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LABORATORIO SERVIZI ENOGASTRONOMICI SETTORE SALA E VENDITA - La Vite - Il Vino Biologico - Il Sommelier - Le Aree del Bar / Tipologie di Bar - Il Whisky - La Vodka - I Distillati - Succhi Frullati e Frappè - I Principali Tipi di Thè - Le Origini della Birra / Materie Prime per la Birra / I Tipi di Birra - La Cucina Flambè - Gli Stili di Servizio - La Ristorazione - La Brigata di Sala

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LABORATORIO SERVIZI ENOGASTRONOMICI SETTORE

SALA E VENDITA

- La Vite

- Il Vino Biologico

- Il Sommelier

- Le Aree del Bar / Tipologie di Bar

- Il Whisky

- La Vodka

- I Distillati

- Succhi Frullati e Frappè

- I Principali Tipi di Thè

- Le Origini della Birra / Materie Prime per la Birra / I Tipi di

Birra

- La Cucina Flambè

- Gli Stili di Servizio

- La Ristorazione

- La Brigata di Sala

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LA VITE

La vite e una pianta rampicante della famiglia delle vitacee diffuse in buona parte del

mondo. La pianta possiede un apparato radicale molto esteso che in situazioni di siccità

penetra fino a 6 metri nel terreno alla ricerca di sostanze nutritive.

LA COLTIVAZIONE

I terreni possono essere di varia tessitura (da argillosa a sabbiosa).

Le varie specie di vite si adattano a diversissimi tipi di terreno, la specie V. vinifera ha

una forte tolleranza a suoli calcarei a clima secco, e suoli aridi e drenati.

Le altre specie hanno diverse esigenze di terreno e clima; spesso le americane

preferiscono suolo acido o neutro, in qualche caso anche con buona tolleranza al calcare,

a volte con ottima resistenza a suolo e clima umido.

Per la Vitis vinifera la pratica dell'innesto su ibridi di selvatico americano rende

comunque possibile la coltivazione su terreni a diversa condizione di pH.

Le forme di coltivazione più adatte per l'uva da tavola sono la spalliera, la

controspalliera o la pergola, che risulta anche molto decorativa su appositi sostegni.

L'irrigazione è molto importante: per ottenere acini grossi e polposi occorre innaffiare in

quantità crescenti a partire dalla fioritura. Le irrigazioni vanno sospese 15 giorni prima

della raccolta per evitare la spaccatura degli acini.

IL GRAPPOLO

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Il frutto della vite e chiamato grappolo ed è composto dal raspo o rachide a cui sono

attaccate delle bacche tondeggianti chiamate acini, dal colore verdolino, giallino, o

violaceo.

L'acino

E' la parte più importante della vite perchè e qui che si concentrano le sostanze che

daranno vita al vino, esso può avere forme diverse: tondeggiante, ovale e a forma di

cono.

La struttura del acino e composta così:

• epicarpo: la parte più esterna, ricca di tannini e terpeni

• mesocarpo: la parte centrale principalmente di acqua zucchero e acidi

• endocarpo: la parte interna di sostanze tanniniche e acidi, nella quale si trovano

vinaccioli.

VENDEMMIA

Quando il rapporto fra acidi e zuccheri nei grappoli e in giusto equilibrio le uve vengono

raccolte. La vendemmia generalmente si svolge da agosto a Ottobre/Novembre

PIGIATURA

E' un operazione che consiste nel pigiare delicatamente gli acini del uva spesso prima si

effettua la diraspatura per ridurre gli aromi erbacei. Il succo d'uva ottenuto con questa

operazione viene chiamato mosto.

FERMENTAZIONE

Successivamente il mosto immesso in grandi tini di fermentazione, grandi recipienti

dove grazie al azione dei lieviti ha inizio la fermentazione tumultuosa chiamata cosi

perche il mosto ribolle per via della formazione di anidrite carbonica.

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SVINATURA

la fase successiva prevede la separazione del vino dalle fecce di fermentazione e dalle

vinacce che verranno torchiate ed avviate nelle distillerie per la produzione di grappa.

Travasato in altri contenitori il vino inizia una fase di maturazione, la fermentazione

lenta la quale esso subisce ulteriori trasformazioni grazie alle quali si armonizza e si

evolve; per i vini rossi è un importante processo la fermentazione maleolattica, ad un

opera di batteri lattici che trasformano l'acido malico dal sapore molto aggressivo in

acido lattico, dal sapore più morbido.

TRAVASI CORREZIONE E STABILIZZAZIONE

Con altri operazioni di travaso e filtrazioni si cerca di rendere il vino perfettamente

limpido, viene sottoposto ad operazioni di correzioni per rimediare eventuali difetti, di

stabilizzazioni per consentirgli una buona conservazione nel tempo.

AFFINAMENTO E IMBOTTIGLIAMENTO

A questo punto il vino subisce un periodo di maturazione in contenitori di acciaio in

caso di vini di pregio in botti di legno.

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IL VINO BIOLOGICO

Il Biologico continua a crescere. Nonostante il difficile momento economico che sta

vivendo il nostro Paese, il biologico non è più una moda o una nicchia di mercato: è una

realtà significativa dell’agroalimentare italiano.

l’Agricoltura Biologica è un modello di sviluppo sostenibile, basato sui principi di

salvaguardia e valorizzazione delle risorse e sul rispetto dell’ambiente e della salute del

consumatore.

Indica un metodo di coltivazione che porta a programmare la vinificazione fin dal

vigneto, credendo nelle potenzialità di una vigna senza chimica e rispettosa della zona

del vitigno. Il vino biologico è un prodotto che deriva da un metodo di coltivazione con

regole ben precise, stabilite dal Reg. CE 834/07 evitando forzature come concimazioni

chimiche e antiparassitari sistemici che tendono a stimolare la produzione quantitativa

della pianta a scapito di quella qualitativa e ad impoverire il prezioso rapporto

Terreno/Pianta/Clima che costituisce l’equilibrio necessario per lo sviluppo di una vite

forte, che produce uve sane, equilibrate, ricche e che rendono identificabili e unici i vini.

Per la fertilizzazione dei terreni, ad esempio, vengono impiegati concimi organici e per

la difesa delle coltivazioni da parassiti si agisce preventivamente rinforzando le piante

(ad esempio con concimazioni equilibrate), in modo diretto con trattamenti

antiparassitari di origine naturale (es. rame, zolfo, estratti di piante, ecc.) o impiegando

la lotta biologica (uso di organismi viventi antagonisti dei parassiti).

Perché si sceglie di produrre biologico?

Fino a una trent’anni fa era principalmente una scelta etica. Oggi, oltre a questo

importante aspetto, è divenuta anche una scelta imprenditoriale, poiché, sempre di più in

questi ultimi anni, il “vivere biologico” è divenuto una sorta di status-symbol, con la

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conseguente apertura del mercato a questo tipo di produzioni.

Cresce giorno per giorno la richiesta e il consumo di alimenti sani, “naturali”, cioè

ottenuti senza impatto ambientale e, soprattutto senza l’utilizzo di prodotti chimici.

Quali sono le differenze tra vino “tradizionale” e vino biologico?

La differenza sostanziale è che i vini biologici non contengono sostanze chimiche e

rispetto ai vini convenzionali hanno un valore aggiunto: rispettano e salvaguardano

l’ambiente ed il consumatore. Contengono inoltre più sostanze utili per l’organismo

umano, elementi come ad esempio il resveratrolo che numerose ricerche scientifiche

hanno dimostrato essere un protettivo per il sistema cardiocircolatorio.

Perché dunque scegliere un vino prodotto con uve ottenute da Agricoltura

Biologica?

Perché è sinonimo di qualità, genuinità e perché tutela la salute del consumatore e

dell’agricoltore, rispettando e salvaguardando l’ambiente.

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IL SOMMELIER

Il sommelier è un professionista in grado di effettuare un'analisi organolettica delle bevande al fine di valutarne la tipologia, la qualità, le caratteristiche, le potenzialità di conservazione, soprattutto in funzione del corretto abbinamento vino-cibo.

È impiegato in molteplici realtà aziendali, ultimamente anche nella GDO. Nei ristoranti si occupa della selezione dei prodotti, in accordo con la direzione della struttura, della redazione e dell'aggiornamento della lista dei vini nonché della gestione della cantina. Nella sala ristorante consiglia ai clienti il giusto vino da abbinare alle preparazioni dello chef. Cura il servizio dei vini stessi e di tutte le bevande alcoliche. Il sommelier non serve l'acqua, compito demandato esclusivamente ai camerieri.

Il sommelier professionista deve conoscere le principali regioni vitivinicole del mondo (enografia) insieme a nozioni normative (enolegislazione), la storia del vino, le tecniche colturali ed enologiche, i vitigni (ampelografia) e i vini; inoltre, non deve trascurare la conoscenza dei distillati, dei liquori, delle birre, dei principali cocktail internazionali, della gastronomia e della cucina.

E' responsabile dei vini in un ristorante qualificato che svolge la sua opera aiutato da uno o più commis. Attualmente il sommelier sta sempre più assumendo funzioni manageriali. Requisiti professionali ⁃ ottime conoscenze nel settore dell'enologia e della viticoltura ⁃ costante aggiornamento sulle nuove tendenze ⁃ conoscenza delle principali lingue straniere ⁃ perfetta conoscenza della degustazione e dell'abbinamento cibo vino ⁃ conoscenza delle tecniche dei servizi dei vini e delle bevande in genere ⁃ conoscenza delle tecniche di gestione del reparto beverage ⁃ capacita nel curare i rapporti con la clientela Le attrezzature del servizio del vino ⁃ tastevin ⁃ cavatappi ⁃ caraffa da decantazione o decanter ⁃ cestello porta bottiglia

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⁃ secchiello ⁃ glacette ⁃ termometro a lettura rapida ⁃ pinza ⁃ tappo stopper ⁃ candeliere e candela.

Gli strumenti

Oltre alla fondamentale preparazione tecnica ed al bagaglio d'esperienza che ogni sommelier deve possedere, vi sono alcuni accessori che risultano essere imprescindibili e fondamentali.

⁃ Il primo è il tastevin, oramai quasi caduto in disuso come strumento tecnico, ma che non deve mancare mai al collo di ogni sommelier, in quanto, nel corso degli anni, ha assunto il valore di autentico emblema della categoria. Oggigiorno, questo accessorio è utilizzato anche per informarci se un sommelier è in servizio oppure no. Quando è in servizio, il tastevin è posizionato normalmente, quando invece il sommelier termina il suo turno - o, comunque, si prende una pausa - appende la coppa metallica al taschino della giacca: questo ci dice che quel sommelier non è, momentaneamente, "operativo".

