L'agiografia francescana tra continuità e innovazione ...

14
1 L'agiografia francescana tra continuità e innovazione: storia, riscritture e pratiche di culto lungo i secoli Mauro BADAS Université de Cagliari (Italie) Introduzione Il genere agiografico si rivela particolarmente capace nelle sue formulazioni e nella continua riscrittura delle vite dei santi di mostrare le esigenze della società in cui gli stessi testi sono nati e verso cui sono principalmente diretti. Nella costante mediazione tra esigenze di tipo didattico e capacità di intrattenimento espressa attraverso il fascino della narrazione, la figura del santo viene costantemente attualizzata e resa viva per l’immaginario religioso dei destinatari. Ciò è reso possibile da un uso accorto di sistemi di comunicazione capaci di suscitare nei destinatari risposte consonanti allo scopo per cui i testi son stati composti, ovvero attivare nei cristiani il desiderio di imitatio della vita del santo e delle sue opere e in questo modo rafforzare la fede. L’uomo può così avere un modello concretamente imitabile nella propria vita e un punto di riferimento per ogni scelta del quotidiano 1 . Tale sforzo di adeguamento alla realtà e ai bisogni spirituali dei fedeli impegna assiduamente gli agiografi di ogni tempo. Per questo non stupisce l’attualità, ininterrottamente verificabile lungo i secoli, di una figura come quella di Francesco d’Assisi, tenuta viva anche dalla continua 1 Cfr. U. Longo, La santità medievale, con un saggio introduttivo di G. Barone, Roma, Jouvence, 2006, p. 41 ; C. Bologna, Fra devozione e tentazione. Appunti su alcune metamorfosi nelle categorie letterarie dall’agiografia mediolatina ai testi romanzi medievali, in Culto dei santi, istituzioni e classi sociali in età preindustriale, a cura di S. Boesch Gajano e L. Sebastiani, L’Aquila-Roma, Japadre, 1984, pp. 264-265; A. Vauchez, Introduction, in La religion civique à l’époque médiévale et moderne (Chrétienté et Islam), Actes du Colloque organisé par le Centre de recherche « Histoire sociale et culturelle de l'Occident. 12.-13. Siècle » de l'Université de Paris 10 Nanterre et l'Institut universitaire de France (Nanterre, 21-23 juin 1993), sous la direction d'A. Vauchez, Rome, Ecole française de Rome, 1995, pp. 1-5. Per approfondimenti cfr. anche M. Badas, La letteratura « consegnata al popolo » : le vite dei santi nel Medioevo romanzo, in Idee di letteratura, a cura di D. Caocci e M. Guglielmi, Roma, Armando Editore, 2010, pp. 120-131.

Transcript of L'agiografia francescana tra continuità e innovazione ...

Page 1: L'agiografia francescana tra continuità e innovazione ...

1

L'agiografia francescana tra continuità e

innovazione:

storia, riscritture e pratiche di culto lungo i

secoli

Mauro BADAS

Université de Cagliari (Italie)

Introduzione

Il genere agiografico si rivela particolarmente capace nelle sue

formulazioni e nella continua riscrittura delle vite dei santi di mostrare le

esigenze della società in cui gli stessi testi sono nati e verso cui sono

principalmente diretti. Nella costante mediazione tra esigenze di tipo

didattico e capacità di intrattenimento espressa attraverso il fascino della

narrazione, la figura del santo viene costantemente attualizzata e resa viva

per l’immaginario religioso dei destinatari. Ciò è reso possibile da un uso

accorto di sistemi di comunicazione capaci di suscitare nei destinatari

risposte consonanti allo scopo per cui i testi son stati composti, ovvero

attivare nei cristiani il desiderio di imitatio della vita del santo e delle sue

opere e in questo modo rafforzare la fede. L’uomo può così avere un

modello concretamente imitabile nella propria vita e un punto di

riferimento per ogni scelta del quotidiano1.

Tale sforzo di adeguamento alla realtà e ai bisogni spirituali dei fedeli

impegna assiduamente gli agiografi di ogni tempo. Per questo non

stupisce l’attualità, ininterrottamente verificabile lungo i secoli, di una

figura come quella di Francesco d’Assisi, tenuta viva anche dalla continua

1 Cfr. U. Longo, La santità medievale, con un saggio introduttivo di G. Barone, Roma, Jouvence, 2006, p. 41 ;

C. Bologna, Fra devozione e tentazione. Appunti su alcune metamorfosi nelle categorie letterarie dall’agiografia

mediolatina ai testi romanzi medievali, in Culto dei santi, istituzioni e classi sociali in età preindustriale, a cura di S.

Boesch Gajano e L. Sebastiani, L’Aquila-Roma, Japadre, 1984, pp. 264-265; A. Vauchez, Introduction, in La

religion civique à l’époque médiévale et moderne (Chrétienté et Islam), Actes du Colloque organisé par le Centre

de recherche « Histoire sociale et culturelle de l'Occident. 12.-13. Siècle » de l'Université de Paris 10

Nanterre et l'Institut universitaire de France (Nanterre, 21-23 juin 1993), sous la direction d'A. Vauchez,

Rome, Ecole française de Rome, 1995, pp. 1-5. Per approfondimenti cfr. anche M. Badas, La letteratura «

consegnata al popolo » : le vite dei santi nel Medioevo romanzo, in Idee di letteratura, a cura di D. Caocci e M.

Guglielmi, Roma, Armando Editore, 2010, pp. 120-131.

Page 2: L'agiografia francescana tra continuità e innovazione ...

2

rimodulazione del racconto della sua vicenda terrena.

