, già dalla prima allusione a Long JohnSilver contenuta nella lettera del cavalier Trelawney,m’era entrato il dubbio che si trattasse del marinaio dal-la gamba sola la cui apparizione avevo cosí a lungospiata al vecchio “Ammiraglio Benbow”. Ma una solaocchiata all’uomo che mi stava dinanzi m’era bastata.Avendo visto il Capitano, Can-Nero e il cieco Pew, cre-devo ormai di sapere un pirata cos’era, una figura bendiversa, a parer mio, da questo aperto e gioviale padronedi osteria.

Io presi subito animo, varcai la soglia, e mi diressi alui che, appoggiato alla sua gruccia, stava discorrendocon un cliente.

«È lei il signor Silver?» dissi porgendo il biglietto.«Sí, piccolo mio» rispose «è proprio questo il mio

nome. E tu chi sei?»Ma, vista la lettera del cavaliere, mi parve avesse

come un sobbalzo.«Oh» disse poi ad alta voce e porgendomi la mano

«capisco. Tu sei il nuovo mozzo; sono ben lieto di cono-scerti.»

E serrò la mia mano nella sua larga e solida branca.In quel punto uno degli avventori in fondo alla sala si

levò di scatto, lanciandosi verso l’uscita, e poiché questagli era accosto, in un batter d’occhio fu sulla strada. Mala sua furia aveva attirato la mia attenzione, ed in unlampo riconobbi in lui l’uomo dal viso cereo, mancantedi due dita, che primo era apparso all’“AmmiraglioBenbow”.

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A dir il vero, già dalla prima allusione a Long JohnSilver contenuta nella lettera del cavalier Trelawney,m’era entrato il dubbio che si trattasse del marinaio dal-la gamba sola la cui apparizione avevo cosí a lungospiata al vecchio “Ammiraglio Benbow”. Ma una solaocchiata all’uomo che mi stava dinanzi m’era bastata.Avendo visto il Capitano, Can-Nero e il cieco Pew, cre-devo ormai di sapere un pirata cos’era, una figura bendiversa, a parer mio, da questo aperto e gioviale padronedi osteria.

Io presi subito animo, varcai la soglia, e mi diressi alui che, appoggiato alla sua gruccia, stava discorrendocon un cliente.

«È lei il signor Silver?» dissi porgendo il biglietto.«Sí, piccolo mio» rispose «è proprio questo il mio

nome. E tu chi sei?»Ma, vista la lettera del cavaliere, mi parve avesse

come un sobbalzo.«Oh» disse poi ad alta voce e porgendomi la mano

«capisco. Tu sei il nuovo mozzo; sono ben lieto di cono-scerti.»

E serrò la mia mano nella sua larga e solida branca.In quel punto uno degli avventori in fondo alla sala si

levò di scatto, lanciandosi verso l’uscita, e poiché questagli era accosto, in un batter d’occhio fu sulla strada. Mala sua furia aveva attirato la mia attenzione, ed in unlampo riconobbi in lui l’uomo dal viso cereo, mancantedi due dita, che primo era apparso all’“AmmiraglioBenbow”.

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«Oh» gridai «fermatelo! È Can-Nero!»«Non m’importa un cavolo di saper chi sia» esclamò

Silver. «Non ha pagato il conto. Harry, corri e acchiap-palo.»

Uno di quelli che stavan vicino alla porta saltò in pie-di e si diede a inseguirlo.

«Fosse pure l’ammiraglio Hawke pagherà il suo con-to» strillò Silver; e lasciando andar la mia mano: «Chihai detto che è? Nero che cosa?»

«Cane» dissi io. «Il cavalier Trelawney non vi ha par-lato dei pirati? È un di loro!»

«Ah sí? In casa mia! Ben, corri a dare una mano adHarry. Uno di quei brutti arnesi era lui? Morgan, eri tuche stavi bevendo con lui? Vieni qua.»

Il nominato Morgan, un vecchio marinaio dai capelligrigi e dalla pelle color del mogano, si fece innanzi umi-le come una pecora, masticando la sua cicca.

«Sicché, Morgan» interrogò Long John in tono moltosevero «tu questo Can... questo Can-Nero non l’avevivisto mai prima d’ora, no?»

«No, signore» rispose Morgan con un inchino.«Neppure di nome lo conoscevi, no?»«No, signore.»«Per mille diavoli, Tom Morgan, è meglio per te»

esclamò l’oste. «Se avessi avuto che fare con un indivi-duo simile, non metteresti mai piú un piede in casa mia,puoi star sicuro. E che cosa ti stava dicendo?»

«Non saprei precisamente, signore.»«O che ci hai sulle spalle? Una testa, o una rapa?»

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«Oh» gridai «fermatelo! È Can-Nero!»«Non m’importa un cavolo di saper chi sia» esclamò

Silver. «Non ha pagato il conto. Harry, corri e acchiap-palo.»

Uno di quelli che stavan vicino alla porta saltò in pie-di e si diede a inseguirlo.

«Fosse pure l’ammiraglio Hawke pagherà il suo con-to» strillò Silver; e lasciando andar la mia mano: «Chihai detto che è? Nero che cosa?»

«Cane» dissi io. «Il cavalier Trelawney non vi ha par-lato dei pirati? È un di loro!»

«Ah sí? In casa mia! Ben, corri a dare una mano adHarry. Uno di quei brutti arnesi era lui? Morgan, eri tuche stavi bevendo con lui? Vieni qua.»

Il nominato Morgan, un vecchio marinaio dai capelligrigi e dalla pelle color del mogano, si fece innanzi umi-le come una pecora, masticando la sua cicca.

«Sicché, Morgan» interrogò Long John in tono moltosevero «tu questo Can... questo Can-Nero non l’avevivisto mai prima d’ora, no?»

«No, signore» rispose Morgan con un inchino.«Neppure di nome lo conoscevi, no?»«No, signore.»«Per mille diavoli, Tom Morgan, è meglio per te»

esclamò l’oste. «Se avessi avuto che fare con un indivi-duo simile, non metteresti mai piú un piede in casa mia,puoi star sicuro. E che cosa ti stava dicendo?»

«Non saprei precisamente, signore.»«O che ci hai sulle spalle? Una testa, o una rapa?»

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gridò Long John. «Tu non sai precisamente, non sai! Emagari non sapevi che parlavi a qualcuno, eh? Suvvia,di che stava egli cianciando? Viaggi, capitani, bastimen-ti? Sputa fuori! Cos’era?»

«Stavamo parlando di lavori di carenaggio» risposeMorgan.

«Di lavori di carenaggio? Un magnifico argomento,non c’è che dire. Ritorna pure al tuo posto, bestione.»

E mentre Morgan s’allontanava, Silver mi aggiunsesottovoce in tono confidenziale, che mi parve molto lu-singhiero:

«È un onest’uomo, Tom Morgan, ma è stupido. Eadesso» continuò ad alta voce «vediamo... Can-Nero...No, non conosco questo nome... Però, ho come un so-spetto... ma sí che l’ho già visto, il mariuolo. Veniva disolito qui con un mendicante: cieco.»

«Era lui, state pur sicuro» diss’io. «Io conobbi ancheil cieco. Si chiamava Pew.»

«È cosí» rincalzò Silver molto eccitato. «Pew! Eraquesto il suo nome, senza dubbio. Ah che muso di ga-glioffo aveva! Se noi acciuffiamo questo Can-Nero saràuna bella nuova per il cavalier Trelawney. Ben è unbuon corridore: sono assai pochi i marinai che gli stannoa paro. Dovrebbe acchiapparlo, per Satanasso! Parlavadi lavori di carenaggio? Te lo carenerò io!»

Mentre avventava queste frasi, arrancava su e giú perla taverna appoggiato alla sua gruccia, battendo con lapalma sulle tavole, e ostentando un calore tale cheavrebbe persuaso un giudice istruttore o un poliziotto. I

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gridò Long John. «Tu non sai precisamente, non sai! Emagari non sapevi che parlavi a qualcuno, eh? Suvvia,di che stava egli cianciando? Viaggi, capitani, bastimen-ti? Sputa fuori! Cos’era?»

«Stavamo parlando di lavori di carenaggio» risposeMorgan.

«Di lavori di carenaggio? Un magnifico argomento,non c’è che dire. Ritorna pure al tuo posto, bestione.»

E mentre Morgan s’allontanava, Silver mi aggiunsesottovoce in tono confidenziale, che mi parve molto lu-singhiero:

«È un onest’uomo, Tom Morgan, ma è stupido. Eadesso» continuò ad alta voce «vediamo... Can-Nero...No, non conosco questo nome... Però, ho come un so-spetto... ma sí che l’ho già visto, il mariuolo. Veniva disolito qui con un mendicante: cieco.»

«Era lui, state pur sicuro» diss’io. «Io conobbi ancheil cieco. Si chiamava Pew.»

«È cosí» rincalzò Silver molto eccitato. «Pew! Eraquesto il suo nome, senza dubbio. Ah che muso di ga-glioffo aveva! Se noi acciuffiamo questo Can-Nero saràuna bella nuova per il cavalier Trelawney. Ben è unbuon corridore: sono assai pochi i marinai che gli stannoa paro. Dovrebbe acchiapparlo, per Satanasso! Parlavadi lavori di carenaggio? Te lo carenerò io!»

Mentre avventava queste frasi, arrancava su e giú perla taverna appoggiato alla sua gruccia, battendo con lapalma sulle tavole, e ostentando un calore tale cheavrebbe persuaso un giudice istruttore o un poliziotto. I

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miei sospetti, risvegliati dall’aver trovato Can-Nero al“Cannocchiale”, m’inducevano a osservare il cuoco at-tentamente. Ma egli era troppo fondo, troppo lesto etroppo scaltro per me, sicché quando quei due rientraro-no trafelati confessando che nella folla avevan perdutala pista, ed erano stati scambiati per ladri e maltrattati,io mi sarei dato garante dell’innocenza di Long JohnSilver.

«Vedi un po’, Hawkins» diceva lui «vedi un po’ qualespiacevole affare per un uomo come me! Il capitanoTrelawney che cosa penserà? Ecco che io tengo in casamia questo maledetto cane olandese, e gli do a bere ilmio rum! Tu arrivi e mi spieghi ogni cosa, ed ecco cheio gli lascio tutta la comodità di svignarsela sotto i mieiocchi! Ma tu, Hawkins, mi giustificherai presso il capi-tano. Sei un ragazzo, ma sei una perla di ragazzo. Me nesono accorto appena entrasti. Ebbene, dimmi tu che cosapotevo fare io strascicandomi su questa vecchia gruc-cia? Quando ero mastro marinaio di prima classe gli sa-rei corso dietro e l’avrei abbrancato con queste vecchiegrinfe, l’avrei, ma ora...»

D’un tratto s’interruppe, e rimase lí, a bocca aperta,come si rammentasse di qualche cosa.

«Il conto!» esplose. «Tre bicchieri di rum! Ma guar-da, imbecille che sono, se dovevo dimenticare il mioconto!»

E si lasciò cadere sopra una panca; e rideva, ridevafino a farsi venir le lacrime agli occhi. Io non potei ameno d’imitarlo; e ridevamo insieme, uno scroscio ap-

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miei sospetti, risvegliati dall’aver trovato Can-Nero al“Cannocchiale”, m’inducevano a osservare il cuoco at-tentamente. Ma egli era troppo fondo, troppo lesto etroppo scaltro per me, sicché quando quei due rientraro-no trafelati confessando che nella folla avevan perdutala pista, ed erano stati scambiati per ladri e maltrattati,io mi sarei dato garante dell’innocenza di Long JohnSilver.

«Vedi un po’, Hawkins» diceva lui «vedi un po’ qualespiacevole affare per un uomo come me! Il capitanoTrelawney che cosa penserà? Ecco che io tengo in casamia questo maledetto cane olandese, e gli do a bere ilmio rum! Tu arrivi e mi spieghi ogni cosa, ed ecco cheio gli lascio tutta la comodità di svignarsela sotto i mieiocchi! Ma tu, Hawkins, mi giustificherai presso il capi-tano. Sei un ragazzo, ma sei una perla di ragazzo. Me nesono accorto appena entrasti. Ebbene, dimmi tu che cosapotevo fare io strascicandomi su questa vecchia gruc-cia? Quando ero mastro marinaio di prima classe gli sa-rei corso dietro e l’avrei abbrancato con queste vecchiegrinfe, l’avrei, ma ora...»

D’un tratto s’interruppe, e rimase lí, a bocca aperta,come si rammentasse di qualche cosa.

«Il conto!» esplose. «Tre bicchieri di rum! Ma guar-da, imbecille che sono, se dovevo dimenticare il mioconto!»

E si lasciò cadere sopra una panca; e rideva, ridevafino a farsi venir le lacrime agli occhi. Io non potei ameno d’imitarlo; e ridevamo insieme, uno scroscio ap-

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presso l’altro, che la taverna n’era intronata.«Ah, che famosa foca sono io!» disse alfine asciugan-

dosi le guance. «Noi due faremmo bene il paio, perchéio pure meriterei il posto di mozzo. Ma adesso tientipronto a virare. Il dovere è dovere, camerata. Io mi met-to il mio tricorno, e corro con te dal capitano Trelawneya riferirgli la storia. Perché, bada, ragazzo mio, è unacosa seria, e né tu né io non ne usciamo in modo da farcionore. Neanche tu, ti dico, sei stato svelto; né l’uno nél’altro, siamo stati svelti. Ma, affediddio, quella del con-to è una bella burla.»

E da capo ricominciò a ridere cosí di gusto che io, purnon apprezzando come lui la facezia, fui di nuovo co-stretto a prender parte alla sua ilarità.

Durante la nostra breve passeggiata lungo la banchinam’interessò molto dandomi spiegazioni riguardo i variibastimenti che passavamo in rassegna, la loro attrezza-tura, portata, nazionalità, e operazioni che si stavanoeseguendo: – come uno scaricava, un altro imbarcavamercanzia, un terzo s’apparecchiava a salpare – aggiun-gendovi piccoli aneddoti di vita marinaresca o ripeten-domi qualche espressione nautica per farmela bene en-trare in mente, talché io cominciai a credere che in luiavrei il piú prezioso compagno di bordo.

Giunti all’albergo, trovammo a una tavola il cavalieree il dottor Livesey che stavano terminando una tazza dibirra con pane abbrustolito, per poi recarsi a bordo dellagoletta a una visita d’ispezione.

Long John raccontò la storia dal principio alla fine

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presso l’altro, che la taverna n’era intronata.«Ah, che famosa foca sono io!» disse alfine asciugan-

dosi le guance. «Noi due faremmo bene il paio, perchéio pure meriterei il posto di mozzo. Ma adesso tientipronto a virare. Il dovere è dovere, camerata. Io mi met-to il mio tricorno, e corro con te dal capitano Trelawneya riferirgli la storia. Perché, bada, ragazzo mio, è unacosa seria, e né tu né io non ne usciamo in modo da farcionore. Neanche tu, ti dico, sei stato svelto; né l’uno nél’altro, siamo stati svelti. Ma, affediddio, quella del con-to è una bella burla.»

E da capo ricominciò a ridere cosí di gusto che io, purnon apprezzando come lui la facezia, fui di nuovo co-stretto a prender parte alla sua ilarità.

Durante la nostra breve passeggiata lungo la banchinam’interessò molto dandomi spiegazioni riguardo i variibastimenti che passavamo in rassegna, la loro attrezza-tura, portata, nazionalità, e operazioni che si stavanoeseguendo: – come uno scaricava, un altro imbarcavamercanzia, un terzo s’apparecchiava a salpare – aggiun-gendovi piccoli aneddoti di vita marinaresca o ripeten-domi qualche espressione nautica per farmela bene en-trare in mente, talché io cominciai a credere che in luiavrei il piú prezioso compagno di bordo.

Giunti all’albergo, trovammo a una tavola il cavalieree il dottor Livesey che stavano terminando una tazza dibirra con pane abbrustolito, per poi recarsi a bordo dellagoletta a una visita d’ispezione.

Long John raccontò la storia dal principio alla fine

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con molto brio e scrupolosa esattezza, rivolgendosi a medi tanto in tanto per dire: «È stato cosí, non è vero, Ha-wkins?» al che io non potevo a meno d’assentire.

I due signori rammaricarono che Can-Nero fosse riu-scito a sgattaiolarsela; ma tutti quanti convenimmo chenon v’era nulla da fare; e Long John dopo ricevuti i lorocomplimenti prese la sua stampella e ci lasciò.

«Tutti a bordo oggi alle quattro» gli gridò dietro il ca-valiere.

«Va bene, va bene» confermò il cuoco dal corridoio.«Cavaliere» disse il dottore «io non ho in generale ec-

cessiva fiducia nelle vostre scoperte; ma tengo a dirviche questo John Silver mi piace.»

«Val tant’oro quanto pesa» dichiarò il cavaliere.«E ora» aggiunse il dottore «Jim può venire a bordo

con noi, non è vero?»«Certamente» disse il cavaliere. «Prendi il tuo cappel-

lo, Hawkins, e andiamo a visitare il bastimento.»

IXPOLVERE E ARMI

Poiché l’Hispaniola era ormeggiata alquanto fuori, citoccò passare sotto la prua e poppa di molti altri navigli,i cui cavi ora sfregavano la nostra chiglia ora ciondola-vano sul nostro capo. Alla fine peraltro accostammo emettemmo piede a bordo, accolti e salutati dal secondoArrow, un vecchio marinaio guercio, dalla faccia ab-

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con molto brio e scrupolosa esattezza, rivolgendosi a medi tanto in tanto per dire: «È stato cosí, non è vero, Ha-wkins?» al che io non potevo a meno d’assentire.

I due signori rammaricarono che Can-Nero fosse riu-scito a sgattaiolarsela; ma tutti quanti convenimmo chenon v’era nulla da fare; e Long John dopo ricevuti i lorocomplimenti prese la sua stampella e ci lasciò.

«Tutti a bordo oggi alle quattro» gli gridò dietro il ca-valiere.

«Va bene, va bene» confermò il cuoco dal corridoio.«Cavaliere» disse il dottore «io non ho in generale ec-

cessiva fiducia nelle vostre scoperte; ma tengo a dirviche questo John Silver mi piace.»

«Val tant’oro quanto pesa» dichiarò il cavaliere.«E ora» aggiunse il dottore «Jim può venire a bordo

con noi, non è vero?»«Certamente» disse il cavaliere. «Prendi il tuo cappel-

lo, Hawkins, e andiamo a visitare il bastimento.»

IXPOLVERE E ARMI

Poiché l’Hispaniola era ormeggiata alquanto fuori, citoccò passare sotto la prua e poppa di molti altri navigli,i cui cavi ora sfregavano la nostra chiglia ora ciondola-vano sul nostro capo. Alla fine peraltro accostammo emettemmo piede a bordo, accolti e salutati dal secondoArrow, un vecchio marinaio guercio, dalla faccia ab-

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bronzata, che portava anelli agli orecchi. Lui e il cava-liere pareva se la dicessero molto bene: io notai però su-bito che le cose non correvano altrettanto lisce fra il si-gnor Trelawney e il capitano.

Quest’ultimo era un uomo dall’aria severa, che sem-brava scontento di tutto ciò che l’attorniava; e non tardòa dircene la ragione, poiché eravamo appena scesi in ca-bina, che un marinaio ci raggiunse.

«Signore» annunciò costui «il capitano Smollett chie-de di poterle parlare.»

«Sono a sua disposizione» rispose il cavaliere. «Fate-lo entrare.»

Il capitano, che stava alle spalle del suo messaggero,entrò immediatamente e chiuse l’uscio dietro di sé.

«Ebbene, capitano Smollett, cos’ha da dirmi? Tutto èin ordine, spero, e possiamo prendere il mare?»

«Signor mio» rispose il capitano «meglio è parlarfranco, io penso, sia pure a costo di dir cose sgradevoli.Non mi piace questa crociera, non mi piace l’equipag-gio, e non mi piace il mio secondo. Non ho altro da ag-giungere.»

«Forse che non le piace il bastimento?» interrogò ilcavaliere, molto irritato, a quanto vidi.

«Riguardo al bastimento non posso parlare finché nonl’abbia messo alla prova» replicò il capitano. «A vederlosembrerebbe una buona vela. Di piú non posso dire.»

«E magari, signore, non le piacerà il suo armatore?»«Un momento! Un momento!» intervenne il dottor

Livesey. «Lasciamo stare quistioni che non servono che

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bronzata, che portava anelli agli orecchi. Lui e il cava-liere pareva se la dicessero molto bene: io notai però su-bito che le cose non correvano altrettanto lisce fra il si-gnor Trelawney e il capitano.

Quest’ultimo era un uomo dall’aria severa, che sem-brava scontento di tutto ciò che l’attorniava; e non tardòa dircene la ragione, poiché eravamo appena scesi in ca-bina, che un marinaio ci raggiunse.

«Signore» annunciò costui «il capitano Smollett chie-de di poterle parlare.»

«Sono a sua disposizione» rispose il cavaliere. «Fate-lo entrare.»

Il capitano, che stava alle spalle del suo messaggero,entrò immediatamente e chiuse l’uscio dietro di sé.

«Ebbene, capitano Smollett, cos’ha da dirmi? Tutto èin ordine, spero, e possiamo prendere il mare?»

«Signor mio» rispose il capitano «meglio è parlarfranco, io penso, sia pure a costo di dir cose sgradevoli.Non mi piace questa crociera, non mi piace l’equipag-gio, e non mi piace il mio secondo. Non ho altro da ag-giungere.»

«Forse che non le piace il bastimento?» interrogò ilcavaliere, molto irritato, a quanto vidi.

«Riguardo al bastimento non posso parlare finché nonl’abbia messo alla prova» replicò il capitano. «A vederlosembrerebbe una buona vela. Di piú non posso dire.»

«E magari, signore, non le piacerà il suo armatore?»«Un momento! Un momento!» intervenne il dottor

Livesey. «Lasciamo stare quistioni che non servono che

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ad inasprirci. Il capitano ha detto troppo o troppo poco,ed io ho bisogno d’una spiegazione. Ella, capitano, hadetto che non le piace questa crociera. Perché, sentia-mo?»

«Io sono stato ingaggiato in base al sistema cosí dettodegli ordini suggellati, per portar questa nave dove co-desto signore mi ordinerà. Fin qui, d’accordo. Ma io tro-vo ora che non c’è nessuno a bassa prua che non ne sap-pia piú di me. E questo a loro par bello, forse?»

«No, che non è bello» disse il dottor Livesey.«Poi» seguitò il capitano «vengo a sapere che andia-

mo alla ricerca d’un tesoro, e lo vengo a sapere (notinobene) dal mio stesso equipaggio. Ora, andare alla ricercad’un tesoro è affare delicato. Per conto mio non amoviaggi simili, tanto meno poi li amo quando sono segre-ti, e quando il segreto, mi perdoni, signor Trelawney, èstato messo in bocca al pappagallo.»

«Il pappagallo di Silver?» chiese il cavaliere.«È un modo di dire» spiegò il capitano. «Divulgato,

intendo dire. Io ritengo che nessuno di lor signori sa checosa l’aspetta: ma devo dire ciò che penso: si tratta divita o di morte, ed è gioco serrato.»

«Questo è chiaro, e direi anche abbastanza giusto»osservò il dottor Livesey. «Noi andiamo incontro al pe-ricolo, ma non siamo cosí ignoranti come lei crede. Poi,lei dice che non le piace l’equipaggio. Non sono forsebuoni marinai?»

«Non mi piacciono, signor mio» ribadí il capitano. «Edal momento che ne parliamo, aggiungerò che la scelta

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ad inasprirci. Il capitano ha detto troppo o troppo poco,ed io ho bisogno d’una spiegazione. Ella, capitano, hadetto che non le piace questa crociera. Perché, sentia-mo?»

«Io sono stato ingaggiato in base al sistema cosí dettodegli ordini suggellati, per portar questa nave dove co-desto signore mi ordinerà. Fin qui, d’accordo. Ma io tro-vo ora che non c’è nessuno a bassa prua che non ne sap-pia piú di me. E questo a loro par bello, forse?»

«No, che non è bello» disse il dottor Livesey.«Poi» seguitò il capitano «vengo a sapere che andia-

mo alla ricerca d’un tesoro, e lo vengo a sapere (notinobene) dal mio stesso equipaggio. Ora, andare alla ricercad’un tesoro è affare delicato. Per conto mio non amoviaggi simili, tanto meno poi li amo quando sono segre-ti, e quando il segreto, mi perdoni, signor Trelawney, èstato messo in bocca al pappagallo.»

«Il pappagallo di Silver?» chiese il cavaliere.«È un modo di dire» spiegò il capitano. «Divulgato,

intendo dire. Io ritengo che nessuno di lor signori sa checosa l’aspetta: ma devo dire ciò che penso: si tratta divita o di morte, ed è gioco serrato.»

«Questo è chiaro, e direi anche abbastanza giusto»osservò il dottor Livesey. «Noi andiamo incontro al pe-ricolo, ma non siamo cosí ignoranti come lei crede. Poi,lei dice che non le piace l’equipaggio. Non sono forsebuoni marinai?»

«Non mi piacciono, signor mio» ribadí il capitano. «Edal momento che ne parliamo, aggiungerò che la scelta

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dei miei marinai la si sarebbe dovuta riserbare a me.»«Forse sí» replicò il dottore «il mio amico avrebbe

forse dovuto consultarla: ma la mancanza, se mancanzavi fu, non nascondeva nessuna cattiva intenzione. E a leinon piace neppure il signor Arrow?»

«No, signore. Lo ritengo un buon marinaio ma si me-scola troppo con l’equipaggio, per essere un buon uffi-ciale. Un ufficiale dovrebbe starsene da sé, non mettersia bere con la ciurma.»

«Vuol dire che si ubbriaca?» esclamò il cavaliere.«No signore, ma soltanto che usa troppa familiarità.»«Sta bene. E ora, la conclusione, capitano?» interpel-

lò il dottore. «Sentiamo che cosa desidera.»«Lor signori son proprio decisi a partire?»«Decisissimi» rispose il cavaliere.«Bene» riprese il capitano. «Allora, poiché mi hanno

cosí pazientemente ascoltato mentre dicevo cose chenon ero in grado di provare, prego lor signori di lasciar-mi aggiungere poche parole. Polvere e armi si stannodepositando a prua. Dal momento che sotto la loro cabi-na c’è spazio, perche non piuttosto laggiú? Primo punto.Poi, lei, cavaliere, ha portato con sé quattro della suagente, e mi si dice che qualcuno d’essi dovrebbe dormi-re a prua. Perché non dargli invece una cuccetta accantoalla cabina? Punto secondo...»

«C’è altro ancora?» chiese il cavalier Trelawney.«Ancora uno» disse il capitano. «Si è già troppo bla-

terato.»«Troppo davvero» convenne il dottore.

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dei miei marinai la si sarebbe dovuta riserbare a me.»«Forse sí» replicò il dottore «il mio amico avrebbe

forse dovuto consultarla: ma la mancanza, se mancanzavi fu, non nascondeva nessuna cattiva intenzione. E a leinon piace neppure il signor Arrow?»

«No, signore. Lo ritengo un buon marinaio ma si me-scola troppo con l’equipaggio, per essere un buon uffi-ciale. Un ufficiale dovrebbe starsene da sé, non mettersia bere con la ciurma.»

«Vuol dire che si ubbriaca?» esclamò il cavaliere.«No signore, ma soltanto che usa troppa familiarità.»«Sta bene. E ora, la conclusione, capitano?» interpel-

lò il dottore. «Sentiamo che cosa desidera.»«Lor signori son proprio decisi a partire?»«Decisissimi» rispose il cavaliere.«Bene» riprese il capitano. «Allora, poiché mi hanno

cosí pazientemente ascoltato mentre dicevo cose chenon ero in grado di provare, prego lor signori di lasciar-mi aggiungere poche parole. Polvere e armi si stannodepositando a prua. Dal momento che sotto la loro cabi-na c’è spazio, perche non piuttosto laggiú? Primo punto.Poi, lei, cavaliere, ha portato con sé quattro della suagente, e mi si dice che qualcuno d’essi dovrebbe dormi-re a prua. Perché non dargli invece una cuccetta accantoalla cabina? Punto secondo...»

«C’è altro ancora?» chiese il cavalier Trelawney.«Ancora uno» disse il capitano. «Si è già troppo bla-

terato.»«Troppo davvero» convenne il dottore.

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«Ripeterò ciò che ho inteso io stesso» proseguí il ca-pitano: «che loro hanno la carta di una isola; che ci sonosopra delle croci indicanti il posto del tesoro; e che laposizione dell’isola è...» e qui riferí latitudine e longitu-dine esatte.

«Mai ho detto questo, io» gridò il cavaliere «ad animaviva!»

«Eppure l’equipaggio lo sa» ribatté il capitano.«Non può essere stato che lei, Livesey, oppure Haw-

kins» proclamò il cavaliere.«Poco importa chi sia stato» replicò il dottore.Ed io m’accorsi che tanto lui quanto il capitano dava-

no ben poco peso alle proteste del signor Trelawney. Adire il vero, neppur io gliene davo molto, tale sbracatochiacchierone egli era: ma in questo caso penso cherealmente avesse ragione, e che nessuno avesse parlatodella posizione dell’isola.

«Ebbene, signori miei» continuò il capitano «io nonso chi di voi custodisca questa carta: ma pongo comepunto essenziale ch’essa sia tenuta segreta anche a me eal signor Arrow: senza di che mi vedrei costretto a di-mettermi.»

«Capisco» osservò il dottore. «Noi dovremmo, secon-do lei, preoccuparci dei pericoli della situazione, trasfor-mando la poppa della nave in una fortezza, presidiando-la coi servitori personali del mio amico, e munendola ditutte le armi e polveri che sono a bordo. In altri termini,ella teme un ammutinamento.»

«Signore» disse il capitano Smollett «senza volerla

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«Ripeterò ciò che ho inteso io stesso» proseguí il ca-pitano: «che loro hanno la carta di una isola; che ci sonosopra delle croci indicanti il posto del tesoro; e che laposizione dell’isola è...» e qui riferí latitudine e longitu-dine esatte.

«Mai ho detto questo, io» gridò il cavaliere «ad animaviva!»

«Eppure l’equipaggio lo sa» ribatté il capitano.«Non può essere stato che lei, Livesey, oppure Haw-

kins» proclamò il cavaliere.«Poco importa chi sia stato» replicò il dottore.Ed io m’accorsi che tanto lui quanto il capitano dava-

no ben poco peso alle proteste del signor Trelawney. Adire il vero, neppur io gliene davo molto, tale sbracatochiacchierone egli era: ma in questo caso penso cherealmente avesse ragione, e che nessuno avesse parlatodella posizione dell’isola.

«Ebbene, signori miei» continuò il capitano «io nonso chi di voi custodisca questa carta: ma pongo comepunto essenziale ch’essa sia tenuta segreta anche a me eal signor Arrow: senza di che mi vedrei costretto a di-mettermi.»

«Capisco» osservò il dottore. «Noi dovremmo, secon-do lei, preoccuparci dei pericoli della situazione, trasfor-mando la poppa della nave in una fortezza, presidiando-la coi servitori personali del mio amico, e munendola ditutte le armi e polveri che sono a bordo. In altri termini,ella teme un ammutinamento.»

«Signore» disse il capitano Smollett «senza volerla

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offendere le contesto il diritto di mettermi parole in boc-ca. Un capitano, signor mio, che prendesse il mare aven-do sufficiente motivo di pronunciar codeste parole, nonmeriterebbe nessuna scusa. Quanto al signor Arrow loritengo sostanzialmente onesto; lo stesso potrei dired’una parte degli uomini, o magari, che so io, di tutti.Ma io sono responsabile della sicurezza della nave edella vita di quanti sono a bordo. Ho l’impressione chele cose non vadano del tutto bene, e la prego di prenderealcune precauzioni, o di lasciarmi rassegnare il miomandato. Questo è tutto.»

«Capitano Smollett» riprese il dottore con un sorriso«ha mai inteso la favola della montagna e del topo? Miperdoni, ma lei me la fa ricordare. Quando entrò qui,scommetto la mia parrucca che voleva dirci qualcosapiú di ciò.»

«Dottore» soggiunse il capitano «lei ha la vista acuta.Mentre venivo qui, m’aspettavo di essere congedato.Non supponevo che il cavalier Trelawney mi lascerebbepronunziare piú d’una parola.»

«Non desidero sentire altro!» gridò il cavaliere. «Nonfosse stato qui il dottor Livesey, l’avrei mandato al dia-volo. Comunque, ormai l’ho ascoltato. Farò ciò che de-sidera, ma ho di lei un pessimo concetto.»

«Come a lei piace, signore» disse il capitano. «Vedràche so fare il mio dovere.»

E con queste parole si congedò.«Trelawney» osservò il dottore «contrariamente a tut-

te le mie idee, io penso ch’ella è riuscito a tirarsi a bor-

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offendere le contesto il diritto di mettermi parole in boc-ca. Un capitano, signor mio, che prendesse il mare aven-do sufficiente motivo di pronunciar codeste parole, nonmeriterebbe nessuna scusa. Quanto al signor Arrow loritengo sostanzialmente onesto; lo stesso potrei dired’una parte degli uomini, o magari, che so io, di tutti.Ma io sono responsabile della sicurezza della nave edella vita di quanti sono a bordo. Ho l’impressione chele cose non vadano del tutto bene, e la prego di prenderealcune precauzioni, o di lasciarmi rassegnare il miomandato. Questo è tutto.»

«Capitano Smollett» riprese il dottore con un sorriso«ha mai inteso la favola della montagna e del topo? Miperdoni, ma lei me la fa ricordare. Quando entrò qui,scommetto la mia parrucca che voleva dirci qualcosapiú di ciò.»

«Dottore» soggiunse il capitano «lei ha la vista acuta.Mentre venivo qui, m’aspettavo di essere congedato.Non supponevo che il cavalier Trelawney mi lascerebbepronunziare piú d’una parola.»

«Non desidero sentire altro!» gridò il cavaliere. «Nonfosse stato qui il dottor Livesey, l’avrei mandato al dia-volo. Comunque, ormai l’ho ascoltato. Farò ciò che de-sidera, ma ho di lei un pessimo concetto.»

«Come a lei piace, signore» disse il capitano. «Vedràche so fare il mio dovere.»

E con queste parole si congedò.«Trelawney» osservò il dottore «contrariamente a tut-

te le mie idee, io penso ch’ella è riuscito a tirarsi a bor-

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do due persone oneste: quell’uomo e John Silver.»«Silver sí, se cosí le pare» esclamò il cavaliere «ma

quanto a quell’insopportabile ciarlatano, trovo la suacondotta indegna d’un uomo, d’un marinaio, e piú anco-ra d’un inglese.»

«Bene» concluse il dottore «vedremo.»Quando venimmo sul ponte, gli uomini, sorvegliati

dal capitano e dal secondo Arrow, avevano già comin-ciato a trasportare armi e polveri ritmando su voci in ca-denza la loro fatica.

La nuova sistemazione era al tutto di mio gusto.L’intera goletta era stata messa sossopra; sei cabine era-no state apprestate nell’ultima parte poppiera della stiva,e questa serie di cuccette non comunicava col castello diprua che per uno stretto passaggio a babordo. Erasi inun primo tempo stabilito che il capitano, Arrow, Hunter,Joyce, il dottore e il cavaliere occuperebbero codeste seicabine. Ora invece, due erano state destinate a me e aRedruth; e Arrow e il capitano dormirebbero sul ponte,nella copertura della scala ch’era stata allargata in mododa meritar quasi il nome di casseretto. Naturalmente ri-maneva sempre bassa d’aria; v’era tuttavia spazio perappendervi due amache, e lo stesso Arrow sembravasoddisfatto di tale soluzione. Anche lui, forse, dubitavadell’equipaggio: ma questa è una semplice congettura,poiché, come il lettore vedrà, non ci fu dato di giovarcia lungo dei suoi pareri.

Lavoravamo con ardore intorno alle munizioni e allecuccette, quando uno o due ritardatari accompagnati da

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do due persone oneste: quell’uomo e John Silver.»«Silver sí, se cosí le pare» esclamò il cavaliere «ma

quanto a quell’insopportabile ciarlatano, trovo la suacondotta indegna d’un uomo, d’un marinaio, e piú anco-ra d’un inglese.»

«Bene» concluse il dottore «vedremo.»Quando venimmo sul ponte, gli uomini, sorvegliati

dal capitano e dal secondo Arrow, avevano già comin-ciato a trasportare armi e polveri ritmando su voci in ca-denza la loro fatica.

La nuova sistemazione era al tutto di mio gusto.L’intera goletta era stata messa sossopra; sei cabine era-no state apprestate nell’ultima parte poppiera della stiva,e questa serie di cuccette non comunicava col castello diprua che per uno stretto passaggio a babordo. Erasi inun primo tempo stabilito che il capitano, Arrow, Hunter,Joyce, il dottore e il cavaliere occuperebbero codeste seicabine. Ora invece, due erano state destinate a me e aRedruth; e Arrow e il capitano dormirebbero sul ponte,nella copertura della scala ch’era stata allargata in mododa meritar quasi il nome di casseretto. Naturalmente ri-maneva sempre bassa d’aria; v’era tuttavia spazio perappendervi due amache, e lo stesso Arrow sembravasoddisfatto di tale soluzione. Anche lui, forse, dubitavadell’equipaggio: ma questa è una semplice congettura,poiché, come il lettore vedrà, non ci fu dato di giovarcia lungo dei suoi pareri.

Lavoravamo con ardore intorno alle munizioni e allecuccette, quando uno o due ritardatari accompagnati da

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Long John giunsero in un canotto.Il cuoco scavalcò la murata con la lestezza d’una

scimmia, e visto ciò che stavamo facendo, gridò:«Ohé, camerati, che è questo?»«Stiamo cangiando posto alle polveri» rispose uno di

loro.«Per mille diavoli, se facciamo questo, perderemo la

marea del mattino.»«Miei ordini» tagliò corto il capitano. «Potete andar

sotto, amico mio. L’equipaggio avrà bisogne di cenare.»«Sta bene, signore, sta bene» rispose il cuoco; e toc-

candosi il suo ciuffo di capelli, sparí in direzione dellacucina.

«Ecco un brav’uomo, capitano» disse il dottore.«Sí, lo si direbbe» replicò il capitano Smollett. «Ada-

gio con quello, ragazzi, adagio» proseguí rivolto agliuomini che maneggiavano la polvere; e subito dopo, ac-cortosi di me che stavo osservando il cannone collocatoa mezza nave, un pezzo in bronzo da nove: «O tu, moz-zo» gridò «via di lí. Corri dal cuoco, che ti dia qualcosada fare.»

Poi, mentr’io mi dileguavo, sentii che diceva forte aldottore:

«Non voglio dei privilegiati a bordo, io.»Inutile dire che io condividevo in pieno il modo di ve-

dere del cavaliere, e detestavo profondamente il capita-no.

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Long John giunsero in un canotto.Il cuoco scavalcò la murata con la lestezza d’una

scimmia, e visto ciò che stavamo facendo, gridò:«Ohé, camerati, che è questo?»«Stiamo cangiando posto alle polveri» rispose uno di

loro.«Per mille diavoli, se facciamo questo, perderemo la

marea del mattino.»«Miei ordini» tagliò corto il capitano. «Potete andar

sotto, amico mio. L’equipaggio avrà bisogne di cenare.»«Sta bene, signore, sta bene» rispose il cuoco; e toc-

candosi il suo ciuffo di capelli, sparí in direzione dellacucina.

«Ecco un brav’uomo, capitano» disse il dottore.«Sí, lo si direbbe» replicò il capitano Smollett. «Ada-

gio con quello, ragazzi, adagio» proseguí rivolto agliuomini che maneggiavano la polvere; e subito dopo, ac-cortosi di me che stavo osservando il cannone collocatoa mezza nave, un pezzo in bronzo da nove: «O tu, moz-zo» gridò «via di lí. Corri dal cuoco, che ti dia qualcosada fare.»

Poi, mentr’io mi dileguavo, sentii che diceva forte aldottore:

«Non voglio dei privilegiati a bordo, io.»Inutile dire che io condividevo in pieno il modo di ve-

dere del cavaliere, e detestavo profondamente il capita-no.

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XIL VIAGGIO

Tutta quella notte fu un grande trambusto a bordo perstivare a dovere ogni cosa e ricevere canotti pieni diamici del cavaliere, tra cui il signor Blandly, che veniva-no per augurare buona traversata e felice ritorno. Nonebbi mai all’“Ammiraglio Benbow” una notte dove fati-cassi metà tanto; sicché, quando poco prima dell’alba ilnostromo soffiò nel suo fischietto e la ciurma s’affrettòalle barre dell’àrgano, io ero stracco come una bestia dasoma. Ma, anche due volte piú stanco, non avrei abban-donato il ponte: ogni cosa m’era cosí nuova e curiosa: irapidi comandi, il suono acuto del fischietto, le ombredegli uomini correnti ai loro posti nella debole luce deiCanali di bordo.

«Su, Porco-Arrostito» gridò uno «dacci un ritornel-lo.»

«Quello d’una volta» gridò un altro.«Sí, compagni, sí» rispose Long John, che stava lí

presso con la sua gruccia sotto l’ascella; e senz’altro in-tonò la canzone a me ben nota.

Quindici sopra il baule del morto...

E l’intero equipaggio riprese in coro:

Yò hò-hò – e una bottiglia di rum!

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XIL VIAGGIO

Tutta quella notte fu un grande trambusto a bordo perstivare a dovere ogni cosa e ricevere canotti pieni diamici del cavaliere, tra cui il signor Blandly, che veniva-no per augurare buona traversata e felice ritorno. Nonebbi mai all’“Ammiraglio Benbow” una notte dove fati-cassi metà tanto; sicché, quando poco prima dell’alba ilnostromo soffiò nel suo fischietto e la ciurma s’affrettòalle barre dell’àrgano, io ero stracco come una bestia dasoma. Ma, anche due volte piú stanco, non avrei abban-donato il ponte: ogni cosa m’era cosí nuova e curiosa: irapidi comandi, il suono acuto del fischietto, le ombredegli uomini correnti ai loro posti nella debole luce deiCanali di bordo.

«Su, Porco-Arrostito» gridò uno «dacci un ritornel-lo.»

«Quello d’una volta» gridò un altro.«Sí, compagni, sí» rispose Long John, che stava lí

presso con la sua gruccia sotto l’ascella; e senz’altro in-tonò la canzone a me ben nota.

Quindici sopra il baule del morto...

E l’intero equipaggio riprese in coro:

Yò hò-hò – e una bottiglia di rum!

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Al terzo hò! concordi fecero forza sulle barredell’àrgano.

Per quanto interessante fosse quella scena, io d’untratto fui riportato al vecchio “Ammiraglio Benbow” eparvemi distinguere nel coro la voce del capitano. Mapresto l’àncora emerse e penzolò gocciolante alla prua;presto le vele incominciarono a portare; e la terra e lenavi a fuggire da una banda e dall’altra; e prima che iofossi sceso giú a schiacciare un sonnellino, già l’Hispa-niola s’era incamminata verso l’Isola del Tesoro.

Non è mia intenzione raccontare i particolari del viag-gio. Esso fu quanto mai prospero. L’Hispaniola si rivelòun ottimo legno; l’equipaggio una accolta di validi mari-nai, e il capitano all’altezza del suo cómpito. Ma primache coprissimo tutte quelle miglia alcune cose accadde-ro che meritano d’essere conosciute.

Anzitutto il signor Arrow si rivelò peggiore ancorache non temesse il capitano. Nessuna autorità aveva eglisulla ciurma. I suoi uomini facevano allegramente il co-modo loro. Né era questo il piú grosso guaio, ché dopoalcuni giorni di navigazione incominciò a comparire incoperta con certi occhi torbidi, le guance affocate, la pa-rola ingarbugliata, ed altri sintomi di ubbriachezza. Apiú riprese fu messo agli arresti. Talvolta cadeva facen-dosi male, tal altra rimaneva tutto il giorno disteso nellasua cuccetta; tal altra, smaltita la sbornia, compieva perun giorno o due passabilmente il suo dovere.

Frattanto non riuscivamo a scoprire di dove egli tiras-se la bevanda. Era un mistero per tutti. Né la nostra sor-

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Al terzo hò! concordi fecero forza sulle barredell’àrgano.

Per quanto interessante fosse quella scena, io d’untratto fui riportato al vecchio “Ammiraglio Benbow” eparvemi distinguere nel coro la voce del capitano. Mapresto l’àncora emerse e penzolò gocciolante alla prua;presto le vele incominciarono a portare; e la terra e lenavi a fuggire da una banda e dall’altra; e prima che iofossi sceso giú a schiacciare un sonnellino, già l’Hispa-niola s’era incamminata verso l’Isola del Tesoro.

Non è mia intenzione raccontare i particolari del viag-gio. Esso fu quanto mai prospero. L’Hispaniola si rivelòun ottimo legno; l’equipaggio una accolta di validi mari-nai, e il capitano all’altezza del suo cómpito. Ma primache coprissimo tutte quelle miglia alcune cose accadde-ro che meritano d’essere conosciute.

Anzitutto il signor Arrow si rivelò peggiore ancorache non temesse il capitano. Nessuna autorità aveva eglisulla ciurma. I suoi uomini facevano allegramente il co-modo loro. Né era questo il piú grosso guaio, ché dopoalcuni giorni di navigazione incominciò a comparire incoperta con certi occhi torbidi, le guance affocate, la pa-rola ingarbugliata, ed altri sintomi di ubbriachezza. Apiú riprese fu messo agli arresti. Talvolta cadeva facen-dosi male, tal altra rimaneva tutto il giorno disteso nellasua cuccetta; tal altra, smaltita la sbornia, compieva perun giorno o due passabilmente il suo dovere.

Frattanto non riuscivamo a scoprire di dove egli tiras-se la bevanda. Era un mistero per tutti. Né la nostra sor-

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veglianza, per quanto attenta, bastava a risolverlo. E sene chiedevamo a lui, ci rideva sul muso quand’era ub-briaco; e quando era in sé giurava solennemente di nonaver visto mai altro che acqua.

Non soltanto era un cattivo ufficiale, e guastava glialtri con l’esempio, ma seguitando di questo passo cor-reva diritto alla morte, sicché nessuno a bordo fu tropposorpreso o addolorato quando una brutta notte con maregrosso egli disparve e non se ne seppe altro.

«È andato!» gridò il capitano. «E cosí, eccoci liberatidalla fatica di metterlo ai ferri.»

Ma intanto eravamo privi di un ufficiale, e bisognò,naturalmente, promuovere uno dell’equipaggio. Job An-derson, il nostromo, era il piú indicato. Costui, pur con-servando il suo vecchio titolo, assunse le funzioni di se-condo. Il signor Trelawney aveva navigato, e la suaesperienza ci giovava non poco, poiché egli stesso contempo tranquillo stava spesso di guardia. E il quartier-mastro, Israel Hands, era un vecchio e pratico uomo dimare, prudente e astuto, del quale, in caso di necessità,ci si poteva fidare.

Egli era l’amico del cuore di Long John Silver, e poi-ché mi accade di nominarlo, parlerò del nostro cuoco dibordo: Porco-Arrostito, come lo chiamavano i marinai.

A bordo, per aver le mani libere il piú possibile, egliportava la sua gruccia sospesa a una coreggia che gli gi-rava intorno al collo, ed era curioso vederlo puntarecontro una paratia il piede della gruccia, e lí sopra ap-poggiato, assecondando le ondulazioni della nave, se-

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veglianza, per quanto attenta, bastava a risolverlo. E sene chiedevamo a lui, ci rideva sul muso quand’era ub-briaco; e quando era in sé giurava solennemente di nonaver visto mai altro che acqua.

Non soltanto era un cattivo ufficiale, e guastava glialtri con l’esempio, ma seguitando di questo passo cor-reva diritto alla morte, sicché nessuno a bordo fu tropposorpreso o addolorato quando una brutta notte con maregrosso egli disparve e non se ne seppe altro.

«È andato!» gridò il capitano. «E cosí, eccoci liberatidalla fatica di metterlo ai ferri.»

Ma intanto eravamo privi di un ufficiale, e bisognò,naturalmente, promuovere uno dell’equipaggio. Job An-derson, il nostromo, era il piú indicato. Costui, pur con-servando il suo vecchio titolo, assunse le funzioni di se-condo. Il signor Trelawney aveva navigato, e la suaesperienza ci giovava non poco, poiché egli stesso contempo tranquillo stava spesso di guardia. E il quartier-mastro, Israel Hands, era un vecchio e pratico uomo dimare, prudente e astuto, del quale, in caso di necessità,ci si poteva fidare.

Egli era l’amico del cuore di Long John Silver, e poi-ché mi accade di nominarlo, parlerò del nostro cuoco dibordo: Porco-Arrostito, come lo chiamavano i marinai.

A bordo, per aver le mani libere il piú possibile, egliportava la sua gruccia sospesa a una coreggia che gli gi-rava intorno al collo, ed era curioso vederlo puntarecontro una paratia il piede della gruccia, e lí sopra ap-poggiato, assecondando le ondulazioni della nave, se-

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guitare a curar la sua cucina tranquillo come fosse a ter-ra. Anche piú curioso era, nel forte della burrasca, ve-derlo attraversare il ponte. Per aiutarlo nei luoghi piúlarghi, alcune cordicelle erano state tese (dette gli orec-chini di Long John), ed egli si spostava da un puntoall’altro, ora servendosi della gruccia, ora trascinandose-la dietro per la coreggia, con la sveltezza d’un uomosano. Nondimeno, quelli dei marinai che prima avevanonavigato con lui, vedendolo cosí ridotto lo compiange-vano.

«Porco-Arrostito non è un uomo qualunque» mi dice-va il quartiermastro. «Da ragazzo ha fatto i suoi studi, eparla come un libro, quando ne ha voglia; e bravo poi!un leone è nulla, al paragone di Long John! Io l’ho vistoalle prese con quattro, e fracassar loro la testa, una testacontro l’altra, lui disarmato!»

L’equipaggio intero lo rispettava e l’obbediva. Perciascuno d’essi aveva una speciale maniera di parlare erender servigi. A me non si stancava di prodigar corte-sie; e godeva di vedermi nella cucina, che teneva pulitacome uno specchio, coi rilucenti piatti appesi al muro, e,in un canto, dentro una gabbia, il suo pappagallo.

«Vieni qua, Hawkins» diceva «a fare una chiacchiera-ta con John. Nessuno piú benvenuto di te, piccolo mio.Siedi, e ascolta le nuove. Ecco qui il capitano Flint:chiamo cosí il mio pappagallo in memoria del famosofilibustiere, ecco qui il capitano Flint che predice buonafortuna al nostro viaggio. Non è vero, capitano?»

E il pappagallo a gridare a perdifiato: «Pezzi da otto!

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guitare a curar la sua cucina tranquillo come fosse a ter-ra. Anche piú curioso era, nel forte della burrasca, ve-derlo attraversare il ponte. Per aiutarlo nei luoghi piúlarghi, alcune cordicelle erano state tese (dette gli orec-chini di Long John), ed egli si spostava da un puntoall’altro, ora servendosi della gruccia, ora trascinandose-la dietro per la coreggia, con la sveltezza d’un uomosano. Nondimeno, quelli dei marinai che prima avevanonavigato con lui, vedendolo cosí ridotto lo compiange-vano.

«Porco-Arrostito non è un uomo qualunque» mi dice-va il quartiermastro. «Da ragazzo ha fatto i suoi studi, eparla come un libro, quando ne ha voglia; e bravo poi!un leone è nulla, al paragone di Long John! Io l’ho vistoalle prese con quattro, e fracassar loro la testa, una testacontro l’altra, lui disarmato!»

L’equipaggio intero lo rispettava e l’obbediva. Perciascuno d’essi aveva una speciale maniera di parlare erender servigi. A me non si stancava di prodigar corte-sie; e godeva di vedermi nella cucina, che teneva pulitacome uno specchio, coi rilucenti piatti appesi al muro, e,in un canto, dentro una gabbia, il suo pappagallo.

«Vieni qua, Hawkins» diceva «a fare una chiacchiera-ta con John. Nessuno piú benvenuto di te, piccolo mio.Siedi, e ascolta le nuove. Ecco qui il capitano Flint:chiamo cosí il mio pappagallo in memoria del famosofilibustiere, ecco qui il capitano Flint che predice buonafortuna al nostro viaggio. Non è vero, capitano?»

E il pappagallo a gridare a perdifiato: «Pezzi da otto!

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Pezzi da otto!» finché John non gli gettava il fazzolettosopra la gabbia.

«Vedi, quest’uccello» egli diceva «può avere i suoiduecent’anni, mio caro Hawkins, i pappagalli vivonomagari di piú, e se c’è uno ch’abbia visto piú scellerag-gini di lui, non può essere che il diavolo. Lui ha naviga-to con England, il grande capitano England, il pirata.Lui è stato al Madagascar, al Malabar, a Surinam, a Pro-vidence, e a Porto-Bello; lui ha visto ripescar le navidella Plata, ed è là che imparò “Pezzi da otto”; e nondeve far meraviglia: trecento e cinquanta mila, ce n’era-no, Hawkins! E si è trovato all’abbordaggio del Vicerédelle Indie al largo di Goa. E a vederlo, lo diresti unbambino! Ma tu hai sentito l’odor della polvere, non èvero, capitano?»

«Attenti! Pronti a virare!» strillò il pappagallo.«Ah, è un cervello fino, questo qui!» diceva il cuoco,

porgendogli zucchero tratto dalla tasca, mentre l’uccellopicchiava col becco nelle gretole e snocciolava una filzadi bestemmie infernali.

«Cosí è, ragazzo mio» seguitava John. «Chi va al mu-lino s’infarina. Tale questo mio povero vecchio innocen-te uccello, che vomita fuoco, e non troveresti, te l’assi-curo, una creatura piú savia di lui. Bestemmierebbe, tan-to per dire, alla stessa maniera davanti al cappellano.»

E John si toccava la fronte con tale gravità e compun-zione che lo si sarebbe creduto un santo uomo.

Frattanto il cavaliere e il capitano Smollett seguitava-no a guardarsi in cagnesco. Il cavaliere non dissimulava

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Pezzi da otto!» finché John non gli gettava il fazzolettosopra la gabbia.

«Vedi, quest’uccello» egli diceva «può avere i suoiduecent’anni, mio caro Hawkins, i pappagalli vivonomagari di piú, e se c’è uno ch’abbia visto piú scellerag-gini di lui, non può essere che il diavolo. Lui ha naviga-to con England, il grande capitano England, il pirata.Lui è stato al Madagascar, al Malabar, a Surinam, a Pro-vidence, e a Porto-Bello; lui ha visto ripescar le navidella Plata, ed è là che imparò “Pezzi da otto”; e nondeve far meraviglia: trecento e cinquanta mila, ce n’era-no, Hawkins! E si è trovato all’abbordaggio del Vicerédelle Indie al largo di Goa. E a vederlo, lo diresti unbambino! Ma tu hai sentito l’odor della polvere, non èvero, capitano?»

«Attenti! Pronti a virare!» strillò il pappagallo.«Ah, è un cervello fino, questo qui!» diceva il cuoco,

porgendogli zucchero tratto dalla tasca, mentre l’uccellopicchiava col becco nelle gretole e snocciolava una filzadi bestemmie infernali.

«Cosí è, ragazzo mio» seguitava John. «Chi va al mu-lino s’infarina. Tale questo mio povero vecchio innocen-te uccello, che vomita fuoco, e non troveresti, te l’assi-curo, una creatura piú savia di lui. Bestemmierebbe, tan-to per dire, alla stessa maniera davanti al cappellano.»

E John si toccava la fronte con tale gravità e compun-zione che lo si sarebbe creduto un santo uomo.

Frattanto il cavaliere e il capitano Smollett seguitava-no a guardarsi in cagnesco. Il cavaliere non dissimulava

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il suo disprezzo per il capitano; il capitano dal canto suonon parlava se non interrogato; e la risposta era taglien-te, e secca e breve e non una sillaba di piú. Egli ricono-sceva, una volta messo alle strette, d’essersi sbagliato ri-guardo all’equipaggio; che alcuni di loro erano svelti danon poter desiderare di meglio; e tutti quanti s’eranoegregiamente comportati. Quanto al bastimento, lo ama-va alla follia.

«Naviga piú stretto al vento di come un uomo non po-trebbe esigere dalla sua stessa moglie, signore. Però»soggiungeva «tutto ciò che posso dire è che ancora nonsiamo ritornati, e questa crociera non mi piace.»

Il cavaliere a questo punto voltava le spalle, e andavasu e giú per il ponte col mento in aria.

«Se quest’uomo non la smette» mormorava tra i denti«è la volta che scoppio.»

Avemmo un po’ di cattivo tempo, il che diede modoall’Hispaniola di meglio provar le sue qualità. Tutti abordo si mostravano arcicontenti: né poteva essere altri-menti, poiché io credo che mai equipaggio fu cosí vizia-to da quando Noè prese il mare. Il minimo pretesto erabuono per distribuire il doppio grog; si serviva la tortain giorni fuori dei festivi; come, per esempio, se il cava-liere apprendeva che ricorresse il compleanno di qualcu-no; oltre di che continuamente c’era in coperta un bariledi mele, aperto nel mezzo, a disposizione di chi ne aves-se voglia.

«Sistemi che mai resero un’oncia di bene» diceva ilcapitano al dottor Livesey. «Accarezzate i marinai, e ne

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il suo disprezzo per il capitano; il capitano dal canto suonon parlava se non interrogato; e la risposta era taglien-te, e secca e breve e non una sillaba di piú. Egli ricono-sceva, una volta messo alle strette, d’essersi sbagliato ri-guardo all’equipaggio; che alcuni di loro erano svelti danon poter desiderare di meglio; e tutti quanti s’eranoegregiamente comportati. Quanto al bastimento, lo ama-va alla follia.

«Naviga piú stretto al vento di come un uomo non po-trebbe esigere dalla sua stessa moglie, signore. Però»soggiungeva «tutto ciò che posso dire è che ancora nonsiamo ritornati, e questa crociera non mi piace.»

Il cavaliere a questo punto voltava le spalle, e andavasu e giú per il ponte col mento in aria.

«Se quest’uomo non la smette» mormorava tra i denti«è la volta che scoppio.»

Avemmo un po’ di cattivo tempo, il che diede modoall’Hispaniola di meglio provar le sue qualità. Tutti abordo si mostravano arcicontenti: né poteva essere altri-menti, poiché io credo che mai equipaggio fu cosí vizia-to da quando Noè prese il mare. Il minimo pretesto erabuono per distribuire il doppio grog; si serviva la tortain giorni fuori dei festivi; come, per esempio, se il cava-liere apprendeva che ricorresse il compleanno di qualcu-no; oltre di che continuamente c’era in coperta un bariledi mele, aperto nel mezzo, a disposizione di chi ne aves-se voglia.

«Sistemi che mai resero un’oncia di bene» diceva ilcapitano al dottor Livesey. «Accarezzate i marinai, e ne

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farete dei diavoli. Questa è la mia convinzione.»Ma bene ci venne dal barile di mele, come sentirete;

ché senza di quello noi saremmo rimasti completamenteall’oscuro e tutti periti per tradimento. Ed ecco come av-venne il fatto.

Eravamo entrati nella zona degli alisei per prendere ilvento dell’isola che dovevamo raggiungere (non mi èconcesso di spiegarmi meglio) e correvamo verso essafacendo buona guardia giorno e notte. Era all’incircal’ultimo giorno del nostro viaggio di andata, volendofare il computo piú largo; durante la notte, od al piú tar-di l’indomani mattina, avremmo dovuto avvistare l’Isoladel Tesoro. Navigavamo con la prua a Sud-Sud-Ovestcon una brezza costante di traverso e mare spianato.L’Hispaniola rullava regolarmente, abbassando di tantoin tanto il bompresso con una buffata di spruzzi. Tuttequante le vele in alto e in basso portavano; e poiché lafine della prima parte della nostra spedizione era cosívicina, eravamo tutti di ottimo umore.

Era appena tramontato il sole ed io, smesso di lavora-re, mi dirigevo verso la mia cuccetta, quando mi presevoglia d’una mela. Corsi in coperta. I marinai tutti aprua spiavano l’apparire dell’isola. Il timoniere stava at-tento alle vele e intanto fischiettava dolcemente. A parteil fruscío dell’acque contro il tagliamare e i fianchi dellanave, era questo l’unico suono che si udisse.

Con tutto il corpo entrai nel barile, e trovai che melenon ve n’era quasi piú; ma stando lí dentro al buio, cul-lato dal rullío della barca e dal mormorío dell’acqua mi

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farete dei diavoli. Questa è la mia convinzione.»Ma bene ci venne dal barile di mele, come sentirete;

ché senza di quello noi saremmo rimasti completamenteall’oscuro e tutti periti per tradimento. Ed ecco come av-venne il fatto.

Eravamo entrati nella zona degli alisei per prendere ilvento dell’isola che dovevamo raggiungere (non mi èconcesso di spiegarmi meglio) e correvamo verso essafacendo buona guardia giorno e notte. Era all’incircal’ultimo giorno del nostro viaggio di andata, volendofare il computo piú largo; durante la notte, od al piú tar-di l’indomani mattina, avremmo dovuto avvistare l’Isoladel Tesoro. Navigavamo con la prua a Sud-Sud-Ovestcon una brezza costante di traverso e mare spianato.L’Hispaniola rullava regolarmente, abbassando di tantoin tanto il bompresso con una buffata di spruzzi. Tuttequante le vele in alto e in basso portavano; e poiché lafine della prima parte della nostra spedizione era cosívicina, eravamo tutti di ottimo umore.

Era appena tramontato il sole ed io, smesso di lavora-re, mi dirigevo verso la mia cuccetta, quando mi presevoglia d’una mela. Corsi in coperta. I marinai tutti aprua spiavano l’apparire dell’isola. Il timoniere stava at-tento alle vele e intanto fischiettava dolcemente. A parteil fruscío dell’acque contro il tagliamare e i fianchi dellanave, era questo l’unico suono che si udisse.

Con tutto il corpo entrai nel barile, e trovai che melenon ve n’era quasi piú; ma stando lí dentro al buio, cul-lato dal rullío della barca e dal mormorío dell’acqua mi

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sarei presto addormentato se qualcuno dalla pesante cor-poratura non fosse venuto a sedersi rumorosamente lícontro. Il barile ebbe una scossa mentr’egli vi urtò conle spalle, ed io stava per saltar fuori, quando costui inco-minciò a parlare. Era la voce di Silver; e mi bastò udiredieci parole, che per tutto l’oro del mondo non sarei piúuscito; e rimasi lí, tutto tremante, in ascolto, preso tracuriosità e spavento; poiché da quelle poche parole ave-vo capito che la vita di tutti i galantuomini a bordo di-pendeva unicamente da me.

XICIÒ CHE UDII NEL BARILE DELLE MELE

«No, non io» diceva Silver «era Flint il capitano; ioero quartiermastro, a causa della mia gamba di legno. Ioperdetti la mia gamba nella stessa bordata dove il vec-chio Pew lasciò la vista. Era un dottore in chirurgiaquello che mi amputò la gamba, uscito dall’Universitàcon tutti i diplomi, latino fin che ne vuoi e non so chealtro, ma fu impiccato come un cane, e seccò al sole congli altri a Corso Castle. Erano uomini di Roberts, quellilà; e tutta la loro disgrazia provenne dall’aver cangiato inomi delle loro navi: Royal, Fortune, e cosí via. Ora,quando un bastimento è battezzato con un nome, questonome non s’ha da toccare, io dico. Cosí fu con la Cas-sandra che ci trasportò sani e salvi dal Malabar, dopoche England ebbe catturato il Viceré delle Indie; cosí fu

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sarei presto addormentato se qualcuno dalla pesante cor-poratura non fosse venuto a sedersi rumorosamente lícontro. Il barile ebbe una scossa mentr’egli vi urtò conle spalle, ed io stava per saltar fuori, quando costui inco-minciò a parlare. Era la voce di Silver; e mi bastò udiredieci parole, che per tutto l’oro del mondo non sarei piúuscito; e rimasi lí, tutto tremante, in ascolto, preso tracuriosità e spavento; poiché da quelle poche parole ave-vo capito che la vita di tutti i galantuomini a bordo di-pendeva unicamente da me.

XICIÒ CHE UDII NEL BARILE DELLE MELE

«No, non io» diceva Silver «era Flint il capitano; ioero quartiermastro, a causa della mia gamba di legno. Ioperdetti la mia gamba nella stessa bordata dove il vec-chio Pew lasciò la vista. Era un dottore in chirurgiaquello che mi amputò la gamba, uscito dall’Universitàcon tutti i diplomi, latino fin che ne vuoi e non so chealtro, ma fu impiccato come un cane, e seccò al sole congli altri a Corso Castle. Erano uomini di Roberts, quellilà; e tutta la loro disgrazia provenne dall’aver cangiato inomi delle loro navi: Royal, Fortune, e cosí via. Ora,quando un bastimento è battezzato con un nome, questonome non s’ha da toccare, io dico. Cosí fu con la Cas-sandra che ci trasportò sani e salvi dal Malabar, dopoche England ebbe catturato il Viceré delle Indie; cosí fu

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col vecchio Walrus, la nave di Flint, che io vidi allagatadi sangue e carica d’oro che a momenti affondava.»

«Ah» gridò un’altra voce, quella del piú giovane ma-rinaio, in uno scatto di ammirazione «era la perla dellabrigata, Flint!»

«Anche Davis era un uomo, sotto tutti i rapporti» ri-prese Silver. «Ma io non ho mai navigato con lui: primacon England, poi con Flint; questo è tutto; e ora qui, perconto mio, per modo di dire. Io misi da parte novecentosterline al tempo di England, e duemila dopo Flint. Nonc’è mica male per un uomo di prua, e tutto in banca, alsicuro. Guadagnare non è niente; ciò che conta è mettereda parte: credete a me. Cosa ne è degli uomini di En-gland, ora? Io non lo so. E di quelli di Flint? Eh, la mag-gior parte son qui a bordo, contenti di pizzicar la torta,mentre ieri andavano mendicando, alcuni di loro. Il vec-chio Pew, persa la vista, non ebbe vergogna di scialac-quare milledugento sterline in un anno, come un lord delParlamento. Dov’è ora? Ebbene, ora è morto e sotto co-perta; ma nei suoi due ultimi anni il poveraccio crepavadi fame. Mendicava, rubava, sgozzava, e con tutto ciòcrepava di fame, per mille diavoli!»

«Ebbene, dopo tutto non metteva conto» osservò ilgiovane.

«Non mette conto per gl’imbecilli, puoi star sicuro;né per questo, né per nient’altro» gridò Silver. «Ma tu,senti un po’: tu sei giovane, è vero, ma sei una perlad’uomo. Me ne accorsi appena ti misi gli occhi addosso,e voglio parlarti come si parla a un uomo.»

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col vecchio Walrus, la nave di Flint, che io vidi allagatadi sangue e carica d’oro che a momenti affondava.»

«Ah» gridò un’altra voce, quella del piú giovane ma-rinaio, in uno scatto di ammirazione «era la perla dellabrigata, Flint!»

«Anche Davis era un uomo, sotto tutti i rapporti» ri-prese Silver. «Ma io non ho mai navigato con lui: primacon England, poi con Flint; questo è tutto; e ora qui, perconto mio, per modo di dire. Io misi da parte novecentosterline al tempo di England, e duemila dopo Flint. Nonc’è mica male per un uomo di prua, e tutto in banca, alsicuro. Guadagnare non è niente; ciò che conta è mettereda parte: credete a me. Cosa ne è degli uomini di En-gland, ora? Io non lo so. E di quelli di Flint? Eh, la mag-gior parte son qui a bordo, contenti di pizzicar la torta,mentre ieri andavano mendicando, alcuni di loro. Il vec-chio Pew, persa la vista, non ebbe vergogna di scialac-quare milledugento sterline in un anno, come un lord delParlamento. Dov’è ora? Ebbene, ora è morto e sotto co-perta; ma nei suoi due ultimi anni il poveraccio crepavadi fame. Mendicava, rubava, sgozzava, e con tutto ciòcrepava di fame, per mille diavoli!»

«Ebbene, dopo tutto non metteva conto» osservò ilgiovane.

«Non mette conto per gl’imbecilli, puoi star sicuro;né per questo, né per nient’altro» gridò Silver. «Ma tu,senti un po’: tu sei giovane, è vero, ma sei una perlad’uomo. Me ne accorsi appena ti misi gli occhi addosso,e voglio parlarti come si parla a un uomo.»

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Vi lascio immaginare ciò che provai sentendoquell’abominevole briccone rivolgersi a un altro con lemedesime parole lusingatrici che già aveva adoperatecon me. Credo che se fosse dipeso da me, l’avrei uccisoattraverso il barile. E frattanto egli seguitava, lontanodal supporre che vi fosse chi l’ascoltava.

«Cosí è per tutti i cavalieri di ventura. Essi vivonoduramente, e rischiano la corda, però mangiano e bevo-no come pascià, e quando una crociera è finita, olà, soncentinaia di sterline e non di soldi, che gli entrano in ta-sca. Il guaio è che la piú parte se ne va in rum e sciali, etornano in mare con la sola camicia. Ma questo non è ilmio sistema. Io metto tutto da parte: un po’ qui, un po’là; e mai troppo in un posto solo, a scanso di sospetti. Ioho cinquant’anni, tieni a mente; finita questa crociera mimetto a fare il signore sul serio. Mi dirai ch’era tempo.Sí, ma frattanto io ho vissuto comodamente; mai nulladi ciò che mi piaceva mi son lasciato mancare, e ho dor-mito sul soffice, e tutto il tempo ho mangiato da ghiotto,eccetto che in mare. E come ho cominciato? Da prua,come te.»

«Va bene» replicò il giovane «ma tutto il denaro cheavete da parte ora è perduto, no? Dopo questo colpo nonoserete mica farvi piú vedere a Bristol.»

«O dove diavolo immagini che sia?» chiese Silverironico.

«A Bristol, nelle banche o altri posti» rispose il com-pagno.

«C’era sí» disse il cuoco «c’era ancora quando sal-

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Vi lascio immaginare ciò che provai sentendoquell’abominevole briccone rivolgersi a un altro con lemedesime parole lusingatrici che già aveva adoperatecon me. Credo che se fosse dipeso da me, l’avrei uccisoattraverso il barile. E frattanto egli seguitava, lontanodal supporre che vi fosse chi l’ascoltava.

«Cosí è per tutti i cavalieri di ventura. Essi vivonoduramente, e rischiano la corda, però mangiano e bevo-no come pascià, e quando una crociera è finita, olà, soncentinaia di sterline e non di soldi, che gli entrano in ta-sca. Il guaio è che la piú parte se ne va in rum e sciali, etornano in mare con la sola camicia. Ma questo non è ilmio sistema. Io metto tutto da parte: un po’ qui, un po’là; e mai troppo in un posto solo, a scanso di sospetti. Ioho cinquant’anni, tieni a mente; finita questa crociera mimetto a fare il signore sul serio. Mi dirai ch’era tempo.Sí, ma frattanto io ho vissuto comodamente; mai nulladi ciò che mi piaceva mi son lasciato mancare, e ho dor-mito sul soffice, e tutto il tempo ho mangiato da ghiotto,eccetto che in mare. E come ho cominciato? Da prua,come te.»

«Va bene» replicò il giovane «ma tutto il denaro cheavete da parte ora è perduto, no? Dopo questo colpo nonoserete mica farvi piú vedere a Bristol.»

«O dove diavolo immagini che sia?» chiese Silverironico.

«A Bristol, nelle banche o altri posti» rispose il com-pagno.

«C’era sí» disse il cuoco «c’era ancora quando sal-

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pammo l’àncora. Ma a quest’ora è tutto nelle mani dellamia vecchia governante. Il “Cannocchiale” è venduto:affitto, avviamento, mobilia; e la vecchia ragazza è par-tita per aspettarmi. Ti direi dove, perché di te mi fido;ma non voglio suscitar gelosie tra i compagni.»

«E voi vi fidate della vostra governante?» chiesel’altro.

«I cavalieri di ventura» rispose il cuoco «generalmen-te si fidan poco gli uni degli altri, e han ragione, credilopure. Ma io ho il mio metodo, io. Quando un cameratami gioca un tiro, uno che mi conosce, intendo dire, si-gnifica che non gli piace troppo restare al mondo insie-me col vecchio John. C’era chi aveva paura di Pew, echi di Flint; ma lo stesso Flint aveva paura di me. Paura,aveva, malgrado la sua arroganza. E la ciurma di Flintera la piú rude canaglia che tenesse i mari; lo stesso dia-volo avrebbe avuto paura di navigar con loro. Ebbene, tidico, io non sono un millantatore, e tu stesso hai vistocome sono buon compagnone; ma quando navigavo daquartiermastro, agnelli non era nome adatto ai vecchi fi-libustieri di Flint. Ah, tu puoi esser sicuro del fatto tuo,sul bastimento del vecchio John.»

«Ebbene, voglio dire» replicò il giovane «che fino aun momento fa l’affare non mi gradiva, ma ora che viho sentito parlare, sono con voi.»

«Sei un bravo e sveglio ragazzo, tu» rispose Silver,dandogli una cosí forte stretta di mano che il barile ne fuscosso. «Mai ho visto persona meglio indicata per ca-varne un cavaliere di ventura.

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pammo l’àncora. Ma a quest’ora è tutto nelle mani dellamia vecchia governante. Il “Cannocchiale” è venduto:affitto, avviamento, mobilia; e la vecchia ragazza è par-tita per aspettarmi. Ti direi dove, perché di te mi fido;ma non voglio suscitar gelosie tra i compagni.»

«E voi vi fidate della vostra governante?» chiesel’altro.

«I cavalieri di ventura» rispose il cuoco «generalmen-te si fidan poco gli uni degli altri, e han ragione, credilopure. Ma io ho il mio metodo, io. Quando un cameratami gioca un tiro, uno che mi conosce, intendo dire, si-gnifica che non gli piace troppo restare al mondo insie-me col vecchio John. C’era chi aveva paura di Pew, echi di Flint; ma lo stesso Flint aveva paura di me. Paura,aveva, malgrado la sua arroganza. E la ciurma di Flintera la piú rude canaglia che tenesse i mari; lo stesso dia-volo avrebbe avuto paura di navigar con loro. Ebbene, tidico, io non sono un millantatore, e tu stesso hai vistocome sono buon compagnone; ma quando navigavo daquartiermastro, agnelli non era nome adatto ai vecchi fi-libustieri di Flint. Ah, tu puoi esser sicuro del fatto tuo,sul bastimento del vecchio John.»

«Ebbene, voglio dire» replicò il giovane «che fino aun momento fa l’affare non mi gradiva, ma ora che viho sentito parlare, sono con voi.»

«Sei un bravo e sveglio ragazzo, tu» rispose Silver,dandogli una cosí forte stretta di mano che il barile ne fuscosso. «Mai ho visto persona meglio indicata per ca-varne un cavaliere di ventura.

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Io cominciavo ad afferrare il senso dei loro termini.“Cavaliere di ventura” significava semplicemente e népiú né meno di un volgare pirata, e la breve scena da mesorpresa suggellava la corruzione d’un dei marinai rima-sti onesti, forse dell’ultimo che ancora fosse a bordo.Ma intorno a ciò fui presto chiarito, poiché Silver lanciòun piccolo fischio, ed un terzo uomo sopraggiunse e se-dette accanto agli altri due.

«Dick è dei nostri» disse Silver.«Oh lo sapevo bene che Dick sarebbe dei nostri» ri-

batté la voce del quartiermastro Israel Hands. «Non èuno stupido, Dick.» E masticò la sua cicca e sputò. «Masenti un po’, Porco-Arrostito, si può sapere quanto tem-po resteremo qui a ciondolare come una chiatta? Ne hoabbastanza del capitano Smollett, io; mi ha rotto abba-stanza le scatole, corpo di mille bombe! Voglio andarein quella cabina, io. Voglio i loro cetrioli, i loro vini, e ilresto.»

«Israel» ruppe Silver «la tua testa non ha molto giudi-zio, e non ne ha mai avuto. Però tu sei capace d’ascolta-re, io penso: almeno, le orecchie le hai abbastanza lun-ghe. Ora, ecco ciò che ti dico: tu dormirai a prua, vivraimalamente, parlerai piano e non ti ubbriacherai finchéio non darò il segnale: cosí sarà, ragazzo mio, te l’assi-curo io.»

«E ho forse detto il contrario io?» borbottò il quartier-mastro. «Io chiedo soltanto: quando? Io non dico chequesto.»

«Quando? Per mille diavoli!» scattò Silver. «Ebbene,

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Io cominciavo ad afferrare il senso dei loro termini.“Cavaliere di ventura” significava semplicemente e népiú né meno di un volgare pirata, e la breve scena da mesorpresa suggellava la corruzione d’un dei marinai rima-sti onesti, forse dell’ultimo che ancora fosse a bordo.Ma intorno a ciò fui presto chiarito, poiché Silver lanciòun piccolo fischio, ed un terzo uomo sopraggiunse e se-dette accanto agli altri due.

«Dick è dei nostri» disse Silver.«Oh lo sapevo bene che Dick sarebbe dei nostri» ri-

batté la voce del quartiermastro Israel Hands. «Non èuno stupido, Dick.» E masticò la sua cicca e sputò. «Masenti un po’, Porco-Arrostito, si può sapere quanto tem-po resteremo qui a ciondolare come una chiatta? Ne hoabbastanza del capitano Smollett, io; mi ha rotto abba-stanza le scatole, corpo di mille bombe! Voglio andarein quella cabina, io. Voglio i loro cetrioli, i loro vini, e ilresto.»

«Israel» ruppe Silver «la tua testa non ha molto giudi-zio, e non ne ha mai avuto. Però tu sei capace d’ascolta-re, io penso: almeno, le orecchie le hai abbastanza lun-ghe. Ora, ecco ciò che ti dico: tu dormirai a prua, vivraimalamente, parlerai piano e non ti ubbriacherai finchéio non darò il segnale: cosí sarà, ragazzo mio, te l’assi-curo io.»

«E ho forse detto il contrario io?» borbottò il quartier-mastro. «Io chiedo soltanto: quando? Io non dico chequesto.»

«Quando? Per mille diavoli!» scattò Silver. «Ebbene,

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se vuoi saperlo, te lo dirò. Piú tardi che mi sarà possibi-le: ecco quando. Abbiamo qui un marinaio di prim’ordi-ne, il capitano Smollett, che ci conduce. C’è il cavalieree il dottore che hanno in mano una carta e non so che al-tro. Questa carta io non so dove sia. Né tu lo sai megliodi me. Allora, dunque, io desidero che il cavaliere e ildottore trovino la “mercanzia”, e ci aiutino a imbarcarla,per tutti i diavoli. Dopo di che, vedremo. Se io fossi si-curo di tutti voi, doppi figli di olandesi, aspetterei a fareil colpo quando il capitano Smollett ci avesse riportatoindietro fino a metà cammino.»

«Ebbene, a me pare che siamo tutti quanti bravi mari-nai, qui» osservò il giovane Dick.

«Vuoi dire che siamo tutti uomini di prua» insorseSilver. «Noi possiamo sí seguire una rotta, ma chi è chece la dà? È lí dove vi arrenereste tutti dal primo all’ulti-mo, voi cavalieri di ventura. Potessi fare a modo mio,aspetterei che il capitano Smollett ci riportasse almenofin negli alisei; allora niente piú maledetti sbagli di cal-coli, né acqua a razione d’una cucchiaiata al giorno. Maio vi conosco bene voi! Mi sbarazzerò di loro nell’isola,tosto che la “mercanzia” sarà a bordo, ed è un peccato.Ma voi non siete contenti finché non siete ubbriachi.Maledizione! Son nauseato d’aver a navigare con gentesimile!»

«Piano! Piano!» protestò Israel. «E chi ti ha contrad-detto?»

«Eh, pensate un po’ quanti grandi bastimenti ho visto

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se vuoi saperlo, te lo dirò. Piú tardi che mi sarà possibi-le: ecco quando. Abbiamo qui un marinaio di prim’ordi-ne, il capitano Smollett, che ci conduce. C’è il cavalieree il dottore che hanno in mano una carta e non so che al-tro. Questa carta io non so dove sia. Né tu lo sai megliodi me. Allora, dunque, io desidero che il cavaliere e ildottore trovino la “mercanzia”, e ci aiutino a imbarcarla,per tutti i diavoli. Dopo di che, vedremo. Se io fossi si-curo di tutti voi, doppi figli di olandesi, aspetterei a fareil colpo quando il capitano Smollett ci avesse riportatoindietro fino a metà cammino.»

«Ebbene, a me pare che siamo tutti quanti bravi mari-nai, qui» osservò il giovane Dick.

«Vuoi dire che siamo tutti uomini di prua» insorseSilver. «Noi possiamo sí seguire una rotta, ma chi è chece la dà? È lí dove vi arrenereste tutti dal primo all’ulti-mo, voi cavalieri di ventura. Potessi fare a modo mio,aspetterei che il capitano Smollett ci riportasse almenofin negli alisei; allora niente piú maledetti sbagli di cal-coli, né acqua a razione d’una cucchiaiata al giorno. Maio vi conosco bene voi! Mi sbarazzerò di loro nell’isola,tosto che la “mercanzia” sarà a bordo, ed è un peccato.Ma voi non siete contenti finché non siete ubbriachi.Maledizione! Son nauseato d’aver a navigare con gentesimile!»

«Piano! Piano!» protestò Israel. «E chi ti ha contrad-detto?»

«Eh, pensate un po’ quanti grandi bastimenti ho visto

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ammarinati2, io. E quanti diavoli di ragazzi seccare alsole sul Dock della Forca?» gridò Silver «e tutto perquesta sciagurata smania di fare in fretta, fare in fretta,fare in fretta. Capite? Qualcosa in mare posso dired’aver visto, io. Se voi seguiste semplicemente la vostrarotta tenendovi stretti al vento, potreste passeggiare incarrozza, voi. Ma voi, no! Oh, vi conosco bene. Domaniavrete la vostra boccata di rum, e andate a farvi impic-care.»

