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Območna zbornica za severno Primorsko
E.I.N.E.
A CURA DI INFORMEST
L’Internazionalizzazione
dei Sistemi Produttivi
nella Prospettiva Europea
Stato dell’Arte e Casi di
Eccellenza
Informest, apile 2011 2
INDICE
PREMESSA ............................................................................................. 3
2. LE DIMENSIONI, LE POLITICHE E GLI STRUMENTI DELL’INTERNAZIONALIZZAZIONE .. 5
2.1 LE DIMENSIONI (CENNI) ............................................................................ 5
2.2 LE POLITICHE E GLI STRUMENTI (CENNI) ............................................................ 8
2.2.1 Recenti misure attuative in Italia del principio dell’internazionalizzazione
.................................................................................................... 10
2.2.2 Obiettivi e priorità del Programma ............................................... 11
3. IL RUOLO DELL’INTERNAZIONALIZZAZIONE DEL SISTEMA PRODUTTIVO EUROPEO
NELLO SCENARIO GLOBALE ....................................................................... 14
3.1 LA PROSPETTIVA DI LISBONA 2020 ................................................................ 15
3.2 GEO-ECONOMIA DELL‘UNIONE EUROPEA ........................................................... 20
4. L’INTERNAZIONALIZZAZIONE DELLE IMPRESE EUROPEE ................................. 24
4.1 L‘INTERNAZIONALIZZAZIONE DELLE PMI EUROPEE .................................................. 56
4.1.1 Caratteristiche-base delle imprese/paese .......................................... 58
4.1.2 Interscambio ............................................................................. 61
4.1.3 Le barriere endogene ed esogene all’internazionalizzazione .................... 69
4.1.4 I programmi di supporto: conoscenza ed utilizzo .................................. 73
5. L’INTERNAZIONALIZZAZIONE DELLE IMPRESE SLOVENE .................................. 79
5.1 L‘INTERNAZIONALIZZAZIONE DELLE PMI SLOVENE .................................................. 85
6. L’INTERNAZIONALIZZAZIONE DELLE IMPRESE ITALIANE .................................. 88
6. L’INTERNAZIONALIZZAZIONE DELLE IMPRESE ITALIANE .................................. 88
6.1 L‘INTERNAZIONALIZZAZIONE DELLE PMI ITALIANE .................................................. 94
6.1.1 Programmi di supporto ................................................................. 97
7. L’INTERNAZIONALIZZAZIONE DELLA REGIONE FRIULI – VENEZIA GIULIA (CENNI) .... 98
8. CONCLUSIONI .................................................................................. 104
9. NOTA METODOLOGICA ....................................................................... 109
10. APPENDICE .................................................................................... 111
11. BIBLIOGRAFIA ................................................................................ 114
Informest, apile 2011 3
Premessa
La posizione dell‘Europa nell‘economia mondiale del dopo-crisi dipenderà dalla capacità
delle sue imprese di portare a termine efficaci strategie globali per l‘interscambio e la
produzione.
La performance ed il potenziale di internazionalizzazione dipendono in prima battuta,
come suggerito da una recente indagine1, dalla dimensione delle imprese, dalla
produttività, dall‘intensità degli skills e dalla capacità di innovare. Queste
caratteristiche sono associate ad una migliore performance delle esportazioni, delle
operazioni di investimento diretto all‘estero e dell‘attività di outsourcing. Le
caratteristiche delle imprese, in primis la dimensione, ma anche la struttura industriale
e la grandezza del mercato nazionale, determinano la sofisticazione delle strategie di
dell‘internazionalizzazione sia in termini di numero che di complessità dei mercati di
raggiunti. Infine, le caratteristiche di impresa influenzano direttamente le decisioni di
produzione globale, sia attraverso investimenti diretti esteri, il sub-appalto e
l‘outsourcing.
Infatti esportazione e produzione delocalizzata sono complementari, in particolare per
l'entrata nei mercati emergenti a forte crescita. Ma la produzione delocalizzata
comporta costi elevati e l'ingresso è impegnativo in termini manageriali, organizzativi e
tecnologici. Spesso questi costi sono proibitivi per le micro e piccole imprese. Le
imprese possono migliorare la loro capacità competitiva nel Mercato Unico europeo, ma
difendere la propria competitività nei prossimi anni richiederà più dell‘esportazione
verso i paesi UE limitrofi, soprattutto se si vuole organizzare, anche e soprattutto sul
territorio Europeo, una risposta ai nuovi paesi emergenti le cui imprese stanno entrando
da protagoniste nel mercato unico.
Le forti pressioni sui mercati di esportazione però impongono di migliorare la
competitività nei confronti dei principali partner commerciali mediante una produttività
1 Sondaggio completato da EUEFIGE / Bruegel-UniCredit su 15.000 imprese manifatturiere in sette paesi
membri (Austria, Francia, Germania, Ungheria, Italia, Spagna e Regno Unito).
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più elevata e va affrontato il nodo della competitività relativa nell'area dell'euro e
nell'intera UE. Come ha ricordato la relazione al Consiglio Europeo del gruppo di
riflessione sul futuro dell'UE 2030 ―Progetto Europa 2030‖, la pressione sulle risorse,
l‘invecchiamento demografico e lo spostamento verso est della distribuzione globale di
produzione e risparmio sono tra le principali minacce alla competitività dell‘Europa.
Paesi come la Cina o l'India stanno investendo massicciamente nella ricerca e nella
tecnologia per far salire le loro industrie nella catena del valore e entrare
impetuosamente nel sistema economico mondiale ed anche in quello Europeo.
Queste osservazioni sottolineano che, performance commerciale e pattern di produzione
globale sono sempre più determinati anche da fattori settoriali, territoriali, regionali,
nazionali e sovra nazionali che vanno a influenzare sia le caratteristiche delle imprese,
sia l‘ambiente in cui esse attuano le loro decisioni. Capacità di innovazione e/o
internazionalizzazione sono inoltre determinate anche da scelte, programmi e politiche
indicate sia da strategie nazionali che sovra-nazionali. Solo così e comprensibile la forte
variabilità nella performance commerciale tra i paesi dell'UE.
Quindi se le politiche e le riforme strutturali che rendono più facile per le imprese a
crescere e a orientarsi verso forme sofisticate di gestione, organizzazione e innovazione,
sono fondamentali per il rafforzamento della competitività europea, sono altrettanto
necessarie altre politiche e riforme di accompagnamento ―verso il basso‖ e ―verso
l‘alto‖ . Riforme ―verso il basso‖ sono quelle riforme che tengono conto delle specificità
settoriali, sub-regionali e territoriali che continuano ad essere rilevanti per le imprese,
si pensi ad esempio alle reti locali di aziende ed al ―modus operandi‖ dei distretti.
Politiche e riforme di accompagnamento ―verso l‘alto‖ sono quelle politiche e riforme,
in primis di livello comunitario, tese a modificare e governare i processi di cambiamento
interni ed esterni all‘UE.
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2. Le dimensioni, le politiche e gli strumenti dell’internazionalizzazione
2.1 Le dimensioni (cenni)
L‘internazionalizzazione è un fenomeno che si manifesta con modalità diverse,
coinvolgendo quindi diverse dimensioni, a seconda del livello di complessità che può
raggiungere la cooperazione economica tra una impresa ed un suo partner estero. Le
grandi imprese trans- e multi-nazionali operano da questo punto di vista in modo
peculiare, in quanto è propria di esse la creazione – attraverso investimenti a campo
verde e/o fusioni ed acquisizioni – di una rete di consociate, filiali, uffici di
rappresentanza eccetera la cui gestione segue criteri particolari.
L‘internazionalizzazione si declina in l‘interscambio commerciale (importazioni ed
esportazioni), operazioni di investimento diretto all‘estero (IDE), accordi internazionali
di sub-fornitura, accordi internazionali di cooperazione tecnologica.
I primi due aspetti, a dire l‘interscambio commerciale e le operazioni di investimento
diretto, sono quelli che permettono una analisi comparata e sono più agevolmente
monitorabili.
Relativamente alle operazioni di investimento diretto va osservato che da più parti – in
primis l‘UNCTAD – si sottolinea come il potenziale di attrazione degli investimenti diretti
da parte di un paese è direttamente proporzionale alla capacità del sistema economico
di proiettarsi all‘esterno. In sintesi, un paese che effettua poche operazioni di
investimento all‘estero è spesso anche un paese che attrae pochi investitori; questo
anche a significare che sempre più l‘internazionalizzazione assume un carattere
biunivoco, diventando un aspetto dell‘integrazione economica.
Questa impostazione ha dei limiti, per così dire, di costruzione. Infatti le relazioni tra
imprese di diversi paesi non basate su partecipazioni azionarie sono diventate sempre
più importanti, anche grazie alla caduta dei costi di comunicazione e trasporto. Queste
relazioni si articolano in partenariati, contratti di subfornitura e/o integrazione
orizzontale e verticale di processo, accordi di cooperazione tecnologica. Si tratta di
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un‘espansione dell‘internazionalizzazione dei sistemi produttivi con diverse fasi dei
processi di produzione distribuite in una serie di paesi, in linea con vantaggi comparati
di questi paesi.
La produzione si è rapidamente evoluta verso un sistema che integra diverse attività
frammentate, sia dal punto di vista tecnico/tecnologico che geografico. Queste nuove
forme d‘integrazione internazionale sono gestite in modo diverso da PMI o da grandi
imprese multinazionali.
Le imprese multi-nazionali stanno implementando il processo usando i loro ―classici‖
schemi organizzativi: stanno ulteriormente estendendo la rete di produzione attraverso
investimenti con acquisizione del controllo, quindi IDE. Invece il quadro sta cambiando
per quanto riguarda i loro rapporti con le PMI locali. Nel processo, le PMI stanno
giocando sempre più un ruolo di complemento sia della strategia sia della catena di
approvvigionamento tecnologico dei grandi operatori internazionali. Naturalmente, più è
competitivo il sistema locale di produzione, più strategico sarà il suo loro ruolo
all‘interno delle catene dell‘offerta globali e migliori gli effetti sull‘area locale.
Il ruolo delle PMI nell‘estensione internazionale di catene nazionali e locali dell‘offerta
costituisce una capacità che va assolutamente sfruttata. Le PMI usano nelle loro
relazioni internazionali, strumenti come accordi informali, accordi temporanei e
relazioni di mercato ―pure‖. Tutte queste sono le estensioni internazionali della
produzione che non vengono registrate dalle bilance dei pagamenti, come gli IDE, e
d‘altronde, la forma di delocalizzazione pura è soltanto una delle possibili forme di
internazionalizzazione produttiva.
I distretti ed i cluster europei2 formati da PMI basano la loro efficienza e competitività
sulle relazioni tacite e sulla diffusione di conoscenza inter-impresa e tra agenti
economici (imprenditori; salariati) che resta in buona parte ancorata alla rete locale.
2 In totale, l‘Osservatorio Europeo sui Cluster elenca circa 155 cluster a tre stelle, 524 cluster a due stelle
e poco più di 1.338 cluster a una stella (su un potenziale di poco meno di 10.000 cluster regionali). Le
stelle sono assegnate in base a tre criteri: quota dell‘occupazione in cluster industriali nella regione;
grado di specializzazione regionale; distribuzione occupazione del cluster nella regione. Nell‘UE il 38%
degli occupati lavora in imprese che fanno parte di un cluster.
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I cluster e i distretti spesso aprono la propria rete di produzione a livello internazionale
utilizzando lo stesso modello usato per l‘organizzazione locale della produzione: i
rapporti con i subappaltatori hanno luogo attraverso il mercato, non attraverso la
proprietà diretta degli impianti (IDE). L‘organizzazione della produzione viene cioè
realizzata attraverso transazioni di mercato.
Il sistema locale estende a livello internazionale la catena dell‘offerta riproducendo lo
stesso meccanismo: le sue operazioni avvengono tramite i flussi di mercato, non con
transazioni intra-impresa (gruppo). Ciò significa che i flussi commerciali sono utilizzati
proprio per estendere a livello internazionale la catena dell‘offerta e questo è fatto più
agevolmente da gruppi di imprese che da singole imprese. Il processo può avvenire
secondo modalità differenti, sulla base di diversi regimi di outsourcing: integrazione
verticale o orizzontale, accordi di collaborazione o pure transazioni di mercato.
Studi relativi alle Catene Globali dell‘Offerta (GSC dall‘acronimo inglese) suggeriscono
che le imprese adottano forme alternative di governance delle loro catene dei valore
internazionale secondo tre criteri guida - la complessità delle informazioni richieste
nella transazione; il livello di codifica delle informazioni scambiate e le capacità dei
fornitori in relazione ai requisiti richiesti da una transazione.
Quindi, nei loro processi di internazionalizzazione a monte le imprese devono valutare
con attenzione e coerentemente con le proprie strategie decisioni del tipo "make-or-
buy", nonché la selezione dei fornitori e l‘approccio di gestione della catena di
approvvigionamento. Concentrandosi sulle capacità dei fornitori a livello locale e
internazionale, un‘impresa può concepire la propria strategia di outsourcing in modo da
combinare i vantaggi di posizione – relativi sia alla riduzione dei costi sia a opportunità
informative - con le competenze e la conoscenza interne dei processi. Anche le PMI
specializzate in settori a bassa e media tecnologia adottano sofisticate strategie di
internazionalizzazione.
In particolare le imprese più piccole sembrano adottare nei confronti delle catene
globali un approccio più orientato alla rete, quindi relazionale e/o modulare, in
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coerenza con il modello tradizionale per imprese integrate in sistemi economici locali, in
cui la dimensione gerarchica è molto meno importante nella gestione delle attività
economiche. Questa osservazione è coerente con gli studi sulle attività internazionali
che sottolineano le limitate risorse organizzative e finanziarie a disposizione delle PMI
che vogliono internazionalizzarsi e la rilevanza delle reti e dei legami territoriali nelle
piccole e medie imprese.
2.2 Le politiche e gli strumenti (cenni)
Le politiche
Per quanto concerne le PMI il documento attuale di riferimento è certamente l‘Atto
Europeo per le Piccole Imprese (SBA-Small Business Act for Europe)3, entrato in vigore
nel 2008.
L‘Atto Europeo per le Piccole Imprese, lanciato congiuntamente dalla Commissione
europea e dagli Stati membri nel 2008, è destinato a diventare uno strumento
importante per sostenere le PMI nel conservare o riacquistare la loro competitività. Esso
consiste in una lista globale di misure concrete in 10 aree prioritarie che costituiscono
altrettanti principi-guida per il concepimento e l‘attuazione delle politiche dedicate alle
PMI:
Imprenditorialità
Seconda Scelta
Pensare anzitutto in Piccolo
Amministrazione Recettiva
Finanza (accesso ai finanziamenti)
Appalti Pubblici ed Aiuti di Stato
Mercato Unico
Qualifiche ed Innovazione
Ambiente
Internazionalizzazione
3 Si veda la Bibliografia.
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Alcuni di questi principi riprendono le tematiche della nuova strategia di Lisbona,
EUROPA 2020.
Per quanto riguarda l‘attuazione dei principi appena richiamati, il rapporto annuale
della sulla Performance delle PMI Europee (SME Performance Review) per il 20104
osserva che nel triennio 2007-2009 sono state attuate più di 500 misure da parte degli
stati membri.
La distribuzione delle misure in base ai principi-guida dell‘SBA, sotto riportata,
sottolinea come a livello comunitario un quinto delle misure si siano concentrate sul
principio Finanza (accesso ai finanziamenti).
Tab 1 - Distribuzione delle misure di politica degli Stati Membri per principio dell‘SBA
(‘07-‘09)
Principio SBA Quota Percentuale sul Totale Misure
Finanza 20%
Qualifiche ed Innovazione 16%
Imprenditorialità 14%
Amministrazione Recettiva 11%
Internazionalizzazione 10%
Appalti Pubblici ed Aiuti di Stato 9%
Pensare anzitutto in piccolo 6%
Ambiente 5%
Mercato Unico 5%
Seconda scelta 4%
Fonte: Annual Report on EU SME (2009)
La crisi finanziaria del biennio ‘08-‘09 ha ovviamente alimentato il lancio di misure come
l‘attuazione di strumenti finanziari specifici come gli schemi di garanzia dei prestiti,
ecc. L‘internazionalizzazione si pone al quinto posto per numero di misure adottate per
la sua attuazione, concentrandone esattamente un decimo.
4 Ibidem.
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Gli Stati Membri sono risultati piuttosto efficienti nella progettazione di nuove misure
nel periodo 2007-2009, senza considerare le misure attuate dalle autorità regionali e
locali. Otto stati membri hanno attuato almeno una misura per ognuno dei 10 principi,
nove stati membri hanno attuato almeno una misura per 9 principi, sette stati membri
hanno attuato almeno una misura per 8 principi ed i restanti sette hanno coperto meno
di 8 principi dell‘Atto Europeo per le Piccole Imprese.
Nel triennio 2007-2009 la Slovenia ha avviato misure di politica su 8 dei principi
dell‘Atto, mentre l‘Italia sullo stesso periodo ha avviato misure su 7 principi, con
esclusione di Mercato Unico, Ambiente, Appalti Pubblici ed Aiuti di Stato. Le misure
adottate dai due paesi, relativamente al principio internazionalizzazione, sono qui
presentate.
Recenti misure attuative in Slovenia del principio della internazionalizzazione
Durante il 2005-2009 il governo (Ministero dell'Economia) ha attuato un nuovo
programma per promuovere l'internazionalizzazione delle imprese slovene (Nov program
za spodbujanje internacionalizacije podjetij za obdobje 2005-2009). L'obiettivo del
programma era quello di offrire nuove opportunità di promozione dell'economia slovena,
organizzare delegazioni commerciali, partecipare a fiere mondiali e rendere operativi i
club sloveni all'estero. Questo programma continuerà nel periodo 2010-2014 (Program
Vlade RS za spodbujanje internacionalizacije podjetij za obdobje 2010 — 2014). Per
l'anno 2010 la dotazione finanziaria prevista è di circa 5 milioni di euro5.
2.2.1 Recenti misure attuative in Italia del principio dell’internazionalizzazione
In base alla legge 33/2008, recante disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la
semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la pe-
requazione tributaria, le PMI ricevono un sostegno finanziario per programmi che
5 Di questo totale, 0,66 milioni di euro sono in forma di aiuti alle PMI per servizi di consulenza e partecipazione a fiere
(intensità massima dell’aiuto pari al 50%), formazione generale (intensità massima dell’aiuto pari al 60%), formazione
specifica (intensità massima dell’aiuto pari al 20%).
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migliorano l'accesso ai mercati esteri, l'elaborazione di studi di fattibilità e l'assistenza
tecnica per gli investimenti italiani all'estero. La legge 99/2009 incarica il governo del
coordinamento di tutte le disposizioni legislative in materia di internazionalizzazione,
comprese le esportazioni, la promozione degli investimenti, gli accordi fra organismi
pubblici e il sistema bancario, usando servizi bancari esteri.
Gli Strumenti
Il programma del governo della Repubblica di Slovenia per promuovere
l'internazionalizzazione delle imprese per il periodo 2010-2014, individua mercati target
e settori chiave. Si concentra sulla valorizzazione delle attività di promozione
dell‘internazionalizzazione e in aggiunta alle già esistenti ne introduce altre, adattabili
alle esigenze specifiche delle imprese. Il programma include l'assistenza individuale e
vuole aumentare la possibilità delle imprese di essere coinvolte efficacemente venendo
incontro alle loro esigenze reali.
2.2.2 Obiettivi e priorità del Programma
Utilizzo più efficace di risorse private e pubbliche per migliorare la competitività dei
residenti nell‘interscambio internazionale, diminuzione dei costi e dei rischi all‘accesso
dei residenti sui mercati esteri. L‘incentivazione dell‘apertura dell‘economia attraverso
l‘attrazione di IDE in entrata si inserisce nell‘ambito del programma ―Imprenditorialità e
Competitività‖, del programma di sviluppo ―Crescita e Sviluppo delle Imprese‖ e del
sotto-programma ―Stimolo agli investimenti esteri e apertura dell‘economia‖. Gli
obiettivi strategici del Programma sono:
Aumento dell‘internazionalizzazione delle imprese slovene;
Incremento della diversificazione geografica dell‘export sloveno e delle
opportunità per le PMI slovene di operare nei mercati mondiali e l‘assicurazione
di condizioni migliori per la loro operatività nel quadro internazionale
Gli obbiettivi specifici sono:
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1. un incremento dell‘export ed un incremento della quota dell‘export delle PMI
nell‘export totale;
2. incremento dell‘export sui mercati prioritari;
3. incremento degli stimoli pubblici per l‘internazionalizzazione dell‘economia
slovena;
4. Incremento della riconoscibilità dell‘economia slovena all‘estero;
5. Attrazione di nuovi IDE finalizzati all‘incremento del valore aggiunto in specifici
settori e ad un decremento delle barriere per gli IDE in entrata;
Sono considerate aree prioritarie: l‘UE, i Balcani Occidentali, i BRIC, il Sud-Africa, la
Russia e la CSI, i Paesi Arabi (in particolare Libia ed Egitto) e a seguire Medio Oriente,
Turchia, America del Nord e America Latina.
Sono considerati settori prioritari: ICT, nuovi materiali di sintesi (metallici e non
metallici), nano-tecnologie, sistemi complessi e tecnologie innovative, tecnologie per
un‘economia sostenibile, salute e scienze della vita.
I settori più attrattivi per gli IDE in entrata (settori con vantaggi competitivi) sono i
seguenti: alimentari e bevande, chimica e prodotti della chimica, materie prime e
preparati farmaceutici, gomme e plastica, prodotti metallici, apparecchiature
elettriche, mezzi di trasporto, rimorchi e semi-rimorchi.
Le attività che verranno co-finanziate sono le seguenti:
1. attività di informazione e supporto (esempio: raccolta ed organizzazione di
informazioni sui mercati esteri (portale IZVOZNO OKNO)
2. analisi delle opportunità di mercato e consulenza
3. attività di promozione e facilitazione
4. formazione per le attività internazionali
5. finanziamento dell‘internazionalizzazione (SID)
Vengono individuate attività diversificate in base alla dimensione delle aziende ed al
loro grado di internazionalizzazione. I gruppi target sono così definiti:
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―Primo accesso al mercato/prima internazionalizzazione‖
―PMI che diversificano l‘attività‖
―Grandi imprese che diversificano l‘attività‖.
Relativamente alla formazione per le attività internazionali è particolarmente
interessante l‘istituzione dell‘‖Accademia dell‘Internazionalizzazione‖ che ha
l‘obbiettivo di informare le imprese slovene su gli approcci e le tendenze in atto per
quanto riguarda i processi di internazionalizzazione, le strategie e le tattiche operative
nei diversi mercati internazionali, la conoscenza dei diversi approcci alla ricerca ed
analisi di mercato, le strategie di ingresso, la comprensione delle diversità culturali e di
comunicazione aziendale, il marketing strategico e la selezione delle strategie di
marketing adeguate. Il programma punta molto su una stretta collaborazione tra gli enti
competenti nel campo della promozione della internazionalizzazione delle imprese
slovene. Le politiche di promozione dell'internazionalizzazione a livello nazionale
saranno efficaci solo se verranno create le opportune sinergie e integrate le iniziative e
proposte di tutte le organizzazioni governative e non governative.
Javne agencije Republike Slovenije za podjetništvo in tuje investicije Agenzia della
Repubblica di Slovenia per l'imprenditoria e gli investimenti esteri (JAPTI di seguito).
JAPTI è una un'agenzia chiave per l‘attuazione delle politiche in favore dello sviluppo
dell'imprenditorialità e della competitività in Slovenia, nonché l‘ente attuatore delle
politiche nazionali di attrazione e promozione degli investimenti diretti esteri e
dell‘internazionalizzazione.
Informest, apile 2011 14
3. Il ruolo dell’internazionalizzazione del sistema produttivo europeo nello
scenario globale
Il doppio ruolo dell‘Unione Europea, quella di player globale ma anche di ―regolatore‖, è
un ruolo di grande responsabilità in un momento in cui la riforma delle strutture della
governance economica e politica internazionale, complice anche la recente crisi, si
impone per poter gestire il livello crescente di interpolarità del sistema geo-politico e
geo-economico mondiale, a dire la crescente interdipendenza dei nodi dell‘assetto
multipolare mondiale.
Interdipendenza che è in aumento ed è ormai ―esistenziale‖ in quanto la sua cattiva
gestione globale può compromettere la stabilità di intere regioni ed attori/poteri
regionali. Il fatto che la crisi abbia accelerato il processo di spostamento del potere
economico e politico da Ovest verso Est va anche letto in questa prospettiva.
Tre sono le issues fondamentali dell‘interdipendenza globale, tutte e tre non a caso
presenti nella riflessione e comunitaria e nella sua agenda di ricerca anche socio-
economica: l‘economia, l‘energia e l‘ambiente. Queste questioni sono profondamente
connesse e inoltre sono parte del trade-off emergente tra la crescita economica e la
stabilità politica.
Quella che Jeffrey Sachs ha ottimisticamente definito ―età della convergenza‖, a dire un
periodo di espansione demografica sostenuta e crescita del reddito procapite, presenta
una serie di rischi certamente non risolvibili e/o gestibili dai semplici meccanismi di
mercato. I rischi di una inefficace gestione di questo sistema di criticità sono molteplici:
a) la rinuncia da parte sia delle economie avanzate che di quelle emergenti, a seguito di
crisi socio-economiche, allo sforzo di coordinamento internazionale delle politiche
economiche a favore di tendenze protezionistiche e/o logiche opportunistiche; b) risorse
sono sottratte agli investimenti in settori chiave come il settore energetico, lo sviluppo
di tecnologie pulite; c) l‘insostenibilità della crescita di output, di emissioni e di
domanda di energia, stimata dall‘IEA al 45% sul periodo 2006-2030, si rifletterà
nell‘aumento di competizione/conflitti per le risorse scarse risorse ambientali ed
energetiche ed in una crisi climatica planetaria.
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L‘internazionalizzazione del sistema produttivo europeo non va, in quest‘ottica, solo
promossa, ma anche gestita e regolamentata se non addirittura coordinata.
L‘interdipendenza è oramai una componente fondamentale di ogni strategia regionale
e/o nazionale, come sottolineato dalla crescente enfasi sulla necessità di cooperazione
internazionale di Stati Uniti, Unione Europea, Cina e Brasile. Verosimilmente nei
prossimi decenni pochi interessi nazionali prioritari verranno soddisfatti in modo
duraturo senza considerare gli interessi degli altri attori e/o senza uno sforzo di
convergenza tra diversi interessi.
Le relazioni economiche internazionali dell‘UE, le quali certamente in prima battuta si
declinano in commercio estero, investimenti, accordi di cooperazione commerciale e
tecnologica, M&A ecc, vanno quindi viste e ripensate rispetto a dimensioni divenute
altrettanto centrali come il sistema dei regolamenti e trattati internazionali (WTA,
MIGA, ecc), i flussi migratori, gli equilibri energetici.
La sfida per l‘UE è quella di ―adattarsi adattando‖, in quanto come attore globale è in
grado di dare una risposta ―non passiva‖ alle sfide della globalizzazione, influenzando
indirettamente in questo modo anche i modi di internazionalizzazione delle PMI
europee.
3.1 La prospettiva di Lisbona 2020
Il contributo delle PMI ai primari obiettivi economici dell'UE è riconosciuto e ben
documentato sia nella strategia di Lisbona per la crescita economica e l‘occupazione e
sia nel suo documento strategico successore, Europa 2020.
In Europa 2020 si osserva che la crisi ha vanificato anni di progressi economici e sociali e
messo in luce le carenze strutturali dell'economia europea, mentre le sfide a lungo
termine (globalizzazione, pressione sulle risorse, invecchiamento della popolazione) si
accentuano. L‘obiettivo ambizioso è quello di preservare l‘economia sociale di mercato
come modello non solo europeo, trasformando l'UE in un'economia basata sulla
Informest, apile 2011 16
conoscenza e l‘innovazione (economia intelligenza), sostenibile e inclusiva
caratterizzata tra l‘altro da alti livelli di occupazione, produttività e coesione sociale.
Per tradurre gli obiettivi in percorsi nazionali monitorabili, Europa 2020 individua 7
cosiddette ―iniziative faro”, di cui 4 almeno correlate al tema
dell‘internazionalizzazione dei sistemi produttivi. La prima è "L'Unione dell'innovazione"
per migliorare condizioni generali ed accesso ai finanziamenti per la R&I e stimolare la
creazione di prodotti/servizi innovativi. La seconda è L'‖Agenda europea del digitale"
per sfruttare i vantaggi del Mercato Unico del digitale per imprese (e-commerce) e
famiglie. La terza è l‘‖Europa efficiente sotto il profilo delle risorse" per passare a
un'economia a basse emissioni di carbonio, incrementare l'uso delle fonti rinnovabili,
modernizzare il settore dei trasporti e promuovere l'efficienza energetica. La quarta, la
più direttamente legata, è "Una politica industriale per l'era della globalizzazione" onde
migliorare il clima imprenditoriale, soprattutto per le PMI, e sostenere lo sviluppo di una
base industriale s in grado di competere su scala mondiale.
Il processo di internazionalizzazione sconta infatti una serie di carenze strutturali del
sistema produttivo europeo che Europa 2020 mette in evidenza, in particolare il divario
di produttività con altre regioni a livello mondiale che si è andato accentuando
nell'ultimo decennio. Il fenomeno è dovuto alle differenze tra le imprese, a cui si
aggiungono minori investimenti in R&S e innovazione, un uso insufficiente delle
tecnologie dell'informazione e della comunicazione, ostacoli all'accesso al mercato e un
ambiente imprenditoriale non sufficientemente dinamico.