Il nostro percorso di una durata di quasi ottocento anni tende a seguire

la linea segnata dagli scritti dedicati al racconto della vita di Francesco

d’Assisi, all’interno di quell’insieme di testi che Claudio Leonardi ha

definito come « un’agiografia stupenda, senza precedenti e senza confronti

»2. Si forniranno pertanto alcuni limitati ma interessanti esempi, collocati

in cronologie differenti ; in essi verrà mostrato come la trasformazione, a

volte impercettibile, a volte più marcata della figura di Francesco, non sia

mai casuale, ma rivelativa del tipo di società destinataria di tali testi.

1. Le prime agiografie e la questione francescana

Non si può ovviamente prescindere, per comprendere la storia

dell’agiografia francescana, da quanto accadde all’inizio della storia

dell’ordine, pochi decenni dopo la morte del santo fondatore3.

Vi è un episodio significativo che il primo volume dell’Atlante della

Letteratura Italiana, edito da Einaudi nel 2010, individua come evento,

piccolo nella sua episodicità, ma destinato a segnare un’epoca. Si tratta del

punto di partenza del saggio di Alessandro Barbero intitolato L'invenzione

di Francesco4, nel quale si ricorda la decisione dei vertici francescani, riuniti

a Parigi nel 1266, di autorizzare la circolazione di una sola biografia di san

Francesco, quella scritta pochi anni prima dal generale dell'Ordine

Bonaventura da Bagnoregio (1263). Tale disposizione portò alla

distruzione di tutte le precedenti versioni della vita del santo, comprese le

già celebri biografie di Tommaso da Celano (1228-29 e 1246-47),

distruzione per fortuna non compiuta fino in fondo. Com’è noto si volle

così esercitare una censura degli aspetti più scomodi della biografia del

fondatore, con l'esplicito intento da parte dei successori di reinterpretare le

sue volontà e rivedere i suoi insegnamenti. Francesco venne trasformato in

un alter Christus e furono eliminati gli aspetti più controversi della sua

personalità. È vero, e il saggio ne dà preciso conto, che alcuni episodi della

2 C. Leonardi, Le agiografie francescane, in La letteratura francescana, vol. II, Le vite antiche di san Francesco, a

cura di C. Leonardi, Fondazione Lorenzo Valla, Milano, Mondadori, 2005, p. XLIV. 3 Sulle agiografie del primo periodo del francescanesimo e sulla questione francescana è fondamentale il

volume di F. Uribe, Introducción a las hagiografías de san Francisco y santa Clara de Asís (siglos XIII y XIV),

Murcia, Publicaciones Insitituto Teológico Franciscano, 1999. Qui si cita dall’edizione italiana, peraltro

rivista e ampliata : F. Uribe, Introduzione alle fonti agiografiche di san Francesco e santa Chiara d’Assisi (secc.

XIII-XIV), Assisi, Edizioni Porziuncola, 2002. 4 Cfr. A. Barbero, L’invenzione di san Francesco, in Atlante della letteratura italiana, a cura di S. Luzzatto e G.

Pedullà, vol. 1, Torino, Einaudi, 2010, pp. 55-60.

Page 3: L'agiografia francescana tra continuità e innovazione ...

3

vita di Francesco vengono selezionati e omessi nella versione

bonaventuriana : questo è talmente evidente che Jacques Dalarun, nel

volume uscito nel 1996 La malaventura di Francesco d’Assisi, ritiene possibile

addirittura proporre, giocando con le parole, una pista di ricerca

paradossale: di fronte alla « Bonavventura » del santo come viene narrata

dal ministro generale, [si potrebbe] ricostituire la « Malavventura » di

Francesco, cioè tutto quello che l'agiografo sceglie di non conservare sul

Poverello e che il capitolo di Parigi, di conseguenza, votò tranquillamente

alla distruzione. Questo Francesco « malavventuroso » non sarà in sé più

storico di quello assunto da Bonaventura, prima che il ministro generale lo

rimaneggi, ma sarà la parte inassimilabile di Francesco5.

Occorre tuttavia evitare tagli troppo netti tra gli ideali di Francesco e

quelli dell'Ordine da lui nato, di cui la vita di Bonaventura è comunque

espressione, in quanto ciò non rende conto della continuità di una

tradizione che a partire dalla figura straordinaria di Francesco d'Assisi ha

cambiato progressivamente il volto della cristianità occidentale : peraltro

l’intento di Bonaventura nella stesura della sua biografia era quello di

cercare un compromesso tra la tendenza moderata e quella rigorista

dell’Ordine, tenendo presente le ragioni di tutti. Bonaventura non si è

perciò voluto soffermare su singoli episodi della vita di Francesco, su cui

non vi era accordo, ma cercò di interpretare in maniera comprensiva

quelle stesse storie che erano giunte da parte delle due fazioni con

significati spesso drasticamente differenti. Come sottolinea lo stesso

Dalarun « la “Malavventura” di Francesco deve essere colta tematicamente

e in una dialettica costante con la “Bonavventura” che, sola, le conferisce la

sua legittimità paradossale »6.

Bonaventura nella sua opera aveva sottolineato in particolar modo la

realtà mistica di Francesco, utilizzando racconti precedenti che conosceva.

Tuttavia il suo sguardo non era tanto diretto a ricostruire un passato ;

Bonaventura era anzitutto consapevole di trovarsi nel presente dinanzi a

un’inaspettata e inarrestabile espansione dell’Ordine che non pareva

arrestarsi. Per questo motivo nella sua descrizione delle origini si avverte

un certo distacco da tali fatti : l’imitazione di Cristo è qualcosa per

Bonaventura da vivere nel presente, non attaccandosi in modo eccessivo a

condizioni storiche differenti che rischiavano di risultare anacronistiche

per la situazione dell’Ordine, seppure neppure un secolo era trascorso.

L’unica cosa importante da sottolineare era appunto l’unione mistica a

Dio, l’abbandono a Lui senza alcuna riserva, l’essere condotti, proprio

5 J. Dalarun, La Malavventura di Francesco d’Assisi. Per un uso storico delle leggende francescane, Milano,

Biblioteca Francescana, 1996, p. 168. 6 Cfr. ivi, p. 169.