⁃ Lo strumento forse più importante è però il cavatappi. È con il cavatappi che il sommelier effettua l'apertura della bottiglia. Il cavatappi del sommelier deve essere di tipo tascabile, dall'estetica sobria, non particolarmente vistoso o appariscente. È dotato di lama, vite autofilettante e dente d'appoggio per l'estrazione. Questo tipo di cavatappi è disponibile in diversi materiali, ma le caratteristiche salienti rimangono comuni. Altri tipi di cavatappi - come, ad esempio, il ben noto modello casalingo, con le due caratteristiche leve d'estrazione laterali - non sono ammessi. L'eccezione alla regola, che ciascun sommelier sa di dover usare con moderazione, è rappresentata dal vecchio tirabusciòn, costituito dalla sola vite autofilettante e dal manico ad essa perpendicolare. Poiché questo strumento non ha denti d'appoggio o leve d'estrazione, è consentito - caso unico nel rigoroso codice della sommelierie - di bloccare la bottiglia stringendola tra le cosce, in modo da avere le mani libere per esercitare la necessaria forza per l'estrazione del tappo.

⁃ Il frangino, è un piccolo tovagliolo - solitamente di cotone bianco - utilizzato sia per pulire la bottiglia da eventuali residui di tappo o "lacrime" dopo la stappatura, sia per appoggiarvi la bottiglia nello spostarsi fra i tavoli ed i commensali e,

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infine, per asciugare il collo della bottiglia dopo aver versato il vino nel calice, onde evitare la perdita di gocce.

⁃ Un altro accessorio che non può mancare è il termometro. Per poter godere appieno le qualità di un vino, è imperativo che venga servito alla giusta temperatura, la quale varia, a seconda della tipologia del vino. Grazie al termometro (ne esistono di specifici, progettati proprio per l'uso enologico) il sommelier è in grado di valutare se una bottiglia ha la temperatura corretta o meno.

⁃ Infine, l'ultimo elemento - non certo per importanza - è l'abbigliamento. Quando esercita le sue funzioni, il sommelier deve essere vestito secondo il codice e la tradizione richieste dalle associazioni di categoria. A seconda delle circostanze, l'abbigliamento può variare, ma sempre rispettando regole precise. L'abito più comune è lo smoking, ma, in occasioni particolari, più risultare necessaria la marsina da cerimonia. Invece, in circostanze meno formali, può essere ammesso l'uso del grembiule lungo - solitamente di colore nero, ma sono concesse delle varianti - abbinato ad una camicia bianca, scarpe e pantaloni neri e farfallino, il quale può essere nero o riprendere il colore del grembiule.

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LE AREE DEL BAR

L ambiente del bar può essere suddiviso in 3 aree: Il Banco bar: è il cervello del intero locale, da questa area si gestisce l'intero lavoro, qui arrivano le ordinazioni, si preparano le bevande e si servono i clienti. Esso si di divide in: Bancone: è la linea che divide il barman dal cliente, esso e composto solitamente da acciaio inossidabile, ma non si escludono altri materiali. La parte frontale del bancone e in ben vista. Sotto il bancone troviamo una pedana di 10-15cm elevare il barman, quest'ultima deve essere rivestita di materiale antiscivolo e sezionata in 2 parte cosi da poterla alzare facilmente per la corretta pulizia. Sottobanco: qui troviamo frigoriferi, cassetti, e il cestino per i rifiuti macchina del ghiaccio, lavabicchieri, ecc.. Piano di lavoro: qui e destinata la preparazione delle ordinazioni, la maggior parte del piano di lavoro e occupato dalla mise en place: tagliere, shaker, pinzette, bicchieri, ecc. inoltre troviamo anche le bottiglieri termici collegati con i sottostanti frigoriferi Piano di servizio: è il punto di contatto tra il cliente e il barman, questo occupa una spazio di circa 40 cm di larghezza, qui dove troviamo adagiate bustine di zucchero, tovaglioli ecc.. Retrobanco: disposto alle spalle del bancone è uno scaffale dove vengono riposte attrezzature, possiamo trovare la macchina del ghiaccio il cestino dei rifiuti e il cassetto scarica residui del caffè, inoltre su questo piano d appoggio è situato il lavello con il rubinetto, sopra questo ripiano troviamo il cuore del bar: La macchina del caffè Bottigliera: La troviamo sempre alle spalle del barman, su di essa vengono riposte tutti i tipi di alcool, distillati e sciroppi di zucchero, posizionati SEMPRE dal barman in servizio per la presa veloce e alla rapida memoria Office: Piccolo ambiente che comunica direttamente con il banco bar, utilizzato per preparare semplici stuzzichini, snack, dolci ecc.. Aree di servizio: Toilette, sala interna e sala esterna

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TIPOLOGIE DI BAR

La parola BAR ha un origini incerte. C’è chi afferma che derivi dal verbo inglese to bar che significa sbarrare intendendo così la funzione del banco bar che separa l’operatore dal cliente.

Bar è anche detta quella sbarra che spesso si trova all’esterno del bancone e che può essere posta in basso per appoggiare i piedi o in alto con funzione di corrimano. La storia del bar è stata preceduta da quella dei caffè che apparvero in Europa in seguito alla diffusione della bevanda nera, il caffè, intorno al 1700. Il bar rappresenta l’evoluzione del caffè. Qualunque sia la sua origine è indubbio che quando si parla di bar si intende un esercizio pubblico dove la gente si ritrova e consuma bevande calde o fredde, piccole gastronomie e dove si può scambiare due chiacchiere e darsi un appuntamento. Di bar ne esistono una grande varietà tutti caratterizzati da particolarità proprie che li contraddistinguono. C’è il bar che apre la mattina per le colazioni e chiude prima di cena, quello che apre il pomeriggio e chiude tardi la notte, il bar d’albergo, il bar della piscina o della spiaggia, ecc. Le differenze tra un bar e l’altro sono determinate dalla posizione, dalla tipologia di clientela, dal tipo di servizio, dalla capacità del gestore ed altro.

BAR TRADIZIONALE

Aperto dalla mattina alla sera e adatto a qualsiasi tipo di clientela, dà la possibilità di bere caffè, bibite, birra, vino, liquori e distillati, (possibilità di gioco, carte, biliardo, ecc.) Spesso nello stesso esercizio sono compresi la vendita di tabacchi e ricevitorie.

PASTICCERIA CAFFETTERIA CAFFE’

Locale classico. E’ il perfetto punto di ristoro dove la clientela trova un servizio discreto imperniato principalmente su caffetteria e pasticceria.

TEA ROOM

L’origine delle sale da tè risale al 1700 ed è ancora molto diffuso in Europa. Locale raffinato, elegante, e di relax. Specializzato in assortimento di tè e infusi in genere. Spesso collegato al concetto di bar pasticceria.

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GELATERIA

L’offerta merceologica è basata sul gelato prodotto artigianalmente, dando al cliente la possibilità di scegliere tra una vasta gamma di coppe di gelato e bibite dissetanti.

MILK BAR

Bar specializzato in bevande a base di latte quali milk-shake, frappè, yogurt, frullati, ecc.

BAR BIANCO

La caratteristica di questo bar è quella di non vendere nessun tipo di bevanda alcolica

ENOTECA - VINERIA - WINE BAR

Offre una vastissima scelta di vini, con abbinamenti di piccoli stuzzichini. Ambientazione e atmosfera molto culturale.

PUB

D’origine tipicamente inglese, orienta la mescita delle bevande quasi esclusivamente alla birra ed al whisky. Tipico è l’arredamento di legno.

Spesso non è previsto il servizio al tavolo; il cliente va al banco ordina, paga e va a sedersi.

BIRRERIA

Ambiente caratteristico che ricalca il pub inglese. Offre al cliente, oltre ad una vasta gamma di birre alla spina ed in bottiglia, anche la possibilità di consumare panini e piatti tipici.

SNACK BAR

Offre accanto alle bevande, un ampio assortimento di cibi da consumarsi in breve tempo: tramezzini, panini, toast, primi e secondi piatti già pronti, dolci ecc. E’ situato in zone centrali della città, in centri commerciali, sulle autostrade, in aeroporti o in prossimità di stazioni ferroviarie.

AMERICAN BAR

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Ambiente riservato, raffinato, ed elegante, specializzato nel bere miscelato e nel servizio in generale. La qualità, ed il servizio, sono la prerogativa di questi bar. Personale molto qualificato nella conoscenza dei distillati, dei liquori e delle lingue straniere.

BAR D’ALBERGO

Trattasi di un “american bar” situato all’interno dell’albergo. Funziona principalmente per esaudire le richieste della clientela ospite dell’hotel.

BAR PISCINA

Bar situato vicino alla piscina.

E’ un american bar con particolare attenzione all’offerta di drinks dissetanti e freschi.

DISCO BAR

Riflette l’ambientazione della discoteca, ma non è permesso il ballo.

La musica ed il bere la fanno da padroni.

BAR DISCOTECA

Situato all’interno di una discoteca. La caratteristica è il servizio veloce di cocktails e bibite dissetanti.

Questa tipologia di bar è spesso il luogo ideale per i barman flair e free style.

PIANO BAR

American bar con musica dal vivo, e piccoli spettacoli. Servizio raffinato. Apertura serale.

NIGHT CLUB

E’ un locale notturno, con ballo, musica dal vivo e spettacoli internazionali. Il servizio è curato da professionisti che propongono bevande miscelate e prodotti di qualità.

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IL WHISKY

Uno dei distillati più conosciuti al mondo, prodotto esclusivamente dalla fermentazione di cereali, è una bevanda ricca di tradizioni e storia.

Le Origini Le origini del whisky si perdono e si confondono nel tempo. Andando a ritroso nella tradizione, tutte le informazioni confluiscono verso le regioni della Scozia e l'Irlanda. É plausibile pensare che in quelle regioni, dove la coltivazione di cereali è piuttosto diffusa, qualcuno abbia pensato di distillare il liquido dove bolliva orzo fermentato. Inoltre, è naturale pensare che la scoperta di una nuova bevanda, inebriante, gustosa e gradevole nelle fredde serate invernali, sia stata condivisa con amici dando vita ad un processo evolutivo che porterà la bevanda fino ai giorni nostri. R.J. Fobes, studioso tedesco e esperto della storia della distillazione, sostiene che un tempo si credeva che vicino Cashel, tra le antiche rovine Celtico-Irlandesi, ci fossero i resti di un distillatore in bronzo. Si dice che quando Enrico II d'Inghilterra invase l'Irlanda, trovò che in quei posti già si praticava la tecnica della distillazione.

Con molta probabilità l'arte della distillazione fu introdotta dall'Irlanda in Scozia nell'alto Medioevo, tuttavia non esiste certezza di questa ipotesi. Si può comunque affermare, senza timore di essere smentiti, che sia il whisky irlandese, sia quello scozzese, hanno alle spalle secoli di tradizione. Il primo documento dove si fa cenno ad uno spirito distillato dall'orzo in Scozia, è un registro di uno Scacchiere scozzese del 1494, dove si parla della fornitura di “otto boll di malto a Frate John Corr per farci l'acquavitae” nome equivalente al gaelico “Uisge beatha”, che in irlandese gaelico diventa “uisce beathadh”. La dizione più antica è quella Celtica “Usquebaugh”.