Con le carenze strutturali si compongono alcuni aspetti delle sfide globali sopra
richiamate: la dipendenza dai combustibili fossili e l'uso inefficiente delle materie prime
che espongono le imprese agli shock da aumento dei prezzi; la concorrenza delle
economie sviluppate emergenti che stanno investendo in ricerca e tecnologia per far
salire le loro industrie nella catena del valore e crearsi con una velocità prima
impensabile un proprio spazio nell'economia mondiale.
La crisi ha reso evidente l‘elevata interdipendenza dell‘economie dell‘UE-27 ed ha
lasciato in eredità, tra l‘altro, una minore quantità di risorse per finanziare le
infrastrutture di base di cui hanno bisogno in settori come i trasporti e l'energia, non
Informest, apile 2011 17
solo per sviluppare le proprie economie, ma anche per aiutarle a partecipare
pienamente al mercato interno. Questo vale in particolare per le PMI, le quale devono
affrontare i costi di partecipazione ad un Mercato Unico peraltro ancora incompiuto, in
particolare nei servizi, ―esaurendo‖ nello spazio europeo le proprie possibilità di
internazionalizzazione.
Sempre Europa 2020 riconosce infatti che le imprese subiscono le strozzature che
ostacolano ancora oggi le attività transfrontaliere nonostante l'esistenza giuridica del
Mercato Unico, constatando a) l‘insufficienza dell'interconnessione delle reti e b) la
disomogeneità nell'applicazione delle regole del mercato unico. Spesso le imprese hanno
ancora a che fare con 27 sistemi giuridici diversi per la stessa transazione6. Mentre le
imprese UE, in particolare le PMI, devono far fronte a una situazione di frammentazione
e regole divergenti, i concorrenti cinesi, statunitensi o giapponesi si avvalgono dei
vantaggi conferiti dai loro grandi mercati nazionali.
6 Anche nella forma di esportazioni, l’accesso ad un mercato non nazionale implica costi non recuperabili significativi
(informativi e di opportunità), costi non recuperabili che sono sostanzialmente più alti per le micro e piccole imprese
che devono distrarre risorse umane scarse dalle attività produttive.
Informest, apile 2011 18
Fonte: Europa 2020
Le strozzature regolamentative e strutturali del mercato unico vanno anche affrontate
―dal basso‖, secondo la visione di Europa 2020, riducendo gli oneri amministrativi,
rimuovendo gli ostacoli fiscali, migliorando il clima imprenditoriale, in particolare per le
PMI, e promuovendo l'imprenditoria mediante iniziative politiche tangibili, tra cui la
semplificazione del diritto societario (procedure fallimentari, statuto della società
privata, ecc.).
Europa 2002 riconosce che il nuovo scenario globale offrirà nuove opportunità agli
esportatori europei e un accesso competitivo ad importazioni vitali. Tutti gli strumenti
della politica economica esterna devono essere tuttavia utilizzati in questo arco di
tempo che vedrà l‘UE chiamata a gestirsi mentre l‘ordine mondiale va modificandosi.
Ciò vale per gli aspetti esterni delle nostre politiche interne (energia, trasporti,
Informest, apile 2011 19
agricoltura, R&S, ecc.), e in particolare per il commercio e il coordinamento delle
politiche macroeconomiche internazionali.
Un UE Europa aperta (ma coesa) in un contesto internazionale regolamentato basato su
regole è l‘obbiettivo finale. Tuttavia l'UE deve pesare di più, svolgendo un ruolo guida
nel forgiare il futuro ordinamento economico mondiale in sede di G20, ruolo per cui
dispone di tutta la capacità necessaria, al fine di tutelare i suoi interessi attraverso tutti
gli strumenti a disposizione.
L‘UE potrà crescere anche ―intercettando‖ parte della crescita delle economie
emergenti, le cui classi medie sviluppano e importano beni e servizi per i quali l'UE gode
di un vantaggio comparativo. In quanto primo blocco commerciale del mondo, l'UE deve
essere aperta all'esterno e monitorare le altre economie sviluppate o emergenti fanno
per poter non solo adeguarsi ma anche determinare in parte le tendenze future.
A livello di dialogo internazionale Europa 2020 prevede due principali linee di azione:
a) agire in sede di OMC e a livello bilaterale onde migliorare l'accesso al mercato per
le imprese dell'UE, comprese le PMI, e garantire loro condizioni di parità rispetto
ai nostri concorrenti esterni.
b) rendere più mirati e razionali i dialoghi normativi in sede internazionale, in
particolare in settori come clima e crescita verde, ampliando l‘influenza dell‘UE
mediante la promozione di equivalenza, riconoscimento reciproco e convergenza
sulle maggiori questioni normative, come pure l'adozione delle norme e degli
standard comunitari.
c) allacciare relazioni strategiche con le economie emergenti per discutere degli
aspetti di comune interesse, promuovere la cooperazione normativa e di altro
tipo e risolvere le questioni bilaterali.
La strategia commerciale per l'Europa 2020 elaborata dalla Commissione dovrebbe
comprende una serie di obbiettivi tra cui:
– conclusione dei negoziati commerciali multilaterali e bilaterali in corso e migliore
applicazione degli accordi esistenti, con particolare considerazione delle barriere non
tariffarie agli scambi;
Informest, apile 2011 20
– iniziative di apertura commerciale per i settori strategici, come prodotti e tecnologie
"verdi" e prodotti/servizi high-tech;
–dialoghi strategici ad alto livello con i partner principali per discutere di temi strategici
come l'accesso al mercato, quadro normativo, standard internazionali, squilibri globali,
energia e cambiamento climatico, accesso alle materie prime, povertà nel mondo,
istruzione e lo sviluppo;
- potenziamento del Consiglio economico transatlantico con gli Stati Uniti e del dialogo
economico con la Cina ed approfondimento delle relazioni con Giappone e la Russia;
– monitoraggio e rapporto annuale, a cominciare dal 2011, sugli ostacoli al commercio e
agli investimenti, sui modi per migliorare l'accesso al mercato e il contesto normativo
per le imprese dell'UE.
3.2 Geo-economia dell‘Unione Europea
Come ricorda un‘analisi del Bruegel Team, l‘UE è un soggetto internazionale complesso
le cui trasformazioni interne hanno conseguenze rilevanti anche nelle sue relazioni
economiche internazionali. Tra le trasformazioni interne le principali sono state
l‘allargamento a 27 paesi membri, la creazione di un mercato interno unico7 e
l‘introduzione di una moneta singola. Se grazie anche a queste trasformazioni l‘UE è un
importante ―giocatore globale‖, essendo il più grande mercato unificato mondiale con la
seconda valuta internazionale in termini di volumi di scambio, lo scenario mondiale ha
visto l‘emergere di altri giocatori globali, in primis la Cina e l‘India, in un sistema
economico mondiale molto più aperto ed integrato di appena venti anni fa.
In un sistema in cui ruolo e responsabilità degli attori nazionali e sovra-nazionali va
aumentando (parallelamente allo shift geografico dell‘influenza politica ed economica
ed all‘aumento dell‘interdipendenza) la cooperazione multilaterale è fondamentale,
come ha rilevato la prevalenza del G-20 come l‘unico credibile forum economico per
fronteggiare con efficacia la crisi economica, mentre hanno acquistato maggiore
7 Tuttavia sussistono ancora molti ostacoli al suo completamento, in primis nei servizi, i quali non
costituiscono fattori secondari nel quadro di generale difficoltà da parte delle PMI a proiettarsi
oltre i confini europei.
Informest, apile 2011 21
visibilità summit bilaterali o multilaterali che hanno incluso, in modo variabile, Stati
Uniti, EU, i BRIC (Brasile, Russia, India e Cina) ed altre realtà emergenti. In particolare
va segnalata l‘inclusione, forse troppo timida, del G-5 (Brazile, Cina, India, Messico e
Sud Africa) nel cosiddetto processo di Heiligendamm che ha nell‘agenda tra i vari temi
quello della liberalizzazione degli investimenti8. Va osservato che questo trend di
dialoghi al vertice non si è manifestato con la crisi ma è stato al più rafforzato da essa.
La nuova geografia mondiale impone quindi sia una revisione profonda della agenda
delle relazioni internazionali, sia un miglioramento del quadro della governance delle
politiche economiche internazionali dell‘UE per migliorarne l‘efficacia. In quest‘ottica
una divisione delle aree e delle regioni extra-comunitarie è stata proposta da Jean
Pisany-Ferry9:
a) le aree vicine all‘UE inclusa la Russia, il Medio Oriente ed il Nord Africa che sono
paesi con popolazione più ampia ma reddito procapite nettamente inferiore all‘UE
e concentrano una quota rilevante delle risorse energetiche planetarie;
b) gli Stati Uniti;
c) altri paesi avanzati con una popolazione comparabile agli Stati Uniti ma Pil
inferiore;
d) i paesi emergenti dell‘Asia e dell‘America Latina – in primis i BRIC – con una
popolazione che rappresenta un quintuplo e un Pil simile a quelli combinati di
Stati Uniti ed UE;
e) i paesi in via di sviluppo non emergenti – in primis l‘Africa sub-sahariana – con una
popolazione comparabile ma un un Pil pari ad un terzo di quello della regione
Europea assommata a Medio Oriente e Nord Africa.
8 I quattro temi considerati sono: promozione e protezione dell'innovazione; rafforzamento della
libertà di investimento per mezzo di un migliore clima per gli investimenti che includa il
rafforzamento del principi della responsabilità sociale delle imprese; determinazione di
responsabilità comuni per lo sviluppo, in particolare dell’Africa; comune accesso al know-how per
migliorare l'efficienza energetica e la cooperazione tecnologica, con l'obiettivo di contribuire alla
riduzione delle emissioni di CO2. 9 Vedi Bibliografia.
Informest, apile 2011 22
In questa prospettiva l‘UE si trova a confrontarsi con tre cosiddette agende: un‘agenda
―globale,‖ già in parte richiamata nelle considerazioni precedenti, un‘agenda
―transatlantica‖ e un‘agenda(/e) regionale(/i).
L‘agenda globale si connette al tema della crescente integrazione economica che va
gestita in modo da renderla compatibile con la crescita e la stabilità finanziaria, agendo
con priorità sul sistema delle regole ed istituzioni internazionali, comprese quelle alla
base del sistema degli scambi e della concorrenza internazionale.
Un secondo tema è quello della relazione tra globalizzazione e la preservazione dei
cosiddetti beni pubblici mondiali. L‘Unione Europea già svolge un ruolo eccellente di
attore/regolatore per quanto riguarda il regime internazionale degli scambi e quello
delle transazioni finanziarie, mentre il suo ruolo è inferiore per quanto riguarda i temi
dello sviluppo e dell‘ambiente. Il tema dello sviluppo, in primis dello sviluppo locale
come ―driver‖ futuro dei processi di internazionalizzazione, non è estraneo a quello
centrale di questa analisi.
La seconda agenda è quella transatlantica, a dire il rapporto tra UE e Stati Uniti. Questo
rapporto è particolarmente rilevante se si pensa che questi due attori hanno sviluppato
sinora circa l‘80% della produzione di norme e standards internazionali relativamente a
prodotti industriali, commercio, movimenti di capitale, concorrenza, ecc. Il termine di
―regolatori mondiali‖ quindi non è fuori luogo e questa leadership è destinata a
permanere, secondo varie analisi, anche nel prossimo futuro per il vantaggio dovuto allo
sviluppo e alla sofisticazione dei loro mercati interni. Ma gli altri poteri interni
emergenti, in particolare i BRIC, non sono già più recettori passivi (policy-takers), ma
diventano sempre più assertivi ed il loro potenziale di veto aumenta. Quindi Stati Uniti
ed UE devono evitare, come spesso successo negli ultimi decenni, situazioni di
antagonismo e confronto non cooperativo che potrebbero facilitare strategie miranti a
prolungare situazioni di stallo, quindi di mancata regolamentazione, su una serie di
materie sensibili.
L‘agenda regionale riguarda i rapporti tra l‘UE ed i paesi del cosiddetto vicinato
europeo, inclusa la Russia, e gli altri paesi del Medio Oriente ed il Nord Africa. Questa
agenda contiene la revisione della politica del Nuovo Vicinato Europeo, finora risultata
Informest, apile 2011 23
inefficace in misura proporzionale alla sua ambiguità ed il raggiungimento di un
approccio coerente e unitario su due temi sensibili: flussi migratori ed energia.
La politica economica estera dell‘UE è quindi direttamente correlata al tema
dell‘internazionalizzazione, in quanto determina direttamente l‘ambiente in cui si
muovono le imprese. Proprio Europa 2020
Tutte queste nuove sfide non possono riguardare solo l‘UE a livello istituzionale e gli
stati membri, anche perché, nel prossimo futuro molto più che in passato, sarà utile
anche per le PMI tenere conto di elementi che fino a qualche anno fa sembravano
lontani, o meglio, esogeni rispetto al processo di internazionalizzazione.
Informest, apile 2011 24
4. L’internazionalizzazione delle imprese europee
L‘indagine condotta periodicamente dall‘EIM Business & Policy Research dà una
rappresentazione, sia a livello paese che per aggregati, della distribuzione per classe di
ampiezza di una serie di indicatori economici.
Relativamente ai principali sub-aggregati comunitari si osserva che sussiste ancora,
nonostante la significativa convergenza strutturale, un differenziale nel peso delle micro
e piccole imprese tra vecchi e nuovi stati membri, a dire UE-15 ed UE-12.
Tabella 2 – Distribuzione per classe di ampiezza del numero assoluto delle imprese nei Nuovi Stati Membri (UE-12), nei Vecchi Stati Membri (UE-12) e nell‘UE-27 (2008)
micro piccole medie PMI Grandi Totale
EU27 91,8% 6,9% 1,1% 99,8% 0,2% 20.770.570
EU15 91,5% 7,3% 1,1% 99,8% 0,2% 16.560.008
EU12 93,3% 5,2% 1,2% 99,8% 0,2% 4.210.562 Fonte: EIM Business & Policy Research, 2010.
Le micro-imprese hanno un peso superiore rispetto ai vecchi stati membri mentre le
piccole imprese risultano sotto-rappresentate rispetto alla media UE. Questa leggera
disomogeneità rientra del tutto se si osserva la dimensione media per impresa. In cui la
convergenza è oramai raggiunta.
Tabella 3 – Distribuzione per classe di ampiezza del numero assoluto e di alcuni indicatori economici per le imprese nell‘UE-27 (2008)
micro piccole medie PMI Grandi
Imprese (.000) 19.076 1.425 226 20.727 43
Occupati (.000) 39.653 27.671 22.682 90.006 43.448
Occupati / Imprese 2 19 100 4 1.006
Produttività * (.000 €)
33 43 50 40 61
Costo del lavoro** (.000 €)
27 29 32 29 38
Quota Investimenti+ 24 15 18 19 18
Fonte: EIM Business & Policy Research, 2010. *Valore Aggiunto al Costo dei Fattori/Numero Occupati; ** Costo Personale/Occupati; + Investimenti lordi materiali/ Valore Aggiunto al Costo dei Fattori
Informest, apile 2011 25
Se invece si considera la produttività media tra le diverse classi di grandezza si osserva
che persistono ancora forti differenziali tra UE-15 ed UE-12, differenziali inversamente
proporzionali alla classe di grandezza: il differenziale è massimo per le micro-imprese
dove la produttività nei nuovi stati membri è circa un terzo di quella nei vecchi stati
membri. Nel caso dell‘aggregato delle PMI la produttività nei nuovi stati membri è pari
al 38% di quella dei vecchi stati membri mentre nel caso delle grandi imprese la
produttività nei nuovi stati membri è pari al 49% di quella dei vecchi stati membri.
Tabella 4 – Distribuzione settoriale per classe di ampiezza delle imprese nell‘UE-27 (2008)
micro piccole medie PMI Grandi Totale
Estrattivo, minerario 0,1% 0,3% 0,4% 0,1% 0,6% 0,1%
Manifatturiero 10,0% 24,6% 38,0% 11,3% 43,5% 11,4%
Acqua, gas e elettricità
0,1% 0,3% 1,0% 0,1% 2,2% 0,2%
Edilizia 14,4% 16,3% 11,1% 14,5% 5,8% 14,4%
Commercio ingrosso e dettaglio; riparazioni
32,1% 25,9% 18,9% 31,5% 15,8% 31,5%
Alberghi e ristoranti 8,2% 10,1% 4,9% 8,3% 3,1% 8,3%
Trasporto, stoccaggio e comunicazioni
5,9% 6,4% 7,2% 6,0% 8,4% 6,0%
Attività immobiliari, nolo e attività di impresa.
29,2% 16,1% 18,5% 28,1% 20,6% 28,1%
Totale imprese non finanziarie
19.075.952 1.425.346 226.094 20.727.392 43.178 20.770.570
Fonte: EIM Business & Policy Research, 2010.
La distribuzione percentuale registra forti differenziali tra grandi imprese e PMI per
quanto riguarda i valori relativi ai macro-settori del secondario e del terziario: il
differenziale a favore delle grandi imprese nel manifatturiero supera i 30 punti
percentuali, mentre se si sommano edilizia, commercio e alberghiero-ristorazione il
differenziale a favore delle PMI è, anche in questo caso, pari a circa 30 punti
percentuali.
Informest, apile 2011 26
Tabella 5 – Distribuzione per classe di ampiezza del numero assoluto e di alcuni indicatori economici per le imprese nell‘UE-12 (2008)
micro piccole medie PMI Grandi
Imprese (.000) 3.930 220 50 4.201 10
Occupati (.000) 7.660 4.403 5.138 17.202 7.857
Occupati/Imprese 2 20 102 4 812
Produttività * (.000 €)
11 17 19 15 30
Costo del lavoro** (.000 €)
10 10 11 11 14
Quota Investimenti+ 34 34 34 34 35
Fonte: EIM Business & Policy Research, 2010. *Valore Aggiunto al Costo dei Fattori/Numero Occupati; ** Costo Personale/Occupati; + Investimenti lordi materiali/ Valore Aggiunto al Costo dei Fattori
Nel caso dei nuovi stati membri il differenziale tra grandi imprese e PMI nel
manifatturiero diventa addirittura più grande, superando i 40 punti percentuali , mentre
resta nell‘ordine dei 30 punti percentuali per l‘aggregato edilizia, commercio e
alberghiero-ristorazione.
Tabella 6 – Distribuzione settoriale per classe di ampiezza delle imprese nell‘UE-12 (2008)
micro piccole medie PMI Grandi Totale
Estrattivo, minerario 0,1% 0,4% 0,6% 0,1% 1,3% 0,1%
Manifatturiero 12,5% 28,2% 45,9% 13,7% 56,2% 13,8%
Acqua, gas e elettricità 0,1% 0,6% 2,0% 0,1% 4,5% 0,1%
Edilizia 12,3% 13,8% 12,7% 12,4% 7,2% 12,4%
Commercio ingrosso e dettaglio; riparazioni
37,8% 32,0% 18,6% 37,3% 11,3% 37,2%
Alberghi e ristoranti 5,1% 6,2% 3,1% 5,1% 1,8% 5,1%
Trasporto, stoccaggio e comunicazioni
7,8% 6,3% 5,8% 7,7% 7,5% 7,7%
Attività immobiliari, nolo e attività di impresa.
24,5% 12,6% 11,2% 23,7% 10,2% 23,7%
Totale imprese non finanziarie
3.930.173 220.316 50.399 4.200.888 9.674 4.210.562
Fonte: Elaborazione Informest su dati EIM Business & Policy Research, 2010.
Informest, apile 2011 27
Se si considera per la categoria dimensionale delle grandi imprese il cosiddetto
secondario, ovvero l‘aggregato formato da manifatturiero, minerario-estrattivo e
produzione di energia, si osserva che il valore medio per l‘UE-27 è del 46.3%, mentre per
l‘UE-12 tale valore è pari al 62%, a significare una concentrazione relativa superiore nel
secondario rispetto all‘UE-15 frutto, più che di una ritardata convergenza strutturale, di
venti anni di afflussi di IDE provenienti dall‘UE-15 che hanno ridisegnato la distribuzione
per rami e il peso del secondario nell‘UE orientale.
Questa prevalenza del manifatturiero è ancora più rilevante se si considerano le
imprese trans-nazionali.
Tra le prime 100 imprese transnazionali non finanziarie per peso assoluto delle attività
estere l‘Unione Europea contava nel 2007, secondo il World Investment Report 2010,
ben 59 imprese transnazionali.
Il peso dei paesi comunitari, trattandosi di grandi corporation, vede rappresentanti i
paesi di antica industrializzazione come la Francia (15 imprese transnazionali), la Gran
Bretagna (15 imprese transnazionali, la Germania (13 imprese transnazionali di cui 1
joint-venture), la Spagna (5 imprese transnazionali di cui 1 joint-venture) ed a seguire
la Svezia con 3 imprese transnazionali, Olanda ed Italia con 2 imprese transnazionali,
Lussemburgo, Portogallo ed Irlanda con 1 impresa transnazionale. Va osservato che la
Spagna è passata, rispetto al World Investment Report 2009, da 3 a 5 grandi imprese
transnazionali presenti nelle top-100. L‘Italia è strutturalmente sottorappresentata in
termini di grandi imprese transnazionali, mentre come evidenziato da molte analisi,
dopo gli anni ‘90, si sono andate affermando le ―piccole multinazionali‖. Questa
caratteristica (negativa) strutturale, accentuatasi negli anni ‘90, rende la comparazione
con la Slovenia più agevole, in quanto per le dimensioni complessive del sistema
economico le multinazionali slovene sono piccole e presentano caratteristiche simili, in
termini di flessibilità e risposta alla crisi, a quelle delle piccole multinazionali italiane.
Una comparazione tra il gruppo delle grandi imprese transnazionali comunitarie e le
imprese extra-comunitarie in termini di ranking medio, anche se statisticamente
controversa, porta ad osservare una differenza rilevante. Mentre in termini di attività
totali detenute all‘estero i due gruppi sono prossimi in termini di posizione relativa
Informest, apile 2011 28
(ranking medio di 48 per il gruppo dell‘UE rispetto ad un ranking medio di 54 per il
gruppo extra-UE), relativamente alla posizione relativa dell‘Indice di Transnazionalità10,
il gruppo delle imprese transnazionali comunitarie registra un ranking medio di 45
rispetto ad un ranking medio di 59 per le grandi imprese transnazionali extra-
comunitarie, ad evidenziare un grado superiore di internazionalizzazione, non tanto per
il valore delle attività detenute all‘estero, quanto per la quota delle vendite e degli
occupati rispetto ai rispettivi totali. In termini percentuali assoluti il valore medio
dell‘Indice di Transnazionalità risulta essere pari al 67% per le grandi imprese
transnazionali comunitarie contro un valore del 58% per le imprese transnazionali extra-
comunitarie.
10
TNI, l'indice di Transnazionalità, è calcolato come media delle tre seguenti rapporti: attività estere sul totale delle
attività; vedite estere sulle vendite totali e occupati all’estero sull’occupazione totale.
Informest, apile 2011 29
Tabella 7 - Società transnazionali con sede nell‘UE presenti tra le prime 100 nel mondo per attività all‘estero nel 2008
Corporation
Sede Casa-Madre
Settore
Asset* Vendite* Addetti*
Estero Totale Estero Totale Estero Totale TNI (%)
Royal Dutch/Shell Group G. Bretagna Petrolifero (estraz./raff./distr.)
222.324
282.40
1 261.39
3 458.36
1 85.000
102.000
73,0
Vodafone Group Plc G. Bretagna Telecomunicazioni
201.570
218.95
5 60.197 69.250 68.747 79.097
88,6
BP PLC G. Bretagna Petrolifero (estraz./raff./distr.)
188.969
228.23
8 283.87
6 365.70
0 76.100 92.000
81,0
Total SA Francia Petrolifero (estraz./raff./distr.)
141.442
164.66
2 177.72
6 234.57
4 59.858 96.959
74,5
E.On Germania Servizi (elettric., gas, acqua)
141.168
218.57
3 53.019
126.925
57.134 93.538 55,8
Electricite De France Francia Servizi (elettric., gas, acqua)
133.698
278.75
9 43.914 94.044 51.385
160.913
42,2
ArcelorMittal Lussemburgo Metal and metal products
127.127
133.08
8 112.68
9 124.93
6 239.45
5 315.86
7 87,2
Volkswagen Group Germania Veicoli a motore
123.677
233.70
8 126.00
7 166.50
8 195.58
6 369.92
8 60,5
GDF Suez Francia Servizi (elettric., gas, acqua)
119.374
232.71
8 68.992 99.377 95.018
196.592
56,4
Anheuser-Busch-Inbev SA Olanda Alimentari, bev. e tabacco
106.247
113.17
0 18.699 23.558
108.425
119.874
87,9
Siemens AG Germania Apparecchiature ele./elettron. 104.48 135.10 84.322 116.08 295.00 427.00 73,
Informest, apile 2011 30
8 2 9 0 0 0
Eni Group Italia Petrolifero (estraz./raff./distr.)
95.818 162.26
9 95.448
158.227
39.400 78.880 56,4
Telefonica SA Spagna Telecomunicazioni 95.446
139.03
4 54.124 84.778
197.096
251.775
70,3
Deutsche Telekom AG Germania Telecomunicazioni 95.019
171.38
5 47.960 90.221 96.034
227.747
50,3
Daimler AG Germania Veicoli a motore 87.927
184.02
1 108.34
8 140.26
8 105.46
3 273.21
6 54,5
France Telecom Francia Telecomunicazioni 81.378
132.63
0 36.465 78.256 83.795
186.049
51,0
Iberdrola SA Spagna Servizi (elettric., gas, acqua) 73.576
119.46
7 19.785 36.863 17.778 32.993
56,4
Eads NV Francia Aircraft 66.950
105.98
9 57.890 63.299 73.969
118.349
72,4
BMW AG Germania Veicoli a motore 63.201
140.69
0 62.119 77.830 26.125
100.041
50,3
Grupo Ferrovial Spagna Costruzioni ed Immobiliare 54.322 67.088 13.156 20.667 64.309 106.59
6 68,
3
RWE Group Germania Servizi (elettricità, gas, acqua) 53.557 130.03
5 26.710 71.617 26.688 65.908 39,
7 Fonte: Unctad (2010), elaborazione Informest; (*) milioni di dollari
Tabella 7 - Società transnazionali con sede nell‘UE presenti tra le prime 100 nel mondo per attività all‘estero (continua)
Informest, apile 2011 31
Corporation
Sede
Casa-Madre
Settore
Asset Vendite Addetti
Estero Totale Estero Totale Estero Totale TNI b (%)
Xstrata PLC G. Bretagna Minerario 52.227 55.314 25.215 27.952 37.883 39.940 93,2
Sanofi-aventis Francia Farmaceutico 50.328 100.191 22.636 40.334 69.990 98.213 59,2
Nokia Finland Apparecchiature ele./elettron. 50.006 55.090 73.662 74.192 101.559 125.829 90,3
Lafarge SA Francia Prodotti minerali non-metallici 50.003 56.518 23.865 27.846 65.520 83.438 84,2
Rio Tinto Plc G. Bretagna Minerario 47.064 89.616 21.649 58.065 54.156 105.785 47,0
Anglo American Gran Bretagna Minerario 44.413 49.738 21.766 26.311 95.000 105.000 87,5
Veolia Environnement SA
Francia Servizi (Elettricità, gas ed acqua) 43.990 68.373 31.723 52.971 220.106 336.013 63,2
Compagnie De Saint-Gobain SA
Francia Prodotti minerali non-metallici 43.597 60.397 45.834 64.082 153.614 209.175 72,4
BASF AG Germania Chimico 43.020 70.786 50.925 91.154 49.560 96.924 55,9
Fiat Spa Italia Veicoli a motore 40.851 85.974 65.931 86.876 115.977 198.348 60,6
Statoil Asa Norvegia Petrolifero (estraz./raff./distr.) 37.977 82.645 28.328 116.318 11.495 29.496 36,4
Volvo AB Svezia Veicoli a motore 37.582 47.472 43.946 46.047 73.190 101.380 82,3
Astrazeneca Plc G. Bretagna Farmaceutico 36.973 46.784 29.691 31.601 54.183 65.000 85,4
Vivendi Universal Francia Telecomunicazioni 35.879 78.867 13.789 37.150 30.135 44.243 50,2
National Grid Transco G. Bretagna Servizi (Elettricità, gas ed acqua) 33.680 63.761 17.373 26.379 17.429 27.886 60,4
BAE Systems Plc G. Bretagna Aeromobili e parti 33.285 37.427 25.249 30.583 61.200 94.000 78,9
Repsol YPF SA Spagna Petrolifero (estraz./raff./distr.) 32.720 68.795 43.970 84.477 18.403 36.302 50,1
Philips Electronics Olanda Apparecchiature elettr. /elettron. 32.675 45.986 37.122 38.603 83.946 121.398 78,8
Pernod Ricard SA Francia Alimentari, bev. e tabacco 32.237 35.159 8.845 9.850 16.260 18.975 89,1 Fonte: Unctad (2010), elaborazione Informest; (*) milioni di dollari
Informest, apile 2011 32
Tabella 7 - Società transnazionali con sede nell‘UE presenti tra le prime 100 nel mondo per attività all‘estero (continua)
Corporation
Sede
Casa-Madre
Settore
Asset Vendite Addetti
Estero Totale Estero Totale Estero Totale TNI b (%)
WPP Group Plc G. Bretagna Servizi alle Imprese 31.567 35.661 11.966 13.717 88.467 97.438 88,9
Thyssenkrupp AG Germania Metallurgico, prod. in metallo 31.422 59.557 51.441 80.207 114.277 199.374 58,1
Vattenfall Swezua Elettricità, gas, acqua 31.288 56.829 16.079 24.952 23.675 32.801 63,9
Deutsche Post AG Germania Trasporti e stoccaggio 30.765 365.990 55.170 79.699 283.699 451.515 46,8
Unilever G. Bretagna Conglomerata 30.236 50.302 40.483 59.287 144.000 174.000 70,4
Linde AG Germania Chimico 29.847 33.158 16.574 18.527 44.278 51.908 88,3
BG Group Plc G. Bretagna Elettricità, gas, acqua 29.832 36.437 18.239 23.053 3.639 5.395 76,1
Pinault-Printemps Redoute SA Francia Retail & Commercio 29.362 37.617 18.056 29.555 55.169 88.025 67,3
TeliaSonera AB Svezia Telecomunicazioni 29.067 33.688 10.265 15.707 19.885 30.037 72,6
Metro AG Germania Retail & Commercio 28.729 47.077 60.410 99.424 161.925 265.974 60,9
Carrefour SA Francia Retail & Commercio 28.056 72.487 71.688 127.238 363.311 495.287 56,1
CRH Plc Irlanda Prodotti minerali non-metallici 27.787 29.396 28.926 30.559 46.248 93.572 79,5
EDP Energias De Portugal SA Portogallo
Servizi (Elettricità, gas, acqua) 27.104 49.699 7.679 20.328 4.543 12.245 43,1
Glaxosmithkline Plc Gran Bretagna Farmaceutico 26.924 57.424 28.030 44.674 54.326 99.003 54,8
Air Liquide Francia Chimico/Prod. minerali non-metallici 26.647 28.678 15.292 19.170 37.876 43.000 86,9
Lvmh Moët-Hennessy Louis Vuitton SA Francia Beni di Consumo (altro) 26.377 43.949 21.549 25.154 57.350 77.087 73,4
Bayer AG Germania Farmaceutico 25.696 73.084 24.979 48.161 53.100 108.600 45,3
SAB Miller G. Bretagna Alimentari, bev.,tabacco 25.139 31.619 12.585 18.703 52.362 68.635 74,4
Diageo Plc G. Bretagna Alimentari, bev., tabacco 24.264 29.965 17.086 19.603 12.379 24.270 73,0 Fonte: Unctad (2010), elaborazione Informest; (*) milioni di dollari
Informest, apile 2011 33
Come sta impattando la crisi su questo quadro strutturale? Come si riverbererà
l‘andamento economico a livello di impresa? L‘effetto sarà uniforme per classe di
ampiezza?
