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Območna zbornica za severno Primorsko E.I.N.E. A CURA DI INFORMEST L’Internazionalizzazione dei Sistemi Produttivi nella Prospettiva Europea Stato dell’Arte e Casi di Eccellenza

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Območna zbornica za severno Primorsko

E.I.N.E.

A CURA DI INFORMEST

L’Internazionalizzazione

dei Sistemi Produttivi

nella Prospettiva Europea

Stato dell’Arte e Casi di

Eccellenza

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INDICE

PREMESSA ............................................................................................. 3

2. LE DIMENSIONI, LE POLITICHE E GLI STRUMENTI DELL’INTERNAZIONALIZZAZIONE .. 5

2.1 LE DIMENSIONI (CENNI) ............................................................................ 5

2.2 LE POLITICHE E GLI STRUMENTI (CENNI) ............................................................ 8

2.2.1 Recenti misure attuative in Italia del principio dell’internazionalizzazione

.................................................................................................... 10

2.2.2 Obiettivi e priorità del Programma ............................................... 11

3. IL RUOLO DELL’INTERNAZIONALIZZAZIONE DEL SISTEMA PRODUTTIVO EUROPEO

NELLO SCENARIO GLOBALE ....................................................................... 14

3.1 LA PROSPETTIVA DI LISBONA 2020 ................................................................ 15

3.2 GEO-ECONOMIA DELL‘UNIONE EUROPEA ........................................................... 20

4. L’INTERNAZIONALIZZAZIONE DELLE IMPRESE EUROPEE ................................. 24

4.1 L‘INTERNAZIONALIZZAZIONE DELLE PMI EUROPEE .................................................. 56

4.1.1 Caratteristiche-base delle imprese/paese .......................................... 58

4.1.2 Interscambio ............................................................................. 61

4.1.3 Le barriere endogene ed esogene all’internazionalizzazione .................... 69

4.1.4 I programmi di supporto: conoscenza ed utilizzo .................................. 73

5. L’INTERNAZIONALIZZAZIONE DELLE IMPRESE SLOVENE .................................. 79

5.1 L‘INTERNAZIONALIZZAZIONE DELLE PMI SLOVENE .................................................. 85

6. L’INTERNAZIONALIZZAZIONE DELLE IMPRESE ITALIANE .................................. 88

6. L’INTERNAZIONALIZZAZIONE DELLE IMPRESE ITALIANE .................................. 88

6.1 L‘INTERNAZIONALIZZAZIONE DELLE PMI ITALIANE .................................................. 94

6.1.1 Programmi di supporto ................................................................. 97

7. L’INTERNAZIONALIZZAZIONE DELLA REGIONE FRIULI – VENEZIA GIULIA (CENNI) .... 98

8. CONCLUSIONI .................................................................................. 104

9. NOTA METODOLOGICA ....................................................................... 109

10. APPENDICE .................................................................................... 111

11. BIBLIOGRAFIA ................................................................................ 114

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Premessa

La posizione dell‘Europa nell‘economia mondiale del dopo-crisi dipenderà dalla capacità

delle sue imprese di portare a termine efficaci strategie globali per l‘interscambio e la

produzione.

La performance ed il potenziale di internazionalizzazione dipendono in prima battuta,

come suggerito da una recente indagine1, dalla dimensione delle imprese, dalla

produttività, dall‘intensità degli skills e dalla capacità di innovare. Queste

caratteristiche sono associate ad una migliore performance delle esportazioni, delle

operazioni di investimento diretto all‘estero e dell‘attività di outsourcing. Le

caratteristiche delle imprese, in primis la dimensione, ma anche la struttura industriale

e la grandezza del mercato nazionale, determinano la sofisticazione delle strategie di

dell‘internazionalizzazione sia in termini di numero che di complessità dei mercati di

raggiunti. Infine, le caratteristiche di impresa influenzano direttamente le decisioni di

produzione globale, sia attraverso investimenti diretti esteri, il sub-appalto e

l‘outsourcing.

Infatti esportazione e produzione delocalizzata sono complementari, in particolare per

l'entrata nei mercati emergenti a forte crescita. Ma la produzione delocalizzata

comporta costi elevati e l'ingresso è impegnativo in termini manageriali, organizzativi e

tecnologici. Spesso questi costi sono proibitivi per le micro e piccole imprese. Le

imprese possono migliorare la loro capacità competitiva nel Mercato Unico europeo, ma

difendere la propria competitività nei prossimi anni richiederà più dell‘esportazione

verso i paesi UE limitrofi, soprattutto se si vuole organizzare, anche e soprattutto sul

territorio Europeo, una risposta ai nuovi paesi emergenti le cui imprese stanno entrando

da protagoniste nel mercato unico.

Le forti pressioni sui mercati di esportazione però impongono di migliorare la

competitività nei confronti dei principali partner commerciali mediante una produttività

1 Sondaggio completato da EUEFIGE / Bruegel-UniCredit su 15.000 imprese manifatturiere in sette paesi

membri (Austria, Francia, Germania, Ungheria, Italia, Spagna e Regno Unito).

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più elevata e va affrontato il nodo della competitività relativa nell'area dell'euro e

nell'intera UE. Come ha ricordato la relazione al Consiglio Europeo del gruppo di

riflessione sul futuro dell'UE 2030 ―Progetto Europa 2030‖, la pressione sulle risorse,

l‘invecchiamento demografico e lo spostamento verso est della distribuzione globale di

produzione e risparmio sono tra le principali minacce alla competitività dell‘Europa.

Paesi come la Cina o l'India stanno investendo massicciamente nella ricerca e nella

tecnologia per far salire le loro industrie nella catena del valore e entrare

impetuosamente nel sistema economico mondiale ed anche in quello Europeo.

Queste osservazioni sottolineano che, performance commerciale e pattern di produzione

globale sono sempre più determinati anche da fattori settoriali, territoriali, regionali,

nazionali e sovra nazionali che vanno a influenzare sia le caratteristiche delle imprese,

sia l‘ambiente in cui esse attuano le loro decisioni. Capacità di innovazione e/o

internazionalizzazione sono inoltre determinate anche da scelte, programmi e politiche

indicate sia da strategie nazionali che sovra-nazionali. Solo così e comprensibile la forte

variabilità nella performance commerciale tra i paesi dell'UE.

Quindi se le politiche e le riforme strutturali che rendono più facile per le imprese a

crescere e a orientarsi verso forme sofisticate di gestione, organizzazione e innovazione,

sono fondamentali per il rafforzamento della competitività europea, sono altrettanto

necessarie altre politiche e riforme di accompagnamento ―verso il basso‖ e ―verso

l‘alto‖ . Riforme ―verso il basso‖ sono quelle riforme che tengono conto delle specificità

settoriali, sub-regionali e territoriali che continuano ad essere rilevanti per le imprese,

si pensi ad esempio alle reti locali di aziende ed al ―modus operandi‖ dei distretti.

Politiche e riforme di accompagnamento ―verso l‘alto‖ sono quelle politiche e riforme,

in primis di livello comunitario, tese a modificare e governare i processi di cambiamento

interni ed esterni all‘UE.

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2. Le dimensioni, le politiche e gli strumenti dell’internazionalizzazione

2.1 Le dimensioni (cenni)

L‘internazionalizzazione è un fenomeno che si manifesta con modalità diverse,

coinvolgendo quindi diverse dimensioni, a seconda del livello di complessità che può

raggiungere la cooperazione economica tra una impresa ed un suo partner estero. Le

grandi imprese trans- e multi-nazionali operano da questo punto di vista in modo

peculiare, in quanto è propria di esse la creazione – attraverso investimenti a campo

verde e/o fusioni ed acquisizioni – di una rete di consociate, filiali, uffici di

rappresentanza eccetera la cui gestione segue criteri particolari.

L‘internazionalizzazione si declina in l‘interscambio commerciale (importazioni ed

esportazioni), operazioni di investimento diretto all‘estero (IDE), accordi internazionali

di sub-fornitura, accordi internazionali di cooperazione tecnologica.

I primi due aspetti, a dire l‘interscambio commerciale e le operazioni di investimento

diretto, sono quelli che permettono una analisi comparata e sono più agevolmente

monitorabili.

Relativamente alle operazioni di investimento diretto va osservato che da più parti – in

primis l‘UNCTAD – si sottolinea come il potenziale di attrazione degli investimenti diretti

da parte di un paese è direttamente proporzionale alla capacità del sistema economico

di proiettarsi all‘esterno. In sintesi, un paese che effettua poche operazioni di

investimento all‘estero è spesso anche un paese che attrae pochi investitori; questo

anche a significare che sempre più l‘internazionalizzazione assume un carattere

biunivoco, diventando un aspetto dell‘integrazione economica.

Questa impostazione ha dei limiti, per così dire, di costruzione. Infatti le relazioni tra

imprese di diversi paesi non basate su partecipazioni azionarie sono diventate sempre

più importanti, anche grazie alla caduta dei costi di comunicazione e trasporto. Queste

relazioni si articolano in partenariati, contratti di subfornitura e/o integrazione

orizzontale e verticale di processo, accordi di cooperazione tecnologica. Si tratta di

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un‘espansione dell‘internazionalizzazione dei sistemi produttivi con diverse fasi dei

processi di produzione distribuite in una serie di paesi, in linea con vantaggi comparati

di questi paesi.

La produzione si è rapidamente evoluta verso un sistema che integra diverse attività

frammentate, sia dal punto di vista tecnico/tecnologico che geografico. Queste nuove

forme d‘integrazione internazionale sono gestite in modo diverso da PMI o da grandi

imprese multinazionali.

Le imprese multi-nazionali stanno implementando il processo usando i loro ―classici‖

schemi organizzativi: stanno ulteriormente estendendo la rete di produzione attraverso

investimenti con acquisizione del controllo, quindi IDE. Invece il quadro sta cambiando

per quanto riguarda i loro rapporti con le PMI locali. Nel processo, le PMI stanno

giocando sempre più un ruolo di complemento sia della strategia sia della catena di

approvvigionamento tecnologico dei grandi operatori internazionali. Naturalmente, più è

competitivo il sistema locale di produzione, più strategico sarà il suo loro ruolo

all‘interno delle catene dell‘offerta globali e migliori gli effetti sull‘area locale.

Il ruolo delle PMI nell‘estensione internazionale di catene nazionali e locali dell‘offerta

costituisce una capacità che va assolutamente sfruttata. Le PMI usano nelle loro

relazioni internazionali, strumenti come accordi informali, accordi temporanei e

relazioni di mercato ―pure‖. Tutte queste sono le estensioni internazionali della

produzione che non vengono registrate dalle bilance dei pagamenti, come gli IDE, e

d‘altronde, la forma di delocalizzazione pura è soltanto una delle possibili forme di

internazionalizzazione produttiva.

I distretti ed i cluster europei2 formati da PMI basano la loro efficienza e competitività

sulle relazioni tacite e sulla diffusione di conoscenza inter-impresa e tra agenti

economici (imprenditori; salariati) che resta in buona parte ancorata alla rete locale.

2 In totale, l‘Osservatorio Europeo sui Cluster elenca circa 155 cluster a tre stelle, 524 cluster a due stelle

e poco più di 1.338 cluster a una stella (su un potenziale di poco meno di 10.000 cluster regionali). Le

stelle sono assegnate in base a tre criteri: quota dell‘occupazione in cluster industriali nella regione;

grado di specializzazione regionale; distribuzione occupazione del cluster nella regione. Nell‘UE il 38%

degli occupati lavora in imprese che fanno parte di un cluster.

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I cluster e i distretti spesso aprono la propria rete di produzione a livello internazionale

utilizzando lo stesso modello usato per l‘organizzazione locale della produzione: i

rapporti con i subappaltatori hanno luogo attraverso il mercato, non attraverso la

proprietà diretta degli impianti (IDE). L‘organizzazione della produzione viene cioè

realizzata attraverso transazioni di mercato.

Il sistema locale estende a livello internazionale la catena dell‘offerta riproducendo lo

stesso meccanismo: le sue operazioni avvengono tramite i flussi di mercato, non con

transazioni intra-impresa (gruppo). Ciò significa che i flussi commerciali sono utilizzati

proprio per estendere a livello internazionale la catena dell‘offerta e questo è fatto più

agevolmente da gruppi di imprese che da singole imprese. Il processo può avvenire

secondo modalità differenti, sulla base di diversi regimi di outsourcing: integrazione

verticale o orizzontale, accordi di collaborazione o pure transazioni di mercato.

Studi relativi alle Catene Globali dell‘Offerta (GSC dall‘acronimo inglese) suggeriscono

che le imprese adottano forme alternative di governance delle loro catene dei valore

internazionale secondo tre criteri guida - la complessità delle informazioni richieste

nella transazione; il livello di codifica delle informazioni scambiate e le capacità dei

fornitori in relazione ai requisiti richiesti da una transazione.

Quindi, nei loro processi di internazionalizzazione a monte le imprese devono valutare

con attenzione e coerentemente con le proprie strategie decisioni del tipo "make-or-

buy", nonché la selezione dei fornitori e l‘approccio di gestione della catena di

approvvigionamento. Concentrandosi sulle capacità dei fornitori a livello locale e

internazionale, un‘impresa può concepire la propria strategia di outsourcing in modo da

combinare i vantaggi di posizione – relativi sia alla riduzione dei costi sia a opportunità

informative - con le competenze e la conoscenza interne dei processi. Anche le PMI

specializzate in settori a bassa e media tecnologia adottano sofisticate strategie di

internazionalizzazione.

In particolare le imprese più piccole sembrano adottare nei confronti delle catene

globali un approccio più orientato alla rete, quindi relazionale e/o modulare, in

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coerenza con il modello tradizionale per imprese integrate in sistemi economici locali, in

cui la dimensione gerarchica è molto meno importante nella gestione delle attività

economiche. Questa osservazione è coerente con gli studi sulle attività internazionali

che sottolineano le limitate risorse organizzative e finanziarie a disposizione delle PMI

che vogliono internazionalizzarsi e la rilevanza delle reti e dei legami territoriali nelle

piccole e medie imprese.

2.2 Le politiche e gli strumenti (cenni)

Le politiche

Per quanto concerne le PMI il documento attuale di riferimento è certamente l‘Atto

Europeo per le Piccole Imprese (SBA-Small Business Act for Europe)3, entrato in vigore

nel 2008.

L‘Atto Europeo per le Piccole Imprese, lanciato congiuntamente dalla Commissione

europea e dagli Stati membri nel 2008, è destinato a diventare uno strumento

importante per sostenere le PMI nel conservare o riacquistare la loro competitività. Esso

consiste in una lista globale di misure concrete in 10 aree prioritarie che costituiscono

altrettanti principi-guida per il concepimento e l‘attuazione delle politiche dedicate alle

PMI:

Imprenditorialità

Seconda Scelta

Pensare anzitutto in Piccolo

Amministrazione Recettiva

Finanza (accesso ai finanziamenti)

Appalti Pubblici ed Aiuti di Stato

Mercato Unico

Qualifiche ed Innovazione

Ambiente

Internazionalizzazione

3 Si veda la Bibliografia.

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Alcuni di questi principi riprendono le tematiche della nuova strategia di Lisbona,

EUROPA 2020.

Per quanto riguarda l‘attuazione dei principi appena richiamati, il rapporto annuale

della sulla Performance delle PMI Europee (SME Performance Review) per il 20104

osserva che nel triennio 2007-2009 sono state attuate più di 500 misure da parte degli

stati membri.

La distribuzione delle misure in base ai principi-guida dell‘SBA, sotto riportata,

sottolinea come a livello comunitario un quinto delle misure si siano concentrate sul

principio Finanza (accesso ai finanziamenti).

Tab 1 - Distribuzione delle misure di politica degli Stati Membri per principio dell‘SBA

(‘07-‘09)

Principio SBA Quota Percentuale sul Totale Misure

Finanza 20%

Qualifiche ed Innovazione 16%

Imprenditorialità 14%

Amministrazione Recettiva 11%

Internazionalizzazione 10%

Appalti Pubblici ed Aiuti di Stato 9%

Pensare anzitutto in piccolo 6%

Ambiente 5%

Mercato Unico 5%

Seconda scelta 4%

Fonte: Annual Report on EU SME (2009)

La crisi finanziaria del biennio ‘08-‘09 ha ovviamente alimentato il lancio di misure come

l‘attuazione di strumenti finanziari specifici come gli schemi di garanzia dei prestiti,

ecc. L‘internazionalizzazione si pone al quinto posto per numero di misure adottate per

la sua attuazione, concentrandone esattamente un decimo.

4 Ibidem.

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Gli Stati Membri sono risultati piuttosto efficienti nella progettazione di nuove misure

nel periodo 2007-2009, senza considerare le misure attuate dalle autorità regionali e

locali. Otto stati membri hanno attuato almeno una misura per ognuno dei 10 principi,

nove stati membri hanno attuato almeno una misura per 9 principi, sette stati membri

hanno attuato almeno una misura per 8 principi ed i restanti sette hanno coperto meno

di 8 principi dell‘Atto Europeo per le Piccole Imprese.

Nel triennio 2007-2009 la Slovenia ha avviato misure di politica su 8 dei principi

dell‘Atto, mentre l‘Italia sullo stesso periodo ha avviato misure su 7 principi, con

esclusione di Mercato Unico, Ambiente, Appalti Pubblici ed Aiuti di Stato. Le misure

adottate dai due paesi, relativamente al principio internazionalizzazione, sono qui

presentate.

Recenti misure attuative in Slovenia del principio della internazionalizzazione

Durante il 2005-2009 il governo (Ministero dell'Economia) ha attuato un nuovo

programma per promuovere l'internazionalizzazione delle imprese slovene (Nov program

za spodbujanje internacionalizacije podjetij za obdobje 2005-2009). L'obiettivo del

programma era quello di offrire nuove opportunità di promozione dell'economia slovena,

organizzare delegazioni commerciali, partecipare a fiere mondiali e rendere operativi i

club sloveni all'estero. Questo programma continuerà nel periodo 2010-2014 (Program

Vlade RS za spodbujanje internacionalizacije podjetij za obdobje 2010 — 2014). Per

l'anno 2010 la dotazione finanziaria prevista è di circa 5 milioni di euro5.

2.2.1 Recenti misure attuative in Italia del principio dell’internazionalizzazione

In base alla legge 33/2008, recante disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la

semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la pe-

requazione tributaria, le PMI ricevono un sostegno finanziario per programmi che

5 Di questo totale, 0,66 milioni di euro sono in forma di aiuti alle PMI per servizi di consulenza e partecipazione a fiere

(intensità massima dell’aiuto pari al 50%), formazione generale (intensità massima dell’aiuto pari al 60%), formazione

specifica (intensità massima dell’aiuto pari al 20%).

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migliorano l'accesso ai mercati esteri, l'elaborazione di studi di fattibilità e l'assistenza

tecnica per gli investimenti italiani all'estero. La legge 99/2009 incarica il governo del

coordinamento di tutte le disposizioni legislative in materia di internazionalizzazione,

comprese le esportazioni, la promozione degli investimenti, gli accordi fra organismi

pubblici e il sistema bancario, usando servizi bancari esteri.

Gli Strumenti

Il programma del governo della Repubblica di Slovenia per promuovere

l'internazionalizzazione delle imprese per il periodo 2010-2014, individua mercati target

e settori chiave. Si concentra sulla valorizzazione delle attività di promozione

dell‘internazionalizzazione e in aggiunta alle già esistenti ne introduce altre, adattabili

alle esigenze specifiche delle imprese. Il programma include l'assistenza individuale e

vuole aumentare la possibilità delle imprese di essere coinvolte efficacemente venendo

incontro alle loro esigenze reali.

2.2.2 Obiettivi e priorità del Programma

Utilizzo più efficace di risorse private e pubbliche per migliorare la competitività dei

residenti nell‘interscambio internazionale, diminuzione dei costi e dei rischi all‘accesso

dei residenti sui mercati esteri. L‘incentivazione dell‘apertura dell‘economia attraverso

l‘attrazione di IDE in entrata si inserisce nell‘ambito del programma ―Imprenditorialità e

Competitività‖, del programma di sviluppo ―Crescita e Sviluppo delle Imprese‖ e del

sotto-programma ―Stimolo agli investimenti esteri e apertura dell‘economia‖. Gli

obiettivi strategici del Programma sono:

Aumento dell‘internazionalizzazione delle imprese slovene;

Incremento della diversificazione geografica dell‘export sloveno e delle

opportunità per le PMI slovene di operare nei mercati mondiali e l‘assicurazione

di condizioni migliori per la loro operatività nel quadro internazionale

Gli obbiettivi specifici sono:

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1. un incremento dell‘export ed un incremento della quota dell‘export delle PMI

nell‘export totale;

2. incremento dell‘export sui mercati prioritari;

3. incremento degli stimoli pubblici per l‘internazionalizzazione dell‘economia

slovena;

4. Incremento della riconoscibilità dell‘economia slovena all‘estero;

5. Attrazione di nuovi IDE finalizzati all‘incremento del valore aggiunto in specifici

settori e ad un decremento delle barriere per gli IDE in entrata;

Sono considerate aree prioritarie: l‘UE, i Balcani Occidentali, i BRIC, il Sud-Africa, la

Russia e la CSI, i Paesi Arabi (in particolare Libia ed Egitto) e a seguire Medio Oriente,

Turchia, America del Nord e America Latina.

Sono considerati settori prioritari: ICT, nuovi materiali di sintesi (metallici e non

metallici), nano-tecnologie, sistemi complessi e tecnologie innovative, tecnologie per

un‘economia sostenibile, salute e scienze della vita.

I settori più attrattivi per gli IDE in entrata (settori con vantaggi competitivi) sono i

seguenti: alimentari e bevande, chimica e prodotti della chimica, materie prime e

preparati farmaceutici, gomme e plastica, prodotti metallici, apparecchiature

elettriche, mezzi di trasporto, rimorchi e semi-rimorchi.

Le attività che verranno co-finanziate sono le seguenti:

1. attività di informazione e supporto (esempio: raccolta ed organizzazione di

informazioni sui mercati esteri (portale IZVOZNO OKNO)

2. analisi delle opportunità di mercato e consulenza

3. attività di promozione e facilitazione

4. formazione per le attività internazionali

5. finanziamento dell‘internazionalizzazione (SID)

Vengono individuate attività diversificate in base alla dimensione delle aziende ed al

loro grado di internazionalizzazione. I gruppi target sono così definiti:

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―Primo accesso al mercato/prima internazionalizzazione‖

―PMI che diversificano l‘attività‖

―Grandi imprese che diversificano l‘attività‖.

Relativamente alla formazione per le attività internazionali è particolarmente

interessante l‘istituzione dell‘‖Accademia dell‘Internazionalizzazione‖ che ha

l‘obbiettivo di informare le imprese slovene su gli approcci e le tendenze in atto per

quanto riguarda i processi di internazionalizzazione, le strategie e le tattiche operative

nei diversi mercati internazionali, la conoscenza dei diversi approcci alla ricerca ed

analisi di mercato, le strategie di ingresso, la comprensione delle diversità culturali e di

comunicazione aziendale, il marketing strategico e la selezione delle strategie di

marketing adeguate. Il programma punta molto su una stretta collaborazione tra gli enti

competenti nel campo della promozione della internazionalizzazione delle imprese

slovene. Le politiche di promozione dell'internazionalizzazione a livello nazionale

saranno efficaci solo se verranno create le opportune sinergie e integrate le iniziative e

proposte di tutte le organizzazioni governative e non governative.

Javne agencije Republike Slovenije za podjetništvo in tuje investicije Agenzia della

Repubblica di Slovenia per l'imprenditoria e gli investimenti esteri (JAPTI di seguito).

JAPTI è una un'agenzia chiave per l‘attuazione delle politiche in favore dello sviluppo

dell'imprenditorialità e della competitività in Slovenia, nonché l‘ente attuatore delle

politiche nazionali di attrazione e promozione degli investimenti diretti esteri e

dell‘internazionalizzazione.

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3. Il ruolo dell’internazionalizzazione del sistema produttivo europeo nello

scenario globale

Il doppio ruolo dell‘Unione Europea, quella di player globale ma anche di ―regolatore‖, è

un ruolo di grande responsabilità in un momento in cui la riforma delle strutture della

governance economica e politica internazionale, complice anche la recente crisi, si

impone per poter gestire il livello crescente di interpolarità del sistema geo-politico e

geo-economico mondiale, a dire la crescente interdipendenza dei nodi dell‘assetto

multipolare mondiale.

Interdipendenza che è in aumento ed è ormai ―esistenziale‖ in quanto la sua cattiva

gestione globale può compromettere la stabilità di intere regioni ed attori/poteri

regionali. Il fatto che la crisi abbia accelerato il processo di spostamento del potere

economico e politico da Ovest verso Est va anche letto in questa prospettiva.

Tre sono le issues fondamentali dell‘interdipendenza globale, tutte e tre non a caso

presenti nella riflessione e comunitaria e nella sua agenda di ricerca anche socio-

economica: l‘economia, l‘energia e l‘ambiente. Queste questioni sono profondamente

connesse e inoltre sono parte del trade-off emergente tra la crescita economica e la

stabilità politica.

Quella che Jeffrey Sachs ha ottimisticamente definito ―età della convergenza‖, a dire un

periodo di espansione demografica sostenuta e crescita del reddito procapite, presenta

una serie di rischi certamente non risolvibili e/o gestibili dai semplici meccanismi di

mercato. I rischi di una inefficace gestione di questo sistema di criticità sono molteplici:

a) la rinuncia da parte sia delle economie avanzate che di quelle emergenti, a seguito di

crisi socio-economiche, allo sforzo di coordinamento internazionale delle politiche

economiche a favore di tendenze protezionistiche e/o logiche opportunistiche; b) risorse

sono sottratte agli investimenti in settori chiave come il settore energetico, lo sviluppo

di tecnologie pulite; c) l‘insostenibilità della crescita di output, di emissioni e di

domanda di energia, stimata dall‘IEA al 45% sul periodo 2006-2030, si rifletterà

nell‘aumento di competizione/conflitti per le risorse scarse risorse ambientali ed

energetiche ed in una crisi climatica planetaria.

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L‘internazionalizzazione del sistema produttivo europeo non va, in quest‘ottica, solo

promossa, ma anche gestita e regolamentata se non addirittura coordinata.

L‘interdipendenza è oramai una componente fondamentale di ogni strategia regionale

e/o nazionale, come sottolineato dalla crescente enfasi sulla necessità di cooperazione

internazionale di Stati Uniti, Unione Europea, Cina e Brasile. Verosimilmente nei

prossimi decenni pochi interessi nazionali prioritari verranno soddisfatti in modo

duraturo senza considerare gli interessi degli altri attori e/o senza uno sforzo di

convergenza tra diversi interessi.

Le relazioni economiche internazionali dell‘UE, le quali certamente in prima battuta si

declinano in commercio estero, investimenti, accordi di cooperazione commerciale e

tecnologica, M&A ecc, vanno quindi viste e ripensate rispetto a dimensioni divenute

altrettanto centrali come il sistema dei regolamenti e trattati internazionali (WTA,

MIGA, ecc), i flussi migratori, gli equilibri energetici.

La sfida per l‘UE è quella di ―adattarsi adattando‖, in quanto come attore globale è in

grado di dare una risposta ―non passiva‖ alle sfide della globalizzazione, influenzando

indirettamente in questo modo anche i modi di internazionalizzazione delle PMI

europee.

3.1 La prospettiva di Lisbona 2020

Il contributo delle PMI ai primari obiettivi economici dell'UE è riconosciuto e ben

documentato sia nella strategia di Lisbona per la crescita economica e l‘occupazione e

sia nel suo documento strategico successore, Europa 2020.

In Europa 2020 si osserva che la crisi ha vanificato anni di progressi economici e sociali e

messo in luce le carenze strutturali dell'economia europea, mentre le sfide a lungo

termine (globalizzazione, pressione sulle risorse, invecchiamento della popolazione) si

accentuano. L‘obiettivo ambizioso è quello di preservare l‘economia sociale di mercato

come modello non solo europeo, trasformando l'UE in un'economia basata sulla

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Informest, apile 2011 16

conoscenza e l‘innovazione (economia intelligenza), sostenibile e inclusiva

caratterizzata tra l‘altro da alti livelli di occupazione, produttività e coesione sociale.

Per tradurre gli obiettivi in percorsi nazionali monitorabili, Europa 2020 individua 7

cosiddette ―iniziative faro”, di cui 4 almeno correlate al tema

dell‘internazionalizzazione dei sistemi produttivi. La prima è "L'Unione dell'innovazione"

per migliorare condizioni generali ed accesso ai finanziamenti per la R&I e stimolare la

creazione di prodotti/servizi innovativi. La seconda è L'‖Agenda europea del digitale"

per sfruttare i vantaggi del Mercato Unico del digitale per imprese (e-commerce) e

famiglie. La terza è l‘‖Europa efficiente sotto il profilo delle risorse" per passare a

un'economia a basse emissioni di carbonio, incrementare l'uso delle fonti rinnovabili,

modernizzare il settore dei trasporti e promuovere l'efficienza energetica. La quarta, la

più direttamente legata, è "Una politica industriale per l'era della globalizzazione" onde

migliorare il clima imprenditoriale, soprattutto per le PMI, e sostenere lo sviluppo di una

base industriale s in grado di competere su scala mondiale.

Il processo di internazionalizzazione sconta infatti una serie di carenze strutturali del

sistema produttivo europeo che Europa 2020 mette in evidenza, in particolare il divario

di produttività con altre regioni a livello mondiale che si è andato accentuando

nell'ultimo decennio. Il fenomeno è dovuto alle differenze tra le imprese, a cui si

aggiungono minori investimenti in R&S e innovazione, un uso insufficiente delle

tecnologie dell'informazione e della comunicazione, ostacoli all'accesso al mercato e un

ambiente imprenditoriale non sufficientemente dinamico.