Da notare che questa prima citazione è riferita ad un religioso, sottolineando l'importante ruolo delle abbazie e dei monasteri che con la loro attività agricola, furono di fondamentale importanza per lo sviluppo delle tecniche di distillazione, la lavorazione della birra e del vino. Queste attività vennero praticate nelle abbazie e nei monasteri d'Inghilterra; mentre la lavorazione della birra veniva praticata ovunque, la distillazione dei cereali veniva praticata nell'area settentrionale.

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Da notare che questa prima citazione è riferita ad un religioso, sottolineando l'importante ruolo delle abbazie e dei monasteri che con la loro attività agricola, furono di fondamentale importanza per lo sviluppo delle tecniche di distillazione, la lavorazione della birra e del vino. Queste attività vennero praticate nelle abbazie e nei monasteri d'Inghilterra; mentre la lavorazione della birra veniva praticata ovunque, la distillazione dei cereali veniva praticata nell'area settentrionale.

Durante il XVI secolo in Scozia ed in Inghilterra vennero aboliti i monasteri e i monaci cacciati dalle loro sedi furono costretti, per vivere, a mettere a frutto le esperienze della vita monastica: le tecniche di distillazione lentamente si diffusero in tutto il paese. La diffusione fu così vasta che il Parlamento Scozzese, nel 1579, promulgò un atto nel quale si proibiva la distillazione dell'aqua vitae, ad eccezione dei signori gentiluomini che potevano distillare per uso personale. Questa norma si rese necessaria, non perché era in pericolo la sobrietà del popolo, ma perché l'attività di distillazione sottraeva i cereali destinati all'alimentazione. Carlo I, nel 1644, introdusse le prime imposte, ispirando così il parlamento Scozzese ad introdurre tasse sull'aqua vitae.

Nel seicento e nel settecento l'usque baugh veniva collegato sia all'Irlanda, sia alla Scozia. Un'altra testimonianza risalente alla fine del XVII secolo, viene da Martin Martin, che nel suo diario di viaggio attraverso le Ebridi scrive: “Esistono diversi tipi di liquori, detti comunemente Usquebaugh, e conosciuti altrimenti come Trestarig, vale a dire aquavitae, distillati tre volte, i quali sono forti e caldi” e “un terzo tipo di liquore viene distillato quattro volte, e questo dai nativi viene chiamato Usquebaugh baul: al primo sorso scuote le membra del corpo e due cucchiaiate sono una dose sufficiente; se qualunque uomo eccede questa dose, il suo respiro può arrestarsi subito e mettere in pericolo la sua vita”. Dopo qualche anno dalla creazione del Regno Unito, l'Union Act, il Parlamento cercò di allineare la normativa Scozzese con quella dell'Inghilterra promulgando una tassa sul malto, questo provocò una vera e propria sollevazione popolare talmente imponente da convincere il parlamento ad abrogare la norma. Un secondo tentativo di tassare il malto fu fatto nel 1725, ma ancora una volta furono causa di sommosse. Alla fine il Parlamento ebbe la meglio riuscendo ad imporre la tassa sul malto e a vietare addirittura la distillazione per uso privato. Nel 1784 venne emanato il Wash Act, il quale fece una distinzione tra Lowlands e Highlands sostenendo che i distillatori delle Highlands dovevano sopportare maggiori difficoltà rispetto ai concorrenti delle Lowlands. Questo provvedimento generò un flusso di whisky da nord verso sud e costrinse il parlamento ad aumentare la tassa per la concessione della licenza. Come se non bastasse, a rendere sempre più complicata la vita dei distillatori,

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contribuirono periodi di divieto alla distillazione causati dalla mancanza di cereali dovute a carestie.

Nel 1814 Londra decise di intraprendere una nuova via. Abbandonato il vecchio sistema di tassare la capacità dell'alambicco, si preferì una tassa fissa di 10 sterline per ogni alambicco. Nonostante queste nuove misure, il contrabbando continuò ad imperversare, anche perché gli Scozzesi, conquistati dagli Inglesi, non considerarono mai vinti, e ritenevano le norme inglesi un'interferenza. Il contrabbando si diffuse ampiamente e questo costrinse il Parlamento a cambiare di nuovo la normativa senza però cambiare l'atteggiamento degli Scozzesi, che continueranno a percepire come un'interferenza le intenzioni di Londra di uniformare il paese.

La Produzione Si prenderà come riferimento il sistema di produzione del whisky scozzese, gli altri sono sostanzialmente simili. Gli ingredienti sono orzo, lievito, acqua e torba. La stagione in cui si distilla è tra ottobre e maggio, i sottoprodotti della lavorazione non vengono sprecati ma vengono utilizzati, come vuole la tradizione scozzese, per l'alimentazione degli animali. Il processo trae origine dall'orzo: all'inizio si utilizzava solamente orzo locale ma già da alcuni decenni si utilizza orzo importato; questo fa comprendere che la qualità del whisky Scozzese non dipende dall'orzo utilizzato. La stessa cosa non si può dire per gli altri due ingredienti, l'acqua e la torba, che dimostrano essere determinanti per la qualità dello whisky. La prima fase della lavorazione è il “malting”, cioè la trasformazione dell'orzo in malto. Il malto consiste in orzo germinato attraverso un processo di macerazione in acqua, quindi, mediante il calore, viene essiccato. Questo processo inizia con la macerazione, che consiste nel bagnare l'orzo in vasche dette “steeps”, per favorirne la germinazione, la temperatura viene mantenuta a circa 20° C. Il tempo di macerazione varia a seconda delle condizioni del tempo e dalla qualità dell'orzo, generalmente da 48 a 72 ore. Quando l'orzo ha aumentato il proprio peso di una volta e mezza, viene fatta scolare l'acqua, quindi viene disteso sul pavimento, e a questo punto che ha luogo la germinazione, durante la quale l'amido si trasforma in maltosio. Al termine del processo, l'orzo si è trasformato in malto verde ed è finalmente pronto per l'essiccazione e per essere trasformato in zucchero.

Il malto verde è ricco d'acqua e deve essere passato in un forno a torba chiamato “Kiln” per essere essiccato. Il malto verde viene disteso ad un'altezza di circa 60 centimetri dal pavimento del forno, sotto il quale viene acceso un fuoco facendo bruciare della torba. Il fumo della torba, salendo, passa attraverso il pavimento e provvede ad asciugare e impregnare il malto cedendo anche i suoi aromi caratteristici.

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Al termine dell'essiccazione il malto viene ripulito, quindi macinato nel mulino e la farina che ne esce viene miscelata con acqua alla temperatura di circa 60° C, il cosiddetto “mashing”, fino a diventare un mosto dolce, detto “wort”. Il malto viene estratto tre o quattro volte a diversa temperatura dai 70 agli 80 gradi.

La fase successiva della lavorazione è la fermentazione. Il mosto viene fatto passare in un refrigerante e portato a 20 gradi centigradi e passato negli wash-back, enormi tini di fermentazione, dove insieme al mosto viene pompato il lievito di birra e subito inizia il processo di fermentazione. I lieviti consentono l'estrazione del destrosio dal maltosio e quindi convertono il destrosio in alcool ed anidride carbonica. É un processo violento e rumoroso: il liquido bolle con violenza generando schiuma. Al termine del processo, che dura dalle 36 alle 40 ore, si ottiene un liquido chiaro, che prende il nome di wash, costituito da acqua, lievito e alcool (circa il 5%). Il wash è un liquido fermentato pronto per essere distillato.

La distillazione è la fase successiva: è qui che si ottiene il'acquavite. Il whisky Scozzese di malto delle Highlands è tuttora distillato in alambicchi di rame detti “Pot still”. Ogni distilleria deve possedere almeno due alambicchi, uno per la prima distillazione, dal collo più grosso dal quale si ottengono i “low wines” (vini inferiori), ed un'altro, il “low wines still”, detto anche “spirit still”, per la seconda distillazione. Scartate la testa e la coda, che contengono impurità e sostanze nocive, rimane il cuore (middle cut) che è appunto il “malt whisky”. In queste ultime fasi è fondamentale l'abilità dello stillman, cioè il responsabile della distillazione: è lui che decide quando il liquido che esce dall'alambicco è whisky di qualità oppure no. Oltre all'esperienza, lo stillman fa alcune prove aggiungendo acqua al liquido ottenuto dalla distillazione: se diventa torbido vuol dire che la qualità è ancora bassa, solo quando il liquido resta limpido siamo di fronte a whisky vero e proprio. Fare whisky è senz'altro un'arte: un errore anche minimo nella fase di distillazione può compromettere l'intera qualità del distillato.

Il whisky appena distillato ha una gradazione compresa fra il 57% e il 60% d'alcol, incolore, brucia in bocca ed ha un sapore acre, praticamente imbevibile. Viene allungato con acqua in modo da ridurre la gradazione alcolica fino a 40°-43°. L'acqua è fondamentale, contribuirà a rendere il whisky inimitabile. Dopo questa fase si procede all'imbottamento, in botti di capacità non superiore a 185 galloni e alla conservazione in locali tenuti sotto controllo dai funzionari doganali di sua Maestà. A questo punto comincia la fase di maturazione. Il whisky scozzese, per legge, deve essere invecchiato per almeno 3 anni. Al termine di questo periodo il whisky è ancora immaturo e bisogna attendere almeno 6 anni prima di assaggiare un prodotto decente. La maturazione ottimale si ottiene dopo dieci anni d'invecchiamento. Nonostante il processo d'invecchiamento dipenda dalla grandezza della botte, non tutti i whisky maturano in maniera uguale: quelli delle Highlands maturano più lentamente e sono più longevi

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rispetto a quelli delle Lowlands e ai Campbeltown. Durante la maturazione si ha una perdita di volume e di forza dovuto dal grado di umidità del locale d'invecchiamento: maggiore sarà l'umidità e più il whisky perderà forza, minore sarà l'umidità e maggiore sarà la diminuzione di volume. Solitamente i fusti di rovere utilizzati per contenere lo sherry, quando sono usati per invecchiare whisky, sono capaci di conferire rotondità e tono, nonché uno splendido colore oro.

Lo sherry conferisce anche un certa morbidezza e a volte anche parte del suo aroma. Le botti per lo sherry non sono le uniche ad essere utilizzate per l'invecchiamento dello whisky, alcune distillerie utilizzano anche botti di Bourbon, Porto e Ammontillado. Al termine del periodo di maturazione, prima di procedere all'imbottigliamento, si provvede ad un'altra fase di riduzione alcolica utilizzando acqua, a seconda del mercato a cui è destinato, la riduzione finale porterà il whisky dal 40% al 45% di alcool. In commercio si trovano anche delle confezioni speciali denominate “cask proof”, queste non vengono diluite ed hanno una gradazione pari a quella della botte, 57% circa. Il 95% di tutto il whisky in commercio è blend, cioè una miscela di whisky, ed è il blender, il mastro miscelatore, che si occupa della creazione della miscela scegliendo sapientemente tra i forti whisky giovani ed i complessi whisky più vecchi, creando un nuovo prodotto con una specifica personalità.