Tabella 8 – Il vincolo più stringente nel periodo marzo-settembre 2010
Domanda Pressione
Della Concorrenza
Accesso ai
finanziamenti
Costi di produzione o del lavoro
Grandi 23% 19% 11% 14%
PMI 28% 15% 15% 11%
Totale 26% 16% 14% 12%
Disponibilità di lavoratori
qualificati o manager esperti
Questioni Regolamentative
Altro
Non So / Non disponibile
Grandi 16% 6% 7% 4%
PMI 13% 7% 8% 3%
Totale 14% 7% 8% 3% Fonte : ECB/EC (2010)
Va osservato che, come mostrano dati relativi ad un recentissimo sondaggio
commissionato dalla Banca Centrale Europea, in termini di vincoli e/o fattori critici le
grandi imprese stanno risentendo meno del calo della domanda e di problemi di
finanziamento ma sono più sensibili alla pressione concorrenziale, ai costi del lavoro e
alla disponibilità di lavoratori qualificati.
Tabella 9 – Previsioni sulla crescita del Valore Aggiunto Lordo al costo dei Fattori
2009 2010 2011
Grandi Imprese -6,5% 1,1% 2,4%
PMI -5,5% 0,9% 1,9%
Fonte : ECB/EC (2010)
Nel breve periodo l'impatto negativo della crisi economica sulla produzione è stato più
grande per le grandi e medie imprese che per le piccole imprese. Ciò riflette tra l‘altro
differenze nella composizione delle vendite tra classi di ampiezza, in combinazione con
la ineguale distribuzione degli effetti della recessione economica tra consumi privati da
Informest, apile 2011 34
un lato e esportazioni e gli investimenti dall'altro. Tuttavia le medie imprese e
soprattutto le imprese di grandi dimensioni sono protagoniste nella produzione e hanno
una quota significativa di esportazioni nelle vendite totali. Poiché sono le esportazioni
guidare la debole ripresa economica, gli sviluppi nel medio termine si annunciano più
positivi per queste imprese.
Le proiezioni di ottobre dell'OCSE indicano un recupero meno forte nel 2010 e 2011
rispetto alle precedenti previsioni di maggio, con investimenti privati che sono destinati
a rimanere bassi. E‘opinione diffusa che la crisi del credito, come le precedenti crisi
finanziare ma in modo più intenso visto la sua estensione e sincronizzazione, potrebbe
avere effetti negativi strutturali sull'economia.
Precedenti crisi finanziarie hanno spesso avuto effetti profondi e duraturi sui prezzi
delle attività (deprimendo attivi mobili ed immobili di famiglie ed imprese), il debito
pubblico, la produzione e l'occupazione.
Ci possono infatti essere diversi effetti strutturali negativi sulla crescita economica
futura dell'economia europea. In primo luogo, le attività delle imprese e dei consumatori
sono fortemente diminuite in valore, ma la loro passività no. Questo fenomeno è noto
come ―'recessione da bilancio‖'. Per le imprese questo può tradursi in una minore
propensione ad investire, come infatti sta avvenendo, propensione incentivata anche dal
settore creditizio,dove i problemi di leva finanziaria forzano le banche ad acquistare
titoli di Stato e ridurre i prestiti bancari alle imprese. La recessione da bilancio può
portare ad una ripresa modesta della spesa per consumi privati mentre i governi, a causa
del deterioramento strutturale delle finanze, sono costretti a mantenere una politica
fiscale restrittiva. Questo può aumentare il rischio di uno scenario a W, scenario cioè di
doppia recessione. Successivamente, una probabile riduzione di attività di Ricerca e
Sviluppo da parte delle imprese, a causa dei maggiori costi di capitale e meno favorevoli
prospettive per le vendite e la redditività, può portare ad un rallentamento del ritmo
del progresso tecnico, mentre un livello significativamente più alto di disoccupazione
può causare una perdita permanente di competenze tra i lavoratori. Questa tendenza ha
insiti una serie di rischi per la capacità delle imprese di proiettarsi sui mercati esteri in
maniera competitiva in termini di innovazione.
Informest, apile 2011 35
L’interscambio commerciale (cenni)
Come si ricorda all‘inizio richiamando il progetto europeo EFIGE, nell‘ambito del settimo
Programma Quadro, le imprese - e non i paesi - effettuano operazioni globali, esportano,
importano e producono all‘estero. In questa sede tuttavia si vuole solo fornire una
rappresentazione sintetica dei principali mutamenti avvenuti a livello di flussi intra-UE
ed extra-UE, rimandando una descrizione più analitica e qualitativa alla sezione
dedicata alle PMI.
Il costante aumento delle importazioni e delle esportazioni tra il 2003 e il 2008 è stato
bruscamente invertito nel 2009, in quanto l‘interscambio dell‘UE-27 è diminuito da
577,4 miliardi di € a 294,1 miliardi di €. Le esportazioni si sono contratte del 16% a 1.094
miliardi di euro, mentre le importazioni sono diminuite del 23% a 1.200 miliardi di euro.
Queste dinamiche hanno comportato una forte riduzione del disavanzo commerciale che
non ha raggiunto i 106 miliardi di euro, meno della metà del deficit registrato nel 2008 e
il valore minimo dal 2004.
La riduzione dei flussi in uscita ed entrata le importazioni e le esportazioni ha
accelerato durante il secondo semestre del 2008; le esportazioni dopo il picco pari a
114,5 miliardi di euro ad aprile risultavano diminuite del 24% a gennaio 2009. Il calo
delle importazioni è iniziato tre mesi dopo, a luglio 2008, raggiungendo il valore più
basso a maggio 2009 con una contrazione del 32% da 141 a 96 miliardi di euro. Dopo quei
punti di minimo sia le importazioni che le esportazioni hanno registrato una lenta
ripresa.
Tabella 10 - Commercio extra-UE con i principali partner 2007-2009 (mld. €)
Esportazioni
2007 2008 2009
Var % ’09 / ’08
% 2009
Extra UE 1.240,5 1.306,5 1.094,4 -16,2% 100%
USA 261,5 249,9 204,5 -18,2% 18,7%
Cina 71,9 78,4 81,6 4,1% 7,5%
Russia 89,1 105,2 65,7 -37,6% 6,0%
Svizzera 92,8 97,7 88,6 -9,3% 81,0%
Norvegia 43,6 43,7 37,6 -14,0% 3,4%
Giappone 43,7 42,4 36,0 -15,1% 3,3%
Informest, apile 2011 36
Turchia 52,6 54,3 43,9 -19,2% 4,0%
Sud-Corea 24,8 25,6 21,5 -15,8% 2,0%
India 29,5 31,5 27,5 -12,7% 2,5%
Brasile 21,3 26,3 21,5 -18,0% 2,0%
Altri 323,3 551,6 466,0 -15,5% 42,6%
Importazioni
2007 2008 2009
Var % ’09 / ’08
% 2009
Extra UE 1.433,4 1.565,0 1.199,7 -23,3% 100,0%
USA 181,7 186,8 160,0 -14,3% 13,3%
Cina 232,7 247,9 214,7 -13,4% 17,9%
Russia 144,5 177,9 115,4 -35,1% 9,6%
Svizzera 77,0 80,3 73,8 -8,1% 6,2%
Norvegia 76,7 95,9 68,7 -28,4% 5,7%
Giappone 78,4 75,2 55,8 -25,8% 4,7%
Turchia 47,0 46,0 36,1 -21,5% 3,0%
Sud-Corea 41,4 39,6 32,0 -19,2% 2,7%
India 26,6 29,5 25,4 -13,9% 2,1%
Brasile 32,8 35,9 25,6 -28,7% 2,1%
Altri 310,8 550,2 392,2 -28,7% 32,7% Fonte: Eurostat
Il forte calo delle esportazioni dell'UE-27 nel 2009 è stato distribuito in modo non
uniforme tra i partner commerciali. Gli Stati Uniti rimangono il principale mercato di
destinazione, nonostante una flessione del 18% delle esportazioni. Tuttavia, la Russia,
che era stato il secondo più importante mercato di destinazione nel 2008, è scesa al
quarto posto, dietro la Svizzera e la Cina. Infatti le esportazioni verso la Russia sono
calate del 38% nel 2009, dopo essersi più che quadruplicate tra il 2000 e il 2008. In
particolare le esportazioni dalla Svezia e dal Regno Unito verso la Russia sono diminuite
di oltre il 50%
La quota degli Stati Uniti per le esportazioni dell'UE-27 è rimasta stabile a circa un
quinto del totale tra il 2008 e il 2009, mentre la quota della Cina è passata dal 6% al
7,5% per diventare il terzo mercato di destinazione dopo gli Stati Uniti e la Svizzera. La
Cina è l‘unico mercato di destinazione per cui le esportazioni comunitarie sono cresciute
tra il 2008 e il 2009, anche se per solo di un terzo del tasso annuale medio sul periodo
2000-2009. Non tutti gli Stati membri hanno registrato un aumento delle esportazioni
verso la Cina: le esportazioni dalla Germania verso la Cina sono aumentate di 2,4
Informest, apile 2011 37
miliardi di euro, il più alto incremento in valore, mentre quelle della Francia sono scese
di 1,1 miliardi di euro.
Le importazioni nell‘UE-27 tra il 2008 e il 2009 si sono ridotte per tutti i principali paesi
fornitori. Le importazioni dalla Cina, il maggiore mercato di origine delle importazioni,
si sono ridotte di 33 miliardi di €, mentre quelle provenienti dagli Stati Uniti e dalla
Russia si sono ridotte rispettivamente di 27 e 63 miliardi di €. La contrazione sia in
valore che percentuale - una diminuzione di oltre un terzo- delle importazioni dalla
Russia è stata la più alta registrata tra i partner commerciali . Le esportazioni russe
verso la Germania si sono contratte di 12 miliardi di euro, la più grande contrazione in
valore, mentre quelle verso la Grecia hanno registrato il decremento percentuale più
elevato pari all‘80%.
Come risultato della forbice tra decremento delle importazioni e delle esportazioni, il
deficit commerciale dell'UE-27 con i principali partner commerciali è diminuito tra il
2008 e il 2009. In particolare, il disavanzo con la Cina si è ridotto di 36,4 miliardi di
euro, mentre il deficit con la Russia e la Norvegia è diminuito di oltre 20 miliardi di
euro. Vale la pena notare che le più forti contrazioni sia per le importazioni che le
esportazioni non sono state registrate dai principali partner commerciali comunitari. Ad
esempio per quanto riguarda le esportazioni Bulgaria, Finlandia e Lituania hanno
registrato riduzioni tra il 2008 e il 2009 di circa un terzo, mentre la Grecia, la Lituania e
la Romania hanno visto le importazioni contrarsi di circa il 40%.
La riduzione complessiva delle esportazioni di merci dell'UE-27 tra il 2008 e il 2009 non
si è distribuita in modo uniforme tra i 'principali gruppi merceologici. Il calo complessivo
di 212,1 miliardi di euro si è concentrato nei due gruppi merceologici più importanti,
Macchinari e Veicoli e Altri Manufatti, scesi rispettivamente di 113,3 e 58,0 miliardi di
euro. Al contrario, le esportazioni del successivo principale gruppo merceologico, i
prodotti chimici, si sono contratte di soli 3,4 miliardi di euro.
La caduta media relativa alle importazioni di macchinari e merci dell‘ UE 27 è stata pari
a -18%. Le importazioni di prodotti energetici è sceso di 166,2 miliardi di euro, oltre un
terzo, con 22 degli stati membri che hanno registrato registrazione un contrazione
eguale o superiore al 30%. I prodotti energetici rappresentano circa il 45% del calo
complessivo delle importazioni dell'UE-27, con contrazioni in valore di circa 24 miliardi
Informest, apile 2011 38
di euro sia per la Germania che l'Italia. Tra i principali gruppi merceologici, le materie
prime hanno registrato la maggiore contrazione delle importazioni in termini relativi;
circa un quinto di questa contrazione è dovuta alle importazioni di minerale di ferro
dimezzatesi tra il 2008 e il 2009.
Secondo i dati preliminari relativi ai primi otto mesi del 2010 e diffusi da Eurostat a
metà ottobre, la crescita dell‘interscambio rispetto allo stesso periodo del 2009 si è
equivalsa; sia le importazioni che le esportazioni sono aumentate del 22%. Il deficit
commerciale è passato da 79,1% del periodo gennaio-agosto 2009 a 96,6 miliardi di euro.
Gli IDE in Uscita
Gli Investimenti Diretti Esteri in uscita dell‘Unione Europea hanno rappresentato in
media negli anni ‘90 il 50,4% del flusso annuo degli IDE in uscita globali, mentre nella
decade successiva conclusasi con la grande crisi del biennio 2008-2009 tale quota è
passata al 52,1%. Ovviamente questi valori medi sintetizzano variazioni piuttosto
significative: nella decade 1990-1999 la quota minima è stata raggiunta nel 1993 con il
38,7%, mentre la quota massima è stata registrata nel 1999 con il 66,4%; nella decade
2000-2009 in modo speculare la quota minima è stata quella del 2009 con il 35,3%
mentre il valore massimo è stato fatto registrare nel 2005 con il 68,6%. Nonostante
questa forte variabilità da anno ad anno, l‘UE come area anche grazie ai suoi due
allargamenti della decade appena conclusasi, è rimasta l‘area leader per questa
modalità di internazionalizzazione.
Nel 2009 la contrazione dei flussi in uscita è stata generalizzata ed ha riguardato tutte le
componenti ma non è stata esclusiva. Le eccezioni tra i paesi sviluppati hanno
riguardato tre stati membri dell‘UE (Danimarca, Irlanda e Svezia) e un paese europeo
come la Norvegia.
In alcuni paesi la contrazione ha superato gli 80 punti percentuali (la Gran Bretagna ha
sfiorato il 90%). Tuttavia se si considerano i primi 20 paesi a livello mondiale per quanto
riguarda gli IDE in uscita nel biennio 2008-2009, si osserva che 10 sono Stati Membri:
Francia (II° posizione), Germania (IV° posizione), Italia (VIII° posizione), Svezia (XI°)
posizione, Irlanda (XIII° posizione), Inghilterra (XIV° posizione), Olanda (XVI° posizione),
Spagna (XVII° posizione), Danimarca (XVIII° posizione), Lussemburgo (XX° posizione). La
Informest, apile 2011 39
Slovenia risulta essere nella classifica dell‘UNCTAD il primo paese tra i paesi sotto il
miliardo di dollari, seguita da Slovacchia, Romania, Lituania, Malta, Lettonia, Bulgaria ,
Ungheria e Belgio.
Tabella 11 - IDE in uscita: flussi (distribuzione percentuale)
Regione / Economia 1990 1995 2000 2005 2009
Mondo* 241.493 362.585 1.232.888 893.093 1.100.993
Economie Sviluppate 95% 85% 89% 84% 75%
Europa 58% 48% 70% 78% 40%
UE 54% 44% 66% 69% 35%
Italia 3% 2% 1% 5% 4%
Slovenia 0% 0% 0% 0% 0%
Altri paesi europei 4% 4% 4% 9% 5%
Nord America 15% 29% 15% 5% 26%
Altri paesi sviluppati 22% 8% 3% 2% 9%
PVS 5% 15% 11% 14% 21%
Africa 0% 1% 0% 0% 0%
Nord Africa 0% 0% 0% 0% 0%
Altri paesi africani 0% 1% 0% 0% 0%
Africa Occidentale 0% 0% 0% 0% 0%
Africa Centrale 0% 0% 0% 0% 0%
Africa Orientale 0% 0% 0% 0% 0%
Africa Meridionale 0% 1% 0% 0% 0%
America Latina e Caraibi 0% 2% 4% 4% 4%
Centro- e Sud- America 1% 1% 1% 2% 1%
Sud America 0% 1% 1% 1% 0%
America Centrale 0% 0% 0% 1% 1%
Caraibi -1% 1% 3% 2% 3%
Asia and Oceania 5% 12% 7% 10% 16%
Asia 5% 12% 7% 10% 16%
Asia Occidentale 0% 0% 0% 2% 2%
Asia Mer., Or. e Sud-or. 5% 12% 7% 8% 14%
Asia Orientale 4% 9% 6% 6% 11%
Asia Meridionale 0% 0% 0% 0% 1%
Asia sud-orientale 1% 3% 1% 2% 2%
Oceania 0% 0% 0% 0% 0%
Europa Sud-orientale e CSI 0% 0% 0% 2% 5%
Europa Sud-orientale 0% 0% 0% 0% 0%
CSI 0% 0% 0% 2% 5% Fonte: Elaborazione Informest su dati UNCTAD, FDI/TNC (www.unctad.org/fdistatistics) * Milioni di dollari
Informest, apile 2011 40
Se si considera l‘andamento degli IDE in uscita cumulati, cioè lo stock, si osserva un
andamento irregolare ma debolmente decrescente negli anni ‘90 della quota
percentuale dell‘UE sul totale mondiale, passata tra il 1990 ed il 1999 dal 38,8% al
35,5%. Negli anni 2000 al contrario si è manifestato un aumento della quota, passata dal
43,8% del 2000 (un salto annuo di otto punti percentuali rispetto all‘anno precedente) al
47,4% del 2009.
L‘UE è di gran lunga la regione a livello mondiale più internazionalizzata rispetto a
questo parametro. Nel 2009 lo stock di IDE in uscita dall‘area comunitaria ha superato il
47%, mentre il Nord America segue secondo con il 26% circa. Tuttavia va osservato che il
peso relativo degli Stati Uniti è diminuito di circa 16 punti percentuali tra il 1995 ed il
2009, passando dal 39% al 23%.
L‘Italia ha registrato un andamento della sua quota rispetto al totale mondiale diverso
da quello Comunitario, avendo registrato un lieve aumento tra il 1990 ed il 1998 (dal
2,9% al 3,2%) per poi perdere in due anni quasi un punto percentuale raggiungendo il
2,3% nel 2000. La crescita della quota si riavvia nel 2007 e nonostante la crisi l‘Italia
chiude con tre punti percentuali di quota nel 2009.
Se si considera il peso relativo rispetto agli IDE in uscita annui dell‘UE, si osserva che la
quota dell‘Italia ha avuto un andamento decrescente negli anni ‘90, con una quota
media del 4,8%, e crescente negli anni duemila, con una quota media del 5,8%,
raggiungendo nel 2009 l‘11,3% del totale dei flussi comunitari.
La Slovenia ha registrato dei flussi in uscita superiori ai 100 milioni di euro dal 2001 (nel
2007 ha sfiorato il miliardo di euro) e la sua quota è andata sempre aumentando
raggiungendo lo 0,22% nel 2009.
Tabella 12 - IDE in uscita: stock (distribuzione percentuale)
Regione / Economia 1990 1995 2000 2005 2009
Mondo* 2 086 818 3 606 556 7 967 460 12 416 839 18 982 118
Economie Sviluppate 93,0% 90,7% 88,9% 88,2% 84,3%
Europa 42,5% 41,3% 47,2% 50,7% 52,6%
UE 38,8% 36,7% 43,8% 46,4% 47,4%
Italia 2,9% 2,9% 2,3% 2,4% 3,0%
Slovenia 0,03% 0,02% 0,01% 0,03% 0,05%
Informest, apile 2011 41
Altri paesi europei 3,7% 4,6% 3,3% 4,3% 5,1%
Nord America 39,1% 41,1% 36,8% 32,4% 25,7%
Altri paesi sviluppati 11,4% 8,4% 4,9% 5,1% 6,1%
PVS 7,0% 9,1% 10,8% 10,5% 14,2%
Africa 1,0% 0,9% 0,6% 0,4% 0,5%
Nord Africa 0,1% 0,1% 0,0% 0,0% 0,1%
Altri paesi africani 0,9% 0,8% 0,5% 0,4% 0,4%
Africa Occidentale 0,1% 0,1% 0,1% 0,1% 0,1%
Africa Centrale 0,0% 0,0% 0,0% 0,0% 0,0%
Africa Orientale 0,0% 0,0% 0,0% 0,0% 0,0%
Africa Meridionale 0,8% 0,7% 0,4% 0,3% 0,4%
America Latina e Caraibi 2,8% 2,4% 2,6% 2,8% 3,4%
Centro- e Sud- America 2,7% 2,0% 1,4% 1,6% 1,8%
Sud America 2,4% 1,8% 1,2% 1,2% 1,4%
America Centrale 0,3% 0,3% 0,2% 0,4% 0,4%
Caraibi 0,1% 0,4% 1,1% 1,3% 1,6%
Asia and Oceania 3,2% 5,8% 7,7% 7,3% 10,3%
Asia 3,2% 5,8% 7,7% 7,3% 10,2%
Asia Occidentale 0,4% 0,3% 0,2% 0,4% 0,8%
Asia Mer., Or. e Sud-or. 2,8% 5,6% 7,5% 6,9% 9,4%
Asia Orientale 2,3% 4,1% 6,4% 5,4% 7,2%
Asia Meridionale 0,0% 0,0% 0,0% 0,1% 0,4%
Asia sud-orientale 0,5% 1,4% 1,1% 1,3% 1,8%
Oceania 0,0% 0,0% 0,0% 0,0% 0,0%
Europa Sud-orientale e CSI 0,0% 0,1% 0,3% 1,2% 1,5%
Europa Sud-orientale 0,0% 0,0% 0,0% 0,0% 0,1%
CSI 0,0% 0,1% 0,3% 1,2% 1,4%
Fonte: Elaborazione Informest su dati UNCTAD, FDI/TNC (www.unctad.org/fdistatistics) * Milioni di dollari
I BRIC sono un area di particolare interesse per le imprese europee che si sono
internazionalizzate negli ultimi anni. Per quanto riguarda gli investimenti va
osservato che, nonostante una flessione a livello di flusso manifestatasi già nel 2008
in linea con l‘evolversi della crisi (-85% nel periodo 2007-2009 per gli IDE comunitari
in entrata; -64% nello stesso periodo per gli IDE provenienti dai BRIC verso l‘UE-27),
gli stock si sono consolidati passando, per quanto riguarda gli IDE comunitari in
entrata, da poco più di 200 miliardi di euro a circa 388 miliardi di euro. Gli IDE
Informest, apile 2011 42
provenienti dai BRIC e destinati ai paesi dell‘UE-27 sono passati in stock da circa 25
miliardi di euro a circa 117 miliardi nel 2009. La Cina rappresenta il 37,8% dello stock
degli IDE comunitari verso il BRIC (i due terzi dello stock sono diretti ad Hong Kong),
seguita dal Brasile con il 31,3%, la Russia con il 25,6% e l‘India distanziata di molto al
19,4%.
Va tuttavia osservato che, nonostante tassi di crescita interessanti, i BRIC
rappresentano appena il 5% degli investimenti comunitari cumulati (stock) extra-UE e
che i BRIC come investitori pesano per il 2% nell‘UE-27. Ma tali valori sono destinati a
salire, soprattutto se si considerano i ROI (tassi di ritorno sugli investimenti) che sul
periodo 2004-2008 sono pari all‘11,5% circa rispetto ad un ROI medio degli IDE extra
comunitari dell‘8,5% circa, con valori medi del ROI per la Russia e l‘India superiori al
15%.
Tabella 13 - IDE in uscita: stock come percentuale del Pil
Regione / economia 1990 1995 2000 2005 2009
Mondo* 10,0 12,2 25,2 27,6 33,2
Economie Sviluppate 11,2 14,0 28,8 32,7 40,8
Europa 11,8 15,5 42,4 43,6 57,8
UE 11,3 14,5 41,4 41,9 55,0
Italia 5,3 9,4 16,4 16,5 27,4
Slovenia .. 3,5 4,5 9,2 18,0
Altri paesi europei 21,4 35,1 62,7 78,2 110,2
Nord America 12,8 18,7 27,9 29,8 31,2
Altri paesi sviluppati 6,9 5,2 7,5 11,4 18,2
PVS 4,1 5,9 12,9 12,5 16,5
Africa 4,6 6,8 8,3 5,9 7,9
Nord Africa 1,0 0,9 1,3 1,2 3,9
Altri paesi africani 7,1 11,0 14,4 8,8 10,5
Africa Occidentale 2,5 7,9 8,5 4,9 4,4
Africa Centrale 1,5 3,3 3,5 1,5 1,7
Africa Orientale 1,0 1,7 1,7 1,8 1,6
Informest, apile 2011 43
Africa Meridionale 11,1 13,8 20,1 12,5 16,8
America Latina e Caraibi 5,4 5,1 10,2 13,3 16,4
Centro- e Sud- America 5,3 4,3 5,9 7,4 9,0
Sud America 6,4 4,6 7,3 8,9 9,3
America Centrale 2,4 3,0 3,0 5,1 8,3
Caraibi 11,5 67,8 293,9 371,6 564,2
Asia and Oceania 3,3 6,1 14,8 13,1 17,6
Asia 3,3 6,1 14,8 13,1 17,6
Asia Occidentale 2,1 1,9 2,5 4,2 9,7
Asia Mer., Or. e Sud-or. 3,6 6,8 17,1 14,9 19,0
Asia Orientale 5,4 8,8 22,9 18,5 22,2
Asia Meridionale 0,1 0,1 0,4 1,0 4,3
Asia sud-orientale 2,8 7,7 15,1 19,7 25,2
Oceania 6,4 7,4 10,1 5,6 5,2
Europa Sud-orientale e CSI .. 0,9 6,0 14,6 16,1
Europa Sud-orientale .. 3,2 3,4 3,0 7,1
CSI .. 0,8 6,2 15,5 17,0
Fonte: Elaborazione Informest su dati UNCTAD, FDI/TNC (www.unctad.org/fdistatistics)
Un buon indicatore del livello di internazionalizzazione di una regione e/o di un paese è
il rapporto tra IDE cumulati (in uscita) e il Pil. Certamente il dato a livello comunitario è
positivo, in quanto l‘UE è l‘area geo-economica più internazionalizzata del mondo
rispetto a questo indice e mantiene un differenziale positivo di circa nove punti
percentuali rispetto agli IDE in entrata.
Al suo interno il range è tuttavia piuttosto ampio; va a tale proposito ricordato sempre il
peso della variabile dimensionale che porta i paesi con mercati interni medio - piccoli
ad avere economie più aperte/internazionalizzate rispetto a paesi con importanti
mercati interni. Gli stati membri con i quattro valori più alti del rapporto sono
nell‘ordine il Lussemburgo (148%), il Belgio (142,8%), l‘Ungheria (136,7%) e l‘Olanda
(107,4%), mentre il primo grande stato membro è l‘Inghilterra (settima con un rapporto
IDE in uscita cumulati/Pil pari al 76%).
Informest, apile 2011 44
L‘ultimo dei grandi paesi membri è proprio l‘Italia in 17-esima posizione con un valore
pari al 27,4%. La Slovenia risulta in 20-esima posizione ma il terzo tra i Nuovi Stati
Membri per apertura dopo Ungheria ed Estonia.
Tutte le componenti degli IDE in uscita hanno accusato con la crisi una contrazione
rilevante, a dire: flussi di capitale proprio,fusioni ed acquisizioni (M&A nel proseguo),
prestiti intra-aziendali. Infatti, profitti in calo e la pressione finanziaria collegata al
deleverage dei bilanci aziendali si sono tradotti nella contrazione dei profitti reinvestiti,
nel cambio di destinazione dei dividendi e nel ritiro o richiamo dei prestiti intra-
aziendali.