«Che tu parli come un predicatore, lo si sa, John; peròci furono pure altri capaci di manovrare e governare nonmeno bene di te» ribatté Israel. «Ma essi ammettevanolo scherzo, essi. Non erano affatto cosí superbi e intrat-tabili; e si prendevano le loro punzecchiature da allegricompagnoni tutti quanti.»

«Ah sí?» riprese Silver. «E dove sono ora? Pew,ch’era di quella razza, finí mendicante. Flint, lo stesso, emorí bruciato dal rum a Savannah. Oh, erano una gra-ziosa brigata, erano. Soltanto, mi sapete dire dovesono?»

«Ma» interruppe Dick «quando avremo quei signorinelle mani, che ne faremo?»

«Ecco un uomo che mi va!» gridò il cuoco ammirato.«Questo si chiama aver senso pratico. Ebbene, che pen-sereste voi? Abbandonarli a terra? Sarebbe il metodod’England. O tagliarli a pezzi come carne di porco?

2 Ammarinare: mettersi al possesso di una nave catturata(Nota del T.).

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ammarinati2, io. E quanti diavoli di ragazzi seccare alsole sul Dock della Forca?» gridò Silver «e tutto perquesta sciagurata smania di fare in fretta, fare in fretta,fare in fretta. Capite? Qualcosa in mare posso dired’aver visto, io. Se voi seguiste semplicemente la vostrarotta tenendovi stretti al vento, potreste passeggiare incarrozza, voi. Ma voi, no! Oh, vi conosco bene. Domaniavrete la vostra boccata di rum, e andate a farvi impic-care.»

«Che tu parli come un predicatore, lo si sa, John; peròci furono pure altri capaci di manovrare e governare nonmeno bene di te» ribatté Israel. «Ma essi ammettevanolo scherzo, essi. Non erano affatto cosí superbi e intrat-tabili; e si prendevano le loro punzecchiature da allegricompagnoni tutti quanti.»

«Ah sí?» riprese Silver. «E dove sono ora? Pew,ch’era di quella razza, finí mendicante. Flint, lo stesso, emorí bruciato dal rum a Savannah. Oh, erano una gra-ziosa brigata, erano. Soltanto, mi sapete dire dovesono?»

«Ma» interruppe Dick «quando avremo quei signorinelle mani, che ne faremo?»

«Ecco un uomo che mi va!» gridò il cuoco ammirato.«Questo si chiama aver senso pratico. Ebbene, che pen-sereste voi? Abbandonarli a terra? Sarebbe il metodod’England. O tagliarli a pezzi come carne di porco?

2 Ammarinare: mettersi al possesso di una nave catturata(Nota del T.).

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Cosí avrebbe fatto Flint o Billy Bones.»«Billy era l’uomo da ciò» disse Israel. «Uomo morto

non morde, soleva dire. Be’, lui stesso è morto, ora; econosce il poco e il molto, ora; e se mai rude marinaioentrò in porto, fu Billy.»

«Giusto» appoggiò Silver «rude e pronto, era. Ma ba-date: io sono un uomo alla mano, un vero gentiluomo,nevvero? però stavolta la cosa è seria. Il dovere è dove-re, amici miei. Io sono per la morte. Quando sarò al Par-lamento, e mi farò scarrozzar nel mio cocchio, non vor-rei che qualcuno di questi “avvocati di mare” della cabi-na ritornasse in paese improvviso come il diavolo allapreghiera. Aspettare, dico io: ma quando il momento ar-riva, colpire!»

«John» gridò il quartiermastro «tu sei un uomo!»«Lo dirai quando avrai visto. Io per me non domando

che una cosa: Trelawney. Con queste mani gli sviterò lasua testa di vitello... Dick!» aggiunse poi interrompen-dosi «àlzati, da bravo, e prendimi una mela, che possainumidirmi la gola.»

Potete immaginare il mio terrore. Sarei balzato fuori escappato via se ne avessi trovato la forza: ma cuore emuscoli mi mancarono. Sentii Dick muoversi: ma qual-cuno parve trattenerlo. E la voce di Hands esclamò:

«Lascia stare, John, quella roba che puzza di sentina.Beviamo piuttosto un sorso di rum.»

«Dick» acconsentí Silver «io mi fido di te. C’è unamisura sul barilotto, fai attenzione. Eccoti la chiave: turiempi una mezzetta e la porti su.»

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Cosí avrebbe fatto Flint o Billy Bones.»«Billy era l’uomo da ciò» disse Israel. «Uomo morto

non morde, soleva dire. Be’, lui stesso è morto, ora; econosce il poco e il molto, ora; e se mai rude marinaioentrò in porto, fu Billy.»

«Giusto» appoggiò Silver «rude e pronto, era. Ma ba-date: io sono un uomo alla mano, un vero gentiluomo,nevvero? però stavolta la cosa è seria. Il dovere è dove-re, amici miei. Io sono per la morte. Quando sarò al Par-lamento, e mi farò scarrozzar nel mio cocchio, non vor-rei che qualcuno di questi “avvocati di mare” della cabi-na ritornasse in paese improvviso come il diavolo allapreghiera. Aspettare, dico io: ma quando il momento ar-riva, colpire!»

«John» gridò il quartiermastro «tu sei un uomo!»«Lo dirai quando avrai visto. Io per me non domando

che una cosa: Trelawney. Con queste mani gli sviterò lasua testa di vitello... Dick!» aggiunse poi interrompen-dosi «àlzati, da bravo, e prendimi una mela, che possainumidirmi la gola.»

Potete immaginare il mio terrore. Sarei balzato fuori escappato via se ne avessi trovato la forza: ma cuore emuscoli mi mancarono. Sentii Dick muoversi: ma qual-cuno parve trattenerlo. E la voce di Hands esclamò:

«Lascia stare, John, quella roba che puzza di sentina.Beviamo piuttosto un sorso di rum.»

«Dick» acconsentí Silver «io mi fido di te. C’è unamisura sul barilotto, fai attenzione. Eccoti la chiave: turiempi una mezzetta e la porti su.»

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“Cosí” pensavo tra me stretto dal terrore “doveva Ar-row essersi procurati i liquori che l’avevano ucciso.”

Mentre Dick era via, Israel sussurrò qualcosaall’orecchio del cuoco. Non furono che poche parole, trale quali però io colsi un’importante frase: «Nessun altrosarà con noi». Avevamo dunque ancora degli uomini fe-deli, a bordo.

Ritornato Dick, essi bevvero l’un dopo l’altro passan-dosi la mezzetta. Uno augurò: «Alla nostra buona fortu-na!». L’altro: «Al vecchio Flint!».

E Silver, come cantando:«Beviamo a noi, e teniamoci al vento. Torta, e bottino

d’oro e d’argento!»In quel punto un vago chiarore entrò nel barile, e al-

zando gli occhi io vidi che la luna erasi levata e stavainargentando la cima dell’albero di mezzana e illumi-nando il biancore della vela prodiera. Quasi nel medesi-mo istante la voce della vedetta gridò:

«Terra!»

XIICONSIGLIO DI GUERRA

Dei rapidi passi sul ponte: gente uscita a precipiziodalla cabina e dal castello di prua. Sgusciato all’istantefuori del barile, io m’insinuai dietro la vela di trinchetto,e dopo un giro a poppa sboccai sul ponte, giusto in tem-po per raggiungervi Hunter ed il dottor Livesey che cor-

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“Cosí” pensavo tra me stretto dal terrore “doveva Ar-row essersi procurati i liquori che l’avevano ucciso.”

Mentre Dick era via, Israel sussurrò qualcosaall’orecchio del cuoco. Non furono che poche parole, trale quali però io colsi un’importante frase: «Nessun altrosarà con noi». Avevamo dunque ancora degli uomini fe-deli, a bordo.

Ritornato Dick, essi bevvero l’un dopo l’altro passan-dosi la mezzetta. Uno augurò: «Alla nostra buona fortu-na!». L’altro: «Al vecchio Flint!».

E Silver, come cantando:«Beviamo a noi, e teniamoci al vento. Torta, e bottino

d’oro e d’argento!»In quel punto un vago chiarore entrò nel barile, e al-

zando gli occhi io vidi che la luna erasi levata e stavainargentando la cima dell’albero di mezzana e illumi-nando il biancore della vela prodiera. Quasi nel medesi-mo istante la voce della vedetta gridò:

«Terra!»

XIICONSIGLIO DI GUERRA

Dei rapidi passi sul ponte: gente uscita a precipiziodalla cabina e dal castello di prua. Sgusciato all’istantefuori del barile, io m’insinuai dietro la vela di trinchetto,e dopo un giro a poppa sboccai sul ponte, giusto in tem-po per raggiungervi Hunter ed il dottor Livesey che cor-

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revano verso la grua di sopravvento.L’intero equipaggio era già lí radunato. Una zona di

nebbia s’era levata quasi insieme con l’apparir dellaluna. Laggiú nel sud-est scorgevamo due basse monta-gne distanti circa un paio di miglia; e, dietro l’unad’esse, una terza piú alta, la cui cima era ancora avvi-luppata dalla nebbia. Tutte tre sembravano aguzze e diforma conica.

Io vidi ciò come in sogno, poiché ancora non m’eroriavuto dalla tremenda emozione di poco prima. Intesipoi la voce del capitano Smollett che dava ordini.L’Hispaniola fu orientata per due quarte piú al vento, eora seguiva una rotta che le avrebbe permesso di acco-star l’isola da levante.

«E adesso, ragazzi» disse il capitano quando le velefurono piegate «c’è qualcuno tra voi ch’abbia mai vistoquella terra?»

«Io, signore» rispose Silver. «Feci acqua lí una voltacon un bastimento mercantile su cui ero cuoco.»

«L’ancoraggio è al sud, suppongo, dietro unisolotto?» chiese il capitano.

«Sissignore: detto l’isolotto dello Scheletro. Un tem-po l’isola stessa era un rifugio di pirati, e un marinaioche avevamo a bordo conosceva i nomi di tutte le locali-tà. Quella punta a nord la chiamavano l’Albero di Trin-chetto. Ci sono tre punte allineate da nord a sud, signo-re: Trinchetto, Maestra, Mezzana. Ma la Maestra, la piúgrande cioè, con la nuvola sopra, di solito la chiamava-no Il Cannocchiale per il fatto d’una vedetta che vi po-

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revano verso la grua di sopravvento.L’intero equipaggio era già lí radunato. Una zona di

nebbia s’era levata quasi insieme con l’apparir dellaluna. Laggiú nel sud-est scorgevamo due basse monta-gne distanti circa un paio di miglia; e, dietro l’unad’esse, una terza piú alta, la cui cima era ancora avvi-luppata dalla nebbia. Tutte tre sembravano aguzze e diforma conica.

Io vidi ciò come in sogno, poiché ancora non m’eroriavuto dalla tremenda emozione di poco prima. Intesipoi la voce del capitano Smollett che dava ordini.L’Hispaniola fu orientata per due quarte piú al vento, eora seguiva una rotta che le avrebbe permesso di acco-star l’isola da levante.

«E adesso, ragazzi» disse il capitano quando le velefurono piegate «c’è qualcuno tra voi ch’abbia mai vistoquella terra?»

«Io, signore» rispose Silver. «Feci acqua lí una voltacon un bastimento mercantile su cui ero cuoco.»

«L’ancoraggio è al sud, suppongo, dietro unisolotto?» chiese il capitano.

«Sissignore: detto l’isolotto dello Scheletro. Un tem-po l’isola stessa era un rifugio di pirati, e un marinaioche avevamo a bordo conosceva i nomi di tutte le locali-tà. Quella punta a nord la chiamavano l’Albero di Trin-chetto. Ci sono tre punte allineate da nord a sud, signo-re: Trinchetto, Maestra, Mezzana. Ma la Maestra, la piúgrande cioè, con la nuvola sopra, di solito la chiamava-no Il Cannocchiale per il fatto d’una vedetta che vi po-

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nevano quando stavano all’ancoraggio in riparazione,poiché è là che riparavano le loro navi, signore, con li-cenza.»

«Ho qui una carta» disse il capitano Smollett. «Guar-date se è questa la località.»

Le pupille di John lampeggiarono nel prendere inmano la carta, ma io gettando un’occhiata su essa com-presi quale delusione l’aspettava. Quella non era la cartache noi avevamo trovato nel baule di Billy Bones, bensíuna copia accurata contenente tutti i particolari, nomi,altitudini fondali, eccettuato soltanto le crocette rosse ele postille. Per quanto acuto fosse il suo disinganno, Sil-ver ebbe la forza di mascherarlo.

«Sí, signore, questo è il posto, non c’è dubbio, e mol-to ben disegnato. O chi mai può aver fatto questo?, midomando io. I pirati erano troppo ignoranti, penso. Eccoqui: “Ancoraggio Capitano Kidd”: cosí appunto lo chia-mava il mio camerata. C’è una forte corrente che seguela costa sud, e poi risale verso il nord per la costa ovest.Avete ben fatto, signore, di tenervi al vento dell’isola.Almeno, se è vostra intenzione di prender terra e carena-re, nessun posto migliore esiste in queste acque.»

«Grazie» disse il capitano Smollett. «Vi chiamerò piútardi per darci una mano. Potete andare.»

Io ero stupito dell’impassibilità con cui John rivelavala sua conoscenza dell’isola, e non senza apprensione lovidi avvicinarmisi. Egli certo ignorava che io dal fondodel barile avevo sorpreso la loro congrega; ma da quelmomento un tale orrore m’aveva preso della sua crudel-

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nevano quando stavano all’ancoraggio in riparazione,poiché è là che riparavano le loro navi, signore, con li-cenza.»

«Ho qui una carta» disse il capitano Smollett. «Guar-date se è questa la località.»

Le pupille di John lampeggiarono nel prendere inmano la carta, ma io gettando un’occhiata su essa com-presi quale delusione l’aspettava. Quella non era la cartache noi avevamo trovato nel baule di Billy Bones, bensíuna copia accurata contenente tutti i particolari, nomi,altitudini fondali, eccettuato soltanto le crocette rosse ele postille. Per quanto acuto fosse il suo disinganno, Sil-ver ebbe la forza di mascherarlo.

«Sí, signore, questo è il posto, non c’è dubbio, e mol-to ben disegnato. O chi mai può aver fatto questo?, midomando io. I pirati erano troppo ignoranti, penso. Eccoqui: “Ancoraggio Capitano Kidd”: cosí appunto lo chia-mava il mio camerata. C’è una forte corrente che seguela costa sud, e poi risale verso il nord per la costa ovest.Avete ben fatto, signore, di tenervi al vento dell’isola.Almeno, se è vostra intenzione di prender terra e carena-re, nessun posto migliore esiste in queste acque.»

«Grazie» disse il capitano Smollett. «Vi chiamerò piútardi per darci una mano. Potete andare.»

Io ero stupito dell’impassibilità con cui John rivelavala sua conoscenza dell’isola, e non senza apprensione lovidi avvicinarmisi. Egli certo ignorava che io dal fondodel barile avevo sorpreso la loro congrega; ma da quelmomento un tale orrore m’aveva preso della sua crudel-

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tà, doppiezza e potenza, che a stento riuscii a reprimereun brivido mentr’egli mi posava la mano sul braccio.

«Ah» diss’egli «è un bel posto, quest’isola: deliziosoper un ragazzo che voglia scendere a terra. Tu ti bagne-rai, ti arrampicherai sugli alberi, darai la caccia alle ca-pre, e t’inerpicherai su quelle cime tu stesso come unacapra. Vedi? Io mi sento ringiovanire. A momenti di-menticavo la mia gamba di legno, dimenticavo. È unabella cosa esser giovane e aver dieci dita, credi a me.Quando avrai voglia di fare una piccola escursione, av-verti il vecchio John: egli ti preparerà un boccone daportare con te.»

E battendomi sulla spalla col fare piú amichevole, sistaccò da me zoppicando e si calò a bassa prua.

Il capitano Smollett, il cavaliere e il dottor Liveseystavano discorrendo tra loro sul cassero di poppa; e perquanto ansioso io fossi di raccontar loro la mia storia,non osavo apertamente interromperli. Mentre stavo cer-cando un pretesto, il dottor Livesey mi chiamò a sé.Aveva lasciato la sua pipa abbasso, e da fumatore appas-sionato voleva mandarmi a prenderla; ma appena gli fuivicino abbastanza da potergli parlare senza che altriudisse, ruppi: «Senta, dottore. Conduca il capitano e ilcavaliere in cabina, e poi trovi un pretesto per mandarmia chiamare. Ho delle terribili notizie».

Il dottore apparve un momento turbato, ma non tardòa dominarsi.

«Grazie, Jim» disse ad alta voce, come se io avessisoddisfatto una domanda: «è tutto ciò che desideravo sa-

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tà, doppiezza e potenza, che a stento riuscii a reprimereun brivido mentr’egli mi posava la mano sul braccio.

«Ah» diss’egli «è un bel posto, quest’isola: deliziosoper un ragazzo che voglia scendere a terra. Tu ti bagne-rai, ti arrampicherai sugli alberi, darai la caccia alle ca-pre, e t’inerpicherai su quelle cime tu stesso come unacapra. Vedi? Io mi sento ringiovanire. A momenti di-menticavo la mia gamba di legno, dimenticavo. È unabella cosa esser giovane e aver dieci dita, credi a me.Quando avrai voglia di fare una piccola escursione, av-verti il vecchio John: egli ti preparerà un boccone daportare con te.»

E battendomi sulla spalla col fare piú amichevole, sistaccò da me zoppicando e si calò a bassa prua.

Il capitano Smollett, il cavaliere e il dottor Liveseystavano discorrendo tra loro sul cassero di poppa; e perquanto ansioso io fossi di raccontar loro la mia storia,non osavo apertamente interromperli. Mentre stavo cer-cando un pretesto, il dottor Livesey mi chiamò a sé.Aveva lasciato la sua pipa abbasso, e da fumatore appas-sionato voleva mandarmi a prenderla; ma appena gli fuivicino abbastanza da potergli parlare senza che altriudisse, ruppi: «Senta, dottore. Conduca il capitano e ilcavaliere in cabina, e poi trovi un pretesto per mandarmia chiamare. Ho delle terribili notizie».

Il dottore apparve un momento turbato, ma non tardòa dominarsi.

«Grazie, Jim» disse ad alta voce, come se io avessisoddisfatto una domanda: «è tutto ciò che desideravo sa-

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pere.»Dopo di che voltò le spalle e raggiunse gli altri due.

Essi confabularono insieme un poco; e sebbene nessundi loro trasalisse o alzasse la voce, o si lasciasse sfuggi-re una sillaba, chiaro fu che il dottor Livesey aveva lororiferito le mie parole; poiché subito dopo intesi il capita-no dare a Job Anderson l’ordine di radunare tutta la gen-te sul ponte.

«Ragazzi» incominciò il capitano Smollett. «Ho dadirvi una parola. Questa terra che abbiamo avvistato è lamèta del nostro viaggio. Il signor Trelawney da genero-so gentiluomo qual è e quale tutti lo conosciamo, mi hachiesto or ora alcune informazioni, e poiché io ho potutoaffermargli che tutti a bordo, dal primo all’ultimo, han-no adempiuto il proprio dovere, e come meglio io nonavrei desiderato, ebbene, lui ed io e il dottore scendere-mo in cabina a bere alla vostra salute e buona fortuna, ea voi sarà servito un grog che berrete alla salute e fortu-na nostra. Devo dirvi che penso di ciò? Penso che è no-bile e gentile da parte sua. E se voi siete d’accordo conme, mandate un evviva marino al gentiluomo che l’havoluto.»

L’evviva seguí, come c’era da aspettarsi, ma risonòcosí pieno e caloroso che, lo confesso, penavo a credereuscisse dal petto di quei medesimi uomini che stavanotramando contro il nostro sangue.

«Ancora un evviva al capitano Smollett!» gridò LongJohn quando il primo si fu quetato.

E anche questo scoppiò unanime.

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pere.»Dopo di che voltò le spalle e raggiunse gli altri due.

Essi confabularono insieme un poco; e sebbene nessundi loro trasalisse o alzasse la voce, o si lasciasse sfuggi-re una sillaba, chiaro fu che il dottor Livesey aveva lororiferito le mie parole; poiché subito dopo intesi il capita-no dare a Job Anderson l’ordine di radunare tutta la gen-te sul ponte.

«Ragazzi» incominciò il capitano Smollett. «Ho dadirvi una parola. Questa terra che abbiamo avvistato è lamèta del nostro viaggio. Il signor Trelawney da genero-so gentiluomo qual è e quale tutti lo conosciamo, mi hachiesto or ora alcune informazioni, e poiché io ho potutoaffermargli che tutti a bordo, dal primo all’ultimo, han-no adempiuto il proprio dovere, e come meglio io nonavrei desiderato, ebbene, lui ed io e il dottore scendere-mo in cabina a bere alla vostra salute e buona fortuna, ea voi sarà servito un grog che berrete alla salute e fortu-na nostra. Devo dirvi che penso di ciò? Penso che è no-bile e gentile da parte sua. E se voi siete d’accordo conme, mandate un evviva marino al gentiluomo che l’havoluto.»

L’evviva seguí, come c’era da aspettarsi, ma risonòcosí pieno e caloroso che, lo confesso, penavo a credereuscisse dal petto di quei medesimi uomini che stavanotramando contro il nostro sangue.

«Ancora un evviva al capitano Smollett!» gridò LongJohn quando il primo si fu quetato.

E anche questo scoppiò unanime.

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Dopo di che i signori scesero abbasso, e quasi subitofu mandato a dire che Jim Hawkins era desiderato in ca-bina.

Li trovai tutti tre seduti intorno alla tavola, con da-vanti una bottiglia di vin di Spagna e uva passa. Il dotto-re fumava, tenendo la sua parrucca sulle ginocchia,come sempre quando era agitato. Per la finestra di pop-pa, aperta sulla notte calda, si vedeva la luna palpitarenella scia della nave.

«E dunque, Hawkins» ruppe il cavaliere «tu hai qual-cosa da dire. Parla.»

Io obbedii, e nel piú breve modo possibile riferii tuttii particolari della conversazione di Silver. Nessunom’interruppe, nessuno si mosse: mi ascoltarono dalprincipio alla fine senza staccarmi un momento gli occhidi dosso.

«Jim» disse il dottore «siedi.»Mi fecero posto alla loro tavola, mi servirono del

vino, mi empirono le mani d’uva passa; e l’uno dopol’altro con un inchino bevvero alla mia salute, rallegran-dosi della mia fortuna e del mio coraggio.

«E ora, capitano» disse il cavaliere «riconosco che leiaveva ragione e io torto. Sono stato un asino, lo confes-so, e mi pongo ai suoi ordini.»

«Non piú asino di me» ribatté il capitano. «Io non homai sentito parlare d’un equipaggio che avendo l’inten-zione d’ammutinarsi non ne lasciasse trapelar qualchesegno dando modo a chiunque avesse occhi di avvertireil pericolo e provvedere. Ma quest’equipaggio mi bat-

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Dopo di che i signori scesero abbasso, e quasi subitofu mandato a dire che Jim Hawkins era desiderato in ca-bina.

Li trovai tutti tre seduti intorno alla tavola, con da-vanti una bottiglia di vin di Spagna e uva passa. Il dotto-re fumava, tenendo la sua parrucca sulle ginocchia,come sempre quando era agitato. Per la finestra di pop-pa, aperta sulla notte calda, si vedeva la luna palpitarenella scia della nave.

«E dunque, Hawkins» ruppe il cavaliere «tu hai qual-cosa da dire. Parla.»

Io obbedii, e nel piú breve modo possibile riferii tuttii particolari della conversazione di Silver. Nessunom’interruppe, nessuno si mosse: mi ascoltarono dalprincipio alla fine senza staccarmi un momento gli occhidi dosso.

«Jim» disse il dottore «siedi.»Mi fecero posto alla loro tavola, mi servirono del

vino, mi empirono le mani d’uva passa; e l’uno dopol’altro con un inchino bevvero alla mia salute, rallegran-dosi della mia fortuna e del mio coraggio.

«E ora, capitano» disse il cavaliere «riconosco che leiaveva ragione e io torto. Sono stato un asino, lo confes-so, e mi pongo ai suoi ordini.»

«Non piú asino di me» ribatté il capitano. «Io non homai sentito parlare d’un equipaggio che avendo l’inten-zione d’ammutinarsi non ne lasciasse trapelar qualchesegno dando modo a chiunque avesse occhi di avvertireil pericolo e provvedere. Ma quest’equipaggio mi bat-

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te.»«Capitano» osservò il dottore «ciò, se permette, si

deve a Silver. Quello è un uomo straordinario.»«Starebbe bene appeso all’estremità d’un pennone, si-

gnore» rispose il capitano. «Ma queste son chiacchiere,che non menano a nulla. Io vedo tre o quattro punti, econ licenza del signor Trelawney li enumererò.»

«Lei, signore, è il capitano. A lei tocca parlare» disseil signor Trelawney con signorile cortesia.

«Punto primo» incominciò il capitano. «Dobbiamoproseguire, poiché tornare indietro non è possibile. Se iodessi l’ordine di virar di bordo, essi immediatamente sirivolterebbero. Punto secondo, abbiamo del tempo da-vanti a noi, almeno finché il tesoro non sia trovato. Ter-zo punto, c’è qualche marinaio fedele. Ora, signore, sic-come prima o dopo bisognerà pur venire alle corte, cosíio propongo di afferrar l’occasione per i capelli come sisuol dire, rompendola noi stessi per i primi un bel gior-no, mentre loro meno se l’aspettano. Io credo che pos-siamo contare sopra i vostri personali servitori, signorTrelawney?»

«Come su me stesso.»«Tre. E con noi, contando Hawkins, facciamo sette. E

quanto ai marinai onesti?»«Molto probabilmente gli uomini di Trelawney» disse

il dottore: «quelli che aveva scelti lui stesso, primad’imbattersi in Silver.»

«No» chiarí il cavaliere «Hands era uno dei miei.»«E io che mi sarei fidato di Hands!» mormorò il capi-

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te.»«Capitano» osservò il dottore «ciò, se permette, si

deve a Silver. Quello è un uomo straordinario.»«Starebbe bene appeso all’estremità d’un pennone, si-

gnore» rispose il capitano. «Ma queste son chiacchiere,che non menano a nulla. Io vedo tre o quattro punti, econ licenza del signor Trelawney li enumererò.»

«Lei, signore, è il capitano. A lei tocca parlare» disseil signor Trelawney con signorile cortesia.

«Punto primo» incominciò il capitano. «Dobbiamoproseguire, poiché tornare indietro non è possibile. Se iodessi l’ordine di virar di bordo, essi immediatamente sirivolterebbero. Punto secondo, abbiamo del tempo da-vanti a noi, almeno finché il tesoro non sia trovato. Ter-zo punto, c’è qualche marinaio fedele. Ora, signore, sic-come prima o dopo bisognerà pur venire alle corte, cosíio propongo di afferrar l’occasione per i capelli come sisuol dire, rompendola noi stessi per i primi un bel gior-no, mentre loro meno se l’aspettano. Io credo che pos-siamo contare sopra i vostri personali servitori, signorTrelawney?»

«Come su me stesso.»«Tre. E con noi, contando Hawkins, facciamo sette. E

quanto ai marinai onesti?»«Molto probabilmente gli uomini di Trelawney» disse

il dottore: «quelli che aveva scelti lui stesso, primad’imbattersi in Silver.»

«No» chiarí il cavaliere «Hands era uno dei miei.»«E io che mi sarei fidato di Hands!» mormorò il capi-

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tano.«E pensare che son tutti inglesi!» esclamò il cavalie-

re. «Verrebbe voglia di far saltare la nave.»«Ebbene, signori» riprese il capitano «il meglio che

io possa dire non è gran cosa. A noi conviene metterealla cappa e far buona guardia. È penoso, lo so. Si prefe-rirebbe venir subito alle mani. Ma non c’è rimedio fintanto che non conosciamo i nostri uomini. Mettere allacappa e aspettare il vento buono: questo è il mio pare-re.»

«Jim, qui, può esserci d’aiuto meglio di chicchessia»disse il dottore. «Gli uomini non diffidano di lui, e Jim èun ragazzo che osserva.»

«Hawkins, io ripongo in te un’immensa fiducia» ag-giunse il cavaliere.

Ma io ero troppo conscio della mia impotenza pernon disperare; e nondimeno, grazie a un curioso concor-so di circostanze, doveva proprio per mezzo mio giun-gere la salvezza. Frattanto noi avevamo un bel dire, nonerano piú di sette su ventisei quelli su cui sapevamo dipoter fare assegnamento, e di codesti sette uno era unragazzo, sicché eravamo sei adulti da una parte, controdiciannove dall’altra.

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tano.«E pensare che son tutti inglesi!» esclamò il cavalie-

re. «Verrebbe voglia di far saltare la nave.»«Ebbene, signori» riprese il capitano «il meglio che

io possa dire non è gran cosa. A noi conviene metterealla cappa e far buona guardia. È penoso, lo so. Si prefe-rirebbe venir subito alle mani. Ma non c’è rimedio fintanto che non conosciamo i nostri uomini. Mettere allacappa e aspettare il vento buono: questo è il mio pare-re.»

«Jim, qui, può esserci d’aiuto meglio di chicchessia»disse il dottore. «Gli uomini non diffidano di lui, e Jim èun ragazzo che osserva.»

«Hawkins, io ripongo in te un’immensa fiducia» ag-giunse il cavaliere.

Ma io ero troppo conscio della mia impotenza pernon disperare; e nondimeno, grazie a un curioso concor-so di circostanze, doveva proprio per mezzo mio giun-gere la salvezza. Frattanto noi avevamo un bel dire, nonerano piú di sette su ventisei quelli su cui sapevamo dipoter fare assegnamento, e di codesti sette uno era unragazzo, sicché eravamo sei adulti da una parte, controdiciannove dall’altra.

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PARTE TERZALA MIA AVVENTURA DI TERRA

XIIICOME INCOMINCIÒ LA MIA AVVENTURA

L’aspetto dell’isola, quando io venni sul ponte l’indo-mani mattina, era completamente cambiato. Quantunquela brezza fosse del tutto caduta, avevamo fatto un beltratto di cammino durante la notte, e stavamo ora impri-gionati dalla bonaccia a circa mezzo miglio a sud-estdella piatta costa orientale. Boscaglie grigiastre vestiva-no gran parte della sua superficie. Questa tinta uniformeera interrotta nella zona piú bassa da strisce di sabbiagialla e da una quantità d’alberi elevati, della famigliadei pini, che sormontavano gli altri: alcuni isolati, altri agruppi; ma la colorazione generale permaneva monoto-na e triste. I monti drizzavano su questa vegetazione iloro picchi di nuda roccia. Tutti erano di forma bizzarra,e il Cannocchiale, di tre o quattrocento piedi il piú altodell’isola, presentava il piú strano profilo, balzando suerto e scabro da ogni lato, per rimanere in cima improv-visamente mozzo come un piedestallo da collocarvi so-pra una statua.

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PARTE TERZALA MIA AVVENTURA DI TERRA

XIIICOME INCOMINCIÒ LA MIA AVVENTURA

L’aspetto dell’isola, quando io venni sul ponte l’indo-mani mattina, era completamente cambiato. Quantunquela brezza fosse del tutto caduta, avevamo fatto un beltratto di cammino durante la notte, e stavamo ora impri-gionati dalla bonaccia a circa mezzo miglio a sud-estdella piatta costa orientale. Boscaglie grigiastre vestiva-no gran parte della sua superficie. Questa tinta uniformeera interrotta nella zona piú bassa da strisce di sabbiagialla e da una quantità d’alberi elevati, della famigliadei pini, che sormontavano gli altri: alcuni isolati, altri agruppi; ma la colorazione generale permaneva monoto-na e triste. I monti drizzavano su questa vegetazione iloro picchi di nuda roccia. Tutti erano di forma bizzarra,e il Cannocchiale, di tre o quattrocento piedi il piú altodell’isola, presentava il piú strano profilo, balzando suerto e scabro da ogni lato, per rimanere in cima improv-visamente mozzo come un piedestallo da collocarvi so-pra una statua.

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L’Hispaniola rullava sulle onde gonfie. Le verghesquassavano i bozzelli, la barra del timone sbatteva diqua e di là, e l’intera nave scricchiolava gemevas’impennava e abbatteva come una creatura torturata. Iomi tenevo attaccato ai patterazzi, e ogni cosa mi giravavertiginosamente intorno; poiché se ero abbastanzabuon marinaio mentre la nave filava, cotesto rimaner lípiantato e sballottato come una bottiglia era cosa chenon sopportavo senza nausea, e massime a digiuno.

Forse anche l’aspetto melanconico dell’isola con lesue cineree foreste e i suoi rocciosi e selvaggi picchi, elo spumeggiare e tuonare dei frangenti contro l’irta rivaacuivano il mio malessere; fatto sta che malgrado il solesmagliante e affocato, e l’allegrezza degli uccelli mariniche si tuffavano e gridavano intorno a noi, e la prospetti-va cosí grata sempre a chi approda dopo una lunga navi-gazione, io mi sentivo il cuore oppresso, e fin da quellaprima occhiata imparai a odiare l’Isola del Tesoro.

Avevamo davanti una mattinata di fastidioso lavoro,giacché non v’era indizio di vento; e bisognava metterein mare i canotti e tirare il bastimento a rimorchio pertre o quattro miglia, ché tanto era il cammino per dop-piare la punta dell’isola, passare lo stretto canale, e rag-giungere il porto dietro l’isolotto dello Scheletro. Io pre-si posto in una imbarcazione, dove, peraltro, non avevonulla da fare. Il calore era soffocante, e gli uomini curvisulla loro fatica brontolavano rabbiosamente. Anderson,che governava il mio canotto, anziché richiamare l’equi-paggio all’ordine, protestava peggio degli altri.

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L’Hispaniola rullava sulle onde gonfie. Le verghesquassavano i bozzelli, la barra del timone sbatteva diqua e di là, e l’intera nave scricchiolava gemevas’impennava e abbatteva come una creatura torturata. Iomi tenevo attaccato ai patterazzi, e ogni cosa mi giravavertiginosamente intorno; poiché se ero abbastanzabuon marinaio mentre la nave filava, cotesto rimaner lípiantato e sballottato come una bottiglia era cosa chenon sopportavo senza nausea, e massime a digiuno.

Forse anche l’aspetto melanconico dell’isola con lesue cineree foreste e i suoi rocciosi e selvaggi picchi, elo spumeggiare e tuonare dei frangenti contro l’irta rivaacuivano il mio malessere; fatto sta che malgrado il solesmagliante e affocato, e l’allegrezza degli uccelli mariniche si tuffavano e gridavano intorno a noi, e la prospetti-va cosí grata sempre a chi approda dopo una lunga navi-gazione, io mi sentivo il cuore oppresso, e fin da quellaprima occhiata imparai a odiare l’Isola del Tesoro.

Avevamo davanti una mattinata di fastidioso lavoro,giacché non v’era indizio di vento; e bisognava metterein mare i canotti e tirare il bastimento a rimorchio pertre o quattro miglia, ché tanto era il cammino per dop-piare la punta dell’isola, passare lo stretto canale, e rag-giungere il porto dietro l’isolotto dello Scheletro. Io pre-si posto in una imbarcazione, dove, peraltro, non avevonulla da fare. Il calore era soffocante, e gli uomini curvisulla loro fatica brontolavano rabbiosamente. Anderson,che governava il mio canotto, anziché richiamare l’equi-paggio all’ordine, protestava peggio degli altri.

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«Ma» rincalzò alfine con una bestemmia «non andràsempre cosí.»

Queste parole mi parvero un pessimo segno. Fino aquel giorno gli uomini avevano compiuto il loro lavorodi buona voglia e con slancio; ma la semplice vistadell’isola era bastata ad allentare i vincoli della discipli-na.

Durante tutto il tragitto Long John stette presso il ti-moniere a pilotar la nave. Egli conosceva lo strettocome la palma della sua mano, e quantunque lo scanda-glio indicasse piú acqua che non risultasse dalla carta,John non ebbe mai un momento di esitazione.

«C’è una spinta violenta, qui, col riflusso» disse «ed ècome se questo canale fosse stato scavato con una van-ga.»

Gittammo l’àncora nel preciso punto segnato sullacarta, a circa un terzo di miglio da ciascuna riva: la terrada un lato, e l’isolotto dello Scheletro dall’altro. Il fondoera pura sabbia. Il tuffo della nostra àncora sollevò unanuvola d’uccelli che gridando rotarono sopra i boschi:ma in meno d’un minuto di nuovo s’erano posati, e tuttoera ridivenuto quieto e silenzioso.

La rada era intieramente riparata dalla costa e contor-nata da boschi i cui alberi discendevano fino quasi alambire il mare; le rive erano in gran parte piatte; e lecime dei monti disposte a cerchio formavano una speciedi lontano anfiteatro. Due fiumiciattoli o meglio due pa-ludosi rivi si scaricavano in questo che chiamerei sta-gno; e la vegetazione su quella parte della costa ostenta-

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«Ma» rincalzò alfine con una bestemmia «non andràsempre cosí.»

Queste parole mi parvero un pessimo segno. Fino aquel giorno gli uomini avevano compiuto il loro lavorodi buona voglia e con slancio; ma la semplice vistadell’isola era bastata ad allentare i vincoli della discipli-na.

Durante tutto il tragitto Long John stette presso il ti-moniere a pilotar la nave. Egli conosceva lo strettocome la palma della sua mano, e quantunque lo scanda-glio indicasse piú acqua che non risultasse dalla carta,John non ebbe mai un momento di esitazione.

«C’è una spinta violenta, qui, col riflusso» disse «ed ècome se questo canale fosse stato scavato con una van-ga.»

Gittammo l’àncora nel preciso punto segnato sullacarta, a circa un terzo di miglio da ciascuna riva: la terrada un lato, e l’isolotto dello Scheletro dall’altro. Il fondoera pura sabbia. Il tuffo della nostra àncora sollevò unanuvola d’uccelli che gridando rotarono sopra i boschi:ma in meno d’un minuto di nuovo s’erano posati, e tuttoera ridivenuto quieto e silenzioso.

La rada era intieramente riparata dalla costa e contor-nata da boschi i cui alberi discendevano fino quasi alambire il mare; le rive erano in gran parte piatte; e lecime dei monti disposte a cerchio formavano una speciedi lontano anfiteatro. Due fiumiciattoli o meglio due pa-ludosi rivi si scaricavano in questo che chiamerei sta-gno; e la vegetazione su quella parte della costa ostenta-

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va una sorta di malvagio splendore. Da bordo nulla po-tevamo scorgere né del fortino né della palizzata com-pletamente affondata nella verdura; e se non fosse statoper la carta spiegata sotto i nostri occhi, avremmo potu-to illuderci d’essere i primi ad ancorarci lí da quandol’isola era emersa dalle acque.

Non c’era un alito di vento né udivasi alcun rumoretranne il tuonar della risacca mezzo miglio lontano lun-go la spiaggia e contro le scogliere di fuori. Caratteristi-che esalazioni di foglie imputridite e tronchi d’alberimarciti stagnavano sull’ancoraggio. Io vidi il dottore ar-ricciare il naso piú volte, come si fa quando si annusa unuovo guasto.

«Non so nulla del tesoro» diss’egli «ma scommettereiche qui c’è la malaria.»

Se il contegno degli uomini era stato inquietante nelcanotto, diventò addirittura minaccioso non appena ri-tornati a bordo. Si raggruppavano sul ponte a mormora-re tra loro. Il piú semplice comando veniva accolto conaria cattiva ed eseguito di mala voglia e trascuratamen-te. Persino ai marinai onesti doveva essersi appiccato ilcontagio, poiché non v’era un uomo a bordo che ripren-desse un altro. La rivolta, era chiaro, ci pendeva sulcapo come una nuvola carica di tempesta.

Né eravamo noi soli della cabina ad avvertire il peri-colo. Long John si dava molto da fare, correndo di grup-po in gruppo e prodigandosi in consigli di calma. Nessu-no avrebbe potuto offrire un miglior esempio. Egli supe-rava se stesso in buon volere e cortesia; e a tutti dispen-

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va una sorta di malvagio splendore. Da bordo nulla po-tevamo scorgere né del fortino né della palizzata com-pletamente affondata nella verdura; e se non fosse statoper la carta spiegata sotto i nostri occhi, avremmo potu-to illuderci d’essere i primi ad ancorarci lí da quandol’isola era emersa dalle acque.

Non c’era un alito di vento né udivasi alcun rumoretranne il tuonar della risacca mezzo miglio lontano lun-go la spiaggia e contro le scogliere di fuori. Caratteristi-che esalazioni di foglie imputridite e tronchi d’alberimarciti stagnavano sull’ancoraggio. Io vidi il dottore ar-ricciare il naso piú volte, come si fa quando si annusa unuovo guasto.

«Non so nulla del tesoro» diss’egli «ma scommettereiche qui c’è la malaria.»

Se il contegno degli uomini era stato inquietante nelcanotto, diventò addirittura minaccioso non appena ri-tornati a bordo. Si raggruppavano sul ponte a mormora-re tra loro. Il piú semplice comando veniva accolto conaria cattiva ed eseguito di mala voglia e trascuratamen-te. Persino ai marinai onesti doveva essersi appiccato ilcontagio, poiché non v’era un uomo a bordo che ripren-desse un altro. La rivolta, era chiaro, ci pendeva sulcapo come una nuvola carica di tempesta.

Né eravamo noi soli della cabina ad avvertire il peri-colo. Long John si dava molto da fare, correndo di grup-po in gruppo e prodigandosi in consigli di calma. Nessu-no avrebbe potuto offrire un miglior esempio. Egli supe-rava se stesso in buon volere e cortesia; e a tutti dispen-

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sava sorrisi. Appena udiva un comando, eccolo sullagruccia, col piú gioviale, “sí, sí signore”; e quando nonv’era altro da fare, intonava una canzone dietro l’altra,come per coprire il malcontento dei compagni.

Fra tutti i tratti oscuri di quel bieco pomeriggio, l’evi-dente ansietà di Long John appariva il piú malauguroso.Noi tenemmo consiglio in cabina.

«Signore» disse il capitano rivolgendosi al cavaliere«se io arrischio un altro ordine, l’intero equipaggio si ri-bellerà come un sol uomo. Sí, signore, siamo a questopunto. Mettiamo che mi si risponda male. Se io ribatto,eccoci ai ferri corti; se taccio, Silver capisce che c’è sot-to qualche cosa, e la partita è perduta. Per il momento,noi non abbiamo che un uomo su cui poter contare.»

«E sarebbe?» domandò il cavaliere.«Silver, signore. Egli desidera non meno ardentemen-

te di noi d’assestar la cosa. Questa non è che una bizza.Silver la farebbe loro presto passare se ne avesse il de-stro, e ciò che io vi propongo è di fornirgli questo de-stro. Concediamo agli uomini il permesso di scendere aterra un pomeriggio. Se vanno tutti, la nave è nostra. Senessuno si muove, noi teniamo la cabina e Dio proteg-gerà il nostro buon diritto. Se solo alcuni vanno, Silver,credete a me, li riporterà a bordo dolci come agnelli.»

Cosí fu deciso. Pistole cariche vennero distribuite atutti gli uomini sicuri; Hunter, Joyce, e Redruth furonomessi a giorno della situazione, e ricevettero le nostreconfidenze con minor sorpresa e maggior animo che noinon avessimo immaginato; dopo di che il capitano salí

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sava sorrisi. Appena udiva un comando, eccolo sullagruccia, col piú gioviale, “sí, sí signore”; e quando nonv’era altro da fare, intonava una canzone dietro l’altra,come per coprire il malcontento dei compagni.

Fra tutti i tratti oscuri di quel bieco pomeriggio, l’evi-dente ansietà di Long John appariva il piú malauguroso.Noi tenemmo consiglio in cabina.

«Signore» disse il capitano rivolgendosi al cavaliere«se io arrischio un altro ordine, l’intero equipaggio si ri-bellerà come un sol uomo. Sí, signore, siamo a questopunto. Mettiamo che mi si risponda male. Se io ribatto,eccoci ai ferri corti; se taccio, Silver capisce che c’è sot-to qualche cosa, e la partita è perduta. Per il momento,noi non abbiamo che un uomo su cui poter contare.»

«E sarebbe?» domandò il cavaliere.«Silver, signore. Egli desidera non meno ardentemen-

te di noi d’assestar la cosa. Questa non è che una bizza.Silver la farebbe loro presto passare se ne avesse il de-stro, e ciò che io vi propongo è di fornirgli questo de-stro. Concediamo agli uomini il permesso di scendere aterra un pomeriggio. Se vanno tutti, la nave è nostra. Senessuno si muove, noi teniamo la cabina e Dio proteg-gerà il nostro buon diritto. Se solo alcuni vanno, Silver,credete a me, li riporterà a bordo dolci come agnelli.»

Cosí fu deciso. Pistole cariche vennero distribuite atutti gli uomini sicuri; Hunter, Joyce, e Redruth furonomessi a giorno della situazione, e ricevettero le nostreconfidenze con minor sorpresa e maggior animo che noinon avessimo immaginato; dopo di che il capitano salí

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sul ponte, e arringò l’equipaggio.«Ragazzi» disse «la giornata è stata calda, e siamo

tutti stanchi e non di buon umore. Un giro a terra nonfarà male a nessuno; i canotti stanno ancora in acqua:potete prenderli, e chi ne ha voglia può rimanere a terratutto il pomeriggio. Farò tirare un colpo di cannonemezz’ora prima del calar del sole.»

Quegli sciocchi si pensavano certo d’avere a inciam-par nel tesoro appena sbarcati, perché in un lampo illoro malumore si dissipò, e mandarono un evviva che ri-svegliò l’eco d’un monte lontano, e spinse in aria un al-tro stormo d’uccelli che stridendo volteggiarono sopral’ancoraggio.

Il capitano era uomo troppo accorto per rimanere inmezzo a loro. Egli si dileguò subito lasciando a Silver lacura di regolar la spedizione, il che credo fu ottimo con-siglio. Si fosse trattenuto sul ponte, non avrebbe potutopiú a lungo fingere d’ignorare la reale situazione. Erachiaro come il sole. Silver era il vero capitano e dispo-neva d’un equipaggio in rivolta. Gli onesti, e io poteipresto assodare che ne rimanevano a bordo, erano in-dubbiamente della gente assai stupida. O meglio, la ve-rità era questa, che l’esempio dei caporioni aveva dalpiú al meno demoralizzato tutti quanti: e alcuni pochi,bravi ragazzi in fondo, non si sarebbero lasciati menareo spingere un passo piú in là. Difatti, altra cosa è esserpoltrone e infingardo, altra cosa impadronirsi d’unanave e trucidare una schiera d’innocenti.

La spedizione fu finalmente allestita. Sei rimanevano

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sul ponte, e arringò l’equipaggio.«Ragazzi» disse «la giornata è stata calda, e siamo

tutti stanchi e non di buon umore. Un giro a terra nonfarà male a nessuno; i canotti stanno ancora in acqua:potete prenderli, e chi ne ha voglia può rimanere a terratutto il pomeriggio. Farò tirare un colpo di cannonemezz’ora prima del calar del sole.»

Quegli sciocchi si pensavano certo d’avere a inciam-par nel tesoro appena sbarcati, perché in un lampo illoro malumore si dissipò, e mandarono un evviva che ri-svegliò l’eco d’un monte lontano, e spinse in aria un al-tro stormo d’uccelli che stridendo volteggiarono sopral’ancoraggio.

Il capitano era uomo troppo accorto per rimanere inmezzo a loro. Egli si dileguò subito lasciando a Silver lacura di regolar la spedizione, il che credo fu ottimo con-siglio. Si fosse trattenuto sul ponte, non avrebbe potutopiú a lungo fingere d’ignorare la reale situazione. Erachiaro come il sole. Silver era il vero capitano e dispo-neva d’un equipaggio in rivolta. Gli onesti, e io poteipresto assodare che ne rimanevano a bordo, erano in-dubbiamente della gente assai stupida. O meglio, la ve-rità era questa, che l’esempio dei caporioni aveva dalpiú al meno demoralizzato tutti quanti: e alcuni pochi,bravi ragazzi in fondo, non si sarebbero lasciati menareo spingere un passo piú in là. Difatti, altra cosa è esserpoltrone e infingardo, altra cosa impadronirsi d’unanave e trucidare una schiera d’innocenti.

La spedizione fu finalmente allestita. Sei rimanevano

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a bordo, ed i tredici altri, compreso Silver, cominciaronoa calarsi nei canotti.

Fu allora che mi balenò in mente la prima di quelleidee pazze che tanto contribuirono a salvarci la vita. Re-stando a bordo sei uomini, era chiaro che i nostri nonpotevano pensare a impadronirsi della nave; ma poichéle forze delle due parti si bilanciavano, altrettanto chiaroera che, per il momento, la cabina non necessitava delmio aiuto. Mi prese a un tratto la voglia di scendere aterra. Con la lestezza di un gatto scivolai giú dal bordo emi acquattai a prua del canotto piú vicino, che quasi su-bito si mosse.

Nessuno si accorse di me, tranne il rematore di prua,che mi disse:

«Sei tu, Jim? Abbassa la testa.» Ma Silver dall’altrocanotto si voltò a guardare, e gettò una voce per saperese ero io; e da quel momento io cominciai a pentirmi diciò che avevo fatto.

Gli equipaggi gareggiarono di velocità per guadagna-re la riva; ma il canotto che mi portava avendo qualchevantaggio iniziale, ed essendo insieme piú leggiero emeglio governato, sorpassò di molte il suo concorrente.La prua del nostro aveva già urtato contro il grovigliodegli alberi della riva, ed io afferrato un ramo m’ero lan-ciato fuori piombando nel piú vicino cespuglio, quandoSilver e gli altri arrancavano ancora cinquanta metri in-dietro.

«Jim! Jim!» udii gridare alle mie spalle.Ma io non diedi retta: saltando, curvandomi, spezzan-

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a bordo, ed i tredici altri, compreso Silver, cominciaronoa calarsi nei canotti.

Fu allora che mi balenò in mente la prima di quelleidee pazze che tanto contribuirono a salvarci la vita. Re-stando a bordo sei uomini, era chiaro che i nostri nonpotevano pensare a impadronirsi della nave; ma poichéle forze delle due parti si bilanciavano, altrettanto chiaroera che, per il momento, la cabina non necessitava delmio aiuto. Mi prese a un tratto la voglia di scendere aterra. Con la lestezza di un gatto scivolai giú dal bordo emi acquattai a prua del canotto piú vicino, che quasi su-bito si mosse.

Nessuno si accorse di me, tranne il rematore di prua,che mi disse:

«Sei tu, Jim? Abbassa la testa.» Ma Silver dall’altrocanotto si voltò a guardare, e gettò una voce per saperese ero io; e da quel momento io cominciai a pentirmi diciò che avevo fatto.

Gli equipaggi gareggiarono di velocità per guadagna-re la riva; ma il canotto che mi portava avendo qualchevantaggio iniziale, ed essendo insieme piú leggiero emeglio governato, sorpassò di molte il suo concorrente.La prua del nostro aveva già urtato contro il grovigliodegli alberi della riva, ed io afferrato un ramo m’ero lan-ciato fuori piombando nel piú vicino cespuglio, quandoSilver e gli altri arrancavano ancora cinquanta metri in-dietro.

«Jim! Jim!» udii gridare alle mie spalle.Ma io non diedi retta: saltando, curvandomi, spezzan-

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do rami per aprirmi un passaggio, corsi e corsi dritto da-vanti a me fin tanto che le forze non mi abbandonarono.

XIVIL PRIMO COLPO

Ero talmente contento d’aver piantato Long John, cheincominciai a divertirmi osservando con interesse lostrano luogo dov’ero capitato.

Avevo attraversato una zona paludosa popolata di sa-lici, giunchi e curiosi alberi esotici, ed ero giunto sul’orlo d’un terreno scoperto, ondulato e sabbioso, estesocirca un miglio, sparso di rari pini e d’un gran numerod’alberi contorti non dissimili nella struttura dalla quer-cia, ma dalla foglia grigio-argentea come i salici.All’estremità della radura si drizzava una delle monta-gne con due bizzarri picchi scoscesi che splendevano vi-vamente al sole.

Io provavo ora per la prima volta la gioia dell’esplo-ratore. L’isola era disabitata; i miei compagni di bordo liavevo lasciati indietro, e nulla viveva davanti a me tran-ne mute bestie e uccelli. Andavo girando tra gli alberi.Qua e là fiorivano piante a me sconosciute, qua e làguizzavano serpenti, e uno trasse la testa da una fenditu-ra di roccia, e sibilò verso me con un rumore simile alfischio d’una trottola, senza che io neppur sospettassid’aver dinanzi un nemico mortale, il famoso serpente asonagli.

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do rami per aprirmi un passaggio, corsi e corsi dritto da-vanti a me fin tanto che le forze non mi abbandonarono.

XIVIL PRIMO COLPO

Ero talmente contento d’aver piantato Long John, cheincominciai a divertirmi osservando con interesse lostrano luogo dov’ero capitato.

Avevo attraversato una zona paludosa popolata di sa-lici, giunchi e curiosi alberi esotici, ed ero giunto sul’orlo d’un terreno scoperto, ondulato e sabbioso, estesocirca un miglio, sparso di rari pini e d’un gran numerod’alberi contorti non dissimili nella struttura dalla quer-cia, ma dalla foglia grigio-argentea come i salici.All’estremità della radura si drizzava una delle monta-gne con due bizzarri picchi scoscesi che splendevano vi-vamente al sole.

Io provavo ora per la prima volta la gioia dell’esplo-ratore. L’isola era disabitata; i miei compagni di bordo liavevo lasciati indietro, e nulla viveva davanti a me tran-ne mute bestie e uccelli. Andavo girando tra gli alberi.Qua e là fiorivano piante a me sconosciute, qua e làguizzavano serpenti, e uno trasse la testa da una fenditu-ra di roccia, e sibilò verso me con un rumore simile alfischio d’una trottola, senza che io neppur sospettassid’aver dinanzi un nemico mortale, il famoso serpente asonagli.

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Entrai poi in un folto di quella sorta di querce (quercesempreverdi intesi poi chiamarle) che vegetavano basserasente la sabbia come pruni, coi rami capricciosamenteintrecciati, dal fogliame fitto e compatto come stoppia.Il bosco partiva dalla cima d’un monticello sabbioso escendeva giú guadagnando in estensione ed altezza, finoal margine della vasta palude piena di canne, attraversola quale il piú vicino dei piccoli ruscelli trovava la viaper sboccare nell’ancoraggio. Sotto il cocente sole si le-vavano dalla palude acri esalazioni, e il profilo del Can-nocchiale tremolava dentro i vapori.

Tutto a un tratto cominciò tra i giunchi una specie ditramestío; un’anitra selvatica volò via con un grido rau-co, un’altra la seguí; e tosto su l’intero specchio dellapalude un’enorme nuvola d’uccelli schiamazzanti tor-neò nell’aria. Immaginai che alcuni dei miei compagnidi bordo stessero avvicinandosi lungo i bordi della palu-de. E non m’ingannavo, poiché presto udii i lontani esommessi accenti d’una voce umana che, continuandoio a tendere l’orecchio, veniva a poco a poco facendosipiú forte e piú vicina.

Ciò mi mise in grande agitazione e timore. Strisciaisotto il fogliame d’una quercia sempreverde, e là mirannicchiai a origliare, muto come un pesce.

Un’altra voce rispose, dopo di che la prima, che orariconoscevo per quella di Silver, riprese, e seguitò perlunga pezza con una abbondanza torrenziale, interrottasolo di tratto in tratto dall’altra. A giudicare dal tono, di-scorrevano animatamente e quasi diverbiavano: ma nes-

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Entrai poi in un folto di quella sorta di querce (quercesempreverdi intesi poi chiamarle) che vegetavano basserasente la sabbia come pruni, coi rami capricciosamenteintrecciati, dal fogliame fitto e compatto come stoppia.Il bosco partiva dalla cima d’un monticello sabbioso escendeva giú guadagnando in estensione ed altezza, finoal margine della vasta palude piena di canne, attraversola quale il piú vicino dei piccoli ruscelli trovava la viaper sboccare nell’ancoraggio. Sotto il cocente sole si le-vavano dalla palude acri esalazioni, e il profilo del Can-nocchiale tremolava dentro i vapori.

Tutto a un tratto cominciò tra i giunchi una specie ditramestío; un’anitra selvatica volò via con un grido rau-co, un’altra la seguí; e tosto su l’intero specchio dellapalude un’enorme nuvola d’uccelli schiamazzanti tor-neò nell’aria. Immaginai che alcuni dei miei compagnidi bordo stessero avvicinandosi lungo i bordi della palu-de. E non m’ingannavo, poiché presto udii i lontani esommessi accenti d’una voce umana che, continuandoio a tendere l’orecchio, veniva a poco a poco facendosipiú forte e piú vicina.

Ciò mi mise in grande agitazione e timore. Strisciaisotto il fogliame d’una quercia sempreverde, e là mirannicchiai a origliare, muto come un pesce.

Un’altra voce rispose, dopo di che la prima, che orariconoscevo per quella di Silver, riprese, e seguitò perlunga pezza con una abbondanza torrenziale, interrottasolo di tratto in tratto dall’altra. A giudicare dal tono, di-scorrevano animatamente e quasi diverbiavano: ma nes-

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suna parola giungeva distinta ai miei orecchi.Finalmente parve che i due si fermassero, e forse an-

che sedettero, poiché non solo cessarono di avvicinarsi,ma nella pausa gli stessi uccelli si acchetarono e a pocoa poco calarono a riprendere i loro posti nello stagno.

A questo punto io m’accorsi che stavo trascurando lamia faccenda. Dal momento ch’ero stato cosí sciocca-mente ardito da accompagnarmi con quei disperati, ilmeno che potessi fare era di spiarne le mosse, e mio evi-dente dovere era stringermi loro il piú possibile addos-so, protetto dal fogliame degli alberi incurvi.

Io potevo stabilire con bastante esattezza la direzioneove si trovavano gli interlocutori, non soltanto dal suonodelle loro voci, ma anche dal modo di comportarsi di al-cuni uccelli che tuttora svolazzavano spaventati sul capodegli intrusi.

Strisciando gatton gattoni con studiata lentezza mi di-ressi verso loro, e alla fine alzando il capo potei per unbuco tra le foglie spingere lo sguardo in un piccolo senoverde vicino alla palude e rinserrato tra gli alberi, doveLong John Silver e un altro della ciurma stavano facciaa faccia discorrendo.

Il sole li investiva in pieno. Silver aveva gettato il suocappello sull’erba, e il suo largo glabro e biondo viso,lustro di calore, era levato verso quello del camerata inatto di esortare.

«Amico mio» diceva «è perché ti stimo come l’oro,come l’oro, ti dico, e puoi credermi sulla parola! S’ionon ti fossi attaccato come la pece, ti pare che sarei qui

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suna parola giungeva distinta ai miei orecchi.Finalmente parve che i due si fermassero, e forse an-

che sedettero, poiché non solo cessarono di avvicinarsi,ma nella pausa gli stessi uccelli si acchetarono e a pocoa poco calarono a riprendere i loro posti nello stagno.

A questo punto io m’accorsi che stavo trascurando lamia faccenda. Dal momento ch’ero stato cosí sciocca-mente ardito da accompagnarmi con quei disperati, ilmeno che potessi fare era di spiarne le mosse, e mio evi-dente dovere era stringermi loro il piú possibile addos-so, protetto dal fogliame degli alberi incurvi.

Io potevo stabilire con bastante esattezza la direzioneove si trovavano gli interlocutori, non soltanto dal suonodelle loro voci, ma anche dal modo di comportarsi di al-cuni uccelli che tuttora svolazzavano spaventati sul capodegli intrusi.

Strisciando gatton gattoni con studiata lentezza mi di-ressi verso loro, e alla fine alzando il capo potei per unbuco tra le foglie spingere lo sguardo in un piccolo senoverde vicino alla palude e rinserrato tra gli alberi, doveLong John Silver e un altro della ciurma stavano facciaa faccia discorrendo.

Il sole li investiva in pieno. Silver aveva gettato il suocappello sull’erba, e il suo largo glabro e biondo viso,lustro di calore, era levato verso quello del camerata inatto di esortare.

«Amico mio» diceva «è perché ti stimo come l’oro,come l’oro, ti dico, e puoi credermi sulla parola! S’ionon ti fossi attaccato come la pece, ti pare che sarei qui

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a metterti in guardia? Tutto è deciso, tu non puoi né to-gliere né aggiungere nulla: è per salvar la tua testa che tiparlo: che se uno di questi cani lo sapesse, che acca-drebbe di me, Tom? Dimmi tu, che accadrebbe di me?»

«Silver» replicò l’altro col volto in fiamme e la vocerauca come quella del corvo, che tremava pari a una cor-da tesa «Silver, tu sei un uomo d’età, e sei onesto, alme-no tale sei reputato; e in piú hai del denaro, che tanti po-veri marinai non hanno, e sei anche bravo, se non sba-glio. E vorresti farmi credere che ti lasci menare daquella massa di gaglioffi? Oh no! Com’è vero che Diomi vede, preferirei perdere questa mano... Se io rinnegoil mio dovere...»

Qui fu interrotto da un improvviso rumore. Avevoscoperto uno dei marinai onesti, ed ecco che, nel mede-simo istante, un altro mi si rivelava. Lontano nella palu-de qualcosa come un grido di collera ferí l’aria; un altrosubito lo seguí, e infine un urlo orribile e prolungato. Lerocce del Cannocchiale lo riecheggiarono molte volte;l’intera moltitudine degli uccelli di palude scattò di nuo-vo in alto oscurando il cielo con un repentino e tumul-tuoso volo; e quell’urlo disperato mi risonava ancoradentro mentre il silenzio aveva da tempo ripreso il suodominio, e soltanto il frusciar degli uccelli che ridiscen-devano, e il rombo della risacca lontana turbavano lastanca quiete del pomeriggio.

Tom, al rumore, era balzato come un cavallo sotto losprone; ma Silver non mosse ciglio: rimase là dov’era,leggermente appoggiato alla sua gruccia, sorvegliando il

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a metterti in guardia? Tutto è deciso, tu non puoi né to-gliere né aggiungere nulla: è per salvar la tua testa che tiparlo: che se uno di questi cani lo sapesse, che acca-drebbe di me, Tom? Dimmi tu, che accadrebbe di me?»

«Silver» replicò l’altro col volto in fiamme e la vocerauca come quella del corvo, che tremava pari a una cor-da tesa «Silver, tu sei un uomo d’età, e sei onesto, alme-no tale sei reputato; e in piú hai del denaro, che tanti po-veri marinai non hanno, e sei anche bravo, se non sba-glio. E vorresti farmi credere che ti lasci menare daquella massa di gaglioffi? Oh no! Com’è vero che Diomi vede, preferirei perdere questa mano... Se io rinnegoil mio dovere...»

Qui fu interrotto da un improvviso rumore. Avevoscoperto uno dei marinai onesti, ed ecco che, nel mede-simo istante, un altro mi si rivelava. Lontano nella palu-de qualcosa come un grido di collera ferí l’aria; un altrosubito lo seguí, e infine un urlo orribile e prolungato. Lerocce del Cannocchiale lo riecheggiarono molte volte;l’intera moltitudine degli uccelli di palude scattò di nuo-vo in alto oscurando il cielo con un repentino e tumul-tuoso volo; e quell’urlo disperato mi risonava ancoradentro mentre il silenzio aveva da tempo ripreso il suodominio, e soltanto il frusciar degli uccelli che ridiscen-devano, e il rombo della risacca lontana turbavano lastanca quiete del pomeriggio.

Tom, al rumore, era balzato come un cavallo sotto losprone; ma Silver non mosse ciglio: rimase là dov’era,leggermente appoggiato alla sua gruccia, sorvegliando il

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compagno come un serpe pronto a schizzare.«John» disse il marinaio protendendo la mano.«Giú le mani!» intimò Silver saltando indietro un me-

tro con la disinvolta rapidità di un esperto ginnasta.«Giú le mani, se ti piace, John Silver» disse l’altro.

«Se hai paura di me, vuol dire che hai cattiva coscienza.Ma, in nome del Cielo, che accade?»

«Che accade?» replicò Silver sorridendo, ma piú inguardia che mai, con gli occhi piccoli come capocchiedi spillo nella larga faccia, scintillanti come pezzetti divetro. «Che accade? Oh, io credo che si tratta di Alan...»

A queste parole il povero Tom avvampò di una luceeroica.

«Alan!» gridò. «Allora la sua anima riposi in pace.Era un vero marinaio. Quanto a te, John Silver, tu fosti alungo mio compagno, ma ora non lo sei piú. Se io muo-io come un cane, morirò compiendo il mio dovere. Tuhai fatto uccidere Alan, non è vero? Ebbene, ammazzaanche me, se ti dà l’animo. Io ti sfido.»

Detto ciò, quel bravo ragazzo voltò le spalle al cuocoe s’incamminò verso la spiaggia. Ma non doveva andarelontano. Con un mugghio John si attaccò a un ramod’albero, e liberata la sua gruccia dall’ascella la scara-ventò nell’aria. La strana freccia colpí Tom con la puntaproprio in mezzo alla schiena con tale violenza che ilpoveretto, levate le braccia e messo un gemito, cadde.

Ferito era: ma se gravemente o no, chi poteva dire? Agiudicar dal rumore, credo che avesse la spina dorsalespezzata. Ma Silver non gli lasciò tempo di riprendersi.

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compagno come un serpe pronto a schizzare.«John» disse il marinaio protendendo la mano.«Giú le mani!» intimò Silver saltando indietro un me-

tro con la disinvolta rapidità di un esperto ginnasta.«Giú le mani, se ti piace, John Silver» disse l’altro.

«Se hai paura di me, vuol dire che hai cattiva coscienza.Ma, in nome del Cielo, che accade?»

«Che accade?» replicò Silver sorridendo, ma piú inguardia che mai, con gli occhi piccoli come capocchiedi spillo nella larga faccia, scintillanti come pezzetti divetro. «Che accade? Oh, io credo che si tratta di Alan...»

A queste parole il povero Tom avvampò di una luceeroica.

«Alan!» gridò. «Allora la sua anima riposi in pace.Era un vero marinaio. Quanto a te, John Silver, tu fosti alungo mio compagno, ma ora non lo sei piú. Se io muo-io come un cane, morirò compiendo il mio dovere. Tuhai fatto uccidere Alan, non è vero? Ebbene, ammazzaanche me, se ti dà l’animo. Io ti sfido.»

Detto ciò, quel bravo ragazzo voltò le spalle al cuocoe s’incamminò verso la spiaggia. Ma non doveva andarelontano. Con un mugghio John si attaccò a un ramod’albero, e liberata la sua gruccia dall’ascella la scara-ventò nell’aria. La strana freccia colpí Tom con la puntaproprio in mezzo alla schiena con tale violenza che ilpoveretto, levate le braccia e messo un gemito, cadde.

Ferito era: ma se gravemente o no, chi poteva dire? Agiudicar dal rumore, credo che avesse la spina dorsalespezzata. Ma Silver non gli lasciò tempo di riprendersi.

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Agile come una scimmia e pur senza la gruccia, in unlampo gli fu addosso, per ben due volte immerse il suocoltello fino al manico in quel corpo senza difesa. Dalmio nascondiglio lo sentii ansar forte mentre menava icolpi.

Io non so cosa veramente sia svenire; ma so che perqualche istante ciò che m’attorniava sparí dalla mia vi-sta confuso dentro una nebbiosa ridda. Silver, e gli uc-celli, e l’alta vetta del Cannocchiale turbinavano insie-me confusi davanti ai miei occhi; e non so quante cam-pane e ronzii di voci lontane mi intronavano gli orecchi.

Quando ripresi coscienza, lo scellerato, gruccia sottoil braccio, cappello in testa, già s’era ricomposto. Da-vanti a lui, immoto sull’erba, giaceva Tom: ma l’assassi-no non si curava menomamente di lui, badando a nettaresopra un ciuffo d’erba il suo coltello sporco di sangue.Ogni altra cosa era immutata: il sole seguitava spietato asplendere sullo stagno male odorante e sui picchi dellemontagne; ed io penavo a persuadermi che un assassinioera stato commesso ed una vita umana barbaramentetroncata un momento prima sotto i miei occhi.

Ora John cacciò la mano nella tasca, e preso un fi-schietto se lo portò alle labbra cavandone alcuni modu-lati suoni che si propagarono per l’aria accaldata. Io nonpotevo capire, naturalmente, il significato di quel segna-le, ma istantaneamente esso risvegliò i miei timori. Altrisopravverrebbero. Io sarei forse scoperto. Due dei nostrierano già stati tolti di mezzo. Dopo Tom e Alan, non po-trebbe toccare a me?

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Agile come una scimmia e pur senza la gruccia, in unlampo gli fu addosso, per ben due volte immerse il suocoltello fino al manico in quel corpo senza difesa. Dalmio nascondiglio lo sentii ansar forte mentre menava icolpi.

Io non so cosa veramente sia svenire; ma so che perqualche istante ciò che m’attorniava sparí dalla mia vi-sta confuso dentro una nebbiosa ridda. Silver, e gli uc-celli, e l’alta vetta del Cannocchiale turbinavano insie-me confusi davanti ai miei occhi; e non so quante cam-pane e ronzii di voci lontane mi intronavano gli orecchi.

Quando ripresi coscienza, lo scellerato, gruccia sottoil braccio, cappello in testa, già s’era ricomposto. Da-vanti a lui, immoto sull’erba, giaceva Tom: ma l’assassi-no non si curava menomamente di lui, badando a nettaresopra un ciuffo d’erba il suo coltello sporco di sangue.Ogni altra cosa era immutata: il sole seguitava spietato asplendere sullo stagno male odorante e sui picchi dellemontagne; ed io penavo a persuadermi che un assassinioera stato commesso ed una vita umana barbaramentetroncata un momento prima sotto i miei occhi.

Ora John cacciò la mano nella tasca, e preso un fi-schietto se lo portò alle labbra cavandone alcuni modu-lati suoni che si propagarono per l’aria accaldata. Io nonpotevo capire, naturalmente, il significato di quel segna-le, ma istantaneamente esso risvegliò i miei timori. Altrisopravverrebbero. Io sarei forse scoperto. Due dei nostrierano già stati tolti di mezzo. Dopo Tom e Alan, non po-trebbe toccare a me?

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Tosto mi diedi a districarmi strisciando indietro piúlestamente e silenziosamente che mi fosse possibiledove il bosco si diradava. Intanto udivo saluti scambiatifra il vecchio filibustiere e i suoi camerati, e queste vocimi davano le ali. Appena fuori del folto mi buttai a cor-rere come mai avevo corso in vita mia, poco badandoalla direzione della mia fuga, pur di allontanarmi dagliassassini. E piú correvo, piú mi cresceva la paura, finchési tramutò in una specie di delirio.

In verità, chi era piú irreparabilmente perduto di me?Come avrei osato io al colpo del cannone raggiungere icanotti tra quei demonii fumanti ancora del loro delitto?Il primo che mi vedesse non mi torcerebbe il collo comea un beccaccino? E la mia stessa assenza non denuncie-rebbe loro la mia paura e perciò la conoscenza della sor-te che m’aspettava? Tutto finito, pensavo. Addio Hispa-niola, addio cavaliere, addio dottore, addio capitano!Che mi rimaneva se non morire di fame o per mano deirivoltosi?

Frattanto seguitavo a correre come ho detto, esenz’accorgermene ero giunto al piede della piccolamontagna dai due picchi, in una zona dell’isola dove lequerce sempreverdi crescevano meno serrate, e nel por-tamento e nelle dimensioni somigliavano meglio ad al-beri forestali. Frammezzo a queste si ergevano alcunipini alti da cinquanta a settanta piedi, e l’aria qui circo-lava piú pura che laggiú nei pressi dello stagno.

Ma ecco che un nuovo allarme mi costrinse a fermar-mi col cuore grosso.

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Tosto mi diedi a districarmi strisciando indietro piúlestamente e silenziosamente che mi fosse possibiledove il bosco si diradava. Intanto udivo saluti scambiatifra il vecchio filibustiere e i suoi camerati, e queste vocimi davano le ali. Appena fuori del folto mi buttai a cor-rere come mai avevo corso in vita mia, poco badandoalla direzione della mia fuga, pur di allontanarmi dagliassassini. E piú correvo, piú mi cresceva la paura, finchési tramutò in una specie di delirio.

In verità, chi era piú irreparabilmente perduto di me?Come avrei osato io al colpo del cannone raggiungere icanotti tra quei demonii fumanti ancora del loro delitto?Il primo che mi vedesse non mi torcerebbe il collo comea un beccaccino? E la mia stessa assenza non denuncie-rebbe loro la mia paura e perciò la conoscenza della sor-te che m’aspettava? Tutto finito, pensavo. Addio Hispa-niola, addio cavaliere, addio dottore, addio capitano!Che mi rimaneva se non morire di fame o per mano deirivoltosi?

Frattanto seguitavo a correre come ho detto, esenz’accorgermene ero giunto al piede della piccolamontagna dai due picchi, in una zona dell’isola dove lequerce sempreverdi crescevano meno serrate, e nel por-tamento e nelle dimensioni somigliavano meglio ad al-beri forestali. Frammezzo a queste si ergevano alcunipini alti da cinquanta a settanta piedi, e l’aria qui circo-lava piú pura che laggiú nei pressi dello stagno.

Ma ecco che un nuovo allarme mi costrinse a fermar-mi col cuore grosso.

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XVL’UOMO DELL’ISOLA

Dal fianco della montagna ch’era qui scoscesa e roc-ciosa, si staccò una ruina di ghiaia e precipitò strepitan-do e rimbalzando tra gli alberi. Istintivamente volsi gliocchi da quella parte, e scorsi un’ombra ratta balzaredietro il tronco d’un pino. Cosa fosse: se una scimmia,un orso o un uomo, non avrei saputo dire. Nera mi par-ve, e pelosa: altro non colsi. Ma lo spavento della nuovaapparizione mi legò i piedi.

Ed eccomi la via sbarrata da ogni lato. Dietro a me,gli assassini; davanti, quel coso imboscato. Che fare?Non esitai a preferire agli ignoti i pericoli noti. Silver inpersona mi sembrò meno terribile al paragone di quellacreatura dei boschi, sicché voltai la schiena, e pur get-tando indietro sospettose occhiate di sopra le mie spalle,ritornai sui miei passi nella direzione dei canotti.

Tosto l’ombra riapparve, e facendo un largo giro ac-cennava a tagliarmi la strada. Io ero stanco, sí certo; mafossi pur stato fresco come appena alzato, avrei ugual-mente compreso che non era il caso di voler gareggiaredi velocità con un tale avversario. La creatura schizzavada un albero all’altro simile a un daino, movendo su duegambe come noi; ma, cosa che mai a uomo vidi fare,correva quasi piegata in due. E nondimeno era un uomo;ormai non potevo piú dubitarne.

Mi tornarono a mente cose udite dei cannibali, e fui aun pelo dal gridare al soccorso. Ma il semplice fatto che

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XVL’UOMO DELL’ISOLA

Dal fianco della montagna ch’era qui scoscesa e roc-ciosa, si staccò una ruina di ghiaia e precipitò strepitan-do e rimbalzando tra gli alberi. Istintivamente volsi gliocchi da quella parte, e scorsi un’ombra ratta balzaredietro il tronco d’un pino. Cosa fosse: se una scimmia,un orso o un uomo, non avrei saputo dire. Nera mi par-ve, e pelosa: altro non colsi. Ma lo spavento della nuovaapparizione mi legò i piedi.

Ed eccomi la via sbarrata da ogni lato. Dietro a me,gli assassini; davanti, quel coso imboscato. Che fare?Non esitai a preferire agli ignoti i pericoli noti. Silver inpersona mi sembrò meno terribile al paragone di quellacreatura dei boschi, sicché voltai la schiena, e pur get-tando indietro sospettose occhiate di sopra le mie spalle,ritornai sui miei passi nella direzione dei canotti.

Tosto l’ombra riapparve, e facendo un largo giro ac-cennava a tagliarmi la strada. Io ero stanco, sí certo; mafossi pur stato fresco come appena alzato, avrei ugual-mente compreso che non era il caso di voler gareggiaredi velocità con un tale avversario. La creatura schizzavada un albero all’altro simile a un daino, movendo su duegambe come noi; ma, cosa che mai a uomo vidi fare,correva quasi piegata in due. E nondimeno era un uomo;ormai non potevo piú dubitarne.

Mi tornarono a mente cose udite dei cannibali, e fui aun pelo dal gridare al soccorso. Ma il semplice fatto che

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trattavasi d’un uomo, sia pure selvaggio, mi rassicuravaalcun poco; mentre la paura di Silver si ravvivava inproporzione. E perciò mi fermai, e stavo cercando unavia di scampo, quando mi balenò il ricordo della mia pi-stola. Non ero dunque privo di mezzi di difesa. A questopensiero ripresi animo, volsi risoluto la fronte all’uomodell’isola, e gli mossi arditamente incontro.

Egli s’era in quel momento nascosto dietro il troncod’un altro albero, ma doveva spiarmi attentamente, per-ché, vistomi avanzare nella sua direzione, riapparve efece un passo verso di me; poi esitò, indietreggiò, sispinse di nuovo innanzi, e finalmente con mio grandestupore e confusione si buttò in ginocchio e tese le manigiunte come a supplicare.

Io di nuovo mi fermai.«Chi siete?» gli chiesi.«Ben Gunn» rispose con una voce chioccia simile a

una serratura arrugginita «sono il povero Ben Gunn, eda tre anni non ho parlato a un cristiano.»

Mi accorsi allora ch’egli era un bianco al pari di me, epiacenti erano le sue fattezze. La sua pelle appariva bru-ciata dal sole, e le labbra annerite; e due begli occhi ce-ruli lustravano sorprendenti in quella faccia scura. Nes-sun pezzente avevo io mai visto o immaginato lacero ecencioso quanto codesto che dei pezzenti era il principe.Brani di vecchie vele di bastimento e di vecchi inceratimarinareschi lo ricoprivano, e il complicato lavoro dirattoppatura era tenuto insieme da un sistema di legaturele piú strambe e diverse, come bottoni metallici, pezzi di

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trattavasi d’un uomo, sia pure selvaggio, mi rassicuravaalcun poco; mentre la paura di Silver si ravvivava inproporzione. E perciò mi fermai, e stavo cercando unavia di scampo, quando mi balenò il ricordo della mia pi-stola. Non ero dunque privo di mezzi di difesa. A questopensiero ripresi animo, volsi risoluto la fronte all’uomodell’isola, e gli mossi arditamente incontro.

Egli s’era in quel momento nascosto dietro il troncod’un altro albero, ma doveva spiarmi attentamente, per-ché, vistomi avanzare nella sua direzione, riapparve efece un passo verso di me; poi esitò, indietreggiò, sispinse di nuovo innanzi, e finalmente con mio grandestupore e confusione si buttò in ginocchio e tese le manigiunte come a supplicare.

Io di nuovo mi fermai.«Chi siete?» gli chiesi.«Ben Gunn» rispose con una voce chioccia simile a

una serratura arrugginita «sono il povero Ben Gunn, eda tre anni non ho parlato a un cristiano.»

Mi accorsi allora ch’egli era un bianco al pari di me, epiacenti erano le sue fattezze. La sua pelle appariva bru-ciata dal sole, e le labbra annerite; e due begli occhi ce-ruli lustravano sorprendenti in quella faccia scura. Nes-sun pezzente avevo io mai visto o immaginato lacero ecencioso quanto codesto che dei pezzenti era il principe.Brani di vecchie vele di bastimento e di vecchi inceratimarinareschi lo ricoprivano, e il complicato lavoro dirattoppatura era tenuto insieme da un sistema di legaturele piú strambe e diverse, come bottoni metallici, pezzi di

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giunco e occhielli di cordicella catramata. Intorno allavita portava un cinturino di cuoio stretto da una fibbia dirame: l’unico oggetto solido in tutto il suo vestiario.

«Tre anni!» esclamai. «Naufragato?»«No, ragazzo mio, marooned3.»Quel termine non mi giungeva nuovo: sapevo che si

applica a quella orribile forma di castigo abbastanza inuso presso i pirati, consistente nel deporre il colpevolecon un po’ di polvere e qualche palla, sopra un’isola de-serta e lontana.

«Marooned tre anni fa» riprese «e da allora ho vissutodi carne di capra, di bacche e d’ostriche. Un uomo inqualunque luogo si trovi può ben bastare a se stesso.Ma, amico mio, il mio cuore sospira un cibo cristiano.Non avresti per caso un pezzo di cacio? No? Ah quantenotti ho sognato del cacio, soprattutto abbrustolito, e poimi svegliavo, ed ecco, ero lí!»

«Se mai posso ritornare a bordo» gli dissi «avrete delcacio a bizzeffe.»

Durante tutto questo tempo egli aveva seguitato a pal-par la stoffa della mia giacca, ad accarezzar le mie mani,a osservare i miei stivali; e, mentre mi ascoltava, a ma-nifestare una gioia infantile per trovarsi in presenza d’unsuo simile. Udendo però le mie ultime parole rizzò ilcapo con una sorta di sospettoso stupore.

«Se mai puoi ritornare a bordo, tu dici? O perché? Echi te lo impedirebbe?»

3 Non esiste il corrispondente vocabolo italiano. (Nota del T.)

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giunco e occhielli di cordicella catramata. Intorno allavita portava un cinturino di cuoio stretto da una fibbia dirame: l’unico oggetto solido in tutto il suo vestiario.

«Tre anni!» esclamai. «Naufragato?»«No, ragazzo mio, marooned3.»Quel termine non mi giungeva nuovo: sapevo che si

applica a quella orribile forma di castigo abbastanza inuso presso i pirati, consistente nel deporre il colpevolecon un po’ di polvere e qualche palla, sopra un’isola de-serta e lontana.

«Marooned tre anni fa» riprese «e da allora ho vissutodi carne di capra, di bacche e d’ostriche. Un uomo inqualunque luogo si trovi può ben bastare a se stesso.Ma, amico mio, il mio cuore sospira un cibo cristiano.Non avresti per caso un pezzo di cacio? No? Ah quantenotti ho sognato del cacio, soprattutto abbrustolito, e poimi svegliavo, ed ecco, ero lí!»

«Se mai posso ritornare a bordo» gli dissi «avrete delcacio a bizzeffe.»