Page 4: L'agiografia francescana tra continuità e innovazione ...

4

attraverso questa unione, alla santità. Si comprende in questo senso la

centralità in Bonaventura di Cristo Crocifisso, verso cui Francesco, in

questo afflato di unione mistica verso Dio, provava effettivamente una

sincera e drammatica attrazione. Aldilà del suo carattere e di episodi

specifici inevitabilmente condizionati dalla storia, in Francesco era da

imitare questo suo amore per Cristo Crocifisso. In tale modo anche i frati,

oltre le proprie debolezze, si potevano sforzare continuamente di giungere

a Cristo ed essere santi7.

Il Crocifisso dunque diventa il centro della contemplazione come totale

annientamento e spoliazione di sé8 : non a caso nell’Itinerarium mentis in

Deum, Bonaventura rilegge tutta l’esperienza spirituale del fondatore a partire

dal conferimento delle stimmate sul monte della Verna, visto come piena e

totale conformità a Cristo9.

La decisione parigina del 1266 non fu però in grado di spegnere altre

voci. Oramai l’Ordine era nettamente diviso in due fazioni che avevano

adottato perfino un nome : « i frati della comunità » che di fatto seguivano

la linea di Bonaventura e « i frati spirituali » che predicavano un ritorno

alle origini del francescanesimo, basato sulla povertà radicale, e che

condannavano l’inserimento dell’Ordine nelle università e nella società in

genere10. Per fronteggiare la diffusione dell’opera di Bonaventura e la sua

imposizione come unica fonte per conoscere la vera vita del fondatore, gli

Spirituali cominciarono a prendere come loro riferimento altri testi, come

la Compilatio Assisiensis, risalente al 1276 circa, attribuita a frate Leone, e

che pertanto si poneva come uno dei testimoni più attendibili della vita del

fondatore11. Di quest’opera Claudio Leonardi sottolinea il carattere spesso

polemico, una spiritualità sobriamente nostalgica di un passato puro,

semplice e povero, ricco di episodi relativi a Francesco coperti da un velo

di miracolistico, l’immagine di Francesco e dell’Ordine come eletti da Dio

per una grande missione, e infine l’osservanza rigorosa della regola e i

contrasti insorti […] Francesco appare avvolto in un’atmosfera di intensa

7 Cfr. Leonardi, Le agiografie francescane cit., p. XXV. 8 Si comprende pertanto la predilezione per il culto della Santa Croce, spesso promosso dai francescani,

che però deve essere liberata da qualsiasi attributo di dolorismo ; infatti « le piaghe di Cristo, nella

tradizione medievale, sono piaghe gloriose, perché sono il segno che Cristo ha amato l’uomo sino alla

morte, sacrificandosi per amore, accettando la morte per dare all’uomo la sua stessa vita » (C. Leonardi,

Francesco d’Assisi, in La letteratura francescana, vol. I, Francesco e Chiara d’Assisi, a cura di C. Leonardi,

Fondazione Lorenzo Valla, Milano, Mondadori, 2004, p. XLII). 9 Cfr. C. Vaiani, Teologia e fonti francescane, Milano, Biblioteca Francescana, 2006, p. 64. Sul significato delle

stimmate cfr. Leonardi, Francesco d’Assisi cit., pp. XXXVIII-XL. 10 Cfr. Leonardi, Le agiografie francescane cit., p. XXVII. 11 « Compilatio Assissiensis » dagli scritti di fr. Leone e Compagni su S. Francesco d’Assisi. Dal ms. 1046 di

Perugia, II edizione integrale riveduta e corretta con versione italiana a fronte e varianti, a cura di M.

Bigaroni ofm (Pubblicazioni della Biblioteca Francescana, Chiesa Nuova - Assisi, 2), Santa Maria degli

Angeli-Assisi, Ed. Porziuncola, 1992.

Page 5: L'agiografia francescana tra continuità e innovazione ...

5

spiritualità, come un essere solo divino12.

Ad ambiente spirituale, ma a distanza di circa cinquant’anni dalla

Compilatio, devono essere ascritte altre due importanti opere

dell’agiografia francescana : lo Speculum perfectionis (1318)13 e gli Actus beati

Francisci et sociorum eius (1327-1337)14. A conferma che l’agiografia è uno

dei generi letterari più malleabili, capace a un’analisi approfondita di

mostrare urgenze e caratteristiche della società in cui i testi vengono scritti

e a cui sono destinati, si scoprono così nei testi degli accenti differenti, che

riflettono l’estremo tentativo da parte del partito rigorista di volgere a suo

favore la politica dell’Ordine e convincere il Papato delle proprie idee.

Francesco così viene presentato come santo, ma anche come fondatore ;

nell’immagine di Francesco emergente da questi testi non viene posta più

in primo piano l’unione mistica con Dio e la santità : piuttosto si insiste

parecchio sul rapporto con i frati.

Nello Speculum perfectionis Francesco appare pertanto nella sua estrema

povertà e umiltà, sempre caritatevole e pronto ad andare incontro a

qualsiasi bisogno del confratello15. Negli Actus, che sono la fonte latina

diretta dei Fioretti di San Francesco16, opera che a partire dalla fine del

Trecento ebbe in Italia una grandissima diffusione, Francesco per la prima

volta viene definito quasi alter Christus. La mistica di Bonaventura però non

trova più alcuno spazio e lascia il posto come afferma Leonardi

a un’aura favoleggiante, cioè una spiritualità mitica che

penetra tutti, uomini e cose ; una condizione paradisiaca già

presente sulla terra, onnipresente, che essendo irreale e

utopistica dà al racconto il suo tono pseudoispirato e

mitico17.