Con le carenze strutturali si compongono alcuni aspetti delle sfide globali sopra

richiamate: la dipendenza dai combustibili fossili e l'uso inefficiente delle materie prime

che espongono le imprese agli shock da aumento dei prezzi; la concorrenza delle

economie sviluppate emergenti che stanno investendo in ricerca e tecnologia per far

salire le loro industrie nella catena del valore e crearsi con una velocità prima

impensabile un proprio spazio nell'economia mondiale.

La crisi ha reso evidente l‘elevata interdipendenza dell‘economie dell‘UE-27 ed ha

lasciato in eredità, tra l‘altro, una minore quantità di risorse per finanziare le

infrastrutture di base di cui hanno bisogno in settori come i trasporti e l'energia, non

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Informest, apile 2011 17

solo per sviluppare le proprie economie, ma anche per aiutarle a partecipare

pienamente al mercato interno. Questo vale in particolare per le PMI, le quale devono

affrontare i costi di partecipazione ad un Mercato Unico peraltro ancora incompiuto, in

particolare nei servizi, ―esaurendo‖ nello spazio europeo le proprie possibilità di

internazionalizzazione.

Sempre Europa 2020 riconosce infatti che le imprese subiscono le strozzature che

ostacolano ancora oggi le attività transfrontaliere nonostante l'esistenza giuridica del

Mercato Unico, constatando a) l‘insufficienza dell'interconnessione delle reti e b) la

disomogeneità nell'applicazione delle regole del mercato unico. Spesso le imprese hanno

ancora a che fare con 27 sistemi giuridici diversi per la stessa transazione6. Mentre le

imprese UE, in particolare le PMI, devono far fronte a una situazione di frammentazione

e regole divergenti, i concorrenti cinesi, statunitensi o giapponesi si avvalgono dei

vantaggi conferiti dai loro grandi mercati nazionali.

6 Anche nella forma di esportazioni, l’accesso ad un mercato non nazionale implica costi non recuperabili significativi

(informativi e di opportunità), costi non recuperabili che sono sostanzialmente più alti per le micro e piccole imprese

che devono distrarre risorse umane scarse dalle attività produttive.

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Informest, apile 2011 18

Fonte: Europa 2020

Le strozzature regolamentative e strutturali del mercato unico vanno anche affrontate

―dal basso‖, secondo la visione di Europa 2020, riducendo gli oneri amministrativi,

rimuovendo gli ostacoli fiscali, migliorando il clima imprenditoriale, in particolare per le

PMI, e promuovendo l'imprenditoria mediante iniziative politiche tangibili, tra cui la

semplificazione del diritto societario (procedure fallimentari, statuto della società

privata, ecc.).

Europa 2002 riconosce che il nuovo scenario globale offrirà nuove opportunità agli

esportatori europei e un accesso competitivo ad importazioni vitali. Tutti gli strumenti

della politica economica esterna devono essere tuttavia utilizzati in questo arco di

tempo che vedrà l‘UE chiamata a gestirsi mentre l‘ordine mondiale va modificandosi.

Ciò vale per gli aspetti esterni delle nostre politiche interne (energia, trasporti,

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Informest, apile 2011 19

agricoltura, R&S, ecc.), e in particolare per il commercio e il coordinamento delle

politiche macroeconomiche internazionali.

Un UE Europa aperta (ma coesa) in un contesto internazionale regolamentato basato su

regole è l‘obbiettivo finale. Tuttavia l'UE deve pesare di più, svolgendo un ruolo guida

nel forgiare il futuro ordinamento economico mondiale in sede di G20, ruolo per cui

dispone di tutta la capacità necessaria, al fine di tutelare i suoi interessi attraverso tutti

gli strumenti a disposizione.

L‘UE potrà crescere anche ―intercettando‖ parte della crescita delle economie

emergenti, le cui classi medie sviluppano e importano beni e servizi per i quali l'UE gode

di un vantaggio comparativo. In quanto primo blocco commerciale del mondo, l'UE deve

essere aperta all'esterno e monitorare le altre economie sviluppate o emergenti fanno

per poter non solo adeguarsi ma anche determinare in parte le tendenze future.

A livello di dialogo internazionale Europa 2020 prevede due principali linee di azione:

a) agire in sede di OMC e a livello bilaterale onde migliorare l'accesso al mercato per

le imprese dell'UE, comprese le PMI, e garantire loro condizioni di parità rispetto

ai nostri concorrenti esterni.

b) rendere più mirati e razionali i dialoghi normativi in sede internazionale, in

particolare in settori come clima e crescita verde, ampliando l‘influenza dell‘UE

mediante la promozione di equivalenza, riconoscimento reciproco e convergenza

sulle maggiori questioni normative, come pure l'adozione delle norme e degli

standard comunitari.

c) allacciare relazioni strategiche con le economie emergenti per discutere degli

aspetti di comune interesse, promuovere la cooperazione normativa e di altro

tipo e risolvere le questioni bilaterali.

La strategia commerciale per l'Europa 2020 elaborata dalla Commissione dovrebbe

comprende una serie di obbiettivi tra cui:

– conclusione dei negoziati commerciali multilaterali e bilaterali in corso e migliore

applicazione degli accordi esistenti, con particolare considerazione delle barriere non

tariffarie agli scambi;

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Informest, apile 2011 20

– iniziative di apertura commerciale per i settori strategici, come prodotti e tecnologie

"verdi" e prodotti/servizi high-tech;

–dialoghi strategici ad alto livello con i partner principali per discutere di temi strategici

come l'accesso al mercato, quadro normativo, standard internazionali, squilibri globali,

energia e cambiamento climatico, accesso alle materie prime, povertà nel mondo,

istruzione e lo sviluppo;

- potenziamento del Consiglio economico transatlantico con gli Stati Uniti e del dialogo

economico con la Cina ed approfondimento delle relazioni con Giappone e la Russia;

– monitoraggio e rapporto annuale, a cominciare dal 2011, sugli ostacoli al commercio e

agli investimenti, sui modi per migliorare l'accesso al mercato e il contesto normativo

per le imprese dell'UE.

3.2 Geo-economia dell‘Unione Europea

Come ricorda un‘analisi del Bruegel Team, l‘UE è un soggetto internazionale complesso

le cui trasformazioni interne hanno conseguenze rilevanti anche nelle sue relazioni

economiche internazionali. Tra le trasformazioni interne le principali sono state

l‘allargamento a 27 paesi membri, la creazione di un mercato interno unico7 e

l‘introduzione di una moneta singola. Se grazie anche a queste trasformazioni l‘UE è un

importante ―giocatore globale‖, essendo il più grande mercato unificato mondiale con la

seconda valuta internazionale in termini di volumi di scambio, lo scenario mondiale ha

visto l‘emergere di altri giocatori globali, in primis la Cina e l‘India, in un sistema

economico mondiale molto più aperto ed integrato di appena venti anni fa.

In un sistema in cui ruolo e responsabilità degli attori nazionali e sovra-nazionali va

aumentando (parallelamente allo shift geografico dell‘influenza politica ed economica

ed all‘aumento dell‘interdipendenza) la cooperazione multilaterale è fondamentale,

come ha rilevato la prevalenza del G-20 come l‘unico credibile forum economico per

fronteggiare con efficacia la crisi economica, mentre hanno acquistato maggiore

7 Tuttavia sussistono ancora molti ostacoli al suo completamento, in primis nei servizi, i quali non

costituiscono fattori secondari nel quadro di generale difficoltà da parte delle PMI a proiettarsi

oltre i confini europei.

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Informest, apile 2011 21

visibilità summit bilaterali o multilaterali che hanno incluso, in modo variabile, Stati

Uniti, EU, i BRIC (Brasile, Russia, India e Cina) ed altre realtà emergenti. In particolare

va segnalata l‘inclusione, forse troppo timida, del G-5 (Brazile, Cina, India, Messico e

Sud Africa) nel cosiddetto processo di Heiligendamm che ha nell‘agenda tra i vari temi

quello della liberalizzazione degli investimenti8. Va osservato che questo trend di

dialoghi al vertice non si è manifestato con la crisi ma è stato al più rafforzato da essa.

La nuova geografia mondiale impone quindi sia una revisione profonda della agenda

delle relazioni internazionali, sia un miglioramento del quadro della governance delle

politiche economiche internazionali dell‘UE per migliorarne l‘efficacia. In quest‘ottica

una divisione delle aree e delle regioni extra-comunitarie è stata proposta da Jean

Pisany-Ferry9:

a) le aree vicine all‘UE inclusa la Russia, il Medio Oriente ed il Nord Africa che sono

paesi con popolazione più ampia ma reddito procapite nettamente inferiore all‘UE

e concentrano una quota rilevante delle risorse energetiche planetarie;

b) gli Stati Uniti;

c) altri paesi avanzati con una popolazione comparabile agli Stati Uniti ma Pil

inferiore;

d) i paesi emergenti dell‘Asia e dell‘America Latina – in primis i BRIC – con una

popolazione che rappresenta un quintuplo e un Pil simile a quelli combinati di

Stati Uniti ed UE;

e) i paesi in via di sviluppo non emergenti – in primis l‘Africa sub-sahariana – con una

popolazione comparabile ma un un Pil pari ad un terzo di quello della regione

Europea assommata a Medio Oriente e Nord Africa.

8 I quattro temi considerati sono: promozione e protezione dell'innovazione; rafforzamento della

libertà di investimento per mezzo di un migliore clima per gli investimenti che includa il

rafforzamento del principi della responsabilità sociale delle imprese; determinazione di

responsabilità comuni per lo sviluppo, in particolare dell’Africa; comune accesso al know-how per

migliorare l'efficienza energetica e la cooperazione tecnologica, con l'obiettivo di contribuire alla

riduzione delle emissioni di CO2. 9 Vedi Bibliografia.

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Informest, apile 2011 22

In questa prospettiva l‘UE si trova a confrontarsi con tre cosiddette agende: un‘agenda

―globale,‖ già in parte richiamata nelle considerazioni precedenti, un‘agenda

―transatlantica‖ e un‘agenda(/e) regionale(/i).

L‘agenda globale si connette al tema della crescente integrazione economica che va

gestita in modo da renderla compatibile con la crescita e la stabilità finanziaria, agendo

con priorità sul sistema delle regole ed istituzioni internazionali, comprese quelle alla

base del sistema degli scambi e della concorrenza internazionale.

Un secondo tema è quello della relazione tra globalizzazione e la preservazione dei

cosiddetti beni pubblici mondiali. L‘Unione Europea già svolge un ruolo eccellente di

attore/regolatore per quanto riguarda il regime internazionale degli scambi e quello

delle transazioni finanziarie, mentre il suo ruolo è inferiore per quanto riguarda i temi

dello sviluppo e dell‘ambiente. Il tema dello sviluppo, in primis dello sviluppo locale

come ―driver‖ futuro dei processi di internazionalizzazione, non è estraneo a quello

centrale di questa analisi.

La seconda agenda è quella transatlantica, a dire il rapporto tra UE e Stati Uniti. Questo

rapporto è particolarmente rilevante se si pensa che questi due attori hanno sviluppato

sinora circa l‘80% della produzione di norme e standards internazionali relativamente a

prodotti industriali, commercio, movimenti di capitale, concorrenza, ecc. Il termine di

―regolatori mondiali‖ quindi non è fuori luogo e questa leadership è destinata a

permanere, secondo varie analisi, anche nel prossimo futuro per il vantaggio dovuto allo

sviluppo e alla sofisticazione dei loro mercati interni. Ma gli altri poteri interni

emergenti, in particolare i BRIC, non sono già più recettori passivi (policy-takers), ma

diventano sempre più assertivi ed il loro potenziale di veto aumenta. Quindi Stati Uniti

ed UE devono evitare, come spesso successo negli ultimi decenni, situazioni di

antagonismo e confronto non cooperativo che potrebbero facilitare strategie miranti a

prolungare situazioni di stallo, quindi di mancata regolamentazione, su una serie di

materie sensibili.

L‘agenda regionale riguarda i rapporti tra l‘UE ed i paesi del cosiddetto vicinato

europeo, inclusa la Russia, e gli altri paesi del Medio Oriente ed il Nord Africa. Questa

agenda contiene la revisione della politica del Nuovo Vicinato Europeo, finora risultata

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Informest, apile 2011 23

inefficace in misura proporzionale alla sua ambiguità ed il raggiungimento di un

approccio coerente e unitario su due temi sensibili: flussi migratori ed energia.

La politica economica estera dell‘UE è quindi direttamente correlata al tema

dell‘internazionalizzazione, in quanto determina direttamente l‘ambiente in cui si

muovono le imprese. Proprio Europa 2020

Tutte queste nuove sfide non possono riguardare solo l‘UE a livello istituzionale e gli

stati membri, anche perché, nel prossimo futuro molto più che in passato, sarà utile

anche per le PMI tenere conto di elementi che fino a qualche anno fa sembravano

lontani, o meglio, esogeni rispetto al processo di internazionalizzazione.

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Informest, apile 2011 24

4. L’internazionalizzazione delle imprese europee

L‘indagine condotta periodicamente dall‘EIM Business & Policy Research dà una

rappresentazione, sia a livello paese che per aggregati, della distribuzione per classe di

ampiezza di una serie di indicatori economici.

Relativamente ai principali sub-aggregati comunitari si osserva che sussiste ancora,

nonostante la significativa convergenza strutturale, un differenziale nel peso delle micro

e piccole imprese tra vecchi e nuovi stati membri, a dire UE-15 ed UE-12.

Tabella 2 – Distribuzione per classe di ampiezza del numero assoluto delle imprese nei Nuovi Stati Membri (UE-12), nei Vecchi Stati Membri (UE-12) e nell‘UE-27 (2008)

micro piccole medie PMI Grandi Totale

EU27 91,8% 6,9% 1,1% 99,8% 0,2% 20.770.570

EU15 91,5% 7,3% 1,1% 99,8% 0,2% 16.560.008

EU12 93,3% 5,2% 1,2% 99,8% 0,2% 4.210.562 Fonte: EIM Business & Policy Research, 2010.

Le micro-imprese hanno un peso superiore rispetto ai vecchi stati membri mentre le

piccole imprese risultano sotto-rappresentate rispetto alla media UE. Questa leggera

disomogeneità rientra del tutto se si osserva la dimensione media per impresa. In cui la

convergenza è oramai raggiunta.

Tabella 3 – Distribuzione per classe di ampiezza del numero assoluto e di alcuni indicatori economici per le imprese nell‘UE-27 (2008)

micro piccole medie PMI Grandi

Imprese (.000) 19.076 1.425 226 20.727 43

Occupati (.000) 39.653 27.671 22.682 90.006 43.448

Occupati / Imprese 2 19 100 4 1.006

Produttività * (.000 €)

33 43 50 40 61

Costo del lavoro** (.000 €)

27 29 32 29 38

Quota Investimenti+ 24 15 18 19 18

Fonte: EIM Business & Policy Research, 2010. *Valore Aggiunto al Costo dei Fattori/Numero Occupati; ** Costo Personale/Occupati; + Investimenti lordi materiali/ Valore Aggiunto al Costo dei Fattori

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Informest, apile 2011 25

Se invece si considera la produttività media tra le diverse classi di grandezza si osserva

che persistono ancora forti differenziali tra UE-15 ed UE-12, differenziali inversamente

proporzionali alla classe di grandezza: il differenziale è massimo per le micro-imprese

dove la produttività nei nuovi stati membri è circa un terzo di quella nei vecchi stati

membri. Nel caso dell‘aggregato delle PMI la produttività nei nuovi stati membri è pari

al 38% di quella dei vecchi stati membri mentre nel caso delle grandi imprese la

produttività nei nuovi stati membri è pari al 49% di quella dei vecchi stati membri.

Tabella 4 – Distribuzione settoriale per classe di ampiezza delle imprese nell‘UE-27 (2008)

micro piccole medie PMI Grandi Totale

Estrattivo, minerario 0,1% 0,3% 0,4% 0,1% 0,6% 0,1%

Manifatturiero 10,0% 24,6% 38,0% 11,3% 43,5% 11,4%

Acqua, gas e elettricità

0,1% 0,3% 1,0% 0,1% 2,2% 0,2%

Edilizia 14,4% 16,3% 11,1% 14,5% 5,8% 14,4%

Commercio ingrosso e dettaglio; riparazioni

32,1% 25,9% 18,9% 31,5% 15,8% 31,5%

Alberghi e ristoranti 8,2% 10,1% 4,9% 8,3% 3,1% 8,3%

Trasporto, stoccaggio e comunicazioni

5,9% 6,4% 7,2% 6,0% 8,4% 6,0%

Attività immobiliari, nolo e attività di impresa.

29,2% 16,1% 18,5% 28,1% 20,6% 28,1%

Totale imprese non finanziarie

19.075.952 1.425.346 226.094 20.727.392 43.178 20.770.570

Fonte: EIM Business & Policy Research, 2010.

La distribuzione percentuale registra forti differenziali tra grandi imprese e PMI per

quanto riguarda i valori relativi ai macro-settori del secondario e del terziario: il

differenziale a favore delle grandi imprese nel manifatturiero supera i 30 punti

percentuali, mentre se si sommano edilizia, commercio e alberghiero-ristorazione il

differenziale a favore delle PMI è, anche in questo caso, pari a circa 30 punti

percentuali.

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Informest, apile 2011 26

Tabella 5 – Distribuzione per classe di ampiezza del numero assoluto e di alcuni indicatori economici per le imprese nell‘UE-12 (2008)

micro piccole medie PMI Grandi

Imprese (.000) 3.930 220 50 4.201 10

Occupati (.000) 7.660 4.403 5.138 17.202 7.857

Occupati/Imprese 2 20 102 4 812

Produttività * (.000 €)

11 17 19 15 30

Costo del lavoro** (.000 €)

10 10 11 11 14

Quota Investimenti+ 34 34 34 34 35

Fonte: EIM Business & Policy Research, 2010. *Valore Aggiunto al Costo dei Fattori/Numero Occupati; ** Costo Personale/Occupati; + Investimenti lordi materiali/ Valore Aggiunto al Costo dei Fattori

Nel caso dei nuovi stati membri il differenziale tra grandi imprese e PMI nel

manifatturiero diventa addirittura più grande, superando i 40 punti percentuali , mentre

resta nell‘ordine dei 30 punti percentuali per l‘aggregato edilizia, commercio e

alberghiero-ristorazione.

Tabella 6 – Distribuzione settoriale per classe di ampiezza delle imprese nell‘UE-12 (2008)

micro piccole medie PMI Grandi Totale

Estrattivo, minerario 0,1% 0,4% 0,6% 0,1% 1,3% 0,1%

Manifatturiero 12,5% 28,2% 45,9% 13,7% 56,2% 13,8%

Acqua, gas e elettricità 0,1% 0,6% 2,0% 0,1% 4,5% 0,1%

Edilizia 12,3% 13,8% 12,7% 12,4% 7,2% 12,4%

Commercio ingrosso e dettaglio; riparazioni

37,8% 32,0% 18,6% 37,3% 11,3% 37,2%

Alberghi e ristoranti 5,1% 6,2% 3,1% 5,1% 1,8% 5,1%

Trasporto, stoccaggio e comunicazioni

7,8% 6,3% 5,8% 7,7% 7,5% 7,7%

Attività immobiliari, nolo e attività di impresa.

24,5% 12,6% 11,2% 23,7% 10,2% 23,7%

Totale imprese non finanziarie

3.930.173 220.316 50.399 4.200.888 9.674 4.210.562

Fonte: Elaborazione Informest su dati EIM Business & Policy Research, 2010.

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Se si considera per la categoria dimensionale delle grandi imprese il cosiddetto

secondario, ovvero l‘aggregato formato da manifatturiero, minerario-estrattivo e

produzione di energia, si osserva che il valore medio per l‘UE-27 è del 46.3%, mentre per

l‘UE-12 tale valore è pari al 62%, a significare una concentrazione relativa superiore nel

secondario rispetto all‘UE-15 frutto, più che di una ritardata convergenza strutturale, di

venti anni di afflussi di IDE provenienti dall‘UE-15 che hanno ridisegnato la distribuzione

per rami e il peso del secondario nell‘UE orientale.

Questa prevalenza del manifatturiero è ancora più rilevante se si considerano le

imprese trans-nazionali.

Tra le prime 100 imprese transnazionali non finanziarie per peso assoluto delle attività

estere l‘Unione Europea contava nel 2007, secondo il World Investment Report 2010,

ben 59 imprese transnazionali.

Il peso dei paesi comunitari, trattandosi di grandi corporation, vede rappresentanti i

paesi di antica industrializzazione come la Francia (15 imprese transnazionali), la Gran

Bretagna (15 imprese transnazionali, la Germania (13 imprese transnazionali di cui 1

joint-venture), la Spagna (5 imprese transnazionali di cui 1 joint-venture) ed a seguire

la Svezia con 3 imprese transnazionali, Olanda ed Italia con 2 imprese transnazionali,

Lussemburgo, Portogallo ed Irlanda con 1 impresa transnazionale. Va osservato che la

Spagna è passata, rispetto al World Investment Report 2009, da 3 a 5 grandi imprese

transnazionali presenti nelle top-100. L‘Italia è strutturalmente sottorappresentata in

termini di grandi imprese transnazionali, mentre come evidenziato da molte analisi,

dopo gli anni ‘90, si sono andate affermando le ―piccole multinazionali‖. Questa

caratteristica (negativa) strutturale, accentuatasi negli anni ‘90, rende la comparazione

con la Slovenia più agevole, in quanto per le dimensioni complessive del sistema

economico le multinazionali slovene sono piccole e presentano caratteristiche simili, in

termini di flessibilità e risposta alla crisi, a quelle delle piccole multinazionali italiane.

Una comparazione tra il gruppo delle grandi imprese transnazionali comunitarie e le

imprese extra-comunitarie in termini di ranking medio, anche se statisticamente

controversa, porta ad osservare una differenza rilevante. Mentre in termini di attività

totali detenute all‘estero i due gruppi sono prossimi in termini di posizione relativa

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Informest, apile 2011 28

(ranking medio di 48 per il gruppo dell‘UE rispetto ad un ranking medio di 54 per il

gruppo extra-UE), relativamente alla posizione relativa dell‘Indice di Transnazionalità10,

il gruppo delle imprese transnazionali comunitarie registra un ranking medio di 45

rispetto ad un ranking medio di 59 per le grandi imprese transnazionali extra-

comunitarie, ad evidenziare un grado superiore di internazionalizzazione, non tanto per

il valore delle attività detenute all‘estero, quanto per la quota delle vendite e degli

occupati rispetto ai rispettivi totali. In termini percentuali assoluti il valore medio

dell‘Indice di Transnazionalità risulta essere pari al 67% per le grandi imprese

transnazionali comunitarie contro un valore del 58% per le imprese transnazionali extra-

comunitarie.

10

TNI, l'indice di Transnazionalità, è calcolato come media delle tre seguenti rapporti: attività estere sul totale delle

attività; vedite estere sulle vendite totali e occupati all’estero sull’occupazione totale.

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Informest, apile 2011 29

Tabella 7 - Società transnazionali con sede nell‘UE presenti tra le prime 100 nel mondo per attività all‘estero nel 2008

Corporation

Sede Casa-Madre

Settore

Asset* Vendite* Addetti*

Estero Totale Estero Totale Estero Totale TNI (%)

Royal Dutch/Shell Group G. Bretagna Petrolifero (estraz./raff./distr.)

222.324

282.40

1 261.39

3 458.36

1 85.000

102.000

73,0

Vodafone Group Plc G. Bretagna Telecomunicazioni

201.570

218.95

5 60.197 69.250 68.747 79.097

88,6

BP PLC G. Bretagna Petrolifero (estraz./raff./distr.)

188.969

228.23

8 283.87

6 365.70

0 76.100 92.000

81,0

Total SA Francia Petrolifero (estraz./raff./distr.)

141.442

164.66

2 177.72

6 234.57

4 59.858 96.959

74,5

E.On Germania Servizi (elettric., gas, acqua)

141.168

218.57

3 53.019

126.925

57.134 93.538 55,8

Electricite De France Francia Servizi (elettric., gas, acqua)

133.698

278.75

9 43.914 94.044 51.385

160.913

42,2

ArcelorMittal Lussemburgo Metal and metal products

127.127

133.08

8 112.68

9 124.93

6 239.45

5 315.86

7 87,2

Volkswagen Group Germania Veicoli a motore

123.677

233.70

8 126.00

7 166.50

8 195.58

6 369.92

8 60,5

GDF Suez Francia Servizi (elettric., gas, acqua)

119.374

232.71

8 68.992 99.377 95.018

196.592

56,4

Anheuser-Busch-Inbev SA Olanda Alimentari, bev. e tabacco

106.247

113.17

0 18.699 23.558

108.425

119.874

87,9

Siemens AG Germania Apparecchiature ele./elettron. 104.48 135.10 84.322 116.08 295.00 427.00 73,

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Informest, apile 2011 30

8 2 9 0 0 0

Eni Group Italia Petrolifero (estraz./raff./distr.)

95.818 162.26

9 95.448

158.227

39.400 78.880 56,4

Telefonica SA Spagna Telecomunicazioni 95.446

139.03

4 54.124 84.778

197.096

251.775

70,3

Deutsche Telekom AG Germania Telecomunicazioni 95.019

171.38

5 47.960 90.221 96.034

227.747

50,3

Daimler AG Germania Veicoli a motore 87.927

184.02

1 108.34

8 140.26

8 105.46

3 273.21

6 54,5

France Telecom Francia Telecomunicazioni 81.378

132.63

0 36.465 78.256 83.795

186.049

51,0

Iberdrola SA Spagna Servizi (elettric., gas, acqua) 73.576

119.46

7 19.785 36.863 17.778 32.993

56,4

Eads NV Francia Aircraft 66.950

105.98

9 57.890 63.299 73.969

118.349

72,4

BMW AG Germania Veicoli a motore 63.201

140.69

0 62.119 77.830 26.125

100.041

50,3

Grupo Ferrovial Spagna Costruzioni ed Immobiliare 54.322 67.088 13.156 20.667 64.309 106.59

6 68,

3

RWE Group Germania Servizi (elettricità, gas, acqua) 53.557 130.03

5 26.710 71.617 26.688 65.908 39,

7 Fonte: Unctad (2010), elaborazione Informest; (*) milioni di dollari

Tabella 7 - Società transnazionali con sede nell‘UE presenti tra le prime 100 nel mondo per attività all‘estero (continua)

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Informest, apile 2011 31

Corporation

Sede

Casa-Madre

Settore

Asset Vendite Addetti

Estero Totale Estero Totale Estero Totale TNI b (%)

Xstrata PLC G. Bretagna Minerario 52.227 55.314 25.215 27.952 37.883 39.940 93,2

Sanofi-aventis Francia Farmaceutico 50.328 100.191 22.636 40.334 69.990 98.213 59,2

Nokia Finland Apparecchiature ele./elettron. 50.006 55.090 73.662 74.192 101.559 125.829 90,3

Lafarge SA Francia Prodotti minerali non-metallici 50.003 56.518 23.865 27.846 65.520 83.438 84,2

Rio Tinto Plc G. Bretagna Minerario 47.064 89.616 21.649 58.065 54.156 105.785 47,0

Anglo American Gran Bretagna Minerario 44.413 49.738 21.766 26.311 95.000 105.000 87,5

Veolia Environnement SA

Francia Servizi (Elettricità, gas ed acqua) 43.990 68.373 31.723 52.971 220.106 336.013 63,2

Compagnie De Saint-Gobain SA

Francia Prodotti minerali non-metallici 43.597 60.397 45.834 64.082 153.614 209.175 72,4

BASF AG Germania Chimico 43.020 70.786 50.925 91.154 49.560 96.924 55,9

Fiat Spa Italia Veicoli a motore 40.851 85.974 65.931 86.876 115.977 198.348 60,6

Statoil Asa Norvegia Petrolifero (estraz./raff./distr.) 37.977 82.645 28.328 116.318 11.495 29.496 36,4

Volvo AB Svezia Veicoli a motore 37.582 47.472 43.946 46.047 73.190 101.380 82,3

Astrazeneca Plc G. Bretagna Farmaceutico 36.973 46.784 29.691 31.601 54.183 65.000 85,4

Vivendi Universal Francia Telecomunicazioni 35.879 78.867 13.789 37.150 30.135 44.243 50,2

National Grid Transco G. Bretagna Servizi (Elettricità, gas ed acqua) 33.680 63.761 17.373 26.379 17.429 27.886 60,4

BAE Systems Plc G. Bretagna Aeromobili e parti 33.285 37.427 25.249 30.583 61.200 94.000 78,9

Repsol YPF SA Spagna Petrolifero (estraz./raff./distr.) 32.720 68.795 43.970 84.477 18.403 36.302 50,1

Philips Electronics Olanda Apparecchiature elettr. /elettron. 32.675 45.986 37.122 38.603 83.946 121.398 78,8

Pernod Ricard SA Francia Alimentari, bev. e tabacco 32.237 35.159 8.845 9.850 16.260 18.975 89,1 Fonte: Unctad (2010), elaborazione Informest; (*) milioni di dollari

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Informest, apile 2011 32

Tabella 7 - Società transnazionali con sede nell‘UE presenti tra le prime 100 nel mondo per attività all‘estero (continua)

Corporation

Sede

Casa-Madre

Settore

Asset Vendite Addetti

Estero Totale Estero Totale Estero Totale TNI b (%)

WPP Group Plc G. Bretagna Servizi alle Imprese 31.567 35.661 11.966 13.717 88.467 97.438 88,9

Thyssenkrupp AG Germania Metallurgico, prod. in metallo 31.422 59.557 51.441 80.207 114.277 199.374 58,1

Vattenfall Swezua Elettricità, gas, acqua 31.288 56.829 16.079 24.952 23.675 32.801 63,9

Deutsche Post AG Germania Trasporti e stoccaggio 30.765 365.990 55.170 79.699 283.699 451.515 46,8

Unilever G. Bretagna Conglomerata 30.236 50.302 40.483 59.287 144.000 174.000 70,4

Linde AG Germania Chimico 29.847 33.158 16.574 18.527 44.278 51.908 88,3

BG Group Plc G. Bretagna Elettricità, gas, acqua 29.832 36.437 18.239 23.053 3.639 5.395 76,1

Pinault-Printemps Redoute SA Francia Retail & Commercio 29.362 37.617 18.056 29.555 55.169 88.025 67,3

TeliaSonera AB Svezia Telecomunicazioni 29.067 33.688 10.265 15.707 19.885 30.037 72,6

Metro AG Germania Retail & Commercio 28.729 47.077 60.410 99.424 161.925 265.974 60,9

Carrefour SA Francia Retail & Commercio 28.056 72.487 71.688 127.238 363.311 495.287 56,1

CRH Plc Irlanda Prodotti minerali non-metallici 27.787 29.396 28.926 30.559 46.248 93.572 79,5

EDP Energias De Portugal SA Portogallo

Servizi (Elettricità, gas, acqua) 27.104 49.699 7.679 20.328 4.543 12.245 43,1

Glaxosmithkline Plc Gran Bretagna Farmaceutico 26.924 57.424 28.030 44.674 54.326 99.003 54,8

Air Liquide Francia Chimico/Prod. minerali non-metallici 26.647 28.678 15.292 19.170 37.876 43.000 86,9

Lvmh Moët-Hennessy Louis Vuitton SA Francia Beni di Consumo (altro) 26.377 43.949 21.549 25.154 57.350 77.087 73,4

Bayer AG Germania Farmaceutico 25.696 73.084 24.979 48.161 53.100 108.600 45,3

SAB Miller G. Bretagna Alimentari, bev.,tabacco 25.139 31.619 12.585 18.703 52.362 68.635 74,4

Diageo Plc G. Bretagna Alimentari, bev., tabacco 24.264 29.965 17.086 19.603 12.379 24.270 73,0 Fonte: Unctad (2010), elaborazione Informest; (*) milioni di dollari

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Informest, apile 2011 33

Come sta impattando la crisi su questo quadro strutturale? Come si riverbererà

l‘andamento economico a livello di impresa? L‘effetto sarà uniforme per classe di

ampiezza?