Durante tutto questo tempo egli aveva seguitato a pal-par la stoffa della mia giacca, ad accarezzar le mie mani,a osservare i miei stivali; e, mentre mi ascoltava, a ma-nifestare una gioia infantile per trovarsi in presenza d’unsuo simile. Udendo però le mie ultime parole rizzò ilcapo con una sorta di sospettoso stupore.

«Se mai puoi ritornare a bordo, tu dici? O perché? Echi te lo impedirebbe?»

3 Non esiste il corrispondente vocabolo italiano. (Nota del T.)

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«Oh, non voi, lo so bene» risposi.«No davvero» scattò. «Ma dimmi, ragazzo mio, come

ti chiami?»«Jim.»«Jim, Jim» ripeteva con evidente compiacimento.

«Ebbene, Jim, devi sapere che ho vissuto una vita tal-mente brutta che arrossiresti a sentirla contare. Adesso,per esempio, crederesti, a guardarmi, che io abbia avutouna buona e tenera madre?»

«No, non precisamente.»«Vedi?» replicò. «Eppure io l’ebbi, e molto pia. Ed io

ero un gentile ed educato ragazzo, ed ero capace disnocciolarti il catechismo cosí spedito che non staccaviuna parola dall’altra. Ed ecco dove siamo arrivati, Jim, es’era cominciato con giocare alle fossette sulle benedet-te lastre sepolcrali! Cosí s’era incominciato, ma si andòben piú lontano; e mia madre m’aveva detto e predettotutto quanto, la mia santa donna. Ma è stata la Provvi-denza che m’ha condotto qui. Ho riflettuto a fondo sututto ciò in quest’isola solitaria, e son ritornato alla reli-gione. Non mi ci lascerò piú prendere a bere tanto rum:ma un goccino appena per la buona fortuna, naturalmen-te, alla prima occasione che avrò. Mi sono promessod’esser buono, e so come fare. E poi, Jim...»

Dette un’occhiata in giro, e abbassando il tono, bisbi-gliò:

«Io sono ricco.»Non ci voleva meno di tanto per convincermi che al

poveraccio chiuso nel suo lungo isolamento aveva dato

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«Oh, non voi, lo so bene» risposi.«No davvero» scattò. «Ma dimmi, ragazzo mio, come

ti chiami?»«Jim.»«Jim, Jim» ripeteva con evidente compiacimento.

«Ebbene, Jim, devi sapere che ho vissuto una vita tal-mente brutta che arrossiresti a sentirla contare. Adesso,per esempio, crederesti, a guardarmi, che io abbia avutouna buona e tenera madre?»

«No, non precisamente.»«Vedi?» replicò. «Eppure io l’ebbi, e molto pia. Ed io

ero un gentile ed educato ragazzo, ed ero capace disnocciolarti il catechismo cosí spedito che non staccaviuna parola dall’altra. Ed ecco dove siamo arrivati, Jim, es’era cominciato con giocare alle fossette sulle benedet-te lastre sepolcrali! Cosí s’era incominciato, ma si andòben piú lontano; e mia madre m’aveva detto e predettotutto quanto, la mia santa donna. Ma è stata la Provvi-denza che m’ha condotto qui. Ho riflettuto a fondo sututto ciò in quest’isola solitaria, e son ritornato alla reli-gione. Non mi ci lascerò piú prendere a bere tanto rum:ma un goccino appena per la buona fortuna, naturalmen-te, alla prima occasione che avrò. Mi sono promessod’esser buono, e so come fare. E poi, Jim...»

Dette un’occhiata in giro, e abbassando il tono, bisbi-gliò:

«Io sono ricco.»Non ci voleva meno di tanto per convincermi che al

poveraccio chiuso nel suo lungo isolamento aveva dato

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di volta il cervello, ed egli dovette leggermi in viso talepensiero perché rincalzò con ardore:

«Ricco, ti dico, ricco! E perché tu lo sappia, di te,Jim, voglio fare un uomo. Ah, Jim, benedici pure la tuastella, che sei stato il primo a incontrarmi.»

A queste parole un’ombra improvvisa gli calò sullafaccia. Strinse la mia mano come in una tenaglia, e alzòdavanti ai miei occhi un indice minaccioso.

«Jim, dimmi la verità: non è la nave di Flint, quella?»A questo punto io ebbi una felice ispirazione. Comin-

ciai a credere d’aver trovato un alleato, e subito risposi:«No, non è la nave di Flint. Flint è morto, ma io vi

dirò la verità come desiderate: ci sono alcuni marinai diFlint a bordo, ed è tanto peggio per noi altri.»

«Per caso un uomo... con una gamba sola?» ansimò.«Silver?»«Sí, Silver, cosí si chiamava.»«È il nostro cuoco, e anche il caporione.»Egli seguitava a tenermi per il polso, e udendo ciò me

lo torse.«Se è Long John che ti manda, io sono fritto, lo so.

Ma voi, lo sapete in che acque navigate?»Io presi immediatamente il mio partito, e quasi in for-

ma di risposta gli raccontai l’intera storia del nostroviaggio e la situazione in cui ci trovavamo. Egli miascoltò col piú vivo interesse, e alla fine mi batté un col-petto sulla nuca.

«Tu sei un buon ragazzo, Jim, ma voi tutti siete in unbrutto passo, non ti pare? Ebbene, mettetevi nelle mani

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di volta il cervello, ed egli dovette leggermi in viso talepensiero perché rincalzò con ardore:

«Ricco, ti dico, ricco! E perché tu lo sappia, di te,Jim, voglio fare un uomo. Ah, Jim, benedici pure la tuastella, che sei stato il primo a incontrarmi.»

A queste parole un’ombra improvvisa gli calò sullafaccia. Strinse la mia mano come in una tenaglia, e alzòdavanti ai miei occhi un indice minaccioso.

«Jim, dimmi la verità: non è la nave di Flint, quella?»A questo punto io ebbi una felice ispirazione. Comin-

ciai a credere d’aver trovato un alleato, e subito risposi:«No, non è la nave di Flint. Flint è morto, ma io vi

dirò la verità come desiderate: ci sono alcuni marinai diFlint a bordo, ed è tanto peggio per noi altri.»

«Per caso un uomo... con una gamba sola?» ansimò.«Silver?»«Sí, Silver, cosí si chiamava.»«È il nostro cuoco, e anche il caporione.»Egli seguitava a tenermi per il polso, e udendo ciò me

lo torse.«Se è Long John che ti manda, io sono fritto, lo so.

Ma voi, lo sapete in che acque navigate?»Io presi immediatamente il mio partito, e quasi in for-

ma di risposta gli raccontai l’intera storia del nostroviaggio e la situazione in cui ci trovavamo. Egli miascoltò col piú vivo interesse, e alla fine mi batté un col-petto sulla nuca.

«Tu sei un buon ragazzo, Jim, ma voi tutti siete in unbrutto passo, non ti pare? Ebbene, mettetevi nelle mani

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di Ben Gunn: Ben Gunn è l’uomo che ci vuole. Ma dim-mi: credi tu che il tuo cavaliere si mostrerebbe generoso,qualora fosse aiutato mentre si trova in un cattivo passocome puoi vedere?»

Io l’assicurai che il cavaliere era il piú liberale degliuomini.

«Bene! Ma, intendiamoci» riprese Ben Gunn «io nonvorrei che mi ricompensasse dandomi una livrea o robasimile, e mettendomi a fare il guardaportone: non è aquesto che io tengo, Jim. Ciò che a me preme di cono-scere è se sarebbe disposto a cedere qualche cosa comeun migliaio di sterline sul tesoro che ormai è già comesuo.»

«Son sicuro di sí. Stando agli accordi, tutti i marinaiavrebbero la loro parte.»

«E il passaggio di ritorno?» aggiunse con l’aria d’unoche la sa lunga.

«Oh! Il cavaliere è un gentiluomo. E del resto, se cisbarazziamo degli altri, avremo pur bisogno di qualcunoche ci aiuti a manovrare il bastimento.»

«Già» disse lui. «Potrei essere utile.»E parve rasserenato.«Ora» seguitò «voglio dirti qualcosa; qualcosa, ma

non piú di tanto. Io ero imbarcato con Flint quando sot-terrò il tesoro: lui con sei altri: sei forti marinai. Essi ri-masero a terra circa una settimana, e noi a bordeggiarecol vecchio Walrus. Un bel giorno spuntò il segnale, edecco Flint arrivare tutto solo in un piccolo canotto con latesta fasciata d’una sciarpa blu. Sorgeva il sole, e lui rit-

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di Ben Gunn: Ben Gunn è l’uomo che ci vuole. Ma dim-mi: credi tu che il tuo cavaliere si mostrerebbe generoso,qualora fosse aiutato mentre si trova in un cattivo passocome puoi vedere?»

Io l’assicurai che il cavaliere era il piú liberale degliuomini.

«Bene! Ma, intendiamoci» riprese Ben Gunn «io nonvorrei che mi ricompensasse dandomi una livrea o robasimile, e mettendomi a fare il guardaportone: non è aquesto che io tengo, Jim. Ciò che a me preme di cono-scere è se sarebbe disposto a cedere qualche cosa comeun migliaio di sterline sul tesoro che ormai è già comesuo.»

«Son sicuro di sí. Stando agli accordi, tutti i marinaiavrebbero la loro parte.»

«E il passaggio di ritorno?» aggiunse con l’aria d’unoche la sa lunga.

«Oh! Il cavaliere è un gentiluomo. E del resto, se cisbarazziamo degli altri, avremo pur bisogno di qualcunoche ci aiuti a manovrare il bastimento.»

«Già» disse lui. «Potrei essere utile.»E parve rasserenato.«Ora» seguitò «voglio dirti qualcosa; qualcosa, ma

non piú di tanto. Io ero imbarcato con Flint quando sot-terrò il tesoro: lui con sei altri: sei forti marinai. Essi ri-masero a terra circa una settimana, e noi a bordeggiarecol vecchio Walrus. Un bel giorno spuntò il segnale, edecco Flint arrivare tutto solo in un piccolo canotto con latesta fasciata d’una sciarpa blu. Sorgeva il sole, e lui rit-

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to a prua appariva pallido come un morto. Ma intantoc’era, capisci; e gli altri sei, morti tutti, morti e sotterra-ti. Come avesse fatto, nessuno a bordo se lo seppe spie-gare. Battaglia ci fu, in ogni modo, e assassinio, e súbitamorte; lui, pensa, contro sei! Billy Bones era il suo pri-mo ufficiale, Long John, quartiermastro. Gli chieserodov’era nascosto il tesoro. “Oh” disse lui “potete andarea terra, se cosí vi aggrada, e rimanerci” disse “ma quan-to al bastimento ha da salpare per cercar altro, corpo dimille bombe!” Cosí disse.

«Orbene, tre anni appresso io ero sopra un’altra navequando avvistammo quest’isola. “Ragazzi” dico “lí c’èil tesoro di Flint. Vogliamo scendere a cercarlo?” Al ca-pitano la cosa non piacque, ma i miei compagni furonotutti d’un parere; e sbarcammo. Per dodici giorni cerca-rono, sempre piú arrabbiati con me, finché un bel matti-no tornarono tutti a bordo. “Quanto a te, BeniaminoGunn, eccoti un moschetto” mi dissero “e una vanga euna marra. Puoi restar qui e trovarlo da te, il tesoro diFlint” mi dissero. E dunque, Jim, tre anni sono stato qui,e in tutto questo tempo senza un boccone da cristiano.Ma ora, guarda, Jim, guardami bene. Ti pare che io ab-bia l’aria d’un uomo di bassa prua? No, non è vero? Nélo sono assolutamente, dico io.»

E qui strizzò l’occhio, e mi diede un energico pizzi-cotto.

«Tu riferisci queste parole al tuo cavaliere» aggiunsepoi. «Né lo è, assolutamente: son queste le parole. Treanni rimasto solo in quest’isola, e di giorno e di notte, e

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to a prua appariva pallido come un morto. Ma intantoc’era, capisci; e gli altri sei, morti tutti, morti e sotterra-ti. Come avesse fatto, nessuno a bordo se lo seppe spie-gare. Battaglia ci fu, in ogni modo, e assassinio, e súbitamorte; lui, pensa, contro sei! Billy Bones era il suo pri-mo ufficiale, Long John, quartiermastro. Gli chieserodov’era nascosto il tesoro. “Oh” disse lui “potete andarea terra, se cosí vi aggrada, e rimanerci” disse “ma quan-to al bastimento ha da salpare per cercar altro, corpo dimille bombe!” Cosí disse.

«Orbene, tre anni appresso io ero sopra un’altra navequando avvistammo quest’isola. “Ragazzi” dico “lí c’èil tesoro di Flint. Vogliamo scendere a cercarlo?” Al ca-pitano la cosa non piacque, ma i miei compagni furonotutti d’un parere; e sbarcammo. Per dodici giorni cerca-rono, sempre piú arrabbiati con me, finché un bel matti-no tornarono tutti a bordo. “Quanto a te, BeniaminoGunn, eccoti un moschetto” mi dissero “e una vanga euna marra. Puoi restar qui e trovarlo da te, il tesoro diFlint” mi dissero. E dunque, Jim, tre anni sono stato qui,e in tutto questo tempo senza un boccone da cristiano.Ma ora, guarda, Jim, guardami bene. Ti pare che io ab-bia l’aria d’un uomo di bassa prua? No, non è vero? Nélo sono assolutamente, dico io.»

E qui strizzò l’occhio, e mi diede un energico pizzi-cotto.

«Tu riferisci queste parole al tuo cavaliere» aggiunsepoi. «Né lo è, assolutamente: son queste le parole. Treanni rimasto solo in quest’isola, e di giorno e di notte, e

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con bel tempo e con pioggia, e talvolta (dirai) avrebbemagari voluto pregare (dirai) e talvolta magari pensarealla sua vecchia madre, foss’ella ancora viva! (dirai), mala piú parte del suo tempo (è questo che dovrai dire), lapiú parte del suo tempo Ben Gunn la spendeva inun’altra faccenda. E qui gli darai un pizzicotto comefaccio io.»

E di nuovo mi pizzicò nella maniera piú confidenzia-le.

«Poi» continuò «tu salterai su, e gli dirai questo:Gunn è un onest’uomo (gli dirai) e ripone di gran lungapiú fiducia, di gran lunga piú fiducia, tieni a mente, inun gentiluomo di nascita che in questi signori di ventu-ra, essendo stato egli stesso uno di questi.»

«Bene» dissi io. «Non ho capito una sillaba di quelche avete detto. Ma ciò non conta, dal momento che ionon so come andare a bordo.»

«Ah» fece lui «questo è un guaio di sicuro. Ma c’è ilmio canotto, fabbricato da me, con le mie brave mani.Lo tengo lí, al riparo della rupe bianca. Al peggio deipeggi potremo servircene a notte fatta. Ih!» ruppe a untratto. «Che succede?»

Perché proprio in quel punto, mentre il sole era anco-ra un’ora o due lontano dal tramonto, tutti gli echidell’isola si svegliarono rispondendo con un lungo mug-ghio al tuono di un colpo di cannone.

«Hanno incominciato la battaglia» gridai. «Seguite-mi.»

E dimenticando tutti i miei terrori mi buttai a correre

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con bel tempo e con pioggia, e talvolta (dirai) avrebbemagari voluto pregare (dirai) e talvolta magari pensarealla sua vecchia madre, foss’ella ancora viva! (dirai), mala piú parte del suo tempo (è questo che dovrai dire), lapiú parte del suo tempo Ben Gunn la spendeva inun’altra faccenda. E qui gli darai un pizzicotto comefaccio io.»

E di nuovo mi pizzicò nella maniera piú confidenzia-le.

«Poi» continuò «tu salterai su, e gli dirai questo:Gunn è un onest’uomo (gli dirai) e ripone di gran lungapiú fiducia, di gran lunga piú fiducia, tieni a mente, inun gentiluomo di nascita che in questi signori di ventu-ra, essendo stato egli stesso uno di questi.»

«Bene» dissi io. «Non ho capito una sillaba di quelche avete detto. Ma ciò non conta, dal momento che ionon so come andare a bordo.»

«Ah» fece lui «questo è un guaio di sicuro. Ma c’è ilmio canotto, fabbricato da me, con le mie brave mani.Lo tengo lí, al riparo della rupe bianca. Al peggio deipeggi potremo servircene a notte fatta. Ih!» ruppe a untratto. «Che succede?»

Perché proprio in quel punto, mentre il sole era anco-ra un’ora o due lontano dal tramonto, tutti gli echidell’isola si svegliarono rispondendo con un lungo mug-ghio al tuono di un colpo di cannone.

«Hanno incominciato la battaglia» gridai. «Seguite-mi.»

E dimenticando tutti i miei terrori mi buttai a correre

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verso l’ancoraggio, mentre il disgraziato nei suoi cencicaprini trottava agile e leggero al mio fianco.

«A sinistra! A sinistra!» ansava lui. «Tienti a sinistra,compagno Jim! Sotto gli alberi! È lí che ho ucciso lamia prima capra. Esse non osano piú calare fin lí: sonoaccampate sulle montagne per paura di Ben Gunn. Ah!Quello è il citimero (cimitero voleva dire). Vedi i tumu-li? Io vengo lí a pregare di tanto in tanto, quando pensoche sia press’a poco domenica. Non è precisamente unacappella, ma ha un aspetto piú serio che altrove; e poi,senti, Ben Gunn era mal provveduto: non cappellano, enemmeno una bibbia e una bandiera, senti.»

In tal modo continuava a parlare mentre io correva,senz’aspettare né ricevere risposta.

Il colpo di cannone fu seguito dopo una lunga pausada una scarica di moschetteria.

Un’altra pausa, e poi, a meno di un quarto di migliodavanti a me, io potei contemplare, sventolante al diso-pra delle cime degli alberi, la bandiera britannica.

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verso l’ancoraggio, mentre il disgraziato nei suoi cencicaprini trottava agile e leggero al mio fianco.

«A sinistra! A sinistra!» ansava lui. «Tienti a sinistra,compagno Jim! Sotto gli alberi! È lí che ho ucciso lamia prima capra. Esse non osano piú calare fin lí: sonoaccampate sulle montagne per paura di Ben Gunn. Ah!Quello è il citimero (cimitero voleva dire). Vedi i tumu-li? Io vengo lí a pregare di tanto in tanto, quando pensoche sia press’a poco domenica. Non è precisamente unacappella, ma ha un aspetto piú serio che altrove; e poi,senti, Ben Gunn era mal provveduto: non cappellano, enemmeno una bibbia e una bandiera, senti.»

In tal modo continuava a parlare mentre io correva,senz’aspettare né ricevere risposta.

Il colpo di cannone fu seguito dopo una lunga pausada una scarica di moschetteria.

Un’altra pausa, e poi, a meno di un quarto di migliodavanti a me, io potei contemplare, sventolante al diso-pra delle cime degli alberi, la bandiera britannica.

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PARTE QUARTAIL FORTINO

XVIIL DOTTORE CONTINUA IL RACCONTO:

COME LA NAVE FU ABBANDONATA

Era circa un’ora e mezza (tre tocchi, in linguaggiomarinaresco) quando i due canotti dell’Hispaniola si re-carono a terra. Il capitano, il cavaliere ed io stavamo incabina discorrendo della situazione. Ci fosse stato unalito di vento, saremmo piombati sui rivoltosi rimasticon noi a bordo, avremmo salpato l’àncora e preso il lar-go. Ma il vento mancava, e per colmo di sfortuna Hun-ter discese con la notizia che Jim Hawkins era sgusciatoin un canotto e filato a terra con gli altri.

Nessun di noi avrebbe mai pensato a dubitare di JimHawkins: ma eravamo preoccupati per la sua vita. Conuomini di quello stampo ci pareva quasi un miracolo po-ter rivedere quel ragazzo. Corremmo sul ponte. La pecebolliva fra le commessure. Il puzzo nauseabondo ch’eranell’aria mi rivoltava lo stomaco; se mai si respirò feb-bre e dissenteria, fu in quell’abbominevole ancoraggio. Isei miserabili stavano raccolti sul castello di prua bor-

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PARTE QUARTAIL FORTINO

XVIIL DOTTORE CONTINUA IL RACCONTO:

COME LA NAVE FU ABBANDONATA

Era circa un’ora e mezza (tre tocchi, in linguaggiomarinaresco) quando i due canotti dell’Hispaniola si re-carono a terra. Il capitano, il cavaliere ed io stavamo incabina discorrendo della situazione. Ci fosse stato unalito di vento, saremmo piombati sui rivoltosi rimasticon noi a bordo, avremmo salpato l’àncora e preso il lar-go. Ma il vento mancava, e per colmo di sfortuna Hun-ter discese con la notizia che Jim Hawkins era sgusciatoin un canotto e filato a terra con gli altri.

Nessun di noi avrebbe mai pensato a dubitare di JimHawkins: ma eravamo preoccupati per la sua vita. Conuomini di quello stampo ci pareva quasi un miracolo po-ter rivedere quel ragazzo. Corremmo sul ponte. La pecebolliva fra le commessure. Il puzzo nauseabondo ch’eranell’aria mi rivoltava lo stomaco; se mai si respirò feb-bre e dissenteria, fu in quell’abbominevole ancoraggio. Isei miserabili stavano raccolti sul castello di prua bor-

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bottando al riparo d’una vela. Potevamo vedere le im-barcazioni, con un uomo in ciascuna, affrettarsi versoterra toccando già quasi la foce del fiume. Uno d’essi fi-schiettava Lillibullero.

L’attesa ci opprimeva. Si decise che Hunter ed ioscenderemmo a terra col piccolo canotto in cerca di no-tizie.

Le imbarcazioni avevano poggiato a destra; ma Hun-ter ed io puntammo in direzione del fortino segnato sul-la carta. I due uomini rimasti a guardia delle yole parve-ro fortemente turbati dalla nostra apparizione. Lillibulle-ro tacque; ed io vidi quei due discutere sul da farsi. Fos-sero andati a informare Silver, le cose avrebbero forsepreso tutt’altra piega; ma essi avevano le loro istruzioni,penso, e decisero di rimaner tranquillamente là dov’era-no, e da capo echeggiò Lillibullero.

La costa presentava una leggiera sporgenza; ed io go-vernavo in modo da frapporla tra noi e loro; sicché, an-che prima di approdare, già eravamo fuori della vistadelle imbarcazioni. Io saltai a terra, e, con un fazzoletto-ne di seta sotto il cappello per pararmi dal caldo, ed unpaio di pistole cariche per mia difesa, m’incamminaicon la maggior lestezza consentitami dalla prudenza.

Non avevo ancora percorso cento metri che arrivai alfortino.

Ecco in che cosa consisteva. Una sorgente di limpi-dissima acqua scaturiva quasi alla cima d’un poggio. Suquel poggio, includendovi la sorgente, era stata costruitacon tronchi d’albero una robusta ridotta capace di conte-

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bottando al riparo d’una vela. Potevamo vedere le im-barcazioni, con un uomo in ciascuna, affrettarsi versoterra toccando già quasi la foce del fiume. Uno d’essi fi-schiettava Lillibullero.

L’attesa ci opprimeva. Si decise che Hunter ed ioscenderemmo a terra col piccolo canotto in cerca di no-tizie.

Le imbarcazioni avevano poggiato a destra; ma Hun-ter ed io puntammo in direzione del fortino segnato sul-la carta. I due uomini rimasti a guardia delle yole parve-ro fortemente turbati dalla nostra apparizione. Lillibulle-ro tacque; ed io vidi quei due discutere sul da farsi. Fos-sero andati a informare Silver, le cose avrebbero forsepreso tutt’altra piega; ma essi avevano le loro istruzioni,penso, e decisero di rimaner tranquillamente là dov’era-no, e da capo echeggiò Lillibullero.

La costa presentava una leggiera sporgenza; ed io go-vernavo in modo da frapporla tra noi e loro; sicché, an-che prima di approdare, già eravamo fuori della vistadelle imbarcazioni. Io saltai a terra, e, con un fazzoletto-ne di seta sotto il cappello per pararmi dal caldo, ed unpaio di pistole cariche per mia difesa, m’incamminaicon la maggior lestezza consentitami dalla prudenza.

Non avevo ancora percorso cento metri che arrivai alfortino.

Ecco in che cosa consisteva. Una sorgente di limpi-dissima acqua scaturiva quasi alla cima d’un poggio. Suquel poggio, includendovi la sorgente, era stata costruitacon tronchi d’albero una robusta ridotta capace di conte-

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nere una quarantina d’uomini. Su ciascun lato s’apriva-no feritoie per il fuoco di moschetteria. Tutt’intorno va-neggiava un largo spazio diboscato, e il sistema difensi-vo era completato da una palizzata di sei piedi d’altezzainteramente chiusa, troppo solida per poter essere abbat-tuta senza lunghi e laboriosi sforzi, e troppo aperta perpoter coprire gli assalitori. Questi rimanevano alla mer-cé degli uomini del forte; i quali standosene tranquillinei propri ripari potevano sparar loro addosso come atante pernici. Buona guardia e viveri: d’altro non abbi-sognavano i difensori, che, a parte il caso d’una comple-ta sorpresa, erano in grado di tenere il luogo contro unreggimento.

Ciò che particolarmente mi seduceva era la sorgente.Poiché se nella cabina dell’Hispaniola custodivamoarmi e munizioni in abbondanza e viveri e squisiti vini,una cosa però era stata trascurata: mancavamo d’acqua.Stavo appunto pensando a ciò, quando il grido d’unuomo in fin di vita risonò sull’isola. Io non ero novizioin fatto di morte violenta: ho servito Sua Altezza Realeil Duca di Cumberland e sono stato io stesso ferito aFontenoy: malgrado ciò il mio cuore si mise a battereprecipitosamente. “Jim Hawkins è finito!” fu questo ilmio primo pensiero.

Essere un vecchio soldato è qualche cosa: ma esserestato medico è qualcosa di piú. Agio da ciondolarsi, nel-la nostra professione non v’è. Sicché io subito presi lemie decisioni e senza perder tempo ritornai sulla spiag-gia e saltai nel piccolo canotto.

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nere una quarantina d’uomini. Su ciascun lato s’apriva-no feritoie per il fuoco di moschetteria. Tutt’intorno va-neggiava un largo spazio diboscato, e il sistema difensi-vo era completato da una palizzata di sei piedi d’altezzainteramente chiusa, troppo solida per poter essere abbat-tuta senza lunghi e laboriosi sforzi, e troppo aperta perpoter coprire gli assalitori. Questi rimanevano alla mer-cé degli uomini del forte; i quali standosene tranquillinei propri ripari potevano sparar loro addosso come atante pernici. Buona guardia e viveri: d’altro non abbi-sognavano i difensori, che, a parte il caso d’una comple-ta sorpresa, erano in grado di tenere il luogo contro unreggimento.

Ciò che particolarmente mi seduceva era la sorgente.Poiché se nella cabina dell’Hispaniola custodivamoarmi e munizioni in abbondanza e viveri e squisiti vini,una cosa però era stata trascurata: mancavamo d’acqua.Stavo appunto pensando a ciò, quando il grido d’unuomo in fin di vita risonò sull’isola. Io non ero novizioin fatto di morte violenta: ho servito Sua Altezza Realeil Duca di Cumberland e sono stato io stesso ferito aFontenoy: malgrado ciò il mio cuore si mise a battereprecipitosamente. “Jim Hawkins è finito!” fu questo ilmio primo pensiero.

Essere un vecchio soldato è qualche cosa: ma esserestato medico è qualcosa di piú. Agio da ciondolarsi, nel-la nostra professione non v’è. Sicché io subito presi lemie decisioni e senza perder tempo ritornai sulla spiag-gia e saltai nel piccolo canotto.

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Per fortuna Hunter era un buon rematore. Volavamosul pelo dell’acqua, e il canotto fu presto attraccato ed ioa bordo della goletta.

Trovai i miei compagni profondamente scossicom’era da aspettarsi. Il cavaliere era seduto, pallidocome un cencio, pensando forse a quale sciagurato pas-so ci aveva condotti, povera anima! E uno dei sei uomi-ni di prua aveva l’aria di star poco meglio.

«Ecco un uomo nuovo a queste faccende» disse il ca-pitano Smollett puntando l’indice verso di lui. «Poco èmancato che non svenisse, dottore, quando intese il gri-do. Ancora un colpo di barra, e quest’uomo è nostro.»

Io esposi il mio piano al capitano, e d’accordo stabi-limmo i particolari della sua esecuzione.

Collocammo il vecchio Redruth nel passavanti tra lacabina e il castello di prua, con tre o quattro moschetticarichi e un materasso per ripararsi. Hunter menò il ca-notto sotto la finestra di poppa, e Joyce ed io ci affret-tammo a caricarlo di cassette di polvere, moschetti, sca-tole di biscotti, barili di lardo, un caratello di cognac, ela mia preziosa cassetta di medicinali.

Frattanto il cavaliere e il capitano rimasero sul ponte,e quest’ultimo chiamò il quartiermastro ch’era il princi-pale marinaio a bordo.

«Signor Hands» disse «come vedete siamo in due conun paio di pistole ciascuno. Se uno di voi fa il piú picco-lo segnale, è un uomo morto.»

Essi apparvero abbastanza sconcertati, e dopo essersibrevemente consultati s’immersero l’un dopo l’altro nel

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Per fortuna Hunter era un buon rematore. Volavamosul pelo dell’acqua, e il canotto fu presto attraccato ed ioa bordo della goletta.

Trovai i miei compagni profondamente scossicom’era da aspettarsi. Il cavaliere era seduto, pallidocome un cencio, pensando forse a quale sciagurato pas-so ci aveva condotti, povera anima! E uno dei sei uomi-ni di prua aveva l’aria di star poco meglio.

«Ecco un uomo nuovo a queste faccende» disse il ca-pitano Smollett puntando l’indice verso di lui. «Poco èmancato che non svenisse, dottore, quando intese il gri-do. Ancora un colpo di barra, e quest’uomo è nostro.»

Io esposi il mio piano al capitano, e d’accordo stabi-limmo i particolari della sua esecuzione.

Collocammo il vecchio Redruth nel passavanti tra lacabina e il castello di prua, con tre o quattro moschetticarichi e un materasso per ripararsi. Hunter menò il ca-notto sotto la finestra di poppa, e Joyce ed io ci affret-tammo a caricarlo di cassette di polvere, moschetti, sca-tole di biscotti, barili di lardo, un caratello di cognac, ela mia preziosa cassetta di medicinali.

Frattanto il cavaliere e il capitano rimasero sul ponte,e quest’ultimo chiamò il quartiermastro ch’era il princi-pale marinaio a bordo.

«Signor Hands» disse «come vedete siamo in due conun paio di pistole ciascuno. Se uno di voi fa il piú picco-lo segnale, è un uomo morto.»

Essi apparvero abbastanza sconcertati, e dopo essersibrevemente consultati s’immersero l’un dopo l’altro nel

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boccaporto di prua, credendo senza dubbio di potercicogliere alle spalle. Ma, quando videro Redruth chesbarrava loro il passo nel corridoio, fecero dietro front, edi nuovo una testa emerse sul ponte.

«Giú, cane!» intimò il capitano.La testa di nuovo disparve e per un tratto non sentim-

mo altro di quei sei vigliacchi.Frattanto buttando giú la roba come ci veniva alle

mani, avevamo caricato il canotto quanto piú potessimoosare. Joyce ed io vi ci calammo per la finestra di pop-pa, e vogando a gran forza di nuovo ci dirigemmo a ter-ra.

Questo secondo viaggio stuzzicò non poco l’attenzio-ne dei guardiani lungo la costa. Lillibullero fu da capointerrotto, e noi stavamo per perderli di vista dietro ilpiccolo promontorio, quando uno d’essi saltò a terra e sieclissò. Ebbi una mezza idea di modificare il mio pianoe distruggere le loro imbarcazioni: ma Silver e gli altripotevano essere lí, e non volli espormi al rischio di tuttoperdere per voler troppo acciuffare.

Prendemmo terra nello stesso punta di prima e ci ac-cingemmo ad approvvigionare la ridotta. Pesantementecaricati tutti e tre, facemmo il primo viaggio e lanciam-mo le nostre provvigioni al di là dello steccato. Poi, la-sciato Joyce a guardarle, un sol uomo a dire il vero, mamunito d’una mezza dozzina di moschetti, Hunter ed ioritornammo al piccolo canotto e nuovamente caricammole nostre spalle. E cosí seguitammo senza riprender fiatofinché l’intero carico non fu allogato: allora i due servi-

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boccaporto di prua, credendo senza dubbio di potercicogliere alle spalle. Ma, quando videro Redruth chesbarrava loro il passo nel corridoio, fecero dietro front, edi nuovo una testa emerse sul ponte.

«Giú, cane!» intimò il capitano.La testa di nuovo disparve e per un tratto non sentim-

mo altro di quei sei vigliacchi.Frattanto buttando giú la roba come ci veniva alle

mani, avevamo caricato il canotto quanto piú potessimoosare. Joyce ed io vi ci calammo per la finestra di pop-pa, e vogando a gran forza di nuovo ci dirigemmo a ter-ra.

Questo secondo viaggio stuzzicò non poco l’attenzio-ne dei guardiani lungo la costa. Lillibullero fu da capointerrotto, e noi stavamo per perderli di vista dietro ilpiccolo promontorio, quando uno d’essi saltò a terra e sieclissò. Ebbi una mezza idea di modificare il mio pianoe distruggere le loro imbarcazioni: ma Silver e gli altripotevano essere lí, e non volli espormi al rischio di tuttoperdere per voler troppo acciuffare.

Prendemmo terra nello stesso punta di prima e ci ac-cingemmo ad approvvigionare la ridotta. Pesantementecaricati tutti e tre, facemmo il primo viaggio e lanciam-mo le nostre provvigioni al di là dello steccato. Poi, la-sciato Joyce a guardarle, un sol uomo a dire il vero, mamunito d’una mezza dozzina di moschetti, Hunter ed ioritornammo al piccolo canotto e nuovamente caricammole nostre spalle. E cosí seguitammo senza riprender fiatofinché l’intero carico non fu allogato: allora i due servi-

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tori si installarono nel fortino, ed io, remando a tutto po-tere, riguadagnai l’Hispaniola.

Il fatto che noi ci fossimo arrischiati a caricare unaseconda volta il canotto può parere piú audace che inrealtà non fosse. Perché se essi avevano su di noi il van-taggio del numero, a noi rimaneva quello delle armi.Nessuno degli uomini a terra disponeva di un moschet-to, e prima ch’essi potessero raggiungerci con le loro pi-stole, noi ci lusingavamo di riuscire a dar loro un buonacconto freddandone almeno una mezza dozzina.

Il cavaliere, pienamente rimessosi dal suo abbatti-mento, mi aspettava alla finestra di poppa. Egli afferròla gomena assicurandola, e noi ci demmo a riempire infuria il canotto. Lardo, polvere e biscotto formarono ilcarico, con un solo moschetto, e un coltellaccio a testa,per il cavaliere, per me, Redruth e il capitano. Il restodelle armi e delle munizioni lo buttammo in mare, e poi-ché non v’erano piú di due braccia e mezzo d’acqua, po-temmo vedere sotto di noi l’acciaio scintillare al sole sulnitido fondo sabbioso.

In quel momento la marea cominciava a calare, e ilbastimento dondolando si portava sull’àncora. Voci siudivano affievolite dalla lontananza chiamarsi fra le dueimbarcazioni, e questa circostanza pure rassicurandociriguardo a Joyce e Hunter postati molto piú all’est, ciconsigliò di sollecitare la nostra partenza.

Redruth abbandonato il suo posto nel corridoio saltònel canotto che noi menammo verso la parte posterioredel ponte per comodità del capitano Smollett.

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tori si installarono nel fortino, ed io, remando a tutto po-tere, riguadagnai l’Hispaniola.

Il fatto che noi ci fossimo arrischiati a caricare unaseconda volta il canotto può parere piú audace che inrealtà non fosse. Perché se essi avevano su di noi il van-taggio del numero, a noi rimaneva quello delle armi.Nessuno degli uomini a terra disponeva di un moschet-to, e prima ch’essi potessero raggiungerci con le loro pi-stole, noi ci lusingavamo di riuscire a dar loro un buonacconto freddandone almeno una mezza dozzina.

Il cavaliere, pienamente rimessosi dal suo abbatti-mento, mi aspettava alla finestra di poppa. Egli afferròla gomena assicurandola, e noi ci demmo a riempire infuria il canotto. Lardo, polvere e biscotto formarono ilcarico, con un solo moschetto, e un coltellaccio a testa,per il cavaliere, per me, Redruth e il capitano. Il restodelle armi e delle munizioni lo buttammo in mare, e poi-ché non v’erano piú di due braccia e mezzo d’acqua, po-temmo vedere sotto di noi l’acciaio scintillare al sole sulnitido fondo sabbioso.

In quel momento la marea cominciava a calare, e ilbastimento dondolando si portava sull’àncora. Voci siudivano affievolite dalla lontananza chiamarsi fra le dueimbarcazioni, e questa circostanza pure rassicurandociriguardo a Joyce e Hunter postati molto piú all’est, ciconsigliò di sollecitare la nostra partenza.

Redruth abbandonato il suo posto nel corridoio saltònel canotto che noi menammo verso la parte posterioredel ponte per comodità del capitano Smollett.

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«Marinai» gridò questi «mi sentite?»Nessuna risposta dal castello di prua.«È a te, Abraham Gray, è a te che io parlo.»Ancora nessuna risposta.«Gray» riprese il capitano alzando un poco la voce

«io lascio il bastimento e ti ordino di seguire il tuo capi-tano. So che in fondo sei un buon ragazzo, non credopoi che alcuno della tua banda sia cosí cattivo come vor-rebbe parere. Ho l’orologio alla mano: ti do trenta se-condi per raggiungermi.»

Seguí un altro silenzio.«Su, amico mio, vieni» continuò il capitano «non star

lí a tentennare. Ogni secondo mette in pericolo la miaesistenza e quella di questi signori...»

S’intese un improvviso tafferuglio, un rumore di ris-sa, e Abraham Gray scattò fuori con una coltellata sullaguancia, e giunse correndo presso il capitano come uncane al fischio del padrone.

«Sono con lei, signore» ansimò.E subito dopo, lui e il capitano, si lanciarono nel ca-

notto e noi prendemmo il largo.Eravamo fuori della nave, ma non ancora a terra, nel-

la nostra ridotta.

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«Marinai» gridò questi «mi sentite?»Nessuna risposta dal castello di prua.«È a te, Abraham Gray, è a te che io parlo.»Ancora nessuna risposta.«Gray» riprese il capitano alzando un poco la voce

«io lascio il bastimento e ti ordino di seguire il tuo capi-tano. So che in fondo sei un buon ragazzo, non credopoi che alcuno della tua banda sia cosí cattivo come vor-rebbe parere. Ho l’orologio alla mano: ti do trenta se-condi per raggiungermi.»

Seguí un altro silenzio.«Su, amico mio, vieni» continuò il capitano «non star

lí a tentennare. Ogni secondo mette in pericolo la miaesistenza e quella di questi signori...»

S’intese un improvviso tafferuglio, un rumore di ris-sa, e Abraham Gray scattò fuori con una coltellata sullaguancia, e giunse correndo presso il capitano come uncane al fischio del padrone.

«Sono con lei, signore» ansimò.E subito dopo, lui e il capitano, si lanciarono nel ca-

notto e noi prendemmo il largo.Eravamo fuori della nave, ma non ancora a terra, nel-

la nostra ridotta.

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XVIICONTINUA IL RACCONTO DEL DOTTORE:

L’ULTIMO VIAGGIO DEL PICCOLO CANOTTO

Questo quinto viaggio fu affatto diverso dagli altri.Anzitutto il guscio di noce che ci portava era estrema-mente caricato. Cinque uomini adulti, tre dei quali, Tre-lawney, Redruth e il capitano alti piú di sei piedi, costi-tuivano già un peso superiore alla sua portata. Aggiun-getevi la polvere, il lardo ed i sacchi di pane. A poppa,l’acqua sfiorava il bordo. A piú riprese ne imbarcammoun po’ e ancora non avevamo coperto un centinaio dimetri, che già le mie brache e le falde del mio abiton’erano inzuppate.

Il capitano ci fece sistemare il carico, e riuscimmo adequilibrare un po’ meglio il canotto. Ciò non ostanteosavamo appena respirare.

In secondo luogo, incominciava il riflusso: una forteimpetuosa corrente ci spingeva a ovest attraverso labaia, e poi al sud ed al largo per lo stretto che avevamoimboccato il mattino. Le stesse onde agitate mettevanoin pericolo la nostra imbarcazione sovraccarica; ma ilpeggio era che noi eravamo deviati dalla nostra rotta eallontanati dal nostro conveniente punto di approdo die-tro il promontorio. Se avessimo lasciato fare alla corren-te, saremmo andati a battere accanto alle imbarcazionidove i pirati potevano sorprenderci a ogni istante.

«Non riesco a mantener la prua sul forte, signore»dissi al capitano.

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XVIICONTINUA IL RACCONTO DEL DOTTORE:

L’ULTIMO VIAGGIO DEL PICCOLO CANOTTO

Questo quinto viaggio fu affatto diverso dagli altri.Anzitutto il guscio di noce che ci portava era estrema-mente caricato. Cinque uomini adulti, tre dei quali, Tre-lawney, Redruth e il capitano alti piú di sei piedi, costi-tuivano già un peso superiore alla sua portata. Aggiun-getevi la polvere, il lardo ed i sacchi di pane. A poppa,l’acqua sfiorava il bordo. A piú riprese ne imbarcammoun po’ e ancora non avevamo coperto un centinaio dimetri, che già le mie brache e le falde del mio abiton’erano inzuppate.

Il capitano ci fece sistemare il carico, e riuscimmo adequilibrare un po’ meglio il canotto. Ciò non ostanteosavamo appena respirare.

In secondo luogo, incominciava il riflusso: una forteimpetuosa corrente ci spingeva a ovest attraverso labaia, e poi al sud ed al largo per lo stretto che avevamoimboccato il mattino. Le stesse onde agitate mettevanoin pericolo la nostra imbarcazione sovraccarica; ma ilpeggio era che noi eravamo deviati dalla nostra rotta eallontanati dal nostro conveniente punto di approdo die-tro il promontorio. Se avessimo lasciato fare alla corren-te, saremmo andati a battere accanto alle imbarcazionidove i pirati potevano sorprenderci a ogni istante.

«Non riesco a mantener la prua sul forte, signore»dissi al capitano.

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Io manovravo il timone, mentre lui e Redruth, agilitutti e due, vogavano.

«La marea ci trascina via. Non potrebbe remare unpo’ piú forte?»

«Il canotto si riempirebbe» disse lui. «Lei deve tenerduro, signore, se non le rincresce: tener duro finché nonguadagni.»

Io provai, e vidi nel fatto che la corrente ci spingeva aovest finché non ebbi messo la prua in pieno est, ossiaprecisamente ad angolo retto della direzione che dove-vamo seguire.

«A questo modo non approderemo mai» osservai.«Se è questa l’unica rotta che possiamo tenere, non

c’è che da tenerla» replicò il capitano. «Bisogna segui-tare a rimontar la corrente. Vede, signore, se per caso cilasciamo portar sottovento al punto di approdo, è diffici-le dire dove prenderemo terra, oltre al rischio d’essereattaccati dalle imbarcazioni; mentre che sulla rotta chenoi seguiamo la corrente dovrà diminuire, e allora potre-mo svignarcela ritornando indietro lungo la costa.»

«La corrente è già diminuita, signore» disse il mari-naio Gray che stava a prua. «Lei può allentare un poco.»

«Grazie, ragazzo mio» risposi, come se niente fra dinoi fosse accaduto; poiché ci si era tacitamente intesi ditrattarlo come uno dei nostri.

D’un tratto il capitano ruppe di nuovo il silenzio, e miparve che la sua voce fosse sensibilmente alterata.

«Il cannone!» pronunciò.«Ci ho pensato» dissi io, sicuro come ero ch’egli allu-

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Io manovravo il timone, mentre lui e Redruth, agilitutti e due, vogavano.

«La marea ci trascina via. Non potrebbe remare unpo’ piú forte?»

«Il canotto si riempirebbe» disse lui. «Lei deve tenerduro, signore, se non le rincresce: tener duro finché nonguadagni.»

Io provai, e vidi nel fatto che la corrente ci spingeva aovest finché non ebbi messo la prua in pieno est, ossiaprecisamente ad angolo retto della direzione che dove-vamo seguire.

«A questo modo non approderemo mai» osservai.«Se è questa l’unica rotta che possiamo tenere, non

c’è che da tenerla» replicò il capitano. «Bisogna segui-tare a rimontar la corrente. Vede, signore, se per caso cilasciamo portar sottovento al punto di approdo, è diffici-le dire dove prenderemo terra, oltre al rischio d’essereattaccati dalle imbarcazioni; mentre che sulla rotta chenoi seguiamo la corrente dovrà diminuire, e allora potre-mo svignarcela ritornando indietro lungo la costa.»

«La corrente è già diminuita, signore» disse il mari-naio Gray che stava a prua. «Lei può allentare un poco.»

«Grazie, ragazzo mio» risposi, come se niente fra dinoi fosse accaduto; poiché ci si era tacitamente intesi ditrattarlo come uno dei nostri.

D’un tratto il capitano ruppe di nuovo il silenzio, e miparve che la sua voce fosse sensibilmente alterata.

«Il cannone!» pronunciò.«Ci ho pensato» dissi io, sicuro come ero ch’egli allu-

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desse a un bombardamento del forte. «Ma non potrannomai sbarcare il cannone, e s’anche vi riuscissero, sareb-bero poi incapaci di alarlo attraverso la boscaglia.»

«Guardi indietro, dottore» replicò il capitano.Noi avevamo completamente dimenticato il cannone;

e là, con un fremito di orrore, vedemmo i cinque banditiintenti a levargli la sua casacca, com’essi chiamavano ilguscio di grossa tela incerata che in navigazione ricopri-va il pezzo. E, quasi non bastasse, d’improvviso mi ba-lenò in mente che palle e polvere da cannone erano ri-maste a bordo, e un solo colpo d’ascia metterebbe ognicosa in possesso di quegli sciagurati.

«Israel era il cannoniere di Flint» disse Gray con vocerauca.

Sfidando ogni pericolo ci dirigemmo verso il punto diapprodo. Ci eravamo intanto portati sufficientementefuori del grosso della corrente per poter governare, siapure procedendo con la andatura necessariamente lentadei remi, ed io riuscii a mantenere la prua sulla mèta.Ma il peggio era che, data la rotta che ora seguivo, pre-sentavamo all’Hispaniola il fianco in luogo della prua,offrendole un bersaglio largo quanto una porta di grana-io.

Io potei non solo scorgere ma udire quel brutto bir-bante di Israel Hands gettar sul ponte un proiettile.

«Chi di voi due è il miglior tiratore?» chiese il capita-no.

«Il signor Trelawney senza dubbio» dissi io.«Signor Trelawney, vuol aver la cortesia di togliermi

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desse a un bombardamento del forte. «Ma non potrannomai sbarcare il cannone, e s’anche vi riuscissero, sareb-bero poi incapaci di alarlo attraverso la boscaglia.»

«Guardi indietro, dottore» replicò il capitano.Noi avevamo completamente dimenticato il cannone;

e là, con un fremito di orrore, vedemmo i cinque banditiintenti a levargli la sua casacca, com’essi chiamavano ilguscio di grossa tela incerata che in navigazione ricopri-va il pezzo. E, quasi non bastasse, d’improvviso mi ba-lenò in mente che palle e polvere da cannone erano ri-maste a bordo, e un solo colpo d’ascia metterebbe ognicosa in possesso di quegli sciagurati.

«Israel era il cannoniere di Flint» disse Gray con vocerauca.

Sfidando ogni pericolo ci dirigemmo verso il punto diapprodo. Ci eravamo intanto portati sufficientementefuori del grosso della corrente per poter governare, siapure procedendo con la andatura necessariamente lentadei remi, ed io riuscii a mantenere la prua sulla mèta.Ma il peggio era che, data la rotta che ora seguivo, pre-sentavamo all’Hispaniola il fianco in luogo della prua,offrendole un bersaglio largo quanto una porta di grana-io.

Io potei non solo scorgere ma udire quel brutto bir-bante di Israel Hands gettar sul ponte un proiettile.

«Chi di voi due è il miglior tiratore?» chiese il capita-no.

«Il signor Trelawney senza dubbio» dissi io.«Signor Trelawney, vuol aver la cortesia di togliermi

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di mezzo uno di quegli uomini? Hands possibilmente?»fece il capitano.

Trelawney con la freddezza d’un automa verificòl’esca del suo fucile.

«Ora» avvertí il capitano «piano con quel fucile, seno, riempiremo il canotto. E noi, attenti a mantenerl’equilibrio mentre lui spara.»

Il cavaliere spianò il fucile, i remi restarono sospesi, enoi ci portammo dall’altro bordo per mantener l’equili-brio. Tutto riuscí cosí egregiamente che non imbarcam-mo una goccia d’acqua.

Frattanto essi avevano fatto girare il cannone sul suoperno, e Hands, che stava presso la bocca con in manolo spazzatoio, era di conseguenza il piú esposto. Ma lafortuna non ci fu amica, perché egli si chinò nel precisomomento che Trelawney lasciava partire il colpo. Lapalla gli fischiò sopra la testa, e fu uno degli altri quattroche cadde.

Al grido del colpito fecero eco non soltanto i suoicompagni di bordo, ma una moltitudine di voci dallaspiaggia, e guardando in quella direzione io vidi gli altripirati sbucare dalla boscaglia e precipitarsi a prender po-sto nelle imbarcazioni.

«Ecco i canotti che arrivano» dissi io.«Allora via!» gridò il capitano. «Non importa se im-

barchiamo acqua. Prendere terra, bisogna: se no, è fini-ta.»

«Una sola delle imbarcazioni è equipaggiata, signo-re» aggiunsi. «La ciurma dell’altra sta certamente facen-

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di mezzo uno di quegli uomini? Hands possibilmente?»fece il capitano.

Trelawney con la freddezza d’un automa verificòl’esca del suo fucile.

«Ora» avvertí il capitano «piano con quel fucile, seno, riempiremo il canotto. E noi, attenti a mantenerl’equilibrio mentre lui spara.»

Il cavaliere spianò il fucile, i remi restarono sospesi, enoi ci portammo dall’altro bordo per mantener l’equili-brio. Tutto riuscí cosí egregiamente che non imbarcam-mo una goccia d’acqua.

Frattanto essi avevano fatto girare il cannone sul suoperno, e Hands, che stava presso la bocca con in manolo spazzatoio, era di conseguenza il piú esposto. Ma lafortuna non ci fu amica, perché egli si chinò nel precisomomento che Trelawney lasciava partire il colpo. Lapalla gli fischiò sopra la testa, e fu uno degli altri quattroche cadde.

Al grido del colpito fecero eco non soltanto i suoicompagni di bordo, ma una moltitudine di voci dallaspiaggia, e guardando in quella direzione io vidi gli altripirati sbucare dalla boscaglia e precipitarsi a prender po-sto nelle imbarcazioni.

«Ecco i canotti che arrivano» dissi io.«Allora via!» gridò il capitano. «Non importa se im-

barchiamo acqua. Prendere terra, bisogna: se no, è fini-ta.»

«Una sola delle imbarcazioni è equipaggiata, signo-re» aggiunsi. «La ciurma dell’altra sta certamente facen-

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do il giro della spiaggia per tagliarci la strada.»«Faranno una bella sudata!» replicò il capitano. «Ma-

rinai a terra si sa cosa valgono. Non sono loro che mipreoccupano: è la palla del cannone. Un gioco da salot-to! Un ragazzo ch’è un ragazzo non sbaglierebbe.M’avverta, cavaliere, appena vede che stanno per farfuoco, ché agguanteremo4.»

Frattanto avevamo avanzato con discreta lestezza perun canotto cosí sovraccarico, e ben poca acqua avevamoimbarcato. Stavamo ormai vicini alla spiaggia: ancoratrenta o quaranta colpi di remo, e l’avremmo toccata,poiché il riflusso già aveva scoperto una sottile lingua disabbia al piede della macchia. L’imbarcazione non erapiú da temere: il piccolo promontorio l’aveva già nasco-sta ai nostri occhi. La marea che ci aveva cosí rudemen-te inceppati prima, ora ci compensava trattenendo i no-stri avversarii. L’unico pericolo rimaneva il cannone.

«Se io osassi» proferí il capitano «fermerei per farsaltare un altro uomo.»

Ma era chiaro che a bordo dell’Hispaniola non pensa-vano affatto a differire il colpo. Essi non avevano nep-pur degnato d’uno sguardo il loro camerata caduto, chetuttavia non era morto e si sforzava di trascinarsi via dilà.

4 Agguantare: fermare i remi tenendoli immersi perpendicolar-mente acciò il battello non proceda oltre.

Voce classica della nostra Marina, e non importa se l’aureoGuglielmotti tralascia di registrarne questa accezione. (Nota delT.)

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do il giro della spiaggia per tagliarci la strada.»«Faranno una bella sudata!» replicò il capitano. «Ma-

rinai a terra si sa cosa valgono. Non sono loro che mipreoccupano: è la palla del cannone. Un gioco da salot-to! Un ragazzo ch’è un ragazzo non sbaglierebbe.M’avverta, cavaliere, appena vede che stanno per farfuoco, ché agguanteremo4.»

Frattanto avevamo avanzato con discreta lestezza perun canotto cosí sovraccarico, e ben poca acqua avevamoimbarcato. Stavamo ormai vicini alla spiaggia: ancoratrenta o quaranta colpi di remo, e l’avremmo toccata,poiché il riflusso già aveva scoperto una sottile lingua disabbia al piede della macchia. L’imbarcazione non erapiú da temere: il piccolo promontorio l’aveva già nasco-sta ai nostri occhi. La marea che ci aveva cosí rudemen-te inceppati prima, ora ci compensava trattenendo i no-stri avversarii. L’unico pericolo rimaneva il cannone.

«Se io osassi» proferí il capitano «fermerei per farsaltare un altro uomo.»

Ma era chiaro che a bordo dell’Hispaniola non pensa-vano affatto a differire il colpo. Essi non avevano nep-pur degnato d’uno sguardo il loro camerata caduto, chetuttavia non era morto e si sforzava di trascinarsi via dilà.

4 Agguantare: fermare i remi tenendoli immersi perpendicolar-mente acciò il battello non proceda oltre.

Voce classica della nostra Marina, e non importa se l’aureoGuglielmotti tralascia di registrarne questa accezione. (Nota delT.)

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«Attenti!» gridò il cavaliere.«Agguanta!» comandò il capitano, pronto come una

eco.E lui e Redruth sciarono con una tale violenza che la

poppa andò interamente sommersa. Il colpo scoppiò nelmedesimo istante. E fu questo il primo inteso da Jim,giacché la fucilata del cavaliere non era giunta al suoorecchio. Dove passò il proiettile nessuno di noi seppecon precisione: ma io credo che fu sopra le nostre teste,e lo spostamento d’aria contribuí al nostro disastro.

Comunque sia, il canotto affondò per la poppa pianopiano in tre piedi d’acqua, lasciando me e il capitano inpiedi, faccia a faccia. Gli altri tre presero un bagno com-pleto e tornarono a galla inzuppati e barbugliando.

Fin qui, poco male. Nessuna vittima tra noi, e poteva-mo con sicurezza guadagnar la riva a guado. Ma tutte lenostre provvigioni erano in fondo al mare, e per colmodi sciagura dei cinque fucili solo due rimanevano utiliz-zabili. Il mio, che tenevo sulle ginocchia, l’avevo ab-brancato e levato in alto con una mossa istintiva. Il capi-tano portava il suo sul dorso a bandoliera, e, per pruden-za, col calcio in alto. I tre rimanenti erano affondati colcanotto.

La nostra inquietudine crebbe udendo voci che attra-verso gli alberi della spiaggia si venivano accentuando.Non solo ci impensieriva il pericolo di esser tagliati fuo-ri dal fortino, mezzo impotenti com’eravamo; ma il ti-more ancora che Hunter e Joyce attaccati da quella mez-za dozzina di nemici non avessero l’animo e la capacità

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«Attenti!» gridò il cavaliere.«Agguanta!» comandò il capitano, pronto come una

eco.E lui e Redruth sciarono con una tale violenza che la

poppa andò interamente sommersa. Il colpo scoppiò nelmedesimo istante. E fu questo il primo inteso da Jim,giacché la fucilata del cavaliere non era giunta al suoorecchio. Dove passò il proiettile nessuno di noi seppecon precisione: ma io credo che fu sopra le nostre teste,e lo spostamento d’aria contribuí al nostro disastro.

Comunque sia, il canotto affondò per la poppa pianopiano in tre piedi d’acqua, lasciando me e il capitano inpiedi, faccia a faccia. Gli altri tre presero un bagno com-pleto e tornarono a galla inzuppati e barbugliando.

Fin qui, poco male. Nessuna vittima tra noi, e poteva-mo con sicurezza guadagnar la riva a guado. Ma tutte lenostre provvigioni erano in fondo al mare, e per colmodi sciagura dei cinque fucili solo due rimanevano utiliz-zabili. Il mio, che tenevo sulle ginocchia, l’avevo ab-brancato e levato in alto con una mossa istintiva. Il capi-tano portava il suo sul dorso a bandoliera, e, per pruden-za, col calcio in alto. I tre rimanenti erano affondati colcanotto.

La nostra inquietudine crebbe udendo voci che attra-verso gli alberi della spiaggia si venivano accentuando.Non solo ci impensieriva il pericolo di esser tagliati fuo-ri dal fortino, mezzo impotenti com’eravamo; ma il ti-more ancora che Hunter e Joyce attaccati da quella mez-za dozzina di nemici non avessero l’animo e la capacità

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di resistere. Hunter lo sapevamo bene ch’era un uomorisoluto, ma di Joyce non eravamo altrettanto sicuri: egliera certo un piacevole e garbato domestico, maestronell’arte di spazzolare abiti, ma non ugualmente adatto aservire il dio della guerra.

Assediati da simili pensieri raggiungemmo il piú pre-sto possibile la riva, lasciando alle nostre spalle l’infeli-ce piccolo canotto e una buona metà delle nostre polverie provvigioni.

XVIIICONTINUA IL RACCONTO DEL DOTTORE: FINEDELLA PRIMA GIORNATA DI COMBATTIMENTO

Con le ali ai piedi attraversammo la zona boscosa checi separava dal fortino, sentendo a ogni passo le gridadei pirati risonar piú vicine. Tosto udimmo il loro scal-piccío e gli scrosci dei rami spezzati dalla furia dellaloro corsa.

Io capii che andavamo incontro a una seria scaramuc-cia e verificai la mia esca.

«Capitano» dissi «Trelawney è un ottimo tiratore. Da-tegli il vostro fucile: il suo è inservibile.»

Scambiarono i fucili, e Trelawney muto e impassibilecom’era stato fin dal principio del trambusto, sostò unmomento per accertarsi che l’arma era in ordine. In quelmentre io, accortomi che Gray era inerme, gli porsi ilmio coltellaccio. Egli si sputò nella mano; aggrottò le

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di resistere. Hunter lo sapevamo bene ch’era un uomorisoluto, ma di Joyce non eravamo altrettanto sicuri: egliera certo un piacevole e garbato domestico, maestronell’arte di spazzolare abiti, ma non ugualmente adatto aservire il dio della guerra.

Assediati da simili pensieri raggiungemmo il piú pre-sto possibile la riva, lasciando alle nostre spalle l’infeli-ce piccolo canotto e una buona metà delle nostre polverie provvigioni.

XVIIICONTINUA IL RACCONTO DEL DOTTORE: FINEDELLA PRIMA GIORNATA DI COMBATTIMENTO

Con le ali ai piedi attraversammo la zona boscosa checi separava dal fortino, sentendo a ogni passo le gridadei pirati risonar piú vicine. Tosto udimmo il loro scal-piccío e gli scrosci dei rami spezzati dalla furia dellaloro corsa.

Io capii che andavamo incontro a una seria scaramuc-cia e verificai la mia esca.

«Capitano» dissi «Trelawney è un ottimo tiratore. Da-tegli il vostro fucile: il suo è inservibile.»

Scambiarono i fucili, e Trelawney muto e impassibilecom’era stato fin dal principio del trambusto, sostò unmomento per accertarsi che l’arma era in ordine. In quelmentre io, accortomi che Gray era inerme, gli porsi ilmio coltellaccio. Egli si sputò nella mano; aggrottò le

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sopracciglia e agitò nell’aria la lama facendola sibilare;e noi n’avemmo il cuore allargato, perché ogni suo ge-sto diceva chiaro che la nostra nuova recluta valeva ilpane che mangiava.

Quaranta passi piú in là sboccammo sul margine delbosco, e vedemmo dinanzi a noi la palizzata. Abbor-dammo il recinto verso il mezzo del lato sud, e quasi almedesimo istante sette rivoltosi con Job Anderson, ilmastro d’equipaggio, alla testa, apparvero gridandoall’angolo sud-ovest.

Ristettero come sconcertati, e prima che si riavesserodalla sorpresa, il cavaliere ed io non solo, ma ancheHunter e Joyce dall’interno della ridotta, fummo in tem-po a far fuoco. I quattro colpi si sparpagliarono in unasalva alquanto irregolare, ma ottennero lo scopo: unodei nostri nemici cadde; e gli altri senza esitare voltaro-no le spalle e si tuffarono nella macchia.

Dopo ricaricato andammo giú lungo l’esterno dellapalizzata a vedere il nemico caduto. Era stecchito: lapalla l’aveva colpito nel mezzo del cuore.

Stavamo rallegrandoci del nostro buon successo,quando un colpo di pistola crepitò nella boscaglia, unapalla mi fischiò rasente all’orecchio, e il povero TomRedruth tentennò e si abbatté lungo disteso al suolo. Ilcavaliere ed io rispondemmo al colpo, ma siccome tira-vamo a casaccio, è probabile che soltanto sciupassimola polvere. Dopo di che ricaricammo un’altra volta, e ri-portammo la nostra attenzione sul disgraziato Tom.

Il capitano e Gray erano già curvi su di lui, ed io con

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sopracciglia e agitò nell’aria la lama facendola sibilare;e noi n’avemmo il cuore allargato, perché ogni suo ge-sto diceva chiaro che la nostra nuova recluta valeva ilpane che mangiava.

Quaranta passi piú in là sboccammo sul margine delbosco, e vedemmo dinanzi a noi la palizzata. Abbor-dammo il recinto verso il mezzo del lato sud, e quasi almedesimo istante sette rivoltosi con Job Anderson, ilmastro d’equipaggio, alla testa, apparvero gridandoall’angolo sud-ovest.

Ristettero come sconcertati, e prima che si riavesserodalla sorpresa, il cavaliere ed io non solo, ma ancheHunter e Joyce dall’interno della ridotta, fummo in tem-po a far fuoco. I quattro colpi si sparpagliarono in unasalva alquanto irregolare, ma ottennero lo scopo: unodei nostri nemici cadde; e gli altri senza esitare voltaro-no le spalle e si tuffarono nella macchia.

Dopo ricaricato andammo giú lungo l’esterno dellapalizzata a vedere il nemico caduto. Era stecchito: lapalla l’aveva colpito nel mezzo del cuore.

Stavamo rallegrandoci del nostro buon successo,quando un colpo di pistola crepitò nella boscaglia, unapalla mi fischiò rasente all’orecchio, e il povero TomRedruth tentennò e si abbatté lungo disteso al suolo. Ilcavaliere ed io rispondemmo al colpo, ma siccome tira-vamo a casaccio, è probabile che soltanto sciupassimola polvere. Dopo di che ricaricammo un’altra volta, e ri-portammo la nostra attenzione sul disgraziato Tom.

Il capitano e Gray erano già curvi su di lui, ed io con

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una occhiata m’accorsi che tutto era finito.Credo che data la immediatezza della nostra replica la

salva disperdesse nuovamente i ribelli, poiché senz’altramolestia potemmo prendere il corpo del vecchio guarda-caccia, issarlo al disopra dello steccato e ricoverarlo, ge-mente e sanguinante, nella ridotta.

Il povero vecchio non aveva mai proferito una paroladi sorpresa, di lamento, di paura, od anche solo di ac-quiescenza, dal principio delle nostre tribolazioni fino almomento in cui l’avevamo deposto lí dove doveva mo-rire. S’era postato nella corsía dietro il suo materassocome un valoroso troiano; aveva eseguito ogni ordine insilenzio e bene, con assoluta devozione; era di vent’anniil piú anziano dei nostri: ed ecco, toccava a lui, a questovecchio fedele e volonteroso servitore, morire.

Il cavaliere cadde in ginocchio accanto a lui, e gli ba-ciò la mano singhiozzando come un fanciullo.

«Me ne vado, dottore?» chiese il moribondo.«Tom, amico mio» risposi «tu ritorni al Creatore.»«Avrei prima voluto regalar qualcuno dei miei confet-

ti a quelli là...»«Tom» ruppe il cavaliere «dimmi che mi perdoni,

vuoi?»«Le pare che sarebbe rispettoso, da me a lei, signor

cavaliere? Nondimeno, cosí sia. Amen!»Dopo un breve silenzio espresse il desiderio che qual-

cuno gli leggesse una preghiera. «È l’usanza, signore»aggiunse come per iscusarsi. E poco appresso, senz’altreparole, spirò.

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una occhiata m’accorsi che tutto era finito.Credo che data la immediatezza della nostra replica la

salva disperdesse nuovamente i ribelli, poiché senz’altramolestia potemmo prendere il corpo del vecchio guarda-caccia, issarlo al disopra dello steccato e ricoverarlo, ge-mente e sanguinante, nella ridotta.

Il povero vecchio non aveva mai proferito una paroladi sorpresa, di lamento, di paura, od anche solo di ac-quiescenza, dal principio delle nostre tribolazioni fino almomento in cui l’avevamo deposto lí dove doveva mo-rire. S’era postato nella corsía dietro il suo materassocome un valoroso troiano; aveva eseguito ogni ordine insilenzio e bene, con assoluta devozione; era di vent’anniil piú anziano dei nostri: ed ecco, toccava a lui, a questovecchio fedele e volonteroso servitore, morire.

Il cavaliere cadde in ginocchio accanto a lui, e gli ba-ciò la mano singhiozzando come un fanciullo.

«Me ne vado, dottore?» chiese il moribondo.«Tom, amico mio» risposi «tu ritorni al Creatore.»«Avrei prima voluto regalar qualcuno dei miei confet-

ti a quelli là...»«Tom» ruppe il cavaliere «dimmi che mi perdoni,

vuoi?»«Le pare che sarebbe rispettoso, da me a lei, signor

cavaliere? Nondimeno, cosí sia. Amen!»Dopo un breve silenzio espresse il desiderio che qual-

cuno gli leggesse una preghiera. «È l’usanza, signore»aggiunse come per iscusarsi. E poco appresso, senz’altreparole, spirò.

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Frattanto il capitano del quale avevo osservato le ta-sche e il petto gonfi oltre misura, aveva tirato fuori unmucchio di cose le piú disparate: la bandiera inglese,una bibbia, un rotolo di corda abbastanza forte, penna ecalamaio, il libro di bordo, e gran quantità di tabacco.Trovato poi nel recinto il fusto alquanto lungo di un abe-te abbattuto e spoglio, l’aveva con l’aiuto di Hunter riz-zato al canto della ridotta dove i tronchi incrociati for-mavano un angolo; e arrampicatosi sul tetto, aveva conle sue stesse mani spiegata e issata la bandiera.

Ciò parve riconfortarlo assai. Dopo di che rientrò nel-la casa e si accinse a passare in rassegna le provvigioniquasi null’altro lo interessasse. Ma non mancò di badareal trapasso di Redruth, e appena questi ebbe chiuso gliocchi si appressò portando un’altra bandiera, e devota-mente la distese sul cadavere.

«Non affliggetevi, signore» disse al cavaliere strin-gendogli la mano. «Egli è fortunato: nulla ha da temereun marinaio che è morto compiendo il proprio dovereverso il capitano e verso l’armatore. Può non esserebuona teologia, questa, ma è un fatto.»

Poi mi trasse in disparte.«Dottor Livesey» mi chiese «fra quante settimane

credete che arriverà l’altra nave?»Gli risposi che non trattavasi di settimane, bensí di

mesi; che se noi non fossimo ritornati alla fine d’agosto,Blandly manderebbe a cercarci, ma né prima né dopo.«Può lei stesso fare il conto» aggiunsi.

«Ebbene» riprese il capitano grattandosi la testa «pur

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Frattanto il capitano del quale avevo osservato le ta-sche e il petto gonfi oltre misura, aveva tirato fuori unmucchio di cose le piú disparate: la bandiera inglese,una bibbia, un rotolo di corda abbastanza forte, penna ecalamaio, il libro di bordo, e gran quantità di tabacco.Trovato poi nel recinto il fusto alquanto lungo di un abe-te abbattuto e spoglio, l’aveva con l’aiuto di Hunter riz-zato al canto della ridotta dove i tronchi incrociati for-mavano un angolo; e arrampicatosi sul tetto, aveva conle sue stesse mani spiegata e issata la bandiera.

Ciò parve riconfortarlo assai. Dopo di che rientrò nel-la casa e si accinse a passare in rassegna le provvigioniquasi null’altro lo interessasse. Ma non mancò di badareal trapasso di Redruth, e appena questi ebbe chiuso gliocchi si appressò portando un’altra bandiera, e devota-mente la distese sul cadavere.

«Non affliggetevi, signore» disse al cavaliere strin-gendogli la mano. «Egli è fortunato: nulla ha da temereun marinaio che è morto compiendo il proprio dovereverso il capitano e verso l’armatore. Può non esserebuona teologia, questa, ma è un fatto.»

Poi mi trasse in disparte.«Dottor Livesey» mi chiese «fra quante settimane

credete che arriverà l’altra nave?»Gli risposi che non trattavasi di settimane, bensí di

mesi; che se noi non fossimo ritornati alla fine d’agosto,Blandly manderebbe a cercarci, ma né prima né dopo.«Può lei stesso fare il conto» aggiunsi.

«Ebbene» riprese il capitano grattandosi la testa «pur

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facendo una larga parte ai benefizî della Provvidenza,direi che siamo piuttosto mal ridotti.»

«Cioè?«È un peccato che abbiamo perduto questo secondo

carico, ecco cosa intendevo dire» replicò il capitano.«Per le munizioni ce la potremo cavare, ma quanto a vi-veri siamo scarsi, assai scarsi: al punto, dottor Livesey,che quasi è un bene ritrovarci con quella bocca dimeno.»

E accennò con l’indice al corpo giacente sotto la ban-diera.

In quel momento con un rugghio ed un sibilo una pal-la passò in alto al disopra del tetto della casa e andò acadere lontano nella boscaglia.

«Ohò!» esclamò il capitano. «Fuoco volante! Avetegià abbastanza poca polvere, i miei giovinotti!»

Al secondo tentativo il colpo fu meglio diretto, e ilproiettile cadde entro lo steccato sollevando un nuvolodi sabbia, ma senza cagionare altro danno.

«Capitano» fece il cavaliere «la casa è al tutto fuoridella visuale del bastimento. Probabilmente mirano allabandiera. Non converrebbe abbassarla?»

«Abbassare la mia bandiera?» gridò il capitano. «No,signore, mai!»: le quali parole riscossero il generaleconsenso, poiché quell’uscita rivelava non solo il ma-schio valoroso uomo di mare, ma anche l’accorgimentopolitico di chi intendeva mostrare al nemico che non te-meva le sue cannonate.

Durante tutta la serata si accanirono a bombardare.

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facendo una larga parte ai benefizî della Provvidenza,direi che siamo piuttosto mal ridotti.»

«Cioè?«È un peccato che abbiamo perduto questo secondo

carico, ecco cosa intendevo dire» replicò il capitano.«Per le munizioni ce la potremo cavare, ma quanto a vi-veri siamo scarsi, assai scarsi: al punto, dottor Livesey,che quasi è un bene ritrovarci con quella bocca dimeno.»

E accennò con l’indice al corpo giacente sotto la ban-diera.

In quel momento con un rugghio ed un sibilo una pal-la passò in alto al disopra del tetto della casa e andò acadere lontano nella boscaglia.

«Ohò!» esclamò il capitano. «Fuoco volante! Avetegià abbastanza poca polvere, i miei giovinotti!»

Al secondo tentativo il colpo fu meglio diretto, e ilproiettile cadde entro lo steccato sollevando un nuvolodi sabbia, ma senza cagionare altro danno.

«Capitano» fece il cavaliere «la casa è al tutto fuoridella visuale del bastimento. Probabilmente mirano allabandiera. Non converrebbe abbassarla?»

«Abbassare la mia bandiera?» gridò il capitano. «No,signore, mai!»: le quali parole riscossero il generaleconsenso, poiché quell’uscita rivelava non solo il ma-schio valoroso uomo di mare, ma anche l’accorgimentopolitico di chi intendeva mostrare al nemico che non te-meva le sue cannonate.

Durante tutta la serata si accanirono a bombardare.

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L’una dietro l’altra le palle ci oltrepassavano o non arri-vavano fino a noi, o cacciavano in aria la sabbia dellosteccato: ma il tiro era talmente elevato che la palla rica-deva morta e si affondava nella soffice arena. Nessunrimbalzo v’era da temere, e quantunque un proiettilefosse penetrato per il tetto nella casa andando a confic-carsi nel pavimento, presto ci abituammo a quel giocogrossolano senza dargli piú importanza che al cricket.

«C’è una cosa buona, in tutto questo» osservò il capi-tano «ed è che il bosco dinanzi a noi è sgombro. La ma-rea da un po’ di tempo si sta ritirando; le nostre provvi-gioni dovrebbero trovarsi all’asciutto. C’è qualcuno chevoglia andare a prendere del lardo?»

Gray e Hunter si offersero per i primi. Armati fino aidenti si slanciarono fuori dello steccato, ma senza frutto,poiché gli ammutinati, piú arditi che non sospettassimo,ovvero fidenti nella perizia di tiratore di Israel, già sta-vano impadronendosi delle provvigioni e trasportandolea guado in una delle imbarcazioni ch’era lí presso e cheun remo opportunamente manovrato manteneva fermacontro la corrente. Silver installato a poppa teneva il co-mando, e ognun di loro adesso era munito d’un mo-schetto tratto da non si sa quale nascondiglio.

Il capitano intanto seduto davanti al libro di bordoscriveva:

“Alessandro Smollett, capitano; Davide Livesey, me-dico di bordo; Abraham Gray, secondo carpentiere; JohnTrelawney, armatore; John Hunter e Riccardo Joyce,servi dell’armatore, i soli dell’intero equipaggio rimasti

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L’una dietro l’altra le palle ci oltrepassavano o non arri-vavano fino a noi, o cacciavano in aria la sabbia dellosteccato: ma il tiro era talmente elevato che la palla rica-deva morta e si affondava nella soffice arena. Nessunrimbalzo v’era da temere, e quantunque un proiettilefosse penetrato per il tetto nella casa andando a confic-carsi nel pavimento, presto ci abituammo a quel giocogrossolano senza dargli piú importanza che al cricket.

«C’è una cosa buona, in tutto questo» osservò il capi-tano «ed è che il bosco dinanzi a noi è sgombro. La ma-rea da un po’ di tempo si sta ritirando; le nostre provvi-gioni dovrebbero trovarsi all’asciutto. C’è qualcuno chevoglia andare a prendere del lardo?»

Gray e Hunter si offersero per i primi. Armati fino aidenti si slanciarono fuori dello steccato, ma senza frutto,poiché gli ammutinati, piú arditi che non sospettassimo,ovvero fidenti nella perizia di tiratore di Israel, già sta-vano impadronendosi delle provvigioni e trasportandolea guado in una delle imbarcazioni ch’era lí presso e cheun remo opportunamente manovrato manteneva fermacontro la corrente. Silver installato a poppa teneva il co-mando, e ognun di loro adesso era munito d’un mo-schetto tratto da non si sa quale nascondiglio.

Il capitano intanto seduto davanti al libro di bordoscriveva:

“Alessandro Smollett, capitano; Davide Livesey, me-dico di bordo; Abraham Gray, secondo carpentiere; JohnTrelawney, armatore; John Hunter e Riccardo Joyce,servi dell’armatore, i soli dell’intero equipaggio rimasti

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fedeli, avendo viveri per dieci giorni a mezza razione,sbarcarono oggi e issarono la bandiera britannica sulfortino dell’Isola del Tesoro. Tomaso Redruth servodell’armatore, guardacaccia, ucciso dai ribelli, JamesHawkins mozzo...”

Proprio in quel punto, mentre io mi commoveva pen-sando alla sorte del ragazzo, una voce si udí dalla partedi terra.

«Qualcuno che chiama» disse Hunter che era di guar-dia.

«Dottore! Cavaliere! Capitano! Hallo! Hunter, sietevoi?» squillò la voce.

Ed io corsi alla porta, e giunsi in tempo per vedereJim Hawkins sano e salvo scavalcare lo steccato.

XIXIL RACCONTO È RIPRESO DA JIM HAWKINS:

LA GUARNIGIONE DEL FORTINO

Vedendo la bandiera, Ben Gunn si fermò trattenendo-mi per un braccio, e sedette.

«Ecco là i tuoi compagni» disse «non c’è dubbio.»«È piú probabile che siano i rivoltosi» feci io.«Che? In un sito come questo, dove non approdano se

non pirati, Silver spiegherebbe la bandiera nera, stai purcerto. Sono i tuoi compagni, ti dico. C’è stata battaglia,e credo che loro se la sian cavata bene, e ora stanno aterra nel vecchio fortino costruito anni e anni fa da Flint.

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fedeli, avendo viveri per dieci giorni a mezza razione,sbarcarono oggi e issarono la bandiera britannica sulfortino dell’Isola del Tesoro. Tomaso Redruth servodell’armatore, guardacaccia, ucciso dai ribelli, JamesHawkins mozzo...”

Proprio in quel punto, mentre io mi commoveva pen-sando alla sorte del ragazzo, una voce si udí dalla partedi terra.

«Qualcuno che chiama» disse Hunter che era di guar-dia.

«Dottore! Cavaliere! Capitano! Hallo! Hunter, sietevoi?» squillò la voce.

Ed io corsi alla porta, e giunsi in tempo per vedereJim Hawkins sano e salvo scavalcare lo steccato.

XIXIL RACCONTO È RIPRESO DA JIM HAWKINS:

LA GUARNIGIONE DEL FORTINO

Vedendo la bandiera, Ben Gunn si fermò trattenendo-mi per un braccio, e sedette.

«Ecco là i tuoi compagni» disse «non c’è dubbio.»«È piú probabile che siano i rivoltosi» feci io.«Che? In un sito come questo, dove non approdano se

non pirati, Silver spiegherebbe la bandiera nera, stai purcerto. Sono i tuoi compagni, ti dico. C’è stata battaglia,e credo che loro se la sian cavata bene, e ora stanno aterra nel vecchio fortino costruito anni e anni fa da Flint.

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Ah, ci aveva una testa, quel Flint! Rum a parte, un uomodi quello stampo non fu mai visto. Nessuno gli facevapaura – nessuno eccetto Silver – Silver sí, aveva quelprivilegio.»

«Bene» dissi io «può essere cosí, e cosí sia: ragionedi piú, allora, perché io m’affretti a raggiungere i mieicompagni.»

«No, camerata» rispose Ben «niente affatto. Tu sei unbuon ragazzo, se non m’inganno, ma non sei che un ra-gazzo, per dirla in una parola. Ora Ben Gunn sa. Nean-che per del rum mi si tirerebbe dove vai, neanche perdel rum, finché non abbia visto il tuo gentiluomo di na-scita e ottenuto la sua parola d’onore. E non dimenticarele mie parole “Di gran lunga piú fiducia” (questo hai dadire) “di gran lunga piú fiducia”: e qui tu lo pizzichi.»

E una terza volta, con la stess’aria d’uomo che la salunga, mi pizzicò.

«E quando ci sia bisogno di Ben Gunn, tu sai dovetrovarlo, Jim. Esattamente dove lo trovasti oggi. E chiverrà tenga in mano qualcosa di bianco, e venga solo.Oh! E tu dirai: Ben Gunn, dirai, ha le sue proprie ragio-ni.»

«Bene» dissi. io. «Credo d’aver capito. Voi avete unaproposta da fare, e desiderate vedere il cavaliere o ildottore, e vi si troverà dove io vi ho trovato. È questotutto?»

«E a quale ora, di’?» aggiunse. «Ebbene, mettiamo damezzogiorno alle tre, all’incirca.»

«Siamo intesi. E ora posso andare?»

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Ah, ci aveva una testa, quel Flint! Rum a parte, un uomodi quello stampo non fu mai visto. Nessuno gli facevapaura – nessuno eccetto Silver – Silver sí, aveva quelprivilegio.»

«Bene» dissi io «può essere cosí, e cosí sia: ragionedi piú, allora, perché io m’affretti a raggiungere i mieicompagni.»

«No, camerata» rispose Ben «niente affatto. Tu sei unbuon ragazzo, se non m’inganno, ma non sei che un ra-gazzo, per dirla in una parola. Ora Ben Gunn sa. Nean-che per del rum mi si tirerebbe dove vai, neanche perdel rum, finché non abbia visto il tuo gentiluomo di na-scita e ottenuto la sua parola d’onore. E non dimenticarele mie parole “Di gran lunga piú fiducia” (questo hai dadire) “di gran lunga piú fiducia”: e qui tu lo pizzichi.»

E una terza volta, con la stess’aria d’uomo che la salunga, mi pizzicò.

«E quando ci sia bisogno di Ben Gunn, tu sai dovetrovarlo, Jim. Esattamente dove lo trovasti oggi. E chiverrà tenga in mano qualcosa di bianco, e venga solo.Oh! E tu dirai: Ben Gunn, dirai, ha le sue proprie ragio-ni.»

«Bene» dissi. io. «Credo d’aver capito. Voi avete unaproposta da fare, e desiderate vedere il cavaliere o ildottore, e vi si troverà dove io vi ho trovato. È questotutto?»

«E a quale ora, di’?» aggiunse. «Ebbene, mettiamo damezzogiorno alle tre, all’incirca.»

«Siamo intesi. E ora posso andare?»