Tipi di Whisky Esistono cinque grandi famiglie di whisky: lo scotch, l'Irish, il Bourbon, il Rye e il Canadian. Il whisky si distingue anche in:

• Blended - ottenuto da una miscela di single malt whisky con uno o più whisky di cereali ed è lo scotch più diffuso. Una miscela ben fatta non scende mai al di sotto di 25 tipi diversi e la media si aggira intorno ai 30, anche se alcuni blended ne contano anche più di 40. Se nella miscelazione la quantità di whisky di malto supera il 40%, il prodotto ottenuto viene classificato come super premium; se invece il whisky di malto si attesta tra il 30% ed il 40%, il whisky diventa un premium. Esistono anche dei whisky classificati come special che contengono una dose di malto che non supera il 30%. Ci sono anche dei whisky classificati come “first category” e “second category” la cui percentuale di malto non supera mai, rispettivamente, il 20% ed il 10%

• Single malt - proviene da una singola distilleria e utilizza una miscela di solo malto

• Single grain - utilizza sia il malto, sia altri cereali più leggeri come l'orzo non

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maltato e il mais. Utilizzato come componente per i blended, possiede una maggior gradazione alcolica ed invecchia più rapidamente rispetto ad un whisky di malto

I single malt si suddividono in:

• single malt delle Lowlands - proveniente da una zona che si estende da Dundee a Greenock

• single malt delle Highlands - prodotti nella zona a nord delle Lowlands • Speyside malt - prodotti nella valle dello Spey che con il suo microclima assicura

al whisky un carattere particolare • Islay malt - prodotti nell'isola omonima

Fra le varie tipologie di whisky si ricordano inoltre:

• Bourbon - whisky di produzione Americana. Gli agricoltori Americani, avendo a disposizione grandi quantità di cereali, tra i quali mais, orzo e segale, ebbero l'idea di provare a distillare: nacque così il Bourbon Straight whisky. Si tratta di un distillato da un impasto fermentato di cereali vari di cui almeno il 51% è mais. Non viene miscelato quindi non si tratta di un “blended”, distillato 2 volte, invecchiato almeno per 2 anni in botti di quercia tostate all'interno per ridurre l'apporto tannico del legno. Il Bourbon Straight Whisky si presenta con un bouquet elegante, morbido leggermente aspro, ottimo come aperitivo, con ghiaccio o acqua naturale o tonica

• Canadian Whisky - in Canada, verso la fine del 1700, vista la grande quantità di cereali a disposizione, un gruppo di coloni iniziò l'attività di distillazione. La base di partenza è una miscela di cereali, in prevalenza mais, precedentemente fermentati, miscelati dopo la distillazione. I Canadian vengono invecchiati in botti già utilizzate per l'invecchiamento dei whisky americani per un periodo da cinque a dieci anni. Il Canadian whisky ha un gusto rotondo, tipico dei blended, di cui fa parte. Ottimo “on the rocks” o liscio come digestivo

• Irish Whiskey - la definizione “Irish” evidenzia il luogo di produzione: l'Irlanda. Distillati da orzo, avena e segale, gli Irish vengono invecchiati per un minimo di cinque anni, si presentano con un color biondo con riflessi verdi, dal sapore secco con un sottofondo dolce amaro, senz'altro diverso da qualsiasi altro whisky. Ottimo a fine pasto come digestivo

• Scotch Whisky - indicato come aperitivo, liscio on the rocks, come digestivo, utilizzato anche in cucina

• Tennessee Whiskey - viene distillato da un'impasto fermentato composto da

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mais, minimo 51%, con l'aggiunta di segale, orzo e avena. Dopo la distillazione viene filtrato attraverso strati di carbonella di acero bianco del Tennessee. Invecchiato per almeno 5 anni in botti di rovere tostato, dal gusto pieno con profumi floreali. Ottimo come aperitivo, con ghiaccio o aggiunto ad acqua naturale o tonica

Whisky o whiskey? La differenza tra whisky e whiskey è fondamentale: il whisky è quello tradizionale scozzese mentre quando si parla di whiskey si intende quello irlandese. Le differenze non finiscono qui. In Scozia l'orzo viene fatto asciugare immerso nel fumo della torba, che trasferisce al malto gli aromi di affumicato che si ritroveranno nel prodotto finito. In Irlanda il malto viene fatto essiccare in forni chiusi, quindi il suo gusto non viene contaminato, e conserva tutti gli aromi di malto e miele. Un'altra differenza è che il whiskey in Irlanda viene distillato tre volte per renderlo più puro e morbido, per contro il whisky Scozzese viene generalmente distillato due volte.

Come Si Beve Il whisky è molto versatile e può essere bevuto come si vuole. Ideale liscio o con un bicchiere d'acqua, oppure con ghiaccio (on the rocks) ma anche con l'aggiunta di soda, acqua minerale, limonata, ginger ale o altri analcolici. Vista la versatilità del whisky, molti cocktail lo vedono come componente fondamentale. In Scozia tradizionalmente si beve prima di pranzo o di cena o in tarda serata, o come aperitivo con poca acqua. L'acqua, sostengono alcuni, non deve essere acqua minerale ma purissima acqua di sorgente perché l'acqua minerale ha un proprio sapore che altera quello del whisky.

Mentre gli assaggiatori di vino utilizzano del pane per ripulire la bocca, gli estimatori di whisky utilizzano del formaggio a pasta dura dal gusto non aggressivo, oppure del cioccolato amaro con acqua. I malti non migliorano con l'aggiunta di ghiaccio, sia “on the rocks”, sia con acqua. Un buon modo è quello di sorseggiare, dopo aver annusato, piccolissime quantità di whisky, lasciandole per qualche secondo tra la lingua e il palato, alternando dei sorsi di acqua e limone. Tutto ciò serve ad ammorbidire le asperità e allo stesso tempo ad ampliare ed allungare il gusto e il sapore.

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LA VODKA

Produzione della vodka

Il regolamento (CE) N. 110/2008, stabilisce che la vodka è la bevanda spiritosa ottenuta da alcole etilico di origine agricola, ricavato per fermentazione, in presenza di lieviti, di patate e/o cereali; o altre materie prime agricole, per distillazione e/o rettificazione onde attenuare selettivamente le caratteristiche organolettiche delle materie prime impiegate e dei sottoprodotti della fermentazione.

Tale procedimento può essere seguito da ridistillazione e/o da un trattamento con coadiuvanti tecnologici adatti, come il carbone attivo, onde conferire al prodotto caratteristiche organolettiche particolari.

Il titolo alcolometrico volumico minimo della vodka è di 37,5 % vol.

Gli unici aromi che possono essere aggiunti sono le sostanze aromatiche naturali presenti nel distillato ottenuto dalle materie prime fermentate. Possono essere inoltre conferite al prodotto caratteristiche organolettiche particolari, ma non un gusto predominante.

La descrizione, la presentazione o l’etichettatura della vodka non prodotta esclusivamente dalle materie prime indicate, recano la menzione «distillata da …», accompagnata dal nome delle materie prime utilizzate per produrre l’alcole etilico di origine agricola.

La scelta dei cereali è molto variabile ed è fatta in base a quelli maggiormente prodotti nel Paese d'origine. La vodka originale russa, la wodka polacca, e la vodka finlandese, sono ottenute dall'alcol raffinato di cereali, prevalentemente grano e/o segale, della massima purezza. In altri Paesi si utilizza anche il distillato di patate.

Le migliori qualità di vodka russa, si ottengono dal malto di segale fermentato con lieviti selezionati, al quale, si possono unire in piccole proporzioni, sempre diverse: avena, frumento, orzo e grano saraceno. Elemento molto importante è l'acqua, che deve essere pura. L'acqua, prima di essere unita ai cereali, è depurata attraverso sedimentazione e filtraggi su sabbia di quarzo, ed è acqua "viva" non essendo né bollita né distillata.

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L’acqua non è utilizzata solo per la lavorazione dei cereali, ma anche per la diluizione del distillato, e le sue caratteristiche di purezza e freschezza sono, a questo fine, importantissime. La distillazione della vodka avviene in alambicchi continui e il distillato dopo una parziale o completa diluizione con acqua, subisce una filtrazione su carbone di betulla, il cui scopo è liberare il distillato da odori sgradevoli dovuti a composti non desiderati.

Il risultato di questa lavorazione è un'acquavite incolore, con un aroma particolare e sottile, che la differenzia dalle vodke prodotte in altri Paesi europei o da quelle statunitensi, più neutre e insapori.

Vodke russe

Oltre alla vodka detta "neutra", per il sapore quasi privo di caratteristiche distintive, esistono numerosi altri tipi di vodka, ai quali, durante la lavorazione, sono aggiunti aromi particolari come: limone, foglie del pero e del melo, garofano, peperoncino, pepe ed erbe della steppa.

Le più note vodke russe aromatizzate sono:

Limonnaya

aromatizzata al limone e leggermente dolcificata, ha un tenore alcolico di 35°.

Okhotnichya

la "vodka del cacciatore", è aromatizzata con erbe e miele d'erica e tenore alcolico di 45°.

Pertsovka

questa vodka con tenore alcolico di 35° è aromatizzata con peperoncino.

Starka

ha un tenore alcolico di 43°aromatizzata con foglie di frutti, brandy e porto.

Zubrovka

è la vodka aromatizzata con un'erba chiamata bucloe, e ogni bottiglia ne contiene un filo.

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Wodke polacche

Tra le wodke polacche aromatizzate le più conosciute sono:

Zubrowka

è la wodka aromatizzata con un'erba aromatica della steppa di cui si nutrono i bisonti. É da quest'erba che secondo le credenze antiche, i bisonti ricevono la loro forza.

Polmos Zubrowka

come la precedente ma con sentore di mandorla.

Starka

è la vodka invecchiata per oltre 10 anni in botti di quercia e tenore alcolico di 50°. Pieprzowka, aromatizzata al peperoncino.

Cytrynowka

aromatizzata al limone.

Come si consuma

É necessario che la vodka sia consumata fredda ma non gelata. Bevuta sola è meglio liscia; non si deve aggiungere mai del ghiaccio, ma raffreddare il bicchiere e tenere la bottiglia nel frigorifero. Per mantenere fresca la vodka si usano i bicchieri cilindrici, o pipette, contenenti la porzione di distillato già freddo. Le pipette, al momento del servizio, saranno sistemate in piccole ciotole colme di ghiaccio tritato, a parte si dà il bicchiere freddo, che può essere una coppetta da cocktail o un tulipano.

La vodka aromatizzata è vodka cui è stato conferito un gusto predominante diverso da quello delle materie prime;

• il titolo alcolometrico volumico minimo della vodka aromatizzata è di 37,5 % vol.;

• la vodka aromatizzata può essere edulcorata, assemblata, aromatizzata, maturata o colorata;

• la vodka aromatizzata può essere venduta anche con la denominazione formata da qualsiasi aroma predominante insieme al termine «vodka».

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La vodka, si consuma abitualmente come digestivo o come dissetante. Insieme al gin, è una delle basi alcoliche più importanti nella miscelazione dei cocktail, short o long drink, perché la sua qualità di distillato neutro le permette di assumere il carattere di ciò con cui è miscelata, aumentandone la percezione alcolica, senza variarne il sapore.