Lo Speculum perfectionis, è, com’è noto, centrale per l’avvio nel 1898 della

questione francescana. In tale data infatti Paul Sabatier pubblica questo

12 Leonardi, Le agiografie francescane cit., pp. XXVIII-XXIX. 13 Speculum Perfectionis. Introduzione di R. Manselli, Testo latino, versione italiana a fronte e note a cura di

M. Bigaroni ofm (Pubblicazioni della Biblioteca Francescana, Chiesa Nuova - Assisi, 3), Santa Maria degli

Angeli-Assisi, Ed. Porziuncola, 1983. 14 Actus beati Francisci et sociorum eius. Nuova edizione postuma di J. Campbell, con testo dei « Fioretti » a

fronte, a cura di M. Bigaroni e G. Boccali, (Pubblicazioni della Biblioteca Francescana, Chiesa Nuova -

Assisi, 5), Santa Maria degli Angeli-Assisi, Ed. Porziuncola, 1988. 15 Cfr. Leonardi, Le agiografie francescane cit., p. XXXIII. 16 I Fioretti di San Francesco, in Fonti francescane. Scritti e biografie di san Francesco d’Assisi. Cronache e altre

testimonianze del primo secolo francescano. Scritti e biografie di santa Chiara d’Assisi. Padova, Edizioni

Messaggero, 1990 (4a ed.), pp. 1125-1282. 17 Leonardi, Le agiografie francescane cit., p. XXXIV.

Page 6: L'agiografia francescana tra continuità e innovazione ...

6

testo18, sostenendo sia stato composto nel 1227 da frate Leone, prima

perfino della Vita prima di Tommaso da Celano19. Studi successivi hanno

riportato la datazione dello Speculum al secolo successivo, ma l’ipotesi

Sabatier ha avuto il pregio di aprire la riflessione riguardo la storicità delle

fonti agiografiche, mettendo in luce le problematiche filologiche,

metodologiche e storiografiche relative agli scritti francescani. Il suo

merito è quello di aver per la prima volta posto il problema di metodo

della distinzione tra agiografia e storia. Ci si chiese finalmente in che

misura opere agiografiche, composte evidentemente per motivi non solo

narrativi o di ricostruzione biografica, potevano restituire l’immagine

storicamente accertabile del fondatore. Tali riflessioni hanno permesso

oggi di comprendere come la storia della vita spirituale di un santo

trascende ciò che è storico e per questo la narrazione agiografica non deve

essere demitizzata a storia, ma accolta, compresa e giudicata (secondo la

metodologia delle fonti) nella sua forma, come una forma reale e

credibile20.

A partire da questa importante sottolineatura, va messo in rilievo che

nell’analisi delle agiografie francescane non si tratta di sezionare il testo,

cercando di rintracciare la verità di un singolo episodio o frammento in

connessione con fonti precedenti di maggiore autorità, ma di considerare

ogni testo un’unità indivisibile, con un’originalità, un’ideologia e una

struttura letteraria e agiografica propria.

Si è arrivati cioè a comprendere quanto si affermava all’inizio di questa

riflessione : l’agiografia non descrive la precisa scansione delle vicende

storiche riguardanti il santo, né intende farlo. Nel nostro caso specifico

dunque il testo non fa emergere la « vera vita di Francesco d’Assisi », ma

più che altro offre un ritratto della situazione del francescanesimo e più ad

ampio giro della società tutta all’epoca di stesura del testo21.

2. Un esempio di inizio Seicento: le raccolte fiorentine di fra’

Silvestro da Poppi

Già con la fine del Trecento, e il grande successo e fortuna dei Fioretti di

San Francesco a cui abbiamo fatto cenno, si assiste a un accento sempre più

marcato sull’aspetto della povertà di Francesco, in qualche modo

18 Speculum perfectionis seu S. francisci Assisiensi Legenda antiquissima auctore frate Leone, nunc primum edidit

Paul Sabatier, en Collection d’études et de documents sur l’histoire religieuse et littéraire du moyen-âge, Paris, 1898. 19 Cfr. Uribe cit., pp. 10-12. 20 Leonardi, Le agiografie francescane cit., pp. XXXVI-XXXVII. 21 Cfr. ivi, pp. XL-XLI.

Page 7: L'agiografia francescana tra continuità e innovazione ...

7

stravolgendo anche caratteristiche particolari della sua personalità,

addolcite in direzione di una gentilezza e una benignità fin troppo

esagerate nella loro persistente sottolineatura. Sarà interessante a questo

punto effettuare un’altra verifica del rapporto dialettico tra testo

agiografico e realtà storica, allontanandoci di oltre due secoli dalla società

in cui vennero redatti i Fioretti.

Tra la fine del Cinquecento e l’inizio del Seicento nel Granducato di

Toscana si respirava un ambiente un po’ provinciale, in qualche modo

chiuso e isolato rispetto a quanto accadeva nel resto d’Europa. Dal punto

di vista culturale si parla per questo periodo di Barocco « implosivo e

interiore », al fine di sottolineare questa chiusura, questa tendenza, anche

dal punto di vista dell’espressività culturale, al ripiegamento negli spazi

privati, che fossero lo studio, la camera o la cella di un convento. Anche la

spiritualità si caratterizza per tale introversione, come è dimostrato dal

fatto che Firenze si pone come particolarmente attiva nella diffusione e

nella traduzione degli scritti mistici del Cinquecento spagnolo, tra cui

quelli di Teresa d’Avila22.

In tale contesto, nel 1606 proprio a Firenze vengono raccolte e

pubblicate da fra’ Silvestro da Poppi, francescano minore osservante, due

miscellanee in onore del santo fondatore.

La prima (Sette canzoni di sette famosi autori in lode del Serafico Padre San

Francesco) raccoglie appunto sette canzoni, rispettivamente composte

nell’arco di circa un secolo dal vallombrosano Crisostomo Talenti, dal

domenicano Desiderio Scaglia, dal minore osservante Francesco Lelio

Ubaldini, dal più celebre poeta Gabriello Chiabrera, dall’arcivescovo di

Corfù Maffeo Venier, dall’agostiniano Paolo Emilio Barbarossa e dal

domenicano Pietro Martire Naldini23.