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«Non ti dimenticherai mica?» chiese ansiosamente.«“Di gran lunga piú fiducia” e “le sue proprie ragioni”,questo è l’essenziale: te lo dico da uomo a uomo. Ebbe-ne, allora» e seguitava a trattenermi «puoi andare, Jim.E, Jim, se per caso vedessi Silver, non lo tradiresti micaBen Gunn? Neanche a tirarti con gli àrgani lo tradiresti.No, non è vero? E se i pirati si accampano a terra, Jim,che dirai tu se l’indomani ci saranno delle vedove?»

A questo punto una forte detonazione lo interruppe, euna palla di cannone arrivò squarciando la macchia eandò ad affondarsi nella sabbia a meno di cinquanta me-tri dal luogo dove stavamo discorrendo. E noi fuggim-mo a gambe levate, ciascuno per la sua strada.

Durante un’ora buona frequenti colpi seguitarono ascuoter l’isola e le palle a sforacchiar con fracasso la bo-scaglia, mentre io passavo da un nascondiglio all’altroperseguito sempre, almeno cosí mi pareva, da quei tre-mendi proiettili. Ma verso la fine del bombardamento,pur non osando ancora avventurarmi dalla parte del for-tino, dove le palle battevano di preferenza, cominciai incerto modo a riprender animo, e dopo un lungo giro ver-so est, strisciando fra gli alberi, scesi alla riva.

Il sole era appena tramontato: la brezza marina si le-vava destando sussurri nella selva e arruffando la super-ficie opaca della baia; la marea s’era ritirata scoprendolarghi tratti di sabbia, e l’aria fredda succedutaall’ardenza del giorno, mi pungeva attraverso il cami-ciotto.

L’Hispaniola era sempre ancorata al medesimo posto;

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«Non ti dimenticherai mica?» chiese ansiosamente.«“Di gran lunga piú fiducia” e “le sue proprie ragioni”,questo è l’essenziale: te lo dico da uomo a uomo. Ebbe-ne, allora» e seguitava a trattenermi «puoi andare, Jim.E, Jim, se per caso vedessi Silver, non lo tradiresti micaBen Gunn? Neanche a tirarti con gli àrgani lo tradiresti.No, non è vero? E se i pirati si accampano a terra, Jim,che dirai tu se l’indomani ci saranno delle vedove?»

A questo punto una forte detonazione lo interruppe, euna palla di cannone arrivò squarciando la macchia eandò ad affondarsi nella sabbia a meno di cinquanta me-tri dal luogo dove stavamo discorrendo. E noi fuggim-mo a gambe levate, ciascuno per la sua strada.

Durante un’ora buona frequenti colpi seguitarono ascuoter l’isola e le palle a sforacchiar con fracasso la bo-scaglia, mentre io passavo da un nascondiglio all’altroperseguito sempre, almeno cosí mi pareva, da quei tre-mendi proiettili. Ma verso la fine del bombardamento,pur non osando ancora avventurarmi dalla parte del for-tino, dove le palle battevano di preferenza, cominciai incerto modo a riprender animo, e dopo un lungo giro ver-so est, strisciando fra gli alberi, scesi alla riva.

Il sole era appena tramontato: la brezza marina si le-vava destando sussurri nella selva e arruffando la super-ficie opaca della baia; la marea s’era ritirata scoprendolarghi tratti di sabbia, e l’aria fredda succedutaall’ardenza del giorno, mi pungeva attraverso il cami-ciotto.

L’Hispaniola era sempre ancorata al medesimo posto;

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ma alla cima dell’albero maestro sventolava il Jolly Ro-ger, il vessillo nero dei pirati. Mentre stavo guardando,un altro lampo rossastro balenò con un tuono che risve-gliò il coro degli echi, e un’altra palla tagliò l’aria sibi-lando. Era la fine del bombardamento.

Rimasi qualche tempo a osservare il trambusto chesuccedeva all’attacco. Sulla spiaggia vicino alla palizza-ta alcuni stavano demolendo qualcosa a colpi d’ascia: ilnostro piccolo disgraziato canotto come piú tardi conob-bi. Piú in là, presso l’imboccatura del fiume, un granfuoco avvampava in mezzo agli alberi, e rischiarava unadelle imbarcazioni che faceva la spola tra quel punto ela nave. Gli uomini che già avevo visti cosí abbuiati, oravogando schiamazzavano allegri come ragazzi. Maquelle voci sgangherate tradivano il rum.

Mi parve finalmente di potermi incamminare verso ilfortino. Io mi trovavo assai lontano, sulla lingua di terrabassa e sabbiosa che chiude l’ancoraggio ad est ed amezza marea rimane congiunta con l’isolotto delloScheletro; ed ecco che rizzatomi in piedi vidi un po’ piúin là su quella striscia di terra sorgere di tra i coricati ce-spugli, assai alta nel cielo, e d’un candore abbagliante,una rupe isolata: e pensai che fosse la rupe di cui BenGunn mi aveva parlato dicendo che se un giorno ol’altro vi fosse bisogno d’un canotto avrei saputo dovecercarlo.

Camminando rasente la boscaglia raggiunsi la parteposteriore della palizzata, dal lato della riva, e fui tostofestosamente accolto dai fedeli camerati.

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ma alla cima dell’albero maestro sventolava il Jolly Ro-ger, il vessillo nero dei pirati. Mentre stavo guardando,un altro lampo rossastro balenò con un tuono che risve-gliò il coro degli echi, e un’altra palla tagliò l’aria sibi-lando. Era la fine del bombardamento.

Rimasi qualche tempo a osservare il trambusto chesuccedeva all’attacco. Sulla spiaggia vicino alla palizza-ta alcuni stavano demolendo qualcosa a colpi d’ascia: ilnostro piccolo disgraziato canotto come piú tardi conob-bi. Piú in là, presso l’imboccatura del fiume, un granfuoco avvampava in mezzo agli alberi, e rischiarava unadelle imbarcazioni che faceva la spola tra quel punto ela nave. Gli uomini che già avevo visti cosí abbuiati, oravogando schiamazzavano allegri come ragazzi. Maquelle voci sgangherate tradivano il rum.

Mi parve finalmente di potermi incamminare verso ilfortino. Io mi trovavo assai lontano, sulla lingua di terrabassa e sabbiosa che chiude l’ancoraggio ad est ed amezza marea rimane congiunta con l’isolotto delloScheletro; ed ecco che rizzatomi in piedi vidi un po’ piúin là su quella striscia di terra sorgere di tra i coricati ce-spugli, assai alta nel cielo, e d’un candore abbagliante,una rupe isolata: e pensai che fosse la rupe di cui BenGunn mi aveva parlato dicendo che se un giorno ol’altro vi fosse bisogno d’un canotto avrei saputo dovecercarlo.

Camminando rasente la boscaglia raggiunsi la parteposteriore della palizzata, dal lato della riva, e fui tostofestosamente accolto dai fedeli camerati.

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La mia storia fu presto raccontata, dopo di che comin-ciai a guardarmi intorno. La casa, cioè tetto, muri, pavi-mento, era fatta di rozzi tronchi di pino. Il pavimentosovrastava qua e là di un piede, un piede e mezzo, il li-vello della sabbia. La porta dava in un vestibolo dove lapiccola sorgente scaturiva brillando entro una vasca al-quanto bizzarra formata nient’altro che d’una caldaia diferro, da nave, privata del suo fondo e interrata nel suo-lo.

Poco rimaneva oltre la carcassa della casa; solo in uncanto si vedeva una lastra di pietra che teneva luogo difocolare, ed un vecchio e rugginoso corbello di ferro de-stinato a contenere il fuoco.

I pendii del monticello e tutto l’interno della palizzataerano stati liberati dagli alberi per costruire la casa; e iceppi stessi mostravano quale superbo e splendido bo-sco era stato distrutto. Dopo l’abbattimento degli alberi,quasi tutto il terreno vegetale era stato asportato dalleacque o seppellito sotto la duna; soltanto dove il piccolorivo, diramandosi dalla caldaia, scorreva, una spessapelliccia di musco, alcune felci e certi piccoli serpeg-gianti cespugli mettevano ancora tra la sabbia una notaverde. Addossato alla palizzata, troppo addossato per ladifesa, dicevano essi, il bosco lussureggiava ancora altoe denso, esclusivamente formato di pini dalla parte delmonte, e mescolato di querce sempreverdi dalla partedel mare.

La fresca brezza vespertina della quale ho parlato, fi-schiava attraverso le fessure della rozza costruzione e

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La mia storia fu presto raccontata, dopo di che comin-ciai a guardarmi intorno. La casa, cioè tetto, muri, pavi-mento, era fatta di rozzi tronchi di pino. Il pavimentosovrastava qua e là di un piede, un piede e mezzo, il li-vello della sabbia. La porta dava in un vestibolo dove lapiccola sorgente scaturiva brillando entro una vasca al-quanto bizzarra formata nient’altro che d’una caldaia diferro, da nave, privata del suo fondo e interrata nel suo-lo.

Poco rimaneva oltre la carcassa della casa; solo in uncanto si vedeva una lastra di pietra che teneva luogo difocolare, ed un vecchio e rugginoso corbello di ferro de-stinato a contenere il fuoco.

I pendii del monticello e tutto l’interno della palizzataerano stati liberati dagli alberi per costruire la casa; e iceppi stessi mostravano quale superbo e splendido bo-sco era stato distrutto. Dopo l’abbattimento degli alberi,quasi tutto il terreno vegetale era stato asportato dalleacque o seppellito sotto la duna; soltanto dove il piccolorivo, diramandosi dalla caldaia, scorreva, una spessapelliccia di musco, alcune felci e certi piccoli serpeg-gianti cespugli mettevano ancora tra la sabbia una notaverde. Addossato alla palizzata, troppo addossato per ladifesa, dicevano essi, il bosco lussureggiava ancora altoe denso, esclusivamente formato di pini dalla parte delmonte, e mescolato di querce sempreverdi dalla partedel mare.

La fresca brezza vespertina della quale ho parlato, fi-schiava attraverso le fessure della rozza costruzione e

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seminava il pavimento di una incessante pioggia di sab-bia fine. Per tutto era sabbia: sabbia nei nostri occhi,sabbia tra i nostri denti, sabbia nelle nostre minestre,sabbia danzante nella sorgente al fondo della caldaia, si-mile a una zuppa quando apre il bollore. Un buco qua-dro nel tetto fungeva da camino: ma una parte appenadel fumo vi trovava sfogo; il resto turbinava per la casacostringendoci a tossire e lacrimare.

Aggiungete che Gray, la nuova recluta, aveva la testafasciata per una ferita riportata nello strapparsi agli am-mutinati, e quel povero vecchio Tom tuttora insepoltogiaceva lungo il muro, rigido sotto l’“Union Jack”.

Fossimo rimasti oziosi, la malinconia ci sarebbe salta-ta addosso; ma il capitano Smollett non era uomo da la-sciare il tempo da ciò. Chiamatici, ci divise in due squa-dre; da una parte il dottore, Gray ed io; dall’altra il cava-liere, Hunter e Joyce. Malgrado la stanchezza generale,due furono mandati per legna nel bosco, altri due messia scavar la fossa per Redruth; il dottore ebbe il posto dicuoco; io di guardia alla porta, e lo stesso capitano an-dava dall’uno all’altro incoraggiandoci tutti e dando unamano dove occorreva.

Di tanto in tanto il dottore veniva alla porta a respira-re un po’ d’aria e a riposare i suoi occhi irritati dal fuo-co; e sempre aveva una parola per me.

«Questo Smollett» mi disse una volta «val meglio dime. E ciò significa qualcosa, Jim.»

Un’altra volta, dopo un silenzio, piegò la testa da unlato e mi fissò chiedendo:

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seminava il pavimento di una incessante pioggia di sab-bia fine. Per tutto era sabbia: sabbia nei nostri occhi,sabbia tra i nostri denti, sabbia nelle nostre minestre,sabbia danzante nella sorgente al fondo della caldaia, si-mile a una zuppa quando apre il bollore. Un buco qua-dro nel tetto fungeva da camino: ma una parte appenadel fumo vi trovava sfogo; il resto turbinava per la casacostringendoci a tossire e lacrimare.

Aggiungete che Gray, la nuova recluta, aveva la testafasciata per una ferita riportata nello strapparsi agli am-mutinati, e quel povero vecchio Tom tuttora insepoltogiaceva lungo il muro, rigido sotto l’“Union Jack”.

Fossimo rimasti oziosi, la malinconia ci sarebbe salta-ta addosso; ma il capitano Smollett non era uomo da la-sciare il tempo da ciò. Chiamatici, ci divise in due squa-dre; da una parte il dottore, Gray ed io; dall’altra il cava-liere, Hunter e Joyce. Malgrado la stanchezza generale,due furono mandati per legna nel bosco, altri due messia scavar la fossa per Redruth; il dottore ebbe il posto dicuoco; io di guardia alla porta, e lo stesso capitano an-dava dall’uno all’altro incoraggiandoci tutti e dando unamano dove occorreva.

Di tanto in tanto il dottore veniva alla porta a respira-re un po’ d’aria e a riposare i suoi occhi irritati dal fuo-co; e sempre aveva una parola per me.

«Questo Smollett» mi disse una volta «val meglio dime. E ciò significa qualcosa, Jim.»

Un’altra volta, dopo un silenzio, piegò la testa da unlato e mi fissò chiedendo:

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«Questo Ben Gunn che uomo è?»«Non saprei, signore. Non sono sicuro che sia sano di

mente.»«Se hai qualche dubbio di’ pure che non lo è» riprese

il dottore. «Un uomo rimasto tre anni a rosicchiarsi leunghie sopra un’isola deserta non potrà mai appariresano di mente come uno di noi. Non è conforme a natu-ra. Ma tu mi dicevi che sospirava un pezzo di cacio,no?»

«Sí, signore, cacio.»«Ebbene, Jim, vedi che a qualcosa giova essere ghiot-

to. Tu conosci la mia tabacchiera, no? E mai mi vedestiprender tabacco. O sai perché? Perché nella tabacchieratengo un pezzo di cacio parmigiano: un cacio fatto inItalia, assai nutritivo. Ebbene, sarà per Ben Gunn.»

Prima di metterci a tavola seppellimmo il vecchioTom nella sabbia, e per alcuni momenti rimanemmo rac-colti intorno a lui a capo scoperto, nel vento. Un belmucchio di legna era stato radunato, ma non bastevole agiudizio del capitano, che scoté il capo, e disse chel’indomani mattina bisognava rimettersi al lavoro “conun po’ piú di accanimento”. Dopo di che, mangiato ilnostro lardo, e bevuto ciascuno un buon bicchiere digrog all’acquavite, i tre capi si riunirono in un angolo aesaminare la situazione.

Io credo che non sapessero come uscirne essendo leprovvigioni cosí scarse che la fame ci avrebbe costrettiad arrenderci prima che l’aiuto arrivasse. Il miglior par-tito, cosí conchiusero, era di far dei vuoti nelle file dei

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«Questo Ben Gunn che uomo è?»«Non saprei, signore. Non sono sicuro che sia sano di

mente.»«Se hai qualche dubbio di’ pure che non lo è» riprese

il dottore. «Un uomo rimasto tre anni a rosicchiarsi leunghie sopra un’isola deserta non potrà mai appariresano di mente come uno di noi. Non è conforme a natu-ra. Ma tu mi dicevi che sospirava un pezzo di cacio,no?»

«Sí, signore, cacio.»«Ebbene, Jim, vedi che a qualcosa giova essere ghiot-

to. Tu conosci la mia tabacchiera, no? E mai mi vedestiprender tabacco. O sai perché? Perché nella tabacchieratengo un pezzo di cacio parmigiano: un cacio fatto inItalia, assai nutritivo. Ebbene, sarà per Ben Gunn.»

Prima di metterci a tavola seppellimmo il vecchioTom nella sabbia, e per alcuni momenti rimanemmo rac-colti intorno a lui a capo scoperto, nel vento. Un belmucchio di legna era stato radunato, ma non bastevole agiudizio del capitano, che scoté il capo, e disse chel’indomani mattina bisognava rimettersi al lavoro “conun po’ piú di accanimento”. Dopo di che, mangiato ilnostro lardo, e bevuto ciascuno un buon bicchiere digrog all’acquavite, i tre capi si riunirono in un angolo aesaminare la situazione.

Io credo che non sapessero come uscirne essendo leprovvigioni cosí scarse che la fame ci avrebbe costrettiad arrenderci prima che l’aiuto arrivasse. Il miglior par-tito, cosí conchiusero, era di far dei vuoti nelle file dei

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filibustieri fino a deciderli ad abbassar la bandiera oscappare con l’Hispaniola. Da diciannove essi erano giàridotti a quindici; altri due erano feriti, ed uno, almeno,il marinaio colpito presso il cannone, in gravi condizio-ni, se pure non morto. Nessuna buona occasione di farfuoco dovevamo trascurare, e star bene attenti a rispar-miarci. A parte ciò, avevamo due potenti alleati: rum eclima.

Quanto al primo, pur attraverso mezzo miglio di di-stanza, sentivamo quei dannati strepitare e cantare fino anotte alta; e quanto al secondo, il dottore scommettevala sua parrucca che, accampati com’erano nel pantano esprovvisti di medicine, non passerebbe una settimanache metà di loro cadrebbero come mosche.

«Sicché» aggiunse «se non siamo noi ammazzati pri-ma, non gli parrà vero a loro di scapolarsela conl’Hispaniola. È sempre un bastimento, e potranno ri-prendere il loro mestiere.»

«Sarà il primo bastimento che perdo» proferí il capi-tano.

Io ero morto di stanchezza come si può immaginare;e quando mi coricai, il che non fu se non dopo un lungoandare e venire, dormii come una marmotta.

Gli altri erano in piedi da un pezzo, e avevano già fat-to colazione e accresciuto di un’altra buona metà ilmucchio della legna, quando fui svegliato da un trambu-sto e rumore di voci.

«Bandiera bianca!» intesi dire; e subito appresso conun grido di sorpresa:

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filibustieri fino a deciderli ad abbassar la bandiera oscappare con l’Hispaniola. Da diciannove essi erano giàridotti a quindici; altri due erano feriti, ed uno, almeno,il marinaio colpito presso il cannone, in gravi condizio-ni, se pure non morto. Nessuna buona occasione di farfuoco dovevamo trascurare, e star bene attenti a rispar-miarci. A parte ciò, avevamo due potenti alleati: rum eclima.

Quanto al primo, pur attraverso mezzo miglio di di-stanza, sentivamo quei dannati strepitare e cantare fino anotte alta; e quanto al secondo, il dottore scommettevala sua parrucca che, accampati com’erano nel pantano esprovvisti di medicine, non passerebbe una settimanache metà di loro cadrebbero come mosche.

«Sicché» aggiunse «se non siamo noi ammazzati pri-ma, non gli parrà vero a loro di scapolarsela conl’Hispaniola. È sempre un bastimento, e potranno ri-prendere il loro mestiere.»

«Sarà il primo bastimento che perdo» proferí il capi-tano.

Io ero morto di stanchezza come si può immaginare;e quando mi coricai, il che non fu se non dopo un lungoandare e venire, dormii come una marmotta.

Gli altri erano in piedi da un pezzo, e avevano già fat-to colazione e accresciuto di un’altra buona metà ilmucchio della legna, quando fui svegliato da un trambu-sto e rumore di voci.

«Bandiera bianca!» intesi dire; e subito appresso conun grido di sorpresa:

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«Silver in persona!»Allora saltai giú, e stropicciandomi gli occhi corsi a

una feritoia.

XXL’AMBASCIATA DI SILVER

In realtà c’erano due uomini fuori dello steccato, unodei quali sventolava un panno bianco, e l’altro gli stavatranquillamente accanto: nientemeno che Silver in per-sona.

Era ancora assai presto, e il freddo pungeva come nonmai, e penetrava fino all’ossa. Chiaro e pulito era il cie-lo, e le cime degli alberi si coloravano di rosa nel sole.Ma, dove stava Silver col suo seguace, tutto era ancorain ombra, ed essi apparivano immersi fino ai ginocchioin un denso e biancastro vapore che durante la notte eramontato dalla palude. Freddo e vapore insieme narrava-no lo squallore dell’isola: luogo umido, febbricoso, mal-sano.

«Nessuno si muova» avvertí il capitano. «Dieci con-tro uno, questo è un tranello.»

Poi si volse al filibustiere:«Chi va là? Fermo, o faccio fuoco.»«Bandiera parlamentare» gridò Silver.Il capitano si teneva nel vestibolo avendo cura di non

esporsi ad un colpo sparato a tradimento. E rivolto a noi,comandò:

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«Silver in persona!»Allora saltai giú, e stropicciandomi gli occhi corsi a

una feritoia.

XXL’AMBASCIATA DI SILVER

In realtà c’erano due uomini fuori dello steccato, unodei quali sventolava un panno bianco, e l’altro gli stavatranquillamente accanto: nientemeno che Silver in per-sona.

Era ancora assai presto, e il freddo pungeva come nonmai, e penetrava fino all’ossa. Chiaro e pulito era il cie-lo, e le cime degli alberi si coloravano di rosa nel sole.Ma, dove stava Silver col suo seguace, tutto era ancorain ombra, ed essi apparivano immersi fino ai ginocchioin un denso e biancastro vapore che durante la notte eramontato dalla palude. Freddo e vapore insieme narrava-no lo squallore dell’isola: luogo umido, febbricoso, mal-sano.

«Nessuno si muova» avvertí il capitano. «Dieci con-tro uno, questo è un tranello.»

Poi si volse al filibustiere:«Chi va là? Fermo, o faccio fuoco.»«Bandiera parlamentare» gridò Silver.Il capitano si teneva nel vestibolo avendo cura di non

esporsi ad un colpo sparato a tradimento. E rivolto a noi,comandò:

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«La squadra del dottore a fare la guardia. Dottor Li-vesey, favorisca mettersi al lato nord; Jim all’est, Grayall’ovest. L’altra squadra, tutti a caricare i moschetti.Svegli, ragazzi, e attenti.»

Poi di nuovo s’indirizzò ai ribelli.«E voi che volete con la vostra bandiera parlamenta-

re?»Questa volta fu l’altro a rispondere.«È il capitano Silver, signore, che viene a fare delle

proposte.»«Il capitano Silver? Non lo conosco. Chi è costui?»

gridò il capitano. E a mezza voce, come parlasse tra sé,l’udimmo aggiungere:

«Capitano! Una bella carriera, perbacco!»Long John replicò egli stesso:«Sono io, signore. Questi poveri diavoli mi hanno

scelto per capitano dopo la vostra diserzione» e calcòsulla parola “diserzione”. «Noi siamo pronti a sottomet-terci purché ci s’intenda sulle condizioni, senza tante ce-rimonie. Tutto ciò che io vi chiedo, capitano Smollett, èla vostra parola che mi lascerete uscire sano e salvo daquesto recinto e mi concederete un minuto per portarmifuori tiro prima che si apra il fuoco.»

«Amico mio» disse il capitano Smollett «io non desi-dero punto di parlare con voi. Se avete qualcosa da dir-mi, potete entrare, ecco tutto. Se un tradimento ha davenire, verrà da parte vostra, e il Signore v’aiuti.»

«Non occorre altro» esclamò Long John, allegramen-te. «Una vostra parola mi basta. So riconoscere un ga-

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«La squadra del dottore a fare la guardia. Dottor Li-vesey, favorisca mettersi al lato nord; Jim all’est, Grayall’ovest. L’altra squadra, tutti a caricare i moschetti.Svegli, ragazzi, e attenti.»

Poi di nuovo s’indirizzò ai ribelli.«E voi che volete con la vostra bandiera parlamenta-

re?»Questa volta fu l’altro a rispondere.«È il capitano Silver, signore, che viene a fare delle

proposte.»«Il capitano Silver? Non lo conosco. Chi è costui?»

gridò il capitano. E a mezza voce, come parlasse tra sé,l’udimmo aggiungere:

«Capitano! Una bella carriera, perbacco!»Long John replicò egli stesso:«Sono io, signore. Questi poveri diavoli mi hanno

scelto per capitano dopo la vostra diserzione» e calcòsulla parola “diserzione”. «Noi siamo pronti a sottomet-terci purché ci s’intenda sulle condizioni, senza tante ce-rimonie. Tutto ciò che io vi chiedo, capitano Smollett, èla vostra parola che mi lascerete uscire sano e salvo daquesto recinto e mi concederete un minuto per portarmifuori tiro prima che si apra il fuoco.»

«Amico mio» disse il capitano Smollett «io non desi-dero punto di parlare con voi. Se avete qualcosa da dir-mi, potete entrare, ecco tutto. Se un tradimento ha davenire, verrà da parte vostra, e il Signore v’aiuti.»

«Non occorre altro» esclamò Long John, allegramen-te. «Una vostra parola mi basta. So riconoscere un ga-

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lantuomo: siatene pur sicuro.»Vedemmo il compagno dalla bandiera bianca tentare

di trattenere Silver: né era da stupirne, data la franca ri-sposta del capitano. Ma Silver gli rise sonoramente sulmuso e gli dette una pacca sulla schiena, quasi chel’idea d’un pericolo fosse stata assurda. Poi si avvicinòalla palizzata, gettò al disopra la sua gruccia, alzò in ariauna gamba, e con grande vigore e destrezza riuscí a sca-valcare il recinto e buttarvisi dentro illeso.

Confesso che io m’interessavo troppo a quanto stavaaccadendo, per essere della minima utilità come senti-nella. Difatti, avevo già abbandonata la mia feritoia persgusciare dietro il capitano; il quale stava ora sedutosulla soglia, i gomiti sui ginocchi, la testa nelle mani, egli occhi fissi sull’acqua che gorgogliava versandosifuori della caldaia di ferro e perdendosi nella sabbia. Ecanticchiava tra sé: “Venite fanciulle e fanciulli”.

Guadagnar la cima del monticello fu per Silverun’assai rude fatica. Contro la ripidezza dell’erta,gl’intricati ceppi degli alberi, e la mollezza della sabbiaove il piede affondava, egli con la sua gruccia mal si tra-vagliava come un battello nel vento avverso. Ma vi siaccaní, in silenzio, come un bravo, e arrivò alfine da-vanti al capitano che salutò col piú squisito garbo diquesto mondo. Si era abbigliato come meglio poteva:uno smisurato abito azzurro carico di bottoni d’oro glipendeva fin sui ginocchi; e un cappello riccamente gal-lonato gli troneggiava sulla nuca.

«Eccovi qui» disse il capitano alzando il capo. «Ma

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lantuomo: siatene pur sicuro.»Vedemmo il compagno dalla bandiera bianca tentare

di trattenere Silver: né era da stupirne, data la franca ri-sposta del capitano. Ma Silver gli rise sonoramente sulmuso e gli dette una pacca sulla schiena, quasi chel’idea d’un pericolo fosse stata assurda. Poi si avvicinòalla palizzata, gettò al disopra la sua gruccia, alzò in ariauna gamba, e con grande vigore e destrezza riuscí a sca-valcare il recinto e buttarvisi dentro illeso.

Confesso che io m’interessavo troppo a quanto stavaaccadendo, per essere della minima utilità come senti-nella. Difatti, avevo già abbandonata la mia feritoia persgusciare dietro il capitano; il quale stava ora sedutosulla soglia, i gomiti sui ginocchi, la testa nelle mani, egli occhi fissi sull’acqua che gorgogliava versandosifuori della caldaia di ferro e perdendosi nella sabbia. Ecanticchiava tra sé: “Venite fanciulle e fanciulli”.

Guadagnar la cima del monticello fu per Silverun’assai rude fatica. Contro la ripidezza dell’erta,gl’intricati ceppi degli alberi, e la mollezza della sabbiaove il piede affondava, egli con la sua gruccia mal si tra-vagliava come un battello nel vento avverso. Ma vi siaccaní, in silenzio, come un bravo, e arrivò alfine da-vanti al capitano che salutò col piú squisito garbo diquesto mondo. Si era abbigliato come meglio poteva:uno smisurato abito azzurro carico di bottoni d’oro glipendeva fin sui ginocchi; e un cappello riccamente gal-lonato gli troneggiava sulla nuca.

«Eccovi qui» disse il capitano alzando il capo. «Ma

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fareste meglio a sedere.»«Non vorreste lasciarmi entrare, capitano?» si dolse

Long John. «In verità è troppo fredda la mattinata perseder fuori sulla sabbia.»

«Eh, Silver» obiettò il capitano. «Se vi fosse piaciutodi rimanere un onest’uomo, potreste ora sedere nella vo-stra cucina. Colpa vostra. O siete il cuoco del mio basti-mento (e foste pur ben trattato!) o siete il capitano Sil-ver, un volgare ribelle e pirata; e in questo caso poteteandare a farvi impiccare!»

«Bene, bene» replicò il mastro cuoco sedendo sullasabbia conforme all’invito «mi darete poi una mano perrialzarmi, ecco tutto. Ma che delizioso sito avete trova-to! Ah, ecco Jim! Buon giorno a te, Jim. Dottore, i mieirispetti. Ebbene, eccovi tutti riuniti insieme come unafelice famiglia, se cosí posso esprimermi.»

«Se avete qualcosa da dire, amico mio, è meglio chevi sbrighiate» proferí il capitano.

«Piú che giusto, capitano Smollett» replicò Silver. «Ildovere anzitutto, nessun dubbio. Ebbene, sentite: ci ave-te giocato un bel tiro l’altra notte. Un bel tiro davvero,non saprei negarlo. Parecchi di voi sono discretamenteabili nel maneggiare la manovella. E non negherò chealcuni dei miei sieno stati scossi: o magari tutti, e maga-ri io stesso: ed è probabilmente per questo che sono quiper trattare. Ma, badate bene, capitano: ciò non si ripete-rà, perdio! Faremo buona guardia, e diminuiremo untantino il rum. Voi forse pensate che eravamo tutti quan-ti fradici: ma v’assicuro che io non avevo bevuto una

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fareste meglio a sedere.»«Non vorreste lasciarmi entrare, capitano?» si dolse

Long John. «In verità è troppo fredda la mattinata perseder fuori sulla sabbia.»

«Eh, Silver» obiettò il capitano. «Se vi fosse piaciutodi rimanere un onest’uomo, potreste ora sedere nella vo-stra cucina. Colpa vostra. O siete il cuoco del mio basti-mento (e foste pur ben trattato!) o siete il capitano Sil-ver, un volgare ribelle e pirata; e in questo caso poteteandare a farvi impiccare!»

«Bene, bene» replicò il mastro cuoco sedendo sullasabbia conforme all’invito «mi darete poi una mano perrialzarmi, ecco tutto. Ma che delizioso sito avete trova-to! Ah, ecco Jim! Buon giorno a te, Jim. Dottore, i mieirispetti. Ebbene, eccovi tutti riuniti insieme come unafelice famiglia, se cosí posso esprimermi.»

«Se avete qualcosa da dire, amico mio, è meglio chevi sbrighiate» proferí il capitano.

«Piú che giusto, capitano Smollett» replicò Silver. «Ildovere anzitutto, nessun dubbio. Ebbene, sentite: ci ave-te giocato un bel tiro l’altra notte. Un bel tiro davvero,non saprei negarlo. Parecchi di voi sono discretamenteabili nel maneggiare la manovella. E non negherò chealcuni dei miei sieno stati scossi: o magari tutti, e maga-ri io stesso: ed è probabilmente per questo che sono quiper trattare. Ma, badate bene, capitano: ciò non si ripete-rà, perdio! Faremo buona guardia, e diminuiremo untantino il rum. Voi forse pensate che eravamo tutti quan-ti fradici: ma v’assicuro che io non avevo bevuto una

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goccia; soltanto non ne potevo piú dalla stanchezza, e semi fossi risvegliato un secondo prima, vi avrei presi sulfatto, vi avrei. Egli non era ancora morto, quando lo rag-giunsi, non era.»

«Sicché?» fece, il capitano Smollett con la massimacalma.

Tutte le chiacchiere di Silver erano per lui un enigma,ma nessuno mai l’avrebbe immaginato, a giudicaredall’intonazione della voce. Quanto a me, cominciavo ascorgere un filo di luce. Le ultime parole di Ben Gunnmi tornarono a mente. Pensai ch’egli avesse visitato i fi-libustieri mentre giacevano ubriachi intorno al loro fuo-co, e riflettei con gioia che non piú di quattordici erano inemici con cui ci restava da fare i conti.

«E dunque, ecco qua» disse Silver. «Noi vogliamoquesto tesoro, e l’avremo: ecco il nostro punto. A voipreme di salvar la vostra pelle, suppongo: ed ecco il vo-stro. Voi avete una carta, non è vero?»

«Può darsi» rispose il capitano.«Oh, voi l’avete, sí, lo so bene, io» ribatté Long John.

«Non è il caso d’essere cosí ruvidi con la gente; non ser-ve affatto, credete a me. Ciò che intendo dire è che cioccorre la vostra carta. Del resto, io per me non vi homai voluto male...»

«Questo mi è indifferente, amico mio» interruppe ilcapitano. «Noi conosciamo perfettamente le vostre in-tenzioni, e non ce ne importa, perché, oramai, vedete, lacosa non è piú possibile.»

E, guardandolo tranquillamente, il capitano prese a

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goccia; soltanto non ne potevo piú dalla stanchezza, e semi fossi risvegliato un secondo prima, vi avrei presi sulfatto, vi avrei. Egli non era ancora morto, quando lo rag-giunsi, non era.»

«Sicché?» fece, il capitano Smollett con la massimacalma.

Tutte le chiacchiere di Silver erano per lui un enigma,ma nessuno mai l’avrebbe immaginato, a giudicaredall’intonazione della voce. Quanto a me, cominciavo ascorgere un filo di luce. Le ultime parole di Ben Gunnmi tornarono a mente. Pensai ch’egli avesse visitato i fi-libustieri mentre giacevano ubriachi intorno al loro fuo-co, e riflettei con gioia che non piú di quattordici erano inemici con cui ci restava da fare i conti.

«E dunque, ecco qua» disse Silver. «Noi vogliamoquesto tesoro, e l’avremo: ecco il nostro punto. A voipreme di salvar la vostra pelle, suppongo: ed ecco il vo-stro. Voi avete una carta, non è vero?»

«Può darsi» rispose il capitano.«Oh, voi l’avete, sí, lo so bene, io» ribatté Long John.

«Non è il caso d’essere cosí ruvidi con la gente; non ser-ve affatto, credete a me. Ciò che intendo dire è che cioccorre la vostra carta. Del resto, io per me non vi homai voluto male...»

«Questo mi è indifferente, amico mio» interruppe ilcapitano. «Noi conosciamo perfettamente le vostre in-tenzioni, e non ce ne importa, perché, oramai, vedete, lacosa non è piú possibile.»

E, guardandolo tranquillamente, il capitano prese a

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riempir la sua pipa.«Se Abraham Gray...» insinuò Silver.«Basta!» gridò il signor Smollett. «Gray non mi ha

detto nulla, né io gli ho chiesto nulla; e, ciò che piú im-porta, vorrei veder voi e lui e l’isola intera saltare inaria. Cosí, amico mio, sapete ciò che penso a tale riguar-do.»

La piccola sfuriata smorzò i bollori di Silver. Egli chegià s’irritava, non tardò a ricomporsi.

«Può essere» disse addolcendo il tono. «Io non pre-tendo determinare ciò che la gente per bene può stimarecorretto o meno, a secondo del caso. E poiché vedo chevoi vi preparate a fare una pipata, mi permetterò d’imi-tarvi.»

E riempí la sua pipa, e l’accese; e i due uomini rima-sero un pezzetto a fumare in silenzio, ora guardandosi infaccia, ora calcando il tabacco, ora piegandosi a sputare.Vederli, era un gusto, come assistere a una scena di tea-tro.

«E ora» riprese Silver «ecco qua. Voi ci date la cartaperché possiamo procurarci il tesoro, e smettete di spa-rare sui poveri marinai e spaccar loro la testa mentredormono. Voi fate ciò, e noi vi lasciamo liberi di sce-gliere: o venite a bordo con noi una volta caricato il te-soro, nel qual caso io m’impegno sulla mia parolad’onore a sbarcarvi in qualche luogo sani e salvi; oppu-re, se ciò non vi aggrada, visto che parecchi dei miei uo-mini hanno un caratteraccio e tengono vecchie ruggini acausa di punizioni, allora potete restar qui, potete. Noi

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riempir la sua pipa.«Se Abraham Gray...» insinuò Silver.«Basta!» gridò il signor Smollett. «Gray non mi ha

detto nulla, né io gli ho chiesto nulla; e, ciò che piú im-porta, vorrei veder voi e lui e l’isola intera saltare inaria. Cosí, amico mio, sapete ciò che penso a tale riguar-do.»

La piccola sfuriata smorzò i bollori di Silver. Egli chegià s’irritava, non tardò a ricomporsi.

«Può essere» disse addolcendo il tono. «Io non pre-tendo determinare ciò che la gente per bene può stimarecorretto o meno, a secondo del caso. E poiché vedo chevoi vi preparate a fare una pipata, mi permetterò d’imi-tarvi.»

E riempí la sua pipa, e l’accese; e i due uomini rima-sero un pezzetto a fumare in silenzio, ora guardandosi infaccia, ora calcando il tabacco, ora piegandosi a sputare.Vederli, era un gusto, come assistere a una scena di tea-tro.

«E ora» riprese Silver «ecco qua. Voi ci date la cartaperché possiamo procurarci il tesoro, e smettete di spa-rare sui poveri marinai e spaccar loro la testa mentredormono. Voi fate ciò, e noi vi lasciamo liberi di sce-gliere: o venite a bordo con noi una volta caricato il te-soro, nel qual caso io m’impegno sulla mia parolad’onore a sbarcarvi in qualche luogo sani e salvi; oppu-re, se ciò non vi aggrada, visto che parecchi dei miei uo-mini hanno un caratteraccio e tengono vecchie ruggini acausa di punizioni, allora potete restar qui, potete. Noi

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divideremo con voi le provvigioni, tanto per ciascuno,ed io m’impegno come sopra di avvertire la prima naveche incontro, e mandarla qui a rilevarvi. Ora mi ammet-terete che questo è parlare. Potevate volermi piú liberaledi cosí? No di certo. Ed io spero» e qui alzò la voce«che tutti i vostri compagni qui dentro rifletteranno allemie parole, perché ciò che è detto a uno è detto a tutti.»

Il capitano Smollett levatosi da sedere batté la pipacontro il palmo della mano scotendone la cenere.

«È tutto qui?» domandò.«L’ultima mia parola, corpo di mille bombe!» rispose.

«Respingetela, e non avrete da me altro che pallottole dimoschetto.»

«Benissimo» disse il capitano. «E ora sentite me. Sevoi verrete uno per uno disarmati, io m’impegno a met-tervi tutti quanti ai ferri e trasportarvi in Inghilterra dovevi si allestirà il vostro bravo processo. Se rifiutate, sap-piate che io mi chiamo Alessandro Smollett, che ho is-sato la bandiera del mio sovrano, e vi spedirò tuttiall’inferno. Voi non potete scoprire il tesoro. Voi nonpotete manovrare l’Hispaniola: non c’è tra voi un uomocapace di ciò. Voi non potete combatterci. Gray, qui, si èsbrigato di cinque di voi. La vostra barca è mal governa-ta, mastro Silver; siete sottovento, e correte a battere neifrangenti. Ve ne accorgerete. Io rimango qui, ve lo di-chiaro netto. Sono le ultime parole amichevoli che vi ri-volgo, perché vi giuro in nome del Cielo che la prossi-ma volta che v’incontrerò vi caccerò una palla nellaschiena. Presto, ragazzo mio. Liberateci della vostra

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divideremo con voi le provvigioni, tanto per ciascuno,ed io m’impegno come sopra di avvertire la prima naveche incontro, e mandarla qui a rilevarvi. Ora mi ammet-terete che questo è parlare. Potevate volermi piú liberaledi cosí? No di certo. Ed io spero» e qui alzò la voce«che tutti i vostri compagni qui dentro rifletteranno allemie parole, perché ciò che è detto a uno è detto a tutti.»

Il capitano Smollett levatosi da sedere batté la pipacontro il palmo della mano scotendone la cenere.

«È tutto qui?» domandò.«L’ultima mia parola, corpo di mille bombe!» rispose.

«Respingetela, e non avrete da me altro che pallottole dimoschetto.»

«Benissimo» disse il capitano. «E ora sentite me. Sevoi verrete uno per uno disarmati, io m’impegno a met-tervi tutti quanti ai ferri e trasportarvi in Inghilterra dovevi si allestirà il vostro bravo processo. Se rifiutate, sap-piate che io mi chiamo Alessandro Smollett, che ho is-sato la bandiera del mio sovrano, e vi spedirò tuttiall’inferno. Voi non potete scoprire il tesoro. Voi nonpotete manovrare l’Hispaniola: non c’è tra voi un uomocapace di ciò. Voi non potete combatterci. Gray, qui, si èsbrigato di cinque di voi. La vostra barca è mal governa-ta, mastro Silver; siete sottovento, e correte a battere neifrangenti. Ve ne accorgerete. Io rimango qui, ve lo di-chiaro netto. Sono le ultime parole amichevoli che vi ri-volgo, perché vi giuro in nome del Cielo che la prossi-ma volta che v’incontrerò vi caccerò una palla nellaschiena. Presto, ragazzo mio. Liberateci della vostra

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presenza, vi prego, e via, un piede appresso l’altro, e digaloppo.»

La faccia di Silver era impressionante: gli occhi, nellarabbia, gli schizzavano fuori della testa. Scoté la pipaancora accesa, e gridò:

«Datemi una mano!»«Io no!» replicò il capitano.«Chi mi dà una mano per rialzarmi?» grugní il mise-

rabile.Nessuno di noi si mosse.Masticando le piú sozze imprecazioni egli si strascicò

sulla sabbia finché riuscí ad attaccarsi alla parete del ve-stibolo, e di nuovo issarsi sulla gruccia. Allora sputònella sorgente.

«Ecco» gridò «il conto che faccio di voi. Dentroun’ora vi riscalderò come un ponce nel vostro fortino.Ridete, corpo di Satanasso, ridete pure! Tra un’ora ride-rete al rovescio. Quelli che morranno saranno i piú for-tunati.»

E con una spaventevole bestemmia si allontanò ince-spicando e affondando nella sabbia; e con l’aiutodell’uomo dal vessillo parlamentare riuscí, dopo quattroo cinque tentativi falliti, a scavalcare la palizzata.

Un istante appresso scompariva dietro gli alberi.

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presenza, vi prego, e via, un piede appresso l’altro, e digaloppo.»

La faccia di Silver era impressionante: gli occhi, nellarabbia, gli schizzavano fuori della testa. Scoté la pipaancora accesa, e gridò:

«Datemi una mano!»«Io no!» replicò il capitano.«Chi mi dà una mano per rialzarmi?» grugní il mise-

rabile.Nessuno di noi si mosse.Masticando le piú sozze imprecazioni egli si strascicò

sulla sabbia finché riuscí ad attaccarsi alla parete del ve-stibolo, e di nuovo issarsi sulla gruccia. Allora sputònella sorgente.

«Ecco» gridò «il conto che faccio di voi. Dentroun’ora vi riscalderò come un ponce nel vostro fortino.Ridete, corpo di Satanasso, ridete pure! Tra un’ora ride-rete al rovescio. Quelli che morranno saranno i piú for-tunati.»

E con una spaventevole bestemmia si allontanò ince-spicando e affondando nella sabbia; e con l’aiutodell’uomo dal vessillo parlamentare riuscí, dopo quattroo cinque tentativi falliti, a scavalcare la palizzata.

Un istante appresso scompariva dietro gli alberi.

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XXIL’ATTACCO

Non appena Silver fu scomparso, il capitano, chel’aveva attentamente seguito, si volse verso l’internodella casa, e trovò che nessuno all’infuori di Gray era alproprio posto. Fu la prima volta che lo vedemmo in col-lera.

«Al vostro posto» ruggí. Poi, ubbidito che avemmo:«Gray» disse «io citerò il vostro nome a titolo d’onorenel libro di bordo; voi avete compiuto il vostro doverecome un vero marinaio. Signor Trelawney, mi meravi-glio di lei! E lei, dottore, mi pareva che un tempo avesseportato l’uniforme reale! Ma se è cosí che ha servito aFontenoy, avrebbe fatto meglio a rimanersene sotto lecoperte».

La squadra del dottore era ritornata alle feritoie: glialtri stavano caricando i moschetti di riserva, e ciascuno,com’è naturale, col viso infocato e l’orecchio teso.

Il capitano ci riguardò un momento in silenzio; poi ri-prese:

«Ragazzi miei, ho assestato a Silver una bordata. Gliho bruciato la pelle di proposito. Prima che l’ora siapassata, com’egli ha detto, ci attaccheranno. Noi siamoin minor numero, non occorre dirlo: però combatteremostando al coperto, e un minuto fa avrei soggiunto: condisciplina. Io non dubito menomamente che li possiamosonare, se voi volete.»

Dopo ciò, fece la ronda, e constatò, com’ebbe a dire,

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XXIL’ATTACCO

Non appena Silver fu scomparso, il capitano, chel’aveva attentamente seguito, si volse verso l’internodella casa, e trovò che nessuno all’infuori di Gray era alproprio posto. Fu la prima volta che lo vedemmo in col-lera.

«Al vostro posto» ruggí. Poi, ubbidito che avemmo:«Gray» disse «io citerò il vostro nome a titolo d’onorenel libro di bordo; voi avete compiuto il vostro doverecome un vero marinaio. Signor Trelawney, mi meravi-glio di lei! E lei, dottore, mi pareva che un tempo avesseportato l’uniforme reale! Ma se è cosí che ha servito aFontenoy, avrebbe fatto meglio a rimanersene sotto lecoperte».

La squadra del dottore era ritornata alle feritoie: glialtri stavano caricando i moschetti di riserva, e ciascuno,com’è naturale, col viso infocato e l’orecchio teso.

Il capitano ci riguardò un momento in silenzio; poi ri-prese:

«Ragazzi miei, ho assestato a Silver una bordata. Gliho bruciato la pelle di proposito. Prima che l’ora siapassata, com’egli ha detto, ci attaccheranno. Noi siamoin minor numero, non occorre dirlo: però combatteremostando al coperto, e un minuto fa avrei soggiunto: condisciplina. Io non dubito menomamente che li possiamosonare, se voi volete.»

Dopo ciò, fece la ronda, e constatò, com’ebbe a dire,

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che tutto era in regola.Sui due lati minori del fortino, all’est e all’ovest,

v’erano soltanto due feritoie; sul lato sud, ove trovavasila porta, altre due; e sul lato nord, cinque. Disponevamonoi sette d’una ventina di moschetti; la legna da bruciareera ammassata in quattro cataste, come tavole, direi qua-si, una nel mezzo di ciascun lato, con sopra munizioni equattro moschetti carichi a portata di mano dei difenso-ri. Nel centro, allineati i coltellacci.

«Gettate via il fuoco» ordinò il capitano. «Il freddo èpassato, e non bisogna avere il fumo negli occhi.»

La corba di ferro fu portata fuori dal signor Trelaw-ney e le braci affogate nella sabbia.

«Hawkins non ha ancora fatto colazione. Hawkins,prendi la tua colazione e ritorna al tuo posto a mangiar-la» seguitò il capitano Smollett. «Animo, ragazzo mio, enon perdiamo tempo. Hunter, passa a tutti un bicchieredi grappa.» E mentre questi eseguiva, il capitano com-pletava mentalmente il suo piano di difesa.

«Dottore» ripigliò «lei occuperà la porta. Attento avedere, ma senza esporsi. Si tenga in dentro, e tiri dalvestibolo. Hunter, voi occuperete il lato est, là. Joyce,amico mio, voi starete all’ovest. Signor Trelawney, lei èil miglior tiratore: lei e Gray terrete questo lungo trattonord con le cinque feritoie. Lí è il punto debole, lí... Seloro riuscissero a raggiungerlo e sparare attraverso lestesse nostre aperture, le cose prenderebbero una cattivapiega. Hawkins, né tu né io siamo dei tiratori valenti: ri-marremo lí per caricare e dare una mano.»

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che tutto era in regola.Sui due lati minori del fortino, all’est e all’ovest,

v’erano soltanto due feritoie; sul lato sud, ove trovavasila porta, altre due; e sul lato nord, cinque. Disponevamonoi sette d’una ventina di moschetti; la legna da bruciareera ammassata in quattro cataste, come tavole, direi qua-si, una nel mezzo di ciascun lato, con sopra munizioni equattro moschetti carichi a portata di mano dei difenso-ri. Nel centro, allineati i coltellacci.

«Gettate via il fuoco» ordinò il capitano. «Il freddo èpassato, e non bisogna avere il fumo negli occhi.»

La corba di ferro fu portata fuori dal signor Trelaw-ney e le braci affogate nella sabbia.

«Hawkins non ha ancora fatto colazione. Hawkins,prendi la tua colazione e ritorna al tuo posto a mangiar-la» seguitò il capitano Smollett. «Animo, ragazzo mio, enon perdiamo tempo. Hunter, passa a tutti un bicchieredi grappa.» E mentre questi eseguiva, il capitano com-pletava mentalmente il suo piano di difesa.

«Dottore» ripigliò «lei occuperà la porta. Attento avedere, ma senza esporsi. Si tenga in dentro, e tiri dalvestibolo. Hunter, voi occuperete il lato est, là. Joyce,amico mio, voi starete all’ovest. Signor Trelawney, lei èil miglior tiratore: lei e Gray terrete questo lungo trattonord con le cinque feritoie. Lí è il punto debole, lí... Seloro riuscissero a raggiungerlo e sparare attraverso lestesse nostre aperture, le cose prenderebbero una cattivapiega. Hawkins, né tu né io siamo dei tiratori valenti: ri-marremo lí per caricare e dare una mano.»

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Come il capitano aveva detto, il freddo era cessato.Non appena il sole ebbe sormontato la nostra cinturad’alberi, batté con tutta la sua forza sopra la radura ebevve d’un colpo i vapori. La sabbia divenne scottante ela resina dei tronchi d’albero del fortino si liquefece.Camiciotti e vestiti furono buttati all’aria: i colli dellecamicie arrovesciati e le maniche rimboccate fin sullespalle; e aspettammo lí, ciascuno al suo posto, come inuna febbre, estenuati dal caldo e dall’ansietà.

Passò un’ora.«Possano morire appiccati!» borbottò il capitano. «Ci

si crepa di noia. Gray, fischiate per chiamare il vento.»Ma proprio in quel punto apparvero i primi segni

dell’attacco.«Scusi, signore» disse Joyce «se vedo qualcuno devo

sparare?»«Ve l’ho ben detto!» sbuffò il capitano.«Grazie, signore» rispose Joyce con la stessa placida

gentilezza.Nulla seguí per qualche tempo: ma quelle parole ci

avevano messi all’erta: occhi aguzzati, orecchi tesi, imoschettieri con l’arma bilanciata nel pugno, il capitanonel mezzo del fortino con le labbra tirate e le sopracci-glia aggrottate.

Scorsero cosí alcuni secondi, finché d’improvvisoJoyce puntò il suo moschetto e sparò. Il rimbombo nonera ancora spento che altre detonazioni risposero dal difuori con una diffusa scarica, colpo dietro colpo, in filaindiana, da ogni parte del recinto. Parecchie palle colpi-

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Come il capitano aveva detto, il freddo era cessato.Non appena il sole ebbe sormontato la nostra cinturad’alberi, batté con tutta la sua forza sopra la radura ebevve d’un colpo i vapori. La sabbia divenne scottante ela resina dei tronchi d’albero del fortino si liquefece.Camiciotti e vestiti furono buttati all’aria: i colli dellecamicie arrovesciati e le maniche rimboccate fin sullespalle; e aspettammo lí, ciascuno al suo posto, come inuna febbre, estenuati dal caldo e dall’ansietà.

Passò un’ora.«Possano morire appiccati!» borbottò il capitano. «Ci

si crepa di noia. Gray, fischiate per chiamare il vento.»Ma proprio in quel punto apparvero i primi segni

dell’attacco.«Scusi, signore» disse Joyce «se vedo qualcuno devo

sparare?»«Ve l’ho ben detto!» sbuffò il capitano.«Grazie, signore» rispose Joyce con la stessa placida

gentilezza.Nulla seguí per qualche tempo: ma quelle parole ci

avevano messi all’erta: occhi aguzzati, orecchi tesi, imoschettieri con l’arma bilanciata nel pugno, il capitanonel mezzo del fortino con le labbra tirate e le sopracci-glia aggrottate.

Scorsero cosí alcuni secondi, finché d’improvvisoJoyce puntò il suo moschetto e sparò. Il rimbombo nonera ancora spento che altre detonazioni risposero dal difuori con una diffusa scarica, colpo dietro colpo, in filaindiana, da ogni parte del recinto. Parecchie palle colpi-

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rono il fortino, ma nessuna vi penetrò; e come il fumo sifu dileguato, gli alberi e lo steccato ricomparirono im-mobili e deserti come prima. Non un ramoscello oscilla-va, non il luccichío d’una canna di fucile tradiva la pre-senza dei nostri nemici.

«Avete colpito il vostro bersaglio?» chiese il capita-no.

«No, signore» rispose Joyce «non credo.»«La piú bella cosa è la verità» masticò il capitano

Smollett. «Carica il suo fucile, Hawkins. Quanti riteneteche fossero dal vostro lato, dottore?»

«Posso dirglielo con precisione. Tre colpi furono tiratida questo lato. Ho visto le tre vampe: due, vicinissimel’una all’altra, la terza piú all’ovest.»

«Tre» ripeté il capitano. «E quanti dalla sua parte, si-gnor Trelawney?

Ma qui la risposta non fu cosí facile. Da nord ne era-no arrivati molti: sette secondo i calcoli del cavaliere;otto o nove secondo Gray. Da est e da ovest un solo col-po era stato tirato. Era dunque chiaro che l’attacco veni-va dal lato nord e che sui rimanenti tre fronti saremmostati molestati da una semplice finta di ostilità. Ma il ca-pitano Smollett non variò per nulla le sue disposizioni.Se gli ammutinati riuscivano a superar la palizzata, pen-sava egli, si sarebbero impadroniti d’ogni feritoia indife-sa, e ci avrebbero uccisi come tanti sorci nella stessa no-stra fortezza.

Del resto non ci si lasciò troppo agio a riflettere.D’improvviso con un potente urrà una piccola nube di

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rono il fortino, ma nessuna vi penetrò; e come il fumo sifu dileguato, gli alberi e lo steccato ricomparirono im-mobili e deserti come prima. Non un ramoscello oscilla-va, non il luccichío d’una canna di fucile tradiva la pre-senza dei nostri nemici.

«Avete colpito il vostro bersaglio?» chiese il capita-no.

«No, signore» rispose Joyce «non credo.»«La piú bella cosa è la verità» masticò il capitano

Smollett. «Carica il suo fucile, Hawkins. Quanti riteneteche fossero dal vostro lato, dottore?»

«Posso dirglielo con precisione. Tre colpi furono tiratida questo lato. Ho visto le tre vampe: due, vicinissimel’una all’altra, la terza piú all’ovest.»

«Tre» ripeté il capitano. «E quanti dalla sua parte, si-gnor Trelawney?

Ma qui la risposta non fu cosí facile. Da nord ne era-no arrivati molti: sette secondo i calcoli del cavaliere;otto o nove secondo Gray. Da est e da ovest un solo col-po era stato tirato. Era dunque chiaro che l’attacco veni-va dal lato nord e che sui rimanenti tre fronti saremmostati molestati da una semplice finta di ostilità. Ma il ca-pitano Smollett non variò per nulla le sue disposizioni.Se gli ammutinati riuscivano a superar la palizzata, pen-sava egli, si sarebbero impadroniti d’ogni feritoia indife-sa, e ci avrebbero uccisi come tanti sorci nella stessa no-stra fortezza.

Del resto non ci si lasciò troppo agio a riflettere.D’improvviso con un potente urrà una piccola nube di

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pirati si precipitò fuori della boscaglia dalla parte nordaccorrendo dritta verso la palizzata. Nello stesso tempodi là dagli alberi fu riaperto il fuoco, e una palla fischiòattraverso l’entrata e mandò in pezzi il moschetto deldottore.

Pari a un branco di scimmie gli assalitori balzarono incima allo steccato. Il cavaliere e il dottore spararono rei-terati colpi; tre uomini caddero: uno a capo in giú, den-tro il recinto; due all’indietro, fuori: ma uno di questiera evidentemente piú tramortito di spavento che ferito,perché in un attimo si levò in piedi e sparve nella mac-chia.

Due avevano morso la polvere, uno era fuggito, quat-tro erano riusciti a guadagnare il nostro trinceramento, eintanto a ridosso degli alberi sette od otto provvistiognuno di parecchi moschetti dirigevano un accanitoquanto innocuo fuoco contro il nostro fortino.

I quattro ch’erano entrati, puntavano diritti sulla casacorrendo e gridando; e i compagni nascosti tra gli albericon alti clamori li incoraggiavano. Alcuni colpi furonosparati, ma tanta era la furia dei tiratori, che nessunocolse nel segno. In un istante i quattro pirati avevanoscalato il monticello, ed eccoli sopra noi.

La testa di Job Anderson, il nostromo, scattò nella fe-ritoia del mezzo.

«Dàlli che ci son tutti, dàlli!» ruggí con una voce dituono.

Nello stesso momento un altro pirata afferrò il mo-schetto di Hunter per la canna, glielo strappò di mano, e

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pirati si precipitò fuori della boscaglia dalla parte nordaccorrendo dritta verso la palizzata. Nello stesso tempodi là dagli alberi fu riaperto il fuoco, e una palla fischiòattraverso l’entrata e mandò in pezzi il moschetto deldottore.

Pari a un branco di scimmie gli assalitori balzarono incima allo steccato. Il cavaliere e il dottore spararono rei-terati colpi; tre uomini caddero: uno a capo in giú, den-tro il recinto; due all’indietro, fuori: ma uno di questiera evidentemente piú tramortito di spavento che ferito,perché in un attimo si levò in piedi e sparve nella mac-chia.

Due avevano morso la polvere, uno era fuggito, quat-tro erano riusciti a guadagnare il nostro trinceramento, eintanto a ridosso degli alberi sette od otto provvistiognuno di parecchi moschetti dirigevano un accanitoquanto innocuo fuoco contro il nostro fortino.

I quattro ch’erano entrati, puntavano diritti sulla casacorrendo e gridando; e i compagni nascosti tra gli albericon alti clamori li incoraggiavano. Alcuni colpi furonosparati, ma tanta era la furia dei tiratori, che nessunocolse nel segno. In un istante i quattro pirati avevanoscalato il monticello, ed eccoli sopra noi.

La testa di Job Anderson, il nostromo, scattò nella fe-ritoia del mezzo.

«Dàlli che ci son tutti, dàlli!» ruggí con una voce dituono.

Nello stesso momento un altro pirata afferrò il mo-schetto di Hunter per la canna, glielo strappò di mano, e

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con un tremendo colpo stese il povero ragazzo inanima-to al suolo. E un terzo girando incolume intorno allacasa balzò improvvisamente nell’entrata e si abbatté conun coltellaccio sul dottore.

La nostra posizione era totalmente rovesciata. Pocoprima, tiravamo stando al riparo, sopra un nemico sco-perto; ora invece eravamo noi gli esposti e incapaci direstituire un colpo.

Il fortino era pieno di fumo: al che dovevamo la no-stra relativa sicurezza. Confuse grida, detonazioni dicolpi di pistola, e un disperato lamento empievano imiei orecchi!

«Fuori, ragazzi, fuori! Combattiamo all’aperto! Manoai coltellacci!» comandò il capitano.

Io tolsi in furia un coltellaccio dal mucchio, e qualcu-no prendendone un altro nel medesimo istante mi feceuna sbucciatura alle dita che appena sentii. Mi slanciaifuori della porta nel vivo sole. Qualcuno, ignoro chi, miseguiva da presso. Proprio dinanzi a me il dottore stavainseguendo il suo assalitore giú per il declivio, e nel mo-mento stesso che i miei occhi caddero su lui, egli rag-giunse lo sciagurato, e lo colpí buttandolo riverso perterra e con un largo taglio nella faccia.

«Intorno alla casa, ragazzi, intorno alla casa!» gridavail capitano; ed io, pur in mezzo al tumulto, avvertii uncambiamento nella sua voce.

Macchinalmente obbedii; e rivoltomi a levante, colmio coltellaccio in aria, corsi all’angolo della casa. Unattimo, ed eccomi di fronte ad Anderson. Con un mug-

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con un tremendo colpo stese il povero ragazzo inanima-to al suolo. E un terzo girando incolume intorno allacasa balzò improvvisamente nell’entrata e si abbatté conun coltellaccio sul dottore.

La nostra posizione era totalmente rovesciata. Pocoprima, tiravamo stando al riparo, sopra un nemico sco-perto; ora invece eravamo noi gli esposti e incapaci direstituire un colpo.

Il fortino era pieno di fumo: al che dovevamo la no-stra relativa sicurezza. Confuse grida, detonazioni dicolpi di pistola, e un disperato lamento empievano imiei orecchi!

«Fuori, ragazzi, fuori! Combattiamo all’aperto! Manoai coltellacci!» comandò il capitano.

Io tolsi in furia un coltellaccio dal mucchio, e qualcu-no prendendone un altro nel medesimo istante mi feceuna sbucciatura alle dita che appena sentii. Mi slanciaifuori della porta nel vivo sole. Qualcuno, ignoro chi, miseguiva da presso. Proprio dinanzi a me il dottore stavainseguendo il suo assalitore giú per il declivio, e nel mo-mento stesso che i miei occhi caddero su lui, egli rag-giunse lo sciagurato, e lo colpí buttandolo riverso perterra e con un largo taglio nella faccia.

«Intorno alla casa, ragazzi, intorno alla casa!» gridavail capitano; ed io, pur in mezzo al tumulto, avvertii uncambiamento nella sua voce.

Macchinalmente obbedii; e rivoltomi a levante, colmio coltellaccio in aria, corsi all’angolo della casa. Unattimo, ed eccomi di fronte ad Anderson. Con un mug-

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ghio feroce egli levò alta sopra il suo capo la lama chelampeggiò nel sole. Io non ebbi tempo di spaventarmiperché, mentre l’arma mi pendeva addosso, fulminea-mente mi spostai spiccando un salto; e mancatomi unpiede nella soffice sabbia, ruzzolai testa all’ingiú lungoil pendio.

Quando m’ero lanciato fuori della porta, gli altri ri-belli stavano già arrampicandosi sullo steccato per farlafinita con noi. Uno d’essi, con in capo un berretto rossoe il suo coltellaccio tra i denti, aveva persino raggiuntola cima e accavalciatovi una gamba. Ebbene, l’intervalloera stato cosí breve, che quando io mi ritrovai di nuovoin piedi tutti erano ancora nella stessa positura: l’uomodal berretto rosso mezzo di qua e mezzo di là, e un altrocominciava a mostrar la testa al disopra dei pali. E non-dimeno, in questo cortissimo spazio di tempo il combat-timento era terminato, e la vittoria nostra.

Gray che mi seguiva da presso, aveva con un fenden-te abbattuto il grosso nostromo senza lasciargli tempo,dopo fallitogli il colpo, di rimettersi in sesto. Un altroera stato freddato a una feritoia mentre tirava dentro lacasa; e ora agonizzava con in mano la pistola ancora fu-mante. Un terzo, come dissi, era stato spacciato dal dot-tore. Di quattro riusciti a scavalcar la palizzata, solo unorimaneva incolume, il quale, abbandonato il suo coltel-laccio sul teatro della mischia, si arrampicava un’altravolta per uscirne, col timor della morte alle reni.

«Fuoco, fuoco dalla casa!» ordinò il dottore. «E voi,ragazzi, ritornate al coperto!»

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ghio feroce egli levò alta sopra il suo capo la lama chelampeggiò nel sole. Io non ebbi tempo di spaventarmiperché, mentre l’arma mi pendeva addosso, fulminea-mente mi spostai spiccando un salto; e mancatomi unpiede nella soffice sabbia, ruzzolai testa all’ingiú lungoil pendio.

Quando m’ero lanciato fuori della porta, gli altri ri-belli stavano già arrampicandosi sullo steccato per farlafinita con noi. Uno d’essi, con in capo un berretto rossoe il suo coltellaccio tra i denti, aveva persino raggiuntola cima e accavalciatovi una gamba. Ebbene, l’intervalloera stato cosí breve, che quando io mi ritrovai di nuovoin piedi tutti erano ancora nella stessa positura: l’uomodal berretto rosso mezzo di qua e mezzo di là, e un altrocominciava a mostrar la testa al disopra dei pali. E non-dimeno, in questo cortissimo spazio di tempo il combat-timento era terminato, e la vittoria nostra.

Gray che mi seguiva da presso, aveva con un fenden-te abbattuto il grosso nostromo senza lasciargli tempo,dopo fallitogli il colpo, di rimettersi in sesto. Un altroera stato freddato a una feritoia mentre tirava dentro lacasa; e ora agonizzava con in mano la pistola ancora fu-mante. Un terzo, come dissi, era stato spacciato dal dot-tore. Di quattro riusciti a scavalcar la palizzata, solo unorimaneva incolume, il quale, abbandonato il suo coltel-laccio sul teatro della mischia, si arrampicava un’altravolta per uscirne, col timor della morte alle reni.

«Fuoco, fuoco dalla casa!» ordinò il dottore. «E voi,ragazzi, ritornate al coperto!»

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Ma codeste parole non furono intese, nessun colpopartí, e l’ultimo ribaldo poté scapolarsela immergendosicon gli altri nel bosco. Degli assalitori non rimanevano,in tre secondi, che i cinque caduti: quattro dentro, e unofuor del recinto.

Il dottore, Gray ed io ci affrettammo a metterci al ri-paro. I superstiti avrebbero presto raggiunto il luogodove avevano lasciato i loro moschetti; il fuoco potreb-be da un momento all’altro ricominciare.

La casa s’era intanto liberata un poco del fumo; e noiin un batter d’occhio misurammo il prezzo della nostravittoria.

Hunter giaceva privo di sensi davanti alla sua feritoia;Joyce, accanto a lui con una palla nella testa, immobileper sempre; mentre nel mezzo il cavaliere sorreggeva ilcapitano: l’uno non meno pallido dell’altro.

«Il capitano è ferito» disse il signor Trelawney.«Sono fuggiti?» chiese il signor Smollett.«Tutti quelli che han potuto, state pur sicuro» rispose

il dottore «ma ce ne sono cinque che non correrannopiú.»

«Cinque!» esclamò il capitano. «Bene, abbiamo pro-gredito. Cinque da una parte e tre dall’altra, rimaniamoquattro contro nove. La disparità è meno forte. Alla par-tenza eravam sette contro diciannove; o quanto meno lopensavamo, il che non torna affatto meglio5.»

5 Gli ammutinati rimasero presto soli otto, giacché l’uomo col-pito dal signor Trelawney a bordo della goletta morí della sua fe-rita la sera stessa: ma ciò, naturalmente, non fu che piú tardi a co-

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Ma codeste parole non furono intese, nessun colpopartí, e l’ultimo ribaldo poté scapolarsela immergendosicon gli altri nel bosco. Degli assalitori non rimanevano,in tre secondi, che i cinque caduti: quattro dentro, e unofuor del recinto.

Il dottore, Gray ed io ci affrettammo a metterci al ri-paro. I superstiti avrebbero presto raggiunto il luogodove avevano lasciato i loro moschetti; il fuoco potreb-be da un momento all’altro ricominciare.

La casa s’era intanto liberata un poco del fumo; e noiin un batter d’occhio misurammo il prezzo della nostravittoria.

Hunter giaceva privo di sensi davanti alla sua feritoia;Joyce, accanto a lui con una palla nella testa, immobileper sempre; mentre nel mezzo il cavaliere sorreggeva ilcapitano: l’uno non meno pallido dell’altro.

«Il capitano è ferito» disse il signor Trelawney.«Sono fuggiti?» chiese il signor Smollett.«Tutti quelli che han potuto, state pur sicuro» rispose

il dottore «ma ce ne sono cinque che non correrannopiú.»

«Cinque!» esclamò il capitano. «Bene, abbiamo pro-gredito. Cinque da una parte e tre dall’altra, rimaniamoquattro contro nove. La disparità è meno forte. Alla par-tenza eravam sette contro diciannove; o quanto meno lopensavamo, il che non torna affatto meglio5.»

5 Gli ammutinati rimasero presto soli otto, giacché l’uomo col-pito dal signor Trelawney a bordo della goletta morí della sua fe-rita la sera stessa: ma ciò, naturalmente, non fu che piú tardi a co-

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PARTE QUINTALA MIA AVVENTURA IN MARE

XXIIDOVE LA MIA AVVENTURA INCOMINCIA

I ribelli non si fecero piú vedere, né spararono un solocolpo dai loro nascondigli. Avevano avuto il fatto loroper quel giorno, per dirla col capitano; e noi, padroni delluogo, potemmo in tutta tranquillità ed agio vegliare iferiti e preparare il pranzo. A dispetto del pericolo io e ilcavaliere facemmo la cucina all’aperto; e nondimenoanche lí ci raggiungevano gli acuti gemiti dei pazientidel dottore; ch’era uno strazio e una disperazione sentir-li.

Degli otto uomini caduti nell’azione, tre soltanto re-spiravano ancora: il pirata ch’era stato colpito dinanzialla feritoia, Hunter e il capitano Smollett. I primi duepotevano ritenersi perduti; difatti il rivoltoso morí sottoil bisturi del dottore, e Hunter malgrado le nostre curenon riprese piú conoscenza. Egli languí l’intero giornorespirando pesantemente come il vecchio filibustiere a

noscenza del partito fedele. (Nota dell’A.)

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PARTE QUINTALA MIA AVVENTURA IN MARE

XXIIDOVE LA MIA AVVENTURA INCOMINCIA

I ribelli non si fecero piú vedere, né spararono un solocolpo dai loro nascondigli. Avevano avuto il fatto loroper quel giorno, per dirla col capitano; e noi, padroni delluogo, potemmo in tutta tranquillità ed agio vegliare iferiti e preparare il pranzo. A dispetto del pericolo io e ilcavaliere facemmo la cucina all’aperto; e nondimenoanche lí ci raggiungevano gli acuti gemiti dei pazientidel dottore; ch’era uno strazio e una disperazione sentir-li.

Degli otto uomini caduti nell’azione, tre soltanto re-spiravano ancora: il pirata ch’era stato colpito dinanzialla feritoia, Hunter e il capitano Smollett. I primi duepotevano ritenersi perduti; difatti il rivoltoso morí sottoil bisturi del dottore, e Hunter malgrado le nostre curenon riprese piú conoscenza. Egli languí l’intero giornorespirando pesantemente come il vecchio filibustiere a

noscenza del partito fedele. (Nota dell’A.)

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casa nostra dopo il suo colpo apoplettico; aveva avuto lecostole fracassate e il cranio fratturato nella caduta, tal-ché nel corso della notte seguente senza né un gesto néuna sillaba passò al Creatore.

Quanto al capitano, le sue ferite erano gravi in verità,ma non pericolose. Nessun organo era irrimediabilmenteleso. La palla di Anderson, giacché era stato Anderson ilprimo a sparargli, gli aveva spezzato una scapola e toc-cato leggermente il polmone; l’altra gli aveva soltantolacerato e spostato qualche muscolo del polpaccio. Eglisarebbe senza dubbio guarito, secondo affermava il dot-tore, ma intanto e per alcune settimane, doveva astenersidal camminare o muovere il braccio; e, possibilmente,evitar di parlare.

La mia sbucciatura alle dita non aveva piú importanzad’una morsicatura di pulce. Il dottor Livesey vi mise so-pra un empiastro, e per soprappiú vi aggiunse una tirati-na d’orecchi.

Dopo pranzo il cavaliere e il dottore si consultaronoun momento al capezzale del capitano; e ragionatoch’ebbero a loro piacimento, essendo di poco passato ilmezzogiorno, il dottore prese il cappello e le pistole,cinse un coltellaccio, mise la carta in tasca, e con unmoschetto sulle spalle scavalcò la palizzata dal lato norde s’inoltrò di buon passo nel bosco.

Gray ed io ci eravamo ritirati all’estremità del fortinoper non udire i discorsi dei nostri superiori. La stupefa-zione del mio compagno a veder quella uscita fu tale,che si levò la pipa di bocca e non pensò piú affatto a ri-

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casa nostra dopo il suo colpo apoplettico; aveva avuto lecostole fracassate e il cranio fratturato nella caduta, tal-ché nel corso della notte seguente senza né un gesto néuna sillaba passò al Creatore.

Quanto al capitano, le sue ferite erano gravi in verità,ma non pericolose. Nessun organo era irrimediabilmenteleso. La palla di Anderson, giacché era stato Anderson ilprimo a sparargli, gli aveva spezzato una scapola e toc-cato leggermente il polmone; l’altra gli aveva soltantolacerato e spostato qualche muscolo del polpaccio. Eglisarebbe senza dubbio guarito, secondo affermava il dot-tore, ma intanto e per alcune settimane, doveva astenersidal camminare o muovere il braccio; e, possibilmente,evitar di parlare.

La mia sbucciatura alle dita non aveva piú importanzad’una morsicatura di pulce. Il dottor Livesey vi mise so-pra un empiastro, e per soprappiú vi aggiunse una tirati-na d’orecchi.

Dopo pranzo il cavaliere e il dottore si consultaronoun momento al capezzale del capitano; e ragionatoch’ebbero a loro piacimento, essendo di poco passato ilmezzogiorno, il dottore prese il cappello e le pistole,cinse un coltellaccio, mise la carta in tasca, e con unmoschetto sulle spalle scavalcò la palizzata dal lato norde s’inoltrò di buon passo nel bosco.

Gray ed io ci eravamo ritirati all’estremità del fortinoper non udire i discorsi dei nostri superiori. La stupefa-zione del mio compagno a veder quella uscita fu tale,che si levò la pipa di bocca e non pensò piú affatto a ri-

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porvela.«Per Satanasso» proruppe «il dottor Livesey è mat-

to?»«Io non lo credo» risposi. «Son sicuro che è l’ultimo

di noi a correre questo rischio.»«Ebbene, amico mio, ti ammetterò che non sia pazzo;

ma allora, ascoltami bene, se non è pazzo lui, lo sonoio.»

«Io suppongo» replicai «che il dottore ha una suaidea. Se non sbaglio, va in cerca di Ben Gunn.»

Indovinavo di fatti, come piú tardi risultò; ma intanto,poiché nella casa si moriva dal caldo e la sabbia dentroil recinto sotto il sole di mezzodí mandava riverberi ar-roventati, io a poco a poco mi lasciai prendere daun’altra idea che non era proprio altrettanto giusta. Co-minciai a invidiare il dottore che, beato lui, se ne cam-minava nella fresc’ombra degli alberi, godendosi cantid’uccelli e il grato aroma dei pini, mentre io inchiodatolí arrostivo, coi miei abiti appiccicati alla calda resina, econ quel sangue sparso, e quei poveri cadaveri stesi in-torno a me... Mi prese a poco a poco un tale disgusto diquel luogo, che quasi finí per divenire terrore.

Tutto il tempo che impiegai a ripulire la casa e lavareil vasellame, codesto disgusto e il desiderio di evadere sifecero sempre piú tormentosi, finché trovandomi, nonosservato da alcuno, accanto a un sacco di pane, miriempii le tasche di biscotti, e detti inizio alla mia scap-pata.

Ero pazzo, se vogliamo, e certo stavo per abbando-

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porvela.«Per Satanasso» proruppe «il dottor Livesey è mat-

to?»«Io non lo credo» risposi. «Son sicuro che è l’ultimo

di noi a correre questo rischio.»«Ebbene, amico mio, ti ammetterò che non sia pazzo;

ma allora, ascoltami bene, se non è pazzo lui, lo sonoio.»

«Io suppongo» replicai «che il dottore ha una suaidea. Se non sbaglio, va in cerca di Ben Gunn.»

Indovinavo di fatti, come piú tardi risultò; ma intanto,poiché nella casa si moriva dal caldo e la sabbia dentroil recinto sotto il sole di mezzodí mandava riverberi ar-roventati, io a poco a poco mi lasciai prendere daun’altra idea che non era proprio altrettanto giusta. Co-minciai a invidiare il dottore che, beato lui, se ne cam-minava nella fresc’ombra degli alberi, godendosi cantid’uccelli e il grato aroma dei pini, mentre io inchiodatolí arrostivo, coi miei abiti appiccicati alla calda resina, econ quel sangue sparso, e quei poveri cadaveri stesi in-torno a me... Mi prese a poco a poco un tale disgusto diquel luogo, che quasi finí per divenire terrore.

Tutto il tempo che impiegai a ripulire la casa e lavareil vasellame, codesto disgusto e il desiderio di evadere sifecero sempre piú tormentosi, finché trovandomi, nonosservato da alcuno, accanto a un sacco di pane, miriempii le tasche di biscotti, e detti inizio alla mia scap-pata.

Ero pazzo, se vogliamo, e certo stavo per abbando-

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narmi a un’azione insensata e temeraria: ma ero deciso acompierla senza trascurare ogni possibile precauzione.Questi biscotti, qualunque cosa mi capitasse, mi evite-rebbero di morir di fame almeno fino a tutto l’indomani.Altro, di cui m’impadronii, fu un paio di pistole; e sic-come già possedevo una fiaschetta di polvere e pallotto-le, mi credetti sufficientemente armato.

Quanto al disegno che avevo in testa, non era in sestesso cattivo. Mi proponevo di partire dalla lingua disabbia che separa a levante l’ancoraggio dal mare aper-to, portarmi fino alla Roccia Bianca che avevo osservatala sera dianzi, ed accertarmi se era lí o no che Ben Gunnteneva nascosto il canotto; fatica tutt’altro che oziosa,come tuttavia penso. Ma, essendo io certo che nonm’avrebbero permesso di lasciare il recinto, il mio unicomezzo era congedarmi alla francese, e spulezzar viamentre nessuno mi badava: ed era questa una cosí stortamaniera d’agire che rendeva la cosa stessa nettamenteriprovevole. Ma io non ero che un ragazzo, e avevo pre-so la mia decisione.

Orbene, le circostanze si disposero alfine in guisa dacrearmi una magnifica occasione. Il cavaliere e Grayerano occupati a cambiar le bende al capitano; la costaappariva sgombra; io rapido come una saetta scavalcailo steccato, tuffandomi nel folto degli alberi; e, primache la mia assenza fosse avvertita, non ero già piú a por-tata di voce dei miei compagni.

E fu questa la mia seconda follia, peggiore assai dellaprima, posto che a guardia del fortino io non lasciavo

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narmi a un’azione insensata e temeraria: ma ero deciso acompierla senza trascurare ogni possibile precauzione.Questi biscotti, qualunque cosa mi capitasse, mi evite-rebbero di morir di fame almeno fino a tutto l’indomani.Altro, di cui m’impadronii, fu un paio di pistole; e sic-come già possedevo una fiaschetta di polvere e pallotto-le, mi credetti sufficientemente armato.

Quanto al disegno che avevo in testa, non era in sestesso cattivo. Mi proponevo di partire dalla lingua disabbia che separa a levante l’ancoraggio dal mare aper-to, portarmi fino alla Roccia Bianca che avevo osservatala sera dianzi, ed accertarmi se era lí o no che Ben Gunnteneva nascosto il canotto; fatica tutt’altro che oziosa,come tuttavia penso. Ma, essendo io certo che nonm’avrebbero permesso di lasciare il recinto, il mio unicomezzo era congedarmi alla francese, e spulezzar viamentre nessuno mi badava: ed era questa una cosí stortamaniera d’agire che rendeva la cosa stessa nettamenteriprovevole. Ma io non ero che un ragazzo, e avevo pre-so la mia decisione.

Orbene, le circostanze si disposero alfine in guisa dacrearmi una magnifica occasione. Il cavaliere e Grayerano occupati a cambiar le bende al capitano; la costaappariva sgombra; io rapido come una saetta scavalcailo steccato, tuffandomi nel folto degli alberi; e, primache la mia assenza fosse avvertita, non ero già piú a por-tata di voce dei miei compagni.

E fu questa la mia seconda follia, peggiore assai dellaprima, posto che a guardia del fortino io non lasciavo

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che due soli uomini validi: ma al paro della prima con-tribuí alla comune salvezza.

Io mi rivolsi dritto verso la costa a levante dell’isola,perché aveva divisato di percorrere la lingua di sabbiadal lato del mare, ad evitare il rischio di farmi scopriredall’ancoraggio. Quantunque il pomeriggio fosse giàinoltrato, l’aria si manteneva accesa. Seguitando il miocammino attraverso l’alta selva udivo lontano davanti ame, insieme col continuo fragor dei marosi, un mormo-río di frasche, un agitarsi di rami, segni evidenti che labrezza marina erasi levata piú vivace del solito. Tostoalcune fresche folate mi raggiunsero; e fatti alcuni passimi ritrovai sul margine del bosco, e vidi il mare stender-si azzurro e luminoso fino all’orizzonte, e la risacca ab-battersi fumante di spume lungo la spiaggia.

Io non ricordo d’aver mai visto il mare calmo intornoall’Isola del Tesoro. Il sole poteva dardeggiare dall’alto,l’aria stare senza un soffio, l’acque dell’ancoraggio po-sare lisce e cerule; ma sempre ancora lungo la costaesterna quei cavalloni si arrovesciavano tuonando e tuo-nando giorno e notte; né io credo vi fosse un puntodell’isola dove quel dannato clamore non arrivasse.

Avanzai camminando con grande piacere lungo ifrangenti, finché, parendomi essermi ormai spinto abba-stanza a sud, approfittai del riparo di alcuni folti cespu-gli per strisciare cautamente fin sulla punta della linguadi terra.

Dietro a me era il mare aperto: di fronte, l’ancorag-gio. Come se nell’inusitata violenza la brezza marina si

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che due soli uomini validi: ma al paro della prima con-tribuí alla comune salvezza.

Io mi rivolsi dritto verso la costa a levante dell’isola,perché aveva divisato di percorrere la lingua di sabbiadal lato del mare, ad evitare il rischio di farmi scopriredall’ancoraggio. Quantunque il pomeriggio fosse giàinoltrato, l’aria si manteneva accesa. Seguitando il miocammino attraverso l’alta selva udivo lontano davanti ame, insieme col continuo fragor dei marosi, un mormo-río di frasche, un agitarsi di rami, segni evidenti che labrezza marina erasi levata piú vivace del solito. Tostoalcune fresche folate mi raggiunsero; e fatti alcuni passimi ritrovai sul margine del bosco, e vidi il mare stender-si azzurro e luminoso fino all’orizzonte, e la risacca ab-battersi fumante di spume lungo la spiaggia.