Un po' di storia

Vodka è una parola di origine russa, forma arcaica diminutiva di acqua, voda, sopravvissuta solo perché attribuita ad una bevanda alcolica che esiste da secoli.

É nello stato moscovita che la distillazione, intesa come strumento commerciale e non come fatto casalingo e personale, sembra essersi sviluppata, e in particolare è quasi certo che la produzione della vodka abbia avuto inizio sul finire del XIV secolo in un monastero della città di Mosca, da qui, appunto, la denominazione di moskovskaja vodka, cioè «vodka originaria di Mosca».

Anche i polacchi hanno il loro bravo ruolo nella lunga storia di questo distillato, e ne rivendicano la paternità affermando che il termine russo, vodka, abbia avuto origine dal polacco woda, con lo stesso significato di acqua, il nome passò poi in Russia solo alla fine del XIX secolo.

Originaria della Polonia o della Russia, la vodka era, comunque, già largamente diffusa nei due Paesi fin dal 1500.

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I DISTILLATI

Dal punto di vista tecnico i distillati fanno parte delle cosiddette bevande spiritose ovvero "bevande alcoliche destinate al consumo umano". Per definizione, esse hanno caratteristiche organolettiche particolari e un titolo alcolometrico minimo di 15% vol. Le bevande spiritose sono prodotte sia direttamente mediante distillazione, macerazione o aggiunta di aromi, sia mediante miscelazione di una bevanda spiritosa con un'altra bevanda, con alcol etilico di origine agricola o con taluni distillati".

Di fatto nella categoria bevande spiritose oltre alle acquaviti vi sono compresi i liquori, che sono miscele di alcool o altri distillati con acqua, zucchero e sostanze aromatiche diverse, nonché gli amari.

Teoricamente un distillato si può ricavare da qualunque materia zuccherina fermentabile. Tuttavia le materie prime più usate per la produzione di distillati sono:

• il vino (da cui si ottengono il cognac, l'armagnac, il pisco ed il brandy) • le vinacce (cioè le bucce e i vinaccioli dell'uva, da cui si ricava la grappa) • il mosto d'uva (da cui si ottiene l'acquavite d'uva) • il sidro (da cui si ottiene il calvados) • la canna da zucchero (da cui si ottengono il rum e la cachaça) • i cereali (da cui si ottengono il whisky, il gin, in parte la vodka, e molti altri spiriti

"bianchi"), • le radici ed i tuberi amidacei o zuccherini (da cui si ricavano la vodka, e molti altri

spiriti "bianchi") • numerosi frutti da cui si distillano le acquaviti corrispondenti (es. kirsch, slivovitz,

ecc.)

Esistono innumerevoli altri distillati prodotti con i più diversi fermentati, anche di origine animale, spesso di uso estremamente locale.

Origini

La tecnica distillatoria era già nota ai babilonesi ed agli antichi egizi che distillavano il vino ed il sidro. Essa fu conosciuta dai greci, che la usavano per ricavare acqua dolce dal mare, ma non per gli alcolici; la distillazione era patrimonio dei sacerdoti e di pochi adepti in Egitto durante l'epoca ellenistica romana, e venne trasmessa agli arabi. La diffusione dei distillati in occidente iniziò intorno al X secolo grazie alla Scuola medica

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salernitana che riprese le tecniche insegnate dai medici arabi andalusi, estraendo l'acquavite dal vino, dapprima solo per uso medicinale.

Schema produttivo

Il processo produttivo può essere sintetizzato con i seguenti passaggi:

• preparazione del mosto; • fermentazione; • distillazione; • stabilizzazione; • invecchiamento (eventuale); • riduzione di grado o diluizione (con acqua demineralizzata); • refrigerazione (abbassamento di temperatura per eliminare impurità) (tecnica

facoltativa); • riposo • imbottigliamento • controlli fiscali

LA DISTILLAZIONE La distillazione è quel processo che permette di trasformare dei succhi, ottenuti tramite fermentazione, in acquaviti ad alto contenuto alcolico (75°-90°). Dopo aver aggiunto acqua distillata al fine di ridurre la gradazione alcolica, viene messa a maturare per periodi e con modalità differenti secondo il tipo di distillato. L'unico tipo di zucchero che questi distillati possono contenere è il caramello che ha la funzione di colorante. I liquori sono invece ad alto contenuto zuccherino (almeno il 15%), possono contenere coloranti e sono molto aromatizzati dalle sostanze di cui sono composti. Il grado alcolico è spesso (anche se non obbligatoriamente) inferiore a quello dei distillati.

La distillazione può essere continua (alambicco a colonna alambicco continuo, su armagnac.fr. (archiviato dall'url originale il 27 dicembre 2013). o discontinua (alambicco a caldaia).

Nella distillazione discontinua il carico, detto cotta, viene scaricato una volta che si è esaurito; successivamente si ricarica la caldaia con nuovo fermentato. Questo tipo di

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distillazione viene eseguita in alambicchi di rame con il collo detto a cigno ed utilizzata per la produzione di whisky di malto, cognac, brandy, grappe, calvados, ed in genere per i distillati di maggior pregio.

Nella distillazione continua la colonna di distillazione viene alimentata ininterrottamente dal fermentato, ed il distillato viene continuamente estratto. Essa viene impiegata per la produzione di vodka, grappa, brandy, gin, rum, tequila, whisky di cereali, e per la produzione industriale di alcol buon gusto.

Nella distillazione si separano dapprima le frazioni più volatili (acetaldeide ed altri acetati) che costituiscono la cosiddetta "testa", poi la frazione nobile (il "cuore") costituita dall'alcol etilico, ed infine si eliminano i composti più pesanti che vaporizzano a temperature più elevate dei precedenti, cioè la "coda", che contiene composti artefici di valori organolettici scarsi se non sgradevoli.

Alambicco

Lo strumento per ottenere un distillato è il distillatore o alambicco.

Gli alambicchi per la produzione di distillati possono essere:

• discontinui; • continui.

Alambicco discontinuo

Si compone di:

1. caldaia in rame; 2. coperchio che convoglia i vapori idroalcolici nel collettore; 3. collo di cigno che si diparte dal duomo e si congiunge alla caldaia con il

refrigeratore; 4. refrigeratore;5. 5. provetta di saggio per controllare il grado alcolico del distillato.

Il riscaldamento del prodotto da distillare nella caldaia può avvenire:

• a fuoco diretto: con il fuoco che riscalda direttamente la base della caldaia (alambicco charentais)

• a bagnomaria; attraverso il riscaldamento dell'acqua contenuta in un'intercapedine che circonda la caldaia (alambicco Zadra)

• a vapore: con una corrente di vapore che passa attraverso il prodotto da distillare.

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Alambicco continuo

Si compone di due alte colonne di distillazione (analizzatore-rettificatore). Il funzionamento dell'alambicco continuo può essere suddiviso in sei fasi:

• la miscela alcolica entra nella colonna analizzatrice dove viene riscaldata: si produce un primo distillato detto "flemma";

• la flemma passa nella colonna rettificatrice; il calore consente di separare l'alcol e altri elementi volatili;

• i residui acquosi del processo si depositano sul fondo; • i vapori che salgono all'interno della colonna vengono raffreddati dai nuovi

residui di distillazione; • la frazione rimanente (cuore) si riconverte in liquido; • gli ultimi residui sono eliminati in cima alla colonna, raccolti e sottoposti a una

nuova distillazione.

Stabilizzazione

Molti distillati hanno bisogno di un breve riposo in acciaio o direttamente in bottiglia per armonizzarsi ed avere dei sapori meno pungenti ed aggressivi, ancora presenti quando appena usciti dall'alambicco.

I distillati subiscono una riduzione del grado alcolico tramite la miscelazione con acqua distillata, ed una stabilizzazione attraverso la refrigerazione a circa -10 °C in modo da far precipitare le sostanze più pesanti, causa spesso di torbidità; infine vengono filtrati.

Talvolta vengono additivati di zucchero per un tocco di morbidezza, mentre l'aggiunta di caramello o zucchero bruciato ne influenza il colore, per far apparire invecchiati i distillati giovani.

Invecchiamento

I distillati come il whisky, il cognac o l'armagnac devono essere invecchiati in botti di legno secondo il disciplinare di produzione, per le grappe invece l'uso è facoltativo. La cessione di sostanze da parte delle botti fa sì che i distillati si arricchiscano degli aromi del legno.

Questi dipendono dalla qualità dei legni, dalla tostatura delle botti, oltre che dal grado di umidità dei locali e dalle condizioni ambientali in cui riposa il distillato. L'invecchiamento può raggiungere molti decenni.

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Aromatizzazione

L'aromatizzazione è l'aggiunta di varie piante officinali ai distillati. Questa può avvenire con diverse modalità:

• infusione nel distillato stesso; • aromatizzazione dei vapori idroalcolici; • macerazione direttamente nella bottiglia; • preparazioni idroalcoliche macerate, decotte o infuse ed addizionate al distillato.

IL MAGGIOR DISTILLATO ESPONENTE IN ITALIA è SENZA DUBBIO: La grappa: Il più Italiano fra i distillati; non può chiamarsi grappa, infatti, se non è prodotta in Italia. Conosciuta già intorno all'anno 1000 dai monaci (allora per scopi terapeutici), è un prodotto della distillazione di vinacce (graspi, bucce, vinaccioli, e quello che resta in genere della spremitura delle uve per produzione del vino). Dopo aver passato anni bui in cui era considerato un distillato di serie B, bevuto soprattutto nelle osterie, spesso di qualità dozzinale, la grappa ha avuto la sua rinascita negli ultimi anni, grazie ad un miglioramento della qualità e ad una studiata strategia di marketing, basata in particolar modo sul "packaging", sull'aspetto delle bottiglie. Troviamo ora, infatti, innumerevoli bottiglie di grappa di varie forme e misure che fanno bella mostra sui banchi di bar di tutta Italia (e non solo). Gran parte del merito di questo rilancio è anche dovuto al fatto che qualche distillatore ha pensato bene di introdurre sul mercato grappe di monovitigno, che esaltano i sapori propri del tipo di uva da cui provengono, o distillati di uva, che anche se non sono propriamente grappe, vanno ad infilarsi bene nello stesso mercato. Le grappe possono essere di vario tipo: le più giovani, che vengono conservate in vasche d'acciaio, mantengono le stesse caratteristiche che avevano dopo la distillazione, non hanno cioè aggiunta di tannini o altre sostanze dovuta al passaggio in botti di legno. Quelle invecchiate al contrario, prendono, da un periodo passato in botte (che in genere ha già contenuto del brandy), un colore paglierino ed aromi particolari che tendono ad ammorbidire il gusto del distillato. Quelle di monovitigno, come già detto, mantengono le caratteristiche del vitigno da cui provengono, avremo quindi distillati più morbidi o

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più secchi a seconda della provenienza del tipo di uva impiegata. Le grappe poi possono anche essere aromatizzate con erbe e piante, in questo caso saranno di gusto deciso e alterato rispetto alla grappa liscia a favore degli aromi delle erbe aggiunte. Come per i vini possiamo dividere le grappe per zona di provenienza. IL SERVIZIO E LA DEGUSTAZIONE La grappa è uno fra i pochi distillati ad avere un bicchiere appositamente studiato: ha lo stelo lungo, è panciuto alla base e si stringe a camino salendo verso l'imboccatura. Questo tipo di bicchiere è fatto apposta per incanalare i profumi e per permetterci di assaporarli tutti. In caso di distillati di frutta invece è possibile berli freddi. In entrambi i casi si tratta di ottimi digestivi, corroboranti. Piuttosto difficili da miscelare nei cocktails in quanto il loro sapore risulta predominante e non sempre gradito.