La seconda raccolta (Rime spirituali di diversi autori in lode del Serafico

Padre San Francesco), più consistente, contiene due poemetti agiografici

scritti rispettivamente da Lucrezia Marinelli e da fra Giovanni da Stia, una

serie di sonetti di vari autori (tra cui Crisostomo Talenti e il minore

osservante Matteo Baccellini da Stia), alcuni dei quali inediti (come quello

di Pietro Martire Naldini), altri di poeti celebri, quali Benedetto Varchi e

Torquato Tasso, e infine una ventina di madrigali scritti da Giovan Battista

22 Cfr. G. Forni, Florilegi fiorentini del primo Seicento in lode di san Francesco, in Rime sacre tra Cinquecento e

Seicento, a cura di M. L. Doglio e C. Delcorno, Bologna, Il Mulino, 2007, pp. 141-142. 23 Sette canzoni di sette famosi autori in lode del Serafico P. S. Francesco, e del sacro Monte della Verna,

raccolte da Fra Silvestro da Poppi Minore Osservante, Alla M. Illus. Sig. Cassandra Capponi ne’

Ricasoli, In Fiorenza, Appresso Gio. Antonio Caneo e Raffaello Grossi compagni, 1606.

Page 8: L'agiografia francescana tra continuità e innovazione ...

8

Marino e da Giovanni Battista Strozzi il Giovane24.

Il pregio di opere di questo tipo è quello proprio di farci rendere conto

nella diversità degli stili poetici e degli autori della tendenza di un’epoca,

chiamata a misurarsi sulla stessa figura di santo. Come si è visto accanto

ad autori celebri, se ne trovano molti più sconosciuti, confinati in quella

letteratura religiosa considerata, soprattutto a partire dall’Ottocento,

sempre più di secondo ordine25. Anche i metri e gli stili utilizzati sono dei

più diversi, specie nella seconda miscellanea, e contribuiscono a offrire

uno sguardo di sbieco al gusto di un secolo e al tipo di società verso cui ci

si rivolgeva.

Nelle Sette canzoni, come bene osserva Giorgio Forni in un accurato

saggio dedicato proprio a queste due raccolte fiorentine, « contro il

mondanizzarsi della lirica sacra come parte di un repertorio di temi

equivalenti si prospetta qui la ricerca esclusiva e totalizzante di un nuovo

Parnaso che riporti la parola poetica alla sua funzione primaria di

esemplarità morale e di elevazione contemplativa »26. In altre parole con

questi componimenti dedicati a Francesco d’Assisi si compie

un’operazione di nobilitazione della poesia a fini spirituali e mistici.

Occorre anche sottolineare, che le canzoni non sono affatto agili nel loro

procedere : la lettura appare faticosa, spezzata e spesso ripetitiva, a volte

complicata da immagini stravaganti e di difficile resa27.

Nella seconda miscellanea l’episodio delle Stimmate viene posto in

modo significativo al centro dei componimenti scelti per la raccolta.

Benedetto Varchi ad esempio, in un suo sonetto edito per la prima volta

nel 1573, mette in relazione il paesaggio « erto » e « scosceso » della Verna,

con la sua vicinanza « alle stelle »28 ; il paragone viene attestato anche nel

sonetto di Torquato Tasso A San Francesco nell’atto di ricevere le stimmate

(già pubblicato nel 1584), in cui le cinque piaghe risultano essere « quasi

24 Rime spirituali di diversi autori in lode del Serafico Padre S. Francesco, e del sacro Monte della Verna ,

raccolte da Fra Silvestro da Poppi de’ Minori Osservanti, A consolazione spirituale de’ devoti di

detto Santo, Al molto illustre Sig. Bardo Corsi, In Firenze, Appresso Volcmar Timan, 1606. 25 Pesa sotto questo punto di vista la clamorosa esclusione di questo tipo di produzione dalla storia

letteraria di De Sanctis. Cfr. A. Quondam, Nota sulla tradizione della poesia spirituale e religiosa (parte prima), «

Paradigmi e tradizioni. Studi (e Testi) italiani », 16 (2005), pp. 132-133. 26 Cfr. Forni cit., p. 144. 27 Cfr. ivi, p. 146. 28 « Sopra altissimo giogo in cima un erto / scosceso monte, assai presso alle stelle / per duro scoglio in

mille abissi aperto » (Benedetto Varchi, Sonetto n. 124, vv. 1-3, in Opere di Benedetto Varchi ora per la prima

volta raccolte con un discorso di A. Racheli intorno alla filologia del secolo 16. e alla vita e agli scritti dell'A. ;

aggiuntevi le lettere di Gio. Battista Busini sopra l'assedio di Firenze, Trieste, Lloyd austriaco, 1859).

Page 9: L'agiografia francescana tra continuità e innovazione ...

9

fisse / stelle »29.

Tra fine Cinquecento e inizio Seicento si assiste a un’altra serie di opere

in cui si ripropone il poema cavalleresco, che tanto aveva avuto successo

nel Rinascimento, per declinarlo nel sacro, in quello che viene chiamato «

epos dell’invisibile ». Il tentativo, bisogna dire, in genere fallisce o risulta

comunque di risultato insoddisfacente su una misura ampia come quella

del poema : quando invece, come nel caso delle nostre canzoni, o in

esempi di poemetti agiografici pubblicati sempre in questo periodo (quali

la Vita del Serafico et Glorioso S. Francesco di Lucrezia Marinelli, stampata

per la prima volta nel 159730, riportata in apertura della seconda silloge) si

assiste a un certa capacità dei poeti nel dare seguito in maniera

soddisfacente al proprio intento.