Io non ricordo d’aver mai visto il mare calmo intornoall’Isola del Tesoro. Il sole poteva dardeggiare dall’alto,l’aria stare senza un soffio, l’acque dell’ancoraggio po-sare lisce e cerule; ma sempre ancora lungo la costaesterna quei cavalloni si arrovesciavano tuonando e tuo-nando giorno e notte; né io credo vi fosse un puntodell’isola dove quel dannato clamore non arrivasse.

Avanzai camminando con grande piacere lungo ifrangenti, finché, parendomi essermi ormai spinto abba-stanza a sud, approfittai del riparo di alcuni folti cespu-gli per strisciare cautamente fin sulla punta della linguadi terra.

Dietro a me era il mare aperto: di fronte, l’ancorag-gio. Come se nell’inusitata violenza la brezza marina si

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fosse sfogata piú presto del solito, era già spenta; unleggiero e instabile venticello da sud e sud-est vi erasucceduto portando vasti banchi di nebbia; e l’ancorag-gio, riparato dall’isolotto dello Scheletro, giaceva quietoe plumbeo come la prima volta che vi eravamo entrati.In quell’intatto specchio l’Hispaniola si rifletteva dal ci-mello degli alberi fino alla linea d’immersione, compre-savi la bandiera corsara che pendeva dalla puntadell’albero di maestra.

Lungo il bordo era accostato uno dei canotti governa-to da Silver (lui lo riconoscevo sempre) verso cui si chi-navano, appoggiati al bastingaggio, due uomini, l’unodei quali, con in capo un berretto rosso, era il medesimofurfante che alcune ore prima avevo visto a cavalcionisulla palizzata. Sembrava che parlassero e ridessero:però a quella distanza, piú di un miglio, non potevo na-turalmente afferrare una sillaba. D’improvviso scoppiòun atroce infernale gridío, che a tutta prima mi gelò ilsangue; ma riconobbi tosto la voce di “capitano Flint”, eanche mi parve, alle penne sgargianti, distinguerel’uccello posato sul polso del suo padrone.

Poco dopo, il canotto si distaccò, dirigendosi verso laspiaggia, e l’uomo dal berretto rosso e il suo compagnosi calarono dentro la cabina.

Frattanto il sole era tramontato dietro il Cannocchiale,e poiché la nebbia s’andava rapidamente addensando,cominciava l’aria a scurire. Volendo rintracciare il ca-notto quella sera stessa, non dovevo perdere tempo.

La Roccia Bianca, abbastanza visibile al disopra dei

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fosse sfogata piú presto del solito, era già spenta; unleggiero e instabile venticello da sud e sud-est vi erasucceduto portando vasti banchi di nebbia; e l’ancorag-gio, riparato dall’isolotto dello Scheletro, giaceva quietoe plumbeo come la prima volta che vi eravamo entrati.In quell’intatto specchio l’Hispaniola si rifletteva dal ci-mello degli alberi fino alla linea d’immersione, compre-savi la bandiera corsara che pendeva dalla puntadell’albero di maestra.

Lungo il bordo era accostato uno dei canotti governa-to da Silver (lui lo riconoscevo sempre) verso cui si chi-navano, appoggiati al bastingaggio, due uomini, l’unodei quali, con in capo un berretto rosso, era il medesimofurfante che alcune ore prima avevo visto a cavalcionisulla palizzata. Sembrava che parlassero e ridessero:però a quella distanza, piú di un miglio, non potevo na-turalmente afferrare una sillaba. D’improvviso scoppiòun atroce infernale gridío, che a tutta prima mi gelò ilsangue; ma riconobbi tosto la voce di “capitano Flint”, eanche mi parve, alle penne sgargianti, distinguerel’uccello posato sul polso del suo padrone.

Poco dopo, il canotto si distaccò, dirigendosi verso laspiaggia, e l’uomo dal berretto rosso e il suo compagnosi calarono dentro la cabina.

Frattanto il sole era tramontato dietro il Cannocchiale,e poiché la nebbia s’andava rapidamente addensando,cominciava l’aria a scurire. Volendo rintracciare il ca-notto quella sera stessa, non dovevo perdere tempo.

La Roccia Bianca, abbastanza visibile al disopra dei

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cespugli, era ancora circa un ottavo di miglio distante,giú sulla lingua di terra, e mi ci volle un pezzetto per ar-rivare, strisciando spesso carponi attraverso il forteto.La notte m’era già sopra quando misi la mano sul suoscabro fianco. Proprio sotto essa c’era una piccola cavi-tà erbosa occultata da rialti e da una lussuosa vegetazio-ne che mi arrivava al ginocchio; e nel mezzo della bucav’era proprio una piccola tenda di pelle di capra simile aquella che gli zingari si portan dietro in Inghilterra.

Saltai nella buca, sollevai l’orlo della tenda, ed ecco ilcanotto di Ben Gunn: rustico lavoro se altro mai ve nefu, consistente in una rozza bistorta carcassa di legnoduro, con tesavi sopra una coperta di pelle di capra, colpelo al di dentro. Lo scafo era estremamente piccolo an-che per me, e non so figurarmi come potesse portare unadulto. V’era un sedile collocato piú in basso che fossepossibile, una specie di pedagna alle due estremità, euna doppia pagaia come propulsore.

Non avevo mai visto una piroga, il battello degli anti-chi Brettoni, ma ne vidi poi una, e non saprei dare unapiú chiara idea dell’imbarcazione di Ben Gunn che asso-migliandola alla prima e piú informe piroga che manod’uomo avesse costruita. Ma il gran vantaggio della pi-roga non le mancava certo, leggerissima com’era, e por-tatile.

Ora che avevo trovato il battello, pareva naturale chel’avventura finisse lí; ma nel frattempo un’altra ideam’era saltata in mente, e me n’ero cosí ardentemente in-namorato, che l’avrei realizzata credo anche a dispetto

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cespugli, era ancora circa un ottavo di miglio distante,giú sulla lingua di terra, e mi ci volle un pezzetto per ar-rivare, strisciando spesso carponi attraverso il forteto.La notte m’era già sopra quando misi la mano sul suoscabro fianco. Proprio sotto essa c’era una piccola cavi-tà erbosa occultata da rialti e da una lussuosa vegetazio-ne che mi arrivava al ginocchio; e nel mezzo della bucav’era proprio una piccola tenda di pelle di capra simile aquella che gli zingari si portan dietro in Inghilterra.

Saltai nella buca, sollevai l’orlo della tenda, ed ecco ilcanotto di Ben Gunn: rustico lavoro se altro mai ve nefu, consistente in una rozza bistorta carcassa di legnoduro, con tesavi sopra una coperta di pelle di capra, colpelo al di dentro. Lo scafo era estremamente piccolo an-che per me, e non so figurarmi come potesse portare unadulto. V’era un sedile collocato piú in basso che fossepossibile, una specie di pedagna alle due estremità, euna doppia pagaia come propulsore.

Non avevo mai visto una piroga, il battello degli anti-chi Brettoni, ma ne vidi poi una, e non saprei dare unapiú chiara idea dell’imbarcazione di Ben Gunn che asso-migliandola alla prima e piú informe piroga che manod’uomo avesse costruita. Ma il gran vantaggio della pi-roga non le mancava certo, leggerissima com’era, e por-tatile.

Ora che avevo trovato il battello, pareva naturale chel’avventura finisse lí; ma nel frattempo un’altra ideam’era saltata in mente, e me n’ero cosí ardentemente in-namorato, che l’avrei realizzata credo anche a dispetto

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dello stesso capitano Smollett. Si trattava di sgusciarfuori protetto dall’oscurità notturna, tagliar l’ormeggiodell’Hispaniola e lasciarla andare alla deriva contro lacosta come meglio le piacesse. Mi tenevo sicuro che airibelli dopo lo scacco del mattino nulla stesse tanto acuore quanto levar l’àncora e prendere il largo; sarebbe,pensavo, un bel colpo impedirneli; e poiché avevo con-statato come lasciassero i loro guardiani sprovvistid’una imbarcazione, credevo poter attuare il mio proget-to con poco rischio.

Messomi a sedere, per attendere che fosse buio, man-giai di gusto il mio biscotto. Notte piú propizia al miodisegno non si sarebbe potuta scegliere tra mille. Lanebbia aveva oramai invaso tutto il cielo. Quando le ul-time luci del giorno sminuirono fino a scomparire deltutto, un’assoluta oscurità coperchiò l’Isola del Tesoro.E quando alfine m’ebbi caricato sulle spalle la piroga, e,districatomi a fatica dalla buca dove avevo mangiato,ebbi preso a tastoni la strada, non v’erano in tuttol’ancoraggio che due soli punti visibili.

L’uno era il gran fuoco acceso sulla riva, intorno alquale gli sconfitti pirati stavano gozzovigliando. L’altro,uno scialbo lucore nelle tenebre, indicava il punto dovela goletta era ancorata. Il riflusso l’aveva fatta voltare;ora mi presentava la prua; e poiché i soli lumi a bordoerano nella cabina, ciò che io percepiva non era che il ri-verbero entro la nebbia dei vivi raggi che scaturivanodalla finestra di poppa.

La marea discendeva già da qualche tempo, e mi toc-

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dello stesso capitano Smollett. Si trattava di sgusciarfuori protetto dall’oscurità notturna, tagliar l’ormeggiodell’Hispaniola e lasciarla andare alla deriva contro lacosta come meglio le piacesse. Mi tenevo sicuro che airibelli dopo lo scacco del mattino nulla stesse tanto acuore quanto levar l’àncora e prendere il largo; sarebbe,pensavo, un bel colpo impedirneli; e poiché avevo con-statato come lasciassero i loro guardiani sprovvistid’una imbarcazione, credevo poter attuare il mio proget-to con poco rischio.

Messomi a sedere, per attendere che fosse buio, man-giai di gusto il mio biscotto. Notte piú propizia al miodisegno non si sarebbe potuta scegliere tra mille. Lanebbia aveva oramai invaso tutto il cielo. Quando le ul-time luci del giorno sminuirono fino a scomparire deltutto, un’assoluta oscurità coperchiò l’Isola del Tesoro.E quando alfine m’ebbi caricato sulle spalle la piroga, e,districatomi a fatica dalla buca dove avevo mangiato,ebbi preso a tastoni la strada, non v’erano in tuttol’ancoraggio che due soli punti visibili.

L’uno era il gran fuoco acceso sulla riva, intorno alquale gli sconfitti pirati stavano gozzovigliando. L’altro,uno scialbo lucore nelle tenebre, indicava il punto dovela goletta era ancorata. Il riflusso l’aveva fatta voltare;ora mi presentava la prua; e poiché i soli lumi a bordoerano nella cabina, ciò che io percepiva non era che il ri-verbero entro la nebbia dei vivi raggi che scaturivanodalla finestra di poppa.

La marea discendeva già da qualche tempo, e mi toc-

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cò attraversare un lungo banco di sabbia pantanosa af-fondandovi piú volte fin sopra il collo del piede, primadi raggiungere il limite del mare. Vi andai dentro un tan-tino, e, con un po’ di forza e destrezza, deposi sulla su-perficie, a chiglia in giú, la piroga.

XXIIILA MAREA DISCENDE

La piroga, com’ebbi agio di constatare prima di la-sciarla, era un’imbarcazione molto sicura per una perso-na della mia statura e peso, leggera e atta a tenere ilmare: ma, cosí stramba e sbilenca, era pure il piú diffici-le scafo da governare. In qualunque maniera la si pren-desse, sempre andava alla deriva, e la miglior manovrache sapesse fare era girare in tondo. Lo stesso Ben Gunnaveva ammesso che era “dura da maneggiare finché nonsi conoscevano i suoi modi”.

Io certamente non conoscevo i suoi modi. Verso tuttele direzioni essa si voltava fuorché a quella dove mi pre-meva andare: la piú parte del tempo avanzavamo di tra-verso, e se non fosse stato il rincalzo della marea, sonsicurissimo che mai avrei abbordato la nave. Per fortu-na, mentre pagaiavo alla meglio, la marea seguitava asospingermi avanti, e l’Hispaniola stava giusto sullamia rotta: difficilmente mi sarebbe sfuggita.

Da principio mi si parò dinanzi come una macchia diqualcosa piú nero ancora della tenebra, poi alberi e sca-

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cò attraversare un lungo banco di sabbia pantanosa af-fondandovi piú volte fin sopra il collo del piede, primadi raggiungere il limite del mare. Vi andai dentro un tan-tino, e, con un po’ di forza e destrezza, deposi sulla su-perficie, a chiglia in giú, la piroga.

XXIIILA MAREA DISCENDE

La piroga, com’ebbi agio di constatare prima di la-sciarla, era un’imbarcazione molto sicura per una perso-na della mia statura e peso, leggera e atta a tenere ilmare: ma, cosí stramba e sbilenca, era pure il piú diffici-le scafo da governare. In qualunque maniera la si pren-desse, sempre andava alla deriva, e la miglior manovrache sapesse fare era girare in tondo. Lo stesso Ben Gunnaveva ammesso che era “dura da maneggiare finché nonsi conoscevano i suoi modi”.

Io certamente non conoscevo i suoi modi. Verso tuttele direzioni essa si voltava fuorché a quella dove mi pre-meva andare: la piú parte del tempo avanzavamo di tra-verso, e se non fosse stato il rincalzo della marea, sonsicurissimo che mai avrei abbordato la nave. Per fortu-na, mentre pagaiavo alla meglio, la marea seguitava asospingermi avanti, e l’Hispaniola stava giusto sullamia rotta: difficilmente mi sarebbe sfuggita.

Da principio mi si parò dinanzi come una macchia diqualcosa piú nero ancora della tenebra, poi alberi e sca-

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fo presero forma, e subito dopo, siccome piú avanzavo epiú la corrente della marea rinforzava, mi trovai accostoalla gòmena, e l’afferrai.

La gòmena era tesata come la corda d’un arco; tantola nave tirava su l’àncora. Tutt’intorno allo scafo, nelbuio, la maretta della corrente sobbolliva e gorgogliavacome un piccolo torrente montano. Un colpo del miocoltellaccio, e l’Hispaniola se ne andrebbe mormorandocon la marea. Graziosissima prospettiva. Ma in tempomi sovvenne che il taglio improvviso d’una gòmena te-sata è non meno pericoloso d’un cavallo che spara calci.Fossi stato cosí temerario da tagliare il cavo che legaval’Hispaniola all’àncora, c’eran dieci probabilità controuna che io e piroga insieme fossimo balestrati in aria.

Questa riflessione mi trattenne; e se il caso nonm’avesse favorito in modo speciale, avrei dovuto abban-donare il mio disegno. Ma la leggiera brezza che avevacominciato a soffiare da sud-est e sud, s’era, nel caderdella notte, voltata al sud-ovest. Mentre appunto io stavameditando, una folata sopravvenne, investí l’Hispanio-la, e la sospinse contro corrente; e, con mia grande gio-ia, sentii la gòmena allentarsi nel mio pugno, e la manocon la quale la tenevo tuffarsi per un secondonell’acqua.

Ciò mi decise; cavai il coltellaccio, l’apersi coi denti,e tagliai i cordoni del cavo finché non me ne rimaseroche due o tre a trattenere il bastimento. Dopo di che stet-ti tranquillo attendendo a troncar gli ultimi quando laloro tensione fosse un’altra volta diminuita in seguito a

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fo presero forma, e subito dopo, siccome piú avanzavo epiú la corrente della marea rinforzava, mi trovai accostoalla gòmena, e l’afferrai.

La gòmena era tesata come la corda d’un arco; tantola nave tirava su l’àncora. Tutt’intorno allo scafo, nelbuio, la maretta della corrente sobbolliva e gorgogliavacome un piccolo torrente montano. Un colpo del miocoltellaccio, e l’Hispaniola se ne andrebbe mormorandocon la marea. Graziosissima prospettiva. Ma in tempomi sovvenne che il taglio improvviso d’una gòmena te-sata è non meno pericoloso d’un cavallo che spara calci.Fossi stato cosí temerario da tagliare il cavo che legaval’Hispaniola all’àncora, c’eran dieci probabilità controuna che io e piroga insieme fossimo balestrati in aria.

Questa riflessione mi trattenne; e se il caso nonm’avesse favorito in modo speciale, avrei dovuto abban-donare il mio disegno. Ma la leggiera brezza che avevacominciato a soffiare da sud-est e sud, s’era, nel caderdella notte, voltata al sud-ovest. Mentre appunto io stavameditando, una folata sopravvenne, investí l’Hispanio-la, e la sospinse contro corrente; e, con mia grande gio-ia, sentii la gòmena allentarsi nel mio pugno, e la manocon la quale la tenevo tuffarsi per un secondonell’acqua.

Ciò mi decise; cavai il coltellaccio, l’apersi coi denti,e tagliai i cordoni del cavo finché non me ne rimaseroche due o tre a trattenere il bastimento. Dopo di che stet-ti tranquillo attendendo a troncar gli ultimi quando laloro tensione fosse un’altra volta diminuita in seguito a

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un buffo di vento.Durante tutto questo tempo un brusío dalla cabina era

giunto al mio orecchio; ma, a dire il vero, la mia menteera talmente presa da altro, che non vi avevo troppo ba-dato. Adesso però, che non tenevo piú nulla da fare, co-minciai a prestarvi maggiore attenzione.

Una la riconobbi per la voce del quartiermastro IsraelHands, già cannoniere di Flint; l’altra era naturalmentela voce dell’amico mio dal berretto rosso. Tutti e dueerano ubbriachi fradici, e pur trincavano ancora, poichémentre io tendevo l’orecchio uno d’essi con un bercioaperse la finestra di poppa e buttò via qualche cosa cheindovinai essere una bottiglia vuota. Ma essi non eranosoltanto brilli; si capiva ch’erano anche furiosamente ar-rabbiati. Le bestemmie volavano come gragnuola, e ditanto in tanto culminavano in una tale esplosione chepareva non potesse finire se non in una baruffa. Ma ognivolta la contesa si placava e il tono delle voci si abbas-sava, finché un’altra crisi non sopravveniva per pari-menti passare senz’alcun risultato.

A terra io poteva vedere il chiarore del grande fuocodell’accampamento che ardeva tra gli alberi della riva.Qualcuno andava cantando una vecchia triste e uggiosacanzone marinaresca, con un languido tremulo alla fined’ogni strofa che pareva non dovesse aver termine senon con la pazienza del cantore. Piú d’una volta duranteil viaggio io l’avevo intesa, e ricordavo queste parole:

Un solo della ciurma restò in vita

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un buffo di vento.Durante tutto questo tempo un brusío dalla cabina era

giunto al mio orecchio; ma, a dire il vero, la mia menteera talmente presa da altro, che non vi avevo troppo ba-dato. Adesso però, che non tenevo piú nulla da fare, co-minciai a prestarvi maggiore attenzione.

Una la riconobbi per la voce del quartiermastro IsraelHands, già cannoniere di Flint; l’altra era naturalmentela voce dell’amico mio dal berretto rosso. Tutti e dueerano ubbriachi fradici, e pur trincavano ancora, poichémentre io tendevo l’orecchio uno d’essi con un bercioaperse la finestra di poppa e buttò via qualche cosa cheindovinai essere una bottiglia vuota. Ma essi non eranosoltanto brilli; si capiva ch’erano anche furiosamente ar-rabbiati. Le bestemmie volavano come gragnuola, e ditanto in tanto culminavano in una tale esplosione chepareva non potesse finire se non in una baruffa. Ma ognivolta la contesa si placava e il tono delle voci si abbas-sava, finché un’altra crisi non sopravveniva per pari-menti passare senz’alcun risultato.

A terra io poteva vedere il chiarore del grande fuocodell’accampamento che ardeva tra gli alberi della riva.Qualcuno andava cantando una vecchia triste e uggiosacanzone marinaresca, con un languido tremulo alla fined’ogni strofa che pareva non dovesse aver termine senon con la pazienza del cantore. Piú d’una volta duranteil viaggio io l’avevo intesa, e ricordavo queste parole:

Un solo della ciurma restò in vita

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Che numerosa era sul mare uscita.

E pensai ch’era un ritornello troppo lugubremente ap-propriato a una brigata che il mattino aveva incontratocosí crudeli perdite. Ma, in verità, a quanto vedevo, tutticodesti scellerati erano altrettanto insensibili quanto ilmare su cui navigavano.

Finalmente la brezza giunse; la goletta si spostò nellaoscurità, e mi si portò piú vicina; io sentii la gòmenamollare un’altra volta, e con un rude sforzo troncai leultime fibre.

La brezza non ebbe che una debole azione sulla miapiroga, ed io fui quasi istantaneamente proiettato controla prua dell’Hispaniola. Nello stesso tempo la golettaprese lentamente a girare sul suo calcagnòlo in mezzoalla corrente.

Io mi dimevano come un demonio aspettandomi didover affogare da un momento all’altro, e quando mi fuiaccorto che non m’era possibile distaccare d’un colpo lapiroga, mi portai dritto verso poppa. Finalmente liberodi quella pericolosa vicinanza, e giusto mentre stavodando l’ultima spinta, le mie mani si scontrarono in unafunicella spenzolante fuori bordo dal cassero di poppa.Immediatamente l’abbrancai.

Perché avessi fatto ciò, non saprei dire. Fu dapprimaun atto istintivo; ma non appena ebbi in pugno la cordae la sentii salda, la curiosità prese il sopravvento, e deci-si di gettare un’occhiata per la finestra della cabina.

A forza di braccia tirai a me la corda, e quando mi sti-

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Che numerosa era sul mare uscita.

E pensai ch’era un ritornello troppo lugubremente ap-propriato a una brigata che il mattino aveva incontratocosí crudeli perdite. Ma, in verità, a quanto vedevo, tutticodesti scellerati erano altrettanto insensibili quanto ilmare su cui navigavano.

Finalmente la brezza giunse; la goletta si spostò nellaoscurità, e mi si portò piú vicina; io sentii la gòmenamollare un’altra volta, e con un rude sforzo troncai leultime fibre.

La brezza non ebbe che una debole azione sulla miapiroga, ed io fui quasi istantaneamente proiettato controla prua dell’Hispaniola. Nello stesso tempo la golettaprese lentamente a girare sul suo calcagnòlo in mezzoalla corrente.

Io mi dimevano come un demonio aspettandomi didover affogare da un momento all’altro, e quando mi fuiaccorto che non m’era possibile distaccare d’un colpo lapiroga, mi portai dritto verso poppa. Finalmente liberodi quella pericolosa vicinanza, e giusto mentre stavodando l’ultima spinta, le mie mani si scontrarono in unafunicella spenzolante fuori bordo dal cassero di poppa.Immediatamente l’abbrancai.

Perché avessi fatto ciò, non saprei dire. Fu dapprimaun atto istintivo; ma non appena ebbi in pugno la cordae la sentii salda, la curiosità prese il sopravvento, e deci-si di gettare un’occhiata per la finestra della cabina.

A forza di braccia tirai a me la corda, e quando mi sti-

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mai vicino abbastanza, mi alzai con mio grande rischioquasi in piedi sulla piroga, e potei scoprire il soffitto eparte dell’interno della cabina.

Intanto la goletta e la sua piccola seguace sdrucciola-vano velocemente sull’acqua: difatti eravamo già arriva-ti all’altezza del fuoco dell’accampamento. Il bastimen-to chiacchierava, come dicono i marinai, abbastanza for-te, rompendo con un incessante sobbollimento di spumele innumerevoli increspature della maretta; e finché ionon posi l’occhio al disopra del davanzale della finestra,non potei comprendere come i guardiani non avesserodato l’allarme. Uno sguardo peraltro fu sufficiente; e fuil solo che osai lanciare da quell’instabile scafo. Esso mimostrò Hands e il suo compagno stretti in una lotta mor-tale, ognuno con la mano sulla gola dell’altro.

Io mi lasciai ricadere sul banco e giusto a tempo, per-ché ero quasi fuori bordo. Per un momento non vidi al-tro che quelle due facce scarlatte di furore, ondeggiantisotto la lampada fumosa; e chiusi le palpebre per darmodo ai miei occhi di riabituarsi alle tenebre.

L’eterna canzone s’era alfine taciuta, e intorno al fuo-co dell’accampamento la decimata banda aveva intonatoil coro che sí spesso io aveva udito:

Quindici sopra il baule del morto,Yò-hò-hò – e una bottiglia di rum!Satana agli altri non ha fatto torto,Con la bevanda li ha spediti in porto.Yò-hò-hò, e una bottiglia di rum!

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mai vicino abbastanza, mi alzai con mio grande rischioquasi in piedi sulla piroga, e potei scoprire il soffitto eparte dell’interno della cabina.

Intanto la goletta e la sua piccola seguace sdrucciola-vano velocemente sull’acqua: difatti eravamo già arriva-ti all’altezza del fuoco dell’accampamento. Il bastimen-to chiacchierava, come dicono i marinai, abbastanza for-te, rompendo con un incessante sobbollimento di spumele innumerevoli increspature della maretta; e finché ionon posi l’occhio al disopra del davanzale della finestra,non potei comprendere come i guardiani non avesserodato l’allarme. Uno sguardo peraltro fu sufficiente; e fuil solo che osai lanciare da quell’instabile scafo. Esso mimostrò Hands e il suo compagno stretti in una lotta mor-tale, ognuno con la mano sulla gola dell’altro.

Io mi lasciai ricadere sul banco e giusto a tempo, per-ché ero quasi fuori bordo. Per un momento non vidi al-tro che quelle due facce scarlatte di furore, ondeggiantisotto la lampada fumosa; e chiusi le palpebre per darmodo ai miei occhi di riabituarsi alle tenebre.

L’eterna canzone s’era alfine taciuta, e intorno al fuo-co dell’accampamento la decimata banda aveva intonatoil coro che sí spesso io aveva udito:

Quindici sopra il baule del morto,Yò-hò-hò – e una bottiglia di rum!Satana agli altri non ha fatto torto,Con la bevanda li ha spediti in porto.Yò-hò-hò, e una bottiglia di rum!

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Io stavo pensando all’opera che in quel preciso mo-mento bevanda e diavolo compievano nella cabinadell’Hispaniola, quando fui sorpreso da un improvvisorullío della piroga. Nel medesimo istante essa si torseviolentemente e parve cangiar rotta. La sua velocità eraintanto stranamente aumentata.

Spalancai gli occhi. Tutt’intorno a me la maretta bol-liva con piccole irte creste ronzanti e fosforescenti. Lastessa Hispaniola nel cui solco, a distanza di pochi me-tri, io fuggivo aggirato, pareva esitare sulla direzione daprendere, ed io vidi i suoi alberi tentennare control’oscurità della notte; poi, guardando meglio, mi accer-tai che anch’ella virava verso il sud.

Gettai un’occhiata obliqua al disopra delle mie spalle,e il mio cuore sussultò. Là, proprio dietro a me, era ilchiarore del fuoco dell’accampamento. La corrente s’erapiegata ad angolo retto trascinando con sé l’alta moledella goletta; e la minuscola saltellante piroga, sempreaccelerando la sua corsa e con piú acuto stridere e bor-bottare d’acque, filava per lo stretto verso l’aperto mare.

D’improvviso la nave virò violentemente, deviandodi forse una ventina di gradi. Quasi nell’istesso puntodue urli si susseguirono a bordo, ed io intesi un calpe-stío di passi per la scala del corridoio, e compresi che idue beoni erano alfine stati interrotti nella loro contesa erichiamati al senso dell’imminente disastro.

Io mi coricai supino nel fondo di quel disgraziato sca-fo e devotamente raccomandai la mia anima al Creatore.Ero sicuro che all’uscita dallo stretto saremmo andati a

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Io stavo pensando all’opera che in quel preciso mo-mento bevanda e diavolo compievano nella cabinadell’Hispaniola, quando fui sorpreso da un improvvisorullío della piroga. Nel medesimo istante essa si torseviolentemente e parve cangiar rotta. La sua velocità eraintanto stranamente aumentata.

Spalancai gli occhi. Tutt’intorno a me la maretta bol-liva con piccole irte creste ronzanti e fosforescenti. Lastessa Hispaniola nel cui solco, a distanza di pochi me-tri, io fuggivo aggirato, pareva esitare sulla direzione daprendere, ed io vidi i suoi alberi tentennare control’oscurità della notte; poi, guardando meglio, mi accer-tai che anch’ella virava verso il sud.

Gettai un’occhiata obliqua al disopra delle mie spalle,e il mio cuore sussultò. Là, proprio dietro a me, era ilchiarore del fuoco dell’accampamento. La corrente s’erapiegata ad angolo retto trascinando con sé l’alta moledella goletta; e la minuscola saltellante piroga, sempreaccelerando la sua corsa e con piú acuto stridere e bor-bottare d’acque, filava per lo stretto verso l’aperto mare.

D’improvviso la nave virò violentemente, deviandodi forse una ventina di gradi. Quasi nell’istesso puntodue urli si susseguirono a bordo, ed io intesi un calpe-stío di passi per la scala del corridoio, e compresi che idue beoni erano alfine stati interrotti nella loro contesa erichiamati al senso dell’imminente disastro.

Io mi coricai supino nel fondo di quel disgraziato sca-fo e devotamente raccomandai la mia anima al Creatore.Ero sicuro che all’uscita dallo stretto saremmo andati a

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battere contro i furiosi frangenti di qualche scoglieradove tutti i miei affanni avrebbero trovato sollecita fine;e sebbene fossi abbastanza forte da sopportare la morte,mal sopportavo la visione dell’avvicinarsi del mio desti-no.

In tale stato credo aver durato ore, continuamentesbalzato qua e là dai marosi e inzuppato dai loro spruz-zi; e sempre aspettando, a un prossimo tuffo, la morte. Apoco a poco la stanchezza mi vinse; un torpore, un pas-seggero stupore occuparono, pur in mezzo ai miei terro-ri, il mio spirito; finché il sonno mi prese, ed io, giacen-do nella mia piroga sballottata dai flutti, sognai dellamia casa e del mio vecchio “Ammiraglio Benbow”.

XXIVLA CROCIERA DELLA PIROGA

Era pieno giorno quando mi svegliai e mi trovai a na-vigare all’estremità sud-ovest dell’Isola del Tesoro. Ilsole era già levato, ma nascosto alla mia vista dallamole del Cannocchiale che da questo lato discendevafino quasi al mare in paurosi scoscendimenti.

La punta Issa-la-Bollina e il monte dell’Albero diMezzana erano vicini; il monte, nudo e fosco; la punta,turrita di rupi alte quaranta o cinquanta piedi e contorna-te in basso da grossi blocchi di roccia franata. Ero al lar-go appena un quarto di miglio e il mio primo pensierofu di pagaiare verso la costa e approdare.

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battere contro i furiosi frangenti di qualche scoglieradove tutti i miei affanni avrebbero trovato sollecita fine;e sebbene fossi abbastanza forte da sopportare la morte,mal sopportavo la visione dell’avvicinarsi del mio desti-no.

In tale stato credo aver durato ore, continuamentesbalzato qua e là dai marosi e inzuppato dai loro spruz-zi; e sempre aspettando, a un prossimo tuffo, la morte. Apoco a poco la stanchezza mi vinse; un torpore, un pas-seggero stupore occuparono, pur in mezzo ai miei terro-ri, il mio spirito; finché il sonno mi prese, ed io, giacen-do nella mia piroga sballottata dai flutti, sognai dellamia casa e del mio vecchio “Ammiraglio Benbow”.

XXIVLA CROCIERA DELLA PIROGA

Era pieno giorno quando mi svegliai e mi trovai a na-vigare all’estremità sud-ovest dell’Isola del Tesoro. Ilsole era già levato, ma nascosto alla mia vista dallamole del Cannocchiale che da questo lato discendevafino quasi al mare in paurosi scoscendimenti.

La punta Issa-la-Bollina e il monte dell’Albero diMezzana erano vicini; il monte, nudo e fosco; la punta,turrita di rupi alte quaranta o cinquanta piedi e contorna-te in basso da grossi blocchi di roccia franata. Ero al lar-go appena un quarto di miglio e il mio primo pensierofu di pagaiare verso la costa e approdare.

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Questo progetto fu presto abbandonato. Tra i macigniruinati la risacca tempestava urlando; clamorosi rim-bombi, torrenti di spume lanciati in alto e ricadenti pe-santemente, si succedevano di secondo in secondo, ed iomi vidi – quando avessi osato avventurarmi piú da pres-so – sfracellato contro la selvaggia riva o condannato adesaurirmi nel vano tentativo di scalare le strapiombantirocce.

Né ciò era tutto, perché mostri melmosi mi apparvero,quasi molti lumaconi di straordinaria grossezza, che abranchi di due o tre dozzine strisciavano sulla piatta su-perficie dei macigni, o si lasciavano con grande strepitoricadere in mare sollevando coi loro latrati gli echi delleinsenature.

Appresi in seguito ch’erano dei leoni marini affattoinnocui. Ma il loro aspetto aggiunto alla difficoltà dellaspiaggia e alla furia dei cavalloni, fu piú che bastevole adisgustarmi di quell’approdo. In verità, preferivo morirdi fame in mare, piuttosto che affrontare simili pericoli.

Frattanto mi si offriva, o mi parve, una soluzione mi-gliore. A nord del Capo Issa-la-Bolina la costa corre perun buon tratto lasciando, a bassa marea, scoperta unalunga striscia di sabbia gialla. Di là da quel capo, ancoraa nord, un altro ne spunta, il Capo dei Boschi, com’erasegnato sulla carta, rivestito di secolari pini verdi che di-scendevano fino a lambire il mare.

Rammentavo aver udito da Silver che lungo tutta lacosta occidentale dell’Isola del Tesoro la corrente vaverso nord, e rilevando dalla mia posizione che io ero

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Questo progetto fu presto abbandonato. Tra i macigniruinati la risacca tempestava urlando; clamorosi rim-bombi, torrenti di spume lanciati in alto e ricadenti pe-santemente, si succedevano di secondo in secondo, ed iomi vidi – quando avessi osato avventurarmi piú da pres-so – sfracellato contro la selvaggia riva o condannato adesaurirmi nel vano tentativo di scalare le strapiombantirocce.

Né ciò era tutto, perché mostri melmosi mi apparvero,quasi molti lumaconi di straordinaria grossezza, che abranchi di due o tre dozzine strisciavano sulla piatta su-perficie dei macigni, o si lasciavano con grande strepitoricadere in mare sollevando coi loro latrati gli echi delleinsenature.

Appresi in seguito ch’erano dei leoni marini affattoinnocui. Ma il loro aspetto aggiunto alla difficoltà dellaspiaggia e alla furia dei cavalloni, fu piú che bastevole adisgustarmi di quell’approdo. In verità, preferivo morirdi fame in mare, piuttosto che affrontare simili pericoli.

Frattanto mi si offriva, o mi parve, una soluzione mi-gliore. A nord del Capo Issa-la-Bolina la costa corre perun buon tratto lasciando, a bassa marea, scoperta unalunga striscia di sabbia gialla. Di là da quel capo, ancoraa nord, un altro ne spunta, il Capo dei Boschi, com’erasegnato sulla carta, rivestito di secolari pini verdi che di-scendevano fino a lambire il mare.

Rammentavo aver udito da Silver che lungo tutta lacosta occidentale dell’Isola del Tesoro la corrente vaverso nord, e rilevando dalla mia posizione che io ero

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già sotto la sua influenza, stimai meglio lasciarmi dietroil Capo Issa-la-Bolina e riservare le mie forze per untentativo di approdo al piú attraente Capo dei Boschi.

Grandi e lisce onde erano nel mare. Un vento soave ecostante soffiava da sud, e non essendovi contrasti fraesso e la corrente, i marosi si alzavano e ricadevano sen-za frangersi.

Fosse stato altrimenti, io sarei perito da un pezzo: main quelle condizioni era stupefacente la facilità e la sicu-rezza con cui la mia piccola e leggiera imbarcazione na-vigava. Spesso, stando io ancora coricato sul fondo dellapiroga senza levare piú d’un occhio al disopra del bor-do, vedevo pendere su me minacciosa una grossa crestaazzurra; ma la piroga non faceva che sobbalzare un po’,danzare come in cima a delle molle, e calarsi dall’altrabanda dell’onda come in un nido con la disinvolturad’un uccello.

Presi tosto ardire, e mi posi a sedere per provare lamia bravura a pagaiare. Ma basta un minimo cambia-mento nella disposizione del peso a produrre una altera-zione nella condotta d’una piroga. Ed io m’ero appenamosso, che il canotto, interrompendo di colpo la suadanzante andatura, precipitò lungo un cosí rapido pen-dio d’acqua che mi dette le vertigini, e con un nuvolo dischiuma affondò il naso nel fianco della ulteriore onda-ta.

Inzuppato e atterrito mi lasciai immediatamente rica-dere nella primitiva positura, su di che la piroga parveracquistare i suoi spiriti, e tornò a condurmi tra i marosi

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già sotto la sua influenza, stimai meglio lasciarmi dietroil Capo Issa-la-Bolina e riservare le mie forze per untentativo di approdo al piú attraente Capo dei Boschi.

Grandi e lisce onde erano nel mare. Un vento soave ecostante soffiava da sud, e non essendovi contrasti fraesso e la corrente, i marosi si alzavano e ricadevano sen-za frangersi.

Fosse stato altrimenti, io sarei perito da un pezzo: main quelle condizioni era stupefacente la facilità e la sicu-rezza con cui la mia piccola e leggiera imbarcazione na-vigava. Spesso, stando io ancora coricato sul fondo dellapiroga senza levare piú d’un occhio al disopra del bor-do, vedevo pendere su me minacciosa una grossa crestaazzurra; ma la piroga non faceva che sobbalzare un po’,danzare come in cima a delle molle, e calarsi dall’altrabanda dell’onda come in un nido con la disinvolturad’un uccello.

Presi tosto ardire, e mi posi a sedere per provare lamia bravura a pagaiare. Ma basta un minimo cambia-mento nella disposizione del peso a produrre una altera-zione nella condotta d’una piroga. Ed io m’ero appenamosso, che il canotto, interrompendo di colpo la suadanzante andatura, precipitò lungo un cosí rapido pen-dio d’acqua che mi dette le vertigini, e con un nuvolo dischiuma affondò il naso nel fianco della ulteriore onda-ta.

Inzuppato e atterrito mi lasciai immediatamente rica-dere nella primitiva positura, su di che la piroga parveracquistare i suoi spiriti, e tornò a condurmi tra i marosi

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con la delicatezza di prima. Era chiaro che non bisogna-va contrariarla; ma di questo passo, non avendo io mododi influire sulla sua rotta, come potevo sperare di pren-der terra?

Mi colse una tremenda paura, e nondimeno non per-detti la testa. Anzitutto movendomi con grande precau-zione aggottai col mio berretto marino l’acqua dalla pi-roga; e poi, allungando ancora una volta lo sguardo aldisopra del bordo, presi a studiare come faceva essa ascivolar cosí dolcemente fra i cavalloni.

Mi accorsi che ogni cavallone, anziché la voluminosauguale e liscia eminenza che sembra dalla riva o dalponte d’una nave, era del tutto simile a una catena dimontagne terrestri, varia di picchi, di altipiani e di valli.La piroga, abbandonata a se stessa, piegandosi ora sul’uno ora su l’altro fianco, s’infilava per cosí dire neiluoghi piú bassi scansando i ripidi declivi e le piú alteed irte creste.

“Orbene” dissi a me stesso “è chiaro che mi convienerimaner dove sono e non turbar l’equilibrio, ma anche èchiaro che posso passar la pagaia al disopra del bordo, edi tanto in tanto, nelle zone piane, menare un colpo odue verso terra.” Detto fatto. Mi levai sui gomiti, e stan-do in questa disagiatissima posizione davo a intervalliqualche debole colpo per far volgere la prua verso la co-sta.

Era una lenta e spossante fatica. Nondimeno guada-gnavo terreno, e avvicinandomi al Capo dei Boschi, perquanto lo vedessi irremissibilmente perduto, constatai

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con la delicatezza di prima. Era chiaro che non bisogna-va contrariarla; ma di questo passo, non avendo io mododi influire sulla sua rotta, come potevo sperare di pren-der terra?

Mi colse una tremenda paura, e nondimeno non per-detti la testa. Anzitutto movendomi con grande precau-zione aggottai col mio berretto marino l’acqua dalla pi-roga; e poi, allungando ancora una volta lo sguardo aldisopra del bordo, presi a studiare come faceva essa ascivolar cosí dolcemente fra i cavalloni.

Mi accorsi che ogni cavallone, anziché la voluminosauguale e liscia eminenza che sembra dalla riva o dalponte d’una nave, era del tutto simile a una catena dimontagne terrestri, varia di picchi, di altipiani e di valli.La piroga, abbandonata a se stessa, piegandosi ora sul’uno ora su l’altro fianco, s’infilava per cosí dire neiluoghi piú bassi scansando i ripidi declivi e le piú alteed irte creste.

“Orbene” dissi a me stesso “è chiaro che mi convienerimaner dove sono e non turbar l’equilibrio, ma anche èchiaro che posso passar la pagaia al disopra del bordo, edi tanto in tanto, nelle zone piane, menare un colpo odue verso terra.” Detto fatto. Mi levai sui gomiti, e stan-do in questa disagiatissima posizione davo a intervalliqualche debole colpo per far volgere la prua verso la co-sta.

Era una lenta e spossante fatica. Nondimeno guada-gnavo terreno, e avvicinandomi al Capo dei Boschi, perquanto lo vedessi irremissibilmente perduto, constatai

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che avevo fatto qualche centinaio di metri ad est. Inrealtà, ero assai vicino a terra. Vedevo le fresche verdivette degli alberi tentennare alla brezza, e mi tenevo si-curo di approdare al prossimo promontorio.

Era ben tempo, poiché la sete cominciava a torturar-mi. La vampa del sole piovente dall’alto, le miriadi diriflessi gettati dalle onde, gli spruzzi marini che mi ca-devano addosso e si seccavano incrostando le mie lab-bra di sale, si alleavano per ardere la mia gola e indolen-zirmi la testa. La vista degli alberi cosí vicini mi consu-mava di smania: ma presto la corrente mi trascinò oltreil promontorio, e quando la nuova distesa di mare mi siaperse alla vista, io scorsi cosa che cangiò il camminodei miei pensieri.

Davanti a me, a distanza di neppure un miglio, scorsil’Hispaniola alla vela. Ebbi naturalmente la certezza chesarei preso; ma ero talmente tribolato dalla mancanzad’acqua, che non sapevo io stesso se rallegrarmi o doler-mi di quella prospettiva; e prima assai che giungessi auna conclusione, la sorpresa s’era al tutto impadronita dime, e non potei altro fare che sbarrar gli occhi e stupire.

L’Hispaniola era sotto la vela di trinchetto e due fioc-chi, e la bella candida tela splendeva al sole come neveo argento. Nel primo istante che la vidi, tutte le sue veleportavano, ed essa faceva rotta per nord-ovest, talché iopresumeva che i suoi marinai aggirassero l’isola per ri-tornare all’ancoraggio. Ora invece appoggiava piú e piúad ovest, sicché credetti che m’avessero scoperto e midessero la caccia. Ma finalmente entrò in pieno vento,

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che avevo fatto qualche centinaio di metri ad est. Inrealtà, ero assai vicino a terra. Vedevo le fresche verdivette degli alberi tentennare alla brezza, e mi tenevo si-curo di approdare al prossimo promontorio.

Era ben tempo, poiché la sete cominciava a torturar-mi. La vampa del sole piovente dall’alto, le miriadi diriflessi gettati dalle onde, gli spruzzi marini che mi ca-devano addosso e si seccavano incrostando le mie lab-bra di sale, si alleavano per ardere la mia gola e indolen-zirmi la testa. La vista degli alberi cosí vicini mi consu-mava di smania: ma presto la corrente mi trascinò oltreil promontorio, e quando la nuova distesa di mare mi siaperse alla vista, io scorsi cosa che cangiò il camminodei miei pensieri.

Davanti a me, a distanza di neppure un miglio, scorsil’Hispaniola alla vela. Ebbi naturalmente la certezza chesarei preso; ma ero talmente tribolato dalla mancanzad’acqua, che non sapevo io stesso se rallegrarmi o doler-mi di quella prospettiva; e prima assai che giungessi auna conclusione, la sorpresa s’era al tutto impadronita dime, e non potei altro fare che sbarrar gli occhi e stupire.

L’Hispaniola era sotto la vela di trinchetto e due fioc-chi, e la bella candida tela splendeva al sole come neveo argento. Nel primo istante che la vidi, tutte le sue veleportavano, ed essa faceva rotta per nord-ovest, talché iopresumeva che i suoi marinai aggirassero l’isola per ri-tornare all’ancoraggio. Ora invece appoggiava piú e piúad ovest, sicché credetti che m’avessero scoperto e midessero la caccia. Ma finalmente entrò in pieno vento,

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fu respinta indietro, e restò là un momento inerte, con levele che sbattevano.

“Che balordi!” dissi tra me “devono esser pieni comeotri.” E pensai come il capitano Smollett li avrebbe fattiballare.

Frattanto la goletta a poco a poco andava alla banda einiziava un’altra bordata navigando velocemente un mi-nuto o due, per rimanere di bel nuovo in panna. Ciò siripeté varie volte. Di qua, di là, di su, di giú; a nord, asud, a est, a ovest: l’Hispaniola navigava a colpi impe-tuosi, e ogni ripetizione si conchiudeva come aveva co-minciato, con un vano sbatter di vele. Mi persuasi chenessuno la governava. Ma, e gli uomini? O erano ub-briachi fradici, o avevano disertato, pensavo; e forse,potendo io montare a bordo, riuscirei a render la nave alcapitano.

La corrente sospingeva piroga e goletta a sud a unastessa velocità. Ma la navigazione di quest’ultima eracosí insensata e incoerente, e il bastimento indugiavatalmente a virare, che per certo non guadagnava nulla,se pur anco non perdeva. Bastava soltanto che osassi le-varmi a pagaiare, e l’avrei sicuramente raggiunta. Il pro-getto aveva un’aria d’avventura che mi tentava, e il pen-siero della cassa d’acqua accanto al cassero di prua rad-doppiava il mio risorgente coraggio.

Alzatomi, fui quasi subito accolto da un’altra nuvoladi sbruffi, ma stavolta mi raffermai nel mio proposito, emi misi con tutta forza e cautela a pagaiare dietro lamalgovernata Hispaniola.

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fu respinta indietro, e restò là un momento inerte, con levele che sbattevano.

“Che balordi!” dissi tra me “devono esser pieni comeotri.” E pensai come il capitano Smollett li avrebbe fattiballare.

Frattanto la goletta a poco a poco andava alla banda einiziava un’altra bordata navigando velocemente un mi-nuto o due, per rimanere di bel nuovo in panna. Ciò siripeté varie volte. Di qua, di là, di su, di giú; a nord, asud, a est, a ovest: l’Hispaniola navigava a colpi impe-tuosi, e ogni ripetizione si conchiudeva come aveva co-minciato, con un vano sbatter di vele. Mi persuasi chenessuno la governava. Ma, e gli uomini? O erano ub-briachi fradici, o avevano disertato, pensavo; e forse,potendo io montare a bordo, riuscirei a render la nave alcapitano.

La corrente sospingeva piroga e goletta a sud a unastessa velocità. Ma la navigazione di quest’ultima eracosí insensata e incoerente, e il bastimento indugiavatalmente a virare, che per certo non guadagnava nulla,se pur anco non perdeva. Bastava soltanto che osassi le-varmi a pagaiare, e l’avrei sicuramente raggiunta. Il pro-getto aveva un’aria d’avventura che mi tentava, e il pen-siero della cassa d’acqua accanto al cassero di prua rad-doppiava il mio risorgente coraggio.

Alzatomi, fui quasi subito accolto da un’altra nuvoladi sbruffi, ma stavolta mi raffermai nel mio proposito, emi misi con tutta forza e cautela a pagaiare dietro lamalgovernata Hispaniola.

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A un momento imbarcai un tal colpo di mare che do-vetti fermarmi e aggottare, col cuore palpitante come unuccello; ma a poco a poco imparai la manovra e guidaila piroga tra i flutti senz’altro fastidio che di tanto intanto un urto nella prua e uno schizzo di schiuma sullamia faccia.

Ora guadagnavo rapidamente sulla goletta; potevo ve-dere il rame luccicante sulla barra del timone quandos’abbatteva da un lato; e tuttavia non un’anima apparivasul ponte. Indubbiamente l’Hispaniola era abbandonata.Oppure gli uomini cotti dal rum giacevano sotto, doveio potrei chiuderli, forse, e disporre della nave a mio ta-lento.

Da qualche momento essa stava comportandosi nellapeggior maniera possibile per me. Teneva la prua quasia sud, seguitando, naturalmente, a zigzagare. Ogni voltache andava alla banda, le sue vele si gonfiavano parzial-mente, e non tardavano di nuovo a drizzarla contro ilvento. Ho detto che ciò era il peggio per me; difatti, de-serta come sembrava, con le vele che sbattevano frago-rose come cannoni, i bozzelli che ruzzolavano sul pontee lo tempestavano di colpi, essa continuava a dilungarsida me, aggiungendo alla velocità della corrente quellapur non piccola della sua deriva.

Ma finalmente la fortuna mi aiutò. Per alcuni secondila brezza decadde fino a un soffio, e sotto l’azione dellacorrente l’Hispaniola piano piano girò sul proprio asse,presentandomi da ultimo la poppa con spalancata la fi-nestra della cabina e sulla tavola la lampada ancora ac-

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A un momento imbarcai un tal colpo di mare che do-vetti fermarmi e aggottare, col cuore palpitante come unuccello; ma a poco a poco imparai la manovra e guidaila piroga tra i flutti senz’altro fastidio che di tanto intanto un urto nella prua e uno schizzo di schiuma sullamia faccia.

Ora guadagnavo rapidamente sulla goletta; potevo ve-dere il rame luccicante sulla barra del timone quandos’abbatteva da un lato; e tuttavia non un’anima apparivasul ponte. Indubbiamente l’Hispaniola era abbandonata.Oppure gli uomini cotti dal rum giacevano sotto, doveio potrei chiuderli, forse, e disporre della nave a mio ta-lento.

Da qualche momento essa stava comportandosi nellapeggior maniera possibile per me. Teneva la prua quasia sud, seguitando, naturalmente, a zigzagare. Ogni voltache andava alla banda, le sue vele si gonfiavano parzial-mente, e non tardavano di nuovo a drizzarla contro ilvento. Ho detto che ciò era il peggio per me; difatti, de-serta come sembrava, con le vele che sbattevano frago-rose come cannoni, i bozzelli che ruzzolavano sul pontee lo tempestavano di colpi, essa continuava a dilungarsida me, aggiungendo alla velocità della corrente quellapur non piccola della sua deriva.

Ma finalmente la fortuna mi aiutò. Per alcuni secondila brezza decadde fino a un soffio, e sotto l’azione dellacorrente l’Hispaniola piano piano girò sul proprio asse,presentandomi da ultimo la poppa con spalancata la fi-nestra della cabina e sulla tavola la lampada ancora ac-

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cesa in pieno giorno. La vela di trinchetto pendeva flo-scia come una bandiera. Salvo la corrente, la nave eraimmobile.

Durante gli ultimi momenti ero di nuovo rimasto in-dietro; ma ora, moltiplicando i miei sforzi, raggiungevoun’altra volta la mia preda.

Non distavo da lei cento metri, quando tornò il ventocon una brusca folata; l’Hispaniola ripartí, mura a ba-bordo, e di nuovo si allontanò, inclinata sul fianco, sfio-rando l’acqua come una rondine.

Il mio primo moto fu di disperazione, ma il secondofu di gioia. La goletta virò fino a mostrarmi il fianco, epoi ancora fino a coprire una metà e poi due terzi e poitre quarti dello spazio che ci divideva. Vedevo i marosibollire bianchi di spuma sotto la sua prua. Smisurata-mente alta mi sembrava, guardata dall’umiltà della miapiroga.

D’un tratto io compresi. Non ebbi tempo né di riflet-tere né di agire per salvarmi. Ero sulla cima d’un’ondaquando la goletta sopravvenne d’impeto sulla successi-va. Il bompresso era sulla mia testa. Scattai in piedi, emi slanciai, respingendo con un calcio la pirogasott’acqua. Con una mano mi aggrappai al bastone difiocco, mentre il mio piede si collocava fra lo straglio eil braccio; e stando io cosí agganciato e tutto ansimante,un sordo colpo m’avvertí che la goletta aveva investito efracassato la piroga, e che io mi trovavo senza possibili-tà di scampo prigione dell’Hispaniola.

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cesa in pieno giorno. La vela di trinchetto pendeva flo-scia come una bandiera. Salvo la corrente, la nave eraimmobile.

Durante gli ultimi momenti ero di nuovo rimasto in-dietro; ma ora, moltiplicando i miei sforzi, raggiungevoun’altra volta la mia preda.

Non distavo da lei cento metri, quando tornò il ventocon una brusca folata; l’Hispaniola ripartí, mura a ba-bordo, e di nuovo si allontanò, inclinata sul fianco, sfio-rando l’acqua come una rondine.

Il mio primo moto fu di disperazione, ma il secondofu di gioia. La goletta virò fino a mostrarmi il fianco, epoi ancora fino a coprire una metà e poi due terzi e poitre quarti dello spazio che ci divideva. Vedevo i marosibollire bianchi di spuma sotto la sua prua. Smisurata-mente alta mi sembrava, guardata dall’umiltà della miapiroga.

D’un tratto io compresi. Non ebbi tempo né di riflet-tere né di agire per salvarmi. Ero sulla cima d’un’ondaquando la goletta sopravvenne d’impeto sulla successi-va. Il bompresso era sulla mia testa. Scattai in piedi, emi slanciai, respingendo con un calcio la pirogasott’acqua. Con una mano mi aggrappai al bastone difiocco, mentre il mio piede si collocava fra lo straglio eil braccio; e stando io cosí agganciato e tutto ansimante,un sordo colpo m’avvertí che la goletta aveva investito efracassato la piroga, e che io mi trovavo senza possibili-tà di scampo prigione dell’Hispaniola.

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XXVAMMÀINO IL JOLLY ROGER

M’ero appena installato sul bompresso, che il fioccovolante si riscosse e s’empí di vento cambiando mura,col rumore d’una schioppettata. Sotto l’urto la golettatremò fino alla chiglia, ma di lí a poco, seguitandol’altre vele a portare, il fiocco tornò a svolazzare, e poiricadde ozioso.

Poco mancò che lo scossone non mi gettasse in mare.Senza perder tempo strisciai lungo il bompresso e piom-bai, testa in avanti, sul ponte.

Ero sottovento al cassero di prua, e la randa maestrache ancora sempre portava, mi nascondeva una partedella coperta di poppa. Non un’anima si vedeva. Il tavo-lato, non piú scopato dopo la rivolta, recava l’improntadi molte pedate; e una bottiglia vuota dal collo rotto ro-tolava di qua e di là per gli ombrinali come cosa viva.

D’un tratto l’Hispaniola prese il vento in pieno. Ifiocchi alle mie spalle strepitarono forte, la barra del ti-mone si abbatté, l’intera nave ebbe un doloroso sussul-to; nel medesimo istante la verga di randa rientrò dentroil bordo, e la vela stridendo nei bozzelli mi permise divedere la parte della coperta di poppa.

Le due guardie erano là: Berretto Rosso supino, rigi-do come una stanga, con le braccia spalancate comequelle d’un crocifisso, le labbra semichiuse che scopri-vano i denti; Israel Hands appoggiato contro il bastin-gaggio, il mento sul petto, le palme delle mani aperte

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XXVAMMÀINO IL JOLLY ROGER

M’ero appena installato sul bompresso, che il fioccovolante si riscosse e s’empí di vento cambiando mura,col rumore d’una schioppettata. Sotto l’urto la golettatremò fino alla chiglia, ma di lí a poco, seguitandol’altre vele a portare, il fiocco tornò a svolazzare, e poiricadde ozioso.

Poco mancò che lo scossone non mi gettasse in mare.Senza perder tempo strisciai lungo il bompresso e piom-bai, testa in avanti, sul ponte.

Ero sottovento al cassero di prua, e la randa maestrache ancora sempre portava, mi nascondeva una partedella coperta di poppa. Non un’anima si vedeva. Il tavo-lato, non piú scopato dopo la rivolta, recava l’improntadi molte pedate; e una bottiglia vuota dal collo rotto ro-tolava di qua e di là per gli ombrinali come cosa viva.

D’un tratto l’Hispaniola prese il vento in pieno. Ifiocchi alle mie spalle strepitarono forte, la barra del ti-mone si abbatté, l’intera nave ebbe un doloroso sussul-to; nel medesimo istante la verga di randa rientrò dentroil bordo, e la vela stridendo nei bozzelli mi permise divedere la parte della coperta di poppa.

Le due guardie erano là: Berretto Rosso supino, rigi-do come una stanga, con le braccia spalancate comequelle d’un crocifisso, le labbra semichiuse che scopri-vano i denti; Israel Hands appoggiato contro il bastin-gaggio, il mento sul petto, le palme delle mani aperte

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davanti a sé, e la faccia, sotto la tinta bronzina, scialbacome una candela di sego.

Per un momento la nave si contorse andando sghem-ba come un cavallo vizioso, mentre le vele prendevanoil vento ora da un bordo ora dall’altro, e la verga di ran-da balzando di qua e di là faceva, sotto lo sforzo, lamen-tare l’albero. Di tanto in tanto una nuvola di spruzzi sal-tava al disopra del bastingaggio e la prua cozzava vio-lentemente contro un maroso; il grande e bene attrezzatoveliero navigava assai peggio della rustica e bistorta pi-roga ormai seppellita in fondo al mare.

A ogni sobbalzo della goletta Berretto Rosso scivola-va da una banda all’altra: ma, cosa oscena a vedere, néil suo atteggiamento, né la smorfia che gli metteva inluce i denti, erano modificati da codesti brutali sposta-menti. A ogni sobbalzo pure Hands lo si vedeva ripie-garsi su se stesso e abbiosciarsi sulla coperta come unsacco vuoto; i suoi piedi sdrucciolavano sempre piú lon-tani, e tutto il corpo s’inclinava verso poppa, talché ilsuo viso a poco a poco mi fu nascosto, e alla fine nonemerse piú che un orecchio e la punta di un mustacchio.

In quell’istante mi vennero viste intorno a loro mac-chie di sangue annerito sul tavolato, il che mi fece pen-sare che nel furore dell’ubbriachezza i due si fosseromassacrati.

Stavo cosí guardando e maravigliando, quando, in unmomento di calma che il bastimento cessò di rullare,Israel Hands si volse verso di me a metà, e torcendosicon un fioco gemito riprese la posa nella quale l’avevo

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davanti a sé, e la faccia, sotto la tinta bronzina, scialbacome una candela di sego.

Per un momento la nave si contorse andando sghem-ba come un cavallo vizioso, mentre le vele prendevanoil vento ora da un bordo ora dall’altro, e la verga di ran-da balzando di qua e di là faceva, sotto lo sforzo, lamen-tare l’albero. Di tanto in tanto una nuvola di spruzzi sal-tava al disopra del bastingaggio e la prua cozzava vio-lentemente contro un maroso; il grande e bene attrezzatoveliero navigava assai peggio della rustica e bistorta pi-roga ormai seppellita in fondo al mare.

A ogni sobbalzo della goletta Berretto Rosso scivola-va da una banda all’altra: ma, cosa oscena a vedere, néil suo atteggiamento, né la smorfia che gli metteva inluce i denti, erano modificati da codesti brutali sposta-menti. A ogni sobbalzo pure Hands lo si vedeva ripie-garsi su se stesso e abbiosciarsi sulla coperta come unsacco vuoto; i suoi piedi sdrucciolavano sempre piú lon-tani, e tutto il corpo s’inclinava verso poppa, talché ilsuo viso a poco a poco mi fu nascosto, e alla fine nonemerse piú che un orecchio e la punta di un mustacchio.

In quell’istante mi vennero viste intorno a loro mac-chie di sangue annerito sul tavolato, il che mi fece pen-sare che nel furore dell’ubbriachezza i due si fosseromassacrati.

Stavo cosí guardando e maravigliando, quando, in unmomento di calma che il bastimento cessò di rullare,Israel Hands si volse verso di me a metà, e torcendosicon un fioco gemito riprese la posa nella quale l’avevo

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dianzi sorpreso. Quel gemito che tradiva una pena e unadebolezza mortali, e il modo come quella mascella aper-ta pendeva, mi andarono diritti al cuore. Ma rammentan-domi il discorso che avevo udito dal barile di mele, ognipietà mi cadde.

Avanzai verso poppa fino all’albero di maestra.«Venite a bordo, signor Hands» dissi ironicamente.Egli girò stentatamente i suoi occhi: ma era troppo

abbrutito per esprimere sorpresa. Tutto quanto poté farefu di proferire una parola:

«Acquavite.»Io riflettei che non c’era tempo da perdere, e scansan-

do la verga di randa che di nuovo dondolava per traver-so alla coperta, scappai a poppa e per la scala del casse-ro discesi nella cabina.

Era una scena di disordine difficilmente immaginabi-le. Tutti i cassetti chiusi a chiave erano stati scassinatiper cercare la carta. Sul pavimento, due dita di mota,dove i banditi s’erano sdraiati a cioncare e consultarsidopo essersi impantanati nello stagno che contornava illoro campo. Le paratie, tutte dipinte in bianco-argento efregiate torno torno di dorature, recavano impronte dimani sporche. Dozzine di bottiglie vuote tintinnavanoinsieme urtandosi nei canti al rullío della nave. Uno deilibri di medicina del dottore stava aperto sulla tavolacon metà delle pagine strappate, probabilmente per ac-cendere la pipa. In mezzo a tutto ciò la lucerna spandevaancora una luce fumosa e rossastra come terra d’ombra.

Passai nella cantina. Le botti erano sparite e la mag-

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dianzi sorpreso. Quel gemito che tradiva una pena e unadebolezza mortali, e il modo come quella mascella aper-ta pendeva, mi andarono diritti al cuore. Ma rammentan-domi il discorso che avevo udito dal barile di mele, ognipietà mi cadde.

Avanzai verso poppa fino all’albero di maestra.«Venite a bordo, signor Hands» dissi ironicamente.Egli girò stentatamente i suoi occhi: ma era troppo

abbrutito per esprimere sorpresa. Tutto quanto poté farefu di proferire una parola:

«Acquavite.»Io riflettei che non c’era tempo da perdere, e scansan-

do la verga di randa che di nuovo dondolava per traver-so alla coperta, scappai a poppa e per la scala del casse-ro discesi nella cabina.

Era una scena di disordine difficilmente immaginabi-le. Tutti i cassetti chiusi a chiave erano stati scassinatiper cercare la carta. Sul pavimento, due dita di mota,dove i banditi s’erano sdraiati a cioncare e consultarsidopo essersi impantanati nello stagno che contornava illoro campo. Le paratie, tutte dipinte in bianco-argento efregiate torno torno di dorature, recavano impronte dimani sporche. Dozzine di bottiglie vuote tintinnavanoinsieme urtandosi nei canti al rullío della nave. Uno deilibri di medicina del dottore stava aperto sulla tavolacon metà delle pagine strappate, probabilmente per ac-cendere la pipa. In mezzo a tutto ciò la lucerna spandevaancora una luce fumosa e rossastra come terra d’ombra.

Passai nella cantina. Le botti erano sparite e la mag-

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gior parte delle bottiglie erano state bevute e buttate via.Dall’inizio dell’ammutinamento nessun di loro certa-mente aveva smesso di bere e di ubbriacarsi.

Rovistando qua e là rinvenni una bottiglia con un re-sto d’acquavite per Hands; e per me afferrai alcuni bi-scotti, un po’ di frutta in conserva, un grosso grappolod’uva, e un pezzo di cacio. Con questa roba risalii in co-perta; deposi la mia provvista dietro la testa del timone,e tenendomi a doverosa distanza dal quartiermastro, rag-giunsi a prua la cassa d’acqua, dove con una buona in-terminabile sorsata spensi la mia sete; e allora, ma sola-mente allora, porsi a Hands l’acquavite.

Credo ne bevesse un quarto di litro prima di decidersia staccar la bottiglia dal muso.

«Ah» disse «un po’ di questa ci voleva, per mille dia-voli!»

Io seduto nel mio cantuccio avevo già cominciato amangiare.

«Molto ferito?» gli chiesi.Egli grugní, o piuttosto latrò:«Se quel dottore fosse a bordo, un paio di volte che

mi visitasse mi rimetterebbe in piedi, ma non ho fortunaio, vedi, ed è questo che mi secca. Quanto a quella ra-mazza, è bell’e andata» aggiunse indicando l’uomo dalberretto rosso. «Non è mai stato un marinaio, del resto.Ma da dove sei saltato fuori, tu?»

«Son venuto a bordo per prendere possesso di questanave, signor Hands; e fino a nuovo ordine siete pregatodi considerarmi come vostro capitano.»

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gior parte delle bottiglie erano state bevute e buttate via.Dall’inizio dell’ammutinamento nessun di loro certa-mente aveva smesso di bere e di ubbriacarsi.

Rovistando qua e là rinvenni una bottiglia con un re-sto d’acquavite per Hands; e per me afferrai alcuni bi-scotti, un po’ di frutta in conserva, un grosso grappolod’uva, e un pezzo di cacio. Con questa roba risalii in co-perta; deposi la mia provvista dietro la testa del timone,e tenendomi a doverosa distanza dal quartiermastro, rag-giunsi a prua la cassa d’acqua, dove con una buona in-terminabile sorsata spensi la mia sete; e allora, ma sola-mente allora, porsi a Hands l’acquavite.

Credo ne bevesse un quarto di litro prima di decidersia staccar la bottiglia dal muso.

«Ah» disse «un po’ di questa ci voleva, per mille dia-voli!»

Io seduto nel mio cantuccio avevo già cominciato amangiare.

«Molto ferito?» gli chiesi.Egli grugní, o piuttosto latrò:«Se quel dottore fosse a bordo, un paio di volte che

mi visitasse mi rimetterebbe in piedi, ma non ho fortunaio, vedi, ed è questo che mi secca. Quanto a quella ra-mazza, è bell’e andata» aggiunse indicando l’uomo dalberretto rosso. «Non è mai stato un marinaio, del resto.Ma da dove sei saltato fuori, tu?»

«Son venuto a bordo per prendere possesso di questanave, signor Hands; e fino a nuovo ordine siete pregatodi considerarmi come vostro capitano.»

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Mi guardò stizzito, ma non articolò sillaba. Sulle sueguance era tornato un po’ di colore, benché apparisseancora molto sfinito e seguitasse a scivolare e ricadere asecondo delle scosse del bastimento.

«A proposito» continuai «io non posso battere questabandiera, signor Hands, e con vostra licenza l’abbasse-rò. Meglio nessuna che questa.»

E, scansando un’altra volta la verga di randa, corsialla drizza della bandiera, ammainai quella maledetta in-segna, e la scagliai in mare.

«Dio salvi il Re!» esclamai agitando il mio berretto.«È finita col capitano Silver!»

Egli mi osservava acuto e furtivo senza levare il men-to dal petto.

«Io suppongo» disse alfine «io suppongo, capitanoHawkins, che tu avrai voglia di approdare, ora. Voglia-mo discorrere?»

«Ma sí, con tutto il cuore, signor Hands. Dite pure.»E mi rimisi a mangiare di buon appetito.«Quest’uomo» cominciò egli con un debole cenno del

capo verso il cadavere, O’Brien si chiamava, un bestio-ne d’irlandese, quest’uomo ed io avevamo messo allavela con l’intenzione di ricondurre il bastimentoall’ancoraggio. Ebbene, adesso lui è morto, morto comela sentina, e io non vedo chi sarà capace di manovrarquesto bastimento, non vedo. Se non ti do qualche con-siglio non te la cavi, questo è quanto io posso dire. Ora,ascoltami: tu mi darai da bere e da mangiare, e una vec-chia sciarpa per fasciarmi la ferita, mi darai; e io ti dirò

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Mi guardò stizzito, ma non articolò sillaba. Sulle sueguance era tornato un po’ di colore, benché apparisseancora molto sfinito e seguitasse a scivolare e ricadere asecondo delle scosse del bastimento.

«A proposito» continuai «io non posso battere questabandiera, signor Hands, e con vostra licenza l’abbasse-rò. Meglio nessuna che questa.»

E, scansando un’altra volta la verga di randa, corsialla drizza della bandiera, ammainai quella maledetta in-segna, e la scagliai in mare.

«Dio salvi il Re!» esclamai agitando il mio berretto.«È finita col capitano Silver!»

Egli mi osservava acuto e furtivo senza levare il men-to dal petto.

«Io suppongo» disse alfine «io suppongo, capitanoHawkins, che tu avrai voglia di approdare, ora. Voglia-mo discorrere?»

«Ma sí, con tutto il cuore, signor Hands. Dite pure.»E mi rimisi a mangiare di buon appetito.«Quest’uomo» cominciò egli con un debole cenno del

capo verso il cadavere, O’Brien si chiamava, un bestio-ne d’irlandese, quest’uomo ed io avevamo messo allavela con l’intenzione di ricondurre il bastimentoall’ancoraggio. Ebbene, adesso lui è morto, morto comela sentina, e io non vedo chi sarà capace di manovrarquesto bastimento, non vedo. Se non ti do qualche con-siglio non te la cavi, questo è quanto io posso dire. Ora,ascoltami: tu mi darai da bere e da mangiare, e una vec-chia sciarpa per fasciarmi la ferita, mi darai; e io ti dirò

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come manovrare. Mi sembra che la proposta quadri,no?»

«Dovete sapere una cosa» dissi io «ed è che io nonintendo ritornare all’ancoraggio del capitano Kidd. Ioconto di andare nella baia del Nord e arrenarmi là tran-quillamente.»

«Me l’aspettavo» gridò lui. «E dunque tu vedi chenon sono poi un cosí perfetto idiota, dopo tutto. Le cosele conosco anch’io, no? Ho tentato il mio colpo, ho ten-tato; e ho perduto, e sei tu adesso che hai il sopravventosu me. La baia del Nord? E sia. Non ho possibilità discelta, io. Vorrei piuttosto aiutarti a menarci alla Rivadelle Forche, questo sí, per Satanasso!»

La proposta mi parve abbastanza sensata. Fermammosenz’altro il patto. Tre minuti dopo, l’Hispaniola filavaspedita col vento in poppa lungo la costa dell’Isola delTesoro con buona speranza di doppiare prima di mezzo-giorno l’estrema punta settentrionale ed entrare nellabaia avanti l’alta marea, per poter arrenare in salvo e at-tendere che le scemate acque ci permettessero di sbarca-re.

Legai allora la barra del timone e scesi abbasso aprendere nel mio baule uno dei fazzoletti di fina seta do-natimi da mia madre. Col quale, e col mio aiuto, Handspoté bendare la larga sanguinante ferita della pugnalataricevuta sulla coscia; e dopo ch’ebbe mangiato e tracan-nato ancora uno o due sorsi di acquavite cominciò a rile-varsi visibilmente, si resse meglio dritto, parlò piú fortee piú chiaro, e parve del tutto un altr’uomo.

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come manovrare. Mi sembra che la proposta quadri,no?»

«Dovete sapere una cosa» dissi io «ed è che io nonintendo ritornare all’ancoraggio del capitano Kidd. Ioconto di andare nella baia del Nord e arrenarmi là tran-quillamente.»

«Me l’aspettavo» gridò lui. «E dunque tu vedi chenon sono poi un cosí perfetto idiota, dopo tutto. Le cosele conosco anch’io, no? Ho tentato il mio colpo, ho ten-tato; e ho perduto, e sei tu adesso che hai il sopravventosu me. La baia del Nord? E sia. Non ho possibilità discelta, io. Vorrei piuttosto aiutarti a menarci alla Rivadelle Forche, questo sí, per Satanasso!»

La proposta mi parve abbastanza sensata. Fermammosenz’altro il patto. Tre minuti dopo, l’Hispaniola filavaspedita col vento in poppa lungo la costa dell’Isola delTesoro con buona speranza di doppiare prima di mezzo-giorno l’estrema punta settentrionale ed entrare nellabaia avanti l’alta marea, per poter arrenare in salvo e at-tendere che le scemate acque ci permettessero di sbarca-re.

Legai allora la barra del timone e scesi abbasso aprendere nel mio baule uno dei fazzoletti di fina seta do-natimi da mia madre. Col quale, e col mio aiuto, Handspoté bendare la larga sanguinante ferita della pugnalataricevuta sulla coscia; e dopo ch’ebbe mangiato e tracan-nato ancora uno o due sorsi di acquavite cominciò a rile-varsi visibilmente, si resse meglio dritto, parlò piú fortee piú chiaro, e parve del tutto un altr’uomo.

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La brezza ci favoriva magnificamente. Scorrevamodinanzi a lei con la leggerezza d’un uccello. La costafuggiva come il lampo, e la scena cangiava ogni mo-mento. Presto oltrepassammo i luoghi montuosi, volam-mo lungo una regione piatta e sabbiosa sparsamente pic-chiettata di pini nani, e superata anche quella girammolo sprone della collina rocciosa che termina l’isola anord.

Io ero grandemente fiero del mio nuovo posto di co-mando, e mi godevo il chiaro e luminoso tempo, e i variaspetti della costa. Acqua in abbondanza possedevo, ebuone cose da mangiare, e la mia coscienza che già miaveva duramente rimorso per la mia diserzione, s’acque-tava ora nella grande conquista che m’era riuscito difare. Nulla mi sarebbe piú rimasto da desiderare se nonfossero stati gli occhi del quartiermastro che mi seguiva-no beffardi per tutto il ponte, ed il sinistro sorriso che dicontinuo affiorava sulle sue labbra. Era un sorriso fattodi sofferenza e debolezza insieme, un sorriso di vecchiodisfatto: ma v’era pure, oltre a ciò, una punta di scherno,un’ombra di perfidia, nella sua espressione, mentre egliscaltramente mi spiava e spiava e spiava tenendo dietroal mio lavoro.

XXVIISRAEL HANDS

Il vento favorendo il nostro desiderio soffiava verso

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La brezza ci favoriva magnificamente. Scorrevamodinanzi a lei con la leggerezza d’un uccello. La costafuggiva come il lampo, e la scena cangiava ogni mo-mento. Presto oltrepassammo i luoghi montuosi, volam-mo lungo una regione piatta e sabbiosa sparsamente pic-chiettata di pini nani, e superata anche quella girammolo sprone della collina rocciosa che termina l’isola anord.

Io ero grandemente fiero del mio nuovo posto di co-mando, e mi godevo il chiaro e luminoso tempo, e i variaspetti della costa. Acqua in abbondanza possedevo, ebuone cose da mangiare, e la mia coscienza che già miaveva duramente rimorso per la mia diserzione, s’acque-tava ora nella grande conquista che m’era riuscito difare. Nulla mi sarebbe piú rimasto da desiderare se nonfossero stati gli occhi del quartiermastro che mi seguiva-no beffardi per tutto il ponte, ed il sinistro sorriso che dicontinuo affiorava sulle sue labbra. Era un sorriso fattodi sofferenza e debolezza insieme, un sorriso di vecchiodisfatto: ma v’era pure, oltre a ciò, una punta di scherno,un’ombra di perfidia, nella sua espressione, mentre egliscaltramente mi spiava e spiava e spiava tenendo dietroal mio lavoro.

XXVIISRAEL HANDS

Il vento favorendo il nostro desiderio soffiava verso

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ponente, sicché tanto piú agevolmente potevamo correredalla punta nord-est dell’isola alla bocca della baia delNord. Mancandoci però la possibilità di ancorarci, e nonosando arrenare prima che la marea fosse montata unbuon po’, avevamo del tempo d’avanzo. Il quartierma-stro mi disse la maniera di mettere il bastimento in pan-na; vi riuscii dopo molti tentativi, e in silenzio sedemmoper fare un altro pasto.

«Capitano» ruppe egli alfine con lo stesso inquietantesorriso «ecco qui il mio vecchio camerata O’Brien. Iopenso che tu vorrai bene gettarlo in mare. Io, d’ordina-rio, non sono troppo delicato, e non mi fo colpa d’averlocosí conciato; ma, non lo trovo decorativo, ti pare?»

«Io non mi sento forte abbastanza» risposi «e non èuna faccenda che mi piaccia. Per me, può restar dov’è.»

«È un bastimento che porta disgrazia questa Hispa-niola, Jim» seguitò lui ammiccando. «Un mucchiod’uomini sono stati uccisi su questa Hispaniola: una filadi poveri marinai morti e seppelliti dacché tu ed io ciimbarcammo a Bristol. Mai ho visto una cosí maledettasorte, io, mai! Questo O’Brien era pure dei nostri, e oraè morto, no? Ebbene, senti, io non sono istruito, mentretu sei un ragazzo capace di leggere e scrivere; per parlarchiaro, credi tu che un uomo morto sia morto per davve-ro, o torni a vivere di nuovo?»

«Voi potete uccidere il corpo, signor Hands, ma nonlo spirito, dovreste pur saperlo. O’Brien è passato in unaltro mondo, e forse in questo momento ci spia.»

«Ah» disse lui «questo è spiacevole: vuol dire che

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ponente, sicché tanto piú agevolmente potevamo correredalla punta nord-est dell’isola alla bocca della baia delNord. Mancandoci però la possibilità di ancorarci, e nonosando arrenare prima che la marea fosse montata unbuon po’, avevamo del tempo d’avanzo. Il quartierma-stro mi disse la maniera di mettere il bastimento in pan-na; vi riuscii dopo molti tentativi, e in silenzio sedemmoper fare un altro pasto.

«Capitano» ruppe egli alfine con lo stesso inquietantesorriso «ecco qui il mio vecchio camerata O’Brien. Iopenso che tu vorrai bene gettarlo in mare. Io, d’ordina-rio, non sono troppo delicato, e non mi fo colpa d’averlocosí conciato; ma, non lo trovo decorativo, ti pare?»

«Io non mi sento forte abbastanza» risposi «e non èuna faccenda che mi piaccia. Per me, può restar dov’è.»

«È un bastimento che porta disgrazia questa Hispa-niola, Jim» seguitò lui ammiccando. «Un mucchiod’uomini sono stati uccisi su questa Hispaniola: una filadi poveri marinai morti e seppelliti dacché tu ed io ciimbarcammo a Bristol. Mai ho visto una cosí maledettasorte, io, mai! Questo O’Brien era pure dei nostri, e oraè morto, no? Ebbene, senti, io non sono istruito, mentretu sei un ragazzo capace di leggere e scrivere; per parlarchiaro, credi tu che un uomo morto sia morto per davve-ro, o torni a vivere di nuovo?»

«Voi potete uccidere il corpo, signor Hands, ma nonlo spirito, dovreste pur saperlo. O’Brien è passato in unaltro mondo, e forse in questo momento ci spia.»

«Ah» disse lui «questo è spiacevole: vuol dire che

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ammazzar la gente non è che un perder tempo. Comun-que sia, gli spiriti non contano molto, a quanto ho visto.Mi ci voglio provare, io, con gli spiriti, Jim. E ora, chehai parlato liberamente, mi useresti una vera cortesia sevolessi scender giú in cabina a prendermi una... ma sí,una... corpo di Satanasso! non riesco a tirar fuori ilnome; ah, ecco, una bottiglia di vino, Jim; quest’acqua-vite è troppo forte per la mia testa.»

L’esitazione del quartiermastro non mi parve naturale,e quanto al suo preferire il vino all’acquavite, non glicredetti affatto. L’intera storia non era che un pretesto.Egli voleva allontanarmi dal ponte, ciò era evidente: ma,a quale scopo, non riuscivo a immaginare. I suoi occhievitavano d’incontrarsi coi miei: essi erravano senzaposa da un punto all’altro; e ora si volgevano al cielo,ora con una rapida sguardata al cadavere di O’ Brien.Egli non cessava di sorridere e tirar fuori la lingua conun’aria cosí colpevole e imbarazzata che persino un ra-gazzo avrebbe detto che stava macchinando qualche tra-dimento. Io peraltro non esitai a rispondere, perché eroconscio della mia superiorità su di lui, e convinto checon un essere cosí supinamente stupido, potrei facilmen-te tener nascosti i miei sospetti fino alla fine.

«Del vino?» dissi. «Perfettamente. Bianco o rosso?»«Bah! Ti confesso che per me è press’a poco la stessa

cosa. Purché sia forte e abbondante, che differenzac’è?»

«Benissimo» risposi. «Vi darò del Porto, signorHands. Ma mi toccherà faticare, per trovarlo.»

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ammazzar la gente non è che un perder tempo. Comun-que sia, gli spiriti non contano molto, a quanto ho visto.Mi ci voglio provare, io, con gli spiriti, Jim. E ora, chehai parlato liberamente, mi useresti una vera cortesia sevolessi scender giú in cabina a prendermi una... ma sí,una... corpo di Satanasso! non riesco a tirar fuori ilnome; ah, ecco, una bottiglia di vino, Jim; quest’acqua-vite è troppo forte per la mia testa.»

L’esitazione del quartiermastro non mi parve naturale,e quanto al suo preferire il vino all’acquavite, non glicredetti affatto. L’intera storia non era che un pretesto.Egli voleva allontanarmi dal ponte, ciò era evidente: ma,a quale scopo, non riuscivo a immaginare. I suoi occhievitavano d’incontrarsi coi miei: essi erravano senzaposa da un punto all’altro; e ora si volgevano al cielo,ora con una rapida sguardata al cadavere di O’ Brien.Egli non cessava di sorridere e tirar fuori la lingua conun’aria cosí colpevole e imbarazzata che persino un ra-gazzo avrebbe detto che stava macchinando qualche tra-dimento. Io peraltro non esitai a rispondere, perché eroconscio della mia superiorità su di lui, e convinto checon un essere cosí supinamente stupido, potrei facilmen-te tener nascosti i miei sospetti fino alla fine.

«Del vino?» dissi. «Perfettamente. Bianco o rosso?»«Bah! Ti confesso che per me è press’a poco la stessa

cosa. Purché sia forte e abbondante, che differenzac’è?»