Tabella 8 – Il vincolo più stringente nel periodo marzo-settembre 2010

Domanda Pressione

Della Concorrenza

Accesso ai

finanziamenti

Costi di produzione o del lavoro

Grandi 23% 19% 11% 14%

PMI 28% 15% 15% 11%

Totale 26% 16% 14% 12%

Disponibilità di lavoratori

qualificati o manager esperti

Questioni Regolamentative

Altro

Non So / Non disponibile

Grandi 16% 6% 7% 4%

PMI 13% 7% 8% 3%

Totale 14% 7% 8% 3% Fonte : ECB/EC (2010)

Va osservato che, come mostrano dati relativi ad un recentissimo sondaggio

commissionato dalla Banca Centrale Europea, in termini di vincoli e/o fattori critici le

grandi imprese stanno risentendo meno del calo della domanda e di problemi di

finanziamento ma sono più sensibili alla pressione concorrenziale, ai costi del lavoro e

alla disponibilità di lavoratori qualificati.

Tabella 9 – Previsioni sulla crescita del Valore Aggiunto Lordo al costo dei Fattori

2009 2010 2011

Grandi Imprese -6,5% 1,1% 2,4%

PMI -5,5% 0,9% 1,9%

Fonte : ECB/EC (2010)

Nel breve periodo l'impatto negativo della crisi economica sulla produzione è stato più

grande per le grandi e medie imprese che per le piccole imprese. Ciò riflette tra l‘altro

differenze nella composizione delle vendite tra classi di ampiezza, in combinazione con

la ineguale distribuzione degli effetti della recessione economica tra consumi privati da

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Informest, apile 2011 34

un lato e esportazioni e gli investimenti dall'altro. Tuttavia le medie imprese e

soprattutto le imprese di grandi dimensioni sono protagoniste nella produzione e hanno

una quota significativa di esportazioni nelle vendite totali. Poiché sono le esportazioni

guidare la debole ripresa economica, gli sviluppi nel medio termine si annunciano più

positivi per queste imprese.

Le proiezioni di ottobre dell'OCSE indicano un recupero meno forte nel 2010 e 2011

rispetto alle precedenti previsioni di maggio, con investimenti privati che sono destinati

a rimanere bassi. E‘opinione diffusa che la crisi del credito, come le precedenti crisi

finanziare ma in modo più intenso visto la sua estensione e sincronizzazione, potrebbe

avere effetti negativi strutturali sull'economia.

Precedenti crisi finanziarie hanno spesso avuto effetti profondi e duraturi sui prezzi

delle attività (deprimendo attivi mobili ed immobili di famiglie ed imprese), il debito

pubblico, la produzione e l'occupazione.

Ci possono infatti essere diversi effetti strutturali negativi sulla crescita economica

futura dell'economia europea. In primo luogo, le attività delle imprese e dei consumatori

sono fortemente diminuite in valore, ma la loro passività no. Questo fenomeno è noto

come ―'recessione da bilancio‖'. Per le imprese questo può tradursi in una minore

propensione ad investire, come infatti sta avvenendo, propensione incentivata anche dal

settore creditizio,dove i problemi di leva finanziaria forzano le banche ad acquistare

titoli di Stato e ridurre i prestiti bancari alle imprese. La recessione da bilancio può

portare ad una ripresa modesta della spesa per consumi privati mentre i governi, a causa

del deterioramento strutturale delle finanze, sono costretti a mantenere una politica

fiscale restrittiva. Questo può aumentare il rischio di uno scenario a W, scenario cioè di

doppia recessione. Successivamente, una probabile riduzione di attività di Ricerca e

Sviluppo da parte delle imprese, a causa dei maggiori costi di capitale e meno favorevoli

prospettive per le vendite e la redditività, può portare ad un rallentamento del ritmo

del progresso tecnico, mentre un livello significativamente più alto di disoccupazione

può causare una perdita permanente di competenze tra i lavoratori. Questa tendenza ha

insiti una serie di rischi per la capacità delle imprese di proiettarsi sui mercati esteri in

maniera competitiva in termini di innovazione.

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Informest, apile 2011 35

L’interscambio commerciale (cenni)

Come si ricorda all‘inizio richiamando il progetto europeo EFIGE, nell‘ambito del settimo

Programma Quadro, le imprese - e non i paesi - effettuano operazioni globali, esportano,

importano e producono all‘estero. In questa sede tuttavia si vuole solo fornire una

rappresentazione sintetica dei principali mutamenti avvenuti a livello di flussi intra-UE

ed extra-UE, rimandando una descrizione più analitica e qualitativa alla sezione

dedicata alle PMI.

Il costante aumento delle importazioni e delle esportazioni tra il 2003 e il 2008 è stato

bruscamente invertito nel 2009, in quanto l‘interscambio dell‘UE-27 è diminuito da

577,4 miliardi di € a 294,1 miliardi di €. Le esportazioni si sono contratte del 16% a 1.094

miliardi di euro, mentre le importazioni sono diminuite del 23% a 1.200 miliardi di euro.

Queste dinamiche hanno comportato una forte riduzione del disavanzo commerciale che

non ha raggiunto i 106 miliardi di euro, meno della metà del deficit registrato nel 2008 e

il valore minimo dal 2004.

La riduzione dei flussi in uscita ed entrata le importazioni e le esportazioni ha

accelerato durante il secondo semestre del 2008; le esportazioni dopo il picco pari a

114,5 miliardi di euro ad aprile risultavano diminuite del 24% a gennaio 2009. Il calo

delle importazioni è iniziato tre mesi dopo, a luglio 2008, raggiungendo il valore più

basso a maggio 2009 con una contrazione del 32% da 141 a 96 miliardi di euro. Dopo quei

punti di minimo sia le importazioni che le esportazioni hanno registrato una lenta

ripresa.

Tabella 10 - Commercio extra-UE con i principali partner 2007-2009 (mld. €)

Esportazioni

2007 2008 2009

Var % ’09 / ’08

% 2009

Extra UE 1.240,5 1.306,5 1.094,4 -16,2% 100%

USA 261,5 249,9 204,5 -18,2% 18,7%

Cina 71,9 78,4 81,6 4,1% 7,5%

Russia 89,1 105,2 65,7 -37,6% 6,0%

Svizzera 92,8 97,7 88,6 -9,3% 81,0%

Norvegia 43,6 43,7 37,6 -14,0% 3,4%

Giappone 43,7 42,4 36,0 -15,1% 3,3%

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Informest, apile 2011 36

Turchia 52,6 54,3 43,9 -19,2% 4,0%

Sud-Corea 24,8 25,6 21,5 -15,8% 2,0%

India 29,5 31,5 27,5 -12,7% 2,5%

Brasile 21,3 26,3 21,5 -18,0% 2,0%

Altri 323,3 551,6 466,0 -15,5% 42,6%

Importazioni

2007 2008 2009

Var % ’09 / ’08

% 2009

Extra UE 1.433,4 1.565,0 1.199,7 -23,3% 100,0%

USA 181,7 186,8 160,0 -14,3% 13,3%

Cina 232,7 247,9 214,7 -13,4% 17,9%

Russia 144,5 177,9 115,4 -35,1% 9,6%

Svizzera 77,0 80,3 73,8 -8,1% 6,2%

Norvegia 76,7 95,9 68,7 -28,4% 5,7%

Giappone 78,4 75,2 55,8 -25,8% 4,7%

Turchia 47,0 46,0 36,1 -21,5% 3,0%

Sud-Corea 41,4 39,6 32,0 -19,2% 2,7%

India 26,6 29,5 25,4 -13,9% 2,1%

Brasile 32,8 35,9 25,6 -28,7% 2,1%

Altri 310,8 550,2 392,2 -28,7% 32,7% Fonte: Eurostat

Il forte calo delle esportazioni dell'UE-27 nel 2009 è stato distribuito in modo non

uniforme tra i partner commerciali. Gli Stati Uniti rimangono il principale mercato di

destinazione, nonostante una flessione del 18% delle esportazioni. Tuttavia, la Russia,

che era stato il secondo più importante mercato di destinazione nel 2008, è scesa al

quarto posto, dietro la Svizzera e la Cina. Infatti le esportazioni verso la Russia sono

calate del 38% nel 2009, dopo essersi più che quadruplicate tra il 2000 e il 2008. In

particolare le esportazioni dalla Svezia e dal Regno Unito verso la Russia sono diminuite

di oltre il 50%

La quota degli Stati Uniti per le esportazioni dell'UE-27 è rimasta stabile a circa un

quinto del totale tra il 2008 e il 2009, mentre la quota della Cina è passata dal 6% al

7,5% per diventare il terzo mercato di destinazione dopo gli Stati Uniti e la Svizzera. La

Cina è l‘unico mercato di destinazione per cui le esportazioni comunitarie sono cresciute

tra il 2008 e il 2009, anche se per solo di un terzo del tasso annuale medio sul periodo

2000-2009. Non tutti gli Stati membri hanno registrato un aumento delle esportazioni

verso la Cina: le esportazioni dalla Germania verso la Cina sono aumentate di 2,4

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Informest, apile 2011 37

miliardi di euro, il più alto incremento in valore, mentre quelle della Francia sono scese

di 1,1 miliardi di euro.

Le importazioni nell‘UE-27 tra il 2008 e il 2009 si sono ridotte per tutti i principali paesi

fornitori. Le importazioni dalla Cina, il maggiore mercato di origine delle importazioni,

si sono ridotte di 33 miliardi di €, mentre quelle provenienti dagli Stati Uniti e dalla

Russia si sono ridotte rispettivamente di 27 e 63 miliardi di €. La contrazione sia in

valore che percentuale - una diminuzione di oltre un terzo- delle importazioni dalla

Russia è stata la più alta registrata tra i partner commerciali . Le esportazioni russe

verso la Germania si sono contratte di 12 miliardi di euro, la più grande contrazione in

valore, mentre quelle verso la Grecia hanno registrato il decremento percentuale più

elevato pari all‘80%.

Come risultato della forbice tra decremento delle importazioni e delle esportazioni, il

deficit commerciale dell'UE-27 con i principali partner commerciali è diminuito tra il

2008 e il 2009. In particolare, il disavanzo con la Cina si è ridotto di 36,4 miliardi di

euro, mentre il deficit con la Russia e la Norvegia è diminuito di oltre 20 miliardi di

euro. Vale la pena notare che le più forti contrazioni sia per le importazioni che le

esportazioni non sono state registrate dai principali partner commerciali comunitari. Ad

esempio per quanto riguarda le esportazioni Bulgaria, Finlandia e Lituania hanno

registrato riduzioni tra il 2008 e il 2009 di circa un terzo, mentre la Grecia, la Lituania e

la Romania hanno visto le importazioni contrarsi di circa il 40%.

La riduzione complessiva delle esportazioni di merci dell'UE-27 tra il 2008 e il 2009 non

si è distribuita in modo uniforme tra i 'principali gruppi merceologici. Il calo complessivo

di 212,1 miliardi di euro si è concentrato nei due gruppi merceologici più importanti,

Macchinari e Veicoli e Altri Manufatti, scesi rispettivamente di 113,3 e 58,0 miliardi di

euro. Al contrario, le esportazioni del successivo principale gruppo merceologico, i

prodotti chimici, si sono contratte di soli 3,4 miliardi di euro.

La caduta media relativa alle importazioni di macchinari e merci dell‘ UE 27 è stata pari

a -18%. Le importazioni di prodotti energetici è sceso di 166,2 miliardi di euro, oltre un

terzo, con 22 degli stati membri che hanno registrato registrazione un contrazione

eguale o superiore al 30%. I prodotti energetici rappresentano circa il 45% del calo

complessivo delle importazioni dell'UE-27, con contrazioni in valore di circa 24 miliardi

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Informest, apile 2011 38

di euro sia per la Germania che l'Italia. Tra i principali gruppi merceologici, le materie

prime hanno registrato la maggiore contrazione delle importazioni in termini relativi;

circa un quinto di questa contrazione è dovuta alle importazioni di minerale di ferro

dimezzatesi tra il 2008 e il 2009.

Secondo i dati preliminari relativi ai primi otto mesi del 2010 e diffusi da Eurostat a

metà ottobre, la crescita dell‘interscambio rispetto allo stesso periodo del 2009 si è

equivalsa; sia le importazioni che le esportazioni sono aumentate del 22%. Il deficit

commerciale è passato da 79,1% del periodo gennaio-agosto 2009 a 96,6 miliardi di euro.

Gli IDE in Uscita

Gli Investimenti Diretti Esteri in uscita dell‘Unione Europea hanno rappresentato in

media negli anni ‘90 il 50,4% del flusso annuo degli IDE in uscita globali, mentre nella

decade successiva conclusasi con la grande crisi del biennio 2008-2009 tale quota è

passata al 52,1%. Ovviamente questi valori medi sintetizzano variazioni piuttosto

significative: nella decade 1990-1999 la quota minima è stata raggiunta nel 1993 con il

38,7%, mentre la quota massima è stata registrata nel 1999 con il 66,4%; nella decade

2000-2009 in modo speculare la quota minima è stata quella del 2009 con il 35,3%

mentre il valore massimo è stato fatto registrare nel 2005 con il 68,6%. Nonostante

questa forte variabilità da anno ad anno, l‘UE come area anche grazie ai suoi due

allargamenti della decade appena conclusasi, è rimasta l‘area leader per questa

modalità di internazionalizzazione.

Nel 2009 la contrazione dei flussi in uscita è stata generalizzata ed ha riguardato tutte le

componenti ma non è stata esclusiva. Le eccezioni tra i paesi sviluppati hanno

riguardato tre stati membri dell‘UE (Danimarca, Irlanda e Svezia) e un paese europeo

come la Norvegia.

In alcuni paesi la contrazione ha superato gli 80 punti percentuali (la Gran Bretagna ha

sfiorato il 90%). Tuttavia se si considerano i primi 20 paesi a livello mondiale per quanto

riguarda gli IDE in uscita nel biennio 2008-2009, si osserva che 10 sono Stati Membri:

Francia (II° posizione), Germania (IV° posizione), Italia (VIII° posizione), Svezia (XI°)

posizione, Irlanda (XIII° posizione), Inghilterra (XIV° posizione), Olanda (XVI° posizione),

Spagna (XVII° posizione), Danimarca (XVIII° posizione), Lussemburgo (XX° posizione). La

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Informest, apile 2011 39

Slovenia risulta essere nella classifica dell‘UNCTAD il primo paese tra i paesi sotto il

miliardo di dollari, seguita da Slovacchia, Romania, Lituania, Malta, Lettonia, Bulgaria ,

Ungheria e Belgio.

Tabella 11 - IDE in uscita: flussi (distribuzione percentuale)

Regione / Economia 1990 1995 2000 2005 2009

Mondo* 241.493 362.585 1.232.888 893.093 1.100.993

Economie Sviluppate 95% 85% 89% 84% 75%

Europa 58% 48% 70% 78% 40%

UE 54% 44% 66% 69% 35%

Italia 3% 2% 1% 5% 4%

Slovenia 0% 0% 0% 0% 0%

Altri paesi europei 4% 4% 4% 9% 5%

Nord America 15% 29% 15% 5% 26%

Altri paesi sviluppati 22% 8% 3% 2% 9%

PVS 5% 15% 11% 14% 21%

Africa 0% 1% 0% 0% 0%

Nord Africa 0% 0% 0% 0% 0%

Altri paesi africani 0% 1% 0% 0% 0%

Africa Occidentale 0% 0% 0% 0% 0%

Africa Centrale 0% 0% 0% 0% 0%

Africa Orientale 0% 0% 0% 0% 0%

Africa Meridionale 0% 1% 0% 0% 0%

America Latina e Caraibi 0% 2% 4% 4% 4%

Centro- e Sud- America 1% 1% 1% 2% 1%

Sud America 0% 1% 1% 1% 0%

America Centrale 0% 0% 0% 1% 1%

Caraibi -1% 1% 3% 2% 3%

Asia and Oceania 5% 12% 7% 10% 16%

Asia 5% 12% 7% 10% 16%

Asia Occidentale 0% 0% 0% 2% 2%

Asia Mer., Or. e Sud-or. 5% 12% 7% 8% 14%

Asia Orientale 4% 9% 6% 6% 11%

Asia Meridionale 0% 0% 0% 0% 1%

Asia sud-orientale 1% 3% 1% 2% 2%

Oceania 0% 0% 0% 0% 0%

Europa Sud-orientale e CSI 0% 0% 0% 2% 5%

Europa Sud-orientale 0% 0% 0% 0% 0%

CSI 0% 0% 0% 2% 5% Fonte: Elaborazione Informest su dati UNCTAD, FDI/TNC (www.unctad.org/fdistatistics) * Milioni di dollari

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Informest, apile 2011 40

Se si considera l‘andamento degli IDE in uscita cumulati, cioè lo stock, si osserva un

andamento irregolare ma debolmente decrescente negli anni ‘90 della quota

percentuale dell‘UE sul totale mondiale, passata tra il 1990 ed il 1999 dal 38,8% al

35,5%. Negli anni 2000 al contrario si è manifestato un aumento della quota, passata dal

43,8% del 2000 (un salto annuo di otto punti percentuali rispetto all‘anno precedente) al

47,4% del 2009.

L‘UE è di gran lunga la regione a livello mondiale più internazionalizzata rispetto a

questo parametro. Nel 2009 lo stock di IDE in uscita dall‘area comunitaria ha superato il

47%, mentre il Nord America segue secondo con il 26% circa. Tuttavia va osservato che il

peso relativo degli Stati Uniti è diminuito di circa 16 punti percentuali tra il 1995 ed il

2009, passando dal 39% al 23%.

L‘Italia ha registrato un andamento della sua quota rispetto al totale mondiale diverso

da quello Comunitario, avendo registrato un lieve aumento tra il 1990 ed il 1998 (dal

2,9% al 3,2%) per poi perdere in due anni quasi un punto percentuale raggiungendo il

2,3% nel 2000. La crescita della quota si riavvia nel 2007 e nonostante la crisi l‘Italia

chiude con tre punti percentuali di quota nel 2009.

Se si considera il peso relativo rispetto agli IDE in uscita annui dell‘UE, si osserva che la

quota dell‘Italia ha avuto un andamento decrescente negli anni ‘90, con una quota

media del 4,8%, e crescente negli anni duemila, con una quota media del 5,8%,

raggiungendo nel 2009 l‘11,3% del totale dei flussi comunitari.

La Slovenia ha registrato dei flussi in uscita superiori ai 100 milioni di euro dal 2001 (nel

2007 ha sfiorato il miliardo di euro) e la sua quota è andata sempre aumentando

raggiungendo lo 0,22% nel 2009.

Tabella 12 - IDE in uscita: stock (distribuzione percentuale)

Regione / Economia 1990 1995 2000 2005 2009

Mondo* 2 086 818 3 606 556 7 967 460 12 416 839 18 982 118

Economie Sviluppate 93,0% 90,7% 88,9% 88,2% 84,3%

Europa 42,5% 41,3% 47,2% 50,7% 52,6%

UE 38,8% 36,7% 43,8% 46,4% 47,4%

Italia 2,9% 2,9% 2,3% 2,4% 3,0%

Slovenia 0,03% 0,02% 0,01% 0,03% 0,05%

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Informest, apile 2011 41

Altri paesi europei 3,7% 4,6% 3,3% 4,3% 5,1%

Nord America 39,1% 41,1% 36,8% 32,4% 25,7%

Altri paesi sviluppati 11,4% 8,4% 4,9% 5,1% 6,1%

PVS 7,0% 9,1% 10,8% 10,5% 14,2%

Africa 1,0% 0,9% 0,6% 0,4% 0,5%

Nord Africa 0,1% 0,1% 0,0% 0,0% 0,1%

Altri paesi africani 0,9% 0,8% 0,5% 0,4% 0,4%

Africa Occidentale 0,1% 0,1% 0,1% 0,1% 0,1%

Africa Centrale 0,0% 0,0% 0,0% 0,0% 0,0%

Africa Orientale 0,0% 0,0% 0,0% 0,0% 0,0%

Africa Meridionale 0,8% 0,7% 0,4% 0,3% 0,4%

America Latina e Caraibi 2,8% 2,4% 2,6% 2,8% 3,4%

Centro- e Sud- America 2,7% 2,0% 1,4% 1,6% 1,8%

Sud America 2,4% 1,8% 1,2% 1,2% 1,4%

America Centrale 0,3% 0,3% 0,2% 0,4% 0,4%

Caraibi 0,1% 0,4% 1,1% 1,3% 1,6%

Asia and Oceania 3,2% 5,8% 7,7% 7,3% 10,3%

Asia 3,2% 5,8% 7,7% 7,3% 10,2%

Asia Occidentale 0,4% 0,3% 0,2% 0,4% 0,8%

Asia Mer., Or. e Sud-or. 2,8% 5,6% 7,5% 6,9% 9,4%

Asia Orientale 2,3% 4,1% 6,4% 5,4% 7,2%

Asia Meridionale 0,0% 0,0% 0,0% 0,1% 0,4%

Asia sud-orientale 0,5% 1,4% 1,1% 1,3% 1,8%

Oceania 0,0% 0,0% 0,0% 0,0% 0,0%

Europa Sud-orientale e CSI 0,0% 0,1% 0,3% 1,2% 1,5%

Europa Sud-orientale 0,0% 0,0% 0,0% 0,0% 0,1%

CSI 0,0% 0,1% 0,3% 1,2% 1,4%

Fonte: Elaborazione Informest su dati UNCTAD, FDI/TNC (www.unctad.org/fdistatistics) * Milioni di dollari

I BRIC sono un area di particolare interesse per le imprese europee che si sono

internazionalizzate negli ultimi anni. Per quanto riguarda gli investimenti va

osservato che, nonostante una flessione a livello di flusso manifestatasi già nel 2008

in linea con l‘evolversi della crisi (-85% nel periodo 2007-2009 per gli IDE comunitari

in entrata; -64% nello stesso periodo per gli IDE provenienti dai BRIC verso l‘UE-27),

gli stock si sono consolidati passando, per quanto riguarda gli IDE comunitari in

entrata, da poco più di 200 miliardi di euro a circa 388 miliardi di euro. Gli IDE

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Informest, apile 2011 42

provenienti dai BRIC e destinati ai paesi dell‘UE-27 sono passati in stock da circa 25

miliardi di euro a circa 117 miliardi nel 2009. La Cina rappresenta il 37,8% dello stock

degli IDE comunitari verso il BRIC (i due terzi dello stock sono diretti ad Hong Kong),

seguita dal Brasile con il 31,3%, la Russia con il 25,6% e l‘India distanziata di molto al

19,4%.

Va tuttavia osservato che, nonostante tassi di crescita interessanti, i BRIC

rappresentano appena il 5% degli investimenti comunitari cumulati (stock) extra-UE e

che i BRIC come investitori pesano per il 2% nell‘UE-27. Ma tali valori sono destinati a

salire, soprattutto se si considerano i ROI (tassi di ritorno sugli investimenti) che sul

periodo 2004-2008 sono pari all‘11,5% circa rispetto ad un ROI medio degli IDE extra

comunitari dell‘8,5% circa, con valori medi del ROI per la Russia e l‘India superiori al

15%.

Tabella 13 - IDE in uscita: stock come percentuale del Pil

Regione / economia 1990 1995 2000 2005 2009

Mondo* 10,0 12,2 25,2 27,6 33,2

Economie Sviluppate 11,2 14,0 28,8 32,7 40,8

Europa 11,8 15,5 42,4 43,6 57,8

UE 11,3 14,5 41,4 41,9 55,0

Italia 5,3 9,4 16,4 16,5 27,4

Slovenia .. 3,5 4,5 9,2 18,0

Altri paesi europei 21,4 35,1 62,7 78,2 110,2

Nord America 12,8 18,7 27,9 29,8 31,2

Altri paesi sviluppati 6,9 5,2 7,5 11,4 18,2

PVS 4,1 5,9 12,9 12,5 16,5

Africa 4,6 6,8 8,3 5,9 7,9

Nord Africa 1,0 0,9 1,3 1,2 3,9

Altri paesi africani 7,1 11,0 14,4 8,8 10,5

Africa Occidentale 2,5 7,9 8,5 4,9 4,4

Africa Centrale 1,5 3,3 3,5 1,5 1,7

Africa Orientale 1,0 1,7 1,7 1,8 1,6

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Informest, apile 2011 43

Africa Meridionale 11,1 13,8 20,1 12,5 16,8

America Latina e Caraibi 5,4 5,1 10,2 13,3 16,4

Centro- e Sud- America 5,3 4,3 5,9 7,4 9,0

Sud America 6,4 4,6 7,3 8,9 9,3

America Centrale 2,4 3,0 3,0 5,1 8,3

Caraibi 11,5 67,8 293,9 371,6 564,2

Asia and Oceania 3,3 6,1 14,8 13,1 17,6

Asia 3,3 6,1 14,8 13,1 17,6

Asia Occidentale 2,1 1,9 2,5 4,2 9,7

Asia Mer., Or. e Sud-or. 3,6 6,8 17,1 14,9 19,0

Asia Orientale 5,4 8,8 22,9 18,5 22,2

Asia Meridionale 0,1 0,1 0,4 1,0 4,3

Asia sud-orientale 2,8 7,7 15,1 19,7 25,2

Oceania 6,4 7,4 10,1 5,6 5,2

Europa Sud-orientale e CSI .. 0,9 6,0 14,6 16,1

Europa Sud-orientale .. 3,2 3,4 3,0 7,1

CSI .. 0,8 6,2 15,5 17,0

Fonte: Elaborazione Informest su dati UNCTAD, FDI/TNC (www.unctad.org/fdistatistics)

Un buon indicatore del livello di internazionalizzazione di una regione e/o di un paese è

il rapporto tra IDE cumulati (in uscita) e il Pil. Certamente il dato a livello comunitario è

positivo, in quanto l‘UE è l‘area geo-economica più internazionalizzata del mondo

rispetto a questo indice e mantiene un differenziale positivo di circa nove punti

percentuali rispetto agli IDE in entrata.

Al suo interno il range è tuttavia piuttosto ampio; va a tale proposito ricordato sempre il

peso della variabile dimensionale che porta i paesi con mercati interni medio - piccoli

ad avere economie più aperte/internazionalizzate rispetto a paesi con importanti

mercati interni. Gli stati membri con i quattro valori più alti del rapporto sono

nell‘ordine il Lussemburgo (148%), il Belgio (142,8%), l‘Ungheria (136,7%) e l‘Olanda

(107,4%), mentre il primo grande stato membro è l‘Inghilterra (settima con un rapporto

IDE in uscita cumulati/Pil pari al 76%).

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Informest, apile 2011 44

L‘ultimo dei grandi paesi membri è proprio l‘Italia in 17-esima posizione con un valore

pari al 27,4%. La Slovenia risulta in 20-esima posizione ma il terzo tra i Nuovi Stati

Membri per apertura dopo Ungheria ed Estonia.

Tutte le componenti degli IDE in uscita hanno accusato con la crisi una contrazione

rilevante, a dire: flussi di capitale proprio,fusioni ed acquisizioni (M&A nel proseguo),

prestiti intra-aziendali. Infatti, profitti in calo e la pressione finanziaria collegata al

deleverage dei bilanci aziendali si sono tradotti nella contrazione dei profitti reinvestiti,

nel cambio di destinazione dei dividendi e nel ritiro o richiamo dei prestiti intra-

aziendali.