Comunque la trasposizione continua di motivi eroici in chiave di lirica

spirituale è tratto caratteristico comune alle due miscellanee : le metafore

di guerra sono continuamente presenti in più modalità ; nelle Sette Canzoni

Francesco viene definito : « inerme guerriero », « serafico eroe », «

combattente ignudo » di una nuova « Illiade » d’amore31 ; vi è a volte il

paragone tra Francesco e le grandi figure militari del mondo classico (ad

es. Maffeo Venier che nella sua canzone paragona analiticamente le figure

di Francesco e di Annibale)32. Compare anche il tema della battaglia

escatologica tra bene e male, che prende spunto da alcuni testi biblici, e che

fanno emergere san Francesco come « capitano », « sacro campione » o «

Alfiere » inviato da Dio a sventare le insidie del demonio33.

Particolarmente interessante è il sonetto di Crisostomo Talenti (Qual fu mai

sì famoso Eroe terreno) che, come giustamente evidenzia Forni, per primo

esplicitamente avvicina la figura del santo a quella dell’eroe, con una serie

di parallelismi tra forza guerriera e spirituale34.

Anche nei componimenti di Giovan Battista Marino vengono utilizzate

una serie di espressioni, provenienti dal registro del poema epico, che nel

29 « Francesco, mentre ne’ celesti giri / tien’ fissi gli occhi, il tuo Signor risguardi, / e l’ami e ’l brami e te

n’infiammi ed ardi, / e la sua morte e ’l nostro error sospiri : / perché qual aura che perpetuo spiri, / ti

passa al cor ardente spirto, e i guardi / acuti pur come saette o dardi, / e senti in te medesmo i suoi martiri.

/ Ma così dolce punge e dolce avvampa / il tuo dolce Signor, ch’ogni diletto / a lato a que’ tormenti amaro

stime. / E prendi allor (meraviglioso affetto !) / de le sue piaghe l’amorosa stampa, / come salsi colui che ’n

te l’imprime » (Torquato Tasso, Le Rime, n. 1661, edizione a cura di B. Basile, Roma, Salerno editrice, 1994,

tomo II, pp. 1907-1908). 30 Vita del serafico et glorioso s. Francesco. Descritta in ottaua rima da Lucretia Marinella. Oue si spiegano le attioni,

le astinenze, & i miracoli di esso. Con vn discorso del riuolgimento amoroso, uerso la somma bellezza, In Venetia,

presso Pietro Maria Bertano & fratelli, 1597. 31 Cfr. Forni cit., p. 150. 32 Cfr. Canzone spirituale sopra il monte dell'Auernia, oue s. Francesco hebbe le stimmate, di monsignor Maffio

Veniero arciuescouo di Corfù, In Fiorenza : nella stamperia de' Giunti, 1585. 33 Cfr. Forni cit., p. 164. 34 Cfr. ivi, p. 148.

Page 10: L'agiografia francescana tra continuità e innovazione ...

10

loro pathos mettono in primo piano l’eroismo della santità di Francesco. Si

comprende allora la profonda trasformazione rispetto al testo di

Bonaventura, dove in primo piano vi era lo sguardo di Francesco verso il

Cristo Crocifisso : pure Bonaventura parlava di miles Christi35, ma in uno

dei suoi madrigali Marino trasforma tutto questo immaginando un duello

d’amore di Francesco con Cristo stesso, dove lo scenario è il monte della

Verna.

Con Amor contendesti,

e d’Amor saettato, Amor vincesti.

Sanguinoso guerriero,

ferito, e feritore,

e vinto, e vincitore :

vinto, però ferito,

ma vincitore ardito.

In segno de la Palma, e de l’acquisto

porti le ’nsegne dell’amato Christo36.

Dunque la Croce risulta essere emblema della povertà, ma anche della

battaglia contro la morte, contro il male e il peccato. Il motivo tradizionale

di Francesco come miles Christi in queste miscellanee poetiche viene

pertanto riproposto con nuovi significati rispondenti a un certo gusto

letterario, ma diventa anche testimonianza di un determinato clima storico

e sociale. Non si deve dimenticare infatti che alla fine del Cinquecento i

cattolici sono chiamati a fronteggiare in uno spirito quasi di crociata il

pericolo proveniente dal protestantesimo, in seguito alla diffusione delle

idee di Lutero, Zwingli e Calvino ; riproporre la vicenda di Francesco nei

termini di un combattimento, seppure trasfigurato in senso spirituale,

rimandava inevitabilmente a questa situazione. È vero però che, per

quanto già affermato a proposito della dimensione intimista e ripiegata su

se stessa della spiritualità di questo periodo, il combattimento è qualcosa

che avviene anzitutto nella propria interiorità, che funge pertanto da

specchio personale di quanto accade al di fuori del proprio io37. Il

ritrovamento del significato di sé nella figura di Francesco in lotta

spirituale sul monte della Verna si pone pertanto come uno dei tratti

35 Ecco le parole di Bonaventura : « strenuissime miles Christi, ipsius fer arma invictissimi Ducis, quibus

munitus insigniter, omnes adversarios superabis » (San Bonaventura, Legenda maior XIII, 9). 36 Giovan Battista Marino, Rime, Madrigale 135, in La Lira. Rime del caualier Marino amorose, marittime,

boscherecce, heroiche, lugubri, morali, sacre, & varie, p. 364. In Venetia : presso Gio. Pietro Brigonci, 1664. Cfr.

Forni cit., pp. 152-153. 37 Cfr. Forni cit., pp. 174-175.

Page 11: L'agiografia francescana tra continuità e innovazione ...

11

maggiormente evidenti di questi testi, in cui l’individualismo di un’epoca

ha modo così di misurarsi, in una maniera vicina alla propria mentalità,

con il mistero di Dio.