«Benissimo» risposi. «Vi darò del Porto, signorHands. Ma mi toccherà faticare, per trovarlo.»

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Su di che m’imbucai nel portello con tutto il fracassopossibile; mi cavai le scarpe, percorsi piano piano il cor-ridoio, e montato per la scala di prua, misi fuori la testada quel boccaporto. Io sapevo ch’egli non s’aspettereb-be di vedermi là, nondimeno non trascurai nessuna pre-cauzione, ed effettivamente i miei peggiori sospetti ri-sultarono giustificati.

Egli s’era levato sulle mani e sui ginocchi, e sebbenela gamba gli dolesse assai mentre si muoveva – l’intesiinfatti soffocare un gemito – riuscí tuttavia a traversareabbastanza sveltamente il ponte. In mezzo minuto rag-giunse gli ombrinali di babordo, e tratto fuori da un ro-tolo di cordame un lungo coltello, o meglio un corto pu-gnale macchiato di sangue fino all’impugnatura, lo esa-minò un istante con una truce smorfia, ne provò la puntasulla mano, poi, nascostolo in fretta sotto il camiciotto,raggiunse precipitosamente il suo posto di prima controil bastingaggio.

Avevo visto abbastanza. Israel poteva muoversi, eraarmato adesso; e la gran pena che s’era data per liberarsidella mia presenza diceva chiaro che ero io la vittimadesignata. Che cosa farebbe egli dipoi? Si sforzerebbedi traversar l’isola trascinandosi dalla baia del Nord alcampo della palude? O sparerebbe un colpo di cannonecon la speranza di far accorrere i compagni in suo aiuto?Qui, naturalmente, ero al buio.

Sentivo però di potermi fidar di lui circa un punto dicomune interesse; ed era la sorte della goletta. Tutti edue tenevamo a portarla ad arrenare in salvo; in un luo-

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Su di che m’imbucai nel portello con tutto il fracassopossibile; mi cavai le scarpe, percorsi piano piano il cor-ridoio, e montato per la scala di prua, misi fuori la testada quel boccaporto. Io sapevo ch’egli non s’aspettereb-be di vedermi là, nondimeno non trascurai nessuna pre-cauzione, ed effettivamente i miei peggiori sospetti ri-sultarono giustificati.

Egli s’era levato sulle mani e sui ginocchi, e sebbenela gamba gli dolesse assai mentre si muoveva – l’intesiinfatti soffocare un gemito – riuscí tuttavia a traversareabbastanza sveltamente il ponte. In mezzo minuto rag-giunse gli ombrinali di babordo, e tratto fuori da un ro-tolo di cordame un lungo coltello, o meglio un corto pu-gnale macchiato di sangue fino all’impugnatura, lo esa-minò un istante con una truce smorfia, ne provò la puntasulla mano, poi, nascostolo in fretta sotto il camiciotto,raggiunse precipitosamente il suo posto di prima controil bastingaggio.

Avevo visto abbastanza. Israel poteva muoversi, eraarmato adesso; e la gran pena che s’era data per liberarsidella mia presenza diceva chiaro che ero io la vittimadesignata. Che cosa farebbe egli dipoi? Si sforzerebbedi traversar l’isola trascinandosi dalla baia del Nord alcampo della palude? O sparerebbe un colpo di cannonecon la speranza di far accorrere i compagni in suo aiuto?Qui, naturalmente, ero al buio.

Sentivo però di potermi fidar di lui circa un punto dicomune interesse; ed era la sorte della goletta. Tutti edue tenevamo a portarla ad arrenare in salvo; in un luo-

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go riparato, per modo che a tempo opportuno con pocorischio e disagio la si potesse condurre fuori di là: finchéciò non fosse avvenuto, la mia vita, pensavo, sarebbe si-curamente risparmiata.

Mentre la mia mente girava intorno a tali cose, il miofisico non era rimasto inoperoso. Di furia ero ritornatonella cabina, m’ero rimesso le scarpe, avevo arraffato acaso una bottiglia di vino; e, con questa in mano a giu-stificazione del ritardo, ero riapparso in coperta.

Hands giaceva come l’avevo lasciato, ripiegato su disé, e raggomitolato, le palpebre abbassate come fossetroppo debole per sopportar la luce. Al mio sopraggiun-gere dette peraltro una sbirciata in su, ruppe il collo del-la bottiglia con la disinvoltura d’uno abituato a quel ge-sto, e tracannò un lungo sorso accompagnandovi il suobrindisi favorito: «Alla nostra buona fortuna!». Rimaseun momento cheto, e poi, cavato fuori un rotolo di ta-bacco, mi pregò di tagliargli una cicca.

«Tagliami un morsello di questo» disse «ché non ten-go coltello, io, e s’anche l’avessi mi mancherebbe laforza. Ah, Jim, Jim, riconosco che ho sbagliato mano-vra! Tagliami un morsello, che sarà forse l’ultimo, ra-gazzo; perché io sto incamminandomi verso quella lon-tana dimora, e non c’è dubbio!»

«Sta bene, vi taglierò un po’ di tabacco; ma se fossi invoi e mi sentissi cosí male, io direi le mie orazioni dabuon cristiano.»

«O perché?» fece lui. «Su, dimmi un po’ perché.»«Perché?» gridai. «Non stavate poco fa interrogando-

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go riparato, per modo che a tempo opportuno con pocorischio e disagio la si potesse condurre fuori di là: finchéciò non fosse avvenuto, la mia vita, pensavo, sarebbe si-curamente risparmiata.

Mentre la mia mente girava intorno a tali cose, il miofisico non era rimasto inoperoso. Di furia ero ritornatonella cabina, m’ero rimesso le scarpe, avevo arraffato acaso una bottiglia di vino; e, con questa in mano a giu-stificazione del ritardo, ero riapparso in coperta.

Hands giaceva come l’avevo lasciato, ripiegato su disé, e raggomitolato, le palpebre abbassate come fossetroppo debole per sopportar la luce. Al mio sopraggiun-gere dette peraltro una sbirciata in su, ruppe il collo del-la bottiglia con la disinvoltura d’uno abituato a quel ge-sto, e tracannò un lungo sorso accompagnandovi il suobrindisi favorito: «Alla nostra buona fortuna!». Rimaseun momento cheto, e poi, cavato fuori un rotolo di ta-bacco, mi pregò di tagliargli una cicca.

«Tagliami un morsello di questo» disse «ché non ten-go coltello, io, e s’anche l’avessi mi mancherebbe laforza. Ah, Jim, Jim, riconosco che ho sbagliato mano-vra! Tagliami un morsello, che sarà forse l’ultimo, ra-gazzo; perché io sto incamminandomi verso quella lon-tana dimora, e non c’è dubbio!»

«Sta bene, vi taglierò un po’ di tabacco; ma se fossi invoi e mi sentissi cosí male, io direi le mie orazioni dabuon cristiano.»

«O perché?» fece lui. «Su, dimmi un po’ perché.»«Perché?» gridai. «Non stavate poco fa interrogando-

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mi a proposito del morto? Voi avete mancato alla paroladata, siete vissuto in peccato menzogna e sangue; c’èqui un uomo che avete ucciso e vi giace ai piedi in que-sto momento, e voi mi domandate perché! Per l’amor diDio, mastro Hands, ma è questo il perché!»

Parlavo con un certo calore pensando al pugnale in-sanguinato ch’egli teneva celato nella sua tasca e desti-nato nel suo perfido disegno a sopprimermi. Egli, dalcanto suo, bevve un’altra lunga sorsata di vino, e con untono di eccezionale solennità riprese:

«Durante trent’anni ho corso i mari e ho visto il buo-no e il cattivo, e il meglio e il peggio, il bel tempo e laburrasca, e le provviste esaurirsi, e i coltelli lavorare, ecos’altro non ho visto? Ebbene, ora io ti dico che mai hovisto dalla bontà uscire il bene. Io sono per chi picchia ilprimo; i morti non mordono: questa è la mia opinione...amen, cosí sia. E ora ascoltami» aggiunse cangiandotono a un tratto «basta con queste sciocchezze. La mareaè sufficientemente alta, adesso. Ti darò i miei ordini, ca-pitano Hawkins, e sarà cosa finita.»

Ci rimanevano appena, tutto calcolato, un paio di mi-glia da fare; ma la navigazione era delicata, l’imbocca-tura di codesto ancoraggio nord era non solo stretta epoco profonda, ma orientata da est a ovest, di manierache per entrare bisognava governar la goletta con moltaabilità. Io ero, credo, un buon subalterno e Hands eracertamente un ottimo pilota, poiché andammo intornointorno piegando di qua e di là, rasentando i banchi disabbia con una precisione e accuratezza che facevano

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mi a proposito del morto? Voi avete mancato alla paroladata, siete vissuto in peccato menzogna e sangue; c’èqui un uomo che avete ucciso e vi giace ai piedi in que-sto momento, e voi mi domandate perché! Per l’amor diDio, mastro Hands, ma è questo il perché!»

Parlavo con un certo calore pensando al pugnale in-sanguinato ch’egli teneva celato nella sua tasca e desti-nato nel suo perfido disegno a sopprimermi. Egli, dalcanto suo, bevve un’altra lunga sorsata di vino, e con untono di eccezionale solennità riprese:

«Durante trent’anni ho corso i mari e ho visto il buo-no e il cattivo, e il meglio e il peggio, il bel tempo e laburrasca, e le provviste esaurirsi, e i coltelli lavorare, ecos’altro non ho visto? Ebbene, ora io ti dico che mai hovisto dalla bontà uscire il bene. Io sono per chi picchia ilprimo; i morti non mordono: questa è la mia opinione...amen, cosí sia. E ora ascoltami» aggiunse cangiandotono a un tratto «basta con queste sciocchezze. La mareaè sufficientemente alta, adesso. Ti darò i miei ordini, ca-pitano Hawkins, e sarà cosa finita.»

Ci rimanevano appena, tutto calcolato, un paio di mi-glia da fare; ma la navigazione era delicata, l’imbocca-tura di codesto ancoraggio nord era non solo stretta epoco profonda, ma orientata da est a ovest, di manierache per entrare bisognava governar la goletta con moltaabilità. Io ero, credo, un buon subalterno e Hands eracertamente un ottimo pilota, poiché andammo intornointorno piegando di qua e di là, rasentando i banchi disabbia con una precisione e accuratezza che facevano

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piacere a vedere.Subito dopo sorpassata la bocca, la terra ci attorniò da

ogni parte. Le rive della baia del Nord erano altrettantoboscose quanto quelle dell’ancoraggio sud; ma lo spec-chio acqueo si distendeva piú lungo e piú angusto, e so-migliava meglio all’estuario d’un fiume, quale in realtàera. Dritto davanti a noi all’estremità sud, si scorgeva lacarcassa d’un bastimento naufragato in completo sface-lo. Era stato un grande trealberi, ma tante intemperie estagioni vi erano passate sopra, che lungo i fianchi glipendevano come delle reti d’alghe gocciolanti, e in co-perta erbe terrestri avevano messo radice, e ora si deco-ravano d’una ricca fioritura. Malinconico spettacolo inverità, ma denotante la tranquillità del rifugio.

«E ora» disse Hands «guarda: c’è un bel posticino làper arrenarvi. Un fondo di sabbia fina e liscia, senza unaruga; alberi tutt’intorno e fiori che sbocciano come ungiardino su quella vecchia nave.»

«Ma una volta arrenati» domandai «come faremo. arimetterci a galla?»

«Ebbene» rispose lui «ascolta. A bassa marea, tu portiun cavo a terra, da quell’altra parte; gli dài volta al tron-co d’uno di quei grossi pini; riporti il cavo a bordo, glidài volta all’àrgano, e aspetti l’alta marea. Venuta l’altamarea, tutto l’equipaggio sul cavo ad alare, e il basti-mento esce via facile come un olio. E ora, ragazzo mio,attenzione. Siamo vicini al posto, e teniamo troppo ab-brivo. Un po’ piú a tribordo, cosí, diritto, a tribordo, ababordo un po’, diritto, diritto!»

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piacere a vedere.Subito dopo sorpassata la bocca, la terra ci attorniò da

ogni parte. Le rive della baia del Nord erano altrettantoboscose quanto quelle dell’ancoraggio sud; ma lo spec-chio acqueo si distendeva piú lungo e piú angusto, e so-migliava meglio all’estuario d’un fiume, quale in realtàera. Dritto davanti a noi all’estremità sud, si scorgeva lacarcassa d’un bastimento naufragato in completo sface-lo. Era stato un grande trealberi, ma tante intemperie estagioni vi erano passate sopra, che lungo i fianchi glipendevano come delle reti d’alghe gocciolanti, e in co-perta erbe terrestri avevano messo radice, e ora si deco-ravano d’una ricca fioritura. Malinconico spettacolo inverità, ma denotante la tranquillità del rifugio.

«E ora» disse Hands «guarda: c’è un bel posticino làper arrenarvi. Un fondo di sabbia fina e liscia, senza unaruga; alberi tutt’intorno e fiori che sbocciano come ungiardino su quella vecchia nave.»

«Ma una volta arrenati» domandai «come faremo. arimetterci a galla?»

«Ebbene» rispose lui «ascolta. A bassa marea, tu portiun cavo a terra, da quell’altra parte; gli dài volta al tron-co d’uno di quei grossi pini; riporti il cavo a bordo, glidài volta all’àrgano, e aspetti l’alta marea. Venuta l’altamarea, tutto l’equipaggio sul cavo ad alare, e il basti-mento esce via facile come un olio. E ora, ragazzo mio,attenzione. Siamo vicini al posto, e teniamo troppo ab-brivo. Un po’ piú a tribordo, cosí, diritto, a tribordo, ababordo un po’, diritto, diritto!»

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Cosí egli lanciava i suoi comandi che io eseguivosenza fiatare, finché tutt’a un tratto gridò: «E ora, miocaro, forza!» Ed io con tutta forza passai la barra al ven-to, e l’Hispaniola virò rapidamente e corse con alta laverga di prua verso la piatta riva boscosa.

L’eccitazione di queste ultime manovre aveva alquan-to allentata la vigilanza da me fino allora esercitata conbastante attenzione sul quartiermastro. Completamenteassorto nell’attesa che la nave toccasse, avevo del tuttodimenticato il pericolo che m’incombeva, e stavo curvosul bastingaggio di tribordo a osservare le schiume chesi allargavano davanti al tagliamare. Sarei caduto senzaun gesto in difesa della mia vita se un’improvvisa in-quietudine non m’avesse preso costringendomi a volge-re il capo. Avevo forse inteso uno scricchiolío, o forsevisto con la coda dell’occhio muoversi l’ombra di lui, oforse ancora fu un moto istintivo come quello del gatto:certo è che quando mi guardai attorno, Hands era lí, vi-cino a me, col pugnale nella sua destra.

Credo che tutti e due gettammo un forte grido quandoi nostri occhi s’incontrarono: ma mentre il mio era il gri-do del terrore bianco, il suo era un ruggito di rabbia paria quello del toro che assale. Egli mi si lanciò contro, edio con un balzo mi portai da lato, verso prua. Inquell’atto mollai la barra del timone che si abbatté vio-lentemente a babordo; e fu indubbiamente questo che misalvò la vita, giacché la barra colpí Hands in pieno pettoe lo trattenne per un momento intontito.

Prima ch’egli potesse riaversi io ero al sicuro fuori

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Cosí egli lanciava i suoi comandi che io eseguivosenza fiatare, finché tutt’a un tratto gridò: «E ora, miocaro, forza!» Ed io con tutta forza passai la barra al ven-to, e l’Hispaniola virò rapidamente e corse con alta laverga di prua verso la piatta riva boscosa.

L’eccitazione di queste ultime manovre aveva alquan-to allentata la vigilanza da me fino allora esercitata conbastante attenzione sul quartiermastro. Completamenteassorto nell’attesa che la nave toccasse, avevo del tuttodimenticato il pericolo che m’incombeva, e stavo curvosul bastingaggio di tribordo a osservare le schiume chesi allargavano davanti al tagliamare. Sarei caduto senzaun gesto in difesa della mia vita se un’improvvisa in-quietudine non m’avesse preso costringendomi a volge-re il capo. Avevo forse inteso uno scricchiolío, o forsevisto con la coda dell’occhio muoversi l’ombra di lui, oforse ancora fu un moto istintivo come quello del gatto:certo è che quando mi guardai attorno, Hands era lí, vi-cino a me, col pugnale nella sua destra.

Credo che tutti e due gettammo un forte grido quandoi nostri occhi s’incontrarono: ma mentre il mio era il gri-do del terrore bianco, il suo era un ruggito di rabbia paria quello del toro che assale. Egli mi si lanciò contro, edio con un balzo mi portai da lato, verso prua. Inquell’atto mollai la barra del timone che si abbatté vio-lentemente a babordo; e fu indubbiamente questo che misalvò la vita, giacché la barra colpí Hands in pieno pettoe lo trattenne per un momento intontito.

Prima ch’egli potesse riaversi io ero al sicuro fuori

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dell’angolo ove mi aveva serrato, con dinanzi libera tut-ta la coperta. Giusto di contro all’albero di maestra mifermai, trassi dalla tasca una pistola, mirai con sanguefreddo, quantunque egli già si fosse voltato e mis’avventasse di nuovo contro, e tirai il grilletto. Il canecadde, ma né lampo né detonazione seguí; l’umidità ma-rina aveva guasta la polvere. Maledissi la mia trascuran-za. Come mai non avevo da tanto tempo rinnovatol’esca e la polvere delle mie uniche armi? Non sarei sta-to come ora un nudo agnello fuggente dinanzi al becca-io.

Sorprendente era la sveltezza con cui, ferito com’era,egli si moveva, coi suoi capelli grigi pioventi sugli oc-chi, rosso in viso come il rosso d’una bandiera, briaco diprecipitazione e di furore. Io non ebbi tempo né, in real-tà, molta voglia di provar l’altra pistola, persuaso chesarebbe inutile. Una cosa vidi chiaro: cioè non dovevolimitarmi a indietreggiare, ché ben presto egli mi avreb-be respinto e stretto contro la prua, come un istante pri-ma era stato a un pelo dal serrarmi contro la poppa. Unavolta cosí catturato, nove o dieci pollici del pugnale lor-do di sangue costituirebbero l’ultima mia esperienza daquesto lato dell’eternità. Applicai le palme sull’albero dimaestra, ch’era di notevole grossezza, e aspettai con tut-ti i miei nervi tesi.

Vedendo ch’io mi preparava a spostarmi, si fermòegli pure, e alcuni momenti si consumarono in finte daparte sua e corrispondenti mosse da parte mia. In similmodo avevo io spesso giocato a casa tra le rocce della

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dell’angolo ove mi aveva serrato, con dinanzi libera tut-ta la coperta. Giusto di contro all’albero di maestra mifermai, trassi dalla tasca una pistola, mirai con sanguefreddo, quantunque egli già si fosse voltato e mis’avventasse di nuovo contro, e tirai il grilletto. Il canecadde, ma né lampo né detonazione seguí; l’umidità ma-rina aveva guasta la polvere. Maledissi la mia trascuran-za. Come mai non avevo da tanto tempo rinnovatol’esca e la polvere delle mie uniche armi? Non sarei sta-to come ora un nudo agnello fuggente dinanzi al becca-io.

Sorprendente era la sveltezza con cui, ferito com’era,egli si moveva, coi suoi capelli grigi pioventi sugli oc-chi, rosso in viso come il rosso d’una bandiera, briaco diprecipitazione e di furore. Io non ebbi tempo né, in real-tà, molta voglia di provar l’altra pistola, persuaso chesarebbe inutile. Una cosa vidi chiaro: cioè non dovevolimitarmi a indietreggiare, ché ben presto egli mi avreb-be respinto e stretto contro la prua, come un istante pri-ma era stato a un pelo dal serrarmi contro la poppa. Unavolta cosí catturato, nove o dieci pollici del pugnale lor-do di sangue costituirebbero l’ultima mia esperienza daquesto lato dell’eternità. Applicai le palme sull’albero dimaestra, ch’era di notevole grossezza, e aspettai con tut-ti i miei nervi tesi.

Vedendo ch’io mi preparava a spostarmi, si fermòegli pure, e alcuni momenti si consumarono in finte daparte sua e corrispondenti mosse da parte mia. In similmodo avevo io spesso giocato a casa tra le rocce della

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baia della Montagna nera, ma non mai, lo si può crede-re, con un tal veemente martellare di cuore. Nondimeno,come sto dicendo, era un gioco da ragazzi, ed io mi sen-tivo capace di vincer la partita, contro un marinaio an-ziano e ferito a una coscia. In verità ero talmente imbal-danzito che mi permisi alcune furtive riflessioni sullaprobabile fine della contesa. Ma, mentre mi tenevo sicu-ro di poterla tirar molto in lungo, non vedevo alcunasperanza di un definitivo scampo.

Stavano le cose a questo punto, quando all’improvvi-so l’Hispaniola urtò contro il fondo, vacillò, sfregò unistante con la chiglia la sabbia, e poi, come sotto un po-tente ceffone, sbandò sulla sinistra per modo che il pon-te fece un angolo di quarantacinque gradi e dai fori degliombrinali scaturí una mezza tonnellata d’acqua che siallargò come uno stagno fra il mezzo del ponte e il ba-stingaggio.

Tutti e due noi andammo a gambe levate e quasi in-sieme ruzzolammo negli ombrinali, mentre il morto dalberretto rosso con le sue braccia sempre stese in crocevenne rigido a battere dietro a noi. Cosí vicini eravamo,che la mia testa cozzò col piede del quartiermastro e imiei denti ne cricchiarono. Malgrado il colpo e tutto, fuiio il primo a rialzarmi, tanto piú che a Hands gli s’eraattraversato il corpo dell’ucciso. L’improvviso sbanda-mento della nave aveva reso il ponte inadatto alla corsa:mi bisognava escogitare qualche altro mezzo di evasio-ne, e ciò sull’istante, giacché il mio avversario m’eraquasi alle costole. Rapido come il lampo saltai sulle sar-

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baia della Montagna nera, ma non mai, lo si può crede-re, con un tal veemente martellare di cuore. Nondimeno,come sto dicendo, era un gioco da ragazzi, ed io mi sen-tivo capace di vincer la partita, contro un marinaio an-ziano e ferito a una coscia. In verità ero talmente imbal-danzito che mi permisi alcune furtive riflessioni sullaprobabile fine della contesa. Ma, mentre mi tenevo sicu-ro di poterla tirar molto in lungo, non vedevo alcunasperanza di un definitivo scampo.

Stavano le cose a questo punto, quando all’improvvi-so l’Hispaniola urtò contro il fondo, vacillò, sfregò unistante con la chiglia la sabbia, e poi, come sotto un po-tente ceffone, sbandò sulla sinistra per modo che il pon-te fece un angolo di quarantacinque gradi e dai fori degliombrinali scaturí una mezza tonnellata d’acqua che siallargò come uno stagno fra il mezzo del ponte e il ba-stingaggio.

Tutti e due noi andammo a gambe levate e quasi in-sieme ruzzolammo negli ombrinali, mentre il morto dalberretto rosso con le sue braccia sempre stese in crocevenne rigido a battere dietro a noi. Cosí vicini eravamo,che la mia testa cozzò col piede del quartiermastro e imiei denti ne cricchiarono. Malgrado il colpo e tutto, fuiio il primo a rialzarmi, tanto piú che a Hands gli s’eraattraversato il corpo dell’ucciso. L’improvviso sbanda-mento della nave aveva reso il ponte inadatto alla corsa:mi bisognava escogitare qualche altro mezzo di evasio-ne, e ciò sull’istante, giacché il mio avversario m’eraquasi alle costole. Rapido come il lampo saltai sulle sar-

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tie di mezzana, divorai le griselle una dopo l’altra, e nonripresi fiato se non quando mi trovai installato sulla ver-ga di gabbia.

La mia prontezza mi aveva salvato: il pugnale avevacolpito neanche un mezzo piede al disotto di me, mentreio scappavo su, e Israel Hands rimase lí a bocca aperta,la faccia tesa verso di me, proprio come fosse la statuadella sorpresa e della delusione.

Poiché l’attimo era mio, non indugiai a cambiarl’innesco alla mia pistola, e appena l’una in ordine, miaffrettai, per maggior sicurezza, a vuotar l’altra e dacapo ricaricarla.

La mia nuova occupazione sconvolse Hands: egli co-minciò a capire che la sorte gli si voltava contro; e dopouna evidente esitazione si issò pesantemente fra le sartiee col pugnale tra i denti incominciò con penosa lentezzaa montare. Assai tempo gli ci volle e lamenti a tirarsidietro la sua gamba ferita; ma prima ch’egli avesse co-perto poco piú d’un terzo della distanza che ci separava,io avevo tranquillamente terminato i miei preparativi.Allora con una pistola in ciascuna mano me gli rivolsi.

«Un passo di piú, mastro Hands, e vi brucio le cervel-la. I morti non mordono, lo sapete bene» aggiunsi conuna risatina.

Di colpo si fermò. Io lessi nelle contrazioni del suovolto gli sforzi ch’egli faceva per riflettere; e il processoera cosí tardo e laborioso che, forte della mia ricuperatasicurtà, detti in uno scoppio di risa. Finalmente, dopo in-ghiottita una o due volte la saliva, parlò con sulla faccia

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tie di mezzana, divorai le griselle una dopo l’altra, e nonripresi fiato se non quando mi trovai installato sulla ver-ga di gabbia.

La mia prontezza mi aveva salvato: il pugnale avevacolpito neanche un mezzo piede al disotto di me, mentreio scappavo su, e Israel Hands rimase lí a bocca aperta,la faccia tesa verso di me, proprio come fosse la statuadella sorpresa e della delusione.

Poiché l’attimo era mio, non indugiai a cambiarl’innesco alla mia pistola, e appena l’una in ordine, miaffrettai, per maggior sicurezza, a vuotar l’altra e dacapo ricaricarla.

La mia nuova occupazione sconvolse Hands: egli co-minciò a capire che la sorte gli si voltava contro; e dopouna evidente esitazione si issò pesantemente fra le sartiee col pugnale tra i denti incominciò con penosa lentezzaa montare. Assai tempo gli ci volle e lamenti a tirarsidietro la sua gamba ferita; ma prima ch’egli avesse co-perto poco piú d’un terzo della distanza che ci separava,io avevo tranquillamente terminato i miei preparativi.Allora con una pistola in ciascuna mano me gli rivolsi.

«Un passo di piú, mastro Hands, e vi brucio le cervel-la. I morti non mordono, lo sapete bene» aggiunsi conuna risatina.

Di colpo si fermò. Io lessi nelle contrazioni del suovolto gli sforzi ch’egli faceva per riflettere; e il processoera cosí tardo e laborioso che, forte della mia ricuperatasicurtà, detti in uno scoppio di risa. Finalmente, dopo in-ghiottita una o due volte la saliva, parlò con sulla faccia

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ancora i segni della stessa estrema perplessità. Dovette,per parlare, levarsi il pugnale dalla bocca, ma non simosse altrimenti.

«Jim» disse «vedo che siamo a un brutto punto, tu edio, e ci conviene fermare la pace. Io t’avrei preso se nonfosse stato quello sbandamento, ma non ho fortuna, io, evedo che mi tocca ammainare; cosa dura, capisci, per unmastro marinaio come me, di fronte a uno sbarbattellotuo pari, Jim.»

Io bevevo le sue parole sorridendoci sopra, tronfiocome un gallo in cima a un muro, quando in un battiba-leno la sua mano destra sormontò le sue spalle. Qualchecosa ronzò come una freccia attraverso l’aria; io sentiiun urto e poi un lancinante dolore e mi trovai conficcatoall’albero per una spalla. Nel bruciore dello spasimo enella scossa della sorpresa, non posso dire al tutto dimia volontà ma sono comunque certo che non mirai,tutt’e due le mie pistole scattarono, e tutt’e due mi cad-dero di mano. Esse non caddero sole: con un grido sof-focato il quartiermastro lasciò andare le sartie, e piombòin mare a capofitto.

XXVII«PEZZI DA OTTO»

Stante l’inclinazione della nave, gli alberi pendevanoper un buon tratto su l’acqua, e dalla mia gruccia delpennone di gabbia io non avevo sotto di me che la su-

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ancora i segni della stessa estrema perplessità. Dovette,per parlare, levarsi il pugnale dalla bocca, ma non simosse altrimenti.

«Jim» disse «vedo che siamo a un brutto punto, tu edio, e ci conviene fermare la pace. Io t’avrei preso se nonfosse stato quello sbandamento, ma non ho fortuna, io, evedo che mi tocca ammainare; cosa dura, capisci, per unmastro marinaio come me, di fronte a uno sbarbattellotuo pari, Jim.»

Io bevevo le sue parole sorridendoci sopra, tronfiocome un gallo in cima a un muro, quando in un battiba-leno la sua mano destra sormontò le sue spalle. Qualchecosa ronzò come una freccia attraverso l’aria; io sentiiun urto e poi un lancinante dolore e mi trovai conficcatoall’albero per una spalla. Nel bruciore dello spasimo enella scossa della sorpresa, non posso dire al tutto dimia volontà ma sono comunque certo che non mirai,tutt’e due le mie pistole scattarono, e tutt’e due mi cad-dero di mano. Esse non caddero sole: con un grido sof-focato il quartiermastro lasciò andare le sartie, e piombòin mare a capofitto.

XXVII«PEZZI DA OTTO»

Stante l’inclinazione della nave, gli alberi pendevanoper un buon tratto su l’acqua, e dalla mia gruccia delpennone di gabbia io non avevo sotto di me che la su-

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perficie della baia. Hands, che non era salito tanto, stavaperciò piú vicino al bastimento, ed era caduto fra me e ilbastingaggio. Egli tornò a galla una volta in un cerchiodi spuma e sangue, dopodiché affondò per davvero. Ri-fattesi calme l’acque lo vidi giacere raggomitolato su lanitida sabbia lucente nell’ombra dei fianchi della nave.Uno o due pesci sguizzarono lungo il suo corpo. A voltenel tremolío dell’acqua sembrava muoversi un po’, qua-si tentasse alzarsi. Ma, colpito da un paio di palle, e pergiunta annegato, egli era ben morto, ed era carne per ipesci in quel preciso luogo dove egli aveva disegnatoscannarmi.

M’ero appena convinto di ciò, che cominciai a sentir-mi venir meno di spossatezza e di paura. Il sangue caldomi scorreva sul petto e per la schiena. Il pugnale nelpunto dove m’aveva inchiodato la spalla all’albero, bru-ciava come un ferro arroventato: nondimeno ciò che mitorturava non era tanto questa fisica sofferenza che avreisopportata senza lamento, quanto il timore di piombargiú dal pennone in quelle chete acque verdi accanto alcadavere del quartiermastro.

Mi aggrappai con ambedue le mani sino a farmi dolerle unghie, e chiusi gli occhi come a nascondermi la vistadel pericolo. A grado a grado ricuperai la mia calma, ilmio polso rallentò i suoi battiti ed io ripresi possesso delmio equilibrio.

Il mio primo pensiero fu di trar via il pugnale; ma, oche penetrasse troppo addentro, o che i miei nervi nonresistessero, ci rinunziai con un violento brivido. Cosa

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perficie della baia. Hands, che non era salito tanto, stavaperciò piú vicino al bastimento, ed era caduto fra me e ilbastingaggio. Egli tornò a galla una volta in un cerchiodi spuma e sangue, dopodiché affondò per davvero. Ri-fattesi calme l’acque lo vidi giacere raggomitolato su lanitida sabbia lucente nell’ombra dei fianchi della nave.Uno o due pesci sguizzarono lungo il suo corpo. A voltenel tremolío dell’acqua sembrava muoversi un po’, qua-si tentasse alzarsi. Ma, colpito da un paio di palle, e pergiunta annegato, egli era ben morto, ed era carne per ipesci in quel preciso luogo dove egli aveva disegnatoscannarmi.

M’ero appena convinto di ciò, che cominciai a sentir-mi venir meno di spossatezza e di paura. Il sangue caldomi scorreva sul petto e per la schiena. Il pugnale nelpunto dove m’aveva inchiodato la spalla all’albero, bru-ciava come un ferro arroventato: nondimeno ciò che mitorturava non era tanto questa fisica sofferenza che avreisopportata senza lamento, quanto il timore di piombargiú dal pennone in quelle chete acque verdi accanto alcadavere del quartiermastro.

Mi aggrappai con ambedue le mani sino a farmi dolerle unghie, e chiusi gli occhi come a nascondermi la vistadel pericolo. A grado a grado ricuperai la mia calma, ilmio polso rallentò i suoi battiti ed io ripresi possesso delmio equilibrio.

Il mio primo pensiero fu di trar via il pugnale; ma, oche penetrasse troppo addentro, o che i miei nervi nonresistessero, ci rinunziai con un violento brivido. Cosa

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strana, quel brivido fu provvidenziale. Difatti per poco ilcolpo non era fallito; la lama mi tratteneva appena peruna linguetta di pelle, e quel sussulto la lacerò. Il sanguecorse naturalmente piú spedito, ma io mi ritrovai padro-ne dei miei movimenti rimanendo attaccato all’alberosoltanto col camiciotto e la camicia.

Con un energico strappone distaccai l’uno e l’altra eper le sartie di tribordo riguadagnai la coperta. Per nullaal mondo, agitato come ero, mi sarei una seconda voltaarrischiato sulle sartie strapiombanti di bordo da doveIsrael era or ora precipitato.

Scesi abbasso e fasciai come meglio potei la mia feri-ta. Essa mi pungeva assai e sanguinava abbondantemen-te, ma non era né profonda né pericolosa, né m’infasti-diva gran che mentre adoperavo il mio braccio. Mi guar-dai attorno, e poiché la nave adesso era in un certo sensomia proprietà, mi detti a pensare al modo di liberarla delsuo ultimo passeggero, il morto O’Brien.

Come dissi, egli era stato sbattuto contro il bastingag-gio dove posava simile a una sorta di osceno e goffo pu-pazzo; di grandezza naturale, sí, ma come diverso daicolori e dalla grazia della vita! Data la sua positura ciriuscii facilmente; e poiché le tragiche avventure allequali ero abituato mi avevano reso quasi insensibileall’orrore della morte, lo presi per la cintola come fosseun sacco di crusca, e con una poderosa spinta lo mandaifuori bordo. Egli affondò con un sonoro tonfo, perdendoil berretto rosso che rimase a galleggiare sulla superfi-cie; e tosto che le acque si ricomposero vidi lui e Israel

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strana, quel brivido fu provvidenziale. Difatti per poco ilcolpo non era fallito; la lama mi tratteneva appena peruna linguetta di pelle, e quel sussulto la lacerò. Il sanguecorse naturalmente piú spedito, ma io mi ritrovai padro-ne dei miei movimenti rimanendo attaccato all’alberosoltanto col camiciotto e la camicia.

Con un energico strappone distaccai l’uno e l’altra eper le sartie di tribordo riguadagnai la coperta. Per nullaal mondo, agitato come ero, mi sarei una seconda voltaarrischiato sulle sartie strapiombanti di bordo da doveIsrael era or ora precipitato.

Scesi abbasso e fasciai come meglio potei la mia feri-ta. Essa mi pungeva assai e sanguinava abbondantemen-te, ma non era né profonda né pericolosa, né m’infasti-diva gran che mentre adoperavo il mio braccio. Mi guar-dai attorno, e poiché la nave adesso era in un certo sensomia proprietà, mi detti a pensare al modo di liberarla delsuo ultimo passeggero, il morto O’Brien.

Come dissi, egli era stato sbattuto contro il bastingag-gio dove posava simile a una sorta di osceno e goffo pu-pazzo; di grandezza naturale, sí, ma come diverso daicolori e dalla grazia della vita! Data la sua positura ciriuscii facilmente; e poiché le tragiche avventure allequali ero abituato mi avevano reso quasi insensibileall’orrore della morte, lo presi per la cintola come fosseun sacco di crusca, e con una poderosa spinta lo mandaifuori bordo. Egli affondò con un sonoro tonfo, perdendoil berretto rosso che rimase a galleggiare sulla superfi-cie; e tosto che le acque si ricomposero vidi lui e Israel

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coricati l’uno accanto all’altro, che tutti e due parevanotremare attraverso il leggero increspamento dell’acqua.O’Brien sebbene ancora giovane era molto calvo. E orastava là con quel suo cranio pelato contro i ginocchidell’uomo che l’aveva ucciso, e i pesci passeggiavanoalacri sopra l’uno e l’altro.

Ero ormai solo sul bastimento. La marea cominciavaa discendere. Il sole distava cosí poco dal tramonto chegià l’ombra dei pini della riva ovest si allungava dentrol’ancoraggio stampandosi in ritagli di figure sul ponte.La brezza della sera erasi svegliata, e per quanto la baiafosse ben riparata dalla montagna dei due picchi situataa est, il cordame cominciava a zufolare una sua piccoladolce canzone e le vele oziose chiacchieravano sbatten-do qua e là.

Mi accorsi del pericolo che la nave correva. Abbassaiprontamente i fiocchi raccogliendoli in un mucchio sulponte, ma quanto alla gran vela fu un affar serio. Al mo-mento dello sbandamento della nave la verga s’era natu-ralmente abbattuta fuori bordo e il capo d’essa con unpiede o due della vela pescavano dentro l’acqua. Ciò au-mentava il pericolo: ma la tensione era cosí forte che ioesitavo a metter le mani nella faccenda. Finalmente pre-si il coltello e tagliai le drizze. Il picco cadde, la velacon una gran pancia si accasciò sull’acqua, ma io ebbipoi un bel tirare: non potei rimuovere l’ala bassa. Que-sto fu tutto ciò che le mie forze mi permisero di fare: peril resto l’Hispaniola doveva al pari di me fidar nella suabuona stella.

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coricati l’uno accanto all’altro, che tutti e due parevanotremare attraverso il leggero increspamento dell’acqua.O’Brien sebbene ancora giovane era molto calvo. E orastava là con quel suo cranio pelato contro i ginocchidell’uomo che l’aveva ucciso, e i pesci passeggiavanoalacri sopra l’uno e l’altro.

Ero ormai solo sul bastimento. La marea cominciavaa discendere. Il sole distava cosí poco dal tramonto chegià l’ombra dei pini della riva ovest si allungava dentrol’ancoraggio stampandosi in ritagli di figure sul ponte.La brezza della sera erasi svegliata, e per quanto la baiafosse ben riparata dalla montagna dei due picchi situataa est, il cordame cominciava a zufolare una sua piccoladolce canzone e le vele oziose chiacchieravano sbatten-do qua e là.

Mi accorsi del pericolo che la nave correva. Abbassaiprontamente i fiocchi raccogliendoli in un mucchio sulponte, ma quanto alla gran vela fu un affar serio. Al mo-mento dello sbandamento della nave la verga s’era natu-ralmente abbattuta fuori bordo e il capo d’essa con unpiede o due della vela pescavano dentro l’acqua. Ciò au-mentava il pericolo: ma la tensione era cosí forte che ioesitavo a metter le mani nella faccenda. Finalmente pre-si il coltello e tagliai le drizze. Il picco cadde, la velacon una gran pancia si accasciò sull’acqua, ma io ebbipoi un bel tirare: non potei rimuovere l’ala bassa. Que-sto fu tutto ciò che le mie forze mi permisero di fare: peril resto l’Hispaniola doveva al pari di me fidar nella suabuona stella.

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Frattanto l’ombra aveva occupato l’intero ancoraggio,e gli ultimi raggi di sole, ricordo, folgorando perun’apertura del bosco mettevano splendori di gioielleriasul mantello fiorito della nave naufragata. L’aria comin-ciava a mordere; le acque fluivano rapide verso l’altomare, e la goletta si coricava sempre piú sul suo fianco.

M’arrampicai a prua e guardai giú. L’acqua parevapoco profonda; e per maggior sicurezza tenendomi contutt’e due le mani al provese tagliato mi lasciai dolce-mente scivolar fuori bordo. L’acqua mi arrivava appenaalla cintola; la rena era salda e attraversata da rughe, edio lietamente raggiunsi la riva lasciando l’Hispaniola in-clinata a quel modo, con la gran vela appollaiata sullasuperficie della baia. E il sole sparve del tutto e la brez-za sibilò nel crepuscolo fra le ondeggianti ombrelle deipini.

Ero almeno e, finalmente, fuori del mare, e non me netornavo a mani vuote. La goletta, libera ormai dei filibu-stieri e pronta a imbarcare i nostri uomini e a prendere illargo, era là. Io non desideravo se non di rientrare nellosteccato e farvi pompa delle mie prodezze. Rischiavoforse d’essere un po’ biasimato per la mia audacia, ma laripresa dell’Hispaniola costituiva uno stringente argo-mento, ed io speravo che lo stesso capitano Smollett ri-conoscerebbe ch’io non avevo sciupato il mio tempo.

Da tali pensieri inebbriato mi disposi a ritornare alfortino ed ai miei compagni. Rammentandomi che il piúorientale dei fiumi scaricantisi nell’ancoraggio del capi-tano Kidd discendeva dalla montagna dei due picchi po-

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Frattanto l’ombra aveva occupato l’intero ancoraggio,e gli ultimi raggi di sole, ricordo, folgorando perun’apertura del bosco mettevano splendori di gioielleriasul mantello fiorito della nave naufragata. L’aria comin-ciava a mordere; le acque fluivano rapide verso l’altomare, e la goletta si coricava sempre piú sul suo fianco.

M’arrampicai a prua e guardai giú. L’acqua parevapoco profonda; e per maggior sicurezza tenendomi contutt’e due le mani al provese tagliato mi lasciai dolce-mente scivolar fuori bordo. L’acqua mi arrivava appenaalla cintola; la rena era salda e attraversata da rughe, edio lietamente raggiunsi la riva lasciando l’Hispaniola in-clinata a quel modo, con la gran vela appollaiata sullasuperficie della baia. E il sole sparve del tutto e la brez-za sibilò nel crepuscolo fra le ondeggianti ombrelle deipini.

Ero almeno e, finalmente, fuori del mare, e non me netornavo a mani vuote. La goletta, libera ormai dei filibu-stieri e pronta a imbarcare i nostri uomini e a prendere illargo, era là. Io non desideravo se non di rientrare nellosteccato e farvi pompa delle mie prodezze. Rischiavoforse d’essere un po’ biasimato per la mia audacia, ma laripresa dell’Hispaniola costituiva uno stringente argo-mento, ed io speravo che lo stesso capitano Smollett ri-conoscerebbe ch’io non avevo sciupato il mio tempo.

Da tali pensieri inebbriato mi disposi a ritornare alfortino ed ai miei compagni. Rammentandomi che il piúorientale dei fiumi scaricantisi nell’ancoraggio del capi-tano Kidd discendeva dalla montagna dei due picchi po-

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sta sulla mia sinistra piegai i miei passi da quella bandaper poter traversare il corso d’acqua all’origine. La sel-va non era troppo intricata, e camminando lungo gli in-feriori sproni del monte riuscii presto ad aggirarlo epoco dopo, con l’acqua ai polpacci, guadai il fiumicello.

Ciò mi condusse vicino al luogo dove avevo incontra-to Ben Gunn, e perciò m’inoltravo con maggior precau-zione tenendo gli occhi ben spalancati. L’oscurità eraquasi completa, e quando sboccai dalla valle che divide-va i due picchi, scorsi laggiú contro il cielo un vacillanteriverbero, e pensai che l’uomo dell’isola stesse cocendola sua cena davanti a un gagliardo fuoco. E però stupivodentro di me di tanta imprudenza, poiché se scorgevo ioquella radiazione, non poteva essa del pari ferir gli occhidello stesso Silver accampato sulla pantanosa riva?

La notte incupiva piú e piú: era tutto se riuscivo aguidarmi approssimativamente verso la mia destinazio-ne: la doppia montagna dietro di me e il Cannocchialealla mia destra si disegnavano nelle tenebre sempre piúsmorti; poche e pallide le stelle; e andando per l’inclina-to terreno continuamente io incespicavo nei cespugli ecadevo nelle buche della sabbia.

D’improvviso un tenue lucore si diffuse intorno a me.Alzai gli occhi: la cima del Cannocchiale appariva de-bolmente illuminata; poco dopo un che di argenteo luc-cicò laggiú dietro gli alberi: la luna s’era levata.

Con quest’aiuto compii lestamente il resto del miotragitto; e talora camminando, talora correndo, m’anda-vo impazientemente avvicinando alla palizzata. Nondi-

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sta sulla mia sinistra piegai i miei passi da quella bandaper poter traversare il corso d’acqua all’origine. La sel-va non era troppo intricata, e camminando lungo gli in-feriori sproni del monte riuscii presto ad aggirarlo epoco dopo, con l’acqua ai polpacci, guadai il fiumicello.

Ciò mi condusse vicino al luogo dove avevo incontra-to Ben Gunn, e perciò m’inoltravo con maggior precau-zione tenendo gli occhi ben spalancati. L’oscurità eraquasi completa, e quando sboccai dalla valle che divide-va i due picchi, scorsi laggiú contro il cielo un vacillanteriverbero, e pensai che l’uomo dell’isola stesse cocendola sua cena davanti a un gagliardo fuoco. E però stupivodentro di me di tanta imprudenza, poiché se scorgevo ioquella radiazione, non poteva essa del pari ferir gli occhidello stesso Silver accampato sulla pantanosa riva?

La notte incupiva piú e piú: era tutto se riuscivo aguidarmi approssimativamente verso la mia destinazio-ne: la doppia montagna dietro di me e il Cannocchialealla mia destra si disegnavano nelle tenebre sempre piúsmorti; poche e pallide le stelle; e andando per l’inclina-to terreno continuamente io incespicavo nei cespugli ecadevo nelle buche della sabbia.

D’improvviso un tenue lucore si diffuse intorno a me.Alzai gli occhi: la cima del Cannocchiale appariva de-bolmente illuminata; poco dopo un che di argenteo luc-cicò laggiú dietro gli alberi: la luna s’era levata.

Con quest’aiuto compii lestamente il resto del miotragitto; e talora camminando, talora correndo, m’anda-vo impazientemente avvicinando alla palizzata. Nondi-

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meno, addentrandomi nella boscaglia che la fronteggia-va, non fui cosí spensierato da non rallentare il passo eprocedere con un poco piú di cautela. Misera in veritàsarebbe stata la conchiusione delle mie avventure se perisbaglio mi fossi presa una palla dai miei stessi compa-gni.

La luna saliva sempre piú su: la sua luce cadeva qua elà in chiazze nelle piú rade zone del bosco, e giusto di-nanzi a me un lume di diverso colore filtrava attraversogli alberi. Era di un rosso ardente che tratto tratto si ve-lava un po’ come provenisse dalle braci di un falò ago-nizzante.

Per quanto aguzzassi gli occhi non riuscivo a capiredi che si trattasse.

Giunsi alfine al limite della radura. L’estremità ovestera già bagnata dal plenilunio; il resto e lo stesso fortinorimaneva tuttora immerso in una nera oscurità solcata dalunghe strisce di luce argentata. Dall’altro lato della casaun enorme fuoco aveva arso, le cui braci spargevano at-torno un robusto riverbero purpureo nettamente contra-stante col molle pallore della luna. Non un’anima che simovesse, non un suono, eccetto i bisbigli della brezzatra gli alberi.

Mi arrestai molto sorpreso in cuor mio e forse ancheun po’ spaventato. Noi non usavamo accendere grandifuochi; secondo gli ordini del capitano eravamo infattimolto guardinghi circa il bruciar legna; talché io comin-ciai a dubitare che le cose in mia assenza avessero presouna cattiva piega.

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meno, addentrandomi nella boscaglia che la fronteggia-va, non fui cosí spensierato da non rallentare il passo eprocedere con un poco piú di cautela. Misera in veritàsarebbe stata la conchiusione delle mie avventure se perisbaglio mi fossi presa una palla dai miei stessi compa-gni.

La luna saliva sempre piú su: la sua luce cadeva qua elà in chiazze nelle piú rade zone del bosco, e giusto di-nanzi a me un lume di diverso colore filtrava attraversogli alberi. Era di un rosso ardente che tratto tratto si ve-lava un po’ come provenisse dalle braci di un falò ago-nizzante.

Per quanto aguzzassi gli occhi non riuscivo a capiredi che si trattasse.

Giunsi alfine al limite della radura. L’estremità ovestera già bagnata dal plenilunio; il resto e lo stesso fortinorimaneva tuttora immerso in una nera oscurità solcata dalunghe strisce di luce argentata. Dall’altro lato della casaun enorme fuoco aveva arso, le cui braci spargevano at-torno un robusto riverbero purpureo nettamente contra-stante col molle pallore della luna. Non un’anima che simovesse, non un suono, eccetto i bisbigli della brezzatra gli alberi.

Mi arrestai molto sorpreso in cuor mio e forse ancheun po’ spaventato. Noi non usavamo accendere grandifuochi; secondo gli ordini del capitano eravamo infattimolto guardinghi circa il bruciar legna; talché io comin-ciai a dubitare che le cose in mia assenza avessero presouna cattiva piega.

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Quatto quatto feci il giro dall’estremità est, tenendo-mi stretto all’ombra, e trovato il punto propizio dove ilbuio era piú fitto, scavalcai lo steccato.

Per maggior sicurezza mi buttai a terra carponi e stri-sciai silenzioso verso l’angolo della casa. Avvicinando-mi mi entrò in cuore un improvviso sollievo. Non è ungrato rumore in sé, ed io l’ho spesso, altre volte, male-detto; ma quella notte fu come una musica al mio orec-chio il russare concorde e fragoroso dei miei amici nelloro placido sonno. Il grido marino della sentinella, quel«Tutto bene!» mai mi diede un cosí beato senso di sicu-rezza.

Intanto una cosa era certa: essi facevano una pessimaguardia. Fosse stato Silver, coi suoi, ora al mio posto,non un’anima avrebbe visto l’aurora. Ecco cosa volevadire, pensavo, aver il capitano ferito; e di nuovo aspra-mente mi rimproverai d’averli lasciati in quel pericolo econ sí scarsa guardia.

Giunto intanto alla porta, mi rizzai. Buio pesto, làdentro; i miei occhi non discernevano nulla. Quanto arumori, udivo il continuo ronzío di calabrone dei dor-menti, e, a intervalli, un timido suono, un quasi svolaz-zare e beccare, di cui non riuscivo a rendermi conto.

Tendendo le braccia in avanti mi inoltrai. Mi sarei co-ricato al mio posto (con una tacita risatina pensavo) egoduto le loro facce sorprese quando mi scoprirebbero ilmattino.

Il mio piede urtò in qualcosa di molle: le gambe di undormente; il quale si voltò grugnendo, ma senza sve-

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Quatto quatto feci il giro dall’estremità est, tenendo-mi stretto all’ombra, e trovato il punto propizio dove ilbuio era piú fitto, scavalcai lo steccato.

Per maggior sicurezza mi buttai a terra carponi e stri-sciai silenzioso verso l’angolo della casa. Avvicinando-mi mi entrò in cuore un improvviso sollievo. Non è ungrato rumore in sé, ed io l’ho spesso, altre volte, male-detto; ma quella notte fu come una musica al mio orec-chio il russare concorde e fragoroso dei miei amici nelloro placido sonno. Il grido marino della sentinella, quel«Tutto bene!» mai mi diede un cosí beato senso di sicu-rezza.

Intanto una cosa era certa: essi facevano una pessimaguardia. Fosse stato Silver, coi suoi, ora al mio posto,non un’anima avrebbe visto l’aurora. Ecco cosa volevadire, pensavo, aver il capitano ferito; e di nuovo aspra-mente mi rimproverai d’averli lasciati in quel pericolo econ sí scarsa guardia.

Giunto intanto alla porta, mi rizzai. Buio pesto, làdentro; i miei occhi non discernevano nulla. Quanto arumori, udivo il continuo ronzío di calabrone dei dor-menti, e, a intervalli, un timido suono, un quasi svolaz-zare e beccare, di cui non riuscivo a rendermi conto.

Tendendo le braccia in avanti mi inoltrai. Mi sarei co-ricato al mio posto (con una tacita risatina pensavo) egoduto le loro facce sorprese quando mi scoprirebbero ilmattino.

Il mio piede urtò in qualcosa di molle: le gambe di undormente; il quale si voltò grugnendo, ma senza sve-

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gliarsi.Tutt’a un tratto una voce stridula lacerò le tenebre.«Pezzi da otto! Pezzi da otto! Pezzi da otto! Pezzi da

otto! Pezzi da otto!» e cosí via senza posa né mutamen-to, come lo strepito di un piccolo mulino.

Il pappagallo verde di Silver, capitano Flint! Era luiche avevo sentito picchiar col becco su un pezzo di cor-teccia; era lui che, vigilando meglio di qualsiasi essereumano, lanciava l’annunzio del mio arrivo col suo te-dioso ritornello.

Mi mancò il tempo di riavermi. Agli acuti strilli delpappagallo gli uomini si destarono e saltarono in piedi, econ una infernale imprecazione la voce di Silver tuonò:

«Chi va là?»Voltatomi per fuggire, battei violentemente contro

uno, indietreggiai, e caddi nelle braccia di un altro chemi strinse e tenne saldo.

«Porta una torcia, Dick» comandò Silver non appenala mia cattura fu assicurata.

Ed un di loro lasciò la casa per tosto rientrare con untizzone acceso.

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gliarsi.Tutt’a un tratto una voce stridula lacerò le tenebre.«Pezzi da otto! Pezzi da otto! Pezzi da otto! Pezzi da

otto! Pezzi da otto!» e cosí via senza posa né mutamen-to, come lo strepito di un piccolo mulino.

Il pappagallo verde di Silver, capitano Flint! Era luiche avevo sentito picchiar col becco su un pezzo di cor-teccia; era lui che, vigilando meglio di qualsiasi essereumano, lanciava l’annunzio del mio arrivo col suo te-dioso ritornello.

Mi mancò il tempo di riavermi. Agli acuti strilli delpappagallo gli uomini si destarono e saltarono in piedi, econ una infernale imprecazione la voce di Silver tuonò:

«Chi va là?»Voltatomi per fuggire, battei violentemente contro

uno, indietreggiai, e caddi nelle braccia di un altro chemi strinse e tenne saldo.

«Porta una torcia, Dick» comandò Silver non appenala mia cattura fu assicurata.

Ed un di loro lasciò la casa per tosto rientrare con untizzone acceso.

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PASTE SESTAIL CAPITANO SILVER

XXVIIINEL CAMPO NEMICO

Il rosso bagliore della fiaccola illuminando l’internodel fortino mi mostrò realizzate le mie peggiori appren-sioni. I pirati erano in possesso della casa e delle provvi-gioni: ecco il barile dell’acquavite, ecco la carne salata,ecco il biscotto: tutto come prima; e, ciò che moltiplica-va la mia angoscia, nessuna traccia di prigionieri. Nonpotevo altro pensare se non che fossero tutti periti; e ilrimorso di non essermi trovato lí, a morire insieme conloro, mi spaccava il cuore.

Erano in tutto sei: nessun altro era sopravvissuto.Cinque d’essi scossi all’improvviso dal primo sonnodell’ubbriachezza, stavano in piedi, ancora accesi e gon-fi. Il sesto s’era levato soltanto sopra un gomito: il suoviso era coperto d’un pallore mortale, e le bende lordedi sangue che gli avviluppavano il capo dicevano ch’erastato recentemente ferito e ancora piú recentemente fa-sciato. Mi ricordai d’uno che durante il grande attacco,colpito da una palla, era scappato nel bosco: senza dub-

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PASTE SESTAIL CAPITANO SILVER

XXVIIINEL CAMPO NEMICO

Il rosso bagliore della fiaccola illuminando l’internodel fortino mi mostrò realizzate le mie peggiori appren-sioni. I pirati erano in possesso della casa e delle provvi-gioni: ecco il barile dell’acquavite, ecco la carne salata,ecco il biscotto: tutto come prima; e, ciò che moltiplica-va la mia angoscia, nessuna traccia di prigionieri. Nonpotevo altro pensare se non che fossero tutti periti; e ilrimorso di non essermi trovato lí, a morire insieme conloro, mi spaccava il cuore.

Erano in tutto sei: nessun altro era sopravvissuto.Cinque d’essi scossi all’improvviso dal primo sonnodell’ubbriachezza, stavano in piedi, ancora accesi e gon-fi. Il sesto s’era levato soltanto sopra un gomito: il suoviso era coperto d’un pallore mortale, e le bende lordedi sangue che gli avviluppavano il capo dicevano ch’erastato recentemente ferito e ancora piú recentemente fa-sciato. Mi ricordai d’uno che durante il grande attacco,colpito da una palla, era scappato nel bosco: senza dub-

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bio era lui.Il pappagallo si lisciava le penne, appollaiato sulla

spalla di Long John. Questi mi parve alquanto piú palli-do e duro del solito. Portava ancora lo stesso bell’abitodi panno sotto il quale aveva adempiuta la sua missione:ma codest’abito, per un amaro contrasto, era sporco difango e lacerato dagli spini dei rovi.

«E cosí, ecco qua Jim Hawkins, morte delle mie ossa,piovuto a farci visita, eh? Vieni, vieni pure, io prendo lacosa all’amichevole.»

Cosí dicendo sedette sul barile dell’acquavite e simise a riempir la pipa.

«Dammi un po’ qua la torcia, Dick» riprese.E dopo ch’ebbe acceso:«Va bene, ragazzo: pianta la torcia nella catasta della

legna; e voi, signori miei, andate pure: non è il caso dirimanere in piedi per il signor Hawkins: egli vi scuserà,state tranquilli.»

«E cosí, Jim» e calcava il tabacco «eccoti qui: unaben amabile sorpresa per il povero vecchio John. Iom’ero accorto che tu eri un ragazzo sveglio, quando tiposi gli occhi addosso la prima volta: ma oraquest’improvvisata finisce di sbalordirmi, finisce.»

A tutto ciò, naturalmente, io nulla replicai. Essi miavevano messo con le spalle al muro; ed io rimanevo là,guardando Silver in faccia, con un piglio abbastanza co-raggioso, forse, ma con in cuore la piú cupa disperazio-ne.

Silver tirò con molto sussiego una o due boccate di

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bio era lui.Il pappagallo si lisciava le penne, appollaiato sulla

spalla di Long John. Questi mi parve alquanto piú palli-do e duro del solito. Portava ancora lo stesso bell’abitodi panno sotto il quale aveva adempiuta la sua missione:ma codest’abito, per un amaro contrasto, era sporco difango e lacerato dagli spini dei rovi.

«E cosí, ecco qua Jim Hawkins, morte delle mie ossa,piovuto a farci visita, eh? Vieni, vieni pure, io prendo lacosa all’amichevole.»

Cosí dicendo sedette sul barile dell’acquavite e simise a riempir la pipa.

«Dammi un po’ qua la torcia, Dick» riprese.E dopo ch’ebbe acceso:«Va bene, ragazzo: pianta la torcia nella catasta della

legna; e voi, signori miei, andate pure: non è il caso dirimanere in piedi per il signor Hawkins: egli vi scuserà,state tranquilli.»

«E cosí, Jim» e calcava il tabacco «eccoti qui: unaben amabile sorpresa per il povero vecchio John. Iom’ero accorto che tu eri un ragazzo sveglio, quando tiposi gli occhi addosso la prima volta: ma oraquest’improvvisata finisce di sbalordirmi, finisce.»

A tutto ciò, naturalmente, io nulla replicai. Essi miavevano messo con le spalle al muro; ed io rimanevo là,guardando Silver in faccia, con un piglio abbastanza co-raggioso, forse, ma con in cuore la piú cupa disperazio-ne.

Silver tirò con molto sussiego una o due boccate di

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fumo, e seguitò:«E ora, Jim, dal momento che ti trovi qui, voglio un

po’ dirti come la penso. Tu mi sei sempre stato carocome un ragazzo di spirito, ed io t’ho amato comel’immagine di me stesso quando ero giovane e bello. Hosempre desiderato che ti unissi a noi per aver la tua par-te e morir da gentiluomo; e ora, ecco che ci sei venuto,mio piccolo ardito. Il capitano Smollett è un distintouomo di mare, non mi stancherò di riconoscerlo: maquanto a disciplina è inflessibile. “Il dovere è dovere”dice lui, e ha ragione. Devi guardarti dal capitano, tu. Lostesso dottore ce l’ha a morte con te: “ingrato furfante”,cosí ti chiamava; e insomma la conchiusione è questa,che tu non puoi ritornare coi tuoi perché di te non sivuol piú sapere; e a meno che tu non formassi un terzoequipaggio, nel qual caso non raccoglieresti gran com-pagnia, non ti resta che unirti al capitano Silver.»

Fin qui tutto andava bene. I miei amici vivevano dun-que, e sebbene io credessi vera in parte l’affermazionedi Silver, che quelli della cabina me ne volevano per lamia diserzione, le parole udite mi diedero piú sollievoche afflizione.

«Quanto al fatto che sei nelle nostre mani» continuòSilver «e che ci sei non ne puoi dubitare, io non dirònulla. Io preferisco ragionare: dalle minacce non ho maivisto uscir niente di buono. Se il servizio ti quadra, eb-bene, tu ti arruoli con noi; se non ti quadra, sei padronepadronissimo di dir di no, camerata mio; e se c’è un ma-rinaio al mondo capace di parlare piú chiaro di cosí, Dio

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fumo, e seguitò:«E ora, Jim, dal momento che ti trovi qui, voglio un

po’ dirti come la penso. Tu mi sei sempre stato carocome un ragazzo di spirito, ed io t’ho amato comel’immagine di me stesso quando ero giovane e bello. Hosempre desiderato che ti unissi a noi per aver la tua par-te e morir da gentiluomo; e ora, ecco che ci sei venuto,mio piccolo ardito. Il capitano Smollett è un distintouomo di mare, non mi stancherò di riconoscerlo: maquanto a disciplina è inflessibile. “Il dovere è dovere”dice lui, e ha ragione. Devi guardarti dal capitano, tu. Lostesso dottore ce l’ha a morte con te: “ingrato furfante”,cosí ti chiamava; e insomma la conchiusione è questa,che tu non puoi ritornare coi tuoi perché di te non sivuol piú sapere; e a meno che tu non formassi un terzoequipaggio, nel qual caso non raccoglieresti gran com-pagnia, non ti resta che unirti al capitano Silver.»

Fin qui tutto andava bene. I miei amici vivevano dun-que, e sebbene io credessi vera in parte l’affermazionedi Silver, che quelli della cabina me ne volevano per lamia diserzione, le parole udite mi diedero piú sollievoche afflizione.

«Quanto al fatto che sei nelle nostre mani» continuòSilver «e che ci sei non ne puoi dubitare, io non dirònulla. Io preferisco ragionare: dalle minacce non ho maivisto uscir niente di buono. Se il servizio ti quadra, eb-bene, tu ti arruoli con noi; se non ti quadra, sei padronepadronissimo di dir di no, camerata mio; e se c’è un ma-rinaio al mondo capace di parlare piú chiaro di cosí, Dio

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mi fulmini!»Attraverso tutte queste beffarde parole io avevo bene

avvertito la minaccia di morte che mi pendeva sul capo;le mie gote scottavano e il mio cuore martellava affan-nosamente dentro il mio petto.

«Debbo dunque rispondere?» chiesi con un filo divoce.

«Nessuno ti sta alle costole, ragazzo mio. Rileva latua posizione. Nessuno vuol farti premura; il tempo,come vedi, scorre cosí piacevolmente in tua compa-gnia.»

«Ebbene» dissi io prendendo un po’ d’animo «sedevo scegliere, dichiaro che ho diritto di sapere che cosaè successo, e perché voi siete qui, e dove si trovano imiei amici.»

«Che cosa è successo?» echeggiò uno dei filibustiericon un sordo grugnito. «Fortunato chi lo sa!»

«Sarebbe meglio che tenessi chiusi i tuoi boccaportifin tanto che non ti si dirige la parola, amico mio» av-ventò Silver truce. E rivolgendosi a me con l’amabiletono di prima, rispose: «Ieri mattina, durante il piccoloquarto, si presenta il dottor Livesey con bandiera bianca.Capitano Silver, mi dice, siete tradito. Il bastimento nonc’è piú. Ebbene, può darsi che nella notte avessimo be-vuto un bicchiere di piú, e cantato magari per farla pas-sare. Non dico di no. Comunque, nessuno di noi avevamesso il muso fuori. Guardammo, e, corpo di millebombe, la vecchia goletta non c’era piú. Io non ho maivisto una banda di minchioni restar lí con un’aria piú

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mi fulmini!»Attraverso tutte queste beffarde parole io avevo bene

avvertito la minaccia di morte che mi pendeva sul capo;le mie gote scottavano e il mio cuore martellava affan-nosamente dentro il mio petto.

«Debbo dunque rispondere?» chiesi con un filo divoce.

«Nessuno ti sta alle costole, ragazzo mio. Rileva latua posizione. Nessuno vuol farti premura; il tempo,come vedi, scorre cosí piacevolmente in tua compa-gnia.»

«Ebbene» dissi io prendendo un po’ d’animo «sedevo scegliere, dichiaro che ho diritto di sapere che cosaè successo, e perché voi siete qui, e dove si trovano imiei amici.»

«Che cosa è successo?» echeggiò uno dei filibustiericon un sordo grugnito. «Fortunato chi lo sa!»

«Sarebbe meglio che tenessi chiusi i tuoi boccaportifin tanto che non ti si dirige la parola, amico mio» av-ventò Silver truce. E rivolgendosi a me con l’amabiletono di prima, rispose: «Ieri mattina, durante il piccoloquarto, si presenta il dottor Livesey con bandiera bianca.Capitano Silver, mi dice, siete tradito. Il bastimento nonc’è piú. Ebbene, può darsi che nella notte avessimo be-vuto un bicchiere di piú, e cantato magari per farla pas-sare. Non dico di no. Comunque, nessuno di noi avevamesso il muso fuori. Guardammo, e, corpo di millebombe, la vecchia goletta non c’era piú. Io non ho maivisto una banda di minchioni restar lí con un’aria piú

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istupidita. Ebbene, dice il dottore, vogliamo trattare?Trattammo, lui ed io, e il risultato eccolo qui: provvigio-ni, acquavite, fortino, legna da ardere che voi aveste laprevviggenza di tagliare e accatastare; e, per cosí dire,tutta quella benedetta nave, dalle crocette alla chiglia,nelle nostre mani. Quanto a loro, son filati via, né sodove si trovino.»

Tirò placidamente un’altra boccata di fumo, e prose-guí:

«E perché tu non ti metta in testa che sei compresonel patto, ecco l’ultime parole pronunciate: Quanti siete,dico io, ad andarvene? Quattro, dice lui, quattro, un deiquali ferito. Quanto a quel ragazzo, ignoro dov’è, che ildiavolo se lo porti, dice lui, non me ne importa affatto.Ne siamo stufi. Codeste furono le sue parole.»

«È tutto qui?»«Sí, è tutto quanto hai da sapere, figliuolo mio.»«E ora mi tocca scegliere?»«Ora ti tocca scegliere, sicuro.»«Ebbene» dissi io «io non sono cosí sciocco da non

sapere che cosa mi aspetta. Ma accada che può, non mene importa. Ne ho visti morire abbastanza dacché vi hoincontrato. Ci sono però una o due cose che mi premedirvi» e mentre cosí parlavo ero assai eccitato «e la pri-ma è questa: voi siete a un malo passo: nave perduta, te-soro perduto, uomini perduti: tutta la vostra impresanaufragata; e se desiderate sapere chi ne è stato la causa– io sono stato. Io stavo acquattato nel barile delle melela sera che avvistammo l’isola, e intesi voi, John, e voi,

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istupidita. Ebbene, dice il dottore, vogliamo trattare?Trattammo, lui ed io, e il risultato eccolo qui: provvigio-ni, acquavite, fortino, legna da ardere che voi aveste laprevviggenza di tagliare e accatastare; e, per cosí dire,tutta quella benedetta nave, dalle crocette alla chiglia,nelle nostre mani. Quanto a loro, son filati via, né sodove si trovino.»

Tirò placidamente un’altra boccata di fumo, e prose-guí:

«E perché tu non ti metta in testa che sei compresonel patto, ecco l’ultime parole pronunciate: Quanti siete,dico io, ad andarvene? Quattro, dice lui, quattro, un deiquali ferito. Quanto a quel ragazzo, ignoro dov’è, che ildiavolo se lo porti, dice lui, non me ne importa affatto.Ne siamo stufi. Codeste furono le sue parole.»

«È tutto qui?»«Sí, è tutto quanto hai da sapere, figliuolo mio.»«E ora mi tocca scegliere?»«Ora ti tocca scegliere, sicuro.»«Ebbene» dissi io «io non sono cosí sciocco da non

sapere che cosa mi aspetta. Ma accada che può, non mene importa. Ne ho visti morire abbastanza dacché vi hoincontrato. Ci sono però una o due cose che mi premedirvi» e mentre cosí parlavo ero assai eccitato «e la pri-ma è questa: voi siete a un malo passo: nave perduta, te-soro perduto, uomini perduti: tutta la vostra impresanaufragata; e se desiderate sapere chi ne è stato la causa– io sono stato. Io stavo acquattato nel barile delle melela sera che avvistammo l’isola, e intesi voi, John, e voi,

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Dick Johnson, e Hands che dorme ora in fondo al mare,e immediatamente riferii sillaba per sillaba ciò che ave-vate detto. E quanto alla goletta, sono stato io a tagliareil cavo, io a uccidere gli uomini ch’erano a bordo, io amenarla dove né voi né nessuno dei vostri uomini la ri-vedrà mai. E son io che posso ridere; il filo della matas-sa era in mano mia, e voi non mi fate paura piú di unamosca. Ammazzatemi o risparmiatemi come meglio viaggrada. Ma una sola cosa dirò ancora: se voi mi rispar-miate, dimenticherò il passato, e quando compariretedavanti alla corte sotto l’accusa di pirateria, vi difenderòcon tutte le mie forze. Tocca a voi scegliere. O soppri-mermi senza cavarne il minimo utile, o risparmiarmi as-sicurandovi un testimonio che vi salverà dalla forca.»

M’interruppi perché proprio mi mancava il respiro.Con mia gran meraviglia nessun di loro si mosse; rima-sero tutti a guardarmi mogi come tante pecore. E mentrecosí mi guardavano, ripresi:

«E ora, mastro Silver, poiché voi siete il migliore ditutti, se le cose andassero alla peggio usatemi la cortesiadi far conoscere al dottore in che modo mi sono com-portato.»

«Me lo ricorderò» disse Silver con un accento cosícurioso che io non avrei potuto, anche a prezzo dellamia vita, decidere se si burlasse della mia richiesta ofosse simpaticamente commosso dalla mia prova di co-raggio.

«Aggiungerò io qualche cosa» gridò il vecchio mari-naio dalla faccia color di mogano, detto Morgan, che

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Dick Johnson, e Hands che dorme ora in fondo al mare,e immediatamente riferii sillaba per sillaba ciò che ave-vate detto. E quanto alla goletta, sono stato io a tagliareil cavo, io a uccidere gli uomini ch’erano a bordo, io amenarla dove né voi né nessuno dei vostri uomini la ri-vedrà mai. E son io che posso ridere; il filo della matas-sa era in mano mia, e voi non mi fate paura piú di unamosca. Ammazzatemi o risparmiatemi come meglio viaggrada. Ma una sola cosa dirò ancora: se voi mi rispar-miate, dimenticherò il passato, e quando compariretedavanti alla corte sotto l’accusa di pirateria, vi difenderòcon tutte le mie forze. Tocca a voi scegliere. O soppri-mermi senza cavarne il minimo utile, o risparmiarmi as-sicurandovi un testimonio che vi salverà dalla forca.»

M’interruppi perché proprio mi mancava il respiro.Con mia gran meraviglia nessun di loro si mosse; rima-sero tutti a guardarmi mogi come tante pecore. E mentrecosí mi guardavano, ripresi:

«E ora, mastro Silver, poiché voi siete il migliore ditutti, se le cose andassero alla peggio usatemi la cortesiadi far conoscere al dottore in che modo mi sono com-portato.»

«Me lo ricorderò» disse Silver con un accento cosícurioso che io non avrei potuto, anche a prezzo dellamia vita, decidere se si burlasse della mia richiesta ofosse simpaticamente commosso dalla mia prova di co-raggio.

«Aggiungerò io qualche cosa» gridò il vecchio mari-naio dalla faccia color di mogano, detto Morgan, che

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avevo visto nella taverna di Silver sulla banchina di Bri-stol «è stato lui a riconoscere Can-Nero.»

«E sentite me» intervenne il mastro cuoco «che ve nedico un’altra, corpo d’una saetta: è stato questo ragazzoa sgraffignar la carta a Billy Bones. Dal principio allafine, Jim Hawkins è stato il nostro scoglio!»

«E allora, ecco per lui» proferí Morgan accompa-gnandovi una bestemmia.

E balzò in piedi tirando fuori il coltello con selvaggiairruenza.

«Alto là» gridò Silver. «Chi sei tu, Tom Morgan? Ticredi forse d’essere il capitano? Se cosí è, per mille dia-voli, ti mostrerò che t’inganni. Prova a mettermiti con-tro, e andrai dove tanti cristiani da trent’anni a questaparte sono andati prima di te, dal primo all’ultimo: qual-cuno di sulla punta del pennone, che Dio mi fulmini,qualcuno di fuori bordo, e tutti quanti a pascere i pesci.Non c’è mai stato nessuno che m’abbia guardato nelbianco dell’occhio e abbia poi visto un giorno felice,Tom Morgan, te l’assicuro io.»

Morgan tacque; ma tra gli altri sorse un roco mormo-río.

«Tom ha ragione» disse una voce.«Io sono stato seccato abbastanza da un capitano» ag-

giunse un altro. «M’impicchino se mi lascio romper lescatole da voi, John Silver.»

«C’è qualcuno di voi, miei signori, che voglia venirea spiegarsi di fuori con me?» urlò Silver sporgendosi disul caratello con in pugno la sua pipa accesa. «Corag-

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avevo visto nella taverna di Silver sulla banchina di Bri-stol «è stato lui a riconoscere Can-Nero.»

«E sentite me» intervenne il mastro cuoco «che ve nedico un’altra, corpo d’una saetta: è stato questo ragazzoa sgraffignar la carta a Billy Bones. Dal principio allafine, Jim Hawkins è stato il nostro scoglio!»

«E allora, ecco per lui» proferí Morgan accompa-gnandovi una bestemmia.

E balzò in piedi tirando fuori il coltello con selvaggiairruenza.

«Alto là» gridò Silver. «Chi sei tu, Tom Morgan? Ticredi forse d’essere il capitano? Se cosí è, per mille dia-voli, ti mostrerò che t’inganni. Prova a mettermiti con-tro, e andrai dove tanti cristiani da trent’anni a questaparte sono andati prima di te, dal primo all’ultimo: qual-cuno di sulla punta del pennone, che Dio mi fulmini,qualcuno di fuori bordo, e tutti quanti a pascere i pesci.Non c’è mai stato nessuno che m’abbia guardato nelbianco dell’occhio e abbia poi visto un giorno felice,Tom Morgan, te l’assicuro io.»

Morgan tacque; ma tra gli altri sorse un roco mormo-río.

«Tom ha ragione» disse una voce.«Io sono stato seccato abbastanza da un capitano» ag-

giunse un altro. «M’impicchino se mi lascio romper lescatole da voi, John Silver.»

«C’è qualcuno di voi, miei signori, che voglia venirea spiegarsi di fuori con me?» urlò Silver sporgendosi disul caratello con in pugno la sua pipa accesa. «Corag-

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gio, su: parlate: non siete mica muti? Chi lo desiderasarà servito. Avrò dunque vissuto tanti anni per vedermiprovocare dal figlio di un ubbriaco? Voi conoscete le re-gole: siete gentiluomini di fortuna, a quanto dite. Ebbe-ne, eccomi pronto. Prenda un coltellaccio chi ha fegato,e io vi prometto che vedrà il colore delle sue budellamalgrado la mia gruccia e tutto, prima che questa pipatasia finita.»

Nessuno si mosse, nessuno rispose.«Cosí siete voi, no?» aggiunse riportando la pipa alla

bocca. «Ah, bellissimi da vedere, non c’è dubbio. Manon troppo bravi sul terreno, no davvero. Ma se vi parlonell’inglese di Re Giorgio credo che mi capirete. Orbe-ne: io sono vostro capitano per elezione. Io sono il capi-tano qui perché sono migliore di tutti d’un buon migliomarino. Voi ricusate di battervi come dovrebbero deigentiluomini di fortuna. Allora, corpo d’una saetta, ob-bedirete, state pur certi. Ora, io voglio bene a questo ra-gazzo: non ho mai visto un ragazzo meglio di lui. Valpiú lui d’un qualsiasi paio di vigliacchi che siete quidentro; ed ecco cosa vi dico: vorrò vedere chi oserà met-tergli le mani addosso, ecco che cosa vi dico, e potetestar sicuri.»

Seguí un lungo silenzio. Io stavo ritto con le spalle almuro, e il cuore che seguitava a battere come il martellod’un fabbro; ma un raggio di speranza ora mi spuntavadentro. Silver si postò contro il muro, le braccia incro-ciate, la pipa all’angolo della bocca, immoto come fossein chiesa; ma gettava attorno sguardi furtivi, e con la

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gio, su: parlate: non siete mica muti? Chi lo desiderasarà servito. Avrò dunque vissuto tanti anni per vedermiprovocare dal figlio di un ubbriaco? Voi conoscete le re-gole: siete gentiluomini di fortuna, a quanto dite. Ebbe-ne, eccomi pronto. Prenda un coltellaccio chi ha fegato,e io vi prometto che vedrà il colore delle sue budellamalgrado la mia gruccia e tutto, prima che questa pipatasia finita.»

Nessuno si mosse, nessuno rispose.«Cosí siete voi, no?» aggiunse riportando la pipa alla

bocca. «Ah, bellissimi da vedere, non c’è dubbio. Manon troppo bravi sul terreno, no davvero. Ma se vi parlonell’inglese di Re Giorgio credo che mi capirete. Orbe-ne: io sono vostro capitano per elezione. Io sono il capi-tano qui perché sono migliore di tutti d’un buon migliomarino. Voi ricusate di battervi come dovrebbero deigentiluomini di fortuna. Allora, corpo d’una saetta, ob-bedirete, state pur certi. Ora, io voglio bene a questo ra-gazzo: non ho mai visto un ragazzo meglio di lui. Valpiú lui d’un qualsiasi paio di vigliacchi che siete quidentro; ed ecco cosa vi dico: vorrò vedere chi oserà met-tergli le mani addosso, ecco che cosa vi dico, e potetestar sicuri.»

Seguí un lungo silenzio. Io stavo ritto con le spalle almuro, e il cuore che seguitava a battere come il martellod’un fabbro; ma un raggio di speranza ora mi spuntavadentro. Silver si postò contro il muro, le braccia incro-ciate, la pipa all’angolo della bocca, immoto come fossein chiesa; ma gettava attorno sguardi furtivi, e con la

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coda dell’occhio spiava i suoi irrequieti compagni. Iquali s’andavano gradatamente raccogliendo all’estre-mità del fortino, e il loro sommesso bisbigliare suonavacontinuo al mio orecchio come un ruscello. L’un dopol’altro alzavano gli occhi, e la luce rossastra della fiac-cola batteva per un istante sulle loro torbide facce: manon era su me, era su Silver che cadevano i loro sguardi.

«Sembra che ne abbiate delle cose da dire» osservòSilver lanciando lontano uno sputo. «Cantatemela, chela possa sentire, o se no, mettetevi alla cappa.»

«Chiedo perdono, capitano» replicò uno degli uomini«voi prendete un po’ troppo alla leggera qualcuna dellenostre regole. Questo equipaggio è scontento; questoequipaggio non ama le intimazioni piú dei colpi di aguc-chione; quest’equipaggio ha i suoi diritti non meno deglialtri; mi permetto di dirlo; e a norma delle stesse vostreregole sostengo che noi possiamo discorrere insieme.Chiedo perdono, vi riconosco come capitano in questomomento, ma reclamo il mio diritto, ed esco per tenerconsiglio.»

E con un diligente saluto marittimo, quest’individuo,un uomo di trentacinque anni, alto, malazzato, dagli oc-chi gialli, si diresse freddamente verso la porta e dispar-ve. I rimanenti, uno dopo l’altro, seguirono il suo esem-pio; ciascuno facendo il proprio saluto, mentre passava,e accompagnandovi qualche scusa. «Conforme alle re-gole» disse uno. «Consiglio di prua» disse Morgan. Ecosí, con una od altra frase, sfilarono tutti lasciando Sil-ver e me soli al lume della torcia.

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coda dell’occhio spiava i suoi irrequieti compagni. Iquali s’andavano gradatamente raccogliendo all’estre-mità del fortino, e il loro sommesso bisbigliare suonavacontinuo al mio orecchio come un ruscello. L’un dopol’altro alzavano gli occhi, e la luce rossastra della fiac-cola batteva per un istante sulle loro torbide facce: manon era su me, era su Silver che cadevano i loro sguardi.

«Sembra che ne abbiate delle cose da dire» osservòSilver lanciando lontano uno sputo. «Cantatemela, chela possa sentire, o se no, mettetevi alla cappa.»

«Chiedo perdono, capitano» replicò uno degli uomini«voi prendete un po’ troppo alla leggera qualcuna dellenostre regole. Questo equipaggio è scontento; questoequipaggio non ama le intimazioni piú dei colpi di aguc-chione; quest’equipaggio ha i suoi diritti non meno deglialtri; mi permetto di dirlo; e a norma delle stesse vostreregole sostengo che noi possiamo discorrere insieme.Chiedo perdono, vi riconosco come capitano in questomomento, ma reclamo il mio diritto, ed esco per tenerconsiglio.»

E con un diligente saluto marittimo, quest’individuo,un uomo di trentacinque anni, alto, malazzato, dagli oc-chi gialli, si diresse freddamente verso la porta e dispar-ve. I rimanenti, uno dopo l’altro, seguirono il suo esem-pio; ciascuno facendo il proprio saluto, mentre passava,e accompagnandovi qualche scusa. «Conforme alle re-gole» disse uno. «Consiglio di prua» disse Morgan. Ecosí, con una od altra frase, sfilarono tutti lasciando Sil-ver e me soli al lume della torcia.