In particolare le spese collegate ad operazioni di M&A hanno registrato una contrazione

del 63% circa a livello mondiale e del 69% circa per l‘Ue che ha quindi visto la sua quota

sul totale spese per M&A contrarsi scendendo da circa 43 a 36 punti percentuali, ma

restando comunque la regione con quota maggioritaria. Gli Stati Membri

tradizionalmente più attivi, a dire Francia, Germania e Inghilterra hanno registrato

andamenti piuttosto divergenti, con la Francia che ha giocato un ruolo preminente con

le operazioni in valore contrattesi del 23% e considerando che i suoi acquisti hanno

rappresentato quasi la metà della spesa comunitaria. La Germania ha registrato un

andamento in linea con quello comunitario mentre il Regno Unito ha registrato un vero

proprio tracollo.

Solo sei stati membri hanno registrato un aumento della spesa per acquisti di attività

mediante M&A, a dire Portogallo, Austria, Danimarca, Svezia, Romania e Repubblica

Ceca. L‘Italia risulta essere lo stato membro con la contrazione della spesa più bassa in

termini percentuali (-13,3%) ed anche la Slovenia ha registrato una contrazione di poco

superiore (-17,2%) e comunque inferiore a quella francese. Sono nove invece gli stati

membri – compreso il Regno Unito - che hanno registrato una contrazione prossima o

superiore ai cento punti percentuali: si va dall‘Ungheria (-99,6%) al Belgio (-133,8%).

Sempre secondo il World Investment Report 2010 dell‘UNCTAD, sulle 107 operazioni

superiori al miliardo di dollari del 2009, 40 hanno visto come impresa

incorporante/acquisitrice un‘impresa residente nell‘UE: di queste 40 operazioni 19 sono

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Informest, apile 2011 45

state effettuate nell‘UE ed altre 2 in Svizzera e Turchia, mentre le rimanenti sono state

effettuate altrove.

Tabella 14 - Andamento delle operazioni di M&A (acquisizioni)

Regione/Paese 2008

Mio. € 2009

Mio. € 08/'09 Var. %

2008 Quota %

2009 Quota %

Mondo 480.642 179.663 -62,6% 100,0% 100,0%

Economie Sviluppate 386.422 115.672 -70,1% 80,4% 64,4%

UE 208.663 64.528 -69,1% 43,4% 35,9%

Francia 38.644 29.903 -22,6% 8,0% 16,6%

Germania 41.728 17.491 -58,1% 8,7% 9,7%

Inghilterra 37.179 -2.551 -106,9% 7,7% -1,4%

USA 47.737 17.093 -64,2% 9,9% 9,5%

PVS 72.006 53.219 -26,1% 15,0% 29,6%

Africa 5.589 1.944 -65,2% 1,2% 1,1%

America Latina e Caraibi 3.242 2.233 -31,1% 0,7% 1,2%

Asia 64.216 48.424 -24,6% 13,4% 27,0%

Cina 25.810 15.460 -40,1% 5,4% 8,6%

India 9.172 209 -97,7% 1,9% 0,1%

Oceania 524 161 -69,2% 0,1% 0,1%

Europa Sud-orientale e CSI 13.719 5.347 -61,0% 2,9% 3,0%

Federazione Russa 11.315 5.467 -51,7% 2,4% 3,0% Fonte: Elaborazione Informest su dati UNCTAD, WIR 2010.

Il numero di operazioni di investimento a campo verde con origine uno stato membro

dell‘UE sono diminuite nel 2009 dell‘11,2%, valore inferiore a quello medio mondiale che

ha comportato un‘espansione della quota dell‘Ue relativamente al totale delle

operazioni di investimento a campo verde, risultata aumentata di quasi tre punti

percentuali rispetto al 2005. L‘UE resta saldamente l‘area da cui origina il numero

maggiore di investimenti a campo verde, distanziando di circa 23 punti percentuali il

Nord America. Il 2009 è stato un anno di ripresa dopo la contrazione del 2008 che ha

comportato una perdita di quasi otto punti di quota. Va osservato che nel quinquennio

considerato l‘UE-12 non ha aumentato la sua quota rispetto all‘UE-15 che è al contrario

passata dal 95,2% al 97,6% rispetto al totale UE-27.

In termini assoluti lo stato membro che ha registrato nel 2009 la massima contrazione di

operazioni dal suo territorio è stata la Germania (153 operazioni di investimento a

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Informest, apile 2011 46

campo verde in meno rispetto al 2008), seguita dall‘Austria (91 operazioni in meno

rispetto al 2008), dal Belgio (75 operazioni in meno rispetto al 2008), dalla Finlandia (71

operazioni in meno rispetto al 2008) e dall‘Olanda (67 operazioni in meno rispetto al

2008). La Bulgaria ha registrato la massima contrazione percentuale pari al -83,3%, con

10 operazioni rispetto alle 12 del 2008, mentre la Slovenia ha registrato la nona

contrazione percentuale per intensità, pari a -41,9% (da 31 a 18 operazioni). L‘Italia ha

registrato una contrazione in linea con quella comunitaria e pari al -11,5%. Solo quattro

stati membri (Cipro, Irlanda, Spagna e Danimarca) hanno registrato nel 2009 un aumento

delle operazioni in uscita rispetto all‘anno precedente.

Tabella 15 - Operazioni di Investimento a Campo Verde per area/paese di origine

Regione / economia 2005 2006 2007 2008 2009

Mondo 10.551 12.248 12.210 16.147 13.727

Economie Sviluppate 85,8% 83,7% 84,5% 81,9% 82,0%

UE 43,4% 44,1% 48,1% 44,4% 46,3%

Italia 3,0% 2,3% 2,7% 3,0% 3,2%

Slovenia 0,4% 0,4% 0,2% 0,2% 0,1%

Altri paesi europei 3,2% 3,5% 3,7% 4,1% 3,7%

Nord America 29,6% 26,8% 24,8% 23,8% 23,6%

Altri paesi sviluppati 9,5% 9,3% 7,9% 9,5% 8,3%

PVS 12,5% 14,6% 13,9% 16,3% 16,3%

Africa 0,7% 0,7% 0,5% 1,2% 1,2%

Nord Africa 0,2% 0,2% 0,2% 0,3% 0,3%

Altri paesi africani 0,4% 0,5% 0,4% 0,9% 1,0%

America Latina e Caraibi 0,8% 1,1% 1,9% 1,3% 1,6%

Sud- America 0,6% 0,7% 1,2% 1,0% 1,1%

America Centrale 0,1% 0,2% 0,5% 0,2% 0,4%

Caraibi 0,1% 0,1% 0,2% 0,1% 0,1%

Asia 11,1% 12,8% 11,6% 13,7% 13,4%

Asia Occidentale 2,2% 3,5% 2,4% 3,6% 3,2%

Asia Mer., Or. e Sud-or. 8,8% 9,3% 9,1% 10,1% 10,2%

Oceania 0,0% 0,0% 0,0% 0,0% 0,0%

Europa Sud-orientale e CSI 1,7% 1,7% 1,6% 1,9% 1,8%

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Informest, apile 2011 47

Europa Sud-orientale 0,1% 0,1% 0,1% 0,2% 0,2%

CSI 1,6% 1,6% 1,5% 1,7% 1,6%

Federazione Russa 1,3% 1,3% 1,1% 1,2% 1,1% Fonte: Elaborazione Informest su dati UNCTAD, FDI/TNC (www.unctad.org/fdistatistics)

Gli IDE in entrata

Come già osservato nei paragrafi precedenti, il processo di internazionalizzazione non

può essere visto come un processo unidirezionale. Al contrario, la crescita

dell‘interdipendenza e l‘allungarsi delle catene dell‘offerta assieme all‘aumento del

peso del commercio intra-industriale per le regioni sviluppate, hanno portato molti

analisti ad osservare che il processo di internazionalizzazione diventa tanto più bi-

direzionale più le forme di internazionalizzazione sono avanzate. Un paese che è

poco attraente per gli investitori stranieri sempre più spesso è anche un paese che

esprime qualche difficoltà ad articolare e/o intensificare il suo processo di

internazionalizzazione ―in uscita‖.

L‘UE nel suo complesso ha registrato nell‘ultimo quinquennio (2005-2009) un aumento

medio annuo dei flussi in entrata pari al 26,9%. I (primi cinque) paesi che hanno

registrato la performance migliore in questo periodo sono stati: l‘Olanda (333,5%), la

Grecia (143,2%), l‘Ungheria (73,3%), l‘Austria (68,4%) e il Lussemburgo (63,4%). Il

primo dei grandi stati membri è la Francia in 11-esima posizione (28,0%) seguita

dall‘Italia (27,9%) e dal Regno Unito (24,3%). La Slovenia è in 21-esima posizione con

il 7,8%, terzultima dei paesi con valori medi positivi, mentre Slovacchia, Finlandia,

Germania ed Irlanda hanno registrato nel quinquennio tassi medi negativi, pari al -

106,6% nel caso tedesco e al -167,1% per l‘Irlanda.

Nel 2009 i flussi di IDE in entrata nell'Unione Europea (UE-27) sono scesi del 33% in

dollari e del 29% in euro (a 362 miliardi dollari; 262 miliardi di euro), contrazione

nettamente inferiore rispetto a quelle del Nord America e del Giappone ed anche

inferiori a quella mondiale (-37%).

Tuttavia nel 2009 la Germania (45,3%) e l‘Italia (79,3%) sono stati due dei 5 stati

membri (gli altri sono la Danimarca, il Lussemburgo e Cipro) che hanno registrato

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Informest, apile 2011 48

tassi di crescita positivi del flusso annuo in entrata11, mentre gli altri 22 stati membri

hanno registrato tassi negativi.

Tabella 16 - IDE in entrata: flussi (distribuzione percentuale)

Regione / Economia 1990 1995 2000 2005 2009

Mondo* 207.697 342.544 1.401.466 985.796 1.114.189

Economie Sviluppate 83,1% 65,0% 81,2% 63,4% 50,8%

Europa 50,3% 39,9% 51,7% 51,6% 34,0%

UE 46,8% 38,5% 49,8% 50,9% 32,5%

Italia 3,1% 1,4% 1,0% 2,0% 2,7%

Slovenia 0,0% 0,0% 0,0% 0,1% 0,0%

Altri paesi europei 3,4% 1,4% 1,9% 0,7% 1,5%

Nord America 27,0% 19,9% 27,2% 13,2% 13,3%

Altri paesi sviluppati 5,8% 5,2% 2,3% -1,5% 3,5%

PVS 16,9% 33,8% 18,3% 33,5% 42,9%

Africa 1,4% 1,7% 0,7% 3,9% 5,3%

Nord Africa 0,6% 0,4% 0,2% 1,2% 1,6%

Altri paesi africani 0,8% 1,3% 0,5% 2,6% 3,6%

Africa Occidentale 0,7% 0,5% 0,2% 0,7% 0,9%

Africa Centrale 0,0% 0,0% 0,0% 0,3% 0,5%

Africa Orientale 0,1% 0,1% 0,1% 0,1% 0,3%

Africa Meridionale 0,0% 0,7% 0,2% 1,5% 1,9%

America Latina e Caraibi 4,3% 8,6% 7,0% 7,7% 10,5%

Centro- e Sud- America 3,9% 8,5% 5,5% 7,1% 6,5%

Sud America 2,4% 5,4% S4,1% 4,5% 4,9%

America Centrale 1,5% 3,0% 1,4% 2,7% 1,6%

Caraibi 0,4% 0,2% 1,5% 0,6% 4,0%

Asia and Oceania 11,2% 23,6% 10,6% 21,9% 27,2%

Asia 10,9% 23,4% 10,6% 21,9% 27,0%

Asia Occidentale 0,4% 0,7% 0,3% 4,5% 6,1%

Asia Mer., Or. e Sud-or. 10,5% 22,7% 10,4% 17,4% 20,9%

Asia Orientale 4,2% 13,6% 8,3% 11,8% 13,9%

Asia Meridionale 0,1% 0,8% 0,3% 1,5% 3,7%

Asia sud-orientale 6,2% 8,2% 1,7% 4,1% 3,3%

Oceania 0,3% 0,2% 0,0% 0,0% 0,2%

Europa Sud-orientale e CSI 0,0% 1,2% 0,5% 3,2% 6,3%

Europa Sud-orientale 0,0% 0,1% 0,1% 0,5% 0,7%

CSI 0,0% 1,1% 0,4% 2,7% 5,6% Fonte: Elaborazione Informest su dati UNCTAD, FDI/TNC (www.unctad.org/fdistatistics)* Milioni di dollari

11 In Germania l‘espansione degli IDE in entrata è stata trainata dalla ripresa nei prestiti intra-aziendali a

seguito di una serie di importanti ristrutturazioni aziendali.

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Informest, apile 2011 49

In particolare risalta in dato dell‘Inghilterra che per il secondo anno consecutivo ha

subito una contrazione del 50% circa (esattamente -50,9% nel 2008 e -50,1% nel 2009) a

causa delle ripercussioni sul settore finanziario oltre che sul sistema economico nel suo

insieme. La diminuzione di flussi più consistenti in valore è stata registrata nell‘ordine

da Belgio, Ungheria e Spagna. La Slovenia risulta penultima tra gli stati membri con una

contrazione del 103,5%.

Tabella 17 - IDE in entrata: stock (distribuzione percentuale, Mondo=100)

Regione / economia 1990 1995 2000 2005 2009

Mondo* 2.086.818 3.606.556 7.967.460 12.416.839 18.982.118

Economie Sviluppate 93,0% 90,7% 88,9% 88,2% 84,3%

Europa 42,5% 41,3% 47,2% 50,7% 52,6%

UE 38,8% 36,7% 43,8% 46,4% 47,4%

Italia 2,9% 2,9% 2,3% 2,4% 3,0%

Slovenia 0,0% 0,0% 0,0% 0,0% 0,0%

Altri paesi europei 3,7% 4,6% 3,3% 4,3% 5,1%

Nord America 39,1% 41,1% 36,8% 32,4% 25,7%

Altri paesi sviluppati 11,4% 8,4% 4,9% 5,1% 6,1%

PVS 7,0% 9,1% 10,8% 10,5% 14,2%

Africa 1,0% 0,9% 0,6% 0,4% 0,5%

Nord Africa 0,1% 0,1% 0,0% 0,0% 0,1%

Altri paesi africani 0,9% 0,8% 0,5% 0,4% 0,4%

Africa Occidentale 0,1% 0,1% 0,1% 0,1% 0,1%

Africa Centrale 0,0% 0,0% 0,0% 0,0% 0,0%

Africa Orientale 0,0% 0,0% 0,0% 0,0% 0,0%

Africa Meridionale 0,8% 0,7% 0,4% 0,3% 0,4%

America Latina e Caraibi 2,8% 2,4% 2,6% 2,8% 3,4%

Centro- e Sud- America 2,7% 2,0% 1,4% 1,6% 1,8%

Sud America 2,4% 1,8% 1,2% 1,2% 1,4%

America Centrale 0,3% 0,3% 0,2% 0,4% 0,4%

Caraibi 0,1% 0,4% 1,1% 1,3% 1,6%

Asia and Oceania 3,2% 5,8% 7,7% 7,3% 10,3%

Asia 3,2% 5,8% 7,7% 7,3% 10,2%

Asia Occidentale 0,4% 0,3% 0,2% 0,4% 0,8%

Asia Mer., Or. e Sud-or. 2,8% 5,6% 7,5% 6,9% 9,4%

Asia Orientale 2,3% 4,1% 6,4% 5,4% 7,2%

Asia Meridionale 0,0% 0,0% 0,0% 0,1% 0,4%

Asia sud-orientale 0,5% 1,4% 1,1% 1,3% 1,8%

Oceania 0,0% 0,0% 0,0% 0,0% 0,0%

Europa Sud-orientale e CSI 0,0% 0,1% 0,3% 1,2% 1,5%

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Informest, apile 2011 50

Europa Sud-orientale 0,0% 0,0% 0,0% 0,0% 0,1%

CSI 0,0% 0,1% 0,3% 1,2% 1,4% Fonte: Elaborazione Informest su dati UNCTAD, FDI/TNC (www.unctad.org/fdistatistics) * Milioni di dollari

Un buon indicatore del livello di internazionalizzazione in entrata è certamente il

rapporto tra IDE in entrata cumulati ed il Pil. Come si osservava in precedenza, un

differenziale significativo tra livelli di Internazionalizzazione in entrata ed

internazionalizzazione in uscita è un sintomo più negativo che positivo per una regione

e/o un paese. L‘UE ha da questo punto di vista registrato una dinamica senz‘altro

positiva ed il suo grado di apertura, pari al 46,5% nel 2009, è il più alto tra le aree geo-

economiche ad essa comparabili. L‘Italia al contrario registra valori molto bassi non solo

rispetto alla media UE ma anche rispetto alla media mondiale; rispetto al valore

percentuale mondiale l‘Italia registra valori quasi dimezzati da almeno venti anni, a

indicare un ritardo strutturale. Anche l‘economia Slovena registra un certo ritardo

rispetto alla media UE, tuttavia il peso percentuale sul Pil degli IDE cumulati in entrata

ha superato nel 2009 la media mondiale.

Tabella 18 - IDE in entrata: stock come percentuale del Pil

Regione / economia 1990 1995 2000 2005 2009

Mondo 9,8% 11,4% 23,3% 25,4% 30,7

Economie Sviluppate 9,0% 10,8% 23,0% 25,5% 31,5%

Europa 10,7% 12,7% 27,5% 34,2% 46,5%

UE 10,6% 12,5% 27,5% 34,1% 45,5%

Italia 5,3% 5,8% 11,0% 12,6% 18,6%

Slovenia .. 12,6% 17,0% 20,2% 31,4%

Altri paesi europei 13,0% 16,1% 27,6% 36,7% 66,4%

Nord America 10,2% 14,2% 28,6% 23,4% 23,4%

Altri paesi sviluppati 2,8% 2,9% 4,1% 7,8% 10,5%

PVS 13,6% 14,6% 25,0% 25,2% 29,1%

Africa 12,1% 17,0% 26,0% 27,3% 34,6%

Nord Africa 12,6% 16,2% 17,4% 22,9% 32,5%

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Informest, apile 2011 51

Altri paesi africani 11,8% 17,5% 32,7% 29,8% 36,0%

Africa Occidentale 16,5% 33,7% 39,7% 29,3% 35,5%

Africa Centrale 9,8% 15,0% 19,8% 29,5% 41,5%

Africa Orientale 4,2% 6,3% 14,4% 17,7% 20,3%

Africa Meridionale 11,7% 14,2% 36,9% 33,0% 40,3%

America Latina e Caraibi 9,9% 10,5% 24,3% 29,7% 36,5%

Centro- e Sud- America 9,7% 10,3% 21,5% 26,2% 29,8%

Sud America 9,8% 9,3% 23,4% 26,3% 27,6%

America Centrale 9,7% 14,3% 17,7% 25,9% 36,2%

Caraibi 13,4% 14,2% 81,5% 99,8% 187,5%

Asia and Oceania 15,8% 16,3% 25,2% 23,1% 25,8%

Asia 15,8% 16,3% 25,2% 23,1% 25,7%

Asia Occidentale 8,8% 8,5% 8,8% 15,6% 25,6%

Asia Mer., Or. e Sud-or. 17,4% 17,6% 28,4% 24,7% 25,8%

Asia Orientale 25,9% 21,0% 31,7% 26,0% 25,4%

Asia Meridionale 1,3% 2,6% 4,2% 6,1% 11,2%

Asia sud-orientale 18,2% 22,6% 44,5% 44,7% 46,3%

Oceania 24,9% 22,5% 29,9% 26,3% 44,1%

Europa Sud-orientale e CSI .. 2,1% 15,6% 25,3% 27,5%

Europa Sud-orientale .. 2,7% 14,1% 27,8% 52,8%

CSI .. 2,1% 15,7% 25,0% 25,3%

Fonte: Elaborazione Informest su dati UNCTAD, FDI/TNC (www.unctad.org/fdistatistics)

La crisi finanziaria globale non ha solo causato un rallentamento del processo di

internazionalizzazione ed in particolare una contrazione dei flussi di capitale in entrata

ed uscita, ma ha anche determinato una sensibile redistribuzione tra le diverse

modalità. In particolare l‘instabilità dei mercati finanziari ha annullato il vantaggio

competitivo in termini di informazioni che le operazioni di M&A hanno sugli investimenti

a campo verde. Al momento un ritorno verso una situazione meno incerta, con capitali

meno scarsi e mercati azionari stabili non è verosimile nel breve periodo.

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Informest, apile 2011 52

Anche nel caso delle vendite legate a operazioni di fusione e acquisizione l‘UE ha

registrato una contrazione del 51% circa, inferiore a quella media mondiale. Tale

differenziale spiega il guadagno di oltre dieci punti in termini di quota percentuale che

ha rafforzato la leadership comunitaria a livello mondiale, nonostante la performance

del Regno Unito che ha visto dimezzarsi la sua quota a livello mondiale dal 21% al 10%

circa.

Anche l‘Asia ha guadagnato quota superando il 15%, mentre il paese che ha più scontato

l‘effetto negativo del ribilanciamento delle modalità di investimento estero sono gli

Stati Uniti che hanno visto la loro quota passare da circa 32 punti percentuali a circa 16

punti percentuali.

Tra gli stati membri solo 9 nel 2009 non hanno registrato una contrazione in valore delle

vendite legate ad operazioni di fusione e acquisizione, di cui 5 – tra cui l‘Italia - hanno

registrato una inversione da valori negativi a positivi. La Slovenia è il paese con la

massima contrazione percentuale avendo azzerato le vendite nel 2009, mentre per

cinque stati membri (Svezia, Grecia, Slovacchia, Francia e Regno Unito) la contrazione è

compresa tra il 94% ed l‘82%. La Germania presenta un valore (-58%) vicino alla media

UE.

Imprese appartenenti a paesi comunitari sono state incorporate/acquisite in 20

operazioni superiori al miliardo di dollari da imprese extra-comunitarie (di cui due

svizzere.) La capacità di attratte ed effettuare M&A fuori dal territorio comunitario si

equivale così in termini assoluti se si considerano le precedenti operazioni di

incorporazione/acquisizione da parte di imprese di paesi comunitari.

Tabella 19 - Andamento delle operazioni di M&A (vendite)

Regione/Paese 2008

Mio. € 2009

Mio. € 08/'09 Var. %

2008 Quota %

2009 Quota %

World 480.642 179.663 -62,6% 100,0% 100,0%

Paesi Sviluppati 395.506 146.425 -63,0% 82,3% 81,5%

UE 170.863 83.616 -51,1% 35,5% 46,5%

Francia 3.122 521 -83,3% 0,6% 0,3%

Germania 21.708 9.201 -57,6% 4,5% 5,1%

Inghilterra 100.509 18.104 -82,0% 20,9% 10,1%

USA 154.725 28.838 -81,4% 32,2% 16,1%

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Informest, apile 2011 53

PVS 71.301 28.113 -60,6% 14,8% 15,6%

Africa 14.417 3.698 -74,3% 3,0% 2,1%

America Latina e Caribi 10.512 -3.135 -129,8% 2,2% -1,7%

Sud America 5.525 -3.843 -169,6% 1,1% -2,1%

Asia 46.877 27.547 -41,2% 9,8% 15,3%

Cina 3.657 7.840 114,4% 0,8% 4,4%

India 7.093 4.352 -38,6% 1,5% 2,4%

Oceania -505 3 -100,5% -0,1% 0,0%

Europa Sud-orientale e CSI 13.835 5.126 -63,0% 2,9% 2,9%

Europa Sud-orientale 522 381 -27,0% 0,1% 0,2%

Federazione Russa 9.188 3.654 -60,2% 1,9% 2,0% Fonte: Elaborazione Informest su dati UNCTAD, WIR 2010.

Nel quinquennio 2005-2009 l‘UE ha perso rilevanza a livello mondiale come area di

destinazione di operazioni di investimento a campo verde. Infatti il suo peso percentuale

è passato dal 37,6% al 30,2%, una perdita di circa sette punti percentuali che sono

andati ad aumentare le quote dell‘America Latina e dell‘Asia Occidentale.

All‘interno dell‘UE-27 va osservato che i nuovi stati membri dell‘allargamento del 2004 e

del 2007 (UE-12) non hanno aumentato la loro quota nei confronti dell‘UE-15, al

contrario l‘UE-15 è passata dal 64,9% al 78,1%.

Il numero di operazioni di investimento a campo verde con destinazione uno stato

membro sono diminuite nel 2009 del 24,2%, valore superiore a quello medio mondiale

che ha comportato una diminuzione della quota a carico dell‘Ue relativamente al totale

delle operazioni di investimento a campo verde. Il 2009 è stato tuttavia il quarto anno

consecutivo di contrazione di questa quota: dal 2006 l‘UE, nonostante l‘allargamento del

2007, ha perso 8 punti di quota.

In termini assoluti lo stato membro che ha registrato la massima contrazione di

operazioni verso il suo territorio è stata la Francia (272 operazioni di investimento a

campo verde in meno rispetto al 2008), seguita dalla Germania (254 operazioni in meno

rispetto al 2008),dalla Spagna (161 operazioni in meno rispetto al 2008), dalla Romania

(155 operazioni in meno rispetto al 2008) e dalla Polonia (148 operazioni in meno

rispetto al 2008). La Slovenia ha registrato la massima contrazione percentuale (con 11

operazioni rispetto alle 23 del 2008), mentre l‘Italia ha registrato una contrazione

percentuale in linea con quella comunitaria. Solo tre stati membri (Svezia, Regno Unito

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Informest, apile 2011 54

e Malta) hanno registrato nel 2009 un aumento delle operazioni in entrata rispetto

all‘anno precedente.

Tabella 20 - Operazioni di Investimento a Campo Verde per area/paese di destinazione

Regione / economia 2005 2006 2007 2008 2009

Mondo 10.551 12.248 12.210 16.147 13.727

Economie Sviluppate 48,7% 50,1% 51,9% 45,7% 45,5%

UE 37,6% 38,7% 38,6% 33,9% 30,2%

Italia 1,3% 1,2% 1,5% 1,4% 1,2%

Slovenia 0,2% 0,2% 0,2% 0,1% 0,1%

Altri paesi europei 0,9% 1,1% 1,5% 1,4% 1,2%

Nord America 7,5% 7,5% 8,5% 7,3% 10,7%

Altri paesi sviluppati 2,6% 2,8% 3,3% 3,2% 3,4%

PVS 42,7% 43,5% 41,7% 47,0% 48,4%

Africa 4,4% 3,6% 3,2% 5,2% 5,0%

Nord Africa 2,0% 1,6% 1,6% 2,2% 1,9%

Altri paesi africani 2,4% 2,0% 1,5% 3,0% 3,1%

America Latina e Caraibi 5,4% 4,8% 6,7% 7,1% 8,8%

Sud- America 3,5% 2,8% 3,7% 3,9% 4,9%

America Centrale 1,6% 1,7% 2,6% 2,7% 3,5%

Caraibi 0,3% 0,3% 0,3% 0,4% 0,4%

Asia 33,0% 35,1% 31,9% 34,7% 34,5%

Asia Occidentale 4,7% 5,7% 4,8% 6,8% 7,3%

Asia Mer., Or. e Sud-or. 28,2% 29,4% 27,0% 27,9% 27,2%

Oceania 0,0% 0,0% 0,0% 0,1% 0,1%

Europa Sud-orientale e CSI 8,6% 6,3% 6,4% 7,2% 6,1%

Europa Sud-orientale 1,4% 1,1% 1,3% 1,4% 1,0%

CSI 7,2% 5,2% 5,1% 5,8% 5,1%

Federazione Russa 4,9% 3,2% 3,1% 3,6% 2,9% Fonte: Elaborazione Informest su dati UNCTAD, FDI/TNC (www.unctad.org/fdistatistics)

LA dinamica divergente dell‘ultimo quinquennio in termini di attrattività degli IDE tra

UE-15 e UE-12 non è facilmente spiegabile anche perché è contro-intuitiva rispetto alla

nozione di convergenza strutturale. I dati di più lungo periodo non aiutano a

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Informest, apile 2011 55

comprendere questa dinamica divergente, come illustrano le tabelle seguenti relative

all‘Indice di Performance degli IDE in entrata ed all‘Indice del Potenziale per gli Ide in

entrata.

La discesa del valore del ranking medio per l‘Indice di Performance sul periodo 1990-

2009 è maggiore per l‘UE-15 rispetto all‘UE-12 ed oltretutto si nota dai dati annuali sul

periodo 2005-2009 che l‘andamento del ranking medio dopo il 2005 è divenuto irregolare

per l‘UE-12 a differenza di un andamento decrescente e più regolare per l‘UE-15.

Tabella 21 - Andamento del ranking medio dell‘Indice di Performance per gli IDE in

entrata (UE-15 ed UE-12)

1990 1995 2000 2005 2009

UE-15 44 61 45 51 78

UE-12 49 56 42 70 72

UE-27 46 59 44 60 75

Fonte: Elaborazione Informest su dati UNCTAD, FDI/TNC (www.unctad.org/fdistatistics)

Questo sta a significare performance piuttosto divergenti tra i nuovi stati membri12 e

performance via via meno brillanti per la maggioranza dei vecchi stati membri che tra il

2008 ed il 2008 hanno registrato una caduta del ranking medio di 15 posizioni a

differenza di un recupero del ranking medio dei nuovi stati membri di 14 posizioni.

L‘andamento del ranking medio del Potenziale per gli IDE in entrata non discrimina in

modo significativo tra i due gruppi.

Tabella 22 - Andamento del ranking medio del Potenziale per gli IDE in entrata (UE-15 ed

UE-12)

1990 1995 2000 2005 2009

UE-15 25 36 36 34 35

UE-12 27 38 33 31 34

12

Bulgaria, Repubblica Ceca ed Estonia nel 2009 sono risultate rispettivamente in seconda, 11-esima e 22-esima

posizione nella classifica di 141 paesi, mentre la Romania, la Slovacchia e la Slovenia sono risultate rispettivamente in

seconda, 115-esima, 117-esima posizione e 134-esima posizione.