In particolare le spese collegate ad operazioni di M&A hanno registrato una contrazione
del 63% circa a livello mondiale e del 69% circa per l‘Ue che ha quindi visto la sua quota
sul totale spese per M&A contrarsi scendendo da circa 43 a 36 punti percentuali, ma
restando comunque la regione con quota maggioritaria. Gli Stati Membri
tradizionalmente più attivi, a dire Francia, Germania e Inghilterra hanno registrato
andamenti piuttosto divergenti, con la Francia che ha giocato un ruolo preminente con
le operazioni in valore contrattesi del 23% e considerando che i suoi acquisti hanno
rappresentato quasi la metà della spesa comunitaria. La Germania ha registrato un
andamento in linea con quello comunitario mentre il Regno Unito ha registrato un vero
proprio tracollo.
Solo sei stati membri hanno registrato un aumento della spesa per acquisti di attività
mediante M&A, a dire Portogallo, Austria, Danimarca, Svezia, Romania e Repubblica
Ceca. L‘Italia risulta essere lo stato membro con la contrazione della spesa più bassa in
termini percentuali (-13,3%) ed anche la Slovenia ha registrato una contrazione di poco
superiore (-17,2%) e comunque inferiore a quella francese. Sono nove invece gli stati
membri – compreso il Regno Unito - che hanno registrato una contrazione prossima o
superiore ai cento punti percentuali: si va dall‘Ungheria (-99,6%) al Belgio (-133,8%).
Sempre secondo il World Investment Report 2010 dell‘UNCTAD, sulle 107 operazioni
superiori al miliardo di dollari del 2009, 40 hanno visto come impresa
incorporante/acquisitrice un‘impresa residente nell‘UE: di queste 40 operazioni 19 sono
Informest, apile 2011 45
state effettuate nell‘UE ed altre 2 in Svizzera e Turchia, mentre le rimanenti sono state
effettuate altrove.
Tabella 14 - Andamento delle operazioni di M&A (acquisizioni)
Regione/Paese 2008
Mio. € 2009
Mio. € 08/'09 Var. %
2008 Quota %
2009 Quota %
Mondo 480.642 179.663 -62,6% 100,0% 100,0%
Economie Sviluppate 386.422 115.672 -70,1% 80,4% 64,4%
UE 208.663 64.528 -69,1% 43,4% 35,9%
Francia 38.644 29.903 -22,6% 8,0% 16,6%
Germania 41.728 17.491 -58,1% 8,7% 9,7%
Inghilterra 37.179 -2.551 -106,9% 7,7% -1,4%
USA 47.737 17.093 -64,2% 9,9% 9,5%
PVS 72.006 53.219 -26,1% 15,0% 29,6%
Africa 5.589 1.944 -65,2% 1,2% 1,1%
America Latina e Caraibi 3.242 2.233 -31,1% 0,7% 1,2%
Asia 64.216 48.424 -24,6% 13,4% 27,0%
Cina 25.810 15.460 -40,1% 5,4% 8,6%
India 9.172 209 -97,7% 1,9% 0,1%
Oceania 524 161 -69,2% 0,1% 0,1%
Europa Sud-orientale e CSI 13.719 5.347 -61,0% 2,9% 3,0%
Federazione Russa 11.315 5.467 -51,7% 2,4% 3,0% Fonte: Elaborazione Informest su dati UNCTAD, WIR 2010.
Il numero di operazioni di investimento a campo verde con origine uno stato membro
dell‘UE sono diminuite nel 2009 dell‘11,2%, valore inferiore a quello medio mondiale che
ha comportato un‘espansione della quota dell‘Ue relativamente al totale delle
operazioni di investimento a campo verde, risultata aumentata di quasi tre punti
percentuali rispetto al 2005. L‘UE resta saldamente l‘area da cui origina il numero
maggiore di investimenti a campo verde, distanziando di circa 23 punti percentuali il
Nord America. Il 2009 è stato un anno di ripresa dopo la contrazione del 2008 che ha
comportato una perdita di quasi otto punti di quota. Va osservato che nel quinquennio
considerato l‘UE-12 non ha aumentato la sua quota rispetto all‘UE-15 che è al contrario
passata dal 95,2% al 97,6% rispetto al totale UE-27.
In termini assoluti lo stato membro che ha registrato nel 2009 la massima contrazione di
operazioni dal suo territorio è stata la Germania (153 operazioni di investimento a
Informest, apile 2011 46
campo verde in meno rispetto al 2008), seguita dall‘Austria (91 operazioni in meno
rispetto al 2008), dal Belgio (75 operazioni in meno rispetto al 2008), dalla Finlandia (71
operazioni in meno rispetto al 2008) e dall‘Olanda (67 operazioni in meno rispetto al
2008). La Bulgaria ha registrato la massima contrazione percentuale pari al -83,3%, con
10 operazioni rispetto alle 12 del 2008, mentre la Slovenia ha registrato la nona
contrazione percentuale per intensità, pari a -41,9% (da 31 a 18 operazioni). L‘Italia ha
registrato una contrazione in linea con quella comunitaria e pari al -11,5%. Solo quattro
stati membri (Cipro, Irlanda, Spagna e Danimarca) hanno registrato nel 2009 un aumento
delle operazioni in uscita rispetto all‘anno precedente.
Tabella 15 - Operazioni di Investimento a Campo Verde per area/paese di origine
Regione / economia 2005 2006 2007 2008 2009
Mondo 10.551 12.248 12.210 16.147 13.727
Economie Sviluppate 85,8% 83,7% 84,5% 81,9% 82,0%
UE 43,4% 44,1% 48,1% 44,4% 46,3%
Italia 3,0% 2,3% 2,7% 3,0% 3,2%
Slovenia 0,4% 0,4% 0,2% 0,2% 0,1%
Altri paesi europei 3,2% 3,5% 3,7% 4,1% 3,7%
Nord America 29,6% 26,8% 24,8% 23,8% 23,6%
Altri paesi sviluppati 9,5% 9,3% 7,9% 9,5% 8,3%
PVS 12,5% 14,6% 13,9% 16,3% 16,3%
Africa 0,7% 0,7% 0,5% 1,2% 1,2%
Nord Africa 0,2% 0,2% 0,2% 0,3% 0,3%
Altri paesi africani 0,4% 0,5% 0,4% 0,9% 1,0%
America Latina e Caraibi 0,8% 1,1% 1,9% 1,3% 1,6%
Sud- America 0,6% 0,7% 1,2% 1,0% 1,1%
America Centrale 0,1% 0,2% 0,5% 0,2% 0,4%
Caraibi 0,1% 0,1% 0,2% 0,1% 0,1%
Asia 11,1% 12,8% 11,6% 13,7% 13,4%
Asia Occidentale 2,2% 3,5% 2,4% 3,6% 3,2%
Asia Mer., Or. e Sud-or. 8,8% 9,3% 9,1% 10,1% 10,2%
Oceania 0,0% 0,0% 0,0% 0,0% 0,0%
Europa Sud-orientale e CSI 1,7% 1,7% 1,6% 1,9% 1,8%
Informest, apile 2011 47
Europa Sud-orientale 0,1% 0,1% 0,1% 0,2% 0,2%
CSI 1,6% 1,6% 1,5% 1,7% 1,6%
Federazione Russa 1,3% 1,3% 1,1% 1,2% 1,1% Fonte: Elaborazione Informest su dati UNCTAD, FDI/TNC (www.unctad.org/fdistatistics)
Gli IDE in entrata
Come già osservato nei paragrafi precedenti, il processo di internazionalizzazione non
può essere visto come un processo unidirezionale. Al contrario, la crescita
dell‘interdipendenza e l‘allungarsi delle catene dell‘offerta assieme all‘aumento del
peso del commercio intra-industriale per le regioni sviluppate, hanno portato molti
analisti ad osservare che il processo di internazionalizzazione diventa tanto più bi-
direzionale più le forme di internazionalizzazione sono avanzate. Un paese che è
poco attraente per gli investitori stranieri sempre più spesso è anche un paese che
esprime qualche difficoltà ad articolare e/o intensificare il suo processo di
internazionalizzazione ―in uscita‖.
L‘UE nel suo complesso ha registrato nell‘ultimo quinquennio (2005-2009) un aumento
medio annuo dei flussi in entrata pari al 26,9%. I (primi cinque) paesi che hanno
registrato la performance migliore in questo periodo sono stati: l‘Olanda (333,5%), la
Grecia (143,2%), l‘Ungheria (73,3%), l‘Austria (68,4%) e il Lussemburgo (63,4%). Il
primo dei grandi stati membri è la Francia in 11-esima posizione (28,0%) seguita
dall‘Italia (27,9%) e dal Regno Unito (24,3%). La Slovenia è in 21-esima posizione con
il 7,8%, terzultima dei paesi con valori medi positivi, mentre Slovacchia, Finlandia,
Germania ed Irlanda hanno registrato nel quinquennio tassi medi negativi, pari al -
106,6% nel caso tedesco e al -167,1% per l‘Irlanda.
Nel 2009 i flussi di IDE in entrata nell'Unione Europea (UE-27) sono scesi del 33% in
dollari e del 29% in euro (a 362 miliardi dollari; 262 miliardi di euro), contrazione
nettamente inferiore rispetto a quelle del Nord America e del Giappone ed anche
inferiori a quella mondiale (-37%).
Tuttavia nel 2009 la Germania (45,3%) e l‘Italia (79,3%) sono stati due dei 5 stati
membri (gli altri sono la Danimarca, il Lussemburgo e Cipro) che hanno registrato
Informest, apile 2011 48
tassi di crescita positivi del flusso annuo in entrata11, mentre gli altri 22 stati membri
hanno registrato tassi negativi.
Tabella 16 - IDE in entrata: flussi (distribuzione percentuale)
Regione / Economia 1990 1995 2000 2005 2009
Mondo* 207.697 342.544 1.401.466 985.796 1.114.189
Economie Sviluppate 83,1% 65,0% 81,2% 63,4% 50,8%
Europa 50,3% 39,9% 51,7% 51,6% 34,0%
UE 46,8% 38,5% 49,8% 50,9% 32,5%
Italia 3,1% 1,4% 1,0% 2,0% 2,7%
Slovenia 0,0% 0,0% 0,0% 0,1% 0,0%
Altri paesi europei 3,4% 1,4% 1,9% 0,7% 1,5%
Nord America 27,0% 19,9% 27,2% 13,2% 13,3%
Altri paesi sviluppati 5,8% 5,2% 2,3% -1,5% 3,5%
PVS 16,9% 33,8% 18,3% 33,5% 42,9%
Africa 1,4% 1,7% 0,7% 3,9% 5,3%
Nord Africa 0,6% 0,4% 0,2% 1,2% 1,6%
Altri paesi africani 0,8% 1,3% 0,5% 2,6% 3,6%
Africa Occidentale 0,7% 0,5% 0,2% 0,7% 0,9%
Africa Centrale 0,0% 0,0% 0,0% 0,3% 0,5%
Africa Orientale 0,1% 0,1% 0,1% 0,1% 0,3%
Africa Meridionale 0,0% 0,7% 0,2% 1,5% 1,9%
America Latina e Caraibi 4,3% 8,6% 7,0% 7,7% 10,5%
Centro- e Sud- America 3,9% 8,5% 5,5% 7,1% 6,5%
Sud America 2,4% 5,4% S4,1% 4,5% 4,9%
America Centrale 1,5% 3,0% 1,4% 2,7% 1,6%
Caraibi 0,4% 0,2% 1,5% 0,6% 4,0%
Asia and Oceania 11,2% 23,6% 10,6% 21,9% 27,2%
Asia 10,9% 23,4% 10,6% 21,9% 27,0%
Asia Occidentale 0,4% 0,7% 0,3% 4,5% 6,1%
Asia Mer., Or. e Sud-or. 10,5% 22,7% 10,4% 17,4% 20,9%
Asia Orientale 4,2% 13,6% 8,3% 11,8% 13,9%
Asia Meridionale 0,1% 0,8% 0,3% 1,5% 3,7%
Asia sud-orientale 6,2% 8,2% 1,7% 4,1% 3,3%
Oceania 0,3% 0,2% 0,0% 0,0% 0,2%
Europa Sud-orientale e CSI 0,0% 1,2% 0,5% 3,2% 6,3%
Europa Sud-orientale 0,0% 0,1% 0,1% 0,5% 0,7%
CSI 0,0% 1,1% 0,4% 2,7% 5,6% Fonte: Elaborazione Informest su dati UNCTAD, FDI/TNC (www.unctad.org/fdistatistics)* Milioni di dollari
11 In Germania l‘espansione degli IDE in entrata è stata trainata dalla ripresa nei prestiti intra-aziendali a
seguito di una serie di importanti ristrutturazioni aziendali.
Informest, apile 2011 49
In particolare risalta in dato dell‘Inghilterra che per il secondo anno consecutivo ha
subito una contrazione del 50% circa (esattamente -50,9% nel 2008 e -50,1% nel 2009) a
causa delle ripercussioni sul settore finanziario oltre che sul sistema economico nel suo
insieme. La diminuzione di flussi più consistenti in valore è stata registrata nell‘ordine
da Belgio, Ungheria e Spagna. La Slovenia risulta penultima tra gli stati membri con una
contrazione del 103,5%.
Tabella 17 - IDE in entrata: stock (distribuzione percentuale, Mondo=100)
Regione / economia 1990 1995 2000 2005 2009
Mondo* 2.086.818 3.606.556 7.967.460 12.416.839 18.982.118
Economie Sviluppate 93,0% 90,7% 88,9% 88,2% 84,3%
Europa 42,5% 41,3% 47,2% 50,7% 52,6%
UE 38,8% 36,7% 43,8% 46,4% 47,4%
Italia 2,9% 2,9% 2,3% 2,4% 3,0%
Slovenia 0,0% 0,0% 0,0% 0,0% 0,0%
Altri paesi europei 3,7% 4,6% 3,3% 4,3% 5,1%
Nord America 39,1% 41,1% 36,8% 32,4% 25,7%
Altri paesi sviluppati 11,4% 8,4% 4,9% 5,1% 6,1%
PVS 7,0% 9,1% 10,8% 10,5% 14,2%
Africa 1,0% 0,9% 0,6% 0,4% 0,5%
Nord Africa 0,1% 0,1% 0,0% 0,0% 0,1%
Altri paesi africani 0,9% 0,8% 0,5% 0,4% 0,4%
Africa Occidentale 0,1% 0,1% 0,1% 0,1% 0,1%
Africa Centrale 0,0% 0,0% 0,0% 0,0% 0,0%
Africa Orientale 0,0% 0,0% 0,0% 0,0% 0,0%
Africa Meridionale 0,8% 0,7% 0,4% 0,3% 0,4%
America Latina e Caraibi 2,8% 2,4% 2,6% 2,8% 3,4%
Centro- e Sud- America 2,7% 2,0% 1,4% 1,6% 1,8%
Sud America 2,4% 1,8% 1,2% 1,2% 1,4%
America Centrale 0,3% 0,3% 0,2% 0,4% 0,4%
Caraibi 0,1% 0,4% 1,1% 1,3% 1,6%
Asia and Oceania 3,2% 5,8% 7,7% 7,3% 10,3%
Asia 3,2% 5,8% 7,7% 7,3% 10,2%
Asia Occidentale 0,4% 0,3% 0,2% 0,4% 0,8%
Asia Mer., Or. e Sud-or. 2,8% 5,6% 7,5% 6,9% 9,4%
Asia Orientale 2,3% 4,1% 6,4% 5,4% 7,2%
Asia Meridionale 0,0% 0,0% 0,0% 0,1% 0,4%
Asia sud-orientale 0,5% 1,4% 1,1% 1,3% 1,8%
Oceania 0,0% 0,0% 0,0% 0,0% 0,0%
Europa Sud-orientale e CSI 0,0% 0,1% 0,3% 1,2% 1,5%
Informest, apile 2011 50
Europa Sud-orientale 0,0% 0,0% 0,0% 0,0% 0,1%
CSI 0,0% 0,1% 0,3% 1,2% 1,4% Fonte: Elaborazione Informest su dati UNCTAD, FDI/TNC (www.unctad.org/fdistatistics) * Milioni di dollari
Un buon indicatore del livello di internazionalizzazione in entrata è certamente il
rapporto tra IDE in entrata cumulati ed il Pil. Come si osservava in precedenza, un
differenziale significativo tra livelli di Internazionalizzazione in entrata ed
internazionalizzazione in uscita è un sintomo più negativo che positivo per una regione
e/o un paese. L‘UE ha da questo punto di vista registrato una dinamica senz‘altro
positiva ed il suo grado di apertura, pari al 46,5% nel 2009, è il più alto tra le aree geo-
economiche ad essa comparabili. L‘Italia al contrario registra valori molto bassi non solo
rispetto alla media UE ma anche rispetto alla media mondiale; rispetto al valore
percentuale mondiale l‘Italia registra valori quasi dimezzati da almeno venti anni, a
indicare un ritardo strutturale. Anche l‘economia Slovena registra un certo ritardo
rispetto alla media UE, tuttavia il peso percentuale sul Pil degli IDE cumulati in entrata
ha superato nel 2009 la media mondiale.
Tabella 18 - IDE in entrata: stock come percentuale del Pil
Regione / economia 1990 1995 2000 2005 2009
Mondo 9,8% 11,4% 23,3% 25,4% 30,7
Economie Sviluppate 9,0% 10,8% 23,0% 25,5% 31,5%
Europa 10,7% 12,7% 27,5% 34,2% 46,5%
UE 10,6% 12,5% 27,5% 34,1% 45,5%
Italia 5,3% 5,8% 11,0% 12,6% 18,6%
Slovenia .. 12,6% 17,0% 20,2% 31,4%
Altri paesi europei 13,0% 16,1% 27,6% 36,7% 66,4%
Nord America 10,2% 14,2% 28,6% 23,4% 23,4%
Altri paesi sviluppati 2,8% 2,9% 4,1% 7,8% 10,5%
PVS 13,6% 14,6% 25,0% 25,2% 29,1%
Africa 12,1% 17,0% 26,0% 27,3% 34,6%
Nord Africa 12,6% 16,2% 17,4% 22,9% 32,5%
Informest, apile 2011 51
Altri paesi africani 11,8% 17,5% 32,7% 29,8% 36,0%
Africa Occidentale 16,5% 33,7% 39,7% 29,3% 35,5%
Africa Centrale 9,8% 15,0% 19,8% 29,5% 41,5%
Africa Orientale 4,2% 6,3% 14,4% 17,7% 20,3%
Africa Meridionale 11,7% 14,2% 36,9% 33,0% 40,3%
America Latina e Caraibi 9,9% 10,5% 24,3% 29,7% 36,5%
Centro- e Sud- America 9,7% 10,3% 21,5% 26,2% 29,8%
Sud America 9,8% 9,3% 23,4% 26,3% 27,6%
America Centrale 9,7% 14,3% 17,7% 25,9% 36,2%
Caraibi 13,4% 14,2% 81,5% 99,8% 187,5%
Asia and Oceania 15,8% 16,3% 25,2% 23,1% 25,8%
Asia 15,8% 16,3% 25,2% 23,1% 25,7%
Asia Occidentale 8,8% 8,5% 8,8% 15,6% 25,6%
Asia Mer., Or. e Sud-or. 17,4% 17,6% 28,4% 24,7% 25,8%
Asia Orientale 25,9% 21,0% 31,7% 26,0% 25,4%
Asia Meridionale 1,3% 2,6% 4,2% 6,1% 11,2%
Asia sud-orientale 18,2% 22,6% 44,5% 44,7% 46,3%
Oceania 24,9% 22,5% 29,9% 26,3% 44,1%
Europa Sud-orientale e CSI .. 2,1% 15,6% 25,3% 27,5%
Europa Sud-orientale .. 2,7% 14,1% 27,8% 52,8%
CSI .. 2,1% 15,7% 25,0% 25,3%
Fonte: Elaborazione Informest su dati UNCTAD, FDI/TNC (www.unctad.org/fdistatistics)
La crisi finanziaria globale non ha solo causato un rallentamento del processo di
internazionalizzazione ed in particolare una contrazione dei flussi di capitale in entrata
ed uscita, ma ha anche determinato una sensibile redistribuzione tra le diverse
modalità. In particolare l‘instabilità dei mercati finanziari ha annullato il vantaggio
competitivo in termini di informazioni che le operazioni di M&A hanno sugli investimenti
a campo verde. Al momento un ritorno verso una situazione meno incerta, con capitali
meno scarsi e mercati azionari stabili non è verosimile nel breve periodo.
Informest, apile 2011 52
Anche nel caso delle vendite legate a operazioni di fusione e acquisizione l‘UE ha
registrato una contrazione del 51% circa, inferiore a quella media mondiale. Tale
differenziale spiega il guadagno di oltre dieci punti in termini di quota percentuale che
ha rafforzato la leadership comunitaria a livello mondiale, nonostante la performance
del Regno Unito che ha visto dimezzarsi la sua quota a livello mondiale dal 21% al 10%
circa.
Anche l‘Asia ha guadagnato quota superando il 15%, mentre il paese che ha più scontato
l‘effetto negativo del ribilanciamento delle modalità di investimento estero sono gli
Stati Uniti che hanno visto la loro quota passare da circa 32 punti percentuali a circa 16
punti percentuali.
Tra gli stati membri solo 9 nel 2009 non hanno registrato una contrazione in valore delle
vendite legate ad operazioni di fusione e acquisizione, di cui 5 – tra cui l‘Italia - hanno
registrato una inversione da valori negativi a positivi. La Slovenia è il paese con la
massima contrazione percentuale avendo azzerato le vendite nel 2009, mentre per
cinque stati membri (Svezia, Grecia, Slovacchia, Francia e Regno Unito) la contrazione è
compresa tra il 94% ed l‘82%. La Germania presenta un valore (-58%) vicino alla media
UE.
Imprese appartenenti a paesi comunitari sono state incorporate/acquisite in 20
operazioni superiori al miliardo di dollari da imprese extra-comunitarie (di cui due
svizzere.) La capacità di attratte ed effettuare M&A fuori dal territorio comunitario si
equivale così in termini assoluti se si considerano le precedenti operazioni di
incorporazione/acquisizione da parte di imprese di paesi comunitari.
Tabella 19 - Andamento delle operazioni di M&A (vendite)
Regione/Paese 2008
Mio. € 2009
Mio. € 08/'09 Var. %
2008 Quota %
2009 Quota %
World 480.642 179.663 -62,6% 100,0% 100,0%
Paesi Sviluppati 395.506 146.425 -63,0% 82,3% 81,5%
UE 170.863 83.616 -51,1% 35,5% 46,5%
Francia 3.122 521 -83,3% 0,6% 0,3%
Germania 21.708 9.201 -57,6% 4,5% 5,1%
Inghilterra 100.509 18.104 -82,0% 20,9% 10,1%
USA 154.725 28.838 -81,4% 32,2% 16,1%
Informest, apile 2011 53
PVS 71.301 28.113 -60,6% 14,8% 15,6%
Africa 14.417 3.698 -74,3% 3,0% 2,1%
America Latina e Caribi 10.512 -3.135 -129,8% 2,2% -1,7%
Sud America 5.525 -3.843 -169,6% 1,1% -2,1%
Asia 46.877 27.547 -41,2% 9,8% 15,3%
Cina 3.657 7.840 114,4% 0,8% 4,4%
India 7.093 4.352 -38,6% 1,5% 2,4%
Oceania -505 3 -100,5% -0,1% 0,0%
Europa Sud-orientale e CSI 13.835 5.126 -63,0% 2,9% 2,9%
Europa Sud-orientale 522 381 -27,0% 0,1% 0,2%
Federazione Russa 9.188 3.654 -60,2% 1,9% 2,0% Fonte: Elaborazione Informest su dati UNCTAD, WIR 2010.
Nel quinquennio 2005-2009 l‘UE ha perso rilevanza a livello mondiale come area di
destinazione di operazioni di investimento a campo verde. Infatti il suo peso percentuale
è passato dal 37,6% al 30,2%, una perdita di circa sette punti percentuali che sono
andati ad aumentare le quote dell‘America Latina e dell‘Asia Occidentale.
All‘interno dell‘UE-27 va osservato che i nuovi stati membri dell‘allargamento del 2004 e
del 2007 (UE-12) non hanno aumentato la loro quota nei confronti dell‘UE-15, al
contrario l‘UE-15 è passata dal 64,9% al 78,1%.
Il numero di operazioni di investimento a campo verde con destinazione uno stato
membro sono diminuite nel 2009 del 24,2%, valore superiore a quello medio mondiale
che ha comportato una diminuzione della quota a carico dell‘Ue relativamente al totale
delle operazioni di investimento a campo verde. Il 2009 è stato tuttavia il quarto anno
consecutivo di contrazione di questa quota: dal 2006 l‘UE, nonostante l‘allargamento del
2007, ha perso 8 punti di quota.
In termini assoluti lo stato membro che ha registrato la massima contrazione di
operazioni verso il suo territorio è stata la Francia (272 operazioni di investimento a
campo verde in meno rispetto al 2008), seguita dalla Germania (254 operazioni in meno
rispetto al 2008),dalla Spagna (161 operazioni in meno rispetto al 2008), dalla Romania
(155 operazioni in meno rispetto al 2008) e dalla Polonia (148 operazioni in meno
rispetto al 2008). La Slovenia ha registrato la massima contrazione percentuale (con 11
operazioni rispetto alle 23 del 2008), mentre l‘Italia ha registrato una contrazione
percentuale in linea con quella comunitaria. Solo tre stati membri (Svezia, Regno Unito
Informest, apile 2011 54
e Malta) hanno registrato nel 2009 un aumento delle operazioni in entrata rispetto
all‘anno precedente.
Tabella 20 - Operazioni di Investimento a Campo Verde per area/paese di destinazione
Regione / economia 2005 2006 2007 2008 2009
Mondo 10.551 12.248 12.210 16.147 13.727
Economie Sviluppate 48,7% 50,1% 51,9% 45,7% 45,5%
UE 37,6% 38,7% 38,6% 33,9% 30,2%
Italia 1,3% 1,2% 1,5% 1,4% 1,2%
Slovenia 0,2% 0,2% 0,2% 0,1% 0,1%
Altri paesi europei 0,9% 1,1% 1,5% 1,4% 1,2%
Nord America 7,5% 7,5% 8,5% 7,3% 10,7%
Altri paesi sviluppati 2,6% 2,8% 3,3% 3,2% 3,4%
PVS 42,7% 43,5% 41,7% 47,0% 48,4%
Africa 4,4% 3,6% 3,2% 5,2% 5,0%
Nord Africa 2,0% 1,6% 1,6% 2,2% 1,9%
Altri paesi africani 2,4% 2,0% 1,5% 3,0% 3,1%
America Latina e Caraibi 5,4% 4,8% 6,7% 7,1% 8,8%
Sud- America 3,5% 2,8% 3,7% 3,9% 4,9%
America Centrale 1,6% 1,7% 2,6% 2,7% 3,5%
Caraibi 0,3% 0,3% 0,3% 0,4% 0,4%
Asia 33,0% 35,1% 31,9% 34,7% 34,5%
Asia Occidentale 4,7% 5,7% 4,8% 6,8% 7,3%
Asia Mer., Or. e Sud-or. 28,2% 29,4% 27,0% 27,9% 27,2%
Oceania 0,0% 0,0% 0,0% 0,1% 0,1%
Europa Sud-orientale e CSI 8,6% 6,3% 6,4% 7,2% 6,1%
Europa Sud-orientale 1,4% 1,1% 1,3% 1,4% 1,0%
CSI 7,2% 5,2% 5,1% 5,8% 5,1%
Federazione Russa 4,9% 3,2% 3,1% 3,6% 2,9% Fonte: Elaborazione Informest su dati UNCTAD, FDI/TNC (www.unctad.org/fdistatistics)
LA dinamica divergente dell‘ultimo quinquennio in termini di attrattività degli IDE tra
UE-15 e UE-12 non è facilmente spiegabile anche perché è contro-intuitiva rispetto alla
nozione di convergenza strutturale. I dati di più lungo periodo non aiutano a
Informest, apile 2011 55
comprendere questa dinamica divergente, come illustrano le tabelle seguenti relative
all‘Indice di Performance degli IDE in entrata ed all‘Indice del Potenziale per gli Ide in
entrata.
La discesa del valore del ranking medio per l‘Indice di Performance sul periodo 1990-
2009 è maggiore per l‘UE-15 rispetto all‘UE-12 ed oltretutto si nota dai dati annuali sul
periodo 2005-2009 che l‘andamento del ranking medio dopo il 2005 è divenuto irregolare
per l‘UE-12 a differenza di un andamento decrescente e più regolare per l‘UE-15.
Tabella 21 - Andamento del ranking medio dell‘Indice di Performance per gli IDE in
entrata (UE-15 ed UE-12)
1990 1995 2000 2005 2009
UE-15 44 61 45 51 78
UE-12 49 56 42 70 72
UE-27 46 59 44 60 75
Fonte: Elaborazione Informest su dati UNCTAD, FDI/TNC (www.unctad.org/fdistatistics)
Questo sta a significare performance piuttosto divergenti tra i nuovi stati membri12 e
performance via via meno brillanti per la maggioranza dei vecchi stati membri che tra il
2008 ed il 2008 hanno registrato una caduta del ranking medio di 15 posizioni a
differenza di un recupero del ranking medio dei nuovi stati membri di 14 posizioni.
L‘andamento del ranking medio del Potenziale per gli IDE in entrata non discrimina in
modo significativo tra i due gruppi.
Tabella 22 - Andamento del ranking medio del Potenziale per gli IDE in entrata (UE-15 ed
UE-12)
1990 1995 2000 2005 2009
UE-15 25 36 36 34 35
UE-12 27 38 33 31 34
12
Bulgaria, Repubblica Ceca ed Estonia nel 2009 sono risultate rispettivamente in seconda, 11-esima e 22-esima
posizione nella classifica di 141 paesi, mentre la Romania, la Slovacchia e la Slovenia sono risultate rispettivamente in
seconda, 115-esima, 117-esima posizione e 134-esima posizione.