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Il mastro cuoco si levò la pipa dalla bocca.«Ora stai attento, Jim Hawkins» disse con voce fer-

ma, ma cosí sommessa che appena mi arrivava all’orec-chio. «Tu sei a due passi dalla morte, e, ciò che è benpeggio, dalla tortura. Essi stanno per disfarsi di me. Maio t’accerto che qualunque cosa accada, sarò con te. Inverità non era questa la mia precisa intenzione prima diaverti udito, no. Ero quasi disperato di perdere questagrossa focaccia e rischiare d’essere impiccato per giun-ta. Ma ho visto che tu sei di buona razza. E mi son det-to: sostieni Hawkins, John, e Hawkins sosterrà te. Tu seil’ultima sua carta, e, corpo di mille bombe, John è latua. Spalla a spalla, dico io. Tu salvi il tuo testimonio, elui salverà la tua testa.»

Cominciavo piú o meno a capire.«Intendete dire che tutto è perduto?»«Ma sí, perdio, sí! Partita la nave, partirà la mia testa:

una cosa tira l’altra. Quando guardai la baia, Jim Haw-kins, e non vidi piú la goletta, ebbene, duro come sono,mi diedi per vinto. Per ciò che riguarda quella combric-cola e il loro consiglio, credi a me, non sono che deglistupidi e dei vigliacchi sputati. Io ti salverò, se mi rie-sce, dalle loro grinfe. Ma, attenzione, Jim: tu in com-penso salverai Long John dalla forca.»

Io ero sgomento: mi pareva cosa talmente disperataciò ch’egli mi chiedeva, lui, il vecchio pirata, il caporio-ne della banda.

«Ciò che potrò lo farò» dissi.«Affare conchiuso!» gridò Long John. «Tu parli da

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Il mastro cuoco si levò la pipa dalla bocca.«Ora stai attento, Jim Hawkins» disse con voce fer-

ma, ma cosí sommessa che appena mi arrivava all’orec-chio. «Tu sei a due passi dalla morte, e, ciò che è benpeggio, dalla tortura. Essi stanno per disfarsi di me. Maio t’accerto che qualunque cosa accada, sarò con te. Inverità non era questa la mia precisa intenzione prima diaverti udito, no. Ero quasi disperato di perdere questagrossa focaccia e rischiare d’essere impiccato per giun-ta. Ma ho visto che tu sei di buona razza. E mi son det-to: sostieni Hawkins, John, e Hawkins sosterrà te. Tu seil’ultima sua carta, e, corpo di mille bombe, John è latua. Spalla a spalla, dico io. Tu salvi il tuo testimonio, elui salverà la tua testa.»

Cominciavo piú o meno a capire.«Intendete dire che tutto è perduto?»«Ma sí, perdio, sí! Partita la nave, partirà la mia testa:

una cosa tira l’altra. Quando guardai la baia, Jim Haw-kins, e non vidi piú la goletta, ebbene, duro come sono,mi diedi per vinto. Per ciò che riguarda quella combric-cola e il loro consiglio, credi a me, non sono che deglistupidi e dei vigliacchi sputati. Io ti salverò, se mi rie-sce, dalle loro grinfe. Ma, attenzione, Jim: tu in com-penso salverai Long John dalla forca.»

Io ero sgomento: mi pareva cosa talmente disperataciò ch’egli mi chiedeva, lui, il vecchio pirata, il caporio-ne della banda.

«Ciò che potrò lo farò» dissi.«Affare conchiuso!» gridò Long John. «Tu parli da

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ragazzo coraggioso, e, corpo d’una bomba, io non sonoancora perduto.»

Arrancò fino alla torcia infissa nel mucchio della le-gna, e riaccese la pipa.

«Ascoltami bene, Jim» seguitò ritornando. «Io ho latesta sul collo. Io sono dalla parte del cavaliere, ormai.So che tu hai condotto l’Hispaniola in salvo, e non im-porta dove. Come tu abbia fatto, lo ignoro; ma in salvoc’è. Immagino che Hands e O’Brien sono rimbecilliti. Inverità non ho mai nutrito eccessiva fiducia in nessunodei due. Ora, bada a ciò che ti dico. Io non faccio do-mande né desidero che altri me ne faccia. Quando unapartita è perduta io lo riconosco, io. E riconosco quandoun ragazzo è bravo. Ah, tu che sei giovane, quante bellecose avremmo potuto combinare insieme, tu ed io!»

Spillò dal caratello un po’ d’acquavite.«Vuoi assaggiare, camerata?»E avuto il mio rifiuto:«Bene, ne prenderò un sorso io, Jim. Ho bisogno di

calafatarmi, io, perché c’è del torbido in vista. E a pro-posito di torbido, Jim, mi sai dire perché mai quel dotto-re mi ha dato la carta?»

Il mio viso espresse un cosí ingenuo stupore ch’egligiudicò inutile pormi altre domande.

«Comunque sia, me l’ha data. E là sotto c’è qualchecosa, senza dubbio, qualche cosa sicuramente, là sotto,Jim, di cattivo o di buono.»

E ingollò un altro sorso d’acquavite, scotendo il gros-so capo biondo con l’aria d’uno che non presagisce

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ragazzo coraggioso, e, corpo d’una bomba, io non sonoancora perduto.»

Arrancò fino alla torcia infissa nel mucchio della le-gna, e riaccese la pipa.

«Ascoltami bene, Jim» seguitò ritornando. «Io ho latesta sul collo. Io sono dalla parte del cavaliere, ormai.So che tu hai condotto l’Hispaniola in salvo, e non im-porta dove. Come tu abbia fatto, lo ignoro; ma in salvoc’è. Immagino che Hands e O’Brien sono rimbecilliti. Inverità non ho mai nutrito eccessiva fiducia in nessunodei due. Ora, bada a ciò che ti dico. Io non faccio do-mande né desidero che altri me ne faccia. Quando unapartita è perduta io lo riconosco, io. E riconosco quandoun ragazzo è bravo. Ah, tu che sei giovane, quante bellecose avremmo potuto combinare insieme, tu ed io!»

Spillò dal caratello un po’ d’acquavite.«Vuoi assaggiare, camerata?»E avuto il mio rifiuto:«Bene, ne prenderò un sorso io, Jim. Ho bisogno di

calafatarmi, io, perché c’è del torbido in vista. E a pro-posito di torbido, Jim, mi sai dire perché mai quel dotto-re mi ha dato la carta?»

Il mio viso espresse un cosí ingenuo stupore ch’egligiudicò inutile pormi altre domande.

«Comunque sia, me l’ha data. E là sotto c’è qualchecosa, senza dubbio, qualche cosa sicuramente, là sotto,Jim, di cattivo o di buono.»

E ingollò un altro sorso d’acquavite, scotendo il gros-so capo biondo con l’aria d’uno che non presagisce

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niente di allegro.

XXIXDI NUOVO LA MACCHIA NERA

Il consiglio dei pirati durava da qualche tempo, quan-do uno di loro rientrò nella casa; e, ripetendo lo stessosaluto che aveva ai miei occhi un senso ironico, chieseper un momento in prestito la torcia. Silver acconsentí, equello si ritirò lasciandoci al buio.

«La burrasca s’avvicina, Jim» disse Silver che frat-tanto aveva preso un tono schiettamente amichevole efamiliare.

Mi accostai alla feritoia piú vicina, e riguardai. Lebraci del gran fuoco s’erano consumate e la fioca luceche ora mandavano spiegava il perché della richiestadella torcia. Essi stavano radunati lungo il declivio, amezza distanza dalla palizzata; uno reggeva la torcia, unaltro era in ginocchio in mezzo a loro, ed io vidi la lamadi un coltello aperto nel suo pugno balenare colorandosiora al lume della luna ora a quello della torcia, mentregli altri, curvi, osservavano i suoi movimenti. Riusciipoi a discernere che oltre al coltello teneva in mano unlibro, e ancora non avevo finito di stupirmi come un sístrano oggetto fosse capitato in loro possesso, chel’inginocchiato si rialzò e l’intera banda rivolse i passiverso la casa.

«Vengono» dissi; e ripresi il posto di prima parendo-

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niente di allegro.

XXIXDI NUOVO LA MACCHIA NERA

Il consiglio dei pirati durava da qualche tempo, quan-do uno di loro rientrò nella casa; e, ripetendo lo stessosaluto che aveva ai miei occhi un senso ironico, chieseper un momento in prestito la torcia. Silver acconsentí, equello si ritirò lasciandoci al buio.

«La burrasca s’avvicina, Jim» disse Silver che frat-tanto aveva preso un tono schiettamente amichevole efamiliare.

Mi accostai alla feritoia piú vicina, e riguardai. Lebraci del gran fuoco s’erano consumate e la fioca luceche ora mandavano spiegava il perché della richiestadella torcia. Essi stavano radunati lungo il declivio, amezza distanza dalla palizzata; uno reggeva la torcia, unaltro era in ginocchio in mezzo a loro, ed io vidi la lamadi un coltello aperto nel suo pugno balenare colorandosiora al lume della luna ora a quello della torcia, mentregli altri, curvi, osservavano i suoi movimenti. Riusciipoi a discernere che oltre al coltello teneva in mano unlibro, e ancora non avevo finito di stupirmi come un sístrano oggetto fosse capitato in loro possesso, chel’inginocchiato si rialzò e l’intera banda rivolse i passiverso la casa.

«Vengono» dissi; e ripresi il posto di prima parendo-

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mi poco dignitoso per me farmi sorprendere a spiare.«Bene, lasciali venire, piccolo mio, lasciali venire»

fece Silver gaiamente «ho ancora una palla nella miasacca.»

La porta si aperse, e i cinque ammucchiati sulla sogliaspinsero uno di loro innanzi. In altre circostanze sarebbestato comico veder costui procedere adagio, un piededopo l’altro, esitando e tendendo davanti a sé la suamano chiusa.

«Avanti, ragazzo, avanti» gridò Silver. «Non ti vogliomica mangiare. Dài qui, marinaio d’acqua dolce. Cono-sco le regole, e mi guarderò bene dall’offendere una de-putazione.»

Rinfrancato da queste parole, il filibustiere si affrettò,e dopo aver passato qualcosa a Silver da mano a mano,si ritirò piú spedito ancora nel gruppo dei compagni. Ilcuoco dette un’occhiata a ciò che gli era stato rimesso.

«La macchia nera! Me l’aspettavo. O dove mai avetepescato questo pezzo di carta? Oh! Oh! Guardate un po’qui! Non vi porterà fortuna: da una bibbia, l’avete strap-pato. Ma chi è quell’idiota che strappa una bibbia?»

«Ecco» proruppe Morgan «ecco! Che vi dicevo io?Niente di buono ne verrà fuori, vi dicevo.»

«Ebbene, ormai è cosa fatta per tutti» riprese Silver.«Prevedo che sarete tutti impiccati. Ma chi è quel ram-mollito che possedeva una bibbia?»

«È Dick» disse una voce.«Dick? Allora Dick può andare a pregar per l’anima

sua. Ha visto i suoi giorni migliori, credete a me.»

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mi poco dignitoso per me farmi sorprendere a spiare.«Bene, lasciali venire, piccolo mio, lasciali venire»

fece Silver gaiamente «ho ancora una palla nella miasacca.»

La porta si aperse, e i cinque ammucchiati sulla sogliaspinsero uno di loro innanzi. In altre circostanze sarebbestato comico veder costui procedere adagio, un piededopo l’altro, esitando e tendendo davanti a sé la suamano chiusa.

«Avanti, ragazzo, avanti» gridò Silver. «Non ti vogliomica mangiare. Dài qui, marinaio d’acqua dolce. Cono-sco le regole, e mi guarderò bene dall’offendere una de-putazione.»

Rinfrancato da queste parole, il filibustiere si affrettò,e dopo aver passato qualcosa a Silver da mano a mano,si ritirò piú spedito ancora nel gruppo dei compagni. Ilcuoco dette un’occhiata a ciò che gli era stato rimesso.

«La macchia nera! Me l’aspettavo. O dove mai avetepescato questo pezzo di carta? Oh! Oh! Guardate un po’qui! Non vi porterà fortuna: da una bibbia, l’avete strap-pato. Ma chi è quell’idiota che strappa una bibbia?»

«Ecco» proruppe Morgan «ecco! Che vi dicevo io?Niente di buono ne verrà fuori, vi dicevo.»

«Ebbene, ormai è cosa fatta per tutti» riprese Silver.«Prevedo che sarete tutti impiccati. Ma chi è quel ram-mollito che possedeva una bibbia?»

«È Dick» disse una voce.«Dick? Allora Dick può andare a pregar per l’anima

sua. Ha visto i suoi giorni migliori, credete a me.»

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A questo punto l’uomo dagli occhi gialli interruppe.«Dài volta, John Silver, a queste chiacchiere. L’equi-

paggio ti ha decretato la macchia nera con voto unani-me, conforme dovuto; rivolta la carta conforme dovuto,e leggi ciò che v’è scritto. Poi, potrai parlare.»

«Grazie, Giorgio» replicò il cuoco. «Tu sei sempresveglio, in fatto d’affari; e le regole le sai a memoria,come mi piace di constatare. Ebbene, a ogni modo,cos’è questo? Ah! Destituito! È cosí, non è vero? Moltoelegantemente scritto davvero; quasi giurerei che èstampato. È tua scrittura, Giorgio? Eh, tu vai divenendoun uomo di comando, in questo equipaggio. Potresti es-sere capitano domani, che non mi stupirei affatto. Porgi-mi ancora quella torcia per cortesia, vuoi? Questa pipanon tira.»

«Andiamo» scattò Giorgio. «Finisci di prenderti gio-co di quest’equipaggio. Lo sappiamo che sei un buffone,ma oramai non rappresenti piú nulla e puoi discenderedal barile e prender parte alla votazione.»

«Mi pareva d’averti sentito dire che conosci le rego-le» ribatté Silver con fare sprezzante. «In ogni caso, setu non le conosci, le conosco io, e rimarrò qui, perchésono ancora il vostro capitano, badate, fino a che voinon abbiate presentato i vostri reclami ed io non v’abbiarisposto. Per intanto, la vostra macchia nera non vale unbiscotto. Dopo ciò, vedremo.»

«Oh» replicò Giorgio «non dubitare: noi siamo tuttid’accordo. Primo, ci hai messo in un bell’imbroglio conquesta crociera: non sarai cosí sfacciato da volerlo nega-

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A questo punto l’uomo dagli occhi gialli interruppe.«Dài volta, John Silver, a queste chiacchiere. L’equi-

paggio ti ha decretato la macchia nera con voto unani-me, conforme dovuto; rivolta la carta conforme dovuto,e leggi ciò che v’è scritto. Poi, potrai parlare.»

«Grazie, Giorgio» replicò il cuoco. «Tu sei sempresveglio, in fatto d’affari; e le regole le sai a memoria,come mi piace di constatare. Ebbene, a ogni modo,cos’è questo? Ah! Destituito! È cosí, non è vero? Moltoelegantemente scritto davvero; quasi giurerei che èstampato. È tua scrittura, Giorgio? Eh, tu vai divenendoun uomo di comando, in questo equipaggio. Potresti es-sere capitano domani, che non mi stupirei affatto. Porgi-mi ancora quella torcia per cortesia, vuoi? Questa pipanon tira.»

«Andiamo» scattò Giorgio. «Finisci di prenderti gio-co di quest’equipaggio. Lo sappiamo che sei un buffone,ma oramai non rappresenti piú nulla e puoi discenderedal barile e prender parte alla votazione.»

«Mi pareva d’averti sentito dire che conosci le rego-le» ribatté Silver con fare sprezzante. «In ogni caso, setu non le conosci, le conosco io, e rimarrò qui, perchésono ancora il vostro capitano, badate, fino a che voinon abbiate presentato i vostri reclami ed io non v’abbiarisposto. Per intanto, la vostra macchia nera non vale unbiscotto. Dopo ciò, vedremo.»

«Oh» replicò Giorgio «non dubitare: noi siamo tuttid’accordo. Primo, ci hai messo in un bell’imbroglio conquesta crociera: non sarai cosí sfacciato da volerlo nega-

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re. Secondo, hai lasciato uscire il nemico da questa trap-pola per che cosa? per nulla. Perché tenevano ad andar-sene loro? Io non lo so, ma è chiaro che ci tenevano.Terzo, non ci hai permesso di saltar loro addosso mentresi ritiravano. Oh, noi ti leggiamo dentro, John Silver: tuvuoi barare al gioco: è lí dove tu zoppichi. E finalmente,quarto, c’è questo ragazzo qui.»

«È tutto?» domandò Silver senza scomporsi.«E mi pare che basti» suggellò Giorgio. «Noi saremo

impiccati e seccheremo al sole a causa della tua male-detta incapacità.»

«Ebbene, ora sentite: io risponderò su questi quattropunti: l’uno dopo l’altro, risponderò su tutti. Vi ho mes-so in un imbroglio con questa crociera, vi ho messo?Oh, vediamo un po’: voi tutti sapete che cosa io volevo,e voi tutti sapete che se ciò fosse stato fatto noi sarem-mo questa notte come eravamo prima, a bordodell’Hispaniola, tutti quanti vivi e in gamba, e pieni dibuona torta di prugne, e col tesoro in fondo alla stiva,corpo d’una saetta! Ebbene, chi mi si è attraversato? Chimi ha forzato la mano a me, legittimo capitano? Chi midestinò la macchia nera il giorno stesso che sbarcammo,e aprí questo ballo? Ah, un grazioso ballo, ed io ci sonodentro con voi; che mi assomiglia a una cornamusaall’estremità d’una corda sulla Riva delle Forche pressola città di Londra, mi assomiglia. Ma, e chi ha fatto que-sto? Ebbene, Anderson è stato, e Hands, e tu, GiorgioMerry! E tu, l’ultimo a bordo di quella manica d’intri-ganti, hai la diabolica oltracotanza di presentarti come

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re. Secondo, hai lasciato uscire il nemico da questa trap-pola per che cosa? per nulla. Perché tenevano ad andar-sene loro? Io non lo so, ma è chiaro che ci tenevano.Terzo, non ci hai permesso di saltar loro addosso mentresi ritiravano. Oh, noi ti leggiamo dentro, John Silver: tuvuoi barare al gioco: è lí dove tu zoppichi. E finalmente,quarto, c’è questo ragazzo qui.»

«È tutto?» domandò Silver senza scomporsi.«E mi pare che basti» suggellò Giorgio. «Noi saremo

impiccati e seccheremo al sole a causa della tua male-detta incapacità.»

«Ebbene, ora sentite: io risponderò su questi quattropunti: l’uno dopo l’altro, risponderò su tutti. Vi ho mes-so in un imbroglio con questa crociera, vi ho messo?Oh, vediamo un po’: voi tutti sapete che cosa io volevo,e voi tutti sapete che se ciò fosse stato fatto noi sarem-mo questa notte come eravamo prima, a bordodell’Hispaniola, tutti quanti vivi e in gamba, e pieni dibuona torta di prugne, e col tesoro in fondo alla stiva,corpo d’una saetta! Ebbene, chi mi si è attraversato? Chimi ha forzato la mano a me, legittimo capitano? Chi midestinò la macchia nera il giorno stesso che sbarcammo,e aprí questo ballo? Ah, un grazioso ballo, ed io ci sonodentro con voi; che mi assomiglia a una cornamusaall’estremità d’una corda sulla Riva delle Forche pressola città di Londra, mi assomiglia. Ma, e chi ha fatto que-sto? Ebbene, Anderson è stato, e Hands, e tu, GiorgioMerry! E tu, l’ultimo a bordo di quella manica d’intri-ganti, hai la diabolica oltracotanza di presentarti come

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capitano al mio posto, tu che ci hai colati a picco tuttiquanti! Per Satanasso! Questo supera qualunque piúsbalorditiva storia.»

Silver fece una pausa, ed io m’accorsi dal volto diGiorgio e dei suoi camerati che quelle parole non eranostate dette invano.

«Questo per il numero uno» proclamò l’accusatoasciugandosi il sudore della fronte, poiché aveva parlatocon tale veemenza che ne tremava la casa. «Ebbene, vido la mia parola che mi fa nausea di dover discorrerecon voi. Non avete né buon senso né memoria, voi, eDio sa dove avevano la testa le vostre madri quando vimandarono sul mare. Sul mare, voi, gentiluomini di for-tuna! Sarti, dovevate essere: ecco il vostro mestiere!»

«Tira via, John» disse Morgan. «Rispondi sugli altripunti.»

«Ah, sí, gli altri. Formano un bel mazzetto, no? Voidite dunque che questa crociera è andata male. Ah, perIddio, se poteste capire fino a che punto è andata male,vedreste! Siamo cosí vicini alla forca che il mio collogià si irrigidisce solo a pensarci. Voi li avete visti gli im-piccati, incatenati, con gli uccelli che gli svolazzano in-torno, e gli uomini di mare che li segnano a dito mentrediscendono per la spiaggia con la marea. Oh, chi è quellà? dice uno. Quello? Ma quello è John Silver. Io l’hoben conosciuto, dice un altro. E sentite le catene che tin-tinnano mentre passate e arrivate all’altra boa. Ed ecco ache punto all’incirca ci troviamo noi tutti figli delle no-stre madri, grazie a lui, a Hands, ad Anderson e altri di-

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capitano al mio posto, tu che ci hai colati a picco tuttiquanti! Per Satanasso! Questo supera qualunque piúsbalorditiva storia.»

Silver fece una pausa, ed io m’accorsi dal volto diGiorgio e dei suoi camerati che quelle parole non eranostate dette invano.

«Questo per il numero uno» proclamò l’accusatoasciugandosi il sudore della fronte, poiché aveva parlatocon tale veemenza che ne tremava la casa. «Ebbene, vido la mia parola che mi fa nausea di dover discorrerecon voi. Non avete né buon senso né memoria, voi, eDio sa dove avevano la testa le vostre madri quando vimandarono sul mare. Sul mare, voi, gentiluomini di for-tuna! Sarti, dovevate essere: ecco il vostro mestiere!»

«Tira via, John» disse Morgan. «Rispondi sugli altripunti.»

«Ah, sí, gli altri. Formano un bel mazzetto, no? Voidite dunque che questa crociera è andata male. Ah, perIddio, se poteste capire fino a che punto è andata male,vedreste! Siamo cosí vicini alla forca che il mio collogià si irrigidisce solo a pensarci. Voi li avete visti gli im-piccati, incatenati, con gli uccelli che gli svolazzano in-torno, e gli uomini di mare che li segnano a dito mentrediscendono per la spiaggia con la marea. Oh, chi è quellà? dice uno. Quello? Ma quello è John Silver. Io l’hoben conosciuto, dice un altro. E sentite le catene che tin-tinnano mentre passate e arrivate all’altra boa. Ed ecco ache punto all’incirca ci troviamo noi tutti figli delle no-stre madri, grazie a lui, a Hands, ad Anderson e altri di-

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sastrosi imbecilli che sono tra voi. E se volete che vi ri-sponda riguardo al quarto punto: o questo ragazzo, pos-sa io crepare, non è forse un ostaggio? E noi vogliamoprivarci d’un ostaggio? Ah, no, signori miei: potrebbeessere la nostra ultima àncora che io non me ne meravi-glierei. Ammazzare questo ragazzo? Io no, camerati! Eil numero tre? Ah sí, c’è della roba da dire sul numerotre. Forse che non conta nulla per voi il fatto d’avere unvero dottore d’università che viene a visitarvi ogni gior-no, te, John, con la tua testa rotta, o te, Giorgio Merry,che non sono sei ore che avevi addosso i brividi dellafebbre e che ancora in questo momento hai gli occhi co-lor della buccia di limone? E magari voi non pensateche può arrivare una nave di conserva, eh? Eppure vie-ne, e non si farà molto aspettare, e vedremo allora chisarà contento di possedere un ostaggio al momento buo-no. E quanto al numero due, perché son sceso a patti,ebbene, in ginocchio, strisciando, siete venuti da me asupplicarmi che lo facessi, in ginocchio siete venuti,tanto eravate abbattuti, e sareste morti di fame se nonl’avessi fatto: ma tutto ciò è un’inezia: guardate, qui,l’importante è questo!»

E gettò in terra qualcosa che io tosto riconobbi perquella stessa carta ingiallita, con le tre croci rosse cheavevo rinvenuta, involta nella tela cerata, in fondo albaule del capitano. Perché il dottore l’avesse data, nonarrivavo a imaginare.

Ma se inesplicabile a me, l’apparizione della cartasembrò cosa addirittura incredibile agli ammutinati.

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sastrosi imbecilli che sono tra voi. E se volete che vi ri-sponda riguardo al quarto punto: o questo ragazzo, pos-sa io crepare, non è forse un ostaggio? E noi vogliamoprivarci d’un ostaggio? Ah, no, signori miei: potrebbeessere la nostra ultima àncora che io non me ne meravi-glierei. Ammazzare questo ragazzo? Io no, camerati! Eil numero tre? Ah sí, c’è della roba da dire sul numerotre. Forse che non conta nulla per voi il fatto d’avere unvero dottore d’università che viene a visitarvi ogni gior-no, te, John, con la tua testa rotta, o te, Giorgio Merry,che non sono sei ore che avevi addosso i brividi dellafebbre e che ancora in questo momento hai gli occhi co-lor della buccia di limone? E magari voi non pensateche può arrivare una nave di conserva, eh? Eppure vie-ne, e non si farà molto aspettare, e vedremo allora chisarà contento di possedere un ostaggio al momento buo-no. E quanto al numero due, perché son sceso a patti,ebbene, in ginocchio, strisciando, siete venuti da me asupplicarmi che lo facessi, in ginocchio siete venuti,tanto eravate abbattuti, e sareste morti di fame se nonl’avessi fatto: ma tutto ciò è un’inezia: guardate, qui,l’importante è questo!»

E gettò in terra qualcosa che io tosto riconobbi perquella stessa carta ingiallita, con le tre croci rosse cheavevo rinvenuta, involta nella tela cerata, in fondo albaule del capitano. Perché il dottore l’avesse data, nonarrivavo a imaginare.

Ma se inesplicabile a me, l’apparizione della cartasembrò cosa addirittura incredibile agli ammutinati.

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Come gatti sopra un sorcio vi saltarono sopra. Essa pas-sò da mano a mano; a vicenda se la strappavano. A sen-tir le bestemmie, l’esclamazioni, i puerili scoppi di risacon cui essi accompagnavano il loro esame, avreste det-to non solo che palpavano l’oro, ma che già si trovavanoin mare con l’oro nella stiva e, per di piú, in sicurtà.

«Sí» disse l’uno «è proprio quella di Flint. J. F., consotto una sbarra e le due mezze chiavi; cosí ha semprefirmato.»

«Splendido» disse Giorgio. «Ma come faremo a por-tar via il tesoro senza la nave?»

Silver si rizzò di colpo, e appoggiandosi con unamano al muro gridò:

«Prendi nota, Giorgio. Ancora un’impertinenza, et’invito a misurarti con me. Come faremo! E che ne soio? Piuttosto tu, me lo dovresti dire: tu e gli altri cheavete perduto la mia goletta coi vostri maneggi, che ildiavolo v’incenerisca. Ma tu no, tu non lo sai, che nonhai piú cervello d’un pollo. Ma corretto puoi parlare, eparlerai, Giorgio Merry, stai pur sicuro.»

«La carta è già qualche cosa» fece il vecchio Morgan.«Qualche cosa! Lo credo bene» riprese il cuoco. «Voi

perdete la nave, io trovo il tesoro. Chi vale meglio? Eora, io mi ritiro, corpo d’una bomba! Eleggete chi vi ag-grada a vostro capitano; io ne ho fin sopra i capelli.»

«Silver!» esclamarono in coro. «Porco-Arrostito persempre! Viva Porco-Arrostito! Porco-Arrostito nostrocapitano!»

«E questa è la nuova musica, no?» gongolò il cuoco,

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Come gatti sopra un sorcio vi saltarono sopra. Essa pas-sò da mano a mano; a vicenda se la strappavano. A sen-tir le bestemmie, l’esclamazioni, i puerili scoppi di risacon cui essi accompagnavano il loro esame, avreste det-to non solo che palpavano l’oro, ma che già si trovavanoin mare con l’oro nella stiva e, per di piú, in sicurtà.

«Sí» disse l’uno «è proprio quella di Flint. J. F., consotto una sbarra e le due mezze chiavi; cosí ha semprefirmato.»

«Splendido» disse Giorgio. «Ma come faremo a por-tar via il tesoro senza la nave?»

Silver si rizzò di colpo, e appoggiandosi con unamano al muro gridò:

«Prendi nota, Giorgio. Ancora un’impertinenza, et’invito a misurarti con me. Come faremo! E che ne soio? Piuttosto tu, me lo dovresti dire: tu e gli altri cheavete perduto la mia goletta coi vostri maneggi, che ildiavolo v’incenerisca. Ma tu no, tu non lo sai, che nonhai piú cervello d’un pollo. Ma corretto puoi parlare, eparlerai, Giorgio Merry, stai pur sicuro.»

«La carta è già qualche cosa» fece il vecchio Morgan.«Qualche cosa! Lo credo bene» riprese il cuoco. «Voi

perdete la nave, io trovo il tesoro. Chi vale meglio? Eora, io mi ritiro, corpo d’una bomba! Eleggete chi vi ag-grada a vostro capitano; io ne ho fin sopra i capelli.»

«Silver!» esclamarono in coro. «Porco-Arrostito persempre! Viva Porco-Arrostito! Porco-Arrostito nostrocapitano!»

«E questa è la nuova musica, no?» gongolò il cuoco,

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«Giorgio, amico mio, io credo che ti conviene aspettareun altro turno, e buon per te che io non sono vendicati-vo. No, non è mai stato il mio sistema. E ora, camerati,questa macchia nera? Non vale piú gran che, non èvero? Dick ha contrariato la sua buona sorte e guastatola bibbia, e questo è tutto.»

«Ma gioverà sempre ancora baciare il libro, no?»mormorò Dick, naturalmente preoccupato per la maledi-zione che s’era tirata addosso.

«Una bibbia con un pezzo di meno?» rispose Silverbeffardo. «No. Quella non vale piú d’un libro di canzo-ni.»

«È cosí?» esclamò Dick quasi gioioso. «Allora credoche mi conviene serbarla ancora.»

«Prendi, Jim, ecco una curiosità per te» disse Silverporgendomi la carta.

Era un disco grande all’incirca come uno scudo. Unlato, che rispondeva all’ultima facciata del libro, erabianco; l’altro recava alcuni versetti dell’Apocalisse:queste parole, fra le altre, che mi colpirono profonda-mente: “Fuori sono i malvagi e gli assassini”. Il latostampato era stato annerito con carbone di legna che giàcominciava a sfumar via macchiandomi le dita; sul latobianco era stato scritto con lo stesso mezzo la parola:“Destituito”. Ho sotto gli occhi, mentre stendo il mioracconto, codesta curiosità: nessuna traccia di scritto ri-mane all’infuori d’una semplice graffiatura quale vi la-scerebbe un colpo di unghia.

Cosí finí la notte avventurosa. Poi, bevuto che avem-

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«Giorgio, amico mio, io credo che ti conviene aspettareun altro turno, e buon per te che io non sono vendicati-vo. No, non è mai stato il mio sistema. E ora, camerati,questa macchia nera? Non vale piú gran che, non èvero? Dick ha contrariato la sua buona sorte e guastatola bibbia, e questo è tutto.»

«Ma gioverà sempre ancora baciare il libro, no?»mormorò Dick, naturalmente preoccupato per la maledi-zione che s’era tirata addosso.

«Una bibbia con un pezzo di meno?» rispose Silverbeffardo. «No. Quella non vale piú d’un libro di canzo-ni.»

«È cosí?» esclamò Dick quasi gioioso. «Allora credoche mi conviene serbarla ancora.»

«Prendi, Jim, ecco una curiosità per te» disse Silverporgendomi la carta.

Era un disco grande all’incirca come uno scudo. Unlato, che rispondeva all’ultima facciata del libro, erabianco; l’altro recava alcuni versetti dell’Apocalisse:queste parole, fra le altre, che mi colpirono profonda-mente: “Fuori sono i malvagi e gli assassini”. Il latostampato era stato annerito con carbone di legna che giàcominciava a sfumar via macchiandomi le dita; sul latobianco era stato scritto con lo stesso mezzo la parola:“Destituito”. Ho sotto gli occhi, mentre stendo il mioracconto, codesta curiosità: nessuna traccia di scritto ri-mane all’infuori d’una semplice graffiatura quale vi la-scerebbe un colpo di unghia.

Cosí finí la notte avventurosa. Poi, bevuto che avem-

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mo tutti all’ingiro, ci si coricò per dormire, e Silver re-strinse la sua vendetta apparente a mettere Giorgio Mer-ry di sentinella minacciandolo di morte se non facessebuona guardia.

Passò del tempo prima che potessi chiudere gli occhi,e Dio sa se avevo materia da riflettere: l’uomo da meucciso nel pomeriggio; la mia posizione estremamenterischiosa, e sopra tutto la formidabile partita nella qualevedevo Silver impegnato, che con una mano teneva in-sieme gli ammutinati, e con l’altra si sforzava, adope-rando ogni possibile ed impossibile mezzo, d’ottener lasua pace e salvare la sua miserabile esistenza. Egli stes-so dormiva tranquillo e ronfava sonoramente: ma il miocuore dolorava per lui, pure perverso com’era, pensandoagli oscuri pericoli che l’accerchiavano, ed alla obbro-briosa forca che l’attendeva.

XXXSULLA PAROLA

Fui svegliato, ossia fummo svegliati, giacché vidi an-che la sentinella drizzarsi di sbalzo dallo stipite dellaporta contro cui s’era abbattuta – da una voce chiara ecordiale che ci chiamava dal margine del bosco.

«Ohé, del fortino!» gridava «C’è qui il dottore.»Era lui difatti. Ma la gioia di riudir quella voce non fu

senz’amarezza. Ricordando la mia insubordinata con-dotta e vedendo in mezzo a quale compagnia e tra quali

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mo tutti all’ingiro, ci si coricò per dormire, e Silver re-strinse la sua vendetta apparente a mettere Giorgio Mer-ry di sentinella minacciandolo di morte se non facessebuona guardia.

Passò del tempo prima che potessi chiudere gli occhi,e Dio sa se avevo materia da riflettere: l’uomo da meucciso nel pomeriggio; la mia posizione estremamenterischiosa, e sopra tutto la formidabile partita nella qualevedevo Silver impegnato, che con una mano teneva in-sieme gli ammutinati, e con l’altra si sforzava, adope-rando ogni possibile ed impossibile mezzo, d’ottener lasua pace e salvare la sua miserabile esistenza. Egli stes-so dormiva tranquillo e ronfava sonoramente: ma il miocuore dolorava per lui, pure perverso com’era, pensandoagli oscuri pericoli che l’accerchiavano, ed alla obbro-briosa forca che l’attendeva.

XXXSULLA PAROLA

Fui svegliato, ossia fummo svegliati, giacché vidi an-che la sentinella drizzarsi di sbalzo dallo stipite dellaporta contro cui s’era abbattuta – da una voce chiara ecordiale che ci chiamava dal margine del bosco.

«Ohé, del fortino!» gridava «C’è qui il dottore.»Era lui difatti. Ma la gioia di riudir quella voce non fu

senz’amarezza. Ricordando la mia insubordinata con-dotta e vedendo in mezzo a quale compagnia e tra quali

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pericoli essa m’aveva gettato, arrossivo di vergogna enon osavo guardare in viso il nuovo venuto.

Egli doveva essersi levato a buio, perché appena oraincominciava a schiarire. Affacciatomi a una feritoia lovidi ritto come altra volta Silver, e fino al ginocchio im-merso nella nebbia stagnante.

«Lei, dottore! Buon giorno a lei!» scattò Silver com-pletamente sveglio e raggiante d’amabilità. «Svelto emattiniero, davvero. E difatti, è l’uccello mattiniero cheacchiappa i buoni bocconi, come si suol dire. Su, Gior-gio, scuotiti, e fai entrare il dottore. Stanno tutti bene,anche i vostri pazienti: tutti bene, e allegri.»

Cosí blaterava, ritto sulla cima del monticello, con lagruccia sotto l’ascella e una mano sulla parete del forti-no, il vecchio John ancora tale e quale: nella voce, nellemaniere, nell’espressione.

«E abbiamo anche una sorpresa per lei, una vera sor-presa, signore» continuò. «Un piccolo forestiero, qui,eh! eh! Un nuovo dozzinante e inquilino, signore,dall’aspetto sano e gagliardo: come un sopraccarico hadormito, accanto a John: bordo a bordo siamo stati, tuttala notte.»

Il dottore Livesey era in quel momento di qua dellosteccato e assai vicino al cuoco. Udii la sua voce alteratadomandare:

«Mica Jim?»«Proprio lui; e piú Jim che mai» rispose Silver.Il dottore si arrestò di colpo, e rimase alcuni istanti

senza parola, come interdetto.

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pericoli essa m’aveva gettato, arrossivo di vergogna enon osavo guardare in viso il nuovo venuto.

Egli doveva essersi levato a buio, perché appena oraincominciava a schiarire. Affacciatomi a una feritoia lovidi ritto come altra volta Silver, e fino al ginocchio im-merso nella nebbia stagnante.

«Lei, dottore! Buon giorno a lei!» scattò Silver com-pletamente sveglio e raggiante d’amabilità. «Svelto emattiniero, davvero. E difatti, è l’uccello mattiniero cheacchiappa i buoni bocconi, come si suol dire. Su, Gior-gio, scuotiti, e fai entrare il dottore. Stanno tutti bene,anche i vostri pazienti: tutti bene, e allegri.»

Cosí blaterava, ritto sulla cima del monticello, con lagruccia sotto l’ascella e una mano sulla parete del forti-no, il vecchio John ancora tale e quale: nella voce, nellemaniere, nell’espressione.

«E abbiamo anche una sorpresa per lei, una vera sor-presa, signore» continuò. «Un piccolo forestiero, qui,eh! eh! Un nuovo dozzinante e inquilino, signore,dall’aspetto sano e gagliardo: come un sopraccarico hadormito, accanto a John: bordo a bordo siamo stati, tuttala notte.»

Il dottore Livesey era in quel momento di qua dellosteccato e assai vicino al cuoco. Udii la sua voce alteratadomandare:

«Mica Jim?»«Proprio lui; e piú Jim che mai» rispose Silver.Il dottore si arrestò di colpo, e rimase alcuni istanti

senza parola, come interdetto.

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«Bene bene» ruppe alfine «prima il dovere e poi ilpiacere, come direste voi stesso, Silver. Vediamo questivostri pazienti.»

Entrò nel fortino, e, rivoltomi un fervido cenno delcapo, procedette alla visita degli ammalati. Egli non tra-diva alcuna apprensione malgrado sapesse che la suavita tra quei perfidi demonii era sospesa a un filo; e pas-sava discorrendo dall’uno all’altro quasi facesseun’ordinaria visita professionale presso qualche pacificafamiglia inglese. I suoi modi credo influissero sugli uo-mini i quali si comportavano con lui come se nulla fosseaccaduto, ed egli fosse ancora il medico di bordo e loroaltrettanta fedele gente di prua.

«Voi state meglio, amico mio» disse all’individuodalla testa fasciata. «Se mai qualcuno l’ha scampata bel-la, siete voi quello; la vostra testa dev’essere dura comeil ferro. E voi, Giorgio, come va? Il vostro colore è buo-no, nessun dubbio; ma il vostro fegato, mio caro, è gua-sto. L’avete presa la medicina? Dite voi, ragazzi, l’hapresa la medicina?»

«Sí, signore, sí, l’ha presa» rispose Morgan.«Perché, vedete, dacché mi trovo a essere medico di

ribelli, o di prigione, per meglio dire» seguitò il dottoreLivesey col suo piú gaio tono «io mi fo un punto d’ono-re di non sottrarre un uomo a Re Giorgio (Dio lo benedi-ca) e alla forca.»

I furfanti si scambiarono un’occhiata, ma ricevetterola botta in silenzio.

«Dick non si sente bene, signore» proferí uno.

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«Bene bene» ruppe alfine «prima il dovere e poi ilpiacere, come direste voi stesso, Silver. Vediamo questivostri pazienti.»

Entrò nel fortino, e, rivoltomi un fervido cenno delcapo, procedette alla visita degli ammalati. Egli non tra-diva alcuna apprensione malgrado sapesse che la suavita tra quei perfidi demonii era sospesa a un filo; e pas-sava discorrendo dall’uno all’altro quasi facesseun’ordinaria visita professionale presso qualche pacificafamiglia inglese. I suoi modi credo influissero sugli uo-mini i quali si comportavano con lui come se nulla fosseaccaduto, ed egli fosse ancora il medico di bordo e loroaltrettanta fedele gente di prua.

«Voi state meglio, amico mio» disse all’individuodalla testa fasciata. «Se mai qualcuno l’ha scampata bel-la, siete voi quello; la vostra testa dev’essere dura comeil ferro. E voi, Giorgio, come va? Il vostro colore è buo-no, nessun dubbio; ma il vostro fegato, mio caro, è gua-sto. L’avete presa la medicina? Dite voi, ragazzi, l’hapresa la medicina?»

«Sí, signore, sí, l’ha presa» rispose Morgan.«Perché, vedete, dacché mi trovo a essere medico di

ribelli, o di prigione, per meglio dire» seguitò il dottoreLivesey col suo piú gaio tono «io mi fo un punto d’ono-re di non sottrarre un uomo a Re Giorgio (Dio lo benedi-ca) e alla forca.»

I furfanti si scambiarono un’occhiata, ma ricevetterola botta in silenzio.

«Dick non si sente bene, signore» proferí uno.

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«No? Venite qui, Dick, e fatemi vedere la vostra lin-gua. Difatti, sarei stupito se con una lingua simile si sen-tisse bene. È una lingua da far paura ai francesi. E siamodaccapo con la febbre.»

«Ecco» interloquí Morgan «cosa si guadagna a rovi-nar la bibbia.»

«Ecco cosa si guadagna, come dite voi, a essere degliasini matricolati» ribatté il dottore «e non aver giudiziosufficiente per distinguer l’aria buona dal veleno, e laterra asciutta da un vile pestifero pantano. Io sono con-vinto (ma naturalmente è una semplice opinione) chenon ci vorrà meno del diavolo per estirpar la malaria daivostri organismi. Accamparsi in una palude! Mi meravi-glio di voi, Silver. Tutto calcolato siete meno sciocco ditanti altri, ma mi sembrate sprovvisto della piú elemen-tare nozione delle regole igieniche.»

Dopo che li ebbe medicati tutti all’ingiro, seguendoessi le sue prescrizioni con una specie di comica sotto-missione che li rendeva piuttosto simili a scolaretti che asanguinarii ribelli e pirati: «Ebbene» aggiunse «per oggiè fatto. E ora vorrei, se non vi rincresce, aver un collo-quio con quel ragazzo.»

E accennò a me del capo, con aria indifferente.Giorgio Merry, che stava sulla porta sputando e bo-

fonchiando per non so che amara medicina ingoiata, allaprima parola del dottore si voltò tutto infiammato e rea-gí con un violento «No!» e un’imprecazione.

Silver schiaffò un colpo sul barile con la palma aper-ta.

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«No? Venite qui, Dick, e fatemi vedere la vostra lin-gua. Difatti, sarei stupito se con una lingua simile si sen-tisse bene. È una lingua da far paura ai francesi. E siamodaccapo con la febbre.»

«Ecco» interloquí Morgan «cosa si guadagna a rovi-nar la bibbia.»

«Ecco cosa si guadagna, come dite voi, a essere degliasini matricolati» ribatté il dottore «e non aver giudiziosufficiente per distinguer l’aria buona dal veleno, e laterra asciutta da un vile pestifero pantano. Io sono con-vinto (ma naturalmente è una semplice opinione) chenon ci vorrà meno del diavolo per estirpar la malaria daivostri organismi. Accamparsi in una palude! Mi meravi-glio di voi, Silver. Tutto calcolato siete meno sciocco ditanti altri, ma mi sembrate sprovvisto della piú elemen-tare nozione delle regole igieniche.»

Dopo che li ebbe medicati tutti all’ingiro, seguendoessi le sue prescrizioni con una specie di comica sotto-missione che li rendeva piuttosto simili a scolaretti che asanguinarii ribelli e pirati: «Ebbene» aggiunse «per oggiè fatto. E ora vorrei, se non vi rincresce, aver un collo-quio con quel ragazzo.»

E accennò a me del capo, con aria indifferente.Giorgio Merry, che stava sulla porta sputando e bo-

fonchiando per non so che amara medicina ingoiata, allaprima parola del dottore si voltò tutto infiammato e rea-gí con un violento «No!» e un’imprecazione.

Silver schiaffò un colpo sul barile con la palma aper-ta.

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«Silenzio!» ruggí. E girò intorno uno sguardo leoni-no. «Dottore» seguitò poi col suo tono abituale «ci pen-savo appunto conoscendo il suo debole per questo ra-gazzo. Noi le siamo tutti devotamente grati per la suabontà, e, come vede, abbiamo fede in lei, e trangugiamole sue droghe come fossero grog. Ora io credo di avertrovato una soluzione soddisfacente per tutti. Hawkins,vuoi tu darmi la tua parola d’onore di giovane gentiluo-mo (perché un giovane gentiluomo tu lo sei per quantodi umile origine), la tua parola d’onore che non taglieraila corda?»

Io m’affrettai a promettere.«Allora, dottore» riprese Silver «lei mi usa la cortesia

di uscire dal recinto. Una volta fuori, io condurrò il ra-gazzo laggiú nell’interno, di contro a lei, e ritengo cheattraverso la palizzata potrete discorrere. Buon giorno alei, signore, e tutti i nostri rispetti al cavaliere e al capi-tano Smollett.»

L’esplosione di malcontento, che soltanto le occhiateminacciose di Silver aveva represso, scoppiò non appe-na il dottore ebbe lasciato la casa. Silver fu nettamenteaccusato di giocar doppio gioco, di cercar d’ottenereuna pace separata, di sacrificar gl’interessi dei suoicomplici e vittime: in una parola, di ciò che precisamen-te veniva facendo. Il tradimento mi pareva in questocaso talmente evidente che non sapevo immaginarecom’egli riuscirebbe a stornare la loro collera. Ma Sil-ver valeva da sé solo due volte tutti gli altri; e la vittoriadella notte innanzi l’aveva enormemente innalzato ai

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«Silenzio!» ruggí. E girò intorno uno sguardo leoni-no. «Dottore» seguitò poi col suo tono abituale «ci pen-savo appunto conoscendo il suo debole per questo ra-gazzo. Noi le siamo tutti devotamente grati per la suabontà, e, come vede, abbiamo fede in lei, e trangugiamole sue droghe come fossero grog. Ora io credo di avertrovato una soluzione soddisfacente per tutti. Hawkins,vuoi tu darmi la tua parola d’onore di giovane gentiluo-mo (perché un giovane gentiluomo tu lo sei per quantodi umile origine), la tua parola d’onore che non taglieraila corda?»

Io m’affrettai a promettere.«Allora, dottore» riprese Silver «lei mi usa la cortesia

di uscire dal recinto. Una volta fuori, io condurrò il ra-gazzo laggiú nell’interno, di contro a lei, e ritengo cheattraverso la palizzata potrete discorrere. Buon giorno alei, signore, e tutti i nostri rispetti al cavaliere e al capi-tano Smollett.»

L’esplosione di malcontento, che soltanto le occhiateminacciose di Silver aveva represso, scoppiò non appe-na il dottore ebbe lasciato la casa. Silver fu nettamenteaccusato di giocar doppio gioco, di cercar d’ottenereuna pace separata, di sacrificar gl’interessi dei suoicomplici e vittime: in una parola, di ciò che precisamen-te veniva facendo. Il tradimento mi pareva in questocaso talmente evidente che non sapevo immaginarecom’egli riuscirebbe a stornare la loro collera. Ma Sil-ver valeva da sé solo due volte tutti gli altri; e la vittoriadella notte innanzi l’aveva enormemente innalzato ai

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loro occhi. Si scagliò contro tutti quanti trattandoli daperfetti cretini, affermò ch’era necessario ch’io parlassicol dottore, e agitando loro la carta sotto il naso, doman-dò se volevano rompere il trattato il giorno stesso dimuovere alla ricerca del tesoro.

«No, perdio!» gridò. «Saremo noi che stracceremo iltrattato al momento opportuno; e fino allora io bindoleròil dottore, dovessi magari ungergli gli stivali condell’acquavite.»

Dopo di che comandò di accendere il fuoco, es’incamminò trionfante, appoggiato sulla sua gruccia,con una mano sulla mia spalla, lasciandoseli dietro diso-rientati e ridotti al silenzio dalla sua volubile e prestigio-sa parola, meglio che convinti delle sue ragioni.

«Adagio, piccolo, adagio» mi sussurrava. «Ci salte-rebbero addosso in un batter d’occhio, se ci vedesseroaffrettarci.»

Con meditata lentezza dunque attraversammo la sab-bia dirigendoci verso il punto dove il dottore dall’altrolato della palizzata attendeva; e tosto giunti a portata divoce, Silver si fermò.

«Lei mi terrà conto anche di questo, dottore; e il ra-gazzo le dirà come gli ho salvato la vita, e come sonostato destituito appunto per questo! Dottore, quando unuomo naviga cosí stretto al vento come faccio io, e gio-ca a testa e croce per cosí dire il suo ultimo respiro, nonle parrà troppo, forse, di regalargli una buona parola.Lei vorrà tener presente che non è piú soltanto la miavita, ma è quella di codesto ragazzo ora ch’è in gioco; e

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loro occhi. Si scagliò contro tutti quanti trattandoli daperfetti cretini, affermò ch’era necessario ch’io parlassicol dottore, e agitando loro la carta sotto il naso, doman-dò se volevano rompere il trattato il giorno stesso dimuovere alla ricerca del tesoro.

«No, perdio!» gridò. «Saremo noi che stracceremo iltrattato al momento opportuno; e fino allora io bindoleròil dottore, dovessi magari ungergli gli stivali condell’acquavite.»

Dopo di che comandò di accendere il fuoco, es’incamminò trionfante, appoggiato sulla sua gruccia,con una mano sulla mia spalla, lasciandoseli dietro diso-rientati e ridotti al silenzio dalla sua volubile e prestigio-sa parola, meglio che convinti delle sue ragioni.

«Adagio, piccolo, adagio» mi sussurrava. «Ci salte-rebbero addosso in un batter d’occhio, se ci vedesseroaffrettarci.»

Con meditata lentezza dunque attraversammo la sab-bia dirigendoci verso il punto dove il dottore dall’altrolato della palizzata attendeva; e tosto giunti a portata divoce, Silver si fermò.

«Lei mi terrà conto anche di questo, dottore; e il ra-gazzo le dirà come gli ho salvato la vita, e come sonostato destituito appunto per questo! Dottore, quando unuomo naviga cosí stretto al vento come faccio io, e gio-ca a testa e croce per cosí dire il suo ultimo respiro, nonle parrà troppo, forse, di regalargli una buona parola.Lei vorrà tener presente che non è piú soltanto la miavita, ma è quella di codesto ragazzo ora ch’è in gioco; e

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mi parlerà schiettamente, dottore, e mi darà un briciolodi speranza per tirare avanti, per misericordia.»

Subito dopo voltato le spalle ai suoi compagni e alfortino, Silver aveva cambiato aspetto: le sue guancesembravano infossate; la voce gli tremava: mai vidicreatura piú mortalmente abbattuta.

«John, non avreste mica paura?» chiese il dottor Li-vesey.

«Dottore, io non sono un vile, no, affatto: neppuretanto cosí (e fece schioccar le dita). Se lo fossi, non par-lerei. Ma confesso francamente che l’idea della forca midà i brividi. Lei è buono, lei è un vero uomo; il migliorech’io incontrassi mai. E lei non dimenticherà ciò che hofatto di bene, alla stessa maniera che non dimenticherà ilmale. E ora io m’allontano, come vede, e lascio soli lei eJim. E lei mi terrà conto anche di questo, perché è unospingersi molto in là anche questo!»

Ciò dicendo si tirò indietro un piccolo tratto, tanto danon poterci udire, sedette sopra un ceppo d’albero e simise a fischiare, voltandosi di tanto in tanto in modo dapoter sorvegliare ora me e il dottore, ora i suoi turbolen-ti ribaldi che andavano su e giú per la sabbia tra il fuococh’erano intenti a raccendere e la casa da dove traevanolardo e biscotto per la colazione.

«E cosí, Jim» mi disse tristemente il dottore «eccotiqui. La birra che ti sei fatta ti tocca berla, figlio mio. Id-dio m’è testimonio che non ho il coraggio di rimprove-rarti: ma, ti piaccia o non ti piaccia, desidero dirti que-sto: quando il capitano Smollett stava bene, non osasti

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mi parlerà schiettamente, dottore, e mi darà un briciolodi speranza per tirare avanti, per misericordia.»

Subito dopo voltato le spalle ai suoi compagni e alfortino, Silver aveva cambiato aspetto: le sue guancesembravano infossate; la voce gli tremava: mai vidicreatura piú mortalmente abbattuta.

«John, non avreste mica paura?» chiese il dottor Li-vesey.

«Dottore, io non sono un vile, no, affatto: neppuretanto cosí (e fece schioccar le dita). Se lo fossi, non par-lerei. Ma confesso francamente che l’idea della forca midà i brividi. Lei è buono, lei è un vero uomo; il migliorech’io incontrassi mai. E lei non dimenticherà ciò che hofatto di bene, alla stessa maniera che non dimenticherà ilmale. E ora io m’allontano, come vede, e lascio soli lei eJim. E lei mi terrà conto anche di questo, perché è unospingersi molto in là anche questo!»

Ciò dicendo si tirò indietro un piccolo tratto, tanto danon poterci udire, sedette sopra un ceppo d’albero e simise a fischiare, voltandosi di tanto in tanto in modo dapoter sorvegliare ora me e il dottore, ora i suoi turbolen-ti ribaldi che andavano su e giú per la sabbia tra il fuococh’erano intenti a raccendere e la casa da dove traevanolardo e biscotto per la colazione.

«E cosí, Jim» mi disse tristemente il dottore «eccotiqui. La birra che ti sei fatta ti tocca berla, figlio mio. Id-dio m’è testimonio che non ho il coraggio di rimprove-rarti: ma, ti piaccia o non ti piaccia, desidero dirti que-sto: quando il capitano Smollett stava bene, non osasti

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distaccarti da noi; quando s’ammalò e non era in gradod’impedirti... ah, perdio, quella fu una vera bassezza!»

Confesso che a questo punto io non potei trattenere lelagrime.

«Dottore» dissi «mi risparmi. Mi sono rimproveratoio stesso abbastanza: la mia vita è oramai condannata, eio sarei già morto se Silver non avesse preso le mie par-ti; e, dottore, mi creda, saprò morire, e riconosco che lomerito: ma il mio spavento è la tortura. Se arriveranno atorturarmi...»

«Jim» interruppe il dottore con tutt’altro tono di voce.«Jim, questo non deve accadere. Salta la palizzata, efuggiamo.»

«Dottore, ho dato la mia parola.»«Lo so, lo so. E che vuoi farci, Jim, adesso? Mi ad-

dosserò io tutto: vergogna e biasimo, ragazzo mio: malasciarti qui, no, non posso. Salta! Un salto, e sei fuori, efiliamo come gazzelle.»

«No» replicai. «Ciò che lei mi consiglia so benissimoche non lo farebbe lei stesso; né lei né il cavaliere né ilcapitano, e neanch’io lo farò. Silver si è fidato di me, iogli ho dato la mia parola, e ritorno con lui. Ma, dottore,mi lasci finire. Se mi mettono alla tortura potrebbe sfug-girmi una parola a proposito del posto dov’è l’Hispa-niola; perché io l’ho presa, l’Hispaniola, con l’aiuto del-la sorte e dell’audacia insieme; e ora si trova nella baiadel Nord, sulla spiaggia sud, quasi al livello dell’altamarea. A mezza marea dovrebb’essere a secco.»

«L’Hispaniola!» esclamò il dottore.

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distaccarti da noi; quando s’ammalò e non era in gradod’impedirti... ah, perdio, quella fu una vera bassezza!»

Confesso che a questo punto io non potei trattenere lelagrime.

«Dottore» dissi «mi risparmi. Mi sono rimproveratoio stesso abbastanza: la mia vita è oramai condannata, eio sarei già morto se Silver non avesse preso le mie par-ti; e, dottore, mi creda, saprò morire, e riconosco che lomerito: ma il mio spavento è la tortura. Se arriveranno atorturarmi...»

«Jim» interruppe il dottore con tutt’altro tono di voce.«Jim, questo non deve accadere. Salta la palizzata, efuggiamo.»

«Dottore, ho dato la mia parola.»«Lo so, lo so. E che vuoi farci, Jim, adesso? Mi ad-

dosserò io tutto: vergogna e biasimo, ragazzo mio: malasciarti qui, no, non posso. Salta! Un salto, e sei fuori, efiliamo come gazzelle.»

«No» replicai. «Ciò che lei mi consiglia so benissimoche non lo farebbe lei stesso; né lei né il cavaliere né ilcapitano, e neanch’io lo farò. Silver si è fidato di me, iogli ho dato la mia parola, e ritorno con lui. Ma, dottore,mi lasci finire. Se mi mettono alla tortura potrebbe sfug-girmi una parola a proposito del posto dov’è l’Hispa-niola; perché io l’ho presa, l’Hispaniola, con l’aiuto del-la sorte e dell’audacia insieme; e ora si trova nella baiadel Nord, sulla spiaggia sud, quasi al livello dell’altamarea. A mezza marea dovrebb’essere a secco.»

«L’Hispaniola!» esclamò il dottore.

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Io gli feci una rapida narrazione delle mie avventurech’egli ascoltò in silenzio.

«C’è una specie di fatalità in tutto questo» osservòappena ebbi finito. «A ogni passo, sei tu che ci salvi lavita; e tu credi che noi possiamo lasciarti morire? Sareb-be una ben meschina ricompensa, figlio mio. Tu hai sco-perto la congiura, tu hai trovato Ben Gunn, la piú bellacosa che tu facessi o potrai mai fare, dovessi pur campa-re cent’anni. Oh, per Giove, a proposito di Ben Gunn,questo è il colmo della sfortuna! Silver» chiamò «Sil-ver! Desidero darvi un consiglio.»

E come il cuoco si fu avvicinato:«Per quel tesoro non affrettatevi troppo.»«In fede mia, signore, io cercherò di tirar le cose in

lungo; però non posso, scusi tanto, salvar la mia vita equella del ragazzo se non mettendomi a cercar quel te-soro, creda a me.»

«Ebbene, Silver, quando è cosí, farò ancora un passo:attento alle burrasche, quando lo troverete.»

«Signore, sia detto tra noi: questo che lei mi aggiungeo è troppo o è troppo poco. A quale scopo mira lei: per-ché abbandonare il fortino, perché darmi quella carta, ionon lo so, non è vero? E nondimeno ho fatto la sua vo-lontà, a occhi chiusi, senza ricevere una parola di spe-ranza. Ma questo, no: questo è troppo. Se lei non vuolespiegarmi nettamente le sue intenzioni, ebbene, me lodica, ed io lascerò il timone.»

«No» fece il dottore con aria pensosa. «Non ho il di-ritto di dire di piú: il segreto non è mio, capite, Silver;

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Io gli feci una rapida narrazione delle mie avventurech’egli ascoltò in silenzio.

«C’è una specie di fatalità in tutto questo» osservòappena ebbi finito. «A ogni passo, sei tu che ci salvi lavita; e tu credi che noi possiamo lasciarti morire? Sareb-be una ben meschina ricompensa, figlio mio. Tu hai sco-perto la congiura, tu hai trovato Ben Gunn, la piú bellacosa che tu facessi o potrai mai fare, dovessi pur campa-re cent’anni. Oh, per Giove, a proposito di Ben Gunn,questo è il colmo della sfortuna! Silver» chiamò «Sil-ver! Desidero darvi un consiglio.»

E come il cuoco si fu avvicinato:«Per quel tesoro non affrettatevi troppo.»«In fede mia, signore, io cercherò di tirar le cose in

lungo; però non posso, scusi tanto, salvar la mia vita equella del ragazzo se non mettendomi a cercar quel te-soro, creda a me.»

«Ebbene, Silver, quando è cosí, farò ancora un passo:attento alle burrasche, quando lo troverete.»

«Signore, sia detto tra noi: questo che lei mi aggiungeo è troppo o è troppo poco. A quale scopo mira lei: per-ché abbandonare il fortino, perché darmi quella carta, ionon lo so, non è vero? E nondimeno ho fatto la sua vo-lontà, a occhi chiusi, senza ricevere una parola di spe-ranza. Ma questo, no: questo è troppo. Se lei non vuolespiegarmi nettamente le sue intenzioni, ebbene, me lodica, ed io lascerò il timone.»

«No» fece il dottore con aria pensosa. «Non ho il di-ritto di dire di piú: il segreto non è mio, capite, Silver;

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altrimenti vi do la mia parola che ve lo aprirei. Ma convoi andrò piú lontano che posso, ed anche un passo piúin là; dopo di che la mia parrucca se la dovrà vedere colcapitano, se non sbaglio! E, in primo luogo, voglio darviun poco di speranza. Silver, se voi ed io usciamo daquesta trappola da lupi, farò per salvarvi tutto quantoposso, eccetto il falso testimone.»

La faccia di Silver raggiava.«Lei non potrebbe parlar meglio, ne son persuaso,

fosse pure mia madre.»«Ebbene, questa è la mia prima concessione» riprese

il dottore. «La seconda è un consiglio: custodite bene ilragazzo, e se vi bisogna aiuto, chiamate. Io vado perprocurarvelo, e ciò stesso vi proverà che non parlo a ca-saccio. Arrivederci, Jim.»

E il dottor Livesey mi strinse la mano attraverso lapalizzata; e, rivolto a Silver un cenno di saluto, s’internòdi buon passo nel bosco.

XXXILA CACCIA AL TESORO:

L’INDICE DI FLINT

«Jim» disse Silver quando fummo soli «se io ho sal-vato la vita a te, tu l’hai salvata a me, e questo non loscorderò. Ho visto che il dottore ti sollecitava a scappa-re; con la coda dell’occhio l’ho visto; e ho visto che tudicevi di no, chiaro come se ti udissi. Jim, questo è un

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altrimenti vi do la mia parola che ve lo aprirei. Ma convoi andrò piú lontano che posso, ed anche un passo piúin là; dopo di che la mia parrucca se la dovrà vedere colcapitano, se non sbaglio! E, in primo luogo, voglio darviun poco di speranza. Silver, se voi ed io usciamo daquesta trappola da lupi, farò per salvarvi tutto quantoposso, eccetto il falso testimone.»

La faccia di Silver raggiava.«Lei non potrebbe parlar meglio, ne son persuaso,

fosse pure mia madre.»«Ebbene, questa è la mia prima concessione» riprese

il dottore. «La seconda è un consiglio: custodite bene ilragazzo, e se vi bisogna aiuto, chiamate. Io vado perprocurarvelo, e ciò stesso vi proverà che non parlo a ca-saccio. Arrivederci, Jim.»

E il dottor Livesey mi strinse la mano attraverso lapalizzata; e, rivolto a Silver un cenno di saluto, s’internòdi buon passo nel bosco.

XXXILA CACCIA AL TESORO:

L’INDICE DI FLINT

«Jim» disse Silver quando fummo soli «se io ho sal-vato la vita a te, tu l’hai salvata a me, e questo non loscorderò. Ho visto che il dottore ti sollecitava a scappa-re; con la coda dell’occhio l’ho visto; e ho visto che tudicevi di no, chiaro come se ti udissi. Jim, questo è un

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buon punto per te. È il primo lampo di speranza dopol’attacco fallito, ed è a te che io lo devo. E ora, Jim, citocca metterci alla caccia del tesoro con ordini suggella-ti, come si direbbe, cosa che a me non garba. Ma noidue dobbiamo tenerci stretti come fossimo cuciti insie-me, per salvar la nostra testa a dispetto della sorte e deldestino.»

In quel momento un uomo ci chiamò perché la cola-zione era pronta, e tosto sedemmo sulla sabbia, intornoal fuoco, con davanti biscotto e lardo fritto. Avevamoacceso un fuoco da arrostire un bove, e questo fuoco eratalmente divampato e ardente che non vi si potevano ac-costare che dal lato del vento, e non senza precauzione.Mossi dallo stesso spirito di dissipazione, avevano cottotre volte piú roba che non potessimo mangiare, e un diloro, con un ridere da scimunito, gettava i resti nel bra-ciere che ravvivato da quell’insolito alimento tornava afiammeggiare e scoppiettare. Io non vidi in vita miagente piú noncurante del domani. “Giorno per giorno” èl’unica espressione atta a qualificare la loro maniera divivere; tanto per lo sciupío delle provvigioni quanto perle sentinelle addormentate; e sebbene essi fossero abba-stanza arditi per affrontare una breve scaramuccia, iovedevo chiaramente la loro assoluta inettitudine a soste-nere qualcosa come una campagna prolungata.

Lo stesso Silver, che divorava col capitano Flint sullaspalla, non aveva una parola di rimprovero per la loroindifferenza, cosa che mi stupiva, tanto piú che ben dirado egli s’era mostrato cosí accorto come poco fa.

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buon punto per te. È il primo lampo di speranza dopol’attacco fallito, ed è a te che io lo devo. E ora, Jim, citocca metterci alla caccia del tesoro con ordini suggella-ti, come si direbbe, cosa che a me non garba. Ma noidue dobbiamo tenerci stretti come fossimo cuciti insie-me, per salvar la nostra testa a dispetto della sorte e deldestino.»

In quel momento un uomo ci chiamò perché la cola-zione era pronta, e tosto sedemmo sulla sabbia, intornoal fuoco, con davanti biscotto e lardo fritto. Avevamoacceso un fuoco da arrostire un bove, e questo fuoco eratalmente divampato e ardente che non vi si potevano ac-costare che dal lato del vento, e non senza precauzione.Mossi dallo stesso spirito di dissipazione, avevano cottotre volte piú roba che non potessimo mangiare, e un diloro, con un ridere da scimunito, gettava i resti nel bra-ciere che ravvivato da quell’insolito alimento tornava afiammeggiare e scoppiettare. Io non vidi in vita miagente piú noncurante del domani. “Giorno per giorno” èl’unica espressione atta a qualificare la loro maniera divivere; tanto per lo sciupío delle provvigioni quanto perle sentinelle addormentate; e sebbene essi fossero abba-stanza arditi per affrontare una breve scaramuccia, iovedevo chiaramente la loro assoluta inettitudine a soste-nere qualcosa come una campagna prolungata.

Lo stesso Silver, che divorava col capitano Flint sullaspalla, non aveva una parola di rimprovero per la loroindifferenza, cosa che mi stupiva, tanto piú che ben dirado egli s’era mostrato cosí accorto come poco fa.

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«Sí, compagni» diceva lui «è una vera bazza per voiavere Porco-Arrostito che pensa per voi con questa suazucca qui. Io ho ottenuto ciò che volevo, io. Certo, essitengono la nave. Dove la tengano, non lo so: ma unavolta acciuffato il tesoro, ci daremo attorno e la scovere-mo fuori. E allora, amici miei, poiché abbiamo i canotti,avremo il sopravvento.»

Cosí andava discorrendo con la bocca piena di lardoscottante; e mentre ristorava la loro speranza e fiducia,credo bene che risollevava insieme se stesso.

«Quanto all’ostaggio» continuò «suppongo che quellasarà l’ultima sua chiacchierata con la gente che ama tan-to. Io ho avuto la mia parte di notizie; e gliene sono gra-to; ma oramai è cosa finita. Lo terrò al guinzaglio men-tre andremo alla caccia del tesoro, perché ci converràcustodirlo come fosse oro, in caso di accidente, capite, eper il momento. Una volta in possesso della nave e deltesoro, e che navigheremo come allegri compagni, ohallora parleremo col signor Hawkins, parleremo, e glidaremo la sua razione, sicuro, in compenso delle suegentilezze.»

Che gli uomini fossero ora di buon umore, nessunameraviglia. Quanto a me, ero tremendamente abbattuto.Qualora il piano ch’egli aveva finito d’abbozzare dive-nisse attuabile, Silver, già due volte traditore, non esite-rebbe ad adottarlo. Egli teneva ancora un piede nell’uncampo e nell’altro, e non v’ha dubbio che non preferisselibertà e ricchezza coi pirati alla prospettiva di semplice-mente sfuggire all’impiccagione, ch’era quanto di me-

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«Sí, compagni» diceva lui «è una vera bazza per voiavere Porco-Arrostito che pensa per voi con questa suazucca qui. Io ho ottenuto ciò che volevo, io. Certo, essitengono la nave. Dove la tengano, non lo so: ma unavolta acciuffato il tesoro, ci daremo attorno e la scovere-mo fuori. E allora, amici miei, poiché abbiamo i canotti,avremo il sopravvento.»

Cosí andava discorrendo con la bocca piena di lardoscottante; e mentre ristorava la loro speranza e fiducia,credo bene che risollevava insieme se stesso.

«Quanto all’ostaggio» continuò «suppongo che quellasarà l’ultima sua chiacchierata con la gente che ama tan-to. Io ho avuto la mia parte di notizie; e gliene sono gra-to; ma oramai è cosa finita. Lo terrò al guinzaglio men-tre andremo alla caccia del tesoro, perché ci converràcustodirlo come fosse oro, in caso di accidente, capite, eper il momento. Una volta in possesso della nave e deltesoro, e che navigheremo come allegri compagni, ohallora parleremo col signor Hawkins, parleremo, e glidaremo la sua razione, sicuro, in compenso delle suegentilezze.»

Che gli uomini fossero ora di buon umore, nessunameraviglia. Quanto a me, ero tremendamente abbattuto.Qualora il piano ch’egli aveva finito d’abbozzare dive-nisse attuabile, Silver, già due volte traditore, non esite-rebbe ad adottarlo. Egli teneva ancora un piede nell’uncampo e nell’altro, e non v’ha dubbio che non preferisselibertà e ricchezza coi pirati alla prospettiva di semplice-mente sfuggire all’impiccagione, ch’era quanto di me-

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glio potesse sperare dalla parte nostra.Inoltre, e anche se la forza delle cose lo costringesse a

mantener la parola data al dottor Livesey, anche alloraquale pericolo dinanzi a noi! Che momento, quando isospetti dei suoi seguaci si mutassero in certezza, ed io elui ci trovassimo a dover difendere la nostra vita – lui,uno sciancato, ed io, un ragazzo – contro cinque robustie svelti marinai!

Aggiungasi a questa duplice apprensione il misteroche tuttora avviluppava la condotta dei miei amici, ilnon chiarito abbandono del fortino, l’inesplicabile ces-sione della carta, e, piú duro ancora a penetrare, l’ultimoavvertimento a Silver: “Attento alle burrasche quando lotroverete” e apparirà naturale che io gustassi cosí pocola mia colazione e con travagliato cuore seguissi i mieicarcerieri alla ricerca del tesoro.

Dovevamo fare una curiosa figura, chi ci avesse visti,sporchi nei nostri panni marinareschi, e tutti, eccettome, armati fino ai denti. Silver portava due fucili a tra-colla, l’uno davanti, l’altro di dietro, oltre al grosso col-tellaccio alla cintura e una pistola in ciascuna tasca delsuo abito a falde quadre. A completare codesto stranospettacolo, il capitano Flint stava appollaiato sulla suaspalla, gracchiando stramberie e brani d’insensate chiac-chiere di bordo. Legato alla vita da una corda, io segui-vo docilmente il cuoco che teneva un dei capi ora nellamano libera ora tra i suoi poderosi denti. Ero propriomenato come un orso addomesticato.

Gli altri erano variamente caricati: parte portavano

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glio potesse sperare dalla parte nostra.Inoltre, e anche se la forza delle cose lo costringesse a

mantener la parola data al dottor Livesey, anche alloraquale pericolo dinanzi a noi! Che momento, quando isospetti dei suoi seguaci si mutassero in certezza, ed io elui ci trovassimo a dover difendere la nostra vita – lui,uno sciancato, ed io, un ragazzo – contro cinque robustie svelti marinai!

Aggiungasi a questa duplice apprensione il misteroche tuttora avviluppava la condotta dei miei amici, ilnon chiarito abbandono del fortino, l’inesplicabile ces-sione della carta, e, piú duro ancora a penetrare, l’ultimoavvertimento a Silver: “Attento alle burrasche quando lotroverete” e apparirà naturale che io gustassi cosí pocola mia colazione e con travagliato cuore seguissi i mieicarcerieri alla ricerca del tesoro.

Dovevamo fare una curiosa figura, chi ci avesse visti,sporchi nei nostri panni marinareschi, e tutti, eccettome, armati fino ai denti. Silver portava due fucili a tra-colla, l’uno davanti, l’altro di dietro, oltre al grosso col-tellaccio alla cintura e una pistola in ciascuna tasca delsuo abito a falde quadre. A completare codesto stranospettacolo, il capitano Flint stava appollaiato sulla suaspalla, gracchiando stramberie e brani d’insensate chiac-chiere di bordo. Legato alla vita da una corda, io segui-vo docilmente il cuoco che teneva un dei capi ora nellamano libera ora tra i suoi poderosi denti. Ero propriomenato come un orso addomesticato.

Gli altri erano variamente caricati: parte portavano

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picconi e pale che avevano sbarcato dall’Hispaniolacome arnesi di prima necessità; parte lardo, biscotti eacquavite per il pasto di mezzogiorno. Tutte codesteprovvigioni osservai che provenivano dalla nostra riser-va, e potei cosí constatare la verità delle affermazioni diSilver. Non avesse conchiuso un patto col dottore, laperdita della nave avrebbe ridotto lui e i suoi seguaci asostentarsi d’acqua e dei prodotti della loro caccia.L’acqua non sarebbe stata di loro gusto; un marinaionon è di solito buon tiratore; oltre di che, trovandosicosí scarsi di viveri, non pareva che dovessero neppureabbondar di polvere.

Cosí dunque equipaggiati, e marciando in fila india-na, ci avviammo tutti, compreso quello dalla testa fa-sciata, che meglio certo avrebbe fatto a rimanersenequieto, e raggiungemmo la riva dove i due canotti ci at-tendevano. Anche questi recavan traccia della ubbriacafollia dei pirati: uno aveva un sedile rotto, e tutt’e dueerano imbrattati di fango e mezzo pieni d’acqua. Dove-vamo portarli con noi per maggior sicurezza, e cosí, im-barcati parte su l’uno parte su l’altro, traversammo labaia.

Mentre s’andava remando, nacque una disputa a pro-posito della carta. La croce rossa era naturalmente unsegno troppo grande per costituire un preciso punto diriferimento, e i termini della nota scritta a tergo riusci-vano alquanto ambigui. Come il lettore forse ricorderà,la nota diceva:

“Grande albero, contrafforte del Cannocchiale, pun-

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picconi e pale che avevano sbarcato dall’Hispaniolacome arnesi di prima necessità; parte lardo, biscotti eacquavite per il pasto di mezzogiorno. Tutte codesteprovvigioni osservai che provenivano dalla nostra riser-va, e potei cosí constatare la verità delle affermazioni diSilver. Non avesse conchiuso un patto col dottore, laperdita della nave avrebbe ridotto lui e i suoi seguaci asostentarsi d’acqua e dei prodotti della loro caccia.L’acqua non sarebbe stata di loro gusto; un marinaionon è di solito buon tiratore; oltre di che, trovandosicosí scarsi di viveri, non pareva che dovessero neppureabbondar di polvere.

Cosí dunque equipaggiati, e marciando in fila india-na, ci avviammo tutti, compreso quello dalla testa fa-sciata, che meglio certo avrebbe fatto a rimanersenequieto, e raggiungemmo la riva dove i due canotti ci at-tendevano. Anche questi recavan traccia della ubbriacafollia dei pirati: uno aveva un sedile rotto, e tutt’e dueerano imbrattati di fango e mezzo pieni d’acqua. Dove-vamo portarli con noi per maggior sicurezza, e cosí, im-barcati parte su l’uno parte su l’altro, traversammo labaia.

Mentre s’andava remando, nacque una disputa a pro-posito della carta. La croce rossa era naturalmente unsegno troppo grande per costituire un preciso punto diriferimento, e i termini della nota scritta a tergo riusci-vano alquanto ambigui. Come il lettore forse ricorderà,la nota diceva:

“Grande albero, contrafforte del Cannocchiale, pun-

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to di direzione N. N. E. quarta a N.Isola dello Scheletro E. S. E., quarta a E.Dieci piedi”.Un grande albero era dunque il dato principale.Ora, diritto davanti a noi, la baia era chiusa da un pia-

noro alto da due a trecento piedi che verso nord si rac-cordava alle pendici meridionali del Cannocchiale e ver-so sud si drizzava fino a collegarsi all’aspra e scoscesaeminenza denominata la Montagna dell’Albero di Mez-zana. Il pianoro era folto di pini di diversa altezza.Esemplari di varia specie si ergevano qua e là superandodi quaranta o cinquanta piedi i loro vicini; ma solo stan-do sul sito e consultando la bussola si sarebbe potutostabilire quale di questi fosse il preciso grande alberodel capitano Flint.

Nondimeno, prima ancora che le imbarcazioni fosse-ro a metà cammino, già ciascuno s’era scelto il suo pre-ferito. Solo Long John scrollava le spalle e pregava distar tranquilli fino a che non si fosse lassú.

Vogavamo adagio, per ordine di Silver, acciò gli uo-mini non si stancassero presto; e dopo una lunga traver-sata sbarcammo alla foce del secondo torrente che preci-pita lungo una boscosa forra del Cannocchiale. Di lí,piegando a sinistra, cominciammo a salire l’erta che me-nava al pianoro.

Da principio il terreno grasso e melmoso e il grovi-glio dell’erbe palustri ostacolarono grandemente i nostripassi: a poco a poco però la montagna divenne piú ripi-da e rocciosa, mentre il bosco, cangiando carattere, cre-

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to di direzione N. N. E. quarta a N.Isola dello Scheletro E. S. E., quarta a E.Dieci piedi”.Un grande albero era dunque il dato principale.Ora, diritto davanti a noi, la baia era chiusa da un pia-

noro alto da due a trecento piedi che verso nord si rac-cordava alle pendici meridionali del Cannocchiale e ver-so sud si drizzava fino a collegarsi all’aspra e scoscesaeminenza denominata la Montagna dell’Albero di Mez-zana. Il pianoro era folto di pini di diversa altezza.Esemplari di varia specie si ergevano qua e là superandodi quaranta o cinquanta piedi i loro vicini; ma solo stan-do sul sito e consultando la bussola si sarebbe potutostabilire quale di questi fosse il preciso grande alberodel capitano Flint.

Nondimeno, prima ancora che le imbarcazioni fosse-ro a metà cammino, già ciascuno s’era scelto il suo pre-ferito. Solo Long John scrollava le spalle e pregava distar tranquilli fino a che non si fosse lassú.

Vogavamo adagio, per ordine di Silver, acciò gli uo-mini non si stancassero presto; e dopo una lunga traver-sata sbarcammo alla foce del secondo torrente che preci-pita lungo una boscosa forra del Cannocchiale. Di lí,piegando a sinistra, cominciammo a salire l’erta che me-nava al pianoro.

Da principio il terreno grasso e melmoso e il grovi-glio dell’erbe palustri ostacolarono grandemente i nostripassi: a poco a poco però la montagna divenne piú ripi-da e rocciosa, mentre il bosco, cangiando carattere, cre-

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sceva piú rado e meno disordinato. Era in verità uno deipiú incantevoli siti dell’isola, questo dove ci addentrava-mo. Ginestre dal profumo acuto e arbusti varî fioritiavevano preso il posto dell’erba. Sulle verdi macchiedegli alberi di noce moscata spiccavano i rossi fusti deipini dalle larghe ombrelle; e la mescolanza dei loro aro-mi impregnava l’aria ch’era fresca ed eccitante, ciò chesotto i raggi perpendicolari del sole ci dava un dolcissi-mo refrigerio.

Con gridi e salti la brigata si sparse intorno a venta-glio. Molto in coda, Silver ed io seguivamo: io impasto-iato dalla corda, lui arando con un profondo ansimare lasdrucciolevole ghiaia. E di tanto in tanto anche bisogna-va che gli dessi una mano ad evitare che gli mancasseun piede e ruzzolasse giú per il declivio.

Avevamo cosí percorso circa mezzo miglio e stavamoper toccare il ciglio del pianoro, quando dall’individuopiú lontano sulla sinistra partí un urlo di orrore a cuisuccedettero reiterate grida che fecero accorrere i com-pagni.

«Che abbia trovato il tesoro non può darsi» osservò ilvecchio Morgan affrettandosi dietro a noi «perché il te-soro è assolutamente in cima.»

In realtà, come assodammo non appena sul posto, sitrattava di qualcosa di ben diverso. Ai piede di un gros-so pino e mezzo nascosto in un verde cespuglio tra i cuirami erano impigliati alcuni dei piccoli ossi, uno schele-tro umano giaceva sul terreno con alcuni brandelli di ve-stito. Codesta vista mise, credo, un gelo acuto in ogni

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sceva piú rado e meno disordinato. Era in verità uno deipiú incantevoli siti dell’isola, questo dove ci addentrava-mo. Ginestre dal profumo acuto e arbusti varî fioritiavevano preso il posto dell’erba. Sulle verdi macchiedegli alberi di noce moscata spiccavano i rossi fusti deipini dalle larghe ombrelle; e la mescolanza dei loro aro-mi impregnava l’aria ch’era fresca ed eccitante, ciò chesotto i raggi perpendicolari del sole ci dava un dolcissi-mo refrigerio.

Con gridi e salti la brigata si sparse intorno a venta-glio. Molto in coda, Silver ed io seguivamo: io impasto-iato dalla corda, lui arando con un profondo ansimare lasdrucciolevole ghiaia. E di tanto in tanto anche bisogna-va che gli dessi una mano ad evitare che gli mancasseun piede e ruzzolasse giú per il declivio.

Avevamo cosí percorso circa mezzo miglio e stavamoper toccare il ciglio del pianoro, quando dall’individuopiú lontano sulla sinistra partí un urlo di orrore a cuisuccedettero reiterate grida che fecero accorrere i com-pagni.