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Informest, apile 2011 56

UE-27 26 37 35 33 35

Fonte: Elaborazione Informest su dati UNCTAD, FDI/TNC (www.unctad.org/fdistatistics)

4.1 L‘internazionalizzazione delle PMI europee

Le PMI europee hanno registrato una crescita straordinaria tra il 2002 ed il 2008,

passando da 18,3 a 20,8 milioni, e creando gran parte della domanda di lavoro (9,4

milioni di posti tra il 2002 ed il 2008). In questo periodo vi è stata anche una

convergenza strutturale tra vecchi e nuovi stati membri, con il numero medio di addetti

per PMI che risultava nel 2008 pari a 6,0 addetti nell‘UE-12 ed a 6,5 addetti nell‘UE-15.

Dallo scoppio della crisi finanziaria, questi sviluppi sembrano essere stati interrotti,

anche se vi sono indicazioni che, almeno nelle prime fasi della crisi, le PMI dell'UE

abbiano dimostrato di essere relativamente resistenti13.

Mentre il 2008 ha registrato una decelerazione, le stime preliminari per il 2009 indicano

uno sviluppo stagnante per quanto riguarda, ad esempio, il numero di PMI. Inoltre, le

stime per la produzione attribuibile alle PMI nel 2009 suggeriscono un calo del 5,5%

rispetto al 2008. Nel 2009, questo è accaduto soprattutto alle imprese di medie e grandi

dimensioni, mentre per piccole e micro imprese questo calo è stimato essere stato meno

pronunciato. Nel 2010, anche se la crescita della produzione dovrebbe lentamente

riprendersi, il ritardato adeguamento della forza lavoro al livello della produzione

effettiva dovrebbe tradursi in un calo significativo relativamente dell'occupazione nelle

piccole e micro imprese. Tra il 2009 ed il 2010, le PMI dell'UE-27 dovrebbero perdere un

totale di 3,25 milioni di posti di lavoro.

13 In risposta alla crisi economica, il Piano europeo di ripresa economica è stata presentato nel febbraio

2008. Questo piano ha proposto un approccio coordinato tra tutti gli Stati membri ed azioni a livello

europeo. Il piano di recupero è stato ancorato al Patto di Stabilità e alla strategia di Lisbona per la

Crescita e l‘Occupazione. Nell‘adottare lo Small Business Act (SBA) un piano d'azione SBA di misure è stato

concordato per rispondere meglio alle esigenze delle piccole e medie imprese nella crisi economica. Per

quanto riguarda i loro effetti per le PMI, le azioni di politica da parte degli Stati membri, della

Commissione europea e delle banche centrali si sono focalizzate sull'accesso ai finanziamenti,

occupazione, entrata / uscita e domanda di mercato.

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Informest, apile 2011 57

Le micro e piccole imprese sono comparativamente più presenti nei settori dell‘edilizia,

nell‘alberghiero e nella ristorazione, nei servizi alle imprese e in aree del commercio al

dettaglio e all'ingrosso e sono fortemente orientate verso il mercato al consumo interno

rispetto alle grandi imprese. I fattori di crescita nell‘attuale congiuntura sono legati alla

ripresa selettiva delle esportazioni, quindi le micro e piccole imprese sono sfavorite, da

questo punto di vista, rispetto alle medie imprese.

Tabella 23 – Previsioni sulla crescita del Valore Aggiunto Lordo al costo dei Fattori

2009 2010 2011

Micro Imprese -4,6% 0,9% 1,7%

Piccole Imprese -5,7% 0,8% 1,0%

Medie Imprese -6,4% 1,0% 2,2%

PMI -5,5% 0,9% 1,9%

Fonte : ECB/EC (2010)

Nel lungo periodo, il fattori alla base del precedente trend di crescita del numero di

imprese nell'UE, tra cui la rivoluzione di Internet, la crescita del settore dei servizi e gli

sviluppi istituzionali che favoriscono il lavoro autonomo, dovrebbero rimanere attivi nei

prossimi anni.

La ripresa del ciclo economico, soprattutto il suo ritmo, dipenderà però da come le PMI

dei singoli stati reagiranno alle difficoltà contingenti: un riscontro aggiornato proviene

dall‘Indagine periodica sull‘Accesso al Finanziamento della BCE i cui risultati per il

periodo marzo-settembre sono stati resi noti all‘inizio della terza decade di ottobre.

Tabella 24 – Il vincolo più stringente nel periodo marzo-settembre 2010

Domanda Pressione

Della Concorrenza

Accesso ai

finanziamenti

Costi di produzione o del

lavoro

Micro 31% 15% 17% 10%

Piccole 24% 15% 16% 13%

Medie 27% 18% 11% 12%

PMI 28% 15% 15% 11%

Disponibilità di

lavoratori qualidficati Questioni

Regolamentative Altro Non So /

Non disponibile

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Informest, apile 2011 58

o manager esperti

Micro 9% 7% 8% 3%

Piccole 15% 6% 8% 3%

Medie 17% 6% 8% 3%

PMI 13% 7% 8% 3% Fonte : ECB/EC (2010)

Il dato più positivo è il fatto che, rispetto alla precedente indagine, il numero di PMI che

lamentava come difficoltà principale l‘accesso al finanziamento sia passato dal 19% al

15%, tuttavia è rimasto costante il dato relativo alla domanda che continua a permanere

il primo fattore critico con un ―peso‖ sul totale delle PMI che è rimasto invariato al 28%.

Ma come influirà la crisi sulle determinati lunghe del processo di internazionalizzazione?

A tale proposito vanno citati i risultati di una indagine effettuata ad aprile 2009 su un

campione di quasi 9.700 micro, piccole e medie imprese europee pubblicata dalla

Commissione Europea nell‘anno corrente che dipingono un quadro articolato dei modi,

tempi e forme dell‘internazionalizzazione delle PMI europee.

Il dati quantitativi di sintesi più salienti sono i seguenti:

a) solo una parte ridotta tra le PMI che internazionalizzano varca i confini del

Mercato Unico (il 28% rispetto al 44%);

b) la forma più diffusa di internazionalizzazione è l‘interscambio commerciale;

c) il 25% delle PMI europee esporta ed il 13% esporta anche in paesi non-membri;

d) il 29% delle PMI europee importa ed il 14% importa anche da paesi non-membri;

e) il 7% delle PMI europee ha concluso accordi di cooperazione tecnologica con un

partner estero;

f) il 7% delle PMI europee sono sub-fornitori di un partner estero;

g) il 7% delle PMI europee hanno sub-fornitori esteri;

h) il 2% delle PMI europee ha effettuato operazioni di investimento diretto estero.

4.1.1 Caratteristiche-base delle imprese/paese

La distinzione tra micro, piccole e medie imprese acquista significato alla luce di una

delle principali conclusioni dell‘indagine, conclusione che rafforza una delle osservazioni

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Informest, apile 2011 59

di sintesi presentata nella premessa di questa analisi: le caratteristiche quantitative e

qualitative/gestionali delle imprese sembrano essere il fattore esplicativo principe della

loro capacità di internazionalizzarsi. Non è allora casuale che il grado di

internazionalizzazione, a dire la quota di imprese che internazionalizza sul totale della

propria classe di grandezza, cresce al crescere della grandezza/classe di grandezza

indipendentemente dalla modalità dell‘internazionalizzazione (interscambio,

investimenti diretti, accordi di cooperazione tecnologica o sub-fornitura). Le imprese

che nel triennio 2006-2008 hanno avuto qualche forma di attività internazionale sono

state il 43% delle micro-imprese, il 58% delle piccole imprese e bel il 73% delle medie

imprese europee per una quota relativa al totale delle PMI europee pari al 44%. Uno dei

principali fattori di competitività per una impresa che ha una chiara ricaduta in termini

di capacità di internazionalizzazione, la capacità di innovazione, dipende dalla

grandezza dell‘impresa. Infatti l‘ ammortamento dei costi fissi della Ricerca e Sviluppo

su un volume di produzione maggiore rende più agevole l‘adozione di innovazioni di

processo e prodotto. Ma la grandezza di una impresa dipende anche, secondo un

approccio recente, dalla grandezza del mercato di riferimento.

Tabella 25 – Incidenza della modalità di internazionalizzazione sul totale delle PMI

europee

Quota % di imprese interessate alla modalità di internazionalizzazione

Esportazioni 25%

Importazioni 29%

Esportazioni e Importazioni 16%

IDE, Accordo di cooperazione tecnologica, Sub-fornitura 17%

Almeno un attività internazionale 44%

Fonte: Survey 2009, Internationalization of European SMEs EIM/GDCC

Il differenziale tra micro- e medie- imprese tuttavia non è costante ma si accentua man

mano che la modalità di internazionalizzazione si fa più complessa. Infatti se per

l‘interscambio commerciale il rapporto tra quote delle micro imprese e delle imprese

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Informest, apile 2011 60

medie è circa 1: 2, tale rapporto diventa 1:3 per la cooperazione tecnologica e 1:8 per

gli Investimenti Diretti Esteri.

Tabella 26 – Quota di imprese UE per modalità di internazionalizzazione e classe di grandezza

Quota % di imprese interessate alla modalità di internazionalizzazione

Micro Piccole Medie

Esportazioni 24% 38% 53%

Importazioni 28% 39% 55%

IDE 2% 6% 16%

Accordo di cooperazione tecnologica 7% 12% 22%

Sub-fornitura 7% 11% 17%

Accordo con sub-fornitori 7% 12% 16% Fonte: Survey 2009, Internationalisation of European SMEs EIM/GDCC

Una seconda caratteristica-base delle imprese, la loro età, è correlata in modo

significativo al loro grado di internazionalizzazione nel caso delle esportazioni ed

importazioni, quindi dell‘interscambio, mentre la correlazione è nettamente più debole

per le altre forme di internazionalizzazione. L‘incidenza massima per le altre modalità

di internazionalizzazione si registra per la classe di età 5-9 anni.

Tabella 27 – Quota di imprese UE per modalità di internazionalizzazione e classe di età

0-4 anni 5-9 anni 10-24 anni 25 e più anni

Esportazioni 17% 22% 27% 29%

Importazioni 25% 25% 28% 34%

IDE 2% 4% 2% 2%

Accordo di cooperazione tecnologica 7% 8% 8% 6%

Sub-fornitura 6% 14% 8% 7%

Accordo con sub-fornitori 6% 10% 7% 7% Fonte: Survey 2009, Internationalisation of European SMEs EIM/GDCC

Un'altra conclusione dell‘analisi, in parte più scontata in quanto già evidenziata sia a

livello teorico ed empirico, è il crescere del livello di internazionalizzazione al crescere

della grandezza del paese. Il grado di apertura di un paese è infatti inversamente

proporzionale alla grandezza del mercato interno. Una PMI di una paese baltico, della

Slovenia o della Repubblica Ceca ma anche della Svezia, è più interessata e/o spinta a

cercare partner stranieri rispetto ad una PMI di un grande paese come la Germania, la

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Informest, apile 2011 61

Francia o l‘Italia. L‘appartenenza ad un‘area di confine non sembra in media correlata

ad un livello maggiore di internazionalizzazione.

4.1.2 Interscambio

Relativamente ai flussi di interscambio ―puri‖ va osservato quanto detto all‘inizio

notando che molti sistemi locali, in primis distretti e cluster strutturati, estendono a

livello internazionale la catena dell‘offerta riproducendo il meccanismo locale: le loro

operazioni avvengono tramite i flussi di mercato, non con transazioni intra-(gruppo). Ciò

Quindi flussi commerciali sono utilizzati proprio per estendere a livello internazionale la

catena dell‘offerta e questo può avvenire secondo modalità differenti, sulla base di

diversi regimi di outsourcing: integrazione verticale o orizzontale, accordi di

collaborazione o pure transazioni di mercato

Si può poi osservare che anche l‘interscambio cresce, come sottolineato dalla Tabella

28, al crescere della classe dimensionale.

Tabella 28 – Imprese che hanno esportato almeno una volta nel biennio 2006-2008 (per sub-area UE)

Si No Non sa /

non risponde

GSM 23% 77% 0%

Paesi Nordici 32% 68% 0%

Benelux 33% 66% 1%

UE centro – orientale 28% 70% 1%

UE sud – orientale 19% 81% 0%

Altri Paesi 30% 70% 0%

Totale 26% 74% 0% Legenda: Benelux: Belgio, Olanda, Lussemburgo. GSM (Grandi Stati Membri) = Germania, Francia, Italia, Regno Unito, Spagna, Polonia. UE Centro-orientale: Repubblica Ceca, Slovenia, Slovacchia, Ungheria. Fonte: Survey 2009, Internationalisation or European SMEs EIM/GDCC

Tuttavia è interessante notare che il differenziale tra le percentuali di PMI che hanno

esportato e quelle che hanno importato cambia segno a seconda dei gruppi di stati

membri considerati. Se le percentuali sono più o meno in equilibrio con uno scarto

medio negativo di un punto percentuale per i grandi stati membri, il differenziale

diventa pari a 5 punti percentuali per il Benelux e l‘UE centro-orientale e poi pari a 15

punti percentuali per l‘Europa sud-orientale.

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Informest, apile 2011 62

Totale 29 – Principali aree di Esportazione

Other

European Union

Other European countries

North Africa Russia

Middle East

North America

Italy 83% 34% 29% 14% 16% 29%

GSM 76% 28% 16% 10% 15% 19%

Paesi Nordici 83% 21% 2% 13% 6% 16%

Benelux 78% 27% 14% 9% 14% 16%

UE centro – orientale 91% 25% 0% 3% 1% 1%

UE sud – orientale 73% 17% 3% 4% 14% 10%

UE-15 76% 30% 19% 12% 17% 21%

UE-12 83% 20% 1% 7% 3% 3%

Totale 76% 27% 14% 10% 14% 17%

Other South and Central America Altri BRIC Japan

Australia/New Zealand

Other Asia

Other Africa

Italy 11% 13% 10% 10% 10% 13%

GSM 12% 9% 6% 9% 8% 11%

Paesi Nordici 4% 9% 5% 9% 12% 7%

Benelux 6% 8% 11% 7% 8% 14%

UE centro – orientale 0% 2% 0% 0% 2% 0%

UE sud – orientale 1% 2% 1% 1% 0% 1%

UE-15 12% 10% 8% 10% 9% 14%

UE-12 3% 1% 1% 0% 2% 1%

Totale 10% 9% 7% 8% 8% 11% Legenda: Benelux: Belgio, Olanda, Lussemburgo. GSM (Grandi Stati Membri) = Germania, Francia, Italia, Regno Unito, Spagna, Polonia. UE Centro-orientale: Repubblica Ceca, Slovenia, Slovacchia, Ungheria. Fonte: Survey 2009, Internationalisation or European SMEs EIM/GDCC

Per quanto riguarda la distribuzione per principali aree geografiche, si osserva

ovviamente come le PMI dell‘UE – orientale concentrino i flussi o nell‘UE o comunque

nell‘area europea, mentre flussi residui sono destinati alla Russia e nel caso di Bulgaria e

Romania anche al Medio Oriente, Nord America e Nord Africa. Molto più distribuita la

presenza dei Grandi Stati Membri, Benelux e Paesi Nordici.

Il confronto tra nuovi e vecchi stati membri fa risaltare ulteriormente questa

concentrazione della distribuzione geografica delle esportazioni, dove il rapporto tra le

quote è vicino al 1:2 solo per la Russia per poi saltare all‘ 1:6 e oltre per le altre aree.

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Informest, apile 2011 63

La presenza delle PMI europee in termini di esportazioni scende al disotto dei 10 punti

percentuali per l‘aggregato Altri BRIC (Cina, India e Brasile), gli altri paesi asiatici,

l‘Australia e la Nuova Zelanda. L‘Italia presenta una presenza dell‘export nettamente

superiore alla media europea sia nel Nord Africa che nel Nord America (in questo caso il

29% contro il 19% dei Grandi Stati Membri).

Tabella 30 – Imprese che hanno importato almeno una volta nel biennio 2006-2008 (per sub-area UE)

Si No Non sa /

non risponde

GSM 24% 76% 1%

Paesi Nordici 34% 66% 0%

Benelux 38% 62% 0%

UE centro – orientale 33% 66% 1%

UE sud – orientale 43% 57% 0%

Altri Paesi 44% 55% 1%

Totale 29% 70% 1% Legenda: Benelux: Belgio, Olanda, Lussemburgo. GSM (Grandi Stati Membri) = Germania, Francia, Italia, Regno Unito, Spagna, Polonia. UE Centro-orientale: Repubblica Ceca, Slovenia, Slovacchia, Ungheria. Fonte: Survey 2009, Internationalisation or European SMEs EIM/GDCC

Per quanto riguarda la presenza delle PMI nelle principali aree in termini di import i dati

confermano quello che è stato già sottolineato da molte analisi quantitative. A dire la

forte dispersione per l‘UE orientale dei mercati fornitori, ma anche delle aree dove vi

sono imprese in sub-appalto che lavorano per il contraente sito nei nuovi stati membri.

Interessante il peso di Cina, India e Brasile per l‘UE centro-orientale e quello dell‘Asia al

netto della Cina per l‘UE sud-orientale. Tuttavia è la comparazione con l‘UE-15 a

rivelare i differenziali di area più rilevanti: lo scarto con la Russia a favore dell‘EU-12,

quello con il Nord-America e con gli altri BRIC esclusa la Russia a favore dell‘UE-15,

differenziale che per la Cina diventa raddoppio della quota percentuale (31% contro il

15%).

Tabella 31 – Principali aree di Importazione

UE Altri paesi europei

Nord Africa

Russia Medio

Oriente Nord

America

GSM 82% 17% 5% 2% 4% 20%

Paesi Nordici

86% 18% 2% 3% 7% 25%

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Informest, apile 2011 64

Benelux 72% 15% 2% 2% 3% 22%

UE centro – orientale

92% 14% 0% 4% 1% 7%

UE sud – orientale

91% 11% 0% 5% 4% 13%

UE-15 84% 14% 4% 2% 5% 21%

UE-12 93% 13% 1% 13% 2% 12%

Totale 86% 14% 3% 2% 5% 19%

Altri paesi Centro/Sud

America Altri BRIC Giappone

Australia / N. Zelanda

Altri Paesi

Asiatici

Altri Paesi Africani

GSM 6% 15% 8% 3% 10% 5%

Paesi Nordici

2% 17% 10% 5% 10% 3%

Benelux 4% 13% 8% 3% 13% 6%

UE centro – orientale

0% 8% 1% 0% 6% 0%

UE sud – orientale

2% 6% 3% 1% 11% 0%

UE-15 5% 16% 7% 2% 9% 5%

UE-12 2% 6% 2% 1% 8% 1%

Totale 4% 14% 7% 2% 9% 4% Legenda: Benelux: Belgio, Olanda, Lussemburgo. GSM (Grandi Stati Membri) = Germania, Francia, Italia, Regno Unito, Spagna, Polonia. UE Centro-orientale: Repubblica Ceca, Slovenia, Slovacchia, Ungheria. Fonte: Survey 2009, Internationalisation or European SMEs EIM/GDC

Le altre forme di cooperazione: sub-contracting, cooperazione tecnologica, investimento estero.

Iniziando dalla forma di cooperazione più vicina all‘interscambio, il regime di sub-

appalto, il dato che si impone è che tale modalità interessa nella sua forma attiva il 7%

delle PMI e nella sua forma passiva l‘8%. In seconda battuta si può osservare che anche

in questo caso il fattore dimensionale ha un peso significativo: le micro-imprese hanno

dichiarato di avere una forma attiva/passiva di sub-appalto nella percentuale grezza

(considerate anche il non sa e la mancata risposta) del 6%/7%; le piccole imprese hanno

dichiarato di avere una forma attiva/passiva di sub-appalto nella percentuale grezza del

10%/13%; le medie imprese di avere avuto nel periodo di riferimento una forma

attiva/passiva di sub-appalto nella percentuale grezza del 15%/18%.

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Informest, apile 2011 65

Tabella 32 – L‘impresa è stata un sub-appaltatore di un impresa estera nel triennio 2006-2008

Si No Non sa / Mancata risposta

Micro 7% 92% 0%

Piccole 11% 87% 2%

Medie 17% 82% 1%

Totale 8% 92% 0% Fonte: Survey 2009, Internationalization of European SMEs EIM/GDCC

Per quanto riguarda la distribuzione geografica delle imprese sub-appaltatrici o sub-

appaltanti di PMI europee possiamo osservare che l‘intensità aumenta all‘aumentare

della classe dimensionale e aumenta anche il numero medio di aree geografiche

interessate che passa dall‘1,2 per le micro-imprese a 1,5 per le medie imprese.

Tabella 33 – Percentuale di imprese europee con sub-appalto attivo e/o passivo nel triennio 2006-2008

Proprio paese Altro Stato Membro

UE e/o EFTA Paesi extra-UE o/e

Extra-EFTA

Micro 91% 24% 9%

Piccole 85% 35% 14%

Medie 79% 49% 20%

Totale 91% 25% 10% Fonte: Survey 2009, Internationalization of European SMEs EIM/GDCC

Come si può osservare, la capacità di proiettarsi all‘esterno del mercato nazionale, sia

UE/EFTA che extra UE/EFTA raddoppia passando dalle micro alle medie imprese, mentre

il rapporto tra imprese con relazioni di sub—appalto in paesi UE/EFTA e/o paesi extra

UE/EFTA resta in pratica costante al variare della classe dimensionale.

Tabella 34 – Percentuale di imprese europee con sub-appalto attivo nel triennio 2006-2008

Si No

Non sa / Mancata risposta

GSM 6% 94% 0%

Paesi Nordici 23% 76% 1%

Benelux 11% 89% 0%

UE centro-orientale 11% 89% 1%

UE sud-orientale 11% 89% 0%

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Informest, apile 2011 66

Paesi rimanenti 6% 93% 1%

Totale 7% 92% 0%

Se si analizza la distribuzione per gruppi di paesi si possono fare le seguenti

considerazioni: la forma del sub-appalto è particolarmente utilizzata dalle PMI dei Paesi

Nordici e dell‘UE sud-orientale, mentre è poco utilizzata dalle PMI dei grandi stati

membri. Vi è un lieve scarto a favore del sub-appalto attivo rispetto a quello passivo nei

Paesi Nordici, dei Grandi Stati Membri e del Benelux, mentre per gli altri gruppi ed in

particolare l‘ UE sud-orientale il differenziale è a favore del sub-appalto passivo.

Tabella 35 - L‘impresa è stata un sub-appaltatore di una impresa estera nel periodo

2006-2008

Yes No

Don't know/ No answer

GSM 6% 94% 0%

Paesi Nordici 19% 80% 1%

Benelux 10% 90% 0%

UE centro-orientale 12% 86% 1%

Romania e Bulgaria 17% 83% 0%

Altri Paesi 10% 89% 0%

Totale 8% 92% 0% Legenda: Benelux: Belgio, Olanda, Lussemburgo. GSM (Grandi Stati Membri) = Germania, Francia, Italia, Regno Unito, Spagna, Polonia. Europa Centrale: Repubblica Ceca, Slovenia, Slovacchia, Ungheria. Fonte: Survey 2009, Internationalisation or European SMEs EIM/GDCC

Tabella 36 - Percentuale di esportazioni in regime di subcontracting (2008)

0% 1% - 25% 26% - 50% 50% - 75% 76% - 100% Non so / mancata risposta

Micro 94% 1% 0% 1% 0% 4%

Piccole 91% 3% 1% 0% 1% 5%

Medie 85% 3% 2% 0% 2% 8%

PMI 93% 1% 0% 1% 0% 4% Fonte: Survey 2009, Internationalisation or European SMEs EIM/GDCC

Tabella 37 - Percentuale costi sostenuti per acquisto input produttivi in regime di

subcontracting (2008)

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Informest, apile 2011 67

0% 1% - 25% 26% - 50% 50% - 75% 76% - 100% Non so / mancata risposta

Micro 93% 2% 1% 0% 1% 3%

Piccole 88% 3% 1% 1% 2% 5%

Medie 84% 5% 2% 1% 1% 7%

PMI 93% 2% 1% 0% 1% 3% Fonte: Survey 2009, Internationalisation or European SMEs EIM/GDCC

La cooperazione tecnologica è una forma di cooperazione praticata da una quota

modesta di PMI europee, a dire il 7%. Anche in questo caso tale percentuale aumenta in

modo considerevole se si passa dalla classe dimensionale più piccola, a dire le micro-

imprese a quella delle medie imprese: il rapporto tra imprese interessate alla

cooperazione tecnologica è di 1:3.

Tabella 38 – Percentuale di imprese europee che hanno attuato forme di cooperazioone tecnologica con imprese estere

Si No Non sa / Mancata risposta

Micro 7% 93% 0%

Piccole 12% 86% 2%

Medie 22% 76% 2%

Totale 7% 92% 1%

Fonte: Survey 2009, Internationalization of European SMEs EIM/GDCC

Per quanto riguarda I gruppi di stati membri, va osservato che l‘UE Sud-Orientale ed i

Paesi Nordici sono i gruppi che presentano le PMI più attive dal punto di vista della

cooperazione tecnologica, mentre anche Benelux ed Europa Centro-orientale presentano

valori superiori alla media europea. Il dato relativo ai grandi stati membri va letto nel

modo seguente: Germania, Francia, Regno Unito, Italia e Spagna sono rispettivamente il

primo, terzo, quarto, settimo e non paese con cui le PMI europee hanno dichiarato di

aver attuato forme di cooperazione tecnologica.

Tabella 39 - L‘impresa ha attuato forme di cooperazione tecnologica con imprese estere

Si No Non sa / Non

risponde

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Informest, apile 2011 68

GSM 6% 94% 0%

Paesi Nordici 17% 82% 0%

Benelux 13% 87% 0%

UE centro-orientale 10% 89% 1%

Romania e Bulgaria 15% 85% 0%

Altri Paesi 9% 90% 1%

Totale 7% 92% 1% Legenda: Benelux: Belgio, Olanda, Lussemburgo. GSM (Grandi Stati Membri) = Germania, Francia, Italia, Regno Unito, Spagna, Polonia. Europa Centrale: Repubblica Ceca, Slovenia, Slovacchia, Ungheria. Fonte: Survey 2009, Internationalisation or European SMEs EIM/GDCC

Relativamente alle operazioni di investimento all‘estero va innanzitutto sottolineato che

il numero di PMI che hanno effettuato operazioni di questo tipo nel periodo 2006-2008 è

molto basso, il 2%, pari a circa mezzo milione di imprese in Europa.

Questo quota percentuale registra ovviamente una forte variabilità, tanto che le quote

percentuali di micro e medie imprese è 1:8 e il rapporto tra una classe dimensionale e la

successiva è 1:3.

Tabella 40 - L‘impresa ha investito all‘estero nel periodo 2006-2008

Si No

Non sa / Non risponde

Micro 2% 98% 0%

Piccole 6% 94% 0%

Medie 16% 83% 1%

PMI 2% 98% 0% Fonte: Survey 2009, Internationalisation or European SMEs EIM/GDCC

L‘analisi per gruppi di paesi corrobora alcune delle precedent osservazioni: l‘UE-

orientale è un‘area target per gli IDE più che un‘area che a livello di PMI genera

investimenti esteri. I gruppi di paesi più attivi da questo punto di vista sono i Paesi

Nordici ed il Benelux, economie avanzate che non sono grandi paesi.

Tabella 41 - L‘impresa ha investito all‘estero nel periodo 2006-2008

Si No

Non sa / Non risponde

GSM 2% 98% 0%

Paesi Nordici 4% 96% 0%

Benelux 5% 95% 0%

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Informest, apile 2011 69

UE centro-orientale 1% 97% 1%

Romania e Bulgaria 2% 98% 0%

Altri Paesi 4% 95% 0%

Totale 2% 98% 0% Legenda: Benelux: Belgio, Olanda, Lussemburgo. GSM (Grandi Stati Membri) = Germania, Francia, Italia, Regno Unito, Spagna, Polonia. Europa Centrale: Repubblica Ceca, Slovenia, Slovacchia, Ungheria.

Fonte: Survey 2009, Internationalisation or European SMEs EIM/GDCC

La forma legale preferita è quella della filiale estera, anche se le micro-imprese,

caratterizzate da un livello molto alto di non risposta, presentano una quota per questa

forma legale nettamente inferiore alle piccole e medie imprese.

Tabella 42 - Forma legale dello stabilimento estero per classe di ampiezza

Filiale estera Ramo /

Succursale Joint venture

Non sa / non risponde

Micro 38% 21% 22% 19%

Piccole 57% 15% 23% 6%

Medie 58% 21% 14% 7%

PMI 42% 20% 22% 16% Fonte: Survey 2009, Internationalisation or European SMEs EIM/GDCC

Tabella 43 - Attività svolte nel o dallo stabilimento estero per classe di ampiezza

Ufficio di

Rappresentanza Ufficio di Vendita

Acquisizione Input

Produzione Altro Non sa /

non risponde

Micro 18% 27% 2% 26% 23% 4%

Piccole 16% 28% 3% 30% 20% 3%

Medie 12% 31% 3% 38% 16% 1%

PMI 17% 28% 2% 28% 22% 4% Fonte: Survey 2009, Internationalization or European SMEs EIM/GDCC

4.1.3 Le barriere endogene ed esogene all’internazionalizzazione

Per quanto riguarda le barriere interne, il giudizio delle PMI europee già

internazionalizzate, ponderato in base ad una scala di giudizio che va da ―non

importate‖ a ―molto importante‖ identifica come barriera principale il prezzo dei

prodotti, una variabile legata sia alla struttura dei prezzi del mercato nazionale sia al

livello di efficienza dell‘impresa, a ribadire quanto già osservato nella premessa sul

ruolo primario delle caratteristiche proprie delle imprese nel determinarne la capacità

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Informest, apile 2011 70

di internazionalizzazione14. Seconda barriera percepita è quella dei costi

dell‘internazionalizzazione, mentre in terza e quarta posizione abbiamo la qualità e le

specifiche dei prodotti, nuovamente attinenti alla dimensione

dell‘efficienza/competitività di prodotto. L‘unica barriera che presenta un differenziale

significativo in termini di classe di grandezza è la mancanza di personale con qualifiche

sufficienti che presenta soprattutto per i giudizi ―importante‖ e ―molto importante‖

valori percentuali doppi per le micro-imprese rispetto alle piccole e medie imprese.