3. I gosos dedicati a San Francesco in Sardegna tra Seicento e

Novecento

Un altro interessante esempio di riscritture della vita di Francesco

d’Assisi è costituito da alcuni componimenti in versi di tipo devozionale e

paraliturgico, noti con il nome di gosos38, composti in Sardegna a partire

dal Seicento fino al Novecento per la recita cantata, in genere in

coincidenza di festività sacre.

La maggior parte dei componimenti adotta l’ottonario come metro-base e ha

lo schema della sesta torrada, ovvero una strofa introduttiva, denominata pesada,

in genere di quattro versi, un variabile numero di strofe di sei versi, l’ultimo dei

quali ripropone una rima della pesada, e la torrada che riprende un numero

variabile di versi e le rime della pesada e viene ripetuta al termine di ogni strofa.

Si tratta dunque di componimenti à refrain, diretti eredi di quelli diffusi a partire

dalla seconda metà del Duecento in tutta l’area romanza (lo zejel arabo-

andaluso, la dansa provenzale, la canciòn medieval spagnola, il più tardo

villancico, sempre in Spagna, e la ballata italiana)39. I gosos sono attestati nelle

tre lingue maggiormente diffuse in Sardegna in questi secoli, ovvero il

sardo, il catalano e il castigliano.

Si registra un interesse crescente della comunità scientifica su tale

materiale, in quanto capace di offrire importanti e significativi dati

riguardo alla storia della religiosità del popolo sardo e alle dinamiche

culturali e sociali connesse con la produzione ed esecuzione di questi testi.

I francescani utilizzarono presto questo tipo di componimenti,

impiantando su tali schemi metrici anche le narrazioni riguardanti i santi

del proprio Ordine, e inserendo in esse le tematiche ormai tradizionali

della spiritualità francescana.

Si veda ad esempio il posto centrale che il mistero della Trinità occupa

38 Il termine gosos vige nella Sardegna centro-settentrionale, in diretto rapporto con il castigliano gozos. Nel

meridione si utilizza invece la denominazione goccius, risalente al catalano goigs. Questi avrebbero come

diretti ascendenti esperienze analoghe nella poesia religiosa catalana : si evidenzia infatti che i goigs

catalani, canti popolari di argomento agiografico, hanno una struttura metrica assai prossima ai

componimenti qui analizzati. Non tutti gli studiosi sono però in accordo con questa linea di continuità

pressoché diretta, ritenendo al contrario discutibile e perfino ininfluente tale apporto formale. 39 Cfr. G. Mele, Il canto dei Gòsos tra penisola iberica e Sardegna, in I Gòsos : fattore unificante nelle tradizioni

culturali e cultuali della Sardegna, a cura di R. Caria, PTM, Mogoro 2004, pp. 12-20 ; G. Porcu, Régula

castigliana. Poesia sarda e metrica spagnola dal ’500 al ’700, Nuoro, Il Maestrale, 2008, pp. 31-35.

Page 12: L'agiografia francescana tra continuità e innovazione ...

12

all’interno dell’ordine serafico40 ; si parla in questo senso di cristocentrismo

trinitario : con Cristo e attraverso Cristo Francesco scopre il Padre e può

effondere all’Altissimo delle lodi di grande valore lirico, così come

l’unione sponsale con la persona del Figlio è resa possibile dallo Spirito

Santo, grazie alla cui guida si può conoscere il volere di Dio e scorgere la

sua presenza nella vita dell’uomo41. Da qui nasce anche l’attenzione

francescana, già sottolineata per quanto riguarda Bonaventura, verso il

Cristo sofferente, che emerge in questi testi con una forza particolare : così

nel componimento Padre d’esemplu tantu si mette bene in evidenza, dopo

una serie di attributi facenti parti della tradizione agiografica classica, lo

stesso cristocentrismo caratteristico della spiritualità del santo d’Assisi.

Francesco, de Cristos innamoradu, è definito anche pura criatura de Cristos

crucificadu, con l’attenzione verso Gesù sofferente erede dalla visione

bonaventuriana e ripresa nel ritornello finale. Una sestina del medesimo

componimento, contenuta soltanto nella variante trasmessa dalla raccolta

Caboni, definisce Francesco un ateru Cristus (> ALTER CHRISTUS),

espressione fortemente condizionata, come visto, dal ritratto del fondatore

prodotto da Bonaventura.

Anche in un altro dei gosos dedicati a san Francesco (Cun quimbe piaes

signadu)42 gli ultimi due versi della pesada, ripresi come refrain, recitano

Franziscu veru ritratu / de Christos Crucificadu.

Occorre anche osservare che la povertà, vero e proprio emblema del

francescanesimo, nasce da questo profondo nesso con Gesù Cristo sul

Calvario, in una continua e ricercata immedesimazione con il Figlio, che

poi si riversa nell’atteggiamento di servizio verso gli uomini43. Non a caso

uno dei testi più citati da Francesco, e a seguire dagli altri testi minoritici, è

Mt 20, 28 in cui Cristo dice che « non è venuto per farsi servire, ma per

servire e dare la vita in riscatto per molti »44. Così nell’ultimo

componimento citato il santo fondatore è definito inimigu de riquesa / amigu

de pobertade / pienu de humilidade / in su pius perfectu gradu45.

Quanto è più interessante però a livello generale in questo tipo di

materiale è il fatto che siamo dinanzi a componimenti ascrivibili a un

livello intermedio tra produzione colta e religiosità popolare : si possono

40 Cfr. L. Iriarte, Vocazione francescana. Sintesi degli ideali di san Francesco e santa Chiara, Bologna, EDB, 2006,

p. 107. 41 Cfr. ivi, p. 114 ; C. Vaiani, La via di Francesco, Milano, Biblioteca Francescana, 20083, pp. 16-22. 42 « Con cinque piaghe segnato ». 43 Giovanni Iammarrone insiste proprio sul fatto che è Gesù Cristo povero e umile a costituire l’esperienza

fondante della spiritualità di Francesco (cfr. G. Iammarrone, La spiritualità francescana. Anima e contenuti

fondamentali. Una proposta cristiana di vita per il presente, Padova, Il Messaggero, 1993, p. 41). 44 Cfr. ivi, p. 113 ; Iriarte cit., pp. 50.54-55. 45 « nemico della ricchezza, amico della povertà, pieno di umiltà, nel suo più perfetto grado ».