«Che abbia trovato il tesoro non può darsi» osservò ilvecchio Morgan affrettandosi dietro a noi «perché il te-soro è assolutamente in cima.»

In realtà, come assodammo non appena sul posto, sitrattava di qualcosa di ben diverso. Ai piede di un gros-so pino e mezzo nascosto in un verde cespuglio tra i cuirami erano impigliati alcuni dei piccoli ossi, uno schele-tro umano giaceva sul terreno con alcuni brandelli di ve-stito. Codesta vista mise, credo, un gelo acuto in ogni

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cuore.«Era un uomo di mare» dichiarò Giorgio Merry, che

piú animoso di tutti s’era chinato là sopra per esaminarda vicino i brani del vestito. «In ogni modo, questa ètela da marinaio bell’e buona.»

«Già, già» disse Silver «è probabile. Né io penso chet’aspettassi di trovare un vescovo, qui. Ma in che stranomodo son disposte queste ossa! Non è naturale.»

Infatti, tornando a guardare, non si poteva credere cheil corpo fosse in una positura normale. A parte qualchedisordine (dovuto forse agli uccelli che s’erano nutriti dilui o alla lenta crescita delle piante che a poco a poco neavevano avviluppato i resti) l’uomo giaceva in una posi-zione perfettamente rettilinea, i piedi orientati in un sen-so, le mani tese sopra la testa come quelle di un tuffato-re, nella opposta direzione.

«M’è nata un’idea, nella mia vecchia zucca» annun-ciò Silver. «Ecco qui la bussola, ecco laggiú la piú altapunta dell’isolotto dello Scheletro che spicca simile a undente. Vogliamo rilevare il punto sulla linea di questeossa?»

Cosí fu fatto. Il corpo era appunto orientato in dire-zione dell’isolotto, e la bussola dava precisamente E. S.E., quarto E.

«Ne ero certo» gridò il cuoco. «Questo è un segno in-dicatore. In dirittura di questo troviamo la stella polare eil nostro bell’oro splendente. Ma, corpo d’una saetta, locredereste che sento un freddo nella schiena se penso aFlint? Questo è uno dei suoi scherzi, non c’è dubbio.

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cuore.«Era un uomo di mare» dichiarò Giorgio Merry, che

piú animoso di tutti s’era chinato là sopra per esaminarda vicino i brani del vestito. «In ogni modo, questa ètela da marinaio bell’e buona.»

«Già, già» disse Silver «è probabile. Né io penso chet’aspettassi di trovare un vescovo, qui. Ma in che stranomodo son disposte queste ossa! Non è naturale.»

Infatti, tornando a guardare, non si poteva credere cheil corpo fosse in una positura normale. A parte qualchedisordine (dovuto forse agli uccelli che s’erano nutriti dilui o alla lenta crescita delle piante che a poco a poco neavevano avviluppato i resti) l’uomo giaceva in una posi-zione perfettamente rettilinea, i piedi orientati in un sen-so, le mani tese sopra la testa come quelle di un tuffato-re, nella opposta direzione.

«M’è nata un’idea, nella mia vecchia zucca» annun-ciò Silver. «Ecco qui la bussola, ecco laggiú la piú altapunta dell’isolotto dello Scheletro che spicca simile a undente. Vogliamo rilevare il punto sulla linea di questeossa?»

Cosí fu fatto. Il corpo era appunto orientato in dire-zione dell’isolotto, e la bussola dava precisamente E. S.E., quarto E.

«Ne ero certo» gridò il cuoco. «Questo è un segno in-dicatore. In dirittura di questo troviamo la stella polare eil nostro bell’oro splendente. Ma, corpo d’una saetta, locredereste che sento un freddo nella schiena se penso aFlint? Questo è uno dei suoi scherzi, non c’è dubbio.

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Egli era solo qui con sei. Li ha uccisi tutti, l’uno appres-so l’altro, e questo l’ha rimorchiato qui e orientato allabussola, morte delle mie ossa! Era grande, quest’uomo,e aveva i capelli biondi. Sí, doveva essere Allardyce. Tiricordi di Allardyce, Tom Morgan?»

«Ma sí, ma sí che me ne ricordo» rispose l’interpella-to: «mi doveva del denaro, mi doveva, e sbarcando miportò via il coltello.»

«A proposito di coltello» fece un altro «o perché nontroviamo il suo lí intorno? Flint non era uomo da vuotarle tasche d’un marinaio, e gli uccelli un coltello non selo mangiano, mi pare.»

«Questo è vero, perdio» esclamò Silver.«Nulla, proprio nulla è rimasto qui» fece Merry conti-

nuando a frugar tra le ossa. «Né un centesimo né una ta-bacchiera. Questo non mi par naturale.»

«No, perbacco, no» rincalzò Silver «né naturale nésimpatico, affatto. Per mille diavoli, amici miei, se sol-tanto Flint fosse in vita, ci scotterebbe abbastanza, qui, eper voi e per me. Erano sei come noi, essi, e non sonopiú che ossa.»

«L’ho visto morto io con questi occhi, Flint, l’ho vi-sto» disse Morgan. «Billy mi condusse dentro. Egli eralà coricato, con dei soldoni su gli occhi.»

«Morto sí, certamente, morto e sotterrato» fece l’indi-viduo dalla testa fasciata «ma se ci sono spiriti che ritor-nino, Flint dovrebbe esser di quelli. Perché, Dio mio, hafatto una brutta fine Flint, ha fatto.»

«Oh, sí che l’ha fatta» aggiunse un altro. «Un mo-

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Egli era solo qui con sei. Li ha uccisi tutti, l’uno appres-so l’altro, e questo l’ha rimorchiato qui e orientato allabussola, morte delle mie ossa! Era grande, quest’uomo,e aveva i capelli biondi. Sí, doveva essere Allardyce. Tiricordi di Allardyce, Tom Morgan?»

«Ma sí, ma sí che me ne ricordo» rispose l’interpella-to: «mi doveva del denaro, mi doveva, e sbarcando miportò via il coltello.»

«A proposito di coltello» fece un altro «o perché nontroviamo il suo lí intorno? Flint non era uomo da vuotarle tasche d’un marinaio, e gli uccelli un coltello non selo mangiano, mi pare.»

«Questo è vero, perdio» esclamò Silver.«Nulla, proprio nulla è rimasto qui» fece Merry conti-

nuando a frugar tra le ossa. «Né un centesimo né una ta-bacchiera. Questo non mi par naturale.»

«No, perbacco, no» rincalzò Silver «né naturale nésimpatico, affatto. Per mille diavoli, amici miei, se sol-tanto Flint fosse in vita, ci scotterebbe abbastanza, qui, eper voi e per me. Erano sei come noi, essi, e non sonopiú che ossa.»

«L’ho visto morto io con questi occhi, Flint, l’ho vi-sto» disse Morgan. «Billy mi condusse dentro. Egli eralà coricato, con dei soldoni su gli occhi.»

«Morto sí, certamente, morto e sotterrato» fece l’indi-viduo dalla testa fasciata «ma se ci sono spiriti che ritor-nino, Flint dovrebbe esser di quelli. Perché, Dio mio, hafatto una brutta fine Flint, ha fatto.»

«Oh, sí che l’ha fatta» aggiunse un altro. «Un mo-

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mento delirava, un altro momento strepitava per delrum, oppure cantava: “Quindici sopra il baule del mor-to...” Era la sua unica canzone, camerati; e vi dico la ve-rità, io non l’ho mai piú potuta sentire, da allora. Facevaun caldo d’inferno, la finestra era aperta, e io udivoquella vecchia canzone che risonava chiara chiara, e in-tanto la morte gli aveva l’unghie addosso.»

«Via, via, finiscila con la tua storia. È morto, e noncammina piú, per quel che so io; o quanto meno, non vain giro di giorno, state pur sicuri» interruppe Silver. «Lapaura è fatta di nulla6. Andiamo avanti per i doppioni.»

Riprendemmo il cammino: ma, a dispetto del sole ar-dente e della luce accecante, i pirati smisero di correreciascuno per proprio conto gridando per il bosco; maprocedevano stretti l’uno all’altro e parlavano sottovoce.Il terrore del morto filibustiere incombeva su loro.

XXXIILA CACCIA AL TESORO:

LA VOCE DI TRA GLI ALBERI

Per liberarsi da quel turbamento, e per dar modo aSilver e al malato di riposare, l’intera brigata si mise asedere non appena giunta in cima alla salita.

Il pianoro essendo leggermente inclinato verso occi-dente, il punto dove sostammo dominava da tutt’e due ilati una vasta distesa. Di fronte, al di là delle vette degli

6 Letteralmente: L’inquietudine uccise un gatto. (Nota del T.)

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mento delirava, un altro momento strepitava per delrum, oppure cantava: “Quindici sopra il baule del mor-to...” Era la sua unica canzone, camerati; e vi dico la ve-rità, io non l’ho mai piú potuta sentire, da allora. Facevaun caldo d’inferno, la finestra era aperta, e io udivoquella vecchia canzone che risonava chiara chiara, e in-tanto la morte gli aveva l’unghie addosso.»

«Via, via, finiscila con la tua storia. È morto, e noncammina piú, per quel che so io; o quanto meno, non vain giro di giorno, state pur sicuri» interruppe Silver. «Lapaura è fatta di nulla6. Andiamo avanti per i doppioni.»

Riprendemmo il cammino: ma, a dispetto del sole ar-dente e della luce accecante, i pirati smisero di correreciascuno per proprio conto gridando per il bosco; maprocedevano stretti l’uno all’altro e parlavano sottovoce.Il terrore del morto filibustiere incombeva su loro.

XXXIILA CACCIA AL TESORO:

LA VOCE DI TRA GLI ALBERI

Per liberarsi da quel turbamento, e per dar modo aSilver e al malato di riposare, l’intera brigata si mise asedere non appena giunta in cima alla salita.

Il pianoro essendo leggermente inclinato verso occi-dente, il punto dove sostammo dominava da tutt’e due ilati una vasta distesa. Di fronte, al di là delle vette degli

6 Letteralmente: L’inquietudine uccise un gatto. (Nota del T.)

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alberi, scoprivamo il Capo delle Foreste frangiato dispume; dietro, non soltanto la baia laggiú, con l’Isoladello Scheletro, ma anche verso l’est, oltre la lingua diterra e la pianura orientale, un grande spazio di mareaperto. Erto sopra di noi si drizzava il dorso del Cannoc-chiale punteggiato di rari pini e zebrato di oscuri burro-ni. Non si udiva che il rumore della lontana risacca,montante da ogni parte, e il ronzío d’innumerevoli inset-ti nella macchia. Non un essere umano, non una vela inmare: l’immensità del panorama accresceva il senso disolitudine.

Silver sedette e rilevò con la bussola alcune orienta-zioni.

«Ci sono tre “grandi alberi”» disse poi «sulla lineapress’a poco dell’Isola Scheletro. “Contrafforte del Can-nocchiale” indica, se non sbaglio, quella piú bassa crestalaggiú. Oramai, trovar la mercanzia non è piú che ungioco da ragazzi. Ma io avrei voglia di mangiar prima.»

«Io non ho appetito» borbottò Morgan. «È il pensierodi Flint, credo, che me l’ha tolto.»

«Oh per questo, figlio mio, puoi ringraziar la tua stel-la che è morto» disse Silver.

«Era brutto come il diavolo» saltò su un terzo con unmoto di raccapriccio. «Ah quella faccia paonazza!»

«Cosí l’aveva conciato il rum» aggiunse Merry. «Pao-nazza, sí, siamo d’accordo. È la vera parola.»

Dopo che, scoperto lo scheletro, avevano lasciato ailoro pensieri prendere questa piega, si erano ristretti aparlare sempre piú sottovoce, fino quasi a bisbigliare,

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alberi, scoprivamo il Capo delle Foreste frangiato dispume; dietro, non soltanto la baia laggiú, con l’Isoladello Scheletro, ma anche verso l’est, oltre la lingua diterra e la pianura orientale, un grande spazio di mareaperto. Erto sopra di noi si drizzava il dorso del Cannoc-chiale punteggiato di rari pini e zebrato di oscuri burro-ni. Non si udiva che il rumore della lontana risacca,montante da ogni parte, e il ronzío d’innumerevoli inset-ti nella macchia. Non un essere umano, non una vela inmare: l’immensità del panorama accresceva il senso disolitudine.

Silver sedette e rilevò con la bussola alcune orienta-zioni.

«Ci sono tre “grandi alberi”» disse poi «sulla lineapress’a poco dell’Isola Scheletro. “Contrafforte del Can-nocchiale” indica, se non sbaglio, quella piú bassa crestalaggiú. Oramai, trovar la mercanzia non è piú che ungioco da ragazzi. Ma io avrei voglia di mangiar prima.»

«Io non ho appetito» borbottò Morgan. «È il pensierodi Flint, credo, che me l’ha tolto.»

«Oh per questo, figlio mio, puoi ringraziar la tua stel-la che è morto» disse Silver.

«Era brutto come il diavolo» saltò su un terzo con unmoto di raccapriccio. «Ah quella faccia paonazza!»

«Cosí l’aveva conciato il rum» aggiunse Merry. «Pao-nazza, sí, siamo d’accordo. È la vera parola.»

Dopo che, scoperto lo scheletro, avevano lasciato ailoro pensieri prendere questa piega, si erano ristretti aparlare sempre piú sottovoce, fino quasi a bisbigliare,

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talché il suono delle loro parole interrompeva appena ilsilenzio della foresta. Tutto a un tratto dal folto degli al-beri di fronte a noi sorse una voce sottile acuta e tremulaintonando l’aria e le parole ben note:

Quindici sopra il baule del mortoYò – hò – hò – e una bottiglia di rum!

Io non vidi mai uomini piú terribilmente sbigottiti deinostri pirati. I loro visi si scolorirono come per incanto;alcuni balzarono in piedi, altri si abbrancarono ai lorovicini; Morgan si dibatteva per terra.

«È Flint, per...!» gridò Merry.Il canto cessò di colpo, troncato a mezzo d’una nota,

quasi che una mano avesse tappato la bocca del cantore.Venendo cosí di lontano, attraverso la limpida e lumino-sa atmosfera per entro il verde degli alberi, aveva sonatoleggiero e melodioso, e l’effetto prodotto sui miei com-pagni mi parve tanto piú strano.

«Andiamo» disse Silver stentando a trar fuori la paro-la dalle sue labbra color di cenere «questo non è niente.Pronti a virare! È una impressione curiosa, che mi faquesta voce. Io non saprei che nome darle: ma è certoqualcuno che si burla di noi, qualcuno in carne e ossa,credete a me.»

Mentre cosí parlava, riprendeva coraggio, e il suoviso si ricoloriva. Già gli altri incominciavano a lasciar-si persuadere, e ritornavano un poco in sé, quando lamedesima voce ruppe di nuovo il silenzio. Non era piú

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talché il suono delle loro parole interrompeva appena ilsilenzio della foresta. Tutto a un tratto dal folto degli al-beri di fronte a noi sorse una voce sottile acuta e tremulaintonando l’aria e le parole ben note:

Quindici sopra il baule del mortoYò – hò – hò – e una bottiglia di rum!

Io non vidi mai uomini piú terribilmente sbigottiti deinostri pirati. I loro visi si scolorirono come per incanto;alcuni balzarono in piedi, altri si abbrancarono ai lorovicini; Morgan si dibatteva per terra.

«È Flint, per...!» gridò Merry.Il canto cessò di colpo, troncato a mezzo d’una nota,

quasi che una mano avesse tappato la bocca del cantore.Venendo cosí di lontano, attraverso la limpida e lumino-sa atmosfera per entro il verde degli alberi, aveva sonatoleggiero e melodioso, e l’effetto prodotto sui miei com-pagni mi parve tanto piú strano.

«Andiamo» disse Silver stentando a trar fuori la paro-la dalle sue labbra color di cenere «questo non è niente.Pronti a virare! È una impressione curiosa, che mi faquesta voce. Io non saprei che nome darle: ma è certoqualcuno che si burla di noi, qualcuno in carne e ossa,credete a me.»

Mentre cosí parlava, riprendeva coraggio, e il suoviso si ricoloriva. Già gli altri incominciavano a lasciar-si persuadere, e ritornavano un poco in sé, quando lamedesima voce ruppe di nuovo il silenzio. Non era piú

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un canto, questa volta, ma un debole lamentoso appelloche gli echi della gola del Cannocchiale si rimandavanoanche piú affievolito.

«Darby Mac Graw!» gemeva la voce (è questa la pa-rola che meglio rende il suono) «Darby Mac Graw! Dar-by Mac Graw!» ancora e ancora e ancora; e poi, fattasialquanto piú acuta, e con una bestemmia che tralascio:

«Portami il rum, Darby!»Lo spavento inchiodò al suolo i filibustieri. Gli occhi

fuori della testa, essi stavano ancora lí dopo un pezzoche la voce s’era taciuta, guardando davanti a sé, muti eallibiti.

«Non c’è dubbio» balbettò uno. «Andiamo via!»«Sí, furono queste le sue ultime parole» gemette Mor-

gan «le sue ultime parole su questa terra.»Dick aveva tratto fuori la bibbia, e pregava con ardo-

re. Egli aveva ricevuto una buona educazione, prima didarsi al mare e imbarcarsi con cattivi compagni.

Silver teneva ancora duro. Sentivo che batteva i denti,ma però non s’arrendeva.

«Nessuno in quest’isola ha inteso mai parlare di Dar-by» mormorò egli «nessuno all’infuori di noi qui.» E,facendo un enorme sforzo: «Camerati» gridò «io sonoqui per acciuffar quella mercanzia, e non mi lasceròmetter nel sacco né da un uomo né dal diavolo. Non homai avuto paura di Flint vivo, e, per mille diavoli, sapròaffrontarlo morto. A meno d’un quarto di miglio da qui,ci sono settecentomila sterline. Quando mai un gentiluo-mo di fortuna ha voltato la poppa a tanta grazia di Dio

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un canto, questa volta, ma un debole lamentoso appelloche gli echi della gola del Cannocchiale si rimandavanoanche piú affievolito.

«Darby Mac Graw!» gemeva la voce (è questa la pa-rola che meglio rende il suono) «Darby Mac Graw! Dar-by Mac Graw!» ancora e ancora e ancora; e poi, fattasialquanto piú acuta, e con una bestemmia che tralascio:

«Portami il rum, Darby!»Lo spavento inchiodò al suolo i filibustieri. Gli occhi

fuori della testa, essi stavano ancora lí dopo un pezzoche la voce s’era taciuta, guardando davanti a sé, muti eallibiti.

«Non c’è dubbio» balbettò uno. «Andiamo via!»«Sí, furono queste le sue ultime parole» gemette Mor-

gan «le sue ultime parole su questa terra.»Dick aveva tratto fuori la bibbia, e pregava con ardo-

re. Egli aveva ricevuto una buona educazione, prima didarsi al mare e imbarcarsi con cattivi compagni.

Silver teneva ancora duro. Sentivo che batteva i denti,ma però non s’arrendeva.

«Nessuno in quest’isola ha inteso mai parlare di Dar-by» mormorò egli «nessuno all’infuori di noi qui.» E,facendo un enorme sforzo: «Camerati» gridò «io sonoqui per acciuffar quella mercanzia, e non mi lasceròmetter nel sacco né da un uomo né dal diavolo. Non homai avuto paura di Flint vivo, e, per mille diavoli, sapròaffrontarlo morto. A meno d’un quarto di miglio da qui,ci sono settecentomila sterline. Quando mai un gentiluo-mo di fortuna ha voltato la poppa a tanta grazia di Dio

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per timore di un vecchio beone di marinaio dalla golapaonazza, e per giunta morto?»

Ma non si vedeva segno d’un risveglio di coraggionei suoi seguaci: il loro terrore, piuttosto, pareva accre-sciuto dall’empietà delle parole.

«Dài volta, John» disse Merry. «Non pigliartela conuno spirito.»

Gli altri erano troppo spaventati per aprir bocca. Se lasarebbero data a gambe ciascuno per conto proprio, seavessero osato: ma la paura li raggruppava insieme e listringeva a John quasi che nell’ardire di lui potesserotrovare un sostegno. Lui, dal canto suo, aveva quasi altutto vinto la sua debolezza.

«Uno spirito? Sia pure» disse «ma c’è qualcosa che ionon vedo chiaro, qui. Voi avete sentito un’eco. Ora, nes-suno ha mai visto uno spirito con un’ombra. E allora,che bisogno avrebbe egli d’un’eco? Vorrei saperlo. Que-sto non è certo naturale.»

L’argomento mi parve assai debole. Ma nessuno puòmai sapere come reagisca la gente superstiziosa; e, conmia grande sorpresa, vidi Giorgio Merry molto solleva-to.

«È proprio cosí» approvò egli. «Tu hai la testa sulcollo, John, non c’è dubbio. Lesti a virare, camerati.Quel marinaio là, sbaglia di bordata, credo. E, ripensan-doci, sí, somigliava alla voce di Flint, ve l’ammetto: manon era però cosí chiara, in fondo. Si sarebbe piuttostodetta la voce di qualcun altro... la voce di...»

«Di Ben Gunn, per mille diavoli!» ruggí Silver.

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per timore di un vecchio beone di marinaio dalla golapaonazza, e per giunta morto?»

Ma non si vedeva segno d’un risveglio di coraggionei suoi seguaci: il loro terrore, piuttosto, pareva accre-sciuto dall’empietà delle parole.

«Dài volta, John» disse Merry. «Non pigliartela conuno spirito.»

Gli altri erano troppo spaventati per aprir bocca. Se lasarebbero data a gambe ciascuno per conto proprio, seavessero osato: ma la paura li raggruppava insieme e listringeva a John quasi che nell’ardire di lui potesserotrovare un sostegno. Lui, dal canto suo, aveva quasi altutto vinto la sua debolezza.

«Uno spirito? Sia pure» disse «ma c’è qualcosa che ionon vedo chiaro, qui. Voi avete sentito un’eco. Ora, nes-suno ha mai visto uno spirito con un’ombra. E allora,che bisogno avrebbe egli d’un’eco? Vorrei saperlo. Que-sto non è certo naturale.»

L’argomento mi parve assai debole. Ma nessuno puòmai sapere come reagisca la gente superstiziosa; e, conmia grande sorpresa, vidi Giorgio Merry molto solleva-to.

«È proprio cosí» approvò egli. «Tu hai la testa sulcollo, John, non c’è dubbio. Lesti a virare, camerati.Quel marinaio là, sbaglia di bordata, credo. E, ripensan-doci, sí, somigliava alla voce di Flint, ve l’ammetto: manon era però cosí chiara, in fondo. Si sarebbe piuttostodetta la voce di qualcun altro... la voce di...»

«Di Ben Gunn, per mille diavoli!» ruggí Silver.

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«Sí, era cosí difatti» esclamò Morgan levandosi suiginocchi. «Era proprio Ben Gunn!»

«Ciò non fa una gran differenza, non vi pare?» inter-venne Dick. «Ben Gunn non è qui in carne ed ossa piúdi quanto c’è Flint.»

Quest’osservazione suscitò lo sdegno dei marinai an-ziani.

«E che c’importa di Ben Gunn?» gridò Merry. «Mor-to o vivo, non c’importa niente di lui.»

Io ero stupito di vedere come avevano ripreso animo,e come sui loro visi era tornato il color naturale. Tosto sirimisero a chiacchierare, stando di tanto in tanto inascolto; e poco dopo, non udendo piú nulla, si tolsero inspalla i loro arnesi e proseguirono il cammino, precedutida Merry che portava la bussola di Silver per mantenerlinella linea dell’Isola dello Scheletro. Merry non s’eraingannato: morto o vivo, nessuno si curava di BenGunn.

Solo Dick teneva sempre la sua bibbia aperta, e cam-minando gettava intorno delle trepide occhiate, ma sen-za incontrate consensi, mentre Silver lo canzonava perle sue precauzioni.

«Te l’avevo ben detto, te l’avevo ben detto io, cheavevi guastato la bibbia. Se non è piú buona per giurarcisopra, che vuoi che se ne faccia uno spirito? Neanchequesto!» E soffermatosi sulla gruccia, fece schioccar lesue grosse dita.

Ma Dick non era uomo da poter essere confortato; ionon tardai ad accorgermi che si reggeva appena in piedi:

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«Sí, era cosí difatti» esclamò Morgan levandosi suiginocchi. «Era proprio Ben Gunn!»

«Ciò non fa una gran differenza, non vi pare?» inter-venne Dick. «Ben Gunn non è qui in carne ed ossa piúdi quanto c’è Flint.»

Quest’osservazione suscitò lo sdegno dei marinai an-ziani.

«E che c’importa di Ben Gunn?» gridò Merry. «Mor-to o vivo, non c’importa niente di lui.»

Io ero stupito di vedere come avevano ripreso animo,e come sui loro visi era tornato il color naturale. Tosto sirimisero a chiacchierare, stando di tanto in tanto inascolto; e poco dopo, non udendo piú nulla, si tolsero inspalla i loro arnesi e proseguirono il cammino, precedutida Merry che portava la bussola di Silver per mantenerlinella linea dell’Isola dello Scheletro. Merry non s’eraingannato: morto o vivo, nessuno si curava di BenGunn.

Solo Dick teneva sempre la sua bibbia aperta, e cam-minando gettava intorno delle trepide occhiate, ma sen-za incontrate consensi, mentre Silver lo canzonava perle sue precauzioni.

«Te l’avevo ben detto, te l’avevo ben detto io, cheavevi guastato la bibbia. Se non è piú buona per giurarcisopra, che vuoi che se ne faccia uno spirito? Neanchequesto!» E soffermatosi sulla gruccia, fece schioccar lesue grosse dita.

Ma Dick non era uomo da poter essere confortato; ionon tardai ad accorgermi che si reggeva appena in piedi:

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sotto l’influenza della caldura, della stanchezza e dellospavento, la febbre prevista dal dottor Livesey saliva ra-pidamente.

Il terreno sgombro rendeva facile la marcia sulla cimache il nostro sentiero costeggiava da un lato, poiché,come già dissi, il pianoro era inclinato verso occidente. Ipini grandi e piccoli crescevano in aperto spazio; ed an-che fra i gruppi di noci moscadi e di azalee, vaste raduresi stendevano, arroventate dal sole. Tagliando l’isolacome facevamo quasi per nord-ovest, ci appressavamosempre piú ai contrafforti del Cannocchiale da una par-te, e dall’altra scoprivamo sempre meglio quella baiaoccidentale che io tutto tremante e sballottato dalle ondeavevo attraversato con la piroga.

Raggiunto il primo dei grandi alberi e rilevata la posi-zione, si vide che non era quello buono. Stesso risultatocol secondo. Il terzo si elevava quasi duecento piedi aldisopra del bosco ceduo: gigante vegetale dal fusto ros-so, voluminoso come una casetta, alla cui immensa om-bra avrebbe manovrato una compagnia. Lo si scorgevadall’alto mare, da levante e da ponente, e avrebbe potutofigurar come punto di riferimento sulla carta.

Ma non era la sua statura ciò che impressionava imiei compagni, bensí il sapere che settecentomila sterli-ne in oro stavano sotterrate in qualche punto della suadiffusa ombra. Il pensiero del denaro, di mano in manoche essi si avvicinavano, assorbiva i loro terrori di pocofa. I loro occhi fiammeggiavano, i loro piedi correvanopiú lesti e leggeri: l’intera loro anima era incatenata da

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sotto l’influenza della caldura, della stanchezza e dellospavento, la febbre prevista dal dottor Livesey saliva ra-pidamente.

Il terreno sgombro rendeva facile la marcia sulla cimache il nostro sentiero costeggiava da un lato, poiché,come già dissi, il pianoro era inclinato verso occidente. Ipini grandi e piccoli crescevano in aperto spazio; ed an-che fra i gruppi di noci moscadi e di azalee, vaste raduresi stendevano, arroventate dal sole. Tagliando l’isolacome facevamo quasi per nord-ovest, ci appressavamosempre piú ai contrafforti del Cannocchiale da una par-te, e dall’altra scoprivamo sempre meglio quella baiaoccidentale che io tutto tremante e sballottato dalle ondeavevo attraversato con la piroga.

Raggiunto il primo dei grandi alberi e rilevata la posi-zione, si vide che non era quello buono. Stesso risultatocol secondo. Il terzo si elevava quasi duecento piedi aldisopra del bosco ceduo: gigante vegetale dal fusto ros-so, voluminoso come una casetta, alla cui immensa om-bra avrebbe manovrato una compagnia. Lo si scorgevadall’alto mare, da levante e da ponente, e avrebbe potutofigurar come punto di riferimento sulla carta.

Ma non era la sua statura ciò che impressionava imiei compagni, bensí il sapere che settecentomila sterli-ne in oro stavano sotterrate in qualche punto della suadiffusa ombra. Il pensiero del denaro, di mano in manoche essi si avvicinavano, assorbiva i loro terrori di pocofa. I loro occhi fiammeggiavano, i loro piedi correvanopiú lesti e leggeri: l’intera loro anima era incatenata da

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quella ricchezza che li attendeva là e prometteva aognun di loro tutta una vita di piacere e di gozzoviglia.

Silver arrancava grugnendo, sulla sua gruccia; le suenarici dilatate tremavano; egli bestemmiava come unturco quando le mosche gli si posavano sul volto accesoe lucido di sudore: dava furiosi strapponi alla corda chemi legava a lui, e di tanto in tanto si volgeva verso di mecon un’occhiata assassina. Non si preoccupava certo dinascondere i suoi pensieri che io leggevo come in un li-bro aperto. Nella immediata prossimità dell’oro, tutto ilresto egli lo aveva dimenticato: la promessa fatta al dot-tore, e il di lui avvertimento appartenevano ormai alpassato; e senza dubbio egli sperava d’impadronirsi deltesoro, ritrovar l’Hispaniola, imbarcarsi col favor dellanotte dopo scannato ogni onest’uomo che lí rimanesse, erimettere alla vela come prima aveva disegnato, filandovia carico di crimini e di ricchezze.

Assediato da tali timori, stentavo a tener dietro al ra-pido passo dei cercatori del tesoro. Spesso inciampavo,ed era allora che Silver tirava cosí bruscamente la cordae mi fulminava coi suoi sguardi. Dick che ora s’era ac-codato a noi, e formava la retroguardia, parlava tra sénella crescente eccitazione della febbre, biascicandopreghiere e bestemmie. Anche questo aggravava la miaangoscia, e per colmo di pena ero tormentato dalla vi-sione della tragedia che doveva un giorno essersi svoltasu quel pianoro, quando quel dannato filibustiere dallafaccia paonazza morto poi a Savannah cantando e recla-mando da bere, aveva di sua mano trucidato i suoi sei

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quella ricchezza che li attendeva là e prometteva aognun di loro tutta una vita di piacere e di gozzoviglia.

Silver arrancava grugnendo, sulla sua gruccia; le suenarici dilatate tremavano; egli bestemmiava come unturco quando le mosche gli si posavano sul volto accesoe lucido di sudore: dava furiosi strapponi alla corda chemi legava a lui, e di tanto in tanto si volgeva verso di mecon un’occhiata assassina. Non si preoccupava certo dinascondere i suoi pensieri che io leggevo come in un li-bro aperto. Nella immediata prossimità dell’oro, tutto ilresto egli lo aveva dimenticato: la promessa fatta al dot-tore, e il di lui avvertimento appartenevano ormai alpassato; e senza dubbio egli sperava d’impadronirsi deltesoro, ritrovar l’Hispaniola, imbarcarsi col favor dellanotte dopo scannato ogni onest’uomo che lí rimanesse, erimettere alla vela come prima aveva disegnato, filandovia carico di crimini e di ricchezze.

Assediato da tali timori, stentavo a tener dietro al ra-pido passo dei cercatori del tesoro. Spesso inciampavo,ed era allora che Silver tirava cosí bruscamente la cordae mi fulminava coi suoi sguardi. Dick che ora s’era ac-codato a noi, e formava la retroguardia, parlava tra sénella crescente eccitazione della febbre, biascicandopreghiere e bestemmie. Anche questo aggravava la miaangoscia, e per colmo di pena ero tormentato dalla vi-sione della tragedia che doveva un giorno essersi svoltasu quel pianoro, quando quel dannato filibustiere dallafaccia paonazza morto poi a Savannah cantando e recla-mando da bere, aveva di sua mano trucidato i suoi sei

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complici. Questo bosco attualmente cosí tranquillo do-veva aver rintronato d’urli quel giorno; e pensandovi oranel calore dell’immaginazione mi pareva di sentirlo rin-tronare ancora.

Toccavamo intanto il margine della macchia.«Urrà, compagni! Su, tutti insieme!» tuonò Merry; e

quelli ch’erano in testa si slanciarono.Ma non avevan fatto dieci metri, che li vedemmo di

botto arrestarsi. Un grido strozzato ferí l’aria. Silver ac-celerò il passo zappando col piede della sua grucciacome un indemoniato; e in un attimo piombammo là.

Una larga buca ci si apriva dinanzi, scavata da tempo,perché i fianchi apparivano franati, e sul fondo germo-gliava l’erba. Lí dentro stavano un manico di vangaspezzato in due; e, sparse qua e là, tavole di casse da im-ballaggio. Sopra una di queste assi io lessi, impresso afuoco, il nome di Walrus – il nome della nave di Flint.

Tutto era chiaro fino all’evidenza. Il nascondiglio erastato scoperto e svaligiato: le settecentomila sterline era-no sfumate!

XXXIIILA CADUTA D’UN CAPO

Non fu mai visto al mondo un simile capovolgimento.Tutti i sei uomini parevano fulminati. Ma Silver superòpresto il colpo. Tutti i suoi desiderî s’erano avventativerso quel denaro come cavalli da corsa; e, per quanto

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complici. Questo bosco attualmente cosí tranquillo do-veva aver rintronato d’urli quel giorno; e pensandovi oranel calore dell’immaginazione mi pareva di sentirlo rin-tronare ancora.

Toccavamo intanto il margine della macchia.«Urrà, compagni! Su, tutti insieme!» tuonò Merry; e

quelli ch’erano in testa si slanciarono.Ma non avevan fatto dieci metri, che li vedemmo di

botto arrestarsi. Un grido strozzato ferí l’aria. Silver ac-celerò il passo zappando col piede della sua grucciacome un indemoniato; e in un attimo piombammo là.

Una larga buca ci si apriva dinanzi, scavata da tempo,perché i fianchi apparivano franati, e sul fondo germo-gliava l’erba. Lí dentro stavano un manico di vangaspezzato in due; e, sparse qua e là, tavole di casse da im-ballaggio. Sopra una di queste assi io lessi, impresso afuoco, il nome di Walrus – il nome della nave di Flint.

Tutto era chiaro fino all’evidenza. Il nascondiglio erastato scoperto e svaligiato: le settecentomila sterline era-no sfumate!

XXXIIILA CADUTA D’UN CAPO

Non fu mai visto al mondo un simile capovolgimento.Tutti i sei uomini parevano fulminati. Ma Silver superòpresto il colpo. Tutti i suoi desiderî s’erano avventativerso quel denaro come cavalli da corsa; e, per quanto

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fermato all’improvviso, di netto, aveva mantenuto il suosangue freddo, ricuperato il suo equilibrio, e modificatoil suo piano prima ancora che gli altri avessero avutotempo di misurare le proporzioni del loro disinganno.

«Jim» mi disse sottovoce «prendi questa, e difenditi.»E mi passò una pistola a due colpi.Intanto si moveva tranquillamente verso nord, spo-

standosi per modo che la buca rimanesse tra noi due egli altri cinque. Poi mi guardò scotendo la testa comeper dire «Eccoci a un cattivo passo», cosa che purtroppoio pensavo.

Il suo aspetto era adesso del tutto amichevole; e code-sti continui cambiamenti mi indignavano al punto chenon potei trattenermi dal mormorargli: «E cosí, avete dinuovo cambiato partito!».

Non ebbe tempo di rispondermi. Con grida e bestem-mie i pirati l’un dietro l’altro erano saltati nella buca, eora scavavano con le loro unghie buttando da banda leassi: Morgan rinvenne una moneta d’oro. Egli la levò inalto in un turbine di bestemmie. Era una doppia ghinea:e passò lampeggiando di mano in mano.

«Due ghinee!» ruggí Merry brandendola verso Silver.«Sono queste le tue settecentomila sterline, non è vero?E tu sei l’uomo che ti intendi d’affari, non è vero? Seiquello che non ha mai guastato nulla, tu, razza di poltro-ne, testa di legno!»

«Scavate, ragazzi: avanti, scavate» disse Silver contranquillissima insolenza; «non mi stupirei che trovastedei tartufi.»

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fermato all’improvviso, di netto, aveva mantenuto il suosangue freddo, ricuperato il suo equilibrio, e modificatoil suo piano prima ancora che gli altri avessero avutotempo di misurare le proporzioni del loro disinganno.

«Jim» mi disse sottovoce «prendi questa, e difenditi.»E mi passò una pistola a due colpi.Intanto si moveva tranquillamente verso nord, spo-

standosi per modo che la buca rimanesse tra noi due egli altri cinque. Poi mi guardò scotendo la testa comeper dire «Eccoci a un cattivo passo», cosa che purtroppoio pensavo.

Il suo aspetto era adesso del tutto amichevole; e code-sti continui cambiamenti mi indignavano al punto chenon potei trattenermi dal mormorargli: «E cosí, avete dinuovo cambiato partito!».

Non ebbe tempo di rispondermi. Con grida e bestem-mie i pirati l’un dietro l’altro erano saltati nella buca, eora scavavano con le loro unghie buttando da banda leassi: Morgan rinvenne una moneta d’oro. Egli la levò inalto in un turbine di bestemmie. Era una doppia ghinea:e passò lampeggiando di mano in mano.

«Due ghinee!» ruggí Merry brandendola verso Silver.«Sono queste le tue settecentomila sterline, non è vero?E tu sei l’uomo che ti intendi d’affari, non è vero? Seiquello che non ha mai guastato nulla, tu, razza di poltro-ne, testa di legno!»

«Scavate, ragazzi: avanti, scavate» disse Silver contranquillissima insolenza; «non mi stupirei che trovastedei tartufi.»

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«Dei tartufi!» strillò Merry. «Lo sentite, camerati?Ebbene, io vi dico che quell’uomo sapeva tutto. Guarda-telo: glielo si legge in faccia.»

«Eh, Merry» esclamò Silver «di nuovo aspiri al postodi capitano? Sei un ragazzo che sa farsi strada, non c’èdubbio.»

Ma questa volta tenevan tutti dalla parte di Merry. Sidiedero ad arrampicarsi fuori dello scavo, vibrando die-tro loro occhiate furibonde. Particolare di buon augurioper noi: uscivan tutti dal lato opposto a Silver.

E cosí restammo: due da una parte, cinque dall’altra,divisi dalla buca, senza che alcuno trovasse l’ardire disparare il primo colpo. Silver non si muoveva: ben rittosulla sua gruccia, li sorvegliava, e sembrava piú impas-sibile che mai. Innegabilmente era coraggioso.

Alla fine Merry stimò bene di parlare.«Camerati» disse «ecco là due di “loro” soli: uno è il

vecchio storpio che ci ha menati qui, e messi in questopasticcio; l’altro è quel moccioso a cui io voglio strap-par le budella. E adesso, camerati...»

Alzò la voce e insieme il braccio col gesto di chi inci-ta a un assalto, quando: pan! pan! pan! tre colpi di mo-schetto balenarono dalla macchia. Merry piombò a capofitto nella buca; l’uomo dalla testa bendata girò su sestesso come una trottola, e stramazzò su di un fianco, re-stando lí fra le convulsioni dell’agonia; gli altri tre vol-tarono la schiena e spulezzarono con quanta forza ave-vano in corpo.

In un batter d’occhio John aveva scaricato i due colpi

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«Dei tartufi!» strillò Merry. «Lo sentite, camerati?Ebbene, io vi dico che quell’uomo sapeva tutto. Guarda-telo: glielo si legge in faccia.»

«Eh, Merry» esclamò Silver «di nuovo aspiri al postodi capitano? Sei un ragazzo che sa farsi strada, non c’èdubbio.»

Ma questa volta tenevan tutti dalla parte di Merry. Sidiedero ad arrampicarsi fuori dello scavo, vibrando die-tro loro occhiate furibonde. Particolare di buon augurioper noi: uscivan tutti dal lato opposto a Silver.

E cosí restammo: due da una parte, cinque dall’altra,divisi dalla buca, senza che alcuno trovasse l’ardire disparare il primo colpo. Silver non si muoveva: ben rittosulla sua gruccia, li sorvegliava, e sembrava piú impas-sibile che mai. Innegabilmente era coraggioso.

Alla fine Merry stimò bene di parlare.«Camerati» disse «ecco là due di “loro” soli: uno è il

vecchio storpio che ci ha menati qui, e messi in questopasticcio; l’altro è quel moccioso a cui io voglio strap-par le budella. E adesso, camerati...»

Alzò la voce e insieme il braccio col gesto di chi inci-ta a un assalto, quando: pan! pan! pan! tre colpi di mo-schetto balenarono dalla macchia. Merry piombò a capofitto nella buca; l’uomo dalla testa bendata girò su sestesso come una trottola, e stramazzò su di un fianco, re-stando lí fra le convulsioni dell’agonia; gli altri tre vol-tarono la schiena e spulezzarono con quanta forza ave-vano in corpo.

In un batter d’occhio John aveva scaricato i due colpi

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di una pistola contro Merry che rantolava, e poiché ilmoribondo in uno sforzo estremo levò gli occhi verso dilui: «Giorgio» gli disse «eccoti pagato.»

In quel mentre il dottore, Gray e Ben Gunn con in pu-gno i loro moschetti fumanti sbucarono dalla macchia dinoci moscadi e si avvicinarono a noi.

«Avanti, ragazzi» gridò il dottore. «Di corsa: dobbia-mo impedir loro di raggiungere i canotti.»

E partimmo di gran carriera affondando talora nei ce-spugli fino al petto.

Silver teneva molto a non staccarsi da noi. Lo sforzoche quest’uomo doveva compiere saltando sulla suagruccia fino quasi a farsi scoppiare i muscoli del petto,era tale che, al dir del dottore, nessun valido individuone sarebbe stato capace. Malgrado ciò, egli rimaneva giàindietro di trenta passi, ed era affatto esausto, quandotoccammo l’estremità del pendío.

«Dottore» avvertí egli «guardi là. Non c’è premura.»Difatti, premura non c’era. In una piú aperta zona del

pianoro scorgemmo i superstiti che seguitavano a corre-re nella stessa direzione verso cui s’erano incamminati,ossia in dirittura del Monte dell’Albero di Mezzana. Vi-sto che eravamo già fra loro e i canotti, sedemmo noiquattro per riprender fiato, mentre Long John asciugan-dosi il sudore lentamente ci raggiungeva.

«Grazie di cuore, dottore» disse «lei è arrivato al giu-sto momento, credo, per me e per Hawkins... E cosí, seitu, Ben Gunn... Ebbene, tu sei gentile, non c’è chedire...»

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di una pistola contro Merry che rantolava, e poiché ilmoribondo in uno sforzo estremo levò gli occhi verso dilui: «Giorgio» gli disse «eccoti pagato.»

In quel mentre il dottore, Gray e Ben Gunn con in pu-gno i loro moschetti fumanti sbucarono dalla macchia dinoci moscadi e si avvicinarono a noi.

«Avanti, ragazzi» gridò il dottore. «Di corsa: dobbia-mo impedir loro di raggiungere i canotti.»

E partimmo di gran carriera affondando talora nei ce-spugli fino al petto.

Silver teneva molto a non staccarsi da noi. Lo sforzoche quest’uomo doveva compiere saltando sulla suagruccia fino quasi a farsi scoppiare i muscoli del petto,era tale che, al dir del dottore, nessun valido individuone sarebbe stato capace. Malgrado ciò, egli rimaneva giàindietro di trenta passi, ed era affatto esausto, quandotoccammo l’estremità del pendío.

«Dottore» avvertí egli «guardi là. Non c’è premura.»Difatti, premura non c’era. In una piú aperta zona del

pianoro scorgemmo i superstiti che seguitavano a corre-re nella stessa direzione verso cui s’erano incamminati,ossia in dirittura del Monte dell’Albero di Mezzana. Vi-sto che eravamo già fra loro e i canotti, sedemmo noiquattro per riprender fiato, mentre Long John asciugan-dosi il sudore lentamente ci raggiungeva.

«Grazie di cuore, dottore» disse «lei è arrivato al giu-sto momento, credo, per me e per Hawkins... E cosí, seitu, Ben Gunn... Ebbene, tu sei gentile, non c’è chedire...»

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«Io sono Ben Gunn, sono» rispose il maroon7 torcen-dosi come un’anguilla nel suo imbarazzo. E aggiunsedopo una lunga pausa «come state voi, mastro Silver?Benissimo, vi ringrazio, non è vero?»

«Ben, Ben» mormorò Silver «se penso a ciò che mihai fatto!»

Il dottore mandò Gray a prendere una delle vangheabbandonate dai ribelli nella loro fuga; e mentre seguita-vamo a discendere a nostro bell’agio verso il luogo dovegiacevano i canotti, riferí in poche parole ciò che era ac-caduto. Codesta storia, di cui Ben Gunn, il maroon se-miidiota, era l’eroe dal principio alla fine, interessògrandemente Silver.

Nei suoi lunghi vagabondaggi per l’isola, Ben avevatrovato lo scheletro, ed era lui che l’aveva spogliato.Egli aveva trovato il tesoro, l’aveva dissotterrato (era ilmanico della sua vanga quello ritrovato nella buca),l’aveva trasportato sul dorso in molti faticosi viaggi dalpiede del gran pino sino alla grotta ch’egli abitava sullamontagna dai due picchi nella punta nord-est dell’isola,e là tutto quest’oro era rimasto immagazzinato e al sicu-to fin da due mesi prima dell’arrivo dell’Hispaniola.

Il dottore gli aveva strappato il segreto nel pomerig-gio dell’attacco. L’indomani mattina, visto l’ancoraggiodeserto, era andato da Silver; gli aveva rilasciato la car-ta, inutile oramai; ceduto le provvigioni poiché la grotta

7 Corsaro abbandonato sopra un’isola deserta. Vedi nota 3.(Nota del T.)

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«Io sono Ben Gunn, sono» rispose il maroon7 torcen-dosi come un’anguilla nel suo imbarazzo. E aggiunsedopo una lunga pausa «come state voi, mastro Silver?Benissimo, vi ringrazio, non è vero?»

«Ben, Ben» mormorò Silver «se penso a ciò che mihai fatto!»

Il dottore mandò Gray a prendere una delle vangheabbandonate dai ribelli nella loro fuga; e mentre seguita-vamo a discendere a nostro bell’agio verso il luogo dovegiacevano i canotti, riferí in poche parole ciò che era ac-caduto. Codesta storia, di cui Ben Gunn, il maroon se-miidiota, era l’eroe dal principio alla fine, interessògrandemente Silver.

Nei suoi lunghi vagabondaggi per l’isola, Ben avevatrovato lo scheletro, ed era lui che l’aveva spogliato.Egli aveva trovato il tesoro, l’aveva dissotterrato (era ilmanico della sua vanga quello ritrovato nella buca),l’aveva trasportato sul dorso in molti faticosi viaggi dalpiede del gran pino sino alla grotta ch’egli abitava sullamontagna dai due picchi nella punta nord-est dell’isola,e là tutto quest’oro era rimasto immagazzinato e al sicu-to fin da due mesi prima dell’arrivo dell’Hispaniola.

Il dottore gli aveva strappato il segreto nel pomerig-gio dell’attacco. L’indomani mattina, visto l’ancoraggiodeserto, era andato da Silver; gli aveva rilasciato la car-ta, inutile oramai; ceduto le provvigioni poiché la grotta

7 Corsaro abbandonato sopra un’isola deserta. Vedi nota 3.(Nota del T.)

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di Ben Gunn era ben fornita di carne di capra da lui stes-so salata: – ceduto ogni e qualunque cosa, pur di ottene-re la possibilità di abbandonare sano e salvo il fortino eritirarsi sulla montagna dai due picchi al fine di sottrarsialla malaria e guardare il tesoro.

«Quanto a te, Jim» mi disse «è stato a malincuore, maho agito per il meglio di coloro che si eran serbati fedelial loro dovere; e se tu non eri di questi, di chi la colpa?»

Quel mattino, considerando che io sarei coinvoltonell’atroce delusione preparata agli ammutinati, egli eracorso alla grotta; e lasciato il capitano sotto la custodiadel cavaliere, tolto con sé Gray e il maroon, aveva tra-versato l’isola in diagonale per andare a postarsi in vici-nanza del pino. Accortosi peraltro subito che la nostrabrigata era in anticipo su di lui, spedí innanzi Ben Gunn,buon corridore, acciò facesse del suo meglio da solo. Acostui venne l’idea di sfruttare la superstizione dei suoiantichi camerati, e vi riuscí a tal segno che Gray e il dot-tore ebbero il tempo di arrivare a imboscarsi prima dellacomparsa dei cercatori del tesoro.

«Ah» fece Silver «è stata una fortuna per me di averequi Hawkins. Lei, dottore, avrebbe lasciato fare a pezziil vecchio John, senza dedicargli neppure un pensiero.»

«No, neppur uno» confermò il dottore allegramente.Intanto avevamo raggiunto i canotti. Armato della

vanga, il dottore ne demolí uno, e tutti quanti ci imbar-cammo sull’altro dirigendoci costa costa verso la baiadel Nord.

Fu un tragitto di otto o nove miglia. Silver, quantun-

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di Ben Gunn era ben fornita di carne di capra da lui stes-so salata: – ceduto ogni e qualunque cosa, pur di ottene-re la possibilità di abbandonare sano e salvo il fortino eritirarsi sulla montagna dai due picchi al fine di sottrarsialla malaria e guardare il tesoro.

«Quanto a te, Jim» mi disse «è stato a malincuore, maho agito per il meglio di coloro che si eran serbati fedelial loro dovere; e se tu non eri di questi, di chi la colpa?»

Quel mattino, considerando che io sarei coinvoltonell’atroce delusione preparata agli ammutinati, egli eracorso alla grotta; e lasciato il capitano sotto la custodiadel cavaliere, tolto con sé Gray e il maroon, aveva tra-versato l’isola in diagonale per andare a postarsi in vici-nanza del pino. Accortosi peraltro subito che la nostrabrigata era in anticipo su di lui, spedí innanzi Ben Gunn,buon corridore, acciò facesse del suo meglio da solo. Acostui venne l’idea di sfruttare la superstizione dei suoiantichi camerati, e vi riuscí a tal segno che Gray e il dot-tore ebbero il tempo di arrivare a imboscarsi prima dellacomparsa dei cercatori del tesoro.

«Ah» fece Silver «è stata una fortuna per me di averequi Hawkins. Lei, dottore, avrebbe lasciato fare a pezziil vecchio John, senza dedicargli neppure un pensiero.»

«No, neppur uno» confermò il dottore allegramente.Intanto avevamo raggiunto i canotti. Armato della

vanga, il dottore ne demolí uno, e tutti quanti ci imbar-cammo sull’altro dirigendoci costa costa verso la baiadel Nord.

Fu un tragitto di otto o nove miglia. Silver, quantun-

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que stanco morto, prese un remo anche lui come noi al-tri tutti, e scivolammo veloci sopra un mare di seta. Pre-sto passammo lo stretto, e doppiammo il capo sud-estdell’isola intorno al quale quattro giorni prima avevamorimorchiato l’Hispaniola.

Lasciataci dietro la montagna dai due picchi, scor-gemmo il nero orifizio della grotta di Ben Gunn, e ilprofilo d’un uomo là ritto, appoggiato a un moschetto.Era il cavaliere; sventolammo un fazzoletto, e gli lan-ciammo tre urrà irrobustiti dalla potente voce di Silver.

Tre miglia piú in là, proprio nell’imboccatura dellabaia del Nord, che cosa potevamo incontrare se nonl’Hispaniola navigante da sé alla ventura? L’ultima ma-rea l’aveva rimessa a galla; e se vi fosse stato un ventogagliardo oppure un forte riflusso come nell’ancoraggiosud, non l’avremmo mai piú riveduta, o per lo meno sisarebbe incagliata senza rimedio. Effettivamente, ad ec-cezione della vela maestra ridotta in brandelli, il guastoera poca cosa. Fu apprestata un’altr’àncora, e datovifondo in un braccio e mezzo d’acqua. Poi riprendemmoi remi portandoci alla cala del Rum, l’approdo piú vici-no al tesoro di Ben Gunn; mentre Gray ritornava solocol canotto all’Hispaniola dove passerebbe la notte a farla guardia.

Una dolce salita conduceva all’entrata della grotta. Incima ci imbattemmo nel cavaliere. Con me egli fu genti-le e affettuoso, e della mia scappata non disse nulla, néin biasimo né in lode. Il manieroso saluto di Silver glifece montare un po’ di sangue alla faccia.

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que stanco morto, prese un remo anche lui come noi al-tri tutti, e scivolammo veloci sopra un mare di seta. Pre-sto passammo lo stretto, e doppiammo il capo sud-estdell’isola intorno al quale quattro giorni prima avevamorimorchiato l’Hispaniola.

Lasciataci dietro la montagna dai due picchi, scor-gemmo il nero orifizio della grotta di Ben Gunn, e ilprofilo d’un uomo là ritto, appoggiato a un moschetto.Era il cavaliere; sventolammo un fazzoletto, e gli lan-ciammo tre urrà irrobustiti dalla potente voce di Silver.

Tre miglia piú in là, proprio nell’imboccatura dellabaia del Nord, che cosa potevamo incontrare se nonl’Hispaniola navigante da sé alla ventura? L’ultima ma-rea l’aveva rimessa a galla; e se vi fosse stato un ventogagliardo oppure un forte riflusso come nell’ancoraggiosud, non l’avremmo mai piú riveduta, o per lo meno sisarebbe incagliata senza rimedio. Effettivamente, ad ec-cezione della vela maestra ridotta in brandelli, il guastoera poca cosa. Fu apprestata un’altr’àncora, e datovifondo in un braccio e mezzo d’acqua. Poi riprendemmoi remi portandoci alla cala del Rum, l’approdo piú vici-no al tesoro di Ben Gunn; mentre Gray ritornava solocol canotto all’Hispaniola dove passerebbe la notte a farla guardia.

Una dolce salita conduceva all’entrata della grotta. Incima ci imbattemmo nel cavaliere. Con me egli fu genti-le e affettuoso, e della mia scappata non disse nulla, néin biasimo né in lode. Il manieroso saluto di Silver glifece montare un po’ di sangue alla faccia.

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«John Silver» gli disse «voi siete un inqualificabilefurfante e impostore, un mostruoso impostore. Mi si èdetto che devo astenermi dal farvi processare: ebbene,me ne asterrò. Ma le vittime, signore, pesano sul vostrocollo come macine da mulino.»

«Le mie cordiali grazie, signore» replicò Long Johncon un nuovo inchino.

«Vi proibisco di ringraziarmi» scattò il cavaliere. «Èuna grave infrazione al mio dovere. Levatevi di lí!»

Entrammo nella grotta. Era un largo e arioso ambien-te rallegrato da una piccola sorgente con una pozza dilimpida acqua su cui si inclinavano delle felci. Il suoloera sabbia. Davanti a un vigoroso fuoco stava coricato ilcapitano Smollett, e in un angolo lontano, dove la fiam-ma svegliava appena qualche debole riverbero, intravvi-di grandi mucchi di monete e masse quadrangolari diverghe d’oro. Era il tesoro di Flint ch’eravamo venuti acercare da cosí lontano, e che già era costato la vita a di-ciassette uomini dell’Hispaniola. Quanto fosse costatoammassarlo, quanto sangue e dolori, quante belle naviaffondate, quanta brava gente attratta in mare da quelmiraggio, quanti colpi di cannone, quanto di onte, men-zogne e crudeltà, nessuno al mondo forse potrebbe dire.Ma c’erano ancora tre su quest’isola: Silver, il vecchioMorgan e Ben Gunn, ciascuno dei quali aveva avuto lasua parte in codesti delitti, alla stessa guisa che avevainvano sperato di ottener la sua parte di ricompensa.

«Entra, Jim» mi disse il capitano. «Tu sei un buon ra-gazzo, nel tuo genere: ma io non credo che noi navighe-

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«John Silver» gli disse «voi siete un inqualificabilefurfante e impostore, un mostruoso impostore. Mi si èdetto che devo astenermi dal farvi processare: ebbene,me ne asterrò. Ma le vittime, signore, pesano sul vostrocollo come macine da mulino.»

«Le mie cordiali grazie, signore» replicò Long Johncon un nuovo inchino.

«Vi proibisco di ringraziarmi» scattò il cavaliere. «Èuna grave infrazione al mio dovere. Levatevi di lí!»

Entrammo nella grotta. Era un largo e arioso ambien-te rallegrato da una piccola sorgente con una pozza dilimpida acqua su cui si inclinavano delle felci. Il suoloera sabbia. Davanti a un vigoroso fuoco stava coricato ilcapitano Smollett, e in un angolo lontano, dove la fiam-ma svegliava appena qualche debole riverbero, intravvi-di grandi mucchi di monete e masse quadrangolari diverghe d’oro. Era il tesoro di Flint ch’eravamo venuti acercare da cosí lontano, e che già era costato la vita a di-ciassette uomini dell’Hispaniola. Quanto fosse costatoammassarlo, quanto sangue e dolori, quante belle naviaffondate, quanta brava gente attratta in mare da quelmiraggio, quanti colpi di cannone, quanto di onte, men-zogne e crudeltà, nessuno al mondo forse potrebbe dire.Ma c’erano ancora tre su quest’isola: Silver, il vecchioMorgan e Ben Gunn, ciascuno dei quali aveva avuto lasua parte in codesti delitti, alla stessa guisa che avevainvano sperato di ottener la sua parte di ricompensa.

«Entra, Jim» mi disse il capitano. «Tu sei un buon ra-gazzo, nel tuo genere: ma io non credo che noi navighe-

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remo ancora insieme. Sei un po’ troppo il ragazzo vizia-to, per me. O chi vedo, John Silver? Che vento vi haportato qui?»

«Rientro nelle file, signore» rispose Silver.«Ah!» fece il capitano; e non aggiunse altro.Che cena, quella sera, attorniato da tutti i miei amici;

e che pasto, con carne di capra salata da Ben Gunn, pa-recchie ghiottonerie e una bottiglia di vin vecchiodell’Hispaniola! Gente piú allegra e felice credo chenon fu mai vista. E Silver era là, seduto in disparte, qua-si fuori della luce del focolare, che però mangiava di gu-sto, pronto a slanciarsi quando si desiderava qualcosa; eaccordando il suo riso, ma in sordina, al nostro: lo stessocalmo, garbato, ossequioso marinaio che era stato du-rante la traversata.

XXXIVED ULTIMO

L’indomani mattina ci si mise di buon’ora al lavoro,perché trasportare quell’ingente cumulo d’oro a bordodell’Hispaniola, facendogli percorrere un miglio per ter-ra fino alla spiaggia e poi tre miglia per mare finoall’Hispaniola, era impresa tutt’altro che agevole per uncosí scarso numero d’uomini. Dei tre banditi erranti perl’isola ci davamo ben poco pensiero. Una semplice sen-tinella postata sul dorso della montagna bastava a pro-teggerci da qualsiasi sorpresa; senza contare, del resto,

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remo ancora insieme. Sei un po’ troppo il ragazzo vizia-to, per me. O chi vedo, John Silver? Che vento vi haportato qui?»

«Rientro nelle file, signore» rispose Silver.«Ah!» fece il capitano; e non aggiunse altro.Che cena, quella sera, attorniato da tutti i miei amici;

e che pasto, con carne di capra salata da Ben Gunn, pa-recchie ghiottonerie e una bottiglia di vin vecchiodell’Hispaniola! Gente piú allegra e felice credo chenon fu mai vista. E Silver era là, seduto in disparte, qua-si fuori della luce del focolare, che però mangiava di gu-sto, pronto a slanciarsi quando si desiderava qualcosa; eaccordando il suo riso, ma in sordina, al nostro: lo stessocalmo, garbato, ossequioso marinaio che era stato du-rante la traversata.

XXXIVED ULTIMO

L’indomani mattina ci si mise di buon’ora al lavoro,perché trasportare quell’ingente cumulo d’oro a bordodell’Hispaniola, facendogli percorrere un miglio per ter-ra fino alla spiaggia e poi tre miglia per mare finoall’Hispaniola, era impresa tutt’altro che agevole per uncosí scarso numero d’uomini. Dei tre banditi erranti perl’isola ci davamo ben poco pensiero. Una semplice sen-tinella postata sul dorso della montagna bastava a pro-teggerci da qualsiasi sorpresa; senza contare, del resto,

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che di battersi essi dovevano essere piú che stufi.Il lavoro fu dunque condotto innanzi speditamente.

Gray e Ben Gunn andavano e venivano col canotto,mentre gli altri badavano ad accatastare il tesoro sullaspiaggia. Due sole barre legate insieme con una cordaformavano un buon carico per un adulto, e ancora glitoccava camminar lentamente. Quanto a me, essendopoco atto a quella fatica, rimasi tutto il giorno occupatonella grotta a imballar le monete nei sacchi da pane.

Era una curiosa collezione, simile a quella di BillyBones, per la varietà dei conii, ma talmente piú ricca eabbondante che io provai un immenso piacere ad assor-tirla. Monete inglesi, francesi, spagnuole, porteghesi;giorgi e luigi, dobloni e doppie ghinee, moidori e zec-chini con le effigie di tutti i re d’Europa degli ultimicent’anni; bizzarri pezzi orientali impressi di segni chesomigliavano a fili di cordicelle o brani di tele di ragno;pezzi rotondi e pezzi quadri e pezzi forati nel mezzo,quasi medaglie da portare al collo: tutte le varietà di mo-neta del mondo figuravano, credo, in quella raccolta; equanto al loro numero penso che uguagliassero le fogliedell’autunno, perché avevo male alla schiena dopo tantocurvarmi, e male alla mano dopo tanto scegliere.

Il trasporto durò parecchio: alla fine d’ogni giornouna fortuna era stivata a bordo, e un’altra attendeva ilsuo turno per l’indomani; e durante tutto questo tempo itre superstiti ribelli non dettero segno di vita.

Finalmente, parmi fosse la terza sera, io gironzolavocol dottore sul dorso della montagna nel punto dominan-

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che di battersi essi dovevano essere piú che stufi.Il lavoro fu dunque condotto innanzi speditamente.

Gray e Ben Gunn andavano e venivano col canotto,mentre gli altri badavano ad accatastare il tesoro sullaspiaggia. Due sole barre legate insieme con una cordaformavano un buon carico per un adulto, e ancora glitoccava camminar lentamente. Quanto a me, essendopoco atto a quella fatica, rimasi tutto il giorno occupatonella grotta a imballar le monete nei sacchi da pane.

Era una curiosa collezione, simile a quella di BillyBones, per la varietà dei conii, ma talmente piú ricca eabbondante che io provai un immenso piacere ad assor-tirla. Monete inglesi, francesi, spagnuole, porteghesi;giorgi e luigi, dobloni e doppie ghinee, moidori e zec-chini con le effigie di tutti i re d’Europa degli ultimicent’anni; bizzarri pezzi orientali impressi di segni chesomigliavano a fili di cordicelle o brani di tele di ragno;pezzi rotondi e pezzi quadri e pezzi forati nel mezzo,quasi medaglie da portare al collo: tutte le varietà di mo-neta del mondo figuravano, credo, in quella raccolta; equanto al loro numero penso che uguagliassero le fogliedell’autunno, perché avevo male alla schiena dopo tantocurvarmi, e male alla mano dopo tanto scegliere.

Il trasporto durò parecchio: alla fine d’ogni giornouna fortuna era stivata a bordo, e un’altra attendeva ilsuo turno per l’indomani; e durante tutto questo tempo itre superstiti ribelli non dettero segno di vita.

Finalmente, parmi fosse la terza sera, io gironzolavocol dottore sul dorso della montagna nel punto dominan-

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te le bassure dell’isola, quando dalla fitta oscurità di lag-giú il vento ci recò un’eco tra di grida e di canti. Non fuche un breve intermezzo, a cui seguí il silenzio di prima.

«Iddio li perdoni» disse il dottore «sono gli ammuti-nati.»

«Tutti ubbriachi, signore» sonò la voce di Silver allenostre spalle.

Silver, devo dirlo, godeva della massima libertà; emalgrado i quotidiani rabbuffi pareva di nuovo conside-rarsi come un dipendente favorito di privilegi e di ri-guardi. In verità, c’era da stupire a vedere con che disin-voltura egli sopportava codeste staffilate, e con qualeinesauribile garbatezza continuava a sforzarsi di entrarnelle grazie di tutti. Nessuno però lo trattava megliod’un cane, salvo Ben Gunn, che conservava una tremen-da paura del suo vecchio quartiermastro; oppure io stes-so, che realmente gli dovevo qualche gratitudine, quan-tunque a tal proposito avessi forse ragione di pensare dilui peggio di chicchessia, perché l’avevo visto sul pia-noro meditare un nuovo tradimento. E perciò fu con untono aspro che il dottore gli rispose.

«Ubbriachi o deliranti» disse egli.«Lei ha ragione» replicò Silver «ma ciò non fa diffe-

renza né per lei né per me.»«Suppongo non pretenderete che io vi tenga per un

uomo pietoso» ribatté il dottore con un ghigno «sicchépuò darsi che i miei sentimenti vi sorprendano. Ma se iofossi sicuro che delirano (e sono moralmente certo cheuno di loro ha la febbre) lascerei questo campo e ri-

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te le bassure dell’isola, quando dalla fitta oscurità di lag-giú il vento ci recò un’eco tra di grida e di canti. Non fuche un breve intermezzo, a cui seguí il silenzio di prima.

«Iddio li perdoni» disse il dottore «sono gli ammuti-nati.»

«Tutti ubbriachi, signore» sonò la voce di Silver allenostre spalle.

Silver, devo dirlo, godeva della massima libertà; emalgrado i quotidiani rabbuffi pareva di nuovo conside-rarsi come un dipendente favorito di privilegi e di ri-guardi. In verità, c’era da stupire a vedere con che disin-voltura egli sopportava codeste staffilate, e con qualeinesauribile garbatezza continuava a sforzarsi di entrarnelle grazie di tutti. Nessuno però lo trattava megliod’un cane, salvo Ben Gunn, che conservava una tremen-da paura del suo vecchio quartiermastro; oppure io stes-so, che realmente gli dovevo qualche gratitudine, quan-tunque a tal proposito avessi forse ragione di pensare dilui peggio di chicchessia, perché l’avevo visto sul pia-noro meditare un nuovo tradimento. E perciò fu con untono aspro che il dottore gli rispose.

«Ubbriachi o deliranti» disse egli.«Lei ha ragione» replicò Silver «ma ciò non fa diffe-

renza né per lei né per me.»«Suppongo non pretenderete che io vi tenga per un

uomo pietoso» ribatté il dottore con un ghigno «sicchépuò darsi che i miei sentimenti vi sorprendano. Ma se iofossi sicuro che delirano (e sono moralmente certo cheuno di loro ha la febbre) lascerei questo campo e ri-

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schierei volentieri la pelle per portar loro il soccorsodella mia scienza.»

«Chiedo perdono, signore, ma lei avrebbe torto. Ci ri-metterebbe la sua preziosa esistenza, stia pur sicuro. Iosono mani e piedi dalla sua parte, adesso, e non vorreiveder le nostre forze indebolite e private della sua per-sona, tanto piú che so quanto a lei devo. Ma quella gen-te laggiú non sarebbe capace di mantener la parola – no,anche supponendo che lo volesse; e, ciò che piú conta,non crederebbe che lei mantenesse la sua.»

«Difatti» disse il dottore «voi siete l’uomo capace dimantener la parola: lo sappiamo.»

Furono quelle all’incirca le ultime notizie che avem-mo dei tre. Solo una volta udimmo, molto lontano, uncolpo di fucile, e pensammo che cacciassero. Si tenneconsiglio, e fu deciso, con grande giubilo di Ben Gunn ela piena approvazione di Gray, di abbandonarli sull’iso-la. Lasciammo loro una notevole provvista di polvere edi palle, quasi tutta la carne di capra salata, un po’ dimedicinali, e alcune altre cose di prima necessità: degliarnesi, degli abiti, una vela di ricambio, parecchie brac-cia di corda; e, dietro richiesta del dottore, una buonaprovvista di tabacco.

Null’altro ci rimaneva da fare nell’isola. Già avevamostivato il tesoro e imbarcato sufficiente acqua, insiemecol resto della carne di capra, per fronteggiare qualsiasieventualità; e finalmente un bel mattino salpammol’àncora, operazione che richiese tutte le nostre forze, euscimmo dalla baia del Nord sotto la stessa bandiera che

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schierei volentieri la pelle per portar loro il soccorsodella mia scienza.»

«Chiedo perdono, signore, ma lei avrebbe torto. Ci ri-metterebbe la sua preziosa esistenza, stia pur sicuro. Iosono mani e piedi dalla sua parte, adesso, e non vorreiveder le nostre forze indebolite e private della sua per-sona, tanto piú che so quanto a lei devo. Ma quella gen-te laggiú non sarebbe capace di mantener la parola – no,anche supponendo che lo volesse; e, ciò che piú conta,non crederebbe che lei mantenesse la sua.»

«Difatti» disse il dottore «voi siete l’uomo capace dimantener la parola: lo sappiamo.»

Furono quelle all’incirca le ultime notizie che avem-mo dei tre. Solo una volta udimmo, molto lontano, uncolpo di fucile, e pensammo che cacciassero. Si tenneconsiglio, e fu deciso, con grande giubilo di Ben Gunn ela piena approvazione di Gray, di abbandonarli sull’iso-la. Lasciammo loro una notevole provvista di polvere edi palle, quasi tutta la carne di capra salata, un po’ dimedicinali, e alcune altre cose di prima necessità: degliarnesi, degli abiti, una vela di ricambio, parecchie brac-cia di corda; e, dietro richiesta del dottore, una buonaprovvista di tabacco.

Null’altro ci rimaneva da fare nell’isola. Già avevamostivato il tesoro e imbarcato sufficiente acqua, insiemecol resto della carne di capra, per fronteggiare qualsiasieventualità; e finalmente un bel mattino salpammol’àncora, operazione che richiese tutte le nostre forze, euscimmo dalla baia del Nord sotto la stessa bandiera che

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il capitano aveva issata e difesa alla palizzata.I tre ci avevano spiato piú da vicino che non immagi-

nassimo, come presto constatammo. Poiché uscendodallo stretto dovemmo costeggiare molto da presso lapunta sud, e li vedemmo là tutti tre inginocchiati l’unoaccanto all’altro sopra una striscia di sabbia, tendendocile braccia supplichevoli. Piangeva il cuore a tutti, io cre-do, di abbandonarli in quel misero stato; ma noi non po-tevamo esporci al rischio di un altro ammutinamento; eriportarli a casa loro per consegnarli alla forca, sarebbestato un atto di gentilezza alquanto crudele. Il dottoredette loro una voce, e li informò delle provviste che ave-vamo lasciate e del luogo dove le troverebbero. Ma essiseguitavano a chiamarci per nome, supplicandoci peramor di Dio di aver pietà e non abbandonarli alla mortein tale solitudine.

Da ultimo, vedendo che la nave proseguiva la sua ra-pida corsa e stava per arrivare fuori portata di voce, undi loro (non so chi) saltò in piedi con un rauco grido,puntò il suo moschetto, e una palla passò fischiando sul-la testa di Silver e bucò la vela maestra.

Allora ci riparammo dietro il bastingaggio; e quandoio tornai a guardare essi erano scomparsi, e la stessastriscia di sabbia si era perduta nella lontananza. Cosíera finita con loro; e prima di mezzogiorno con mia in-dicibile gioia anche il piú alto picco dell’Isola del Teso-ro s’era affondato nel cerchio azzurro dell’orizzonte.

Trovandoci a corto d’uomini, dovevamo tutti dareuna mano ai lavori di bordo; solo il capitano disteso su

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il capitano aveva issata e difesa alla palizzata.I tre ci avevano spiato piú da vicino che non immagi-

nassimo, come presto constatammo. Poiché uscendodallo stretto dovemmo costeggiare molto da presso lapunta sud, e li vedemmo là tutti tre inginocchiati l’unoaccanto all’altro sopra una striscia di sabbia, tendendocile braccia supplichevoli. Piangeva il cuore a tutti, io cre-do, di abbandonarli in quel misero stato; ma noi non po-tevamo esporci al rischio di un altro ammutinamento; eriportarli a casa loro per consegnarli alla forca, sarebbestato un atto di gentilezza alquanto crudele. Il dottoredette loro una voce, e li informò delle provviste che ave-vamo lasciate e del luogo dove le troverebbero. Ma essiseguitavano a chiamarci per nome, supplicandoci peramor di Dio di aver pietà e non abbandonarli alla mortein tale solitudine.

Da ultimo, vedendo che la nave proseguiva la sua ra-pida corsa e stava per arrivare fuori portata di voce, undi loro (non so chi) saltò in piedi con un rauco grido,puntò il suo moschetto, e una palla passò fischiando sul-la testa di Silver e bucò la vela maestra.

Allora ci riparammo dietro il bastingaggio; e quandoio tornai a guardare essi erano scomparsi, e la stessastriscia di sabbia si era perduta nella lontananza. Cosíera finita con loro; e prima di mezzogiorno con mia in-dicibile gioia anche il piú alto picco dell’Isola del Teso-ro s’era affondato nel cerchio azzurro dell’orizzonte.

Trovandoci a corto d’uomini, dovevamo tutti dareuna mano ai lavori di bordo; solo il capitano disteso su

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un materasso a poppa si limitava a trasmettere ordini,perché malgrado rimesso in forze aveva ancora bisognodi riposo. Non potendo affrontare il viaggio di ritornosenza rifornirci d’uomini, volgemmo la prua verso il piúvicino porto dell’America spagnuola; e quando vi giun-gemmo, ostacolati da venti contrari e parecchie aspreraffiche, eravamo esausti.

Cadeva il sole mentre gettavamo l’àncora in un ma-gnifico golfo; e subito ci trovammo attorniati da un nu-volo d’imbarcazioni piene di negri e di indiani del Mes-sico, e mulatti che vendevano frutti e legumi e offrivanodi tuffarsi per una piccola moneta. La vista di tante fac-ce ridenti – i negri specialmente – il sapore dei frutti tro-picali, e soprattutto i lumi della città che incominciava-no a brillare, formavano il piú delizioso contrasto colnostro torbido e sanguinoso soggiorno nell’isola. Il dot-tore e il cavaliere prendendomi con loro scesero a terra apassarvi la serata. Là s’incontrarono col capitano d’unanave da guerra inglese, e attaccarono discorso con luiche li condusse a bordo; in breve le ore volarono viacosí piacevolmente che già sorgeva l’alba quando ci ac-costavamo al fianco dell’Hispaniola.

Ben Gunn era sul ponte solo, e appena ci vide prese araccontarci, tra le piú buffe contorsioni, che Silver erafuggito. Il maroon aveva chiuso un occhio su quellafuga avvenuta poche ore fa sopra un canotto, e ci assicu-rava d’essersi cosí comportato per salvaguardare le no-stre vite, che sarebbero certo state compromesse qualora“quell’uomo dalla gamba sola” fosse rimasto a bordo.

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un materasso a poppa si limitava a trasmettere ordini,perché malgrado rimesso in forze aveva ancora bisognodi riposo. Non potendo affrontare il viaggio di ritornosenza rifornirci d’uomini, volgemmo la prua verso il piúvicino porto dell’America spagnuola; e quando vi giun-gemmo, ostacolati da venti contrari e parecchie aspreraffiche, eravamo esausti.

Cadeva il sole mentre gettavamo l’àncora in un ma-gnifico golfo; e subito ci trovammo attorniati da un nu-volo d’imbarcazioni piene di negri e di indiani del Mes-sico, e mulatti che vendevano frutti e legumi e offrivanodi tuffarsi per una piccola moneta. La vista di tante fac-ce ridenti – i negri specialmente – il sapore dei frutti tro-picali, e soprattutto i lumi della città che incominciava-no a brillare, formavano il piú delizioso contrasto colnostro torbido e sanguinoso soggiorno nell’isola. Il dot-tore e il cavaliere prendendomi con loro scesero a terra apassarvi la serata. Là s’incontrarono col capitano d’unanave da guerra inglese, e attaccarono discorso con luiche li condusse a bordo; in breve le ore volarono viacosí piacevolmente che già sorgeva l’alba quando ci ac-costavamo al fianco dell’Hispaniola.

Ben Gunn era sul ponte solo, e appena ci vide prese araccontarci, tra le piú buffe contorsioni, che Silver erafuggito. Il maroon aveva chiuso un occhio su quellafuga avvenuta poche ore fa sopra un canotto, e ci assicu-rava d’essersi cosí comportato per salvaguardare le no-stre vite, che sarebbero certo state compromesse qualora“quell’uomo dalla gamba sola” fosse rimasto a bordo.

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Ma ciò non era tutto. Il cuoco non se n’era andato amani vuote. Aveva furtivamente praticato un buco in untramezzo, e s’era impadronito d’un sacco di monete, delvalore forse di tre o quattrocento ghinee, per provvederealle sue ulteriori peregrinazioni.

Io credo che fummo tutti contenti d’esserci liberati dilui a cosí buon mercato.

Infine, per abbreviare questa lunga storia, prendemmoalcuni uomini a bordo, facemmo un buon viaggio; el’Hispaniola toccò Bristol proprio mentre il signorBlandly si disponeva ad armare la nave di conserva. Ditutti gli uomini ch’erano partiti con essa non piú di cin-que rimpatriavano. «Satana agli altri non ha fatto torto –con la bevanda li ha spediti in porto» spietatamente;quantunque, a dir vero, noi non ci trovassimo cosí malridotti come quell’altra nave della canzone:

Con un sol uomo della ciurma in vitaChe numerosa era sul mare uscita.

Ciascuno di noi ebbe una larga parte del tesoro, cheimpiegò saggiamente o follemente a secondo della pro-pria natura. Il capitano Smollett ha cessato di navigare.Gray non soltanto custodí il suo denaro, ma subitamenteaddentato dal desiderio di salire, s’impratichí del suomestiere, e ora è secondo sopra un bel bastimento di cuipossiede una parte; oltre di che è ammogliato e padre difamiglia. Quanto a Ben Gunn, ricevette mille sterline,che scialacquò in tre settimane, o, per essere piú esatto,

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Ma ciò non era tutto. Il cuoco non se n’era andato amani vuote. Aveva furtivamente praticato un buco in untramezzo, e s’era impadronito d’un sacco di monete, delvalore forse di tre o quattrocento ghinee, per provvederealle sue ulteriori peregrinazioni.

Io credo che fummo tutti contenti d’esserci liberati dilui a cosí buon mercato.

Infine, per abbreviare questa lunga storia, prendemmoalcuni uomini a bordo, facemmo un buon viaggio; el’Hispaniola toccò Bristol proprio mentre il signorBlandly si disponeva ad armare la nave di conserva. Ditutti gli uomini ch’erano partiti con essa non piú di cin-que rimpatriavano. «Satana agli altri non ha fatto torto –con la bevanda li ha spediti in porto» spietatamente;quantunque, a dir vero, noi non ci trovassimo cosí malridotti come quell’altra nave della canzone:

Con un sol uomo della ciurma in vitaChe numerosa era sul mare uscita.

Ciascuno di noi ebbe una larga parte del tesoro, cheimpiegò saggiamente o follemente a secondo della pro-pria natura. Il capitano Smollett ha cessato di navigare.Gray non soltanto custodí il suo denaro, ma subitamenteaddentato dal desiderio di salire, s’impratichí del suomestiere, e ora è secondo sopra un bel bastimento di cuipossiede una parte; oltre di che è ammogliato e padre difamiglia. Quanto a Ben Gunn, ricevette mille sterline,che scialacquò in tre settimane, o, per essere piú esatto,

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in diciannove giorni, perché al ventesimo ricomparvecon le tasche vuote. Allora gli fu dato un posto di porti-naio, proprio come aveva temuto stando sull’isola; edegli vive tuttora, circondato dalle simpatie dei ragazzidel luogo, che però ne fanno un poco il loro zimbello, edistinto cantore in chiesa la domenica e i giorni festivi.

Di Silver non si seppe altro. Quel terribile uomo dimare da una gamba sola è finalmente fuori dal cerchiodella mia vita; ma io credo che abbia ritrovato la suavecchia negra e viva contento insieme con lei e il capita-no Flint. Cosí almeno giova sperare, posto che non parmolto probabile che la felicità lo aspetti nell’altro mon-do.

Le verghe d’argento e le armi stanno ancora, per quelche io so, dove Flint le ha sotterrate, e per conto mio ciresteranno per un pezzo. Neanche un tiro di buoi potreb-be riportarmi in quell’isola maledetta; e i miei piú pau-rosi incubi sono quando sento i cavalloni tuonare lungola costa, o balzo d’improvviso sul mio letto, con negliorecchi la stridula voce del capitano Flint: “Pezzi daotto! Pezzi da otto!”.

Fine

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in diciannove giorni, perché al ventesimo ricomparvecon le tasche vuote. Allora gli fu dato un posto di porti-naio, proprio come aveva temuto stando sull’isola; edegli vive tuttora, circondato dalle simpatie dei ragazzidel luogo, che però ne fanno un poco il loro zimbello, edistinto cantore in chiesa la domenica e i giorni festivi.

Di Silver non si seppe altro. Quel terribile uomo dimare da una gamba sola è finalmente fuori dal cerchiodella mia vita; ma io credo che abbia ritrovato la suavecchia negra e viva contento insieme con lei e il capita-no Flint. Cosí almeno giova sperare, posto che non parmolto probabile che la felicità lo aspetti nell’altro mon-do.

Le verghe d’argento e le armi stanno ancora, per quelche io so, dove Flint le ha sotterrate, e per conto mio ciresteranno per un pezzo. Neanche un tiro di buoi potreb-be riportarmi in quell’isola maledetta; e i miei piú pau-rosi incubi sono quando sento i cavalloni tuonare lungola costa, o balzo d’improvviso sul mio letto, con negliorecchi la stridula voce del capitano Flint: “Pezzi daotto! Pezzi da otto!”.

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