Un dato interessante è il differenziale tra i giudizi delle imprese internazionalizzate e

quelle che hanno pianificato una strategia di internazionalizzazione, in quanto queste

seconde hanno una percezione in media del 22% più negativa rispetto alle barriere, con

una punta del 33% per la barriera linguistica e punte del 30% circa per la specificazione

dei prodotti e la qualità. Questo indica un gap informativo e di conoscenza che altera

notevolmente la percezione.

Tabella 44 - Barriere Interne all‘Internazionalizzazione per classe di ampiezza

Presenza di barriere interne

Qualità dei prodotti e/o dei

servizi dell'impresa

Prezzo dei prodotti e/o

servizi dell'impresa

Mancanza di personale con

qualifiche sufficienti

Micro 95% 19% 17% 15%

Piccole 94% 19% 19% 9%

Medie 94% 18% 18% 8%

PMI 95% 19% 17% 14%

Costi Elevati del Processo di

Internazionalizzazione

Specifiche dei prodotti o dei

servizi

Barriere Linguistiche

Altre barriere interne

all'impresa

Micro 14% 13% 13% 12%

Piccole 13% 16% 11% 9%

Medie 11% 13% 9% 8%

PMI 14% 13% 13% 11% Fonte: Survey 2009, Internationalisation or European SMEs EIM/GDCC

14

Il sub-paragrafo successivo evidenzia come l’approccio integrato al sostegno pubblico, soprattutto l’integrazione di

misure per l’innovazione e l’internazionalizzazione vuole andare incontro proprio a questo tipo di evidenza.

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Informest, apile 2011 71

Il confronto tra le principali barriere ― esogene‖ all‘internazionalizzazione per quanto

riguarda le PMI mette in evidenza alcune interessanti omogeneità e differenze se si

considera il Mercato Unico e l‘EFTA o mercati extra-comunitari e non-EFTA.

L‘omogeneità riguarda l‘importanza non primaria delle barriere tariffarie (sia sui

mercati esteri che sui mercati nazionali all‘importazione) e culturali che non superano

mai il 36% delle PMI.

Tabella 45 – Barriere all‘internazionalizzazione in paesi UE e EFTA per classe di ampiezza

La mancanza di capitale o

finanziamenti è un importante

barriera

La mancanza di adeguato

supporto pubblico è un ostacolo

rilevante

La mancanza di informazioni

adeguate è un ostacolo rilevante

Costi o gestione documentazione di trasporto è un ostacolo rilevante

Micro 55% 47% 44% 36%

Piccole 44% 44% 43% 37%

Medie 40% 40% 37% 36%

PMI 54% 47% 44% 36%

Leggi e regolamenti sui mercati stranieri sono barriere alle

importazioni

Tariffe ed altre barriere

commerciali nei mercati esteri

sono un ostacolo rilevante

Le differenze culturali sono una

barriera in rilevante

Tariffe ed altre barriere

commerciali nel mercato nazionale sono un ostacolo

rilevante

Micro 30% 26% 23% 23%

Piccole 34% 27% 21% 22%

Medie 42% 25% 23% 21%

PMI 30% 26% 23% 23%

Altre barriere sono rilevanti

Non ci sono particolari barriere

Non so / Non Risponde

Micro 20% 8% 15%

Piccole 18% 9% 14%

Medie 18% 10% 13%

PMI 20% 9% 15% Fonte: Indagine 2009, Internazionalizzazione delle PMI Europee, EIM/GDCC

Le differenze riguardano l‘ordine delle principali barriere che nel caso del Mercato Unico

e l‘EFTA sono nell‘ordine capitale e finanziamenti, supporto pubblico e infine

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Informest, apile 2011 72

informazioni. Al contrario, nel caso di mercati extra-comunitari e non-EFTA le principali

barriera all‘entrata sono, a parità di percentuale, quella di tipo informativo e la

mancanza di capitale o finanziamenti, seguite dall‘inadeguatezza del supporto pubblico

e dalla gestione della documentazione di trasporto.

L‘informazione, i costi ed i tempi di acquisizione di informazione, sono per le piccole e

medie imprese l‘ostacolo principale sui mercati extra-comunitari. Le micro-imprese

invece valutano essenzialmente nello stesso modo la scarsità di capitale ed informazioni.

Tabella 46 – Barriere all‘internazionalizzazione in paesi extra –UE per classe di ampiezza

La mancanza di informazioni

adeguate è un ostacolo rilevante

La mancanza di capitale o

finanziamenti è un importante

barriera

La mancanza di adeguato supporto

pubblico è un ostacolo rilevante

Costi o gestione documentazione di trasporto è un ostacolo rilevante

Micro 44% 45% 41% 39%

Piccole 40% 36% 38% 38%

Medie 40% 34% 36% 40%

PMI 44% 44% 40% 39%

Leggi e regolamenti sui mercati stranieri sono barriere alle

importazioni

Tariffe ed altre barriere

commerciali nei mercati esteri

sono un ostacolo rilevante

Tariffe ed altre barriere

commerciali nel mercato nazionale sono un ostacolo

rilevante

Le differenze culturali sono una

barriera in rilevante

Micro 36% 35% 29% 28%

Piccole 38% 36% 28% 25%

Medie 41% 35% 26% 27%

PMI 36% 35% 29% 28%

Sono rilevanti altre barriere

Non ci sono particolari barriere

Non so / Non Risponde

Micro 18% 14% 21%

Piccole 18% 16% 18%

Medie 17% 19% 18%

PMI 18% 14% 21% Fonte: Indagine 2009, Internazionalizzazione delle PMI Europee, EIM/GDCC

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Informest, apile 2011 73

4.1.4 I programmi di supporto: conoscenza ed utilizzo

Uno dei risultati critici dell‘indagine è il seguente: nonostante l‘aumento della pressione

anche nei mercati internazionali, molte PMI semplicemente non prendono neanche in

considerazione l‘opzione dell‘internazionalizzazione.

L‘internazionalizzazione per le micro- e piccole imprese è un‘opzione impraticabile per

mancanza di risorse umane e contatti diretti che le allertino su opportunità, partner

potenziali e mercati; inoltre vi è una barriera significativa in termini di impegno

finanziario.

Il numero di programmi nazionali e regionali è molto alto e vi sono molte pubblicazioni e

siti comunitari che forniscono una rassegna analitica ed esaustiva. Ci si limita ad

osservare che il Network Europeo per la Ricerca Economica e Sociale ha individuato oltre

180 esempi di strumenti che costituiscono altrettante potenziali buone pratiche per

l‘internazionalizzazione raggruppabili in nove aree dedicate a temi individuati come

essenziali per quanto riguarda il processo di internazionalizzazione15:

Sensibilizzazione

Informazione ad alto valore aggiunto

Programmi di sviluppo delle risorse umane

Sostenere i bisogni finanziari dell‘internazionalizzazione

Promozione delle reti di impresa

Sostenere l'internazionalizzazione dei servizi

Utilizzo dell‘internazionalizzazione per rafforzare la competitività

Supporto individualizzato

Cooperazione nelle zone di confine e transfrontaliere

Tuttavia, a dispetto di questa classificazione che riflette la crescente complessità

comportamentale ed ambientale del processo di internazionalizzazione, i programmi a

supporto dell‘internazionalizzazione rappresentano più del 70% delle misure per

l‘internazionalizzazione, nonostante il fatto che sia stata una presa di coscienza della

15 Queste buone pratiche sono raccolte nella banca dati della DG Impresa e Industria consultabile all‘indirizzo: http://ec.europa.eu/enterprise/enterprise_policy/charter/.

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Informest, apile 2011 74

crescente complessità del modo di operare delle imprese.

Circa il 9% dei programmi si focalizza ad esempio sulla rimozione delle barriere

internazionali o sul miglioramento dell‘ambiente imprenditoriale sui mercati nazionali

(R&S; fisco; ecc).

Infatti le PMI nella loro strategia di internazionalizzazione combinano diversi approcci

che si rafforzano mutuamente e questo porta a dedurre che il supporto individualizzato

è certamente la forma più efficace. Per supporto individualizzato si intende che

l'impresa è analizzata nella sua interezza e un piano individuale viene preparato

utilizzando una serie di misure di sostegno che a volte vanno anche al di là

dell‘obbiettivo dell‘internazionalizzazione. Se ad esempio si considera

l‘internazionalizzazione di un sistema economico nella sua complessità, allora sono tutti

i bisogni di un impresa ad essere considerati assieme ad aree come la responsabilità

sociale e l‘innovazione.

Infatti innovazione ed internazionalizzazione hanno entrambe un effetto casuale positivo

sulla competitività e alcuni paesi già adottano un approccio integrato delle misure

dedicate, offrendo programmi che combinano le misure per aumentare la creazione di

valore e la competitività delle imprese, in particolare delle imprese la cui principale

spinta ad internazionalizzarsi è l‘accesso all‘innovazione, alle tecnologie avanzate o al

know-how.

Tabella 47 - Conoscenza di programmi pubblici di supporto all‘internazionalizzazione utilizzabili dall‘impresa (per classe dimensionale)

Si No Non sa /

non risponde

Micro 15% 84% 0%

Piccole 20% 80% 1%

Medie 28% 71% 2%

PMI 16% 84% 0% Fonte: Survey 2009, Internationalisation or European SMEs EIM/GDCC

Il grado di consapevolezza e conoscenza dell’esistenza dei programmi per

l’internazionalizzazione risulta piuttosto basso tra le PMI europee: poco meno di un

sesto sono a conoscenza di qualche programma e questa quota supera un quarto delle

imprese medie. Il dato forse più indicativo in questa prospettiva è che solo il 17% (poco

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Informest, apile 2011 75

più di un sesto) delle PMI europee che vorrebbe internazionalizzarsi conosce programmi

pubblici di supporto.

Tabella 48 - Conoscenza di programmi pubblici di supporto all‘internazionalizzazione utilizzabili dall‘impresa

Si No

Non sa / non risponde

GSM 15% 85% 0%

Paesi Nordici 13% 87% 0%

Benelux 35% 65% 0%

Central Europe 11% 88% 0%

Romania e Bulgaria 15% 85% 0%

Altri Paesi 18% 80% 1%

Totale 16% 84% 0% Legenda: Benelux: Belgio, Olanda, Lussemburgo. GSM (Grandi Stati Membri) = Germania, Francia, Italia, Regno Unito, Spagna, Polonia. Europa Centrale: Repubblica Ceca, Slovenia, Slovacchia, Ungheria.

Fonte: Survey 2009, Internationalisation or European SMEs EIM/GDCC

La tabella relativa alla ripartizione per gruppi di paesi non fornisce elementi di conforto,

in quanto i paesi dell‘UE orientale, paesi le cui imprese dovrebbero essere più bisognose

ed al contempo più consapevoli degli strumenti e politiche comunitarie, in particolare i

paesi dell‘Europa centro-orientale, si pongono al di sotto della media Europea quanto a

conoscenza.

Tabella 49 - Utilizzo effettivo del supporto pubblico da parte delle imprese internazionalizzate sul periodo 2006-2009 (per classe dimensionale)

Supporto Finanziario Supporto non finanziario

Micro 9% 7%

Piccole 12% 9

Medie 20% 9%

Fonte: Survey 2009, Internationalisation or European SMEs EIM/GDCC

Lo scarto tra consapevolezza ed utilizzo è significativo, soprattutto per quanto riguarda

il supporto non finanziario, il cui basso utilizzo sembra oltretutto meno correlato alla

classe di grandezza; infatti se le medie imprese internazionalizzate che hanno utilizzato

supporto finanziario è circa un quinto contro un decimo delle micro-imprese

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Informest, apile 2011 76

internazionalizzate, lo scarto per il supporto non finanziario si riduce a due punti

percentuali.

Tabella 50 - Utilizzo effettivo del supporto pubblico da parte delle imprese internazionalizzate sul periodo 2006-2009 (per gruppo di paesi)

Supporto Finanziario Supporto non finanziario

GSM 8% 7%

Paesi Nordici 5% 4%

Benelux 2% 2%

UE centro-orientale 6% 1%

UE sud-orientale 4% 0%

Paesi rimanenti 16% 9%

Totale 9% 7%

Legenda: Benelux: Belgio, Olanda, Lussemburgo. GSM (Grandi Stati Membri) = Germania, Francia, Italia, Regno Unito, Spagna, Polonia. Europa Centrale: Repubblica Ceca, Slovenia, Slovacchia, Ungheria.

Fonte: Survey 2009, Internationalisation or European SMEs EIM/GDCC

Se si raffrontano i diversi gruppi di paesi membri si osserva nuovamente la propensione

delle PMI dei paesi dell‘UE centro- e sud-orientale a utilizzare gli strumenti finanziari

e/o non finanziari meno che la media delle PMI europee. Tuttavia le variazioni

all‘interno dei gruppi sono notevoli. Se il massimo e minimo utilizzo percentuale del

supporto finanziario è rappresentato da Austria (47%) e Olanda (1%), tra i Grandi Stati

Membri si va dal 14% della Germania al 3% della Polonia, mentre l‘Ue centro-orientale va

dal 9% della Slovacchia al 2% della Repubblica Ceca, con la Slovenia in 14-esima

posizione con il 4%. Ma nell‘utilizzo del supporto non finanziario il gruppo dei paesi

dell‘Ue centro-orientale registra la massima variabilità con la Slovenia primo paese

europeo con il 23% delle PMI internazionalizzate che sono state utenti nel 2009 , la

Slovacchia all‘1% ed Ungheria e Repubblica Ceca allo 0%.

A livello settoriale la conoscenza è massima per il manifatturiero (25%), seguito dal

commercio all‘ingrosso (20%), dai servizi alle imprese (17%), dall‘edilizia (17%).

L‘utilizzo del supporto finanziario supera il 10% solo nel caso dei servizi alle imprese

(17%) e del manifatturiero (13%) per poi oscillare nella fascia 0%-5%, mentre il supporto

non finanziario supera la soglia dei dieci punti percentuali solo nel caso del

manifatturiero (12%).

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Informest, apile 2011 77

Va osservato che l‘efficacia dell‘utilizzo da parte delle PMI non è altissima, soprattutto

l‘‖effetto netto‖ di internazionalizzazione è basso, in quanto l‘11% delle PMI

internazionalizzate ( 8% micro; 22% piccole; 19% medie) considera il supporto

indispensabile (―Nessuna attività internazionale senza supporto‖), mentre una quota

nettamente superiore, pari al 37% (36% micro; 38% piccole; 48% medie) considera il

supporto utile a facilitare il processo.

Tabella 51 - Effetti del Supporto Pubblico sull‘Internazionalizzazione dell‘impresa

Nessuna attività

internazionale senza supporto

Attività internazionali

anticipate

Attività internazionali

aumentate

Facilitazione Attività

internazionali

GSM 16% 21% 36% 32%

Paesi

Nordici 4% 4% 54% 42%

Benelux 6% 11% 78% 16%

UE centro-

orientale 2% 6% 8% 17%

UE sud-

orientale 42% 15% 23% 30%

Paesi

rimanenti 12% 22% 45% 58%

Totale 11% 19% 35% 37%

Migliore comprensione

possibilità mercati esteri

Altri effetti Nessun Effetto Non sa / non

risponde

GSM 39% 30% 9% 2%

Paesi

Nordici 11% 0% 1% 2%

Benelux 13% 7% 6% 0%

UE centro-

orientale 5% 0% 42% 36%

UE sud-

orientale 12% 10% 3% 1%

Paesi

rimanenti 21% 29% 3% 0%

Totale 27% 27% 7% 3%

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Informest, apile 2011 78

Legenda: Benelux: Belgio, Olanda, Lussemburgo. GSM (Grandi Stati Membri) = Germania, Francia, Italia, Regno Unito, Spagna, Polonia. Europa Centrale: Repubblica Ceca, Slovenia, Slovacchia, Ungheria.

Fonte: Survey 2009, Internationalisation or European SMEs EIM/GDCC

I dati a livello di gruppo di paesi rivelano non solo differenziali significativi, ma

situazioni di chiara inefficacia media dei programmi dal punto di vista della valutazione

ex-post. Certamente colpiscono i differenziali tra UE Centro- e Sud-Orientale: se nel

caso di Bulgaria e Romania i programmi di supporto sembrano raggiungere la massima

efficienza a livello comunitario in termini di ―effetto netto‖ d‘internazionalizzazione,

per l‘UE centro-orientale, Polonia esclusa, i programmi di supporto registrano un

effetto netto del tutto residuale (2%) e pari a meno di un quinto della pur non esaltante

media comunitaria.

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Informest, apile 2011 79

5. L’internazionalizzazione delle imprese slovene

L‘odierna struttura della distribuzione per classi di grandezza della Slovenia è simile a

quella dell‘UE, a testimoniare che anche per il più piccolo dei paesi dell‘UE orientale,

vale quanto osservato relativamente ai NSM sull‘avvenuta convergenza in termini di

distribuzione per classe di ampiezza e numero medio di addetti.

Rimane solo una piccola differenza in termini di addetti per impresa, in quanto il valore

medio risulta più basso per le grandi imprese.

Tabella 52 – Distribuzione percentuale di numero di imprese, degli occupati e del valore aggiunto per la Slovenia e l‘UE

Numero di Imprese Occupazione Valore Aggunto

Slovenia Ue Slovenia Ue Slovenia Ue

PMI 99,7% 99,8% 67,0% 67,4% 59,8% 57,9%

Grandi 0,3% 0,2% 33,0% 32,6% 40,2% 42,1% Fonte: SBA Fact Sheet, Slovenia ‗09

Unica differenza di qualche rilievo riguarda il contributo delle grandi imprese in termini

di valore aggiunto, contributo che risulta leggermente inferiore (due punti percentuali)

a quello a livello di UE-27.

Tabella 53 – Distribuzione per classe di ampiezza del numero assoluto e di alcuni indicatori economici per le imprese slovene (2008)

PMI Grandi Totale

Imprese 101.754 272 102.026

Occupati (.000) 423 209 632

Occupati / Imprese 4 767 6

Produttività * (.000 €) 27 36 30

Costo del lavoro** (.000 €) 23 25 23

Quota Investimenti+ 36 37 36 Fonte: EIM Business & Policy Research, 2010. *Valore Aggiunto al Costo dei Fattori/Numero Occupati; ** Costo Personale/Occupati; + Investimenti lordi materiali/ Valore Aggiunto al Costo dei Fattori

Relativamente alla distribuzione settoriale si nota come ci sia una forte concentrazione

delle imprese slovene nel manifatturiero, con un differenziale rilevante che riguarda sia

le grandi imprese che le PMI, a cui corrisponde un differenziale negativo della stessa

intensità (circa sette punti percentuali) per il ramo commerciale (dettaglio e ingrosso).

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Informest, apile 2011 80

Altro scostamento rilevante riguarda il ramo attività immobiliari, nolo e attività di

impresa che risulta sottorappresentato rispetto all‘UE-27.

Tabella 54 – Distribuzione settoriale per classe di ampiezza delle imprese slovene (2008)

Grandi % UE-27 %

Totale % UE-27 %

Estrattivo, minerario 2 0,7% 0,5% 135 0,1% 0,1%

Manifatturiero 161 59,2% 42,9% 18.995 18,6% 11,4%

Acqua, gas e elettricità 13 4,8% 2,3% 418 0,4% 0,2%

Edilizia 21 7,7% 6,8% 16.689 16,4% 14,4%

Commercio ingrosso e dettaglio; riparazioni

27 9,9% 15,8% 24.222 23,7% 31,5%

Alberghi e ristoranti 11 4,0% 2,3% 7.667 7,5% 8,3%

Trasporto, stoccaggio e comunicazioni 19 7,0% 9,0% 9.635 9,4% 6,0%

Attività immobiliari, nolo e attività di impresa.

18 6,6% 20,3% 24.265 23,8% 28,1%

Fonte: EIM Business & Policy Research, 2010; Elaborazione Informest.

Il processo di internazionalizzazione del sistema produttivo sloveno è iniziato nei primi

anni ‘90 ed è stato caratterizzato nella primissima fase dalla rilevanza degli investimenti

diretti in uscita rispetto alle operazioni in entrata. Il vantaggio delle precedenti

operazioni di collaborazione e cooperazione con gruppi occidentali come ex-repubblica

Jugoslava data dagli anni ‘50 ed ha avuto un peso determinante in questa capacità del

sistema produttivo sloveno di proiettarsi all‘esterno, un processo quindi che ha seguito

un ordine inverso rispetto a quello delle economie dell‘Europa centro-orientale.

Gli investimenti diretti all‘estero, oltre che a difesa della competitività, sono stati di

tipo market-seeking soprattutto nei paesi limitrofi e nello spazio economico dell‘ex -

Jugoslavia. La progressiva apertura dell‘economia slovena ai capitali esteri non ha

cancellato questo tratto distintivo e nel 2009 la Slovenia con un valore del 18,0%

risultava terza tra i gli Stati Membri dell‘UE orientale nel rapporto tra IDE in uscita

cumulati e Pil, dopo l‘Ungheria (136,7%) e l‘Estonia (34,7%), mentre per quanto riguarda

il rapporto tra IDE in entrata cumulati e Pil la Slovenia risultava con il 31,4% l‘ultimo tra

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Informest, apile 2011 81

gli Stati Membri dell‘UE orientale ed il quart‘ultimo nell‘UE-27, precedendo soltanto la

Germania (21,0%), l‘Italia (18,6%) e la Grecia (13,6%).

Infatti se si considera l‘Indice di Performance per gli IDE in uscita ed in entrata

dell‘Unctad, si osserva nella seguente tabella l‘andamento tra il 2000 ed il 2008

relativamente alla posizione della Slovenia nella graduatoria relativa a 141 paesi.

Tabella 55 – Andamento della posizione nel ranking dell‘Indice di Performance per gli IDE in uscita

2000-2002 2003-2005 2006-2008

Slovenia 48 32 31

Fonte: Unctad WIR, varie annate.

La Slovenia evidenzia un guadagno di 17 posizioni relative per quanto riguarda il ranking

dell‘Indice di gli IDE in uscita ed una perdita di posizioni doppia (35) per quanto riguarda

il ranking dell‘Indice di Performance per gli IDE in entrata.

Tabella 56 – Andamento della posizione nel ranking dell‘Indice di Performance per gli IDE in entrata

2000-2002 2003-2005 2006-2008

Slovenia 59 95 94

Fonte: Unctad WIR, varie annate.

Il processo di internazionalizzazione in un sistema economico particolarmente vitale

come quello sloveno, è proseguito anche durante la crisi nonostante tutti gli indicatori

abbiano evidenziato una netta flessione nel biennio 2008-2009.

Infatti la Banca di Slovenia evidenzia come gli IDE in uscita siano passati da 1.316 milioni

di € del 2007 a 932 milioni di € del 2008 ed infine a 624 milioni di € nel 2009. Le prime

23 imprese multinazionali slovene rappresentano circa 80% dello stock di IDE in uscita.

Le grandi imprese multinazionali slovene, ovviamente non sono comparabili in termini di

volumi di attività ed occupati all‘estero alle grandi multinazionali dei vecchi stati

membri presenti nella top-100 mondiale: solo 7 tra le prime 23 (vedi la Tabella 56)

hanno più di 2.000 occupati all‘estero e hanno più di 300 milioni di euro in attività

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Informest, apile 2011 82

all‘estero, mentre 4 ne impiegano meno di 500 all‘estero. Tra il 2007 ed il 2008 le

attività estere sono cresciute del 30,8% raggiungendo i 4.480 milioni di euro mentre le

vendite estere sono aumentate del 17,7% superando i 7 miliardi di euro.

Tabella 57 – Distribuzione per classe di ampiezza del numero assoluto e di alcuni indicatori economici per le imprese slovene (2008).

micro piccole medie PMI Grandi

Imprese (.000) 95 6 1 102 272

Occupati (.000) 179 111 134 424 209

Imprese/Occupati 2 19 104 4 767

Produttività * (.000 €)

21 31 30 27 36

Costo del lavoro** (.000 €)

23 24 23 23 25

Quota Investimenti+ 42 30 34 36 37

Fonte: EIM Business & Policy Research, 2010. *Valore Aggiunto al Costo dei Fattori/Numero Occupati; ** Costo Personale/Occupati; + Investimenti lordi materiali/ Valore Aggiunto al Costo dei Fattori

Le imprese multinazionali slovene hanno reagito positivamente alla crisi. La dimensione

non sembra solo un fattore di vulnerabilità, in quanto si è tradotta in una capacità di

pronta reazione, attraverso il cost-cutting e l‘aumento dell‘l'attività di vendita. La

promozione delle vendite ha compreso, in particolare, il focus sui principali clienti,

rafforzare le relazioni con i partner commerciali principali e la razionalizzazione del

portafoglio prodotti.

L‘internazionalizzazione è rimasta tuttavia la priorità strategica. Oltre alla maggiore

enfasi data alla promozione delle vendite da parte della rete degli affiliati, l'altra

risposta alla crisi è stata la difesa e/o l‘aumento della diversificazione dei mercati.

L’entrata in nuovi e più lontani mercati è in aumento anche tra le medie e piccole

imprese slovene. L‘espansione nelle aree dei BRIC è dimostrata dal numero delle filiali

e uffici di rappresentanza aperti nel 2007/2008 con sede in questi paesi. Tuttavia questa

tendenza recente non è sufficiente a modificare il carattere regionale delle

multinazionali slovene.

Infatti il 77% delle 331 filiali estere sono concentrate in Europa e 10 tra le prime 23

imprese multinazionali sono esclusivamente presenti sul territorio europeo. I Balcani

Occidentali sono sicuramente l‘area extra europea di più forte presenza, seguita dalla

CSI (Russia) e dal Nord America, quindi dall‘Asia e dalla Cina.

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Informest, apile 2011 83

Se invece si analizza la distribuzione per macro-settori dalla Tabella 58, relativa alle

TOP-23 dell‘edizione 2009 dell‘indagine condotta dal Centro per le Relazioni

Internazionali dell‘Università di Ljubljana e del Vale Columbia Center sull‘Investimento

Internazionale Sostenibile della Columbia University di New York, si evince che il

manifatturiero è il principale macro settore che vede attive 15 delle prime 23

multinazionali e rappresenta il 49% degli asset esteri, concentrate in particolare

nell‘alimentare, nel chimico e farmaceutico, nel meccanico ed elettronico). Seguono

nettamente distanziati il commercio con 3 multinazionali rappresentanti il 32% degli

asset esteri e la produzione di energia (elettricità) con il 15% degli asset esteri.

Va tuttavia osservato che la crisi ha operato una selezione in termini di capacità di

proiezione all‘estero, in quanto la Tabella 58 conferma solo due terzi delle imprese

presenti nell‘edizione 2008 dell‘indagine.

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Informest, apile 2011 84

Tabella 58 – TOP 23 Multinazionali Slovene

Fonte: CIR-VCC (2009), elaborazione Informest

Corporation

Settore

Asset Vendite Addetti

Estero Totale Estero Totale Estero Totale TNI (%)

Mercator Commercio al dettaglio 2.540 1.012 3.111 1.192 21.636 8.497 39

Gorenje Beni di consumo durevoli, Elettricità 1.258 668 1.331 1.057 11.323 2.804 52

Krka Farmaceutico 1.271 613 950 845 7.602 3.543 61

Petrol Petrolifero (distribuzione) 1.209 447 2.950 594 3.536 955 28

Merkur Commercio al dettaglio 1.158 328 1.267 369 5.102 1.358 28

Splosna plovba Trasporto marittimo 319 313 214 214 770 696 96

Droga Kolinska* Alimentari, bev, e tabacco 481 301 378 291 2.953 2.257 72

ACH Commercio beni durevoli 556 161 735 400 2.857 525 34

Helios Chimico 377 144 354 285 3.075 1.590 57

Perutnina Ptuj Allevamento, Commercio 326 91 233 44 3.158 1.636 33

Unior Utensileria 544 67 299 238 4.023 737 37

Impol Metallurgico 308 57 446 393 1.759 727 49

Trimo Materiali e strutture per l‘edilizia 165 49 213 158 1.222 675 53

HIT Servizi Turistici 398 46 233 33 2.870 436 14

Kolektor Group Meccanica 198 42 241 155 2.395 644 37

Hidria Meccanica 233 30 215 188 2.511 283 34

Kovintrade Metallurgico e prodotti in metallo 135 29 238 146 369 177 44

Jub Vernici 69 22 83 63 455 205 51

Alpina Prodotti di consumo 76 18 60 44 1.680 1.026 53

Gen-1 Energia Elettrica (distribuzione) 89 17 378 57 49 7 16

HSE Energia Elettrica (prod., distr) 1.748 15 873 247 3.897 2 10

Valkarton Imballaggi 64 11 64 14 965 305 24

Iskra Attrezzature Elettriche ed Elettroniche 54 - 120 63 1.910 40 18

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Ministero dell'Economia e delle Finanze

5.1 L‘Internazionalizzazione delle PMI slovene

Prima di analizzare alcune caratteristiche proprie del processo di

internazionalizzazione si riportano alcune informazioni di tendenza relative al settore

delle PMI nel suo insieme ed in comparazione all‘UE-27.