Page 13: L'agiografia francescana tra continuità e innovazione ...

13

cogliere infatti nel loro tessuto testuale un evidente intervento dall’alto,

rintracciabile nella presenza a volte di complessi concetti teologici, insieme

allo sforzo di rendere accessibile a tutti il messaggio contenuto ; non si può

escludere neppure un intervento diretto da parte dei fedeli di adattamento

alle dinamiche religiose e devozionali emergenti o preesistenti.

Lo studio di questi componimenti agiografici, legati fortemente

all’aspetto del culto, fa comprendere dunque come le celebrazioni

liturgiche e paraliturgiche siano il più delle volte il terreno privilegiato per

l’incontro tra queste istanze differenti, legate all’istituzione ecclesiastica,

all’Ordine religioso che promuove il culto dei propri santi, all’autorità

politica di turno e all’insieme dei fedeli.

4. Alcuni cenni sull’agiografia francescana nell’Italia fascista

Si assiste a processi simili, pur con ovvie differenze legati alla diversità e

alla peculiarità dell’autorità in questione, in Italia durante l’epoca fascista.

In tali anni, in maniera moltiplicata rispetto ad altri periodi, il culto dei

santi non soltanto si pone come possibilità per proporre ai credenti

determinati modelli da cui prendere esempio per i propri comportamenti

morali e spirituali, ma diventa un autentico strumento di diffusione di

sistemi ideologici di pensiero promossi dall’autorità per il mantenimento

del potere. Tommaso Caliò ha recentemente osservato a proposito come i

mutamenti che investono la figura di Francesco d’Assisi nei primi anni

Venti del Novecento, e che si consolidano dopo le celebrazioni del VII

centenario della morte del santo nel 1926, si collocano alle origini di un

più generale processo di trasformazione delle forme espressive della

narrazione agiografica. E ciò non soltanto nella produzione erudita, com’è

ovvio in una stagione che poteva mettere a frutto le grandi lezioni di

metodo storico-agiografico sedimentatesi nei decenni precedenti di cui

proprio la questione francescana rappresentò una palestra eccezionale, ma

anche in quella più marcatamente devozionale e di propaganda cultuale46.

La capacità della narrazione agiografica di smorzare i toni, di far

passare attraverso la vita del santo precisi messaggi fortemente legati in

questo caso alla cultura fascista, conferma una volta di più quanto il

genere agiografico vada oltre una semplice ricostruzione in chiave

narrativa della storia esemplare, ma sia in grado di illuminare il presente

in maniera spesso più significativa di altri testi letterari.

Caliò porta tra gli esempi il poema di Eugenio Vallega del 1925 L’araldo

46 T. Caliò, « Il ritorno di San Francesco ». Il culto francescano nell’Italia fascista, in San Francesco d'Italia - Santità

e identità nazionale, a cura di T. Caliò, Roberto Rusconi, Viella, Roma, 2011, p. 45.

Page 14: L'agiografia francescana tra continuità e innovazione ...

14

del Gran Re, che narra in versi la vita di san Francesco47. Qui è evidente lo

sforzo dell’autore di legare la figura di Francesco a quella dei contadini,

mettendo in evidenza nella sua biografia il suo profondo rapporto con la

terra : Francesco si pone pertanto come patrono dei contadini. Tutto questo

si può comprendere con il tentativo di gestione da parte del potere fascista

del mondo rurale : mettere Francesco come capo spirituale di questa realtà

rispondeva anche all’iniziale convinzione che proprio nelle campagne il

ruolo del clero potesse essere quello di sentinella del regime, arginando

l’eventuale malcontento attraverso la direzione delle coscienze dei

credenti48.

Conclusioni

Il percorso fin qui fatto ha dunque mostrato la straordinaria capacità

della figura di Francesco d’Assisi di rendersi attuale per le società di ogni

secolo lungo la storia. I valori della spiritualità francescana sono sempre

gli stessi ma vengono riproposti in maniera nuova o con una diversa

accentuazione al fine di fare breccia nel cuore dei fedeli, andando incontro

alla loro cultura, o influenzando la loro mentalità a seconda delle

emergenze storiche del periodo o delle esigenze del potere di turno : nella

stesura e nella diffusione dei testi agiografici sempre si tiene conto di un

progetto, che può essere di tipo didattico o spirituale ma che a volte rivela

maggiormente il suo legame alla contingenza del presente con legami di

natura sociale, politica e perfino di propaganda.

Tutto il discorso merita ovviamente di essere approfondito, avendo la

possibilità di allargare l’indagine su una serie di testi agiografici poco

studiati o perfino inediti, rintracciando perciò una linea comune che lungo

i secoli ha fatto sì che la figura di Francesco non perdesse mai la sua

centralità nell’agiografia e nel culto.

Ancora oggi numerosi di questi testi vengono infatti riproposti nel canto

e nella recita collettiva nelle feste dedicate al santo di ogni parte d’Europa.

Questo è uno degli aspetti più interessanti dell’attualità di Francesco

d’Assisi, una delle testimonianze più dirette del fascino che la sua figura

ancora esercita nel popolo dei credenti e di rimando nella società tutta.

47 Cfr. E. Vallega, L’araldo del Gran Re. ossia l’Apostolo « della pace di Cristo nel regno di Cristo », Città di

Castello, 1925. 48 Cfr. Caliò cit., pp. 54-55.