Informest, apile 2011 56
UE-27 26 37 35 33 35
Fonte: Elaborazione Informest su dati UNCTAD, FDI/TNC (www.unctad.org/fdistatistics)
4.1 L‘internazionalizzazione delle PMI europee
Le PMI europee hanno registrato una crescita straordinaria tra il 2002 ed il 2008,
passando da 18,3 a 20,8 milioni, e creando gran parte della domanda di lavoro (9,4
milioni di posti tra il 2002 ed il 2008). In questo periodo vi è stata anche una
convergenza strutturale tra vecchi e nuovi stati membri, con il numero medio di addetti
per PMI che risultava nel 2008 pari a 6,0 addetti nell‘UE-12 ed a 6,5 addetti nell‘UE-15.
Dallo scoppio della crisi finanziaria, questi sviluppi sembrano essere stati interrotti,
anche se vi sono indicazioni che, almeno nelle prime fasi della crisi, le PMI dell'UE
abbiano dimostrato di essere relativamente resistenti13.
Mentre il 2008 ha registrato una decelerazione, le stime preliminari per il 2009 indicano
uno sviluppo stagnante per quanto riguarda, ad esempio, il numero di PMI. Inoltre, le
stime per la produzione attribuibile alle PMI nel 2009 suggeriscono un calo del 5,5%
rispetto al 2008. Nel 2009, questo è accaduto soprattutto alle imprese di medie e grandi
dimensioni, mentre per piccole e micro imprese questo calo è stimato essere stato meno
pronunciato. Nel 2010, anche se la crescita della produzione dovrebbe lentamente
riprendersi, il ritardato adeguamento della forza lavoro al livello della produzione
effettiva dovrebbe tradursi in un calo significativo relativamente dell'occupazione nelle
piccole e micro imprese. Tra il 2009 ed il 2010, le PMI dell'UE-27 dovrebbero perdere un
totale di 3,25 milioni di posti di lavoro.
13 In risposta alla crisi economica, il Piano europeo di ripresa economica è stata presentato nel febbraio
2008. Questo piano ha proposto un approccio coordinato tra tutti gli Stati membri ed azioni a livello
europeo. Il piano di recupero è stato ancorato al Patto di Stabilità e alla strategia di Lisbona per la
Crescita e l‘Occupazione. Nell‘adottare lo Small Business Act (SBA) un piano d'azione SBA di misure è stato
concordato per rispondere meglio alle esigenze delle piccole e medie imprese nella crisi economica. Per
quanto riguarda i loro effetti per le PMI, le azioni di politica da parte degli Stati membri, della
Commissione europea e delle banche centrali si sono focalizzate sull'accesso ai finanziamenti,
occupazione, entrata / uscita e domanda di mercato.
Informest, apile 2011 57
Le micro e piccole imprese sono comparativamente più presenti nei settori dell‘edilizia,
nell‘alberghiero e nella ristorazione, nei servizi alle imprese e in aree del commercio al
dettaglio e all'ingrosso e sono fortemente orientate verso il mercato al consumo interno
rispetto alle grandi imprese. I fattori di crescita nell‘attuale congiuntura sono legati alla
ripresa selettiva delle esportazioni, quindi le micro e piccole imprese sono sfavorite, da
questo punto di vista, rispetto alle medie imprese.
Tabella 23 – Previsioni sulla crescita del Valore Aggiunto Lordo al costo dei Fattori
2009 2010 2011
Micro Imprese -4,6% 0,9% 1,7%
Piccole Imprese -5,7% 0,8% 1,0%
Medie Imprese -6,4% 1,0% 2,2%
PMI -5,5% 0,9% 1,9%
Fonte : ECB/EC (2010)
Nel lungo periodo, il fattori alla base del precedente trend di crescita del numero di
imprese nell'UE, tra cui la rivoluzione di Internet, la crescita del settore dei servizi e gli
sviluppi istituzionali che favoriscono il lavoro autonomo, dovrebbero rimanere attivi nei
prossimi anni.
La ripresa del ciclo economico, soprattutto il suo ritmo, dipenderà però da come le PMI
dei singoli stati reagiranno alle difficoltà contingenti: un riscontro aggiornato proviene
dall‘Indagine periodica sull‘Accesso al Finanziamento della BCE i cui risultati per il
periodo marzo-settembre sono stati resi noti all‘inizio della terza decade di ottobre.
Tabella 24 – Il vincolo più stringente nel periodo marzo-settembre 2010
Domanda Pressione
Della Concorrenza
Accesso ai
finanziamenti
Costi di produzione o del
lavoro
Micro 31% 15% 17% 10%
Piccole 24% 15% 16% 13%
Medie 27% 18% 11% 12%
PMI 28% 15% 15% 11%
Disponibilità di
lavoratori qualidficati Questioni
Regolamentative Altro Non So /
Non disponibile
Informest, apile 2011 58
o manager esperti
Micro 9% 7% 8% 3%
Piccole 15% 6% 8% 3%
Medie 17% 6% 8% 3%
PMI 13% 7% 8% 3% Fonte : ECB/EC (2010)
Il dato più positivo è il fatto che, rispetto alla precedente indagine, il numero di PMI che
lamentava come difficoltà principale l‘accesso al finanziamento sia passato dal 19% al
15%, tuttavia è rimasto costante il dato relativo alla domanda che continua a permanere
il primo fattore critico con un ―peso‖ sul totale delle PMI che è rimasto invariato al 28%.
Ma come influirà la crisi sulle determinati lunghe del processo di internazionalizzazione?
A tale proposito vanno citati i risultati di una indagine effettuata ad aprile 2009 su un
campione di quasi 9.700 micro, piccole e medie imprese europee pubblicata dalla
Commissione Europea nell‘anno corrente che dipingono un quadro articolato dei modi,
tempi e forme dell‘internazionalizzazione delle PMI europee.
Il dati quantitativi di sintesi più salienti sono i seguenti:
a) solo una parte ridotta tra le PMI che internazionalizzano varca i confini del
Mercato Unico (il 28% rispetto al 44%);
b) la forma più diffusa di internazionalizzazione è l‘interscambio commerciale;
c) il 25% delle PMI europee esporta ed il 13% esporta anche in paesi non-membri;
d) il 29% delle PMI europee importa ed il 14% importa anche da paesi non-membri;
e) il 7% delle PMI europee ha concluso accordi di cooperazione tecnologica con un
partner estero;
f) il 7% delle PMI europee sono sub-fornitori di un partner estero;
g) il 7% delle PMI europee hanno sub-fornitori esteri;
h) il 2% delle PMI europee ha effettuato operazioni di investimento diretto estero.
4.1.1 Caratteristiche-base delle imprese/paese
La distinzione tra micro, piccole e medie imprese acquista significato alla luce di una
delle principali conclusioni dell‘indagine, conclusione che rafforza una delle osservazioni
Informest, apile 2011 59
di sintesi presentata nella premessa di questa analisi: le caratteristiche quantitative e
qualitative/gestionali delle imprese sembrano essere il fattore esplicativo principe della
loro capacità di internazionalizzarsi. Non è allora casuale che il grado di
internazionalizzazione, a dire la quota di imprese che internazionalizza sul totale della
propria classe di grandezza, cresce al crescere della grandezza/classe di grandezza
indipendentemente dalla modalità dell‘internazionalizzazione (interscambio,
investimenti diretti, accordi di cooperazione tecnologica o sub-fornitura). Le imprese
che nel triennio 2006-2008 hanno avuto qualche forma di attività internazionale sono
state il 43% delle micro-imprese, il 58% delle piccole imprese e bel il 73% delle medie
imprese europee per una quota relativa al totale delle PMI europee pari al 44%. Uno dei
principali fattori di competitività per una impresa che ha una chiara ricaduta in termini
di capacità di internazionalizzazione, la capacità di innovazione, dipende dalla
grandezza dell‘impresa. Infatti l‘ ammortamento dei costi fissi della Ricerca e Sviluppo
su un volume di produzione maggiore rende più agevole l‘adozione di innovazioni di
processo e prodotto. Ma la grandezza di una impresa dipende anche, secondo un
approccio recente, dalla grandezza del mercato di riferimento.
Tabella 25 – Incidenza della modalità di internazionalizzazione sul totale delle PMI
europee
Quota % di imprese interessate alla modalità di internazionalizzazione
Esportazioni 25%
Importazioni 29%
Esportazioni e Importazioni 16%
IDE, Accordo di cooperazione tecnologica, Sub-fornitura 17%
Almeno un attività internazionale 44%
Fonte: Survey 2009, Internationalization of European SMEs EIM/GDCC
Il differenziale tra micro- e medie- imprese tuttavia non è costante ma si accentua man
mano che la modalità di internazionalizzazione si fa più complessa. Infatti se per
l‘interscambio commerciale il rapporto tra quote delle micro imprese e delle imprese
Informest, apile 2011 60
medie è circa 1: 2, tale rapporto diventa 1:3 per la cooperazione tecnologica e 1:8 per
gli Investimenti Diretti Esteri.
Tabella 26 – Quota di imprese UE per modalità di internazionalizzazione e classe di grandezza
Quota % di imprese interessate alla modalità di internazionalizzazione
Micro Piccole Medie
Esportazioni 24% 38% 53%
Importazioni 28% 39% 55%
IDE 2% 6% 16%
Accordo di cooperazione tecnologica 7% 12% 22%
Sub-fornitura 7% 11% 17%
Accordo con sub-fornitori 7% 12% 16% Fonte: Survey 2009, Internationalisation of European SMEs EIM/GDCC
Una seconda caratteristica-base delle imprese, la loro età, è correlata in modo
significativo al loro grado di internazionalizzazione nel caso delle esportazioni ed
importazioni, quindi dell‘interscambio, mentre la correlazione è nettamente più debole
per le altre forme di internazionalizzazione. L‘incidenza massima per le altre modalità
di internazionalizzazione si registra per la classe di età 5-9 anni.
Tabella 27 – Quota di imprese UE per modalità di internazionalizzazione e classe di età
0-4 anni 5-9 anni 10-24 anni 25 e più anni
Esportazioni 17% 22% 27% 29%
Importazioni 25% 25% 28% 34%
IDE 2% 4% 2% 2%
Accordo di cooperazione tecnologica 7% 8% 8% 6%
Sub-fornitura 6% 14% 8% 7%
Accordo con sub-fornitori 6% 10% 7% 7% Fonte: Survey 2009, Internationalisation of European SMEs EIM/GDCC
Un'altra conclusione dell‘analisi, in parte più scontata in quanto già evidenziata sia a
livello teorico ed empirico, è il crescere del livello di internazionalizzazione al crescere
della grandezza del paese. Il grado di apertura di un paese è infatti inversamente
proporzionale alla grandezza del mercato interno. Una PMI di una paese baltico, della
Slovenia o della Repubblica Ceca ma anche della Svezia, è più interessata e/o spinta a
cercare partner stranieri rispetto ad una PMI di un grande paese come la Germania, la
Informest, apile 2011 61
Francia o l‘Italia. L‘appartenenza ad un‘area di confine non sembra in media correlata
ad un livello maggiore di internazionalizzazione.
4.1.2 Interscambio
Relativamente ai flussi di interscambio ―puri‖ va osservato quanto detto all‘inizio
notando che molti sistemi locali, in primis distretti e cluster strutturati, estendono a
livello internazionale la catena dell‘offerta riproducendo il meccanismo locale: le loro
operazioni avvengono tramite i flussi di mercato, non con transazioni intra-(gruppo). Ciò
Quindi flussi commerciali sono utilizzati proprio per estendere a livello internazionale la
catena dell‘offerta e questo può avvenire secondo modalità differenti, sulla base di
diversi regimi di outsourcing: integrazione verticale o orizzontale, accordi di
collaborazione o pure transazioni di mercato
Si può poi osservare che anche l‘interscambio cresce, come sottolineato dalla Tabella
28, al crescere della classe dimensionale.
Tabella 28 – Imprese che hanno esportato almeno una volta nel biennio 2006-2008 (per sub-area UE)
Si No Non sa /
non risponde
GSM 23% 77% 0%
Paesi Nordici 32% 68% 0%
Benelux 33% 66% 1%
UE centro – orientale 28% 70% 1%
UE sud – orientale 19% 81% 0%
Altri Paesi 30% 70% 0%
Totale 26% 74% 0% Legenda: Benelux: Belgio, Olanda, Lussemburgo. GSM (Grandi Stati Membri) = Germania, Francia, Italia, Regno Unito, Spagna, Polonia. UE Centro-orientale: Repubblica Ceca, Slovenia, Slovacchia, Ungheria. Fonte: Survey 2009, Internationalisation or European SMEs EIM/GDCC
Tuttavia è interessante notare che il differenziale tra le percentuali di PMI che hanno
esportato e quelle che hanno importato cambia segno a seconda dei gruppi di stati
membri considerati. Se le percentuali sono più o meno in equilibrio con uno scarto
medio negativo di un punto percentuale per i grandi stati membri, il differenziale
diventa pari a 5 punti percentuali per il Benelux e l‘UE centro-orientale e poi pari a 15
punti percentuali per l‘Europa sud-orientale.
Informest, apile 2011 62
Totale 29 – Principali aree di Esportazione
Other
European Union
Other European countries
North Africa Russia
Middle East
North America
Italy 83% 34% 29% 14% 16% 29%
GSM 76% 28% 16% 10% 15% 19%
Paesi Nordici 83% 21% 2% 13% 6% 16%
Benelux 78% 27% 14% 9% 14% 16%
UE centro – orientale 91% 25% 0% 3% 1% 1%
UE sud – orientale 73% 17% 3% 4% 14% 10%
UE-15 76% 30% 19% 12% 17% 21%
UE-12 83% 20% 1% 7% 3% 3%
Totale 76% 27% 14% 10% 14% 17%
Other South and Central America Altri BRIC Japan
Australia/New Zealand
Other Asia
Other Africa
Italy 11% 13% 10% 10% 10% 13%
GSM 12% 9% 6% 9% 8% 11%
Paesi Nordici 4% 9% 5% 9% 12% 7%
Benelux 6% 8% 11% 7% 8% 14%
UE centro – orientale 0% 2% 0% 0% 2% 0%
UE sud – orientale 1% 2% 1% 1% 0% 1%
UE-15 12% 10% 8% 10% 9% 14%
UE-12 3% 1% 1% 0% 2% 1%
Totale 10% 9% 7% 8% 8% 11% Legenda: Benelux: Belgio, Olanda, Lussemburgo. GSM (Grandi Stati Membri) = Germania, Francia, Italia, Regno Unito, Spagna, Polonia. UE Centro-orientale: Repubblica Ceca, Slovenia, Slovacchia, Ungheria. Fonte: Survey 2009, Internationalisation or European SMEs EIM/GDCC
Per quanto riguarda la distribuzione per principali aree geografiche, si osserva
ovviamente come le PMI dell‘UE – orientale concentrino i flussi o nell‘UE o comunque
nell‘area europea, mentre flussi residui sono destinati alla Russia e nel caso di Bulgaria e
Romania anche al Medio Oriente, Nord America e Nord Africa. Molto più distribuita la
presenza dei Grandi Stati Membri, Benelux e Paesi Nordici.
Il confronto tra nuovi e vecchi stati membri fa risaltare ulteriormente questa
concentrazione della distribuzione geografica delle esportazioni, dove il rapporto tra le
quote è vicino al 1:2 solo per la Russia per poi saltare all‘ 1:6 e oltre per le altre aree.
Informest, apile 2011 63
La presenza delle PMI europee in termini di esportazioni scende al disotto dei 10 punti
percentuali per l‘aggregato Altri BRIC (Cina, India e Brasile), gli altri paesi asiatici,
l‘Australia e la Nuova Zelanda. L‘Italia presenta una presenza dell‘export nettamente
superiore alla media europea sia nel Nord Africa che nel Nord America (in questo caso il
29% contro il 19% dei Grandi Stati Membri).
Tabella 30 – Imprese che hanno importato almeno una volta nel biennio 2006-2008 (per sub-area UE)
Si No Non sa /
non risponde
GSM 24% 76% 1%
Paesi Nordici 34% 66% 0%
Benelux 38% 62% 0%
UE centro – orientale 33% 66% 1%
UE sud – orientale 43% 57% 0%
Altri Paesi 44% 55% 1%
Totale 29% 70% 1% Legenda: Benelux: Belgio, Olanda, Lussemburgo. GSM (Grandi Stati Membri) = Germania, Francia, Italia, Regno Unito, Spagna, Polonia. UE Centro-orientale: Repubblica Ceca, Slovenia, Slovacchia, Ungheria. Fonte: Survey 2009, Internationalisation or European SMEs EIM/GDCC
Per quanto riguarda la presenza delle PMI nelle principali aree in termini di import i dati
confermano quello che è stato già sottolineato da molte analisi quantitative. A dire la
forte dispersione per l‘UE orientale dei mercati fornitori, ma anche delle aree dove vi
sono imprese in sub-appalto che lavorano per il contraente sito nei nuovi stati membri.
Interessante il peso di Cina, India e Brasile per l‘UE centro-orientale e quello dell‘Asia al
netto della Cina per l‘UE sud-orientale. Tuttavia è la comparazione con l‘UE-15 a
rivelare i differenziali di area più rilevanti: lo scarto con la Russia a favore dell‘EU-12,
quello con il Nord-America e con gli altri BRIC esclusa la Russia a favore dell‘UE-15,
differenziale che per la Cina diventa raddoppio della quota percentuale (31% contro il
15%).
Tabella 31 – Principali aree di Importazione
UE Altri paesi europei
Nord Africa
Russia Medio
Oriente Nord
America
GSM 82% 17% 5% 2% 4% 20%
Paesi Nordici
86% 18% 2% 3% 7% 25%
Informest, apile 2011 64
Benelux 72% 15% 2% 2% 3% 22%
UE centro – orientale
92% 14% 0% 4% 1% 7%
UE sud – orientale
91% 11% 0% 5% 4% 13%
UE-15 84% 14% 4% 2% 5% 21%
UE-12 93% 13% 1% 13% 2% 12%
Totale 86% 14% 3% 2% 5% 19%
Altri paesi Centro/Sud
America Altri BRIC Giappone
Australia / N. Zelanda
Altri Paesi
Asiatici
Altri Paesi Africani
GSM 6% 15% 8% 3% 10% 5%
Paesi Nordici
2% 17% 10% 5% 10% 3%
Benelux 4% 13% 8% 3% 13% 6%
UE centro – orientale
0% 8% 1% 0% 6% 0%
UE sud – orientale
2% 6% 3% 1% 11% 0%
UE-15 5% 16% 7% 2% 9% 5%
UE-12 2% 6% 2% 1% 8% 1%
Totale 4% 14% 7% 2% 9% 4% Legenda: Benelux: Belgio, Olanda, Lussemburgo. GSM (Grandi Stati Membri) = Germania, Francia, Italia, Regno Unito, Spagna, Polonia. UE Centro-orientale: Repubblica Ceca, Slovenia, Slovacchia, Ungheria. Fonte: Survey 2009, Internationalisation or European SMEs EIM/GDC
Le altre forme di cooperazione: sub-contracting, cooperazione tecnologica, investimento estero.
Iniziando dalla forma di cooperazione più vicina all‘interscambio, il regime di sub-
appalto, il dato che si impone è che tale modalità interessa nella sua forma attiva il 7%
delle PMI e nella sua forma passiva l‘8%. In seconda battuta si può osservare che anche
in questo caso il fattore dimensionale ha un peso significativo: le micro-imprese hanno
dichiarato di avere una forma attiva/passiva di sub-appalto nella percentuale grezza
(considerate anche il non sa e la mancata risposta) del 6%/7%; le piccole imprese hanno
dichiarato di avere una forma attiva/passiva di sub-appalto nella percentuale grezza del
10%/13%; le medie imprese di avere avuto nel periodo di riferimento una forma
attiva/passiva di sub-appalto nella percentuale grezza del 15%/18%.
Informest, apile 2011 65
Tabella 32 – L‘impresa è stata un sub-appaltatore di un impresa estera nel triennio 2006-2008
Si No Non sa / Mancata risposta
Micro 7% 92% 0%
Piccole 11% 87% 2%
Medie 17% 82% 1%
Totale 8% 92% 0% Fonte: Survey 2009, Internationalization of European SMEs EIM/GDCC
Per quanto riguarda la distribuzione geografica delle imprese sub-appaltatrici o sub-
appaltanti di PMI europee possiamo osservare che l‘intensità aumenta all‘aumentare
della classe dimensionale e aumenta anche il numero medio di aree geografiche
interessate che passa dall‘1,2 per le micro-imprese a 1,5 per le medie imprese.
Tabella 33 – Percentuale di imprese europee con sub-appalto attivo e/o passivo nel triennio 2006-2008
Proprio paese Altro Stato Membro
UE e/o EFTA Paesi extra-UE o/e
Extra-EFTA
Micro 91% 24% 9%
Piccole 85% 35% 14%
Medie 79% 49% 20%
Totale 91% 25% 10% Fonte: Survey 2009, Internationalization of European SMEs EIM/GDCC
Come si può osservare, la capacità di proiettarsi all‘esterno del mercato nazionale, sia
UE/EFTA che extra UE/EFTA raddoppia passando dalle micro alle medie imprese, mentre
il rapporto tra imprese con relazioni di sub—appalto in paesi UE/EFTA e/o paesi extra
UE/EFTA resta in pratica costante al variare della classe dimensionale.
Tabella 34 – Percentuale di imprese europee con sub-appalto attivo nel triennio 2006-2008
Si No
Non sa / Mancata risposta
GSM 6% 94% 0%
Paesi Nordici 23% 76% 1%
Benelux 11% 89% 0%
UE centro-orientale 11% 89% 1%
UE sud-orientale 11% 89% 0%
Informest, apile 2011 66
Paesi rimanenti 6% 93% 1%
Totale 7% 92% 0%
Se si analizza la distribuzione per gruppi di paesi si possono fare le seguenti
considerazioni: la forma del sub-appalto è particolarmente utilizzata dalle PMI dei Paesi
Nordici e dell‘UE sud-orientale, mentre è poco utilizzata dalle PMI dei grandi stati
membri. Vi è un lieve scarto a favore del sub-appalto attivo rispetto a quello passivo nei
Paesi Nordici, dei Grandi Stati Membri e del Benelux, mentre per gli altri gruppi ed in
particolare l‘ UE sud-orientale il differenziale è a favore del sub-appalto passivo.
Tabella 35 - L‘impresa è stata un sub-appaltatore di una impresa estera nel periodo
2006-2008
Yes No
Don't know/ No answer
GSM 6% 94% 0%
Paesi Nordici 19% 80% 1%
Benelux 10% 90% 0%
UE centro-orientale 12% 86% 1%
Romania e Bulgaria 17% 83% 0%
Altri Paesi 10% 89% 0%
Totale 8% 92% 0% Legenda: Benelux: Belgio, Olanda, Lussemburgo. GSM (Grandi Stati Membri) = Germania, Francia, Italia, Regno Unito, Spagna, Polonia. Europa Centrale: Repubblica Ceca, Slovenia, Slovacchia, Ungheria. Fonte: Survey 2009, Internationalisation or European SMEs EIM/GDCC
Tabella 36 - Percentuale di esportazioni in regime di subcontracting (2008)
0% 1% - 25% 26% - 50% 50% - 75% 76% - 100% Non so / mancata risposta
Micro 94% 1% 0% 1% 0% 4%
Piccole 91% 3% 1% 0% 1% 5%
Medie 85% 3% 2% 0% 2% 8%
PMI 93% 1% 0% 1% 0% 4% Fonte: Survey 2009, Internationalisation or European SMEs EIM/GDCC
Tabella 37 - Percentuale costi sostenuti per acquisto input produttivi in regime di
subcontracting (2008)
Informest, apile 2011 67
0% 1% - 25% 26% - 50% 50% - 75% 76% - 100% Non so / mancata risposta
Micro 93% 2% 1% 0% 1% 3%
Piccole 88% 3% 1% 1% 2% 5%
Medie 84% 5% 2% 1% 1% 7%
PMI 93% 2% 1% 0% 1% 3% Fonte: Survey 2009, Internationalisation or European SMEs EIM/GDCC
La cooperazione tecnologica è una forma di cooperazione praticata da una quota
modesta di PMI europee, a dire il 7%. Anche in questo caso tale percentuale aumenta in
modo considerevole se si passa dalla classe dimensionale più piccola, a dire le micro-
imprese a quella delle medie imprese: il rapporto tra imprese interessate alla
cooperazione tecnologica è di 1:3.
Tabella 38 – Percentuale di imprese europee che hanno attuato forme di cooperazioone tecnologica con imprese estere
Si No Non sa / Mancata risposta
Micro 7% 93% 0%
Piccole 12% 86% 2%
Medie 22% 76% 2%
Totale 7% 92% 1%
Fonte: Survey 2009, Internationalization of European SMEs EIM/GDCC
Per quanto riguarda I gruppi di stati membri, va osservato che l‘UE Sud-Orientale ed i
Paesi Nordici sono i gruppi che presentano le PMI più attive dal punto di vista della
cooperazione tecnologica, mentre anche Benelux ed Europa Centro-orientale presentano
valori superiori alla media europea. Il dato relativo ai grandi stati membri va letto nel
modo seguente: Germania, Francia, Regno Unito, Italia e Spagna sono rispettivamente il
primo, terzo, quarto, settimo e non paese con cui le PMI europee hanno dichiarato di
aver attuato forme di cooperazione tecnologica.
Tabella 39 - L‘impresa ha attuato forme di cooperazione tecnologica con imprese estere
Si No Non sa / Non
risponde
Informest, apile 2011 68
GSM 6% 94% 0%
Paesi Nordici 17% 82% 0%
Benelux 13% 87% 0%
UE centro-orientale 10% 89% 1%
Romania e Bulgaria 15% 85% 0%
Altri Paesi 9% 90% 1%
Totale 7% 92% 1% Legenda: Benelux: Belgio, Olanda, Lussemburgo. GSM (Grandi Stati Membri) = Germania, Francia, Italia, Regno Unito, Spagna, Polonia. Europa Centrale: Repubblica Ceca, Slovenia, Slovacchia, Ungheria. Fonte: Survey 2009, Internationalisation or European SMEs EIM/GDCC
Relativamente alle operazioni di investimento all‘estero va innanzitutto sottolineato che
il numero di PMI che hanno effettuato operazioni di questo tipo nel periodo 2006-2008 è
molto basso, il 2%, pari a circa mezzo milione di imprese in Europa.
Questo quota percentuale registra ovviamente una forte variabilità, tanto che le quote
percentuali di micro e medie imprese è 1:8 e il rapporto tra una classe dimensionale e la
successiva è 1:3.
Tabella 40 - L‘impresa ha investito all‘estero nel periodo 2006-2008
Si No
Non sa / Non risponde
Micro 2% 98% 0%
Piccole 6% 94% 0%
Medie 16% 83% 1%
PMI 2% 98% 0% Fonte: Survey 2009, Internationalisation or European SMEs EIM/GDCC
L‘analisi per gruppi di paesi corrobora alcune delle precedent osservazioni: l‘UE-
orientale è un‘area target per gli IDE più che un‘area che a livello di PMI genera
investimenti esteri. I gruppi di paesi più attivi da questo punto di vista sono i Paesi
Nordici ed il Benelux, economie avanzate che non sono grandi paesi.
Tabella 41 - L‘impresa ha investito all‘estero nel periodo 2006-2008
Si No
Non sa / Non risponde
GSM 2% 98% 0%
Paesi Nordici 4% 96% 0%
Benelux 5% 95% 0%
Informest, apile 2011 69
UE centro-orientale 1% 97% 1%
Romania e Bulgaria 2% 98% 0%
Altri Paesi 4% 95% 0%
Totale 2% 98% 0% Legenda: Benelux: Belgio, Olanda, Lussemburgo. GSM (Grandi Stati Membri) = Germania, Francia, Italia, Regno Unito, Spagna, Polonia. Europa Centrale: Repubblica Ceca, Slovenia, Slovacchia, Ungheria.
Fonte: Survey 2009, Internationalisation or European SMEs EIM/GDCC
La forma legale preferita è quella della filiale estera, anche se le micro-imprese,
caratterizzate da un livello molto alto di non risposta, presentano una quota per questa
forma legale nettamente inferiore alle piccole e medie imprese.
Tabella 42 - Forma legale dello stabilimento estero per classe di ampiezza
Filiale estera Ramo /
Succursale Joint venture
Non sa / non risponde
Micro 38% 21% 22% 19%
Piccole 57% 15% 23% 6%
Medie 58% 21% 14% 7%
PMI 42% 20% 22% 16% Fonte: Survey 2009, Internationalisation or European SMEs EIM/GDCC
Tabella 43 - Attività svolte nel o dallo stabilimento estero per classe di ampiezza
Ufficio di
Rappresentanza Ufficio di Vendita
Acquisizione Input
Produzione Altro Non sa /
non risponde
Micro 18% 27% 2% 26% 23% 4%
Piccole 16% 28% 3% 30% 20% 3%
Medie 12% 31% 3% 38% 16% 1%
PMI 17% 28% 2% 28% 22% 4% Fonte: Survey 2009, Internationalization or European SMEs EIM/GDCC
4.1.3 Le barriere endogene ed esogene all’internazionalizzazione
Per quanto riguarda le barriere interne, il giudizio delle PMI europee già
internazionalizzate, ponderato in base ad una scala di giudizio che va da ―non
importate‖ a ―molto importante‖ identifica come barriera principale il prezzo dei
prodotti, una variabile legata sia alla struttura dei prezzi del mercato nazionale sia al
livello di efficienza dell‘impresa, a ribadire quanto già osservato nella premessa sul
ruolo primario delle caratteristiche proprie delle imprese nel determinarne la capacità
Informest, apile 2011 70
di internazionalizzazione14. Seconda barriera percepita è quella dei costi
dell‘internazionalizzazione, mentre in terza e quarta posizione abbiamo la qualità e le
specifiche dei prodotti, nuovamente attinenti alla dimensione
dell‘efficienza/competitività di prodotto. L‘unica barriera che presenta un differenziale
significativo in termini di classe di grandezza è la mancanza di personale con qualifiche
sufficienti che presenta soprattutto per i giudizi ―importante‖ e ―molto importante‖
valori percentuali doppi per le micro-imprese rispetto alle piccole e medie imprese.