Tra il 2002 ed il 2008 il numero di PMI è cresciuto del 17%, registrando una dinamica

più sostenuta di quella comunitaria, grazie soprattutto al contributo delle micro-

imprese. L‘occupazione nelle PMI è cresciuta sempre ne periodo 2002-2008 del 14%

(12% nell‘UE-27). Tuttavia a livello di crescita della produzione in valore, meglio di

Valore aggiunto, il settore sloveno delle PMI mostra una crescita doppia rispetto a

quella media comunitaria, a dire il 58% contro il 27%.

Il settore delle PMI in Slovenia ha una struttura distributiva simile alla media dell'UE:

le quote delle microimprese, delle piccole e delle medie imprese, sono piuttosto

simili alla media europea, con uno scostamento che supera (di poco) il punto

percentuale solo nel caso delle piccole imprese.

Il contributo delle PMI slovene all‘economia nazionale, misurato in termini di valore

aggiunto, è leggermente superiore rispetto alla media UE-27 (60% vs il 58% nell‘UE-

27).

Il contributo delle micro imprese slovene in termini occupazionali è pari al 28% ed è

leggermente inferiore rispetto alla media europea (30%) mentre aumenta il

differenziale per quanto riguarda le piccole raggiungendo i tre punti percentuali.

Tabella 59 – Distribuzione percentuale di numero di PMI, degli occupati e del valore aggiunto per la Slovenia e l‘UE

Numero di Imprese Occupazione Valore Aggunto

Slovenia Ue Slovenia Ue Slovenia Ue

Micro 92,7% 91,8% 28,2% 29,7% 19,9% 21,0%

Piccole 5,7% 6,9% 17,7% 20,7% 18,6% 18,9%

Medie 1,3% 1,1% 21,1% 17,0% 21,3% 18,0% Fonte: SBA Fact Sheet, Slovenia ‗09

Tuttavia le medie imprese slovene contribuiscono maggiormente rispetto alla media

UE. Queste tendenze divergenti si annullano a vicenda e il contributo totale del

settore delle PMI totale al lavoro (67%) è in Slovenia pari all'UE in media (67,4%).

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Informest, apile 2011 86

Tabella 60 – Distribuzione per classe di ampiezza del numero assoluto e di alcuni indicatori economici per le PMI slovene (2008)

micro piccole medie PMI

Imprese 94.696 5.773 1.285 101.174

Occupati (.000) 179 111 134 424

Imprese/Occupati 2 19 104 4

Produttività * (.000 €)

21 31 30 27

Costo del lavoro** (.000 €)

23 24 23 23

Quota Investimenti+ 42 30 34 36

Fonte: EIM Business & Policy Research, 2010. *Valore Aggiunto al Costo dei Fattori/Numero Occupati; ** Costo Personale/Occupati; + Investimenti lordi materiali/ Valore Aggiunto al Costo dei Fattori

Tabella 61 – Distribuzione settoriale per classe di ampiezza delle PMI slovene (2008)

micro piccole medie PMI

Estrattivo, minerario 105 23 5 133

Manifatturiero 16.555 1.663 616 18.834

Acqua, gas e elettricità 330 36 39 405

Edilizia 15.488 1.014 166 16.668

Commercio ingrosso e dettaglio; riparazioni

22.646 1.338 211 24.195

Alberghi e ristoranti 7.177 428 51 7.656

Trasporto, stoccaggio e comunicazioni

9.142 400 74 9.616

Attività immobiliari, nolo e attività di impresa.

23.253 871 123 24.247

Fonte: EIM Business & Policy Research, 2010.

Se si considerano una serie di indicatori legati all‘attuazione dello Small Business Act,

si osserva che per quanto riguarda l‘area dell‘internazionalizzazione la performance

del settore delle PMI è in linea con la media UE. Tale performance è tuttavia la

risultante di andamenti discordanti. Ad esempio, la propensione

all‘internazionalizzazione risulta superiore alla media Europea (il 50% delle PMI

slovene importa contro una media UE del 40%; il 35% esporta contro il 27% a livello

comunitario e il 4,6% investe all'estero contro una media Ue del 3,7%) ma al contempo

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Informest, apile 2011 87

in Slovenia ci vuole un tempo doppio per le procedure di esportazione (20 giorni) o di

importazioni (21 giorni) rispetto a quello medio dell'UE (11 e 14 giorni

rispettivamente).

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Informest, apile 2011 88

6. L’internazionalizzazione delle imprese italiane

Prima di analizzare alcune caratteristiche proprie del processo di

internazionalizzazione è utile riportare alcune informazioni di tendenza relative al

settore nel suo insieme ed in comparazione all‘UE-27.

In termini di struttura generale va osservato che la percentuale di PMI e di grandi

imprese sul numero totale di imprese è eguale alla media UE a meno di uno scarto di

un decimo di punto percentuale. Tuttavia è il mercato del lavoro che fa emergere la

nota caratteristica italiana: il contributo delle PMI all‘occupazione in Italia è pari

all‘81% ed è significativamente superiore a quello medio dell‘intera Unione europea,

superiore di poco al 67%. All‘opposto il contributo in termini occupazionali delle

grandi imprese è circa la metà di quello medio europeo.

Tabella 62 – Distribuzione percentuale di numero di imprese, degli occupati e del valore aggiunto per la Slovenia e l‘UE

Numero di Imprese Occupazione Valore Aggiunto

Italia Ue Italia Ue Italia Ue

PMI 99,9% 99,8% 82,2% 67,4% 62,6% 57,9%

Grandi 0,1% 0,2% 17,8% 32,6% 37,4% 42,1% Fonte: SBA Fact Sheet, Italia ‗09

Uno scarto dello stesso segno, anche se nettamente più contenuto in termini di punti

percentuali, si ritrova a livello di creazione del Valore Aggiunto. Va osservato tuttavia

che lo scarto raggiunge i 5 punti percentuali per quanto riguarda il peso delle grandi

imprese italiane nella creazione di valore.

Tabella 63 – Distribuzione per classe di ampiezza del numero assoluto e di alcuni indicatori economici per le imprese italiane (2008)

PMI Grandi

Imprese (.000) 3.941 3

Occupati (.000) 12.579 2.961

Imprese/Occupati 3 956

Produttività * (.000 €)

38 64

Costo del lavoro** (.000 €)

31 41

Quota Investimenti+ 16 22 Fonte: EIM Business & Policy Research, 2010. *Valore Aggiunto al Costo dei Fattori/Numero Occupati; ** Costo Personale/Occupati; + Investimenti lordi materiali/ Valore Aggiunto al Costo dei Fattori

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Informest, apile 2011 89

Tabella 64 – Distribuzione settoriale per classe di ampiezza delle imprese italiane (2008)

PMI Grandi Totale

Estrattivo, minerario 3.319 3 3.322

Manifatturiero 520.850 1.422 522.272

Acqua, gas e elettricità 2.726 64 2.790

Edilizia 618.196 87 618.283

Commercio ingrosso e dettaglio; riparazioni 1.259.237 412 1.259.649

Alberghi e ristoranti 276.420 108 276.528

Trasporto, stoccaggio e comunicazioni 159.539 354 159.893

Attività immobiliari, nolo e attività di impresa. 1.100.506 646 1.101.152

Fonte: EIM Business & Policy Research, 2010.

La piccola dimensione delle imprese è uno degli aspetti strutturali del sistema

dell‘offerta italiana tradizionalmente considerato come causa di una serie di gap

assieme alla mancanza d‘innovazione e alla specializzazione in settori maturi a bassa

crescita. Secondo l‘opinione prevalente, il lato dell‘offerta dell‘economia italiana non

è in linea con le altre economie sviluppate, dove le grandi imprese giocano come

innovatori nei nuovi settori emergenti. Di conseguenza dal lato dell‘offerta l‘Italia

risulta poco internazionalizzata, come è infatti riflesso dalle cifre sugli IDE sia in

uscita che in entrata.

Questa valutazione tuttavia non tiene in dovuta conto il limite delle rilevazioni da

dogane e/o bilancia dei pagamenti. Infatti i clusters ed i distretti aprono la propria

rete di produzione a livello internazionale utilizzando lo stesso modello usato per

l‘organizzazione locale della produzione: i rapporti con i subappaltatori hanno luogo

attraverso il mercato, non attraverso la proprietà diretta degli impianti (IDE).

L‘organizzazione della produzione viene cioè realizzata attraverso transazioni di

mercato.

Il sistema locale estende a livello internazionale la catena dell‘offerta riproducendo

lo stesso meccanismo: le sue operazioni avvengono tramite i flussi di mercato, non

con transazioni intra-impresa (gruppo), cioè IDE. Ciò significa che i flussi commerciali

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Informest, apile 2011 90

sono utilizzati proprio per estendere a livello internazionale la catena dell‘offerta e

questo è fatto più agevolmente da gruppi di imprese che da singole imprese.

Il processo può avvenire secondo modalità differenti, sulla base di diversi regimi di

outsourcing: integrazione verticale o orizzontale, accordi di collaborazione o pure

transazioni di mercato.

Tabella 65 - Distribuzione settoriale imprese estere partecipate da imprese italiane

Imprese estere partecipate da imprese italiane, per settore di attività

Imprese estere partecipate da imprese italiane

1.1.2002 1.1.2005 1.1.2008

Industria estrattiva 1,2% 1,1% 1,0%

Industria manifatturiera 29,4% 29,2% 28,0%

Alimentari, bevande e tabacco 3,3% 2,7% 2,3%

Tessili e maglieria 2,1% 2,2% 2,0%

Abbigliamento 1,7% 1,7% 1,5%

Pelli, cuoio, calzature e pelletteria 1,3% 1,3% 1,3%

Legno e prodotti in legno 0,8% 0,8% 0,8%

Carta, derivati, stampa e editoria 1,9% 1,9% 1,7%

Derivati del petrolio e altri combustibili 0,2% 0,2% 0,2%

Prodotti chim.e farmac., fibre sint. e artif.

1,9% 2,0% 2,0%

Articoli in gomma e materie plastiche 1,8% 1,9% 1,9%

Materiali per l'edilizia, vetro e ceramica 2,0% 2,2% 2,2%

Metalli e prodotti derivati 3,2% 3,2% 3,1%

Macchine e apparecchi meccanici 3,8% 3,9% 3,8%

Macchine e apparecc. elettriche e ottiche 2,8% 2,9% 2,8%

Autoveicoli 1,3% 1,2% 1,2%

Altri mezzi di trasporto 0,2% 0,2% 0,3%

Mobili e altre industrie manifatturiere 0,9% 1,0% 1,1%

Energia, gas e acqua 1,7% 1,8% 3,7%

Costruzioni 4,9% 5,1% 4,8%

Commercio all'ingrosso 49,3% 49,5% 48,9%

Logistica e trasporti 5,7% 5,8% 6,1%

Servizi di telecomunicazione e di inform. 2,8% 2,5% 2,6%

Altri servizi professionali 4,9% 4,9% 4,9%

Totale 18.366 20.090 22.444 Fonte: Elaborazione Informest su dati Banca dati Reprint, Politecnico di Milano - ICE

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Informest, apile 2011 91

Tabella 66 - Distribuzione settoriale degli addetti delle imprese estere partecipate da

imprese italiane

Imprese estere partecipate da imprese italiane, per settore di attività

Addetti delle imprese estere partecipate da imprese italiane

1.1.2002 1.1.2005 1.1.2008

Industria estrattiva 0,9% 1,1% 1,1%

Industria manifatturiera 71,3% 71,2% 66,4%

Alimentari, bevande e tabacco 10,4% 7,1% 5,7%

Tessili e maglieria 3,6% 4,4% 4,2%

Abbigliamento 4,3% 4,6% 3,7%

Pelli, cuoio, calzature e pelletteria 2,4% 2,7% 2,6%

Legno e prodotti in legno 1,1% 1,2% 1,1%

Carta, derivati, stampa e editoria 3,8% 3,3% 2,7%

Derivati del petrolio e altri combustibili 1,2% 1,0% 0,8%

Prodotti chim e farm., fibre sint. e artif. 2,6% 2,8% 2,8%

Articoli in gomma e materie plastiche 3,2% 3,9% 3,8%

Materiali per l'edilizia, vetro e ceramica 4,0% 4,5% 5,0%

Metalli e prodotti derivati 6,7% 6,7% 5,9%

Macchine e apparecchi meccanici 9,0% 8,2% 7,9%

Macchine e apparecc- elettriche e ott. 9,6% 10,3% 9,5%

Autoveicoli 7,4% 7,7% 7,6%

Altri mezzi di trasporto 1,0% 1,3% 1,6%

Mobili e altre industrie manifatturiere 1,0% 1,4% 1,5%

Energia, gas e acqua 0,7% 0,8% 4,5%

Costruzioni 3,2% 4,0% 3,5%

Commercio all'ingrosso 10,8% 12,1% 12,3%

Logistica e trasporti 1,6% 1,9% 2,4%

Servizi di telecomunicazione e di inform. 7,0% 3,9% 3,8%

Altri servizi professionali 4,6% 5,1% 6,0%

Totale 1.258.046 1.217.453 1.297.866 Fonte: Elaborazione Informest su dati Banca dati Reprint, Politecnico di Milano - ICE

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Informest, apile 2011 92

Tabella 67 - Distribuzione settoriale del fatturato estere partecipate da imprese

italiane

Imprese estere partecipate da imprese italiane, per settore di attività

Fatturato delle imprese estere partecipate da imprese italiane

(mio €)

1.1.2002 1.1.2005 1.1.2008

Industria estrattiva 4,9% 5,5% 7,4%

Industria manifatturiera 54,0% 52,5% 45,3%

Alimentari, bevande e tabacco 8,1% 4,6% 3,3%

Tessili e maglieria 1,1% 1,2% 1,0%

Abbigliamento 1,4% 1,7% 1,0%

Pelli, cuoio, calzature e pelletteria 0,4% 0,4% 0,3%

Legno e prodotti in legno 0,3% 0,3% 0,3%

Carta, derivati, stampa e editoria 3,8% 3,4% 2,7%

Derivati del petrolio e altri combustibili 4,2% 3,5% 3,5%

Prodotti chimici e farmac., fibre sint. e artif. 2,5% 2,8% 2,4%

Articoli in gomma e materie plastiche 1,8% 2,3% 2,0%

Materiali per l'edilizia, vetro e ceramica 3,1% 3,5% 3,4%

Metalli e prodotti derivati 5,4% 4,8% 4,3%

Macchine e apparecchi meccanici 7,0% 7,6% 6,6%

Macchine e apparecchiature elettriche e ott. 5,9% 6,0% 4,4%

Autoveicoli 6,4% 7,4% 7,2%

Altri mezzi di trasporto 2,1% 2,4% 2,1%

Mobili e altre industrie manifatturiere 0,6% 0,6% 0,5%

Energia, gas e acqua 0,9% 1,6% 9,2%

Costruzioni 1,2% 2,2% 1,8%

Commercio all'ingrosso 25,7% 29,4% 27,8%

Logistica e trasporti 2,4% 2,9% 3,0%

Servizi di telecomunicazione e di informatica 8,4% 3,2% 3,1%

Altri servizi professionali 2,5% 2,7% 2,3%

Totale 308.381 316.156 431.975 Fonte: Elaborazione Informest su dati Banca dati Reprint, Politecnico di Milano - ICE

Per quanto riguarda la cosiddetta internazionalizzazione ―in entrata‖ i due indici

sviluppati dall‘Unctad, a dire l‘Indice di Performance per gli IDE in entrata16 e l‘Indice

16 L‘indice di Performance per gli IDE in entrata classifica i paesi in base agli IDE ricevuti rispetto alla loro dimensione economica. E 'il rapporto tra la quota del paese dei flussi mondiali di IDE e la quota del PIL mondiale, quindi un rapporto di rapporti. Un valore maggiore di uno indica che il paese riceve più investimenti esteri diretti rispetto alla sua dimensione economica relativa, un valore negativo significa che gli investitori stranieri stanno disinvestendo in quel periodo). L'indice coglie così l'influenza sulla IDE di fattori diversi rispetto alla dimensione del mercato, assumendo che, a parità di condizioni, la dimensione è il "fattore base" per attrarre investimenti. Gli altri fattori vanno dal clima economico, alla stabilità economica e politica, alla presenza di risorse naturali, elle infrastrutture, competenze e tecnologie, alle opportunità di partecipazione nelle privatizzazioni o all'efficacia della promozione degli IDE.

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Informest, apile 2011 93

del Potenziale per gli IDE in entrata17, mostrano nell‘ultimo triennio il seguente

andamento dell‘Italia relativamente alla posizione nella graduatoria relativa a 141

paesi.

Tabella 69 – Andamento Indice del Performance per gli IDE in entrata

2000-2002 2003-2005 2006-2008

Italia 100 112 107

Fonte: Unctad WIR, varie annate.

La performance, cioè l‘attrazione effettiva di IDE, è molto al disotto del potenziale

del paese, andato comunque peggiorando di cinque posizioni tra il 2000 ed il 2008.

Tabella 70 – Andamento Indice di Potenziale per gli IDE in entrata

2000-2002 2003-2005 2006-2008

Italia 26 29 31

Fonte: Unctad WIR, varie annate.

17 L'indice del Potenziale per gli IDE in entrata cattura diversi fattori (a parte le dimensioni del mercato) che dovrebbero rendere un'economia attraente per gli investitori stranieri. Si tratta di una media semplice dei valori di 12 variabili: PIL pro capite, tasso di crescita del PIL negli ultimi 10 anni, quota delle esportazioni sul PIL, numero medio di linee telefoniche per 1000 abitanti e telefoni cellulari per 1.000 abitanti, consumo di energia commerciale pro capite, percentuale di spesa per R & S rispetto al PIL, quota di studenti universitari sulla popolazione, rischio paese (indicatore composito calcolato in modo che valori alti indichino un rischio minore), quota delle esportazioni mondiali di risorse naturali, quota delle importazioni mondiali di parti e componenti per automobili e prodotti elettronici, quota delle esportazioni mondiali di servizi, quota dello stock mondiale di IDE in entrata.

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Informest, apile 2011 94

6.1 L‘internazionalizzazione delle PMI italiane

Prima di analizzare alcune caratteristiche proprie del processo di

internazionalizzazione delle piccole e medie imprese italiane si riportano alcune

informazioni di tendenza relative al settore delle PMI nel suo insieme ed in

comparazione all‘UE-27.

Tra il 2002 ed il 2008 il numero di PMI italiane è cresciuto del 6%, registrando una

dinamica molto più contenuta di quella comunitaria (13%) e slovena (17%), grazie

soprattutto al contributo delle piccole e medie imprese. L‘occupazione nelle PMI è

cresciuta complessivamente nel periodo 2002-2008 del 9%, tasso di crescita inferiore a

quello della media UE-27 (12%) e a quello sloveno (14%). Meno negativo il risultato in

termini di Valore aggiunto, dove il settore italiano delle PMI ha registrato una crescita

il linea con la media comunitaria, a dire il 26% contro il 27% (58% il tasso specifico

sloveno).

Un dato strutturale rilevante, soprattutto se comparato a quello sloveno che risulta

in linea con quello comunitario, è dato dalla sovra rappresentazione delle micro-

imprese rispetto alla media europea che viene compensata dal peso delle piccole

imprese che risulta dimezzato rispetto a quello comunitario, mentre il dato per le

medie imprese risulta anche esso basso.

Tabella 72 – Distribuzione percentuale di numero di PMI, degli occupati e del valore aggiunto per l‘Italia e l‘UE

Numero di Imprese Occupazione Valore Aggunto

Italia Ue Italia Ue Italia Ue

Micro 96,1% 91,8% 47,6% 29,7% 29,3% 21,0%

Piccole 3,2% 6,9% 17,3% 20,7% 18,7% 18,9%

Medie 0,7% 1,1% 17,4% 17,0% 14,6% 18,0% Fonte: SBA Fact Sheet, Italia ‗09

Tale caratteristica si amplifica a livello occupazionale. Infatti il peso delle PMI risulta

superiore di quasi quindici punti percentuali rispetto alla media europea, mentre il

dato sloveno risulta in linea. Va inoltre osservato che sono le sotto-categorie ad

evidenziare uno scostamento anche più significativo: in particolare sono le micro-

imprese a concentrare il 49,6% dell‘occupazione contro una media europea del 27,7%.

Le piccole imprese risultano invece assorbire una quota di occupazione inferiore di tre

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Informest, apile 2011 95

punti percentuali alla media comunitaria, mentre le imprese di medie dimensioni

risultano in linea.

Tabella 73 – Distribuzione per classe di ampiezza del numero assoluto e di alcuni indicatori economici per le PMI italiane (2008)

micro piccole medie

Imprese (.000) 3.731 189 20

Occupati (.000) 7.292 3.352 1.935

Imprese/Occupati 2 18 96

Produttività * (.000 €)

30 46 56

Costo del lavoro** (.000 €)

28 31 38

Quota Investimenti+ 15 15 19 Fonte: EIM Business & Policy Research, 2010. *Valore Aggiunto al Costo dei Fattori/Numero Occupati; ** Costo Personale/Occupati; + Investimenti lordi materiali/ Valore Aggiunto al Costo dei Fattori

Tabella 74 – Distribuzione settoriale per classe di ampiezza delle PMI italiane (2008)

micro piccole medie PMI

Estrattivo, minerario 2.392 873 54 3.319

Manifatturiero 432.906 77.574 10.370 520.850

Acqua, gas e elettricità 2.179 390 157 2.726

Edilizia 586.200 30.472 1.524 618.196

Commercio ingrosso e dettaglio; riparazioni 1.221.999 34.535 2.703 1.259.237

Alberghi e ristoranti 260.844 14.876 700 276.420

Trasporto, stoccaggio e comunicazioni 146.830 11.005 1.704 159.539

Attività immobiliari, nolo e attività di impresa. 1.077.998 19.569 2.939 1.100.506

Fonte: EIM Business & Policy Research, 2010.

Per quanto concerne l‘internazionalizzazione delle micro, piccole e medie imprese

italiane, indagine 2009 sull‘internazionalizzazione delle imprese europee ha prodotto

le seguenti informazioni.

Relativamente alla propensione all‘internazionalizzazione, i dati relativi alle PMI

presentano per l‘Italia una situazione nota. La forte propensione

all‘internazionalizzazione si ―esaurisce‖ nella fase dell‘interscambio. Questo spiega

probabilmente in valore molto basso rispetto alla media UE-27 riportato nell‘indagine

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Informest, apile 2011 96

annuale relativa al Small Business Act. Le PMI italiane infatti che hanno esportato nel

triennio 2006-2008 sono circa il 27,5%, valore superiore alla media UE che è del 25%.

Per le importazioni il confronto con la media UE dà un risultato opposto, con un

valore per le PMI italiane del 22% (il valore della quota italiano è il quart‘ultimo

rispetto ai 27 paesi membri) circa contro una media europea del 29%: quindi le PMI

Italiane dimostrano una propensione ad internazionalizzarsi attraverso le esportazioni

nettamente superiore all‘esternalizzazione mediante le importazioni.

Questo indicativo dato di vantaggio comparato viene più che controbilanciato dalla

percentuale, la minima a livello europeo, delle PMI che si internazionalizzano

utilizzando almeno una delle altre modalità, cioè IDE, accordi di cooperazione tecnica

e subfornitura sia attiva che passiva. Il valore percentuale per l‘Italia è del 7,5% circa,

il valore più basso in assoluto e staccato anche dalla penultima posizione, quella della

Spagna, con un valore vicino al 13%.

Ne risulta quindi che come quota complessiva delle PMI internazionalizzate in una o

più delle 6 modalità considerate, l‘Italia occupa la quart‘ultima posizione con un

valore del 39% circa. Questo risultato va considerato come indicazione di un

disequilibrio qualitativo rispetto alla tipologia di internazionalizzazione delle PMI che

riflette quello più noto della ―forbice‖ tra interscambio ed IDE, forbice che vede

l‘Italia spesso tra i primi partner commerciali ma con una scarsa presenza in termini

di investimenti sul territorio del paese in questione. La quart‘ultima posizione invece

non va letta in termini assoluti ma si deve considerare che in ultima, penultima e

terzultima posizione si trovano rispettivamente Germania, Francia ed Austria e che

alla quint‘ultima e sestultima posizione si trovano Inghilterra e Spagna. Tutti i grandi

paesi europei si trovano quindi compresi nel gruppo di coda in quanto il livello di

internazionalizzione delle PMI, come il grado di apertura (rapporto tra interscambio e

Pil) è una funzione inversamente proporzionale della grandezza del Paese. Infatti ai

primi sei posti troviamo, iniziando dal sesto; Bulgaria. Lussemburgo, Cipro, Estonia;

Grecia; Malta.

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Informest, apile 2011 97

6.1.1 Programmi di supporto

La conoscenza da parte delle PMI e/o l‘uso dei programmi pubblici nazionali di

supporto alla penetrazione dei mercati esteri è un‘altra delle variabili critiche a

livello europeo. La conoscenza ed il conseguente uso infatti, come sopra osservato

più analiticamente, sono ancora non soddisfacenti. L‘Italia è relativamente ben

posizionata e raggiunge un livello quindi buono di conoscenza degli strumenti da parte

delle PMI che sono internazionalizzate

Infatti risulta al 6° posto tra i paesi membri sia per quanto riguarda l‘uso del supporto

di tipo finanziario con una percentuale del 9% (percentuale massima: 47% (Austria);

percentuale minima: Romania (0%))sul totale delle imprese internazionalizzate, sia

per quanto riguarda l‘uso di supporto non finanziario, con una percentuale dell‘11%

(percentuale massima: 23% (Slovenia); percentuale minima: Romania (0%)).

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Informest, apile 2011 98

7. L’internazionalizzazione della regione Friuli – Venezia Giulia (cenni)

In base ai dati della Banca dati Reprint, Politecnico di Milano – ICE, le imprese estere

partecipate da imprese regione Friuli – Venezia Giulia sono passate tra il 2002 ed il

2008 da 451 a 605, un aumento del 34,1% superiore sia a quello nazionale, pari al

22,2%, sia a quello della macro-regione nord-orientale, pari al 29%.

Tabella 75 - L‘internazionalizzazione della regione FVG: comparazione regionale per

numero di partecipate

Regione della sede principale dell'impresa italiana investitrice Imprese estere partecipate da imprese italiane

1.1.2002 1.1.2005 1.1.2008

Italia Nord-Occidentale 50,4% 48,5% 46,3%

Valle d'Aosta 0,1% 0,1% 0,1%

Piemonte 12,6% 11,7% 10,7%

Lombardia 35,7% 34,8% 33,7%

Liguria 2,0% 2,0% 1,9%

Italia Nord-Orientale 30,6% 32,1% 32,4%

Veneto 13,3% 14,0% 13,9%

Trentino-Alto Adige 1,6% 1,8% 1,8%

Friuli-Venezia Giulia 2,5% 2,6% 2,7%

Emilia-Romagna 13,3% 13,7% 13,9%

Italia Centrale 15,5% 15,8% 17,5%

Toscana 5,1% 5,4% 5,3%

Umbria 0,4% 0,5% 0,6%

Marche 2,5% 2,6% 2,6%

Lazio 7,5% 7,4% 9,1%

Italia Meridionale 2,6% 2,8% 3,1%

Abruzzo 0,6% 0,7% 0,7%

Molise 0,1% 0,1% 0,1%

Campania 1,2% 1,2% 1,5%

Puglia 0,5% 0,6% 0,6%

Basilicata 0,0% 0,1% 0,1%

Calabria 0,0% 0,0% 0,1%

Italia Insulare 0,9% 0,8% 0,7%

Sicilia 0,4% 0,4% 0,5%

Sardegna 0,5% 0,4% 0,2%

Totale Italia 18.366 20.090 22.444 Fonte: Elaborazioni INFORMEST su Banca dati Reprint, Politecnico di Milano – ICE

Questa buona performance in termini comparati ha permesso alla regione Friuli –

Venezia Giulia di aumentare, anche se in maniera modesta, il peso percentuale delle

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Informest, apile 2011 99

sue partecipazioni sia rispetto al totale nazionale che rispetto alla regione Nord

Orientale, dove il suo peso nello stesso periodo è passato dall‘8,0% all‘8,3%.

Tabella 76 - L‘internazionalizzazione della regione FVG: comparazione regionale per

numero di addetti delle partecipate

Regione della sede principale dell'impresa italiana investitrice

Addetti delle Imprese estere partecipate

da imprese italiane

1.1.2002 1.1.2005 1.1.2008

Italia Nord-Occidentale 58,6% 58,0% 55,4%

Valle d'Aosta 0,0% 0,0% 0,0%

Piemonte 22,7% 23,2% 22,8%

Lombardia 35,1% 34,0% 31,7%

Liguria 0,7% 0,8% 0,8%

Italia Nord-Orientale 20,8% 23,2% 21,7%

Veneto 8,2% 10,1% 9,9%

Trentino-Alto Adige 0,8% 1,1% 0,9%

Friuli-Venezia Giulia 1,2% 1,4% 1,4%

Emilia-Romagna 10,5% 10,7% 9,4%

Italia Centrale 18,6% 16,2% 19,9%

Toscana 2,9% 3,3% 3,5%

Umbria 0,2% 0,3% 0,3%

Marche 2,4% 3,3% 2,9%

Lazio 13,1% 9,3% 13,3%

Italia Meridionale 1,5% 2,1% 2,7%

Abruzzo 0,4% 0,5% 0,5%

Molise 0,0% 0,1% 0,0%

Campania 0,5% 0,8% 1,2%

Puglia 0,6% 0,7% 0,8%

Basilicata 0,0% 0,0% 0,0%

Calabria 0,0% 0,1% 0,0%

Italia Insulare 0,5% 0,4% 0,3%

Sicilia 0,3% 0,2% 0,2%

Sardegna 0,2% 0,2% 0,1%

Totale 1.258.046 1.217.453 1.297.866 Fonte: Elaborazioni INFORMEST su Banca dati Reprint, Politecnico di Milano – ICE

La distribuzione settoriale delle partecipate estere delle imprese con sede nella

regione Friuli – Venezia Giulia vede la regione, nel periodo 2002-2008, registrare dei

mutamenti di lieve entità. Il manifatturiero guadagna complessivamente mezzo punto

percentuale: si confermano alcune specializzazioni, come il legno-mobile che passa

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Informest, apile 2011 100

dal 10,2% al 10,6% ed il metal-meccanico che passa dall‘8,2% al 9,1%. Il peso

complessivo del terziario è praticamente invariato, passando dal 65,6% al 65,5%, ma si

rafforza il Commercio all‘ingrosso a scapito dei servizi più skill-intensive come

logistica e trasporti, la quale perde due punti percentuali, e gli altri servizi

professionali.