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SUCCHI FRULLATI E FRAPPE'

Fra le bevande più salutari al bar, possono essere proposte al cliente quelle a base di frutta il barman può offrire due tipologie di succhi: - i succhi di frutta non freschi: sono prodotti industriali proponibili in qualsiasi periodi dell'anno. I succhi di frutta non freschi in commercio sono: Nettare di frutta: consiste in un succo di frutta o purea concentrato in una percentuale non inferiore al 50%, al quale si aggiungono acqua e zuccheri. Succhi di frutta concentrati: sono frutti che subiscono un eliminazione dell'acqua pari al 50% del contenuto del frutto utilizzato. Succhi di frutta da concentrato: si ottengono reinserendo nel succo di frutta concentrato l'acqua in precedenza estratta durante la concentrazione ridando cosi gli aromi e le caratteristiche nutrizionali perdute. Succhi di frutta in polvere: consistono in prodotti totalmente disidratati e poi, in seguito rigenerati con dell' acqua sono sicuramente i succhi che hanno meno proprietà nutritive rispetto agli altri appena visti. Inoltre abbiamo anche i succhi di frutta freschi fatti al momento, che sono le bevande con più nutrienti proponibili in un bar. Le centrifughe: sono realizzate con diversi tipi di frutta o verdure (sedano, carote ecc.) si preparano nell'omonimo attrezzo composto da un gruppo motore, e da un raccoglitore della polpa.

I frullati

Nei frullati la frutta viene appunto frullata in tutte le sue parti (compresa la buccia) e quindi si aggiunge il latte. L’aggiunta di latte è opzionale, ma rende il frullato sicuramente molto più nutriente, modificandone l’aspetto nutrizionale. Il latte, infatti, fornisce un contributo di proteine e grassi che in quello di sola frutta mancherebbe totalmente, riducendo l’alimento a un concentrato di zuccheri e fibre.

Il frullato, per la sua elevata percentuale di frutta non è affatto paragonabile ai succhi di frutta, ove manca generalmente la componente di fibre e si ha un ridotto contenuto vitaminico (spesso i succhi industriali sono sottoposti a processi termici di sterilizzazione che ne alterano il contenuto vitaminico).

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I frullati, per loro natura, sono invece generalmente consumati freschi, appena preparati, risultando quindi un concentrato di energia sotto forma di zuccheri semplici e degli elementi nutritivi così importanti del latte.

L’abitudine a consumare frullati di frutta può essere un valido espediente per far consumare ai bambini una giusta dose quotidiana di latte, in quanto il sapore dolce della frutta rende il latte, per taluni, più appetibile. Da limitare invece l’apporto di zucchero, in quanto aumenta il contenuto calorico senza avere in cambio particolari vantaggi; se, infatti, la frutta è ben matura, è sufficiente il fruttosio contenuto nel frutto per conferire alla bevanda un gusto gradevole.

Naturalmente, data la varietà delle ricette, è ben difficile una valutazione sull’apporto nutrizionale, che dipende dal tipo di latte usato (intero o scremato), dalla frutta e dall’aggiunta o meno di zucchero e/o liquore.

I frappé

I frappé si distinguono dai frullati perché alla preparazione di base di questi ultimi si aggiunge anche il ghiaccio tritato (o, più semplicemente, del gelato).

Il termine frappé, infatti, significa proprio “liquido colpito dal freddo”, in quanto l’aggiunta del ghiaccio ne abbassa istantaneamente la temperatura.

A differenza dei frullati, i frappé, che sono essenzialmente una bevanda fredda (tant’è che la possiamo tranquillamente considerare una bevanda tipicamente estiva), utilizzano spesso nelle ricette di preparazione liquori, menta o caffè in sostituzione della semplice frutta.

La sostituzione del ghiaccio con gelato alza notevolmente il contenuto calorico (al limite, per non esagerare con le calorie, rendendo la bevanda meno liquida, si può fare a meno e di usare il gelato e di usare i cubetti di ghiaccio sostituendo questi ultimi con cubetti di latte ghiacciato).

Dal momento che vengono generalmente serviti in notevoli quantità (calici o bicchieri di grandi dimensioni) e spesso integrati da altri alimenti (biscottini, liquore) il contenuto calorico dei frappé può essere ragguardevole e per niente paragonabile a quello di semplici bevande dissetanti. Devono quindi essere considerati veri e propri alimenti, paragonabili a piccole porzioni di dolci.

Le calorie totali possono essere ridotte evitando di aggiungere lo zucchero (del resto, come già abbiamo accennato parlando dei frullati, sia la frutta che il latte sono già

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abbastanza dolci di per sé). È opportuno evitare di utilizzare la panna montata. Chi lo gradisce può sostituire il latte vaccino con quello di soia.

Se vi trovate in un locale e si desidera un frappé è opportuno evitare i cosiddetti milkshake, generalmente preparati con sciroppi di frutta di qualità veramente scarsa.

La soluzione ideale è sempre quella di prepararsi un frappé in casa in modo da essere sicuri degli ingredienti che si utilizzano e dell’apporto calorico.

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I PRINCIPALI TIPI DI TE’

Esistono molti tipi di tè particolari, soprattutto in Cina, ma possiamo raggruppare la

produzione mondiale di tè nelle seguenti categorie principali:

TÈ VERDI

I principali produttori e consumatori sono la Cina ed il Giappone, seguiti dal sudest

asiatico. Questi tè non subiscono fermentazione delle foglie, ma esse vengono essiccate

appena raccolte. Ci sono svariati tipi di tè verde in Oriente ma i più famosi in Occidente

sono i giapponesi Gyokuro, Matcha e Tencha, Sencha, Bancha, Hojicha e Genmaicha, i

cinesi Longjing, Xiang Bo Lu e Pi Lo Chun e l'africano Gunpowder.

TÈ NERI

Questi tè vengono prodotti favorendo la reazione fra gli enzimi (presenti soprattutto

nelle foglie) e le catechine o i polifenoli (contenuti soprattutto nei giovani germogli)

dando origine ad una serie di sostanze che non sono presenti nelle foglie inizialmente.

Questo processo, che chimicamente è un’ossidazione catalizzata seguita da una

polimerizzazione, viene definito fermentazione, e quindi i tè neri vengono definiti

fermentati. Tipi di tè neri sono i cinesi Keemun e Panyong e gli indiani Assam e

Darjeerlin

TÈ WULONG (OOLONG)

Si tratta di tè semifermentati, per i quali la fermentazione viene bloccata prima che il tè

diventi nero. Di conseguenza certi saranno più simili ai verdi ed altri avranno una

fragranza simile ai tè neri.

TÈ BIANCHI

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Il tè bianco deriva dalla prima fogliolina all’apice del fusto del germoglio, che viene

raccolto prima che si apra. La particolare raccolta del germoglio per questo tipo di tè

viene fatta in solo due giornate per sole due volte l’anno, all’inizio di aprile e in

settembre, e viene sospesa se piove o se c’è troppo vento. Per produrre questo tè le

foglie vengono semplicemente raccolte, essiccate e confezionate cercando di impedire

del tutto il processo di fermentazione, col risultato che il contenuto di caffeina è più

basso che negli altri tipi di tè. Inoltre da alcuni tra i numerosi studi che sono stati

condotti sui vari tipi di tè, risulta che il tè bianco, ancor più che quello verde, ha una

spiccata attività nell’inibire mutazioni genetiche nei batteri. Altri studi dimostrano che

l’estratto solido del tè bianco possiede proprietà disinfettanti, ritardando la crescita di

stafilococchi, streptococchi e di quelli responsabili della carie dentaria

TÈ PU'ER

Questo tè viene fermentato due volte: mentre la prima fermentazione è in tutto

assimilabile a quella del tè nero, la seconda è una vera e propria fermentazione

microbica, poiché sulle foglie già ossidate viene steso uno strato di muffe e batteri che

gli donano un sapore caratteristico di terra fresca.

COME DEVE ESSERE SERVITO

La preparazione del tè prende talvolta l’andamento di un rito, eseguito in tutto il mondo

con modalità diverse, a seconda dell’importanza attribuita a questa bevanda. Le tecniche

di preparazione sono molte e variano da paese a paese e per le varie qualità di tè.

Quello che qui analizziamo è il metodo europeo. Per preparare un buon tè occorre:

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• acqua buona: non troppo dura (cioè non ricca di calcio e magnesio) e che non odori di

cloro o altro;

• un tè di buona qualità e fresco;

• una corretta tecnica di preparazione.

Riportiamo di seguito le fasi della preparazione.

1. Riscaldare l’acqua: la temperatura giusta è di circa 90-95° per i tè neri e oolong

(quando fa le prime bollicine), 70-75 °C per i tè verdi. L’acqua deve essere

minerale, oppure prelevata dal rubinetto; quella della macchina espresso non è

adatta, perché produce un tè con sapore “piatto” per mancanza di ossigeno e talvolta

ha un gusto metallico.

2. Riscaldare la teiera con acqua calda (che poi viene gettata).

3. Aggiungere il tè: se sfuso un cucchiaino di foglie per ogni tazza più uno per la

teiera, se in bustina una per persona.

4. Fare l’infusione, versando l’acqua calda nella teiera, girando un poco, chiudendo la

teiera e lasciando in infusione. Quanto tempo dobbiamo lasciare in infusione?

Ricordando che, oltre al tempo, occorre rispettare anche la corretta temperatura

dell’acqua, ecco delle indicazioni generali:

- tè verdi, 3" (a 70-75 °C);

- tè neri, 4-5" (a 90-95 °C);

- tè oolong 6-7" (a 90-95 °C);

- tè bianchi 10-15" (a 70 °C).

Ogni tipo di tè in realtà andrebbe sottoposto a una propria infusione, con

informazioni reperibili presso fornitori qualificati.

Ricordarsi che minore è il tempo di infusione, maggiore è l’aroma che si percepisce;

inoltre un tè più forte non si ottiene aumentando il tempo di infusione (si ottiene

solo un tè amaro o pieno di tannino) ma aumentando la quantità di tè.

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5. Servire il tè nelle tazze, se necessario filtrando prima con un passino.

A piacere il tè può essere addizionato con piccole quantità di latte

freddo, limone o acquavite (solitamente rum, ma anche brandy, gin, whisky e altri).

Il latte permette di bere un tè dal gusto meno astringente, il limone modifica, oltre al

sapore, anche il colore del tè, che diventa più chiaro.

Alcune miscele possono essere aromatizzate, con ottimi risultati, anche con una fetta

d’arancia.