Un dato interessante è il differenziale tra i giudizi delle imprese internazionalizzate e
quelle che hanno pianificato una strategia di internazionalizzazione, in quanto queste
seconde hanno una percezione in media del 22% più negativa rispetto alle barriere, con
una punta del 33% per la barriera linguistica e punte del 30% circa per la specificazione
dei prodotti e la qualità. Questo indica un gap informativo e di conoscenza che altera
notevolmente la percezione.
Tabella 44 - Barriere Interne all‘Internazionalizzazione per classe di ampiezza
Presenza di barriere interne
Qualità dei prodotti e/o dei
servizi dell'impresa
Prezzo dei prodotti e/o
servizi dell'impresa
Mancanza di personale con
qualifiche sufficienti
Micro 95% 19% 17% 15%
Piccole 94% 19% 19% 9%
Medie 94% 18% 18% 8%
PMI 95% 19% 17% 14%
Costi Elevati del Processo di
Internazionalizzazione
Specifiche dei prodotti o dei
servizi
Barriere Linguistiche
Altre barriere interne
all'impresa
Micro 14% 13% 13% 12%
Piccole 13% 16% 11% 9%
Medie 11% 13% 9% 8%
PMI 14% 13% 13% 11% Fonte: Survey 2009, Internationalisation or European SMEs EIM/GDCC
14
Il sub-paragrafo successivo evidenzia come l’approccio integrato al sostegno pubblico, soprattutto l’integrazione di
misure per l’innovazione e l’internazionalizzazione vuole andare incontro proprio a questo tipo di evidenza.
Informest, apile 2011 71
Il confronto tra le principali barriere ― esogene‖ all‘internazionalizzazione per quanto
riguarda le PMI mette in evidenza alcune interessanti omogeneità e differenze se si
considera il Mercato Unico e l‘EFTA o mercati extra-comunitari e non-EFTA.
L‘omogeneità riguarda l‘importanza non primaria delle barriere tariffarie (sia sui
mercati esteri che sui mercati nazionali all‘importazione) e culturali che non superano
mai il 36% delle PMI.
Tabella 45 – Barriere all‘internazionalizzazione in paesi UE e EFTA per classe di ampiezza
La mancanza di capitale o
finanziamenti è un importante
barriera
La mancanza di adeguato
supporto pubblico è un ostacolo
rilevante
La mancanza di informazioni
adeguate è un ostacolo rilevante
Costi o gestione documentazione di trasporto è un ostacolo rilevante
Micro 55% 47% 44% 36%
Piccole 44% 44% 43% 37%
Medie 40% 40% 37% 36%
PMI 54% 47% 44% 36%
Leggi e regolamenti sui mercati stranieri sono barriere alle
importazioni
Tariffe ed altre barriere
commerciali nei mercati esteri
sono un ostacolo rilevante
Le differenze culturali sono una
barriera in rilevante
Tariffe ed altre barriere
commerciali nel mercato nazionale sono un ostacolo
rilevante
Micro 30% 26% 23% 23%
Piccole 34% 27% 21% 22%
Medie 42% 25% 23% 21%
PMI 30% 26% 23% 23%
Altre barriere sono rilevanti
Non ci sono particolari barriere
Non so / Non Risponde
Micro 20% 8% 15%
Piccole 18% 9% 14%
Medie 18% 10% 13%
PMI 20% 9% 15% Fonte: Indagine 2009, Internazionalizzazione delle PMI Europee, EIM/GDCC
Le differenze riguardano l‘ordine delle principali barriere che nel caso del Mercato Unico
e l‘EFTA sono nell‘ordine capitale e finanziamenti, supporto pubblico e infine
Informest, apile 2011 72
informazioni. Al contrario, nel caso di mercati extra-comunitari e non-EFTA le principali
barriera all‘entrata sono, a parità di percentuale, quella di tipo informativo e la
mancanza di capitale o finanziamenti, seguite dall‘inadeguatezza del supporto pubblico
e dalla gestione della documentazione di trasporto.
L‘informazione, i costi ed i tempi di acquisizione di informazione, sono per le piccole e
medie imprese l‘ostacolo principale sui mercati extra-comunitari. Le micro-imprese
invece valutano essenzialmente nello stesso modo la scarsità di capitale ed informazioni.
Tabella 46 – Barriere all‘internazionalizzazione in paesi extra –UE per classe di ampiezza
La mancanza di informazioni
adeguate è un ostacolo rilevante
La mancanza di capitale o
finanziamenti è un importante
barriera
La mancanza di adeguato supporto
pubblico è un ostacolo rilevante
Costi o gestione documentazione di trasporto è un ostacolo rilevante
Micro 44% 45% 41% 39%
Piccole 40% 36% 38% 38%
Medie 40% 34% 36% 40%
PMI 44% 44% 40% 39%
Leggi e regolamenti sui mercati stranieri sono barriere alle
importazioni
Tariffe ed altre barriere
commerciali nei mercati esteri
sono un ostacolo rilevante
Tariffe ed altre barriere
commerciali nel mercato nazionale sono un ostacolo
rilevante
Le differenze culturali sono una
barriera in rilevante
Micro 36% 35% 29% 28%
Piccole 38% 36% 28% 25%
Medie 41% 35% 26% 27%
PMI 36% 35% 29% 28%
Sono rilevanti altre barriere
Non ci sono particolari barriere
Non so / Non Risponde
Micro 18% 14% 21%
Piccole 18% 16% 18%
Medie 17% 19% 18%
PMI 18% 14% 21% Fonte: Indagine 2009, Internazionalizzazione delle PMI Europee, EIM/GDCC
Informest, apile 2011 73
4.1.4 I programmi di supporto: conoscenza ed utilizzo
Uno dei risultati critici dell‘indagine è il seguente: nonostante l‘aumento della pressione
anche nei mercati internazionali, molte PMI semplicemente non prendono neanche in
considerazione l‘opzione dell‘internazionalizzazione.
L‘internazionalizzazione per le micro- e piccole imprese è un‘opzione impraticabile per
mancanza di risorse umane e contatti diretti che le allertino su opportunità, partner
potenziali e mercati; inoltre vi è una barriera significativa in termini di impegno
finanziario.
Il numero di programmi nazionali e regionali è molto alto e vi sono molte pubblicazioni e
siti comunitari che forniscono una rassegna analitica ed esaustiva. Ci si limita ad
osservare che il Network Europeo per la Ricerca Economica e Sociale ha individuato oltre
180 esempi di strumenti che costituiscono altrettante potenziali buone pratiche per
l‘internazionalizzazione raggruppabili in nove aree dedicate a temi individuati come
essenziali per quanto riguarda il processo di internazionalizzazione15:
Sensibilizzazione
Informazione ad alto valore aggiunto
Programmi di sviluppo delle risorse umane
Sostenere i bisogni finanziari dell‘internazionalizzazione
Promozione delle reti di impresa
Sostenere l'internazionalizzazione dei servizi
Utilizzo dell‘internazionalizzazione per rafforzare la competitività
Supporto individualizzato
Cooperazione nelle zone di confine e transfrontaliere
Tuttavia, a dispetto di questa classificazione che riflette la crescente complessità
comportamentale ed ambientale del processo di internazionalizzazione, i programmi a
supporto dell‘internazionalizzazione rappresentano più del 70% delle misure per
l‘internazionalizzazione, nonostante il fatto che sia stata una presa di coscienza della
15 Queste buone pratiche sono raccolte nella banca dati della DG Impresa e Industria consultabile all‘indirizzo: http://ec.europa.eu/enterprise/enterprise_policy/charter/.
Informest, apile 2011 74
crescente complessità del modo di operare delle imprese.
Circa il 9% dei programmi si focalizza ad esempio sulla rimozione delle barriere
internazionali o sul miglioramento dell‘ambiente imprenditoriale sui mercati nazionali
(R&S; fisco; ecc).
Infatti le PMI nella loro strategia di internazionalizzazione combinano diversi approcci
che si rafforzano mutuamente e questo porta a dedurre che il supporto individualizzato
è certamente la forma più efficace. Per supporto individualizzato si intende che
l'impresa è analizzata nella sua interezza e un piano individuale viene preparato
utilizzando una serie di misure di sostegno che a volte vanno anche al di là
dell‘obbiettivo dell‘internazionalizzazione. Se ad esempio si considera
l‘internazionalizzazione di un sistema economico nella sua complessità, allora sono tutti
i bisogni di un impresa ad essere considerati assieme ad aree come la responsabilità
sociale e l‘innovazione.
Infatti innovazione ed internazionalizzazione hanno entrambe un effetto casuale positivo
sulla competitività e alcuni paesi già adottano un approccio integrato delle misure
dedicate, offrendo programmi che combinano le misure per aumentare la creazione di
valore e la competitività delle imprese, in particolare delle imprese la cui principale
spinta ad internazionalizzarsi è l‘accesso all‘innovazione, alle tecnologie avanzate o al
know-how.
Tabella 47 - Conoscenza di programmi pubblici di supporto all‘internazionalizzazione utilizzabili dall‘impresa (per classe dimensionale)
Si No Non sa /
non risponde
Micro 15% 84% 0%
Piccole 20% 80% 1%
Medie 28% 71% 2%
PMI 16% 84% 0% Fonte: Survey 2009, Internationalisation or European SMEs EIM/GDCC
Il grado di consapevolezza e conoscenza dell’esistenza dei programmi per
l’internazionalizzazione risulta piuttosto basso tra le PMI europee: poco meno di un
sesto sono a conoscenza di qualche programma e questa quota supera un quarto delle
imprese medie. Il dato forse più indicativo in questa prospettiva è che solo il 17% (poco
Informest, apile 2011 75
più di un sesto) delle PMI europee che vorrebbe internazionalizzarsi conosce programmi
pubblici di supporto.
Tabella 48 - Conoscenza di programmi pubblici di supporto all‘internazionalizzazione utilizzabili dall‘impresa
Si No
Non sa / non risponde
GSM 15% 85% 0%
Paesi Nordici 13% 87% 0%
Benelux 35% 65% 0%
Central Europe 11% 88% 0%
Romania e Bulgaria 15% 85% 0%
Altri Paesi 18% 80% 1%
Totale 16% 84% 0% Legenda: Benelux: Belgio, Olanda, Lussemburgo. GSM (Grandi Stati Membri) = Germania, Francia, Italia, Regno Unito, Spagna, Polonia. Europa Centrale: Repubblica Ceca, Slovenia, Slovacchia, Ungheria.
Fonte: Survey 2009, Internationalisation or European SMEs EIM/GDCC
La tabella relativa alla ripartizione per gruppi di paesi non fornisce elementi di conforto,
in quanto i paesi dell‘UE orientale, paesi le cui imprese dovrebbero essere più bisognose
ed al contempo più consapevoli degli strumenti e politiche comunitarie, in particolare i
paesi dell‘Europa centro-orientale, si pongono al di sotto della media Europea quanto a
conoscenza.
Tabella 49 - Utilizzo effettivo del supporto pubblico da parte delle imprese internazionalizzate sul periodo 2006-2009 (per classe dimensionale)
Supporto Finanziario Supporto non finanziario
Micro 9% 7%
Piccole 12% 9
Medie 20% 9%
Fonte: Survey 2009, Internationalisation or European SMEs EIM/GDCC
Lo scarto tra consapevolezza ed utilizzo è significativo, soprattutto per quanto riguarda
il supporto non finanziario, il cui basso utilizzo sembra oltretutto meno correlato alla
classe di grandezza; infatti se le medie imprese internazionalizzate che hanno utilizzato
supporto finanziario è circa un quinto contro un decimo delle micro-imprese
Informest, apile 2011 76
internazionalizzate, lo scarto per il supporto non finanziario si riduce a due punti
percentuali.
Tabella 50 - Utilizzo effettivo del supporto pubblico da parte delle imprese internazionalizzate sul periodo 2006-2009 (per gruppo di paesi)
Supporto Finanziario Supporto non finanziario
GSM 8% 7%
Paesi Nordici 5% 4%
Benelux 2% 2%
UE centro-orientale 6% 1%
UE sud-orientale 4% 0%
Paesi rimanenti 16% 9%
Totale 9% 7%
Legenda: Benelux: Belgio, Olanda, Lussemburgo. GSM (Grandi Stati Membri) = Germania, Francia, Italia, Regno Unito, Spagna, Polonia. Europa Centrale: Repubblica Ceca, Slovenia, Slovacchia, Ungheria.
Fonte: Survey 2009, Internationalisation or European SMEs EIM/GDCC
Se si raffrontano i diversi gruppi di paesi membri si osserva nuovamente la propensione
delle PMI dei paesi dell‘UE centro- e sud-orientale a utilizzare gli strumenti finanziari
e/o non finanziari meno che la media delle PMI europee. Tuttavia le variazioni
all‘interno dei gruppi sono notevoli. Se il massimo e minimo utilizzo percentuale del
supporto finanziario è rappresentato da Austria (47%) e Olanda (1%), tra i Grandi Stati
Membri si va dal 14% della Germania al 3% della Polonia, mentre l‘Ue centro-orientale va
dal 9% della Slovacchia al 2% della Repubblica Ceca, con la Slovenia in 14-esima
posizione con il 4%. Ma nell‘utilizzo del supporto non finanziario il gruppo dei paesi
dell‘Ue centro-orientale registra la massima variabilità con la Slovenia primo paese
europeo con il 23% delle PMI internazionalizzate che sono state utenti nel 2009 , la
Slovacchia all‘1% ed Ungheria e Repubblica Ceca allo 0%.
A livello settoriale la conoscenza è massima per il manifatturiero (25%), seguito dal
commercio all‘ingrosso (20%), dai servizi alle imprese (17%), dall‘edilizia (17%).
L‘utilizzo del supporto finanziario supera il 10% solo nel caso dei servizi alle imprese
(17%) e del manifatturiero (13%) per poi oscillare nella fascia 0%-5%, mentre il supporto
non finanziario supera la soglia dei dieci punti percentuali solo nel caso del
manifatturiero (12%).
Informest, apile 2011 77
Va osservato che l‘efficacia dell‘utilizzo da parte delle PMI non è altissima, soprattutto
l‘‖effetto netto‖ di internazionalizzazione è basso, in quanto l‘11% delle PMI
internazionalizzate ( 8% micro; 22% piccole; 19% medie) considera il supporto
indispensabile (―Nessuna attività internazionale senza supporto‖), mentre una quota
nettamente superiore, pari al 37% (36% micro; 38% piccole; 48% medie) considera il
supporto utile a facilitare il processo.
Tabella 51 - Effetti del Supporto Pubblico sull‘Internazionalizzazione dell‘impresa
Nessuna attività
internazionale senza supporto
Attività internazionali
anticipate
Attività internazionali
aumentate
Facilitazione Attività
internazionali
GSM 16% 21% 36% 32%
Paesi
Nordici 4% 4% 54% 42%
Benelux 6% 11% 78% 16%
UE centro-
orientale 2% 6% 8% 17%
UE sud-
orientale 42% 15% 23% 30%
Paesi
rimanenti 12% 22% 45% 58%
Totale 11% 19% 35% 37%
Migliore comprensione
possibilità mercati esteri
Altri effetti Nessun Effetto Non sa / non
risponde
GSM 39% 30% 9% 2%
Paesi
Nordici 11% 0% 1% 2%
Benelux 13% 7% 6% 0%
UE centro-
orientale 5% 0% 42% 36%
UE sud-
orientale 12% 10% 3% 1%
Paesi
rimanenti 21% 29% 3% 0%
Totale 27% 27% 7% 3%
Informest, apile 2011 78
Legenda: Benelux: Belgio, Olanda, Lussemburgo. GSM (Grandi Stati Membri) = Germania, Francia, Italia, Regno Unito, Spagna, Polonia. Europa Centrale: Repubblica Ceca, Slovenia, Slovacchia, Ungheria.
Fonte: Survey 2009, Internationalisation or European SMEs EIM/GDCC
I dati a livello di gruppo di paesi rivelano non solo differenziali significativi, ma
situazioni di chiara inefficacia media dei programmi dal punto di vista della valutazione
ex-post. Certamente colpiscono i differenziali tra UE Centro- e Sud-Orientale: se nel
caso di Bulgaria e Romania i programmi di supporto sembrano raggiungere la massima
efficienza a livello comunitario in termini di ―effetto netto‖ d‘internazionalizzazione,
per l‘UE centro-orientale, Polonia esclusa, i programmi di supporto registrano un
effetto netto del tutto residuale (2%) e pari a meno di un quinto della pur non esaltante
media comunitaria.
Informest, apile 2011 79
5. L’internazionalizzazione delle imprese slovene
L‘odierna struttura della distribuzione per classi di grandezza della Slovenia è simile a
quella dell‘UE, a testimoniare che anche per il più piccolo dei paesi dell‘UE orientale,
vale quanto osservato relativamente ai NSM sull‘avvenuta convergenza in termini di
distribuzione per classe di ampiezza e numero medio di addetti.
Rimane solo una piccola differenza in termini di addetti per impresa, in quanto il valore
medio risulta più basso per le grandi imprese.
Tabella 52 – Distribuzione percentuale di numero di imprese, degli occupati e del valore aggiunto per la Slovenia e l‘UE
Numero di Imprese Occupazione Valore Aggunto
Slovenia Ue Slovenia Ue Slovenia Ue
PMI 99,7% 99,8% 67,0% 67,4% 59,8% 57,9%
Grandi 0,3% 0,2% 33,0% 32,6% 40,2% 42,1% Fonte: SBA Fact Sheet, Slovenia ‗09
Unica differenza di qualche rilievo riguarda il contributo delle grandi imprese in termini
di valore aggiunto, contributo che risulta leggermente inferiore (due punti percentuali)
a quello a livello di UE-27.
Tabella 53 – Distribuzione per classe di ampiezza del numero assoluto e di alcuni indicatori economici per le imprese slovene (2008)
PMI Grandi Totale
Imprese 101.754 272 102.026
Occupati (.000) 423 209 632
Occupati / Imprese 4 767 6
Produttività * (.000 €) 27 36 30
Costo del lavoro** (.000 €) 23 25 23
Quota Investimenti+ 36 37 36 Fonte: EIM Business & Policy Research, 2010. *Valore Aggiunto al Costo dei Fattori/Numero Occupati; ** Costo Personale/Occupati; + Investimenti lordi materiali/ Valore Aggiunto al Costo dei Fattori
Relativamente alla distribuzione settoriale si nota come ci sia una forte concentrazione
delle imprese slovene nel manifatturiero, con un differenziale rilevante che riguarda sia
le grandi imprese che le PMI, a cui corrisponde un differenziale negativo della stessa
intensità (circa sette punti percentuali) per il ramo commerciale (dettaglio e ingrosso).
Informest, apile 2011 80
Altro scostamento rilevante riguarda il ramo attività immobiliari, nolo e attività di
impresa che risulta sottorappresentato rispetto all‘UE-27.
Tabella 54 – Distribuzione settoriale per classe di ampiezza delle imprese slovene (2008)
Grandi % UE-27 %
Totale % UE-27 %
Estrattivo, minerario 2 0,7% 0,5% 135 0,1% 0,1%
Manifatturiero 161 59,2% 42,9% 18.995 18,6% 11,4%
Acqua, gas e elettricità 13 4,8% 2,3% 418 0,4% 0,2%
Edilizia 21 7,7% 6,8% 16.689 16,4% 14,4%
Commercio ingrosso e dettaglio; riparazioni
27 9,9% 15,8% 24.222 23,7% 31,5%
Alberghi e ristoranti 11 4,0% 2,3% 7.667 7,5% 8,3%
Trasporto, stoccaggio e comunicazioni 19 7,0% 9,0% 9.635 9,4% 6,0%
Attività immobiliari, nolo e attività di impresa.
18 6,6% 20,3% 24.265 23,8% 28,1%
Fonte: EIM Business & Policy Research, 2010; Elaborazione Informest.
Il processo di internazionalizzazione del sistema produttivo sloveno è iniziato nei primi
anni ‘90 ed è stato caratterizzato nella primissima fase dalla rilevanza degli investimenti
diretti in uscita rispetto alle operazioni in entrata. Il vantaggio delle precedenti
operazioni di collaborazione e cooperazione con gruppi occidentali come ex-repubblica
Jugoslava data dagli anni ‘50 ed ha avuto un peso determinante in questa capacità del
sistema produttivo sloveno di proiettarsi all‘esterno, un processo quindi che ha seguito
un ordine inverso rispetto a quello delle economie dell‘Europa centro-orientale.
Gli investimenti diretti all‘estero, oltre che a difesa della competitività, sono stati di
tipo market-seeking soprattutto nei paesi limitrofi e nello spazio economico dell‘ex -
Jugoslavia. La progressiva apertura dell‘economia slovena ai capitali esteri non ha
cancellato questo tratto distintivo e nel 2009 la Slovenia con un valore del 18,0%
risultava terza tra i gli Stati Membri dell‘UE orientale nel rapporto tra IDE in uscita
cumulati e Pil, dopo l‘Ungheria (136,7%) e l‘Estonia (34,7%), mentre per quanto riguarda
il rapporto tra IDE in entrata cumulati e Pil la Slovenia risultava con il 31,4% l‘ultimo tra
Informest, apile 2011 81
gli Stati Membri dell‘UE orientale ed il quart‘ultimo nell‘UE-27, precedendo soltanto la
Germania (21,0%), l‘Italia (18,6%) e la Grecia (13,6%).
Infatti se si considera l‘Indice di Performance per gli IDE in uscita ed in entrata
dell‘Unctad, si osserva nella seguente tabella l‘andamento tra il 2000 ed il 2008
relativamente alla posizione della Slovenia nella graduatoria relativa a 141 paesi.
Tabella 55 – Andamento della posizione nel ranking dell‘Indice di Performance per gli IDE in uscita
2000-2002 2003-2005 2006-2008
Slovenia 48 32 31
Fonte: Unctad WIR, varie annate.
La Slovenia evidenzia un guadagno di 17 posizioni relative per quanto riguarda il ranking
dell‘Indice di gli IDE in uscita ed una perdita di posizioni doppia (35) per quanto riguarda
il ranking dell‘Indice di Performance per gli IDE in entrata.
Tabella 56 – Andamento della posizione nel ranking dell‘Indice di Performance per gli IDE in entrata
2000-2002 2003-2005 2006-2008
Slovenia 59 95 94
Fonte: Unctad WIR, varie annate.
Il processo di internazionalizzazione in un sistema economico particolarmente vitale
come quello sloveno, è proseguito anche durante la crisi nonostante tutti gli indicatori
abbiano evidenziato una netta flessione nel biennio 2008-2009.
Infatti la Banca di Slovenia evidenzia come gli IDE in uscita siano passati da 1.316 milioni
di € del 2007 a 932 milioni di € del 2008 ed infine a 624 milioni di € nel 2009. Le prime
23 imprese multinazionali slovene rappresentano circa 80% dello stock di IDE in uscita.
Le grandi imprese multinazionali slovene, ovviamente non sono comparabili in termini di
volumi di attività ed occupati all‘estero alle grandi multinazionali dei vecchi stati
membri presenti nella top-100 mondiale: solo 7 tra le prime 23 (vedi la Tabella 56)
hanno più di 2.000 occupati all‘estero e hanno più di 300 milioni di euro in attività
Informest, apile 2011 82
all‘estero, mentre 4 ne impiegano meno di 500 all‘estero. Tra il 2007 ed il 2008 le
attività estere sono cresciute del 30,8% raggiungendo i 4.480 milioni di euro mentre le
vendite estere sono aumentate del 17,7% superando i 7 miliardi di euro.
Tabella 57 – Distribuzione per classe di ampiezza del numero assoluto e di alcuni indicatori economici per le imprese slovene (2008).
micro piccole medie PMI Grandi
Imprese (.000) 95 6 1 102 272
Occupati (.000) 179 111 134 424 209
Imprese/Occupati 2 19 104 4 767
Produttività * (.000 €)
21 31 30 27 36
Costo del lavoro** (.000 €)
23 24 23 23 25
Quota Investimenti+ 42 30 34 36 37
Fonte: EIM Business & Policy Research, 2010. *Valore Aggiunto al Costo dei Fattori/Numero Occupati; ** Costo Personale/Occupati; + Investimenti lordi materiali/ Valore Aggiunto al Costo dei Fattori
Le imprese multinazionali slovene hanno reagito positivamente alla crisi. La dimensione
non sembra solo un fattore di vulnerabilità, in quanto si è tradotta in una capacità di
pronta reazione, attraverso il cost-cutting e l‘aumento dell‘l'attività di vendita. La
promozione delle vendite ha compreso, in particolare, il focus sui principali clienti,
rafforzare le relazioni con i partner commerciali principali e la razionalizzazione del
portafoglio prodotti.
L‘internazionalizzazione è rimasta tuttavia la priorità strategica. Oltre alla maggiore
enfasi data alla promozione delle vendite da parte della rete degli affiliati, l'altra
risposta alla crisi è stata la difesa e/o l‘aumento della diversificazione dei mercati.
L’entrata in nuovi e più lontani mercati è in aumento anche tra le medie e piccole
imprese slovene. L‘espansione nelle aree dei BRIC è dimostrata dal numero delle filiali
e uffici di rappresentanza aperti nel 2007/2008 con sede in questi paesi. Tuttavia questa
tendenza recente non è sufficiente a modificare il carattere regionale delle
multinazionali slovene.
Infatti il 77% delle 331 filiali estere sono concentrate in Europa e 10 tra le prime 23
imprese multinazionali sono esclusivamente presenti sul territorio europeo. I Balcani
Occidentali sono sicuramente l‘area extra europea di più forte presenza, seguita dalla
CSI (Russia) e dal Nord America, quindi dall‘Asia e dalla Cina.
Informest, apile 2011 83
Se invece si analizza la distribuzione per macro-settori dalla Tabella 58, relativa alle
TOP-23 dell‘edizione 2009 dell‘indagine condotta dal Centro per le Relazioni
Internazionali dell‘Università di Ljubljana e del Vale Columbia Center sull‘Investimento
Internazionale Sostenibile della Columbia University di New York, si evince che il
manifatturiero è il principale macro settore che vede attive 15 delle prime 23
multinazionali e rappresenta il 49% degli asset esteri, concentrate in particolare
nell‘alimentare, nel chimico e farmaceutico, nel meccanico ed elettronico). Seguono
nettamente distanziati il commercio con 3 multinazionali rappresentanti il 32% degli
asset esteri e la produzione di energia (elettricità) con il 15% degli asset esteri.
Va tuttavia osservato che la crisi ha operato una selezione in termini di capacità di
proiezione all‘estero, in quanto la Tabella 58 conferma solo due terzi delle imprese
presenti nell‘edizione 2008 dell‘indagine.
Informest, apile 2011 84
Tabella 58 – TOP 23 Multinazionali Slovene
Fonte: CIR-VCC (2009), elaborazione Informest
Corporation
Settore
Asset Vendite Addetti
Estero Totale Estero Totale Estero Totale TNI (%)
Mercator Commercio al dettaglio 2.540 1.012 3.111 1.192 21.636 8.497 39
Gorenje Beni di consumo durevoli, Elettricità 1.258 668 1.331 1.057 11.323 2.804 52
Krka Farmaceutico 1.271 613 950 845 7.602 3.543 61
Petrol Petrolifero (distribuzione) 1.209 447 2.950 594 3.536 955 28
Merkur Commercio al dettaglio 1.158 328 1.267 369 5.102 1.358 28
Splosna plovba Trasporto marittimo 319 313 214 214 770 696 96
Droga Kolinska* Alimentari, bev, e tabacco 481 301 378 291 2.953 2.257 72
ACH Commercio beni durevoli 556 161 735 400 2.857 525 34
Helios Chimico 377 144 354 285 3.075 1.590 57
Perutnina Ptuj Allevamento, Commercio 326 91 233 44 3.158 1.636 33
Unior Utensileria 544 67 299 238 4.023 737 37
Impol Metallurgico 308 57 446 393 1.759 727 49
Trimo Materiali e strutture per l‘edilizia 165 49 213 158 1.222 675 53
HIT Servizi Turistici 398 46 233 33 2.870 436 14
Kolektor Group Meccanica 198 42 241 155 2.395 644 37
Hidria Meccanica 233 30 215 188 2.511 283 34
Kovintrade Metallurgico e prodotti in metallo 135 29 238 146 369 177 44
Jub Vernici 69 22 83 63 455 205 51
Alpina Prodotti di consumo 76 18 60 44 1.680 1.026 53
Gen-1 Energia Elettrica (distribuzione) 89 17 378 57 49 7 16
HSE Energia Elettrica (prod., distr) 1.748 15 873 247 3.897 2 10
Valkarton Imballaggi 64 11 64 14 965 305 24
Iskra Attrezzature Elettriche ed Elettroniche 54 - 120 63 1.910 40 18
Ministero dell'Economia e delle Finanze
5.1 L‘Internazionalizzazione delle PMI slovene
Prima di analizzare alcune caratteristiche proprie del processo di
internazionalizzazione si riportano alcune informazioni di tendenza relative al settore
delle PMI nel suo insieme ed in comparazione all‘UE-27.