Tabella 77 - Distribuzione settoriale delle partecipate estere delle imprese con sede nella regione Friuli – Venezia Giulia

Friuli-Venezia Giulia 2002 2008

Industria estrattiva 0,0% 0,0%

Industria manifatturiera 27,1% 27,6%

Alimentari, bevande e tabacco 3,1% 1,0%

Tessili e maglieria 1,1% 0,2%

Abbigliamento 0,2% 0,2%

Pelli, cuoio, calzature e pelletteria 0,2% 0,2%

Legno e prodotti in legno 4,7% 5,0%

Carta, derivati, stampa e editoria 1,1% 1,2%

Derivati del petrolio e altri combustibili 0,0% 0,0%

Prodotti chimici, fibre sintetiche e artificiali 0,4% 0,5%

Articoli in gomma e materie plastiche 0,4% 0,3%

Materiali per l'edilizia, vetro e ceramica 0,2% 0,3%

Metallo e prodotti derivati 3,8% 4,8%

Macchine e apparecchi meccanici 4,4% 4,3%

Macchine e apparecchiature elettriche e ottiche 0,9% 3,3%

Autoveicoli 0,4% 0,3%

Altri mezzi di trasporto 0,4% 0,5%

Mobili e altre industrie manifatturiere 5,5% 5,6%

Energia, gas e acqua 0,9% 1,5%

Costruzioni 6,4% 5,5%

Commercio all'ingrosso 41,7% 44,3%

Logistica e trasporti 14,4% 12,4%

Servizi di telecomunicazione e di informatica 1,6% 1,7%

Altri servizi professionali 8,0% 7,1%

Totale 451 605 Fonte: Elaborazioni INFORMEST su Banca dati Reprint, Politecnico di Milano – ICE

La distribuzione geografica delle partecipate estere vede sul periodo 2002-2008, una

lieve riduzione del peso dell‘UE-27 dal 72,1% al 69,4%. L‘UE resta ovviamente

preponderante come area di riferimento ed è seguita dal Nord America, il quale

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Informest, apile 2011 101

conferma la sua quota, e dall‘Asia Orientale che guadagnando più di due punti

percentuali ha superato il Centro- e Sud America come terza area geografica di

destinazione degli Investimenti Diretti Esteri delle imprese del Friuli Venezia Giulia.

Tabella 78 - Distribuzione geografica delle partecipate estere delle imprese con sede nella regione Friuli – Venezia Giulia

Friuli-Venezia Giulia

2002 2008

UE-15 31,7% 30,2%

Europa centro-orientale 40,4% 39,2%

Altri paesi europei 1,3% 1,8%

Africa settentr. 1,1% 1,0%

Altri paesi africani 0,7% 0,3%

America settentr. 9,8% 9,8%

America centrale e merid. 5,8% 6,3%

Medio Oriente 1,3% 1,5%

Asia centrale 1,6% 1,2%

Asia orientale 5,3% 7,8%

Oceania 1,1% 1,0%

Totale 100,0% 100,0% Fonte: Elaborazioni INFORMEST su Banca dati Reprint, Politecnico di Milano – ICE

La distribuzione settoriale delle imprese a partecipazione estera con sede nella

regione Friuli – Venezia Giulia ha registrato sul periodo 2002-2008 una moderata

terziarizzazione, con l‘industria manifatturiera che ha perso 2,9 punti percentuali: in

aumento due soli rami, a dire l‘industria alimentare (3,1 punti percentuali) e il ramo

meccanico (4,1 punti percentuali). Il terziario è passato dal 44,8% al 47,5% grazie in

particolare all‘andamento del ramo logistica e trasporti che ha guadagnato 2,8 punti

percentuali.

Tabella 79 - Distribuzione settoriale delle imprese a partecipazione estera con sede nella

regione Friuli – Venezia Giulia

Friuli-Venezia Giulia 2002

2008

Industria estrattiva 0,0% 0,0%

Industria manifatturiera 51,4% 48,5%

Alimentari, bevande e tabacco 0,9% 4,0%

Tessili e maglieria 0,9% 0,0%

Abbigliamento 0,0% 0,0%

Pelli, cuoio, calzature e pelletteria 0,0% 0,0%

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Informest, apile 2011 102

Legno e prodotti in legno 0,0% 0,0%

Carta, derivati, stampa e editoria 2,8% 2,0%

Derivati del petrolio e altri combustibili 0,0% 0,0%

Prodotti chimici, fibre sintetiche e artificiali 2,8% 2,0%

Articoli in gomma e materie plastiche 3,7% 3,0%

Materiali per l'edilizia, vetro e ceramica 7,5% 7,1%

Metallo e prodotti derivati 6,5% 4,0%

Macchine e apparecchi meccanici 13,1% 17,2%

Macchine e apparecchiature elettriche e ottiche 6,5% 5,1%

Autoveicoli 0,9% 1,0%

Altri mezzi di trasporto 0,0% 0,0%

Mobili e altre industrie manifatturiere 5,6% 3,0%

Energia, gas e acqua 0,9% 2,0%

Costruzioni 2,8% 2,0%

Commercio all'ingrosso 27,1% 27,3%

Logistica e trasporti 9,3% 12,1%

Servizi di telecomunicazione e di informatica 1,9% 2,0%

Altri servizi professionali 6,5% 6,1%

Totale 107 99

Fonte: Elaborazioni INFORMEST su Banca dati Reprint, Politecnico di Milano – ICE

La distribuzione geografica delle imprese a partecipazione estera con sede nella

regione Friuli – Venezia Giulia ha registrato sul periodo 2002-2008 una diminuzione del

peso dell‘UE-27, passata dal 77,6% al 71,7%: la diminuita presenza ha riguardato sia i

vecchi stati membri dell‘UE-15 che i nuovi stati membri dell‘UE orientale. In

aumento il peso della presenza del Nord America, dei paesi europei non comunitari e

del Medio - oriente.

Tabella 80 - Distribuzione geografica delle imprese a partecipazione estera con sede nella regione Friuli – Venezia Giulia

Friuli-Venezia Giulia

2002 2008

UE-15 62,6% 58,6%

Europa centro-orientale 15,0% 13,1%

Altri paesi europei 4,7% 6,1%

Africa settentr. 0,0% 0,0%

Altri paesi africani 0,0% 0,0%

America settentr. 13,1% 16,2%

America centrale e merid. 0,0% 0,0%

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Informest, apile 2011 103

Medio Oriente 0,9% 3,0%

Asia centrale 0,9% 0,0%

Asia orientale 2,8% 3,0%

Oceania 0,0% 0,0%

Totale 100,0% 100,0%

Fonte: Elaborazioni INFORMEST su Banca dati Reprint, Politecnico di Milano – ICE

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Informest, apile 2011 104

8. Conclusioni

Alcune osservazioni ed indicazioni di politica economica possono essere tratte dalla

precedente analisi.

Osservazioni sintetiche di struttura

La crisi ha interrotto nel 2009 la crescita delle PMI nell‘UE-27 in termini di

numero assoluto e capacità di creazione di occupazione. Il binomio crescita +

occupazione, obbiettivo della nuova strategia di Lisbona sembra allontanarsi

anche per le PMI, motore della crescita dell‘occupazione europea nel periodo

2002-2008 (tasso di crescita annuo dell‘1,9% contro lo 0,8% delle grandi

imprese).

Le caratteristiche relative alla distribuzione settoriale delle micro e piccole

imprese fanno si che la congiuntura stia premiando le medie e grandi imprese

che risultano più concentrate nel secondario.

A) solo una parte ridotta tra le PMI che internazionalizzano varca i confini del

Mercato Unico (il 28% rispetto al 44%); B) la forma più diffusa di

internazionalizzazione è l‘interscambio commerciale; C) il 25% delle PMI

europee esporta ed il 13% esporta anche in paesi non-membri; D) il 29% delle

PMI europee importa ed il 14% importa anche da paesi non-membri; E) il 7%

delle PMI europee ha concluso accordi di cooperazione tecnologica con un

partner estero; F) il 7% delle PMI europee sono sub-fornitori di un partner

estero; G) il 7% delle PMI europee hanno sub-fornitori esteri; H) il 2% delle PMI

europee ha effettuato operazioni di investimento diretto estero

Le piccole e micro-imprese sono la spina dorsale delle economie europee, ma

al contempo sono in crescente difficoltà quale che sia la loro propensione

all‘internazionalizzazione, come si evince chiaramente dall‘indagine del 2010

sull‘internazionalizzazione delle PMI, ad affrontare gli alti costi di entrata

(manageriali, organizzativi e tecnologici) legati alle operazioni su scala

internazionale. Non va tuttavia dimenticato che la grandezza di un impresa è

un vincolo strutturale e che il grado e la complessità delle strategie di

internazionalizzazione sono direttamente correlate alla dimensione d‘impresa.

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Informest, apile 2011 105

Per molte imprese Europee l‘internazionalizzazione consiste nell‘esportazione

e/o importazione da altri stati membri. Quella che dovrebbe essere una prima

fase di un processo di rafforzamento delle capacità competitive di un impresa

resta spesso l‘unica fase realizzata di tale processo. La consapevolezza circa i

programmi di sostegno per le PMI è piuttosto bassa. Solo il 10% delle PMI che

non sono ancora attive sui mercati internazionali e solo il 22% delle PMI attive a

livello internazionale sono a conoscenza di tali strumenti. Inoltre l'utilizzo di

strumenti di sostegno è molto limitato: meno del 10% delle PMI attive a livello

internazionale usa programmi di sostegno.

Gli start-ups aziendali per le piccole imprese sono spesso resi difficoltosi da

complicazioni amministrative. La diffusione di meccanismi di sostegno unico

(―one-stop shop‖) all‘attività imprenditoriale, o incentivazioni verso l‘auto-

impiego vanno diffuse e favorite ma limitando il rischio di creare micro-

imprese con una limitata speranza di vita da cui un aumento della mortalità

aziendale.

Il legame tra internazionalizzazione e competitività e crescita delle PMI ha una

natura bidirezionale spuria: se non si raggiunge un livello sufficiente di

competitività, cioè non si supera una soglia minima in termini di risorse e

capacità, l‘internazionalizzazione non è un‘opzione realistica. Le barriere

infatti sono sia interne che esterne.

Osservazioni sintetiche di scenario

Il calo della domanda nell‘UE rischia di prolungarsi anche nel biennio 2011-

2012, perché legato ad il ribilanciamento globale che sfavorisce l‘asse euro-

atlantico che per l‘UE è determinante in termini di esportazioni ed

importazioni18. La domanda interna continua ad essere più penalizzata rispetto

alla domanda estera e le imprese hanno continuato ad evidenziare in trend

negativo nella performance di vendita.

18 Nel 2009 gli USA sono stati il primo partner commerciale dell‘UE rappresentando il 15,9% dell‘interscambio extra-comunitario (la Cina ne ha rappresentato il 12,9%) . Nei primi sette mesi del 2010 gli USA sono stati il primo partner commerciale dell‘UE rappresentando il 14,7% dell‘interscambio extra-comunitario (la Cina ne ha rappresentato il 13,5%)

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Informest, apile 2011 106

La crisi finanziaria globale non ha solo causato un rallentamento del processo di

internazionalizzazione ed in particolare una diminuzione dei flussi di capitale in

entrata ed uscita, ma ha anche determinato una sensibile redistribuzione tra le

diverse modalità, interrompendo un trend ventennale. In particolare

l‘instabilità dei mercati finanziari ha annullato il vantaggio competitivo in

termini di informazioni (asimmetrie informative) che le operazioni di M&A

hanno sugli investimenti a campo verde, portando ad una riduzione delle

operazioni di M&A del 65% mentre gli investimenti a campo verde si sono

contratti in valore solo del 15%.

Al momento un ritorno verso una situazione meno incerta, con capitali meno

scarsi e mercati azionari stabili non è verosimile nel breve periodo, in quanto

emergono nuovi fattori di rischio come guerre valutarie e l‘escalation nel

protezionismo commerciale. Le prime stime Unctad per il 2010 in base

all‘andamento non esaltante del secondo e terzo trimestre, portano un valore

inferiore del 25% rispetto al triennio 2005-2007. Le multinazionali europee

hanno rimpatriato risorse da cui la contrazione dei prestiti intra-aziendali e

degli utili reinvestiti.

Le micro e piccole imprese sono più presenti nei settori dell‘edilizia,

nell‘alberghiero e nella ristorazione, nei servizi alle imprese e in aree del

commercio al dettaglio e all'ingrosso e sono fortemente orientate verso il

mercato al consumo interno rispetto alle grandi imprese. I fattori di crescita

nell‘attuale congiuntura sono legati alla ripresa selettiva delle esportazioni,

quindi le micro e piccole imprese sono sfavorite, da questo punto di vista,

rispetto alle medie imprese.

Indicazioni di Politica

Se il Mercato Unico è l‘ambiente per eccellenza in cui le imprese possono

rafforzare le proprie capacità competitive, va osservato che tale ambiente ha

ancora molte necessità di miglioramento. Si pensi ai servizi e a tutta una serie

di eterogeneità procedurali, amministrative e fiscali che rendono ancora

―virtuale‖, per tutta una serie di attività, l‘esistenza di uno spazio economico

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Informest, apile 2011 107

europeo. Queste eterogeneità costituiscono altrettante barriere all‘entrata nei

mercati degli stati membri, limitrofi e non, e vanno risolte e/o limitate

significativamente se non si vuole che le esigue risorse delle micro e piccole

imprese siano consumate nello sforzo di superarle.

La dimensione delle imprese, la produttività, l‘intensità degli skills e la

capacità di innovare sono associate in modo direttamente proporzionale ad una

migliore performance delle esportazioni, investimenti diretti esteri e

dell‘attività di outsourcing. Le caratteristiche delle imprese sono

preponderanti rispetto ad altri fattori (politiche nazionali e sovranazionali) nel

determinare la capacità di internazionalizzazione; infatti le barriere

all‘internazionalizzazione denunciate dalle PMI si correlano a insufficiente

dotazione di capacità umane, tecniche e finanziarie. Le riforme strutturali che

rendono più facile per le imprese crescere e a orientarsi verso forme sofisticate

di gestione, organizzazione e innovazione, saranno fondamentali per il

rafforzamento della competitività europea. Queste riforme hanno un impatto

diretto – in quanto le pre-condizioni sono le stesse - anche sulla capacità delle

imprese di relazionarsi con le strategie, l‘operatività e i requisiti delle catene

globali dell‘offerta.

Oltre alle suddette riforme strutturali uno sforzo particolare va operato nella

direzione dello sviluppo di cultura e capacità di cooperazione con altre

imprese, questo in particolare per le piccole e micro imprese. Infatti: a) forme

associative come i consorzi19 possono portare ad una ripartizione di consti non

recuperabili sia informativi che di opportunità (i cosiddetti sunk costs) tra i

partner, riducendo quindi il valore dell‘opzione di attesa nei confronti delle

scelte di internazionalizzazione (posponimento della decisione di esportare in

un nuovo mercato, investire ecc.). Inoltre dovrebbero essere create funzioni

e/o agenzie di raccordo tra le micro imprese, spesso impedite per vincoli

19 I consorzi differiscono dai cartelli e sono tollerati dall‘autorità antitrust in quanto il loro scopo non è

la limitazione della concorrenza attraverso l‘alterazione dei prezzi o delle quantità, ma la promozione

della cooperazione e di economie di scala tra gli associati/partner per migliorare la loro performance

ed efficienza.

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Informest, apile 2011 108

informativo-finanziari e le piccole e medie imprese per creare reti di impresa

con maggiore potenziale di internazionalizzazione.

Le differenze nelle strutture industriali tra i vari stati membri che fa si che il

numero medio di occupati del decile di imprese maggiormente esportatrici sia

298 in Francia e 100 in Italia e che l‘Italia potrebbe registrare un aumento del

37% delle esportazioni se la sua struttura industriale fosse simile a quella della

Germania (maggiore peso delle medie e grandi imprese). Gli stati membri con

un numero di imprese nella fascia 50-100 sensibilmente inferiore alla media

europea dovrebbero concentrarsi su iniziative mirate.

Le esportazioni sono in questa congiuntura uno dei pochi fattori di crescita e le

misure di sostegno alle imprese che esportano direttamente e/o sono

contraenti di imprese che esportano andrebbero potenziate. Tali misure

dovrebbero favorire in modo particolare, viste le considerazioni precedenti, le

forme di associazionismo come consorzi per le esportazionI e/o altre iniziative

territoriali mirate.

L‘incentivazione degli start-ups, in particolare nei settori tecnologici ad alto

tasso di innovazione e con un propensione più elevata

all‘internazionalizzazione, è una politica che ha due effetti positivi: a)

concentra l‘impegno in segmenti ad alto rendimento atteso; b) crea anche un

―effetto di spiazzamento‖ positivo, in quanto stimola i policy-makers, in

presenza di risorse scarse, a selezionare e canalizzare l‘eventuale

finanziamento alle imprese esistenti.

Una serie di indagini periodiche20 dell‘Enterprise Surveys della Gruppo Banca

Mondiale ha evidenziato che proprio le giovani PMI nei settori di punta, più

esposte in termini di leva finanziaria, hanno risentito in modo più pesante della

rarefazione del credito che rappresenta il secondo problema più urgente.

Ciononostante, molte imprese hanno dichiarato di aver continuato ad investire

in R&S. Siccome queste sono imprese la cui capacità e potenzialità di

internazionalizzazione è superiore a quella media, I sistemi pubblici di garanzia

20

L’ultima tornata si è svolta tra giugno e luglio 2010 ed i risultati sono stati presentati a metà ottobre. Le imprese

appartengono a 6 paesi di cui 5 dell’UE Orientale: Bulgaria, Lettonia, Lituania, Romania ed Ungheria.

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Informest, apile 2011 109

dei prestiti bancari (credito agevolato) dovrebbero essere mantenuti sempre

nella logica dell‘intervento ―orizzontale‖ che eviti il più possibile in

finanziamento diretto.

Le campagne di sensibilizzazione sono importanti, soprattutto per sconfiggere

molti pregiudizi sui vincoli e le barriere all‘internazionalizzazione. Le aziende

devono essere consapevoli dei benefici dell‘ internazionalizzazione ed essere

dotate di un accesso più facile al sostegno pubblico. E 'importante presentare

una visione completa delle varie misure di sostegno disponibili e fornire servizi

di supporto su misura, soprattutto discriminanti in base alla dimensione che

resta il ―big divide‖ in ordine di vincoli e opportunità. Il tipo di sostegno

offerto dovrebbe infatti essere adattato ala fase di sviluppo

dell‘internazionalizzazione dell'impresa.

Unificare sotto un unico cappello le politiche a favore

dell‘internazionalizzazione e dell‘innovazione riconoscendo che spesso questi

due processi hanno dietro una serie di risorse ed opzioni. Questo approccio ha

due vantaggi potenziali: a) fusione delle agenzie esecutive in un corpo unico e

progettazione e presentazione unificata di misure di sostegno; b) affrontare in

parte un gap strutturale europeo, quello della mancanza dei cosidetti jollies

dell‘innovazione.

9. Nota Metodologica

Il dossier si pone l‘obbiettivo di fornire un quadro dell‘internazionalizzazione dei

sistemi produttivi europei nello scenario del dopo-crisi, considerandone le principali

caratteristiche, modalità, strumenti e politiche (comunitarie e nazionali). L‘analisi è

in particolare focalizzata sulle PMI.

Le principali fonti utilizzate sono EUROSTAT ed UNCTAD (in particolare le varie

edizioni del World Investment Report), fonti che garantiscono omogeneità e

comparabilità dei vari indicatori, oltre a una serie di pubblicazioni delle DG Imprese

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Informest, apile 2011 110

ed Industria. Vengono inoltre utilizzate altre banche dati che presentano dati

omogeneizzati e comparabili21.

In questa analisi l‘internazionalizzazione comprende l‘interscambio commerciale

(importazioni ed esportazioni), le operazioni di investimento diretto all‘estero (IDE),

accordi internazionali di sub-fornitura, accordi internazionali di cooperazione

tecnologica.

Sono state considerate 5 categorie per quanto concerne la grandezza delle imprese:

le micro imprese (1-9 addetti); le piccole imprese (10-49 addetti); le medie imprese

(50-249 addetti); le grandi imprese (oltre i 249 addetti). I settori considerati nei

paragrafi relativi alle micro, piccole e medie imprese sono 2622.

I primi due aspetti, a dire l‘interscambio commerciale e le operazioni di investimento

diretto, sono quelli che permettono una analisi comparata e sono più agevolmente

monitorabili in base ad una serie di rilevamenti statistici (dati doganali, dati relativi

alla bilancia dei pagamenti) effettuati dalle amministrazioni doganali, dagli uffici di

statistica e/o dalle banche centrali dei paesi membri e poi omogeneizzati da Eurostat.

Le varie tipologie di accordo invece sono di difficile rilevazione e, quando effettuata,

la rilevazione non è continuativa ma è spesso relativa ad una indagine singola.

Per stimare in modo utile la quota di commercio estero attribuibile alla

diversificazione operativa delle PMI nelle loro diverse forme di aggregazione

funzionale (gruppi, reti, cluster o distretti) sarebbe utile il calcolo dei flussi di (ri-)

importazioni ed (ri-) esportazioni espressi da questi aggregati, esercizio cha và al di là

dello scopo di questa analisi23.

21 Per i dati a livello regionale si evidenzia, per un eventuale fase successiva di approfondimento dell‘analisi, l‘impossibilità di trovare dati comparabili per il Friuli Venezia Giulia con quelli EUROSTAT ed UNCTAD, in particolare per quanto riguarda gli Investimenti Diretti Esteri in entrata ed in uscita. Si sono utilizzati in questo caso i dati della banca dati REPRINT del Politecnico di Milano, prodotti grazie all‘indagine bi-annuale ―Italia Multinazionale‖ ed utilizzati e diffusi dall‘Istituto per il Commercio Estero (ICE). 22 Attività minerarie ed estrattive; alimentare; tessile; legno; editoria; chimico; metallurgico; meccanico; veicoli a motore; altro

manifatturiero; elettricità; edilizia; vendita dei veicoli a motore; commercio all‘ingrosso; commercio al dettaglio; alberghiero;

trasporti; immobiliare; renting; informatico; ricerca; servizi legali; altri servizi alle imprese; salute persone; servizi veterinari;

altri servizi.

23 Una forte correlazione tra esportazioni (indietro) ed importazioni (in avanti) tra un

cluster/gruppo/distretto ecc. ed un‘area geografica specifica all‘interno della stessa catena dell‘offerta indica una forte integrazione verticale tra le aree in cui i flussi commerciali sono mirati allo scambio di input produttivi. Un altro importante schema è quello della integrazione orizzontale, dove alcune produzioni sono semplicemente sostituite con importazioni. Se le importazioni sono rivolte

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Informest, apile 2011 111

10. Appendice

Una proposta: cooperazione trans-regionale e internazionalizzazione

nonostante i cambiamenti tecnologici e delle regole della concorrenza abbiano

alterato molti dei criteri ―tradizionali‖ di allocazione delle imprese, la

specializzazione e la concentrazione (clusterizzazione) continuano comunque a

tradursi, anche se non con l‘intensità prevista da alcuni approcci, in vantaggi

competitivi. Questi vantaggi si declinano in termini di specializzazione locale, skills e

capacità di innovazione, quindi di guadagni di produttività, anche per le imprese

multinazionali più grandi. Si tratta quindi di una tensione, insita nel processo di

globalizzazione economica, tra i vantaggi della prossimità geografica delle attività e

quelli della loro riallocazione.

La proposta è quella di creare sul territorio europeo una serie di reti trans-regionali

per ―ancorare‖ al territorio europeo una serie di vantaggi competitivi e quindi ―agire

su‖ e non ―reagire a‖ i principali driver del processo di globalizzazione (aumento

della complessità dei network produttivi globali; diffusione dell‘off-shoring nelle

attività manifatturiere a nuovi settori high-tech e nuove fasi del processo di

produzione; emersione dell‘off-shoring anche nella R&S verso le aree emergenti). A

questi driver le imprese ed i sistemi produttivi, come notato a più riprese nel corso

dell‘analisi, rispondono aprendo ed articolando i sistemi produttivi, innovativi e

gestionali (risorse umane incluse); la sfida è appunto quella di riuscire ad articolare

questa risposta il più possibile sul territorio europeo e non al di fuori di esso.

Come articolare queste reti?

Uno strumento giuridico utile per la gestione di partenariati trans-regionali potrebbe

essere simile al Gruppo Europeo di Cooperazione Territoriale (GECT). Una serie di

spunti su come ―fidelizzare‖ una rete di regioni, aggregandole attorno ad una

strategia comune, vengono da alcune proposte come quello di creare dei ―marchi‖

cross-border o trans-nazionali. Il progetto ADC - Adriatic Danubian Clustering - ha

come obiettivo quello di andare oltre le attuali similarità nella specializzazione

a cluster o distretti specializzati con rapporti di lunga durata, anche in questo caso si può identificare un modello di integrazione.

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Informest, apile 2011 112

produttiva tra le aziende nell‘area adriatico-danubiana e rafforzare il marketing

territoriale dell‘area adriatico-danubiana nell‘economia globale, sfruttando i suoi

vantaggi competitivi e le sue capacità produttive attraverso l‘istituzione di cluster

settoriali trans-nazionali (regionali).

Questi cluster possono migliorare l‘effettiva integrazione delle catene del valore più

competitive e ridurre le disparità regionali, anche favorendo l‘attrattività dell‘area

per gli IDE. Inoltre, lo scopo del progetto è quello di migliorare le conoscenze sul

potenziale per la cooperazione transfrontaliera e promuoverlo, dando maggiore

visibilità delle PMI nella regione.

Il GECT ha personalità giuridica, un bilancio e personale dedicati24. Quindi un

soggetto simile al GECT proprio per la sua natura potrebbe prevedere una struttura

gerarchica con una o più regioni leader che gestirebbero un Fondo di Intervento

transregionale e agirebbero come policy-makers; i conferimenti nel Fondo di

Intervento sarebbero a carico delle regioni co-leader.

A livello operativo il riferimento potrebbe essere quello dei programmi integrati di

cooperazione economica e sociale ma con alcune sostanziali differenze:

– l‘obiettivo generale sarebbe quello di agganciare settori produttivi regionali del

Veneto e di altre regioni leader e sistemi locali di sviluppo lungo filiere che

costituirebbero la parte europea di network globali di produzione, dove le

multinazionali presenti nelle regioni leader farebbero da nodi principali;

– Il GECT si sostituirebbe ai partenariati istituzionali, come soggetto giuridico si

interfaccerebbe direttamente quando necessario con le istituzioni locali e altri

soggetti quali Agenzie di Sviluppo, Associazioni Industriali, CCIA, Agenzie del Lavoro,

Università, Parchi Tecnologici, ecc;

– il cofinanziamento da parte delle Regioni non leader dei progetti finanziati dal

Fondo di Intervento non dovrebbe essere considerato ordinario;

24 Gli enti regionali e locali europei hanno finora creato 13 GECT, e molti altri sono ancora in fase di

gestazione. Per fornire un esempio, il nuovo modello di cooperazione ha aperto la strada alla creazione

del primo ospedale europeo a gestione congiunta, nei Pirenei, lungo il confine franco-spagnolo. Sul sito

del Comitato delle Regioni figura un elenco dei GECT esistenti e di quelli programmati. A fine settembre

risultavano costituiti nell’intera UE 13 Gruppi Europei di Cooperazione Territoriale, di cui uno con

presenza italiana. Tuttavia 19 GECT erano in via di costituzione di cui quattro coinvolgenti regioni e

comuni italiani.

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Informest, apile 2011 113

– la complementarietà con strategie e programmi comunitari e/o della cooperazione

bilaterale nazionale non dovrebbe essere un elemento discriminante.

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Ministero dell'Economia e delle Finanze

Il presente Dossier è stato realizzato da INFORMEST, in qualità di partner, nell‘ambito

del WP 3 del Progetto iCON.

Il progetto è finanziato dal Programma per la Cooperazione Transfrontaliera Italia-

Slovenia 2007-2013, dal Fondo europeo di sviluppo regionale e dai fondi nazionali.

Per maggiori informazioni contattare:

Via Cadorna, 36

34170 Gorizia – Italia

Tel. +39 0481 597411

Fax. +39 0481 537204

[email protected]

Projekt iCON / Konkurenčnost MSP - Inovativnost in kooperativno podjetništvo sofinanciran v okviru

Programa čezmejnega sodelovanja Slovenija-Italija 2007-2013 iz sredstev Evropskega sklada

za regionalni razvoj in nacionalnih sredstev

ProgettoiCON / Competitività delle PMI – Innovazione e cooperazione tra imprese finanziato

nell'ambito del Programma per la Cooperazione Transfrontaliera Italia-Slovenia 2007-2013, dal Fondo

europeo di sviluppo regionale e dai fondi nazionali.