L’aromatizzazione può essere prevista solo per il tè nero, mai per il verde o l’oolong. In

realtà gli estimatori aborriscono l’aggiunta di limone, tollerano una nuvola di latte per i

tè neri forti, e invitano a consumare il tè senza zucchero, in particolare i tè verdi e

oolong. È giusto sapere (anche se non occorre dirlo al cliente, a meno che non venga

chiesto) che l’aggiunta di limone e, in particolare, di latte riduce o annulla molte

proprietà salutari del tè.

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LE ORIGINI DELLA BIRRA

Sumeri e Babilonesi

Le origini della birra sono antiche e risalgono a circa 13.000 anni fa, quando l'uomo cessò di condurre una vita da nomade e si stabilì in maniera fissa sul territorio, cominciando a coltivare cereali come il frumento. Le prime testimonianze nella storia della preparazione di una bevanda simile alla birra da parte dei Sumeri, gli abitanti della fertile fascia di terra tra il Tigri e l'Eufrate, sono datate all'incirca a 6.000 anni fa. Si narra che il processo di fermentazione fu scoperto per puro caso; sebbene nessuno sappia con precisione come accadde, si suppone del pane o del grano macinato fu lasciato per sbaglio ad inumidire. Successivamente il pane cominciò a fermentare trasformando la mollica in una pasta inebriante. Un bassorilievo sumero riporta la descrizione del processo di creazione della birra; si può notare dell'orzo, del pane cotto e successivamente inumidito nell'acqua per formare una poltiglia ed infine una bevanda con la proprietà di “fare stare bene chi la beveva”. Può darsi che il pane fosse cotto per favorirne la conservazione ed il trasporto. Sulla base di questi rinvenimenti si suppone che i Sumeri siano stati la prima popolazione civilizzata della storia capace di produrre birra, bevanda che, oltre ad esser bevuta, veniva offerta in dono agli Dei; è stato scoperto infatti un vero e proprio inno alla dea della birra Ninkasi, il cui testo altro non è che la ricetta su come produrre birra. Dopo la caduta dell'impero sumero nel 2000 A.C. la Mesopotamia divenne terra dei Babilonesi, che assorbirono la cultura e l'arte di produrre birra; le testimonianze ci dicono che questa popolazione ne produceva ben 20 varietà. Di cui 8 di puro frumento, 8 di puro orzo e 4 derivate da una mistura di vari cereali. A quel tempo la birra era torbida e non filtrata, perciò la birra veniva bevuta con la cannuccia, per evitare che i residui molto amari si depositassero sulle labbra. La birra fu persino esportata in Egitto, ad oltre 1000 km di distanza, e tale fu la sua importanza nella società babilonese che il re Hmmurabi inserì una legge nel suo famoso codice che stabiliva la quota massima di birra concessa giornalmente agli abitanti, che variava, a seconda della classe sociale, dai 2 ai 5 litri. Nella storia la birra divenne anche merce di scambio; veniva infatti barattata con orzo ed altri cereali. Tuttavia non poteva essere venduta; si narra che Hammurabi condannò

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all'annegamento una donna per aver venduto la propria birra in cambio d'argento. La pena dell'annegamento era destinata anche a chi servisse della birra non buona.

La storia della birra in Egitto

Gli Egizi proseguirono nella tradizione birraria, migliorandone la tecnica ed affinando il gusto del prdotto. Certe popolazioni del Nilo, chiamate Fellahs, producono tutt'oggi la birra secondo la tradizione. L'importanza della birra nell'antico Egitto fu tale che spinse gli scriba a coniare un nuovo geroglifico che indicava il “mastro birraio”. Sebbene la birra, così come la conosciamo, abbia visto le proprie origini in Mesopotamia, altre bevande fermentate furono prodotte in tutto il mondo. Ad esempio la Chicha è una birra di granturco ed il kumiss è un drink prodotto con il latte di cammello fermentato. La parola birra deriva dal latino bibere (bere), e la radice della parola spagnola cerveza deriva da Ceres, la dea greca dell'agricoltura.

Greci e Romani

La birra continuò ad esser prodotta anche da Greci e Romani. Plinio parla della popolarità della birra nel bacino del Mediterraneo ancor prima del vino e della vite. Ad ogni modo, sebbene a Roma la birra fu considerata una bevanda barbara e soppiantata dal nettare degli dei, il vino (e dal suo dio, Bacco), questa continuò ad esser prodotta negli altri territori dell'Impero dove risultava difficile coltivare le viti ed ottenere vino. La birra al tempo non era conservabile, era scura e non produceva schiuma. La più antica testimonianza della produzione di birra sul suolo germanico risale all'800 A.C. ed è costituita da un'anfora da birra rinvenuta vicino a Kulmbach. E' invece risaputo che qualche centinaia di anni dopo la nascita di Cristo, la birra costituiva un comune articolo commerciale. Lo stato d'alterazione creato dalla birra fu considerato divino, al punto che si pensava fosse la rappresentazione della Dea Birra che si impossessava del corpo del bevitore. La produzione di birra assunse un ruolo fondamentale nella quotidianità; la birra non fu più considerata esclusivamente bevanda da offrire in sacrificio agli dei, bensì trovò spazio su gran parte delle tavole degli antichi Germanici. La non-deperibilità della birra, data dalla presenza di alcool, contribuì all'innalzamento dell'età media ed al miglioramento della salute della popolazione, mentre le sue capacità automedicali alleviarono i disagi di una vita in un mondo ostile..

Birra e birrificazione nel Medioevo

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Fino al Medioevo, il processo di birrificazione era appannaggio delle sole donne. Lentamente questa prerogativa svanì man mano che la birra cominciò ad esser prodotta nei monasteri; questa arte fu adottata dai monaci (belgi e olandesi in primis) per mantenere vivo il legame tra la birra e la religione. Le prime donne babilonesi che produssero birra erano infatti sacerdotesse del tempio. Veniva prodotta la birra “leggera”, adatta ad esser consumata quotidianamente, e la birra ad alto contenuto alcolico, destinata alle occasioni speciali. Durante i matrimoni in Gran Bretagna, un tempo veniva prodotta la “birra della sposa” (bride ale). Pian piano la birrificazione divenne un'attività prettamente maschile; i monaci migliorarono il gusto ed i valori nutritivi delle loro birre, che affiancavano a pasti frugali, essendo permessi fino a 5 litri giornalieri a testa. In poco tempo i monaci cominciarono a produrre molto più del necessario, e cominciarono perciò a vendere la propria eccedenza; con l'indebolimento della chiesa la birrificazione fu eseguita da coloro che prima si limitavano a commerciare. Talune birre si guadagnarono il marchio reale e l'approvazione delle classi dominanti. Purtroppo i regnanti del tempo intuirono i possibili guadagni che si potevano fare sul commercio della birra, e spinsero per impedire ai monaci, che non pagavano tasse, di operare in un campo talmente redditizio. La birra era consigliata perché considerata più salutare dell'acqua che, al tempo, era spesso contaminata; col passare del tempo il luppolo cominciò ad essere utilizzato nella birrificazione, contribuendo nella conservazione della birra ed aggiungendo freschezza al gusto. Il luppolo sostituì una mistura di erbe chiamata “Grut”, composta tra l'altro da bacche di ginepro, prugnolo, corteccia di quercia, assenzio, seme di cumino selvatico, anice, genziana, rosmarino, che giocò un ruolo nefasto nella storia della birra. Spesso le erbe utilizzate per il Grut erano velenose, allucinogene o mortali; gli inspiegabili decessi fondarono la credenza che esistessero delle Streghe della birra, che cominciarono ad esser perseguite durante l'Inquisizione; si narra che l'ultima strega sia stata arsa al rogo nel 1591. Con l'uso del luppolo la birra rivelò il suo aspetto benigno ed assunse un aspetto ed un gusto simile alla birra dei giorni nostri. Nel 1516 Guglielmo IV duca di Bavaria promulgò la Legge Germanica di Purezza della Birra, stabilendo che per la produzione della stessa fossero impiegati esclusivamente orzo (successivamente anche malto d'orzo), luppolo ed acqua pura. Al tempo, l'uso del lievito era sconosciuto; la fermentazione era ancora un processo casuale.

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Si può affermare che la legge di Guglielmo IV sia la più antica regolamentazione in materia culinaria, ed i mastri birrai tedeschi ancora si attengono a tale dettame. Con il tempo si sviluppò l'esportazione della birra; nel XVI sec. la società HANSA creò centri di produzione, stoccaggio e smistamento a Brema - principale fornitore di Olanda, Inghilterra e Paesi Nordici ed India - Amburgo ed Einbeck dove si produsse la birra Bock . Anche Berlino possiede una viva tradizione birrariaed un ruolo prominente nella storia della birra, dove sotto il regno di Federico Guglielmo I la birra divenne bevanda socialmente accettata e servibile a corte.

Lo sviluppo Industriale

Lo sviluppo industriale provocò agli inizi del XIX sec. un enorme miglioramento nella birrificazione; due invenzioni rivoluzionarono particolarmente il processo. La prima è il motore a vapore di James Watt e la seconda è la refrigerazione artificiale di Carl von Linde, che permise di produrre birra eccezionale anche in estate.

La storia della birra: La Birra ai giorni nostri

L'invenzione di Watt applicata al processo di birrificazione creò un nuovo tipo di Birrifici, che si autodefinirono Birrifici a vapore, mentre la refrigerazione di Linde permise di mantenere i 4 - 10 gradi centigradi necessari per produrre una buona lager, cosa prima attuabile solamente con l'impiego di grossi blocchi di ghiaccio o disponendo di celle fredde e profonde. L'impianto di raffreddamento di Linde fu adottato per la prima volta in un birrificio di Monaco. Importanti scoperte scientifiche furono inoltre fatte da Louis Pasteur, che pubblicò nel 1876 un trattato sulla birra dal titolo “Etudes sur la Bière”. Un'ulteriore scoperta va attribuita allo studioso danese Christian Hansen, che isolò una singola particella di lievito, riuscendo successivamente a riprodurne i microrganismi in una coltura artificiale, aumentandone la purezza e perfezionando il gusto della birra. Sul piano economico va citato il forte impatto che il prezzo della birra e gli effetti di una sua seppur minima variazione; ad esempio, nel 1888 i cittadini di Monaco insorsero quando questo aumentò. Nel 1964 in Germania i barili in legno furono sostituiti da taniche in metallo, più funzionali dal punto di vista tecnico in quanto più semplici da pulire, riempire, tappare, chiudere e trasportare.

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Materie prime per la birra

Acqua, malto, luppolo, lievito

Come la storia della birra ci ha mostrato, la ricetta base della bevanda non ha subito grosse trasformazioni, a parte l'introduzione del luppolo come sostanza amaricante e conservante in sostituzione del Grut ed il raggiungimento di una certa consapevolezza e conseguente valorizzazione del lievito e delle sue proprietà fermentanti. Quattro semplici sostanze sono alla base della produzione della birra; in primo luogo l'acqua, seguita dal malto, dal luppolo e dal lievito.