Tra il 2002 ed il 2008 il numero di PMI è cresciuto del 17%, registrando una dinamica
più sostenuta di quella comunitaria, grazie soprattutto al contributo delle micro-
imprese. L‘occupazione nelle PMI è cresciuta sempre ne periodo 2002-2008 del 14%
(12% nell‘UE-27). Tuttavia a livello di crescita della produzione in valore, meglio di
Valore aggiunto, il settore sloveno delle PMI mostra una crescita doppia rispetto a
quella media comunitaria, a dire il 58% contro il 27%.
Il settore delle PMI in Slovenia ha una struttura distributiva simile alla media dell'UE:
le quote delle microimprese, delle piccole e delle medie imprese, sono piuttosto
simili alla media europea, con uno scostamento che supera (di poco) il punto
percentuale solo nel caso delle piccole imprese.
Il contributo delle PMI slovene all‘economia nazionale, misurato in termini di valore
aggiunto, è leggermente superiore rispetto alla media UE-27 (60% vs il 58% nell‘UE-
27).
Il contributo delle micro imprese slovene in termini occupazionali è pari al 28% ed è
leggermente inferiore rispetto alla media europea (30%) mentre aumenta il
differenziale per quanto riguarda le piccole raggiungendo i tre punti percentuali.
Tabella 59 – Distribuzione percentuale di numero di PMI, degli occupati e del valore aggiunto per la Slovenia e l‘UE
Numero di Imprese Occupazione Valore Aggunto
Slovenia Ue Slovenia Ue Slovenia Ue
Micro 92,7% 91,8% 28,2% 29,7% 19,9% 21,0%
Piccole 5,7% 6,9% 17,7% 20,7% 18,6% 18,9%
Medie 1,3% 1,1% 21,1% 17,0% 21,3% 18,0% Fonte: SBA Fact Sheet, Slovenia ‗09
Tuttavia le medie imprese slovene contribuiscono maggiormente rispetto alla media
UE. Queste tendenze divergenti si annullano a vicenda e il contributo totale del
settore delle PMI totale al lavoro (67%) è in Slovenia pari all'UE in media (67,4%).
Informest, apile 2011 86
Tabella 60 – Distribuzione per classe di ampiezza del numero assoluto e di alcuni indicatori economici per le PMI slovene (2008)
micro piccole medie PMI
Imprese 94.696 5.773 1.285 101.174
Occupati (.000) 179 111 134 424
Imprese/Occupati 2 19 104 4
Produttività * (.000 €)
21 31 30 27
Costo del lavoro** (.000 €)
23 24 23 23
Quota Investimenti+ 42 30 34 36
Fonte: EIM Business & Policy Research, 2010. *Valore Aggiunto al Costo dei Fattori/Numero Occupati; ** Costo Personale/Occupati; + Investimenti lordi materiali/ Valore Aggiunto al Costo dei Fattori
Tabella 61 – Distribuzione settoriale per classe di ampiezza delle PMI slovene (2008)
micro piccole medie PMI
Estrattivo, minerario 105 23 5 133
Manifatturiero 16.555 1.663 616 18.834
Acqua, gas e elettricità 330 36 39 405
Edilizia 15.488 1.014 166 16.668
Commercio ingrosso e dettaglio; riparazioni
22.646 1.338 211 24.195
Alberghi e ristoranti 7.177 428 51 7.656
Trasporto, stoccaggio e comunicazioni
9.142 400 74 9.616
Attività immobiliari, nolo e attività di impresa.
23.253 871 123 24.247
Fonte: EIM Business & Policy Research, 2010.
Se si considerano una serie di indicatori legati all‘attuazione dello Small Business Act,
si osserva che per quanto riguarda l‘area dell‘internazionalizzazione la performance
del settore delle PMI è in linea con la media UE. Tale performance è tuttavia la
risultante di andamenti discordanti. Ad esempio, la propensione
all‘internazionalizzazione risulta superiore alla media Europea (il 50% delle PMI
slovene importa contro una media UE del 40%; il 35% esporta contro il 27% a livello
comunitario e il 4,6% investe all'estero contro una media Ue del 3,7%) ma al contempo
Informest, apile 2011 87
in Slovenia ci vuole un tempo doppio per le procedure di esportazione (20 giorni) o di
importazioni (21 giorni) rispetto a quello medio dell'UE (11 e 14 giorni
rispettivamente).
Informest, apile 2011 88
6. L’internazionalizzazione delle imprese italiane
Prima di analizzare alcune caratteristiche proprie del processo di
internazionalizzazione è utile riportare alcune informazioni di tendenza relative al
settore nel suo insieme ed in comparazione all‘UE-27.
In termini di struttura generale va osservato che la percentuale di PMI e di grandi
imprese sul numero totale di imprese è eguale alla media UE a meno di uno scarto di
un decimo di punto percentuale. Tuttavia è il mercato del lavoro che fa emergere la
nota caratteristica italiana: il contributo delle PMI all‘occupazione in Italia è pari
all‘81% ed è significativamente superiore a quello medio dell‘intera Unione europea,
superiore di poco al 67%. All‘opposto il contributo in termini occupazionali delle
grandi imprese è circa la metà di quello medio europeo.
Tabella 62 – Distribuzione percentuale di numero di imprese, degli occupati e del valore aggiunto per la Slovenia e l‘UE
Numero di Imprese Occupazione Valore Aggiunto
Italia Ue Italia Ue Italia Ue
PMI 99,9% 99,8% 82,2% 67,4% 62,6% 57,9%
Grandi 0,1% 0,2% 17,8% 32,6% 37,4% 42,1% Fonte: SBA Fact Sheet, Italia ‗09
Uno scarto dello stesso segno, anche se nettamente più contenuto in termini di punti
percentuali, si ritrova a livello di creazione del Valore Aggiunto. Va osservato tuttavia
che lo scarto raggiunge i 5 punti percentuali per quanto riguarda il peso delle grandi
imprese italiane nella creazione di valore.
Tabella 63 – Distribuzione per classe di ampiezza del numero assoluto e di alcuni indicatori economici per le imprese italiane (2008)
PMI Grandi
Imprese (.000) 3.941 3
Occupati (.000) 12.579 2.961
Imprese/Occupati 3 956
Produttività * (.000 €)
38 64
Costo del lavoro** (.000 €)
31 41
Quota Investimenti+ 16 22 Fonte: EIM Business & Policy Research, 2010. *Valore Aggiunto al Costo dei Fattori/Numero Occupati; ** Costo Personale/Occupati; + Investimenti lordi materiali/ Valore Aggiunto al Costo dei Fattori
Informest, apile 2011 89
Tabella 64 – Distribuzione settoriale per classe di ampiezza delle imprese italiane (2008)
PMI Grandi Totale
Estrattivo, minerario 3.319 3 3.322
Manifatturiero 520.850 1.422 522.272
Acqua, gas e elettricità 2.726 64 2.790
Edilizia 618.196 87 618.283
Commercio ingrosso e dettaglio; riparazioni 1.259.237 412 1.259.649
Alberghi e ristoranti 276.420 108 276.528
Trasporto, stoccaggio e comunicazioni 159.539 354 159.893
Attività immobiliari, nolo e attività di impresa. 1.100.506 646 1.101.152
Fonte: EIM Business & Policy Research, 2010.
La piccola dimensione delle imprese è uno degli aspetti strutturali del sistema
dell‘offerta italiana tradizionalmente considerato come causa di una serie di gap
assieme alla mancanza d‘innovazione e alla specializzazione in settori maturi a bassa
crescita. Secondo l‘opinione prevalente, il lato dell‘offerta dell‘economia italiana non
è in linea con le altre economie sviluppate, dove le grandi imprese giocano come
innovatori nei nuovi settori emergenti. Di conseguenza dal lato dell‘offerta l‘Italia
risulta poco internazionalizzata, come è infatti riflesso dalle cifre sugli IDE sia in
uscita che in entrata.
Questa valutazione tuttavia non tiene in dovuta conto il limite delle rilevazioni da
dogane e/o bilancia dei pagamenti. Infatti i clusters ed i distretti aprono la propria
rete di produzione a livello internazionale utilizzando lo stesso modello usato per
l‘organizzazione locale della produzione: i rapporti con i subappaltatori hanno luogo
attraverso il mercato, non attraverso la proprietà diretta degli impianti (IDE).
L‘organizzazione della produzione viene cioè realizzata attraverso transazioni di
mercato.
Il sistema locale estende a livello internazionale la catena dell‘offerta riproducendo
lo stesso meccanismo: le sue operazioni avvengono tramite i flussi di mercato, non
con transazioni intra-impresa (gruppo), cioè IDE. Ciò significa che i flussi commerciali
Informest, apile 2011 90
sono utilizzati proprio per estendere a livello internazionale la catena dell‘offerta e
questo è fatto più agevolmente da gruppi di imprese che da singole imprese.
Il processo può avvenire secondo modalità differenti, sulla base di diversi regimi di
outsourcing: integrazione verticale o orizzontale, accordi di collaborazione o pure
transazioni di mercato.
Tabella 65 - Distribuzione settoriale imprese estere partecipate da imprese italiane
Imprese estere partecipate da imprese italiane, per settore di attività
Imprese estere partecipate da imprese italiane
1.1.2002 1.1.2005 1.1.2008
Industria estrattiva 1,2% 1,1% 1,0%
Industria manifatturiera 29,4% 29,2% 28,0%
Alimentari, bevande e tabacco 3,3% 2,7% 2,3%
Tessili e maglieria 2,1% 2,2% 2,0%
Abbigliamento 1,7% 1,7% 1,5%
Pelli, cuoio, calzature e pelletteria 1,3% 1,3% 1,3%
Legno e prodotti in legno 0,8% 0,8% 0,8%
Carta, derivati, stampa e editoria 1,9% 1,9% 1,7%
Derivati del petrolio e altri combustibili 0,2% 0,2% 0,2%
Prodotti chim.e farmac., fibre sint. e artif.
1,9% 2,0% 2,0%
Articoli in gomma e materie plastiche 1,8% 1,9% 1,9%
Materiali per l'edilizia, vetro e ceramica 2,0% 2,2% 2,2%
Metalli e prodotti derivati 3,2% 3,2% 3,1%
Macchine e apparecchi meccanici 3,8% 3,9% 3,8%
Macchine e apparecc. elettriche e ottiche 2,8% 2,9% 2,8%
Autoveicoli 1,3% 1,2% 1,2%
Altri mezzi di trasporto 0,2% 0,2% 0,3%
Mobili e altre industrie manifatturiere 0,9% 1,0% 1,1%
Energia, gas e acqua 1,7% 1,8% 3,7%
Costruzioni 4,9% 5,1% 4,8%
Commercio all'ingrosso 49,3% 49,5% 48,9%
Logistica e trasporti 5,7% 5,8% 6,1%
Servizi di telecomunicazione e di inform. 2,8% 2,5% 2,6%
Altri servizi professionali 4,9% 4,9% 4,9%
Totale 18.366 20.090 22.444 Fonte: Elaborazione Informest su dati Banca dati Reprint, Politecnico di Milano - ICE
Informest, apile 2011 91
Tabella 66 - Distribuzione settoriale degli addetti delle imprese estere partecipate da
imprese italiane
Imprese estere partecipate da imprese italiane, per settore di attività
Addetti delle imprese estere partecipate da imprese italiane
1.1.2002 1.1.2005 1.1.2008
Industria estrattiva 0,9% 1,1% 1,1%
Industria manifatturiera 71,3% 71,2% 66,4%
Alimentari, bevande e tabacco 10,4% 7,1% 5,7%
Tessili e maglieria 3,6% 4,4% 4,2%
Abbigliamento 4,3% 4,6% 3,7%
Pelli, cuoio, calzature e pelletteria 2,4% 2,7% 2,6%
Legno e prodotti in legno 1,1% 1,2% 1,1%
Carta, derivati, stampa e editoria 3,8% 3,3% 2,7%
Derivati del petrolio e altri combustibili 1,2% 1,0% 0,8%
Prodotti chim e farm., fibre sint. e artif. 2,6% 2,8% 2,8%
Articoli in gomma e materie plastiche 3,2% 3,9% 3,8%
Materiali per l'edilizia, vetro e ceramica 4,0% 4,5% 5,0%
Metalli e prodotti derivati 6,7% 6,7% 5,9%
Macchine e apparecchi meccanici 9,0% 8,2% 7,9%
Macchine e apparecc- elettriche e ott. 9,6% 10,3% 9,5%
Autoveicoli 7,4% 7,7% 7,6%
Altri mezzi di trasporto 1,0% 1,3% 1,6%
Mobili e altre industrie manifatturiere 1,0% 1,4% 1,5%
Energia, gas e acqua 0,7% 0,8% 4,5%
Costruzioni 3,2% 4,0% 3,5%
Commercio all'ingrosso 10,8% 12,1% 12,3%
Logistica e trasporti 1,6% 1,9% 2,4%
Servizi di telecomunicazione e di inform. 7,0% 3,9% 3,8%
Altri servizi professionali 4,6% 5,1% 6,0%
Totale 1.258.046 1.217.453 1.297.866 Fonte: Elaborazione Informest su dati Banca dati Reprint, Politecnico di Milano - ICE
Informest, apile 2011 92
Tabella 67 - Distribuzione settoriale del fatturato estere partecipate da imprese
italiane
Imprese estere partecipate da imprese italiane, per settore di attività
Fatturato delle imprese estere partecipate da imprese italiane
(mio €)
1.1.2002 1.1.2005 1.1.2008
Industria estrattiva 4,9% 5,5% 7,4%
Industria manifatturiera 54,0% 52,5% 45,3%
Alimentari, bevande e tabacco 8,1% 4,6% 3,3%
Tessili e maglieria 1,1% 1,2% 1,0%
Abbigliamento 1,4% 1,7% 1,0%
Pelli, cuoio, calzature e pelletteria 0,4% 0,4% 0,3%
Legno e prodotti in legno 0,3% 0,3% 0,3%
Carta, derivati, stampa e editoria 3,8% 3,4% 2,7%
Derivati del petrolio e altri combustibili 4,2% 3,5% 3,5%
Prodotti chimici e farmac., fibre sint. e artif. 2,5% 2,8% 2,4%
Articoli in gomma e materie plastiche 1,8% 2,3% 2,0%
Materiali per l'edilizia, vetro e ceramica 3,1% 3,5% 3,4%
Metalli e prodotti derivati 5,4% 4,8% 4,3%
Macchine e apparecchi meccanici 7,0% 7,6% 6,6%
Macchine e apparecchiature elettriche e ott. 5,9% 6,0% 4,4%
Autoveicoli 6,4% 7,4% 7,2%
Altri mezzi di trasporto 2,1% 2,4% 2,1%
Mobili e altre industrie manifatturiere 0,6% 0,6% 0,5%
Energia, gas e acqua 0,9% 1,6% 9,2%
Costruzioni 1,2% 2,2% 1,8%
Commercio all'ingrosso 25,7% 29,4% 27,8%
Logistica e trasporti 2,4% 2,9% 3,0%
Servizi di telecomunicazione e di informatica 8,4% 3,2% 3,1%
Altri servizi professionali 2,5% 2,7% 2,3%
Totale 308.381 316.156 431.975 Fonte: Elaborazione Informest su dati Banca dati Reprint, Politecnico di Milano - ICE
Per quanto riguarda la cosiddetta internazionalizzazione ―in entrata‖ i due indici
sviluppati dall‘Unctad, a dire l‘Indice di Performance per gli IDE in entrata16 e l‘Indice
16 L‘indice di Performance per gli IDE in entrata classifica i paesi in base agli IDE ricevuti rispetto alla loro dimensione economica. E 'il rapporto tra la quota del paese dei flussi mondiali di IDE e la quota del PIL mondiale, quindi un rapporto di rapporti. Un valore maggiore di uno indica che il paese riceve più investimenti esteri diretti rispetto alla sua dimensione economica relativa, un valore negativo significa che gli investitori stranieri stanno disinvestendo in quel periodo). L'indice coglie così l'influenza sulla IDE di fattori diversi rispetto alla dimensione del mercato, assumendo che, a parità di condizioni, la dimensione è il "fattore base" per attrarre investimenti. Gli altri fattori vanno dal clima economico, alla stabilità economica e politica, alla presenza di risorse naturali, elle infrastrutture, competenze e tecnologie, alle opportunità di partecipazione nelle privatizzazioni o all'efficacia della promozione degli IDE.
Informest, apile 2011 93
del Potenziale per gli IDE in entrata17, mostrano nell‘ultimo triennio il seguente
andamento dell‘Italia relativamente alla posizione nella graduatoria relativa a 141
paesi.
Tabella 69 – Andamento Indice del Performance per gli IDE in entrata
2000-2002 2003-2005 2006-2008
Italia 100 112 107
Fonte: Unctad WIR, varie annate.
La performance, cioè l‘attrazione effettiva di IDE, è molto al disotto del potenziale
del paese, andato comunque peggiorando di cinque posizioni tra il 2000 ed il 2008.
Tabella 70 – Andamento Indice di Potenziale per gli IDE in entrata
2000-2002 2003-2005 2006-2008
Italia 26 29 31
Fonte: Unctad WIR, varie annate.
17 L'indice del Potenziale per gli IDE in entrata cattura diversi fattori (a parte le dimensioni del mercato) che dovrebbero rendere un'economia attraente per gli investitori stranieri. Si tratta di una media semplice dei valori di 12 variabili: PIL pro capite, tasso di crescita del PIL negli ultimi 10 anni, quota delle esportazioni sul PIL, numero medio di linee telefoniche per 1000 abitanti e telefoni cellulari per 1.000 abitanti, consumo di energia commerciale pro capite, percentuale di spesa per R & S rispetto al PIL, quota di studenti universitari sulla popolazione, rischio paese (indicatore composito calcolato in modo che valori alti indichino un rischio minore), quota delle esportazioni mondiali di risorse naturali, quota delle importazioni mondiali di parti e componenti per automobili e prodotti elettronici, quota delle esportazioni mondiali di servizi, quota dello stock mondiale di IDE in entrata.
Informest, apile 2011 94
6.1 L‘internazionalizzazione delle PMI italiane
Prima di analizzare alcune caratteristiche proprie del processo di
internazionalizzazione delle piccole e medie imprese italiane si riportano alcune
informazioni di tendenza relative al settore delle PMI nel suo insieme ed in
comparazione all‘UE-27.
Tra il 2002 ed il 2008 il numero di PMI italiane è cresciuto del 6%, registrando una
dinamica molto più contenuta di quella comunitaria (13%) e slovena (17%), grazie
soprattutto al contributo delle piccole e medie imprese. L‘occupazione nelle PMI è
cresciuta complessivamente nel periodo 2002-2008 del 9%, tasso di crescita inferiore a
quello della media UE-27 (12%) e a quello sloveno (14%). Meno negativo il risultato in
termini di Valore aggiunto, dove il settore italiano delle PMI ha registrato una crescita
il linea con la media comunitaria, a dire il 26% contro il 27% (58% il tasso specifico
sloveno).
Un dato strutturale rilevante, soprattutto se comparato a quello sloveno che risulta
in linea con quello comunitario, è dato dalla sovra rappresentazione delle micro-
imprese rispetto alla media europea che viene compensata dal peso delle piccole
imprese che risulta dimezzato rispetto a quello comunitario, mentre il dato per le
medie imprese risulta anche esso basso.
Tabella 72 – Distribuzione percentuale di numero di PMI, degli occupati e del valore aggiunto per l‘Italia e l‘UE
Numero di Imprese Occupazione Valore Aggunto
Italia Ue Italia Ue Italia Ue
Micro 96,1% 91,8% 47,6% 29,7% 29,3% 21,0%
Piccole 3,2% 6,9% 17,3% 20,7% 18,7% 18,9%
Medie 0,7% 1,1% 17,4% 17,0% 14,6% 18,0% Fonte: SBA Fact Sheet, Italia ‗09
Tale caratteristica si amplifica a livello occupazionale. Infatti il peso delle PMI risulta
superiore di quasi quindici punti percentuali rispetto alla media europea, mentre il
dato sloveno risulta in linea. Va inoltre osservato che sono le sotto-categorie ad
evidenziare uno scostamento anche più significativo: in particolare sono le micro-
imprese a concentrare il 49,6% dell‘occupazione contro una media europea del 27,7%.
Le piccole imprese risultano invece assorbire una quota di occupazione inferiore di tre
Informest, apile 2011 95
punti percentuali alla media comunitaria, mentre le imprese di medie dimensioni
risultano in linea.
Tabella 73 – Distribuzione per classe di ampiezza del numero assoluto e di alcuni indicatori economici per le PMI italiane (2008)
micro piccole medie
Imprese (.000) 3.731 189 20
Occupati (.000) 7.292 3.352 1.935
Imprese/Occupati 2 18 96
Produttività * (.000 €)
30 46 56
Costo del lavoro** (.000 €)
28 31 38
Quota Investimenti+ 15 15 19 Fonte: EIM Business & Policy Research, 2010. *Valore Aggiunto al Costo dei Fattori/Numero Occupati; ** Costo Personale/Occupati; + Investimenti lordi materiali/ Valore Aggiunto al Costo dei Fattori
Tabella 74 – Distribuzione settoriale per classe di ampiezza delle PMI italiane (2008)
micro piccole medie PMI
Estrattivo, minerario 2.392 873 54 3.319
Manifatturiero 432.906 77.574 10.370 520.850
Acqua, gas e elettricità 2.179 390 157 2.726
Edilizia 586.200 30.472 1.524 618.196
Commercio ingrosso e dettaglio; riparazioni 1.221.999 34.535 2.703 1.259.237
Alberghi e ristoranti 260.844 14.876 700 276.420
Trasporto, stoccaggio e comunicazioni 146.830 11.005 1.704 159.539
Attività immobiliari, nolo e attività di impresa. 1.077.998 19.569 2.939 1.100.506
Fonte: EIM Business & Policy Research, 2010.
Per quanto concerne l‘internazionalizzazione delle micro, piccole e medie imprese
italiane, indagine 2009 sull‘internazionalizzazione delle imprese europee ha prodotto
le seguenti informazioni.
Relativamente alla propensione all‘internazionalizzazione, i dati relativi alle PMI
presentano per l‘Italia una situazione nota. La forte propensione
all‘internazionalizzazione si ―esaurisce‖ nella fase dell‘interscambio. Questo spiega
probabilmente in valore molto basso rispetto alla media UE-27 riportato nell‘indagine
Informest, apile 2011 96
annuale relativa al Small Business Act. Le PMI italiane infatti che hanno esportato nel
triennio 2006-2008 sono circa il 27,5%, valore superiore alla media UE che è del 25%.
Per le importazioni il confronto con la media UE dà un risultato opposto, con un
valore per le PMI italiane del 22% (il valore della quota italiano è il quart‘ultimo
rispetto ai 27 paesi membri) circa contro una media europea del 29%: quindi le PMI
Italiane dimostrano una propensione ad internazionalizzarsi attraverso le esportazioni
nettamente superiore all‘esternalizzazione mediante le importazioni.
Questo indicativo dato di vantaggio comparato viene più che controbilanciato dalla
percentuale, la minima a livello europeo, delle PMI che si internazionalizzano
utilizzando almeno una delle altre modalità, cioè IDE, accordi di cooperazione tecnica
e subfornitura sia attiva che passiva. Il valore percentuale per l‘Italia è del 7,5% circa,
il valore più basso in assoluto e staccato anche dalla penultima posizione, quella della
Spagna, con un valore vicino al 13%.
Ne risulta quindi che come quota complessiva delle PMI internazionalizzate in una o
più delle 6 modalità considerate, l‘Italia occupa la quart‘ultima posizione con un
valore del 39% circa. Questo risultato va considerato come indicazione di un
disequilibrio qualitativo rispetto alla tipologia di internazionalizzazione delle PMI che
riflette quello più noto della ―forbice‖ tra interscambio ed IDE, forbice che vede
l‘Italia spesso tra i primi partner commerciali ma con una scarsa presenza in termini
di investimenti sul territorio del paese in questione. La quart‘ultima posizione invece
non va letta in termini assoluti ma si deve considerare che in ultima, penultima e
terzultima posizione si trovano rispettivamente Germania, Francia ed Austria e che
alla quint‘ultima e sestultima posizione si trovano Inghilterra e Spagna. Tutti i grandi
paesi europei si trovano quindi compresi nel gruppo di coda in quanto il livello di
internazionalizzione delle PMI, come il grado di apertura (rapporto tra interscambio e
Pil) è una funzione inversamente proporzionale della grandezza del Paese. Infatti ai
primi sei posti troviamo, iniziando dal sesto; Bulgaria. Lussemburgo, Cipro, Estonia;
Grecia; Malta.
Informest, apile 2011 97
6.1.1 Programmi di supporto
La conoscenza da parte delle PMI e/o l‘uso dei programmi pubblici nazionali di
supporto alla penetrazione dei mercati esteri è un‘altra delle variabili critiche a
livello europeo. La conoscenza ed il conseguente uso infatti, come sopra osservato
più analiticamente, sono ancora non soddisfacenti. L‘Italia è relativamente ben
posizionata e raggiunge un livello quindi buono di conoscenza degli strumenti da parte
delle PMI che sono internazionalizzate
Infatti risulta al 6° posto tra i paesi membri sia per quanto riguarda l‘uso del supporto
di tipo finanziario con una percentuale del 9% (percentuale massima: 47% (Austria);
percentuale minima: Romania (0%))sul totale delle imprese internazionalizzate, sia
per quanto riguarda l‘uso di supporto non finanziario, con una percentuale dell‘11%
(percentuale massima: 23% (Slovenia); percentuale minima: Romania (0%)).
Informest, apile 2011 98
7. L’internazionalizzazione della regione Friuli – Venezia Giulia (cenni)
In base ai dati della Banca dati Reprint, Politecnico di Milano – ICE, le imprese estere
partecipate da imprese regione Friuli – Venezia Giulia sono passate tra il 2002 ed il
2008 da 451 a 605, un aumento del 34,1% superiore sia a quello nazionale, pari al
22,2%, sia a quello della macro-regione nord-orientale, pari al 29%.
Tabella 75 - L‘internazionalizzazione della regione FVG: comparazione regionale per
numero di partecipate
Regione della sede principale dell'impresa italiana investitrice Imprese estere partecipate da imprese italiane
1.1.2002 1.1.2005 1.1.2008
Italia Nord-Occidentale 50,4% 48,5% 46,3%
Valle d'Aosta 0,1% 0,1% 0,1%
Piemonte 12,6% 11,7% 10,7%
Lombardia 35,7% 34,8% 33,7%
Liguria 2,0% 2,0% 1,9%
Italia Nord-Orientale 30,6% 32,1% 32,4%
Veneto 13,3% 14,0% 13,9%
Trentino-Alto Adige 1,6% 1,8% 1,8%
Friuli-Venezia Giulia 2,5% 2,6% 2,7%
Emilia-Romagna 13,3% 13,7% 13,9%
Italia Centrale 15,5% 15,8% 17,5%
Toscana 5,1% 5,4% 5,3%
Umbria 0,4% 0,5% 0,6%
Marche 2,5% 2,6% 2,6%
Lazio 7,5% 7,4% 9,1%
Italia Meridionale 2,6% 2,8% 3,1%
Abruzzo 0,6% 0,7% 0,7%
Molise 0,1% 0,1% 0,1%
Campania 1,2% 1,2% 1,5%
Puglia 0,5% 0,6% 0,6%
Basilicata 0,0% 0,1% 0,1%
Calabria 0,0% 0,0% 0,1%
Italia Insulare 0,9% 0,8% 0,7%
Sicilia 0,4% 0,4% 0,5%
Sardegna 0,5% 0,4% 0,2%
Totale Italia 18.366 20.090 22.444 Fonte: Elaborazioni INFORMEST su Banca dati Reprint, Politecnico di Milano – ICE
Questa buona performance in termini comparati ha permesso alla regione Friuli –
Venezia Giulia di aumentare, anche se in maniera modesta, il peso percentuale delle
Informest, apile 2011 99
sue partecipazioni sia rispetto al totale nazionale che rispetto alla regione Nord
Orientale, dove il suo peso nello stesso periodo è passato dall‘8,0% all‘8,3%.
Tabella 76 - L‘internazionalizzazione della regione FVG: comparazione regionale per
numero di addetti delle partecipate
Regione della sede principale dell'impresa italiana investitrice
Addetti delle Imprese estere partecipate
da imprese italiane
1.1.2002 1.1.2005 1.1.2008
Italia Nord-Occidentale 58,6% 58,0% 55,4%
Valle d'Aosta 0,0% 0,0% 0,0%
Piemonte 22,7% 23,2% 22,8%
Lombardia 35,1% 34,0% 31,7%
Liguria 0,7% 0,8% 0,8%
Italia Nord-Orientale 20,8% 23,2% 21,7%
Veneto 8,2% 10,1% 9,9%
Trentino-Alto Adige 0,8% 1,1% 0,9%
Friuli-Venezia Giulia 1,2% 1,4% 1,4%
Emilia-Romagna 10,5% 10,7% 9,4%
Italia Centrale 18,6% 16,2% 19,9%
Toscana 2,9% 3,3% 3,5%
Umbria 0,2% 0,3% 0,3%
Marche 2,4% 3,3% 2,9%
Lazio 13,1% 9,3% 13,3%
Italia Meridionale 1,5% 2,1% 2,7%
Abruzzo 0,4% 0,5% 0,5%
Molise 0,0% 0,1% 0,0%
Campania 0,5% 0,8% 1,2%
Puglia 0,6% 0,7% 0,8%
Basilicata 0,0% 0,0% 0,0%
Calabria 0,0% 0,1% 0,0%
Italia Insulare 0,5% 0,4% 0,3%
Sicilia 0,3% 0,2% 0,2%
Sardegna 0,2% 0,2% 0,1%
Totale 1.258.046 1.217.453 1.297.866 Fonte: Elaborazioni INFORMEST su Banca dati Reprint, Politecnico di Milano – ICE
La distribuzione settoriale delle partecipate estere delle imprese con sede nella
regione Friuli – Venezia Giulia vede la regione, nel periodo 2002-2008, registrare dei
mutamenti di lieve entità. Il manifatturiero guadagna complessivamente mezzo punto
percentuale: si confermano alcune specializzazioni, come il legno-mobile che passa
Informest, apile 2011 100
dal 10,2% al 10,6% ed il metal-meccanico che passa dall‘8,2% al 9,1%. Il peso
complessivo del terziario è praticamente invariato, passando dal 65,6% al 65,5%, ma si
rafforza il Commercio all‘ingrosso a scapito dei servizi più skill-intensive come
logistica e trasporti, la quale perde due punti percentuali, e gli altri servizi
professionali.
Tabella 77 - Distribuzione settoriale delle partecipate estere delle imprese con sede nella regione Friuli – Venezia Giulia
Friuli-Venezia Giulia 2002 2008
Industria estrattiva 0,0% 0,0%
Industria manifatturiera 27,1% 27,6%
Alimentari, bevande e tabacco 3,1% 1,0%
Tessili e maglieria 1,1% 0,2%
Abbigliamento 0,2% 0,2%
Pelli, cuoio, calzature e pelletteria 0,2% 0,2%
Legno e prodotti in legno 4,7% 5,0%
Carta, derivati, stampa e editoria 1,1% 1,2%
Derivati del petrolio e altri combustibili 0,0% 0,0%
Prodotti chimici, fibre sintetiche e artificiali 0,4% 0,5%
Articoli in gomma e materie plastiche 0,4% 0,3%
Materiali per l'edilizia, vetro e ceramica 0,2% 0,3%
Metallo e prodotti derivati 3,8% 4,8%
Macchine e apparecchi meccanici 4,4% 4,3%
Macchine e apparecchiature elettriche e ottiche 0,9% 3,3%
Autoveicoli 0,4% 0,3%
Altri mezzi di trasporto 0,4% 0,5%
Mobili e altre industrie manifatturiere 5,5% 5,6%
Energia, gas e acqua 0,9% 1,5%
Costruzioni 6,4% 5,5%
Commercio all'ingrosso 41,7% 44,3%
Logistica e trasporti 14,4% 12,4%
Servizi di telecomunicazione e di informatica 1,6% 1,7%
Altri servizi professionali 8,0% 7,1%
Totale 451 605 Fonte: Elaborazioni INFORMEST su Banca dati Reprint, Politecnico di Milano – ICE
La distribuzione geografica delle partecipate estere vede sul periodo 2002-2008, una
lieve riduzione del peso dell‘UE-27 dal 72,1% al 69,4%. L‘UE resta ovviamente
preponderante come area di riferimento ed è seguita dal Nord America, il quale
Informest, apile 2011 101
conferma la sua quota, e dall‘Asia Orientale che guadagnando più di due punti
percentuali ha superato il Centro- e Sud America come terza area geografica di
destinazione degli Investimenti Diretti Esteri delle imprese del Friuli Venezia Giulia.
Tabella 78 - Distribuzione geografica delle partecipate estere delle imprese con sede nella regione Friuli – Venezia Giulia
Friuli-Venezia Giulia
2002 2008
UE-15 31,7% 30,2%
Europa centro-orientale 40,4% 39,2%
Altri paesi europei 1,3% 1,8%
Africa settentr. 1,1% 1,0%
Altri paesi africani 0,7% 0,3%
America settentr. 9,8% 9,8%
America centrale e merid. 5,8% 6,3%
Medio Oriente 1,3% 1,5%
Asia centrale 1,6% 1,2%
Asia orientale 5,3% 7,8%
Oceania 1,1% 1,0%
Totale 100,0% 100,0% Fonte: Elaborazioni INFORMEST su Banca dati Reprint, Politecnico di Milano – ICE
La distribuzione settoriale delle imprese a partecipazione estera con sede nella
regione Friuli – Venezia Giulia ha registrato sul periodo 2002-2008 una moderata
terziarizzazione, con l‘industria manifatturiera che ha perso 2,9 punti percentuali: in
aumento due soli rami, a dire l‘industria alimentare (3,1 punti percentuali) e il ramo
meccanico (4,1 punti percentuali). Il terziario è passato dal 44,8% al 47,5% grazie in
particolare all‘andamento del ramo logistica e trasporti che ha guadagnato 2,8 punti
percentuali.
Tabella 79 - Distribuzione settoriale delle imprese a partecipazione estera con sede nella
regione Friuli – Venezia Giulia
Friuli-Venezia Giulia 2002
2008
Industria estrattiva 0,0% 0,0%
Industria manifatturiera 51,4% 48,5%
Alimentari, bevande e tabacco 0,9% 4,0%
Tessili e maglieria 0,9% 0,0%
Abbigliamento 0,0% 0,0%
Pelli, cuoio, calzature e pelletteria 0,0% 0,0%
Informest, apile 2011 102
Legno e prodotti in legno 0,0% 0,0%
Carta, derivati, stampa e editoria 2,8% 2,0%
Derivati del petrolio e altri combustibili 0,0% 0,0%
Prodotti chimici, fibre sintetiche e artificiali 2,8% 2,0%
Articoli in gomma e materie plastiche 3,7% 3,0%
Materiali per l'edilizia, vetro e ceramica 7,5% 7,1%
Metallo e prodotti derivati 6,5% 4,0%
Macchine e apparecchi meccanici 13,1% 17,2%
Macchine e apparecchiature elettriche e ottiche 6,5% 5,1%
Autoveicoli 0,9% 1,0%
Altri mezzi di trasporto 0,0% 0,0%
Mobili e altre industrie manifatturiere 5,6% 3,0%
Energia, gas e acqua 0,9% 2,0%
Costruzioni 2,8% 2,0%
Commercio all'ingrosso 27,1% 27,3%
Logistica e trasporti 9,3% 12,1%
Servizi di telecomunicazione e di informatica 1,9% 2,0%
Altri servizi professionali 6,5% 6,1%
Totale 107 99
Fonte: Elaborazioni INFORMEST su Banca dati Reprint, Politecnico di Milano – ICE
La distribuzione geografica delle imprese a partecipazione estera con sede nella
regione Friuli – Venezia Giulia ha registrato sul periodo 2002-2008 una diminuzione del
peso dell‘UE-27, passata dal 77,6% al 71,7%: la diminuita presenza ha riguardato sia i
vecchi stati membri dell‘UE-15 che i nuovi stati membri dell‘UE orientale. In
aumento il peso della presenza del Nord America, dei paesi europei non comunitari e
del Medio - oriente.
Tabella 80 - Distribuzione geografica delle imprese a partecipazione estera con sede nella regione Friuli – Venezia Giulia
Friuli-Venezia Giulia
2002 2008
UE-15 62,6% 58,6%
Europa centro-orientale 15,0% 13,1%
Altri paesi europei 4,7% 6,1%
Africa settentr. 0,0% 0,0%
Altri paesi africani 0,0% 0,0%
America settentr. 13,1% 16,2%
America centrale e merid. 0,0% 0,0%
Informest, apile 2011 103
Medio Oriente 0,9% 3,0%
Asia centrale 0,9% 0,0%
Asia orientale 2,8% 3,0%
Oceania 0,0% 0,0%
Totale 100,0% 100,0%
Fonte: Elaborazioni INFORMEST su Banca dati Reprint, Politecnico di Milano – ICE
Informest, apile 2011 104
8. Conclusioni
Alcune osservazioni ed indicazioni di politica economica possono essere tratte dalla
precedente analisi.
Osservazioni sintetiche di struttura
La crisi ha interrotto nel 2009 la crescita delle PMI nell‘UE-27 in termini di
numero assoluto e capacità di creazione di occupazione. Il binomio crescita +
occupazione, obbiettivo della nuova strategia di Lisbona sembra allontanarsi
anche per le PMI, motore della crescita dell‘occupazione europea nel periodo
2002-2008 (tasso di crescita annuo dell‘1,9% contro lo 0,8% delle grandi
imprese).
Le caratteristiche relative alla distribuzione settoriale delle micro e piccole
imprese fanno si che la congiuntura stia premiando le medie e grandi imprese
che risultano più concentrate nel secondario.
A) solo una parte ridotta tra le PMI che internazionalizzano varca i confini del
Mercato Unico (il 28% rispetto al 44%); B) la forma più diffusa di
internazionalizzazione è l‘interscambio commerciale; C) il 25% delle PMI
europee esporta ed il 13% esporta anche in paesi non-membri; D) il 29% delle
PMI europee importa ed il 14% importa anche da paesi non-membri; E) il 7%
delle PMI europee ha concluso accordi di cooperazione tecnologica con un
partner estero; F) il 7% delle PMI europee sono sub-fornitori di un partner
estero; G) il 7% delle PMI europee hanno sub-fornitori esteri; H) il 2% delle PMI
europee ha effettuato operazioni di investimento diretto estero
Le piccole e micro-imprese sono la spina dorsale delle economie europee, ma
al contempo sono in crescente difficoltà quale che sia la loro propensione
all‘internazionalizzazione, come si evince chiaramente dall‘indagine del 2010
sull‘internazionalizzazione delle PMI, ad affrontare gli alti costi di entrata
(manageriali, organizzativi e tecnologici) legati alle operazioni su scala
internazionale. Non va tuttavia dimenticato che la grandezza di un impresa è
un vincolo strutturale e che il grado e la complessità delle strategie di
internazionalizzazione sono direttamente correlate alla dimensione d‘impresa.
Informest, apile 2011 105
Per molte imprese Europee l‘internazionalizzazione consiste nell‘esportazione
e/o importazione da altri stati membri. Quella che dovrebbe essere una prima
fase di un processo di rafforzamento delle capacità competitive di un impresa
resta spesso l‘unica fase realizzata di tale processo. La consapevolezza circa i
programmi di sostegno per le PMI è piuttosto bassa. Solo il 10% delle PMI che
non sono ancora attive sui mercati internazionali e solo il 22% delle PMI attive a
livello internazionale sono a conoscenza di tali strumenti. Inoltre l'utilizzo di
strumenti di sostegno è molto limitato: meno del 10% delle PMI attive a livello
internazionale usa programmi di sostegno.
Gli start-ups aziendali per le piccole imprese sono spesso resi difficoltosi da
complicazioni amministrative. La diffusione di meccanismi di sostegno unico
(―one-stop shop‖) all‘attività imprenditoriale, o incentivazioni verso l‘auto-
impiego vanno diffuse e favorite ma limitando il rischio di creare micro-
imprese con una limitata speranza di vita da cui un aumento della mortalità
aziendale.
Il legame tra internazionalizzazione e competitività e crescita delle PMI ha una
natura bidirezionale spuria: se non si raggiunge un livello sufficiente di
competitività, cioè non si supera una soglia minima in termini di risorse e
capacità, l‘internazionalizzazione non è un‘opzione realistica. Le barriere
infatti sono sia interne che esterne.
Osservazioni sintetiche di scenario
Il calo della domanda nell‘UE rischia di prolungarsi anche nel biennio 2011-
2012, perché legato ad il ribilanciamento globale che sfavorisce l‘asse euro-
atlantico che per l‘UE è determinante in termini di esportazioni ed
importazioni18. La domanda interna continua ad essere più penalizzata rispetto
alla domanda estera e le imprese hanno continuato ad evidenziare in trend
negativo nella performance di vendita.
18 Nel 2009 gli USA sono stati il primo partner commerciale dell‘UE rappresentando il 15,9% dell‘interscambio extra-comunitario (la Cina ne ha rappresentato il 12,9%) . Nei primi sette mesi del 2010 gli USA sono stati il primo partner commerciale dell‘UE rappresentando il 14,7% dell‘interscambio extra-comunitario (la Cina ne ha rappresentato il 13,5%)
Informest, apile 2011 106
La crisi finanziaria globale non ha solo causato un rallentamento del processo di
internazionalizzazione ed in particolare una diminuzione dei flussi di capitale in
entrata ed uscita, ma ha anche determinato una sensibile redistribuzione tra le
diverse modalità, interrompendo un trend ventennale. In particolare
l‘instabilità dei mercati finanziari ha annullato il vantaggio competitivo in
termini di informazioni (asimmetrie informative) che le operazioni di M&A
hanno sugli investimenti a campo verde, portando ad una riduzione delle
operazioni di M&A del 65% mentre gli investimenti a campo verde si sono
contratti in valore solo del 15%.
Al momento un ritorno verso una situazione meno incerta, con capitali meno
scarsi e mercati azionari stabili non è verosimile nel breve periodo, in quanto
emergono nuovi fattori di rischio come guerre valutarie e l‘escalation nel
protezionismo commerciale. Le prime stime Unctad per il 2010 in base
all‘andamento non esaltante del secondo e terzo trimestre, portano un valore
inferiore del 25% rispetto al triennio 2005-2007. Le multinazionali europee
hanno rimpatriato risorse da cui la contrazione dei prestiti intra-aziendali e
degli utili reinvestiti.
Le micro e piccole imprese sono più presenti nei settori dell‘edilizia,
nell‘alberghiero e nella ristorazione, nei servizi alle imprese e in aree del
commercio al dettaglio e all'ingrosso e sono fortemente orientate verso il
mercato al consumo interno rispetto alle grandi imprese. I fattori di crescita
nell‘attuale congiuntura sono legati alla ripresa selettiva delle esportazioni,
quindi le micro e piccole imprese sono sfavorite, da questo punto di vista,
rispetto alle medie imprese.
Indicazioni di Politica
Se il Mercato Unico è l‘ambiente per eccellenza in cui le imprese possono
rafforzare le proprie capacità competitive, va osservato che tale ambiente ha
ancora molte necessità di miglioramento. Si pensi ai servizi e a tutta una serie
di eterogeneità procedurali, amministrative e fiscali che rendono ancora
―virtuale‖, per tutta una serie di attività, l‘esistenza di uno spazio economico
Informest, apile 2011 107
europeo. Queste eterogeneità costituiscono altrettante barriere all‘entrata nei
mercati degli stati membri, limitrofi e non, e vanno risolte e/o limitate
significativamente se non si vuole che le esigue risorse delle micro e piccole
imprese siano consumate nello sforzo di superarle.
La dimensione delle imprese, la produttività, l‘intensità degli skills e la
capacità di innovare sono associate in modo direttamente proporzionale ad una
migliore performance delle esportazioni, investimenti diretti esteri e
dell‘attività di outsourcing. Le caratteristiche delle imprese sono
preponderanti rispetto ad altri fattori (politiche nazionali e sovranazionali) nel
determinare la capacità di internazionalizzazione; infatti le barriere
all‘internazionalizzazione denunciate dalle PMI si correlano a insufficiente
dotazione di capacità umane, tecniche e finanziarie. Le riforme strutturali che
rendono più facile per le imprese crescere e a orientarsi verso forme sofisticate
di gestione, organizzazione e innovazione, saranno fondamentali per il
rafforzamento della competitività europea. Queste riforme hanno un impatto
diretto – in quanto le pre-condizioni sono le stesse - anche sulla capacità delle
imprese di relazionarsi con le strategie, l‘operatività e i requisiti delle catene
globali dell‘offerta.
Oltre alle suddette riforme strutturali uno sforzo particolare va operato nella
direzione dello sviluppo di cultura e capacità di cooperazione con altre
imprese, questo in particolare per le piccole e micro imprese. Infatti: a) forme
associative come i consorzi19 possono portare ad una ripartizione di consti non
recuperabili sia informativi che di opportunità (i cosiddetti sunk costs) tra i
partner, riducendo quindi il valore dell‘opzione di attesa nei confronti delle
scelte di internazionalizzazione (posponimento della decisione di esportare in
un nuovo mercato, investire ecc.). Inoltre dovrebbero essere create funzioni
e/o agenzie di raccordo tra le micro imprese, spesso impedite per vincoli
19 I consorzi differiscono dai cartelli e sono tollerati dall‘autorità antitrust in quanto il loro scopo non è
la limitazione della concorrenza attraverso l‘alterazione dei prezzi o delle quantità, ma la promozione
della cooperazione e di economie di scala tra gli associati/partner per migliorare la loro performance
ed efficienza.
Informest, apile 2011 108
informativo-finanziari e le piccole e medie imprese per creare reti di impresa
con maggiore potenziale di internazionalizzazione.
Le differenze nelle strutture industriali tra i vari stati membri che fa si che il
numero medio di occupati del decile di imprese maggiormente esportatrici sia
298 in Francia e 100 in Italia e che l‘Italia potrebbe registrare un aumento del
37% delle esportazioni se la sua struttura industriale fosse simile a quella della
Germania (maggiore peso delle medie e grandi imprese). Gli stati membri con
un numero di imprese nella fascia 50-100 sensibilmente inferiore alla media
europea dovrebbero concentrarsi su iniziative mirate.
Le esportazioni sono in questa congiuntura uno dei pochi fattori di crescita e le
misure di sostegno alle imprese che esportano direttamente e/o sono
contraenti di imprese che esportano andrebbero potenziate. Tali misure
dovrebbero favorire in modo particolare, viste le considerazioni precedenti, le
forme di associazionismo come consorzi per le esportazionI e/o altre iniziative
territoriali mirate.
L‘incentivazione degli start-ups, in particolare nei settori tecnologici ad alto
tasso di innovazione e con un propensione più elevata
all‘internazionalizzazione, è una politica che ha due effetti positivi: a)
concentra l‘impegno in segmenti ad alto rendimento atteso; b) crea anche un
―effetto di spiazzamento‖ positivo, in quanto stimola i policy-makers, in
presenza di risorse scarse, a selezionare e canalizzare l‘eventuale
finanziamento alle imprese esistenti.
Una serie di indagini periodiche20 dell‘Enterprise Surveys della Gruppo Banca
Mondiale ha evidenziato che proprio le giovani PMI nei settori di punta, più
esposte in termini di leva finanziaria, hanno risentito in modo più pesante della
rarefazione del credito che rappresenta il secondo problema più urgente.
Ciononostante, molte imprese hanno dichiarato di aver continuato ad investire
in R&S. Siccome queste sono imprese la cui capacità e potenzialità di
internazionalizzazione è superiore a quella media, I sistemi pubblici di garanzia
20
L’ultima tornata si è svolta tra giugno e luglio 2010 ed i risultati sono stati presentati a metà ottobre. Le imprese
appartengono a 6 paesi di cui 5 dell’UE Orientale: Bulgaria, Lettonia, Lituania, Romania ed Ungheria.
Informest, apile 2011 109
dei prestiti bancari (credito agevolato) dovrebbero essere mantenuti sempre
nella logica dell‘intervento ―orizzontale‖ che eviti il più possibile in
finanziamento diretto.
Le campagne di sensibilizzazione sono importanti, soprattutto per sconfiggere
molti pregiudizi sui vincoli e le barriere all‘internazionalizzazione. Le aziende
devono essere consapevoli dei benefici dell‘ internazionalizzazione ed essere
dotate di un accesso più facile al sostegno pubblico. E 'importante presentare
una visione completa delle varie misure di sostegno disponibili e fornire servizi
di supporto su misura, soprattutto discriminanti in base alla dimensione che
resta il ―big divide‖ in ordine di vincoli e opportunità. Il tipo di sostegno
offerto dovrebbe infatti essere adattato ala fase di sviluppo
dell‘internazionalizzazione dell'impresa.
Unificare sotto un unico cappello le politiche a favore
dell‘internazionalizzazione e dell‘innovazione riconoscendo che spesso questi
due processi hanno dietro una serie di risorse ed opzioni. Questo approccio ha
due vantaggi potenziali: a) fusione delle agenzie esecutive in un corpo unico e
progettazione e presentazione unificata di misure di sostegno; b) affrontare in
parte un gap strutturale europeo, quello della mancanza dei cosidetti jollies
dell‘innovazione.
9. Nota Metodologica
Il dossier si pone l‘obbiettivo di fornire un quadro dell‘internazionalizzazione dei
sistemi produttivi europei nello scenario del dopo-crisi, considerandone le principali
caratteristiche, modalità, strumenti e politiche (comunitarie e nazionali). L‘analisi è
in particolare focalizzata sulle PMI.
Le principali fonti utilizzate sono EUROSTAT ed UNCTAD (in particolare le varie
edizioni del World Investment Report), fonti che garantiscono omogeneità e
comparabilità dei vari indicatori, oltre a una serie di pubblicazioni delle DG Imprese
Informest, apile 2011 110
ed Industria. Vengono inoltre utilizzate altre banche dati che presentano dati
omogeneizzati e comparabili21.
In questa analisi l‘internazionalizzazione comprende l‘interscambio commerciale
(importazioni ed esportazioni), le operazioni di investimento diretto all‘estero (IDE),
accordi internazionali di sub-fornitura, accordi internazionali di cooperazione
tecnologica.
Sono state considerate 5 categorie per quanto concerne la grandezza delle imprese:
le micro imprese (1-9 addetti); le piccole imprese (10-49 addetti); le medie imprese
(50-249 addetti); le grandi imprese (oltre i 249 addetti). I settori considerati nei
paragrafi relativi alle micro, piccole e medie imprese sono 2622.
I primi due aspetti, a dire l‘interscambio commerciale e le operazioni di investimento
diretto, sono quelli che permettono una analisi comparata e sono più agevolmente
monitorabili in base ad una serie di rilevamenti statistici (dati doganali, dati relativi
alla bilancia dei pagamenti) effettuati dalle amministrazioni doganali, dagli uffici di
statistica e/o dalle banche centrali dei paesi membri e poi omogeneizzati da Eurostat.
Le varie tipologie di accordo invece sono di difficile rilevazione e, quando effettuata,
la rilevazione non è continuativa ma è spesso relativa ad una indagine singola.
Per stimare in modo utile la quota di commercio estero attribuibile alla
diversificazione operativa delle PMI nelle loro diverse forme di aggregazione
funzionale (gruppi, reti, cluster o distretti) sarebbe utile il calcolo dei flussi di (ri-)
importazioni ed (ri-) esportazioni espressi da questi aggregati, esercizio cha và al di là
dello scopo di questa analisi23.
21 Per i dati a livello regionale si evidenzia, per un eventuale fase successiva di approfondimento dell‘analisi, l‘impossibilità di trovare dati comparabili per il Friuli Venezia Giulia con quelli EUROSTAT ed UNCTAD, in particolare per quanto riguarda gli Investimenti Diretti Esteri in entrata ed in uscita. Si sono utilizzati in questo caso i dati della banca dati REPRINT del Politecnico di Milano, prodotti grazie all‘indagine bi-annuale ―Italia Multinazionale‖ ed utilizzati e diffusi dall‘Istituto per il Commercio Estero (ICE). 22 Attività minerarie ed estrattive; alimentare; tessile; legno; editoria; chimico; metallurgico; meccanico; veicoli a motore; altro
manifatturiero; elettricità; edilizia; vendita dei veicoli a motore; commercio all‘ingrosso; commercio al dettaglio; alberghiero;
trasporti; immobiliare; renting; informatico; ricerca; servizi legali; altri servizi alle imprese; salute persone; servizi veterinari;
altri servizi.
23 Una forte correlazione tra esportazioni (indietro) ed importazioni (in avanti) tra un
cluster/gruppo/distretto ecc. ed un‘area geografica specifica all‘interno della stessa catena dell‘offerta indica una forte integrazione verticale tra le aree in cui i flussi commerciali sono mirati allo scambio di input produttivi. Un altro importante schema è quello della integrazione orizzontale, dove alcune produzioni sono semplicemente sostituite con importazioni. Se le importazioni sono rivolte
Informest, apile 2011 111
10. Appendice
Una proposta: cooperazione trans-regionale e internazionalizzazione
nonostante i cambiamenti tecnologici e delle regole della concorrenza abbiano
alterato molti dei criteri ―tradizionali‖ di allocazione delle imprese, la
specializzazione e la concentrazione (clusterizzazione) continuano comunque a
tradursi, anche se non con l‘intensità prevista da alcuni approcci, in vantaggi
competitivi. Questi vantaggi si declinano in termini di specializzazione locale, skills e
capacità di innovazione, quindi di guadagni di produttività, anche per le imprese
multinazionali più grandi. Si tratta quindi di una tensione, insita nel processo di
globalizzazione economica, tra i vantaggi della prossimità geografica delle attività e
quelli della loro riallocazione.
La proposta è quella di creare sul territorio europeo una serie di reti trans-regionali
per ―ancorare‖ al territorio europeo una serie di vantaggi competitivi e quindi ―agire
su‖ e non ―reagire a‖ i principali driver del processo di globalizzazione (aumento
della complessità dei network produttivi globali; diffusione dell‘off-shoring nelle
attività manifatturiere a nuovi settori high-tech e nuove fasi del processo di
produzione; emersione dell‘off-shoring anche nella R&S verso le aree emergenti). A
questi driver le imprese ed i sistemi produttivi, come notato a più riprese nel corso
dell‘analisi, rispondono aprendo ed articolando i sistemi produttivi, innovativi e
gestionali (risorse umane incluse); la sfida è appunto quella di riuscire ad articolare
questa risposta il più possibile sul territorio europeo e non al di fuori di esso.
Come articolare queste reti?
Uno strumento giuridico utile per la gestione di partenariati trans-regionali potrebbe
essere simile al Gruppo Europeo di Cooperazione Territoriale (GECT). Una serie di
spunti su come ―fidelizzare‖ una rete di regioni, aggregandole attorno ad una
strategia comune, vengono da alcune proposte come quello di creare dei ―marchi‖
cross-border o trans-nazionali. Il progetto ADC - Adriatic Danubian Clustering - ha
come obiettivo quello di andare oltre le attuali similarità nella specializzazione
a cluster o distretti specializzati con rapporti di lunga durata, anche in questo caso si può identificare un modello di integrazione.
Informest, apile 2011 112
produttiva tra le aziende nell‘area adriatico-danubiana e rafforzare il marketing
territoriale dell‘area adriatico-danubiana nell‘economia globale, sfruttando i suoi
vantaggi competitivi e le sue capacità produttive attraverso l‘istituzione di cluster
settoriali trans-nazionali (regionali).
Questi cluster possono migliorare l‘effettiva integrazione delle catene del valore più
competitive e ridurre le disparità regionali, anche favorendo l‘attrattività dell‘area
per gli IDE. Inoltre, lo scopo del progetto è quello di migliorare le conoscenze sul
potenziale per la cooperazione transfrontaliera e promuoverlo, dando maggiore
visibilità delle PMI nella regione.
Il GECT ha personalità giuridica, un bilancio e personale dedicati24. Quindi un
soggetto simile al GECT proprio per la sua natura potrebbe prevedere una struttura
gerarchica con una o più regioni leader che gestirebbero un Fondo di Intervento
transregionale e agirebbero come policy-makers; i conferimenti nel Fondo di
Intervento sarebbero a carico delle regioni co-leader.
A livello operativo il riferimento potrebbe essere quello dei programmi integrati di
cooperazione economica e sociale ma con alcune sostanziali differenze:
– l‘obiettivo generale sarebbe quello di agganciare settori produttivi regionali del
Veneto e di altre regioni leader e sistemi locali di sviluppo lungo filiere che
costituirebbero la parte europea di network globali di produzione, dove le
multinazionali presenti nelle regioni leader farebbero da nodi principali;
– Il GECT si sostituirebbe ai partenariati istituzionali, come soggetto giuridico si
interfaccerebbe direttamente quando necessario con le istituzioni locali e altri
soggetti quali Agenzie di Sviluppo, Associazioni Industriali, CCIA, Agenzie del Lavoro,
Università, Parchi Tecnologici, ecc;
– il cofinanziamento da parte delle Regioni non leader dei progetti finanziati dal
Fondo di Intervento non dovrebbe essere considerato ordinario;
24 Gli enti regionali e locali europei hanno finora creato 13 GECT, e molti altri sono ancora in fase di
gestazione. Per fornire un esempio, il nuovo modello di cooperazione ha aperto la strada alla creazione
del primo ospedale europeo a gestione congiunta, nei Pirenei, lungo il confine franco-spagnolo. Sul sito
del Comitato delle Regioni figura un elenco dei GECT esistenti e di quelli programmati. A fine settembre
risultavano costituiti nell’intera UE 13 Gruppi Europei di Cooperazione Territoriale, di cui uno con
presenza italiana. Tuttavia 19 GECT erano in via di costituzione di cui quattro coinvolgenti regioni e
comuni italiani.
Informest, apile 2011 113
– la complementarietà con strategie e programmi comunitari e/o della cooperazione
bilaterale nazionale non dovrebbe essere un elemento discriminante.
Informest, apile 2011 114
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Ministero dell'Economia e delle Finanze
Il presente Dossier è stato realizzato da INFORMEST, in qualità di partner, nell‘ambito
del WP 3 del Progetto iCON.
Il progetto è finanziato dal Programma per la Cooperazione Transfrontaliera Italia-
Slovenia 2007-2013, dal Fondo europeo di sviluppo regionale e dai fondi nazionali.
Per maggiori informazioni contattare:
Via Cadorna, 36
34170 Gorizia – Italia
Tel. +39 0481 597411
Fax. +39 0481 537204
Projekt iCON / Konkurenčnost MSP - Inovativnost in kooperativno podjetništvo sofinanciran v okviru
Programa čezmejnega sodelovanja Slovenija-Italija 2007-2013 iz sredstev Evropskega sklada
za regionalni razvoj in nacionalnih sredstev
ProgettoiCON / Competitività delle PMI – Innovazione e cooperazione tra imprese finanziato
nell'ambito del Programma per la Cooperazione Transfrontaliera Italia-Slovenia 2007-2013, dal Fondo
europeo di sviluppo regionale e dai fondi nazionali.