Eccovi una breve panoramica di queste sostanze;

• L' Acqua. Parrebbe scontato citare l'acqua tra le materie prime per la produzione di birra, ma va specificato che esistono acque con proprietà organolettiche differenti, le quali incidono in maniera rilevante sulla qualità della birra ottenuta. Anche gli stili birrari sono direttamente legati all'acqua presente nella zona geografica di produzione di ciascuna birra; acque dure, ossia con una presenza di Calcio e Magnesio superiore alle 60 ppm ( parti per milione ), sono indicate nella produzione di birre quali stout, porter, bock e doppelbock, in quanto ne esaltano il sapore amaro dei malti tostati; mentre alle pils e lager si addicono di più acque dolci, con ppm inferiore a 60 e bassa alcalinità. Importante è verificare la purezza e la salubrità dell'acqua; producendo birra con acqua del rubinetto, dobbiamo sapere che questa spesso contiene del cloro o dei batteri che possono compromettere una buona fermentazione ed il prodotto finale. E' bene perciò bollirla e filtrarla prima dell'uso.

• Il Malto. Altra materia prima fondamentale per produrre la birra è il malto, una sostanza derivata dalla macerazione di cereali germinati in acqua (solitamente orzo, ma anche frumento, segale, avena). Il Malto gioca un ruolo importante nella definizione dello stile di birra a cui apparterrà la birra ottenuta, perchè a seconda del cereale e del suo grado di torrefazione si definisce lo stile birrario ed il colore della bevanda. Il malto subisce tre fasi principali prima di essere impiegato nella fabbricazione della birra; innanzitutto avviene la germinazione, che permette al chicco di risvegliarsi dal suo stato "latente", successivamente il chicco viene

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essiccato e torrefatto. La durata ed intensità della torrefazione influirà in maniera determinante sul colore e l'aroma della birra. Per l'Homebrewing sono disponibili diverse qualità di malto, sia in polvere che in forma liquida, già luppolati o meno.

• Tipologie di malto più conosciute e utilizzate: • - malto di Monaco: aromatico e deciso; • - malto di Vienna: per birre lager; • - malto pils: morbido e vagamente dolce; • - malto caramello: uno dei più diffusi e di vario colore; • - malto crystal: dal caratteristico sapore di nocciola, utilizzato per le ale; • - malto chocolate: scuro per l’alta temperatura di torrefazione, caratteristico delle

stout;• - malto smoked: dato dall’essiccazione all’aria o al fumo del fuoco sulla legna; • - malto di frumento: aroma speziato per le weiss;• - malto di avena: spesso aggiunto per la produzione delle stout; • - malto di segale: per dare una leggera aroma amara e speziata.

• Il luppolo. Il luppolo è una pianta rampicante della stessa famiglia delle ortiche impiegata in maniera sistematica ( e soprattutto consapevole ) nella storia della produzione della birra a partire dal 1300; è un'erba dalle capacità conservanti e rinfrescanti ed è la responsabile del caratteristico gusto amarognolo della birra. Il suo impiego nella fabbricazione della birra fece scomparire l'usanza di impiegare il Grut, una mistura di erbe che spesso risultava velenosa ed allucinogena. Nello specifico, vengono utilizzati i coni, ossia l'infiorescenza della pianta femmina, dalle spiccate proprietà digestive, rilassanti ed antisettiche.

• Il lievito. L'utilizzo del lievito nella fabbricazione della birra è sempre avvenuto, seppur in antichità ne fosse ignorata l'esistenza e l'effettiva utilità, e la fermentazione fosse interpretata come una magica ed arcana manifestazione. Il lievito è infatti la sostanza responsabile della fermentazione, il processo studiato alla fine del 700 dall'olandese Antoni Van Leeuwenhoeck e definitivamente interpretato da Louis Pasteur durante i suoi studi sulla pastorizzazione.

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Aromatizzanti. Oltre all’aroma conferito dal luppolo, è possibile utilizzare specifici agenti aromatizzanti. Come aromatizzanti si utilizzano erbe, spezie, frutta e altri ingredienti.

Erbe più utilizzate: coriandolo, camomilla, trifoglio e aghi di pino.

Spezie: cannella, coriandolo (semi), noce moscata, chiodi di garofano e meleguetta.

Frutta: ciliegie, pesche, fragole e prugne. Ultimamente si usano anche: caffè, cioccolato, miele e peperoncino.

I tipi di birra

In base al tipo di lievito utilizzato e, di conseguenza, al tipo di fermentazione, le birre si dividono in tre grandi famiglie:

ALE Altrimenti dette ad “alta fermentazione”, sono prodotte con lieviti “Saccharomyces cerevisiae”, che predilige temperature più elevate. Tra queste: le ale inglesi, che si distinguono in vari stili come bitter, mild ale, brown ale, old ale, barleywine, India pale.

ALE BELGHE Sono in genere più fruttate delle inglesi, spesso speziate ed a volte acidule. Gli stili di questo paese sono davvero tanti tra cui: blond ale, belgian pale ale, saison, birre trappiste (vedi foto a sinistra), dubbel o double, tripel o triple, golden ale, belgian strong ale, oud bruin, flemish red. Tra le birre tedesche ad alta fermentazione citiamo le famose weizen bavaresi, alt di Düsseldorf e le kölsch di Colonia.

LAGER Altrimenti dette a “bassa fermentazione”, sono invece prodotte con lieviti “Saccharomyces carlsbergensis”, che predilige temperature più basse. Il procedimento industriale è più recente ma garantisce una maggior stabilità e ripetibilità, permettendo a queste birre di essere oggi di gran lunga le più diffuse sul mercato.

LAMBIC Non prevedono inoculo di lievito selezionato, sono ottenuti dalla fermentazione spontanea, indotta dai lieviti selvaggi tra cui i “Brettanomyces bruxellensis” e il “Brettanomyces lambicus”; il lambic normalmente è assemblato per ottenere la gueuze, ma può anche essere aromatizzato alla frutta: prende il nome di "framboise" se si tratta di lamponi, "kriek" dì ciliegie.

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Spesso alle ale sono riconosciute caratteristiche di maggior complessità grazie ai sapori e agli odori ricchi di aromi floreali, speziati e fruttati, mentre le lager sono più frequentemente "pulite" ed evidenziano il carattere di malto e luppolo.

Altri metodi di classificazione

In base al colore

Classificazione poco significativa se utilizzata come unico fattore di discriminazione. Il colore dipende dal tipo di maltazione subito dai cereali impiegati cioè dalla tostatura del malto d'orzo o dall'eventuale aggiunta di frutta o succhi in fermentazione.

Si distinguono in:

chiare (bionde),

ambrate (rosse),

scure (brune).

Limpidezza o opacità

È dovuta alla presenza di lievito in sospensione. Nelle birre di produzione industriale il lievito viene eliminato prima dell'imbottigliamento per mezzo di filtri.

Grado di amarezza

Classificazione relativa al grado di amarezza percepito viene misurato sulla scala IBU (International Bitterness Unit).

Grado alcolico

Generalmente misurato in percentuale di alcol sul volume della bevanda ("titolo alcolometrico volumico"), o alla quantità di zuccheri fermentabili presenti nel mosto prima della fermentazione misurato in gradi Plato. Ogni nazione ha denominazioni caratteristiche talvolta derivanti dalla tradizione.

La legislazione italiana prevede le seguenti categorie:

- birra doppio malto: oltre 14,5 gradi Plato

- birra speciale: oltre 12,5 gradi Plato

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- birra: oltre 10,5 gradi Plato e titolo alcolometrico volumico superiore a 3,5%

- birra leggera o light: grado Plato compreso tra 5,0 e 10,5 e titolo alcolometrico volumico compreso tra 1,2% e 3,5%

- birra analcolica: grado Plato compreso tra 3,0 e 8,0 e titolo alcolometrico volumico inferiore a 1,2%.

Le birre trappiste

Si definisce birra trappista una birra fabbricata da monaci trappisti o sotto il loro diretto controllo. Dei 171 monasteri trappisti nel mondo (dati aprile 2005), solo sette producono birra (sei in Belgio e uno in Olanda). Solo queste sette birrerie sono autorizzate a etichettare le loro birre con il logo Authentic trappist product ("Autentico Prodotto Trappista") che indica l'osservanza di una serie di regole stabilite dall'Associazione Internazionale dei Trappisti.

Nutrizionali

Sono ormai noti i benefici di un consumo moderato di birra in un regime dietetico sano ed equilibrato. Questa bevanda, infatti, oltre ad essere OGM Free, è un alimento benefico per la salute, riducendo del 24,7% il rischio di malattie coronariche e del 17% gli incidenti cardiovascolari. Contro il rischio degli infarti, dunque, come prova anche il dossier realizzato da CBMC (The Brewers of Europe) un consumo moderato di birra è una valida misura preventiva alla stregua del controllo del peso e dell'esercizio fisico.

Calorie

La Birra chiara ha 33 calorie ogni 10 cl

La Birra doppio malto ha 53 calorie ogni 10 cl

La Birra scura ha 46 calorie ogni 10 cl

La spillatura

La spillatura è quel processo attraverso il quale si confeziona una birra alla spina.

La buona tecnica di spillatura prevede di inclinare il bicchiere sotto il rubinetto e far scendere la birra lentamente e senza interruzioni, fino a quando la schiuma fuoriesce

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dall’orlo. A questo punto bisogna livellare con un colpo di spatola, affinché la schiuma mantenga la sua consistenza.

Normalmente bisogna evitare che il bicchiere venga a contatto con il rubinetto.

Secondo la tecnica belga si deve riempire velocemente il bicchiere e "tagliare" la schiuma in eccesso con una spatola, prima di immergere il bicchiere in acqua per pulirne le pareti esterne.

La tecnica inglese prevede di aprire il rubinetto prima di inclinare il bicchiere. In questo modo il bicchiere si riempie senza formare la schiuma.

La tecnica tedesca prevede di spillare una piccola quantità di birra e aspettare finché la schiuma non diminuisce; si ripete quindi nuovamente l’operazione. Infine viene dato ancora un colpo vigoroso per servire la birra con un "cappello" di schiuma.

Il cappello di schiuma venuto a formarsi durante la spillatura serve soprattutto a preservare la birra stessa dall'aria, evitandone così l'ossidazione e la conseguente alterazione organolettica del prodotto.

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LA CUCINA FLAMBÈ

La cucina al flambè nasce per un'esigenza: scaldare le vivande. Le prime testimonianze

riguardano i réchaud, ovvero scaldavivande che venivano alimentate ad alcol a candela o

con brace, che permettevano di mantenere le pietanze in caldo in prossimità della tavola.

Si hanno le prime testimonianze in cui si parla di un piatto di pernici che viene rifinito in

sala su una lampada ad alcol. Il periodo che caratterizzò ed esaltò l'arte del cucinare in

sala, fu quello della Belle époque, dove tutti i grandi ristoranti e i grand hotel adottarono

questa tecnica con grandissimo successo.

Sembra che il primo ad utilizzare la lampada fu il maitre Henry Charpertier, nel 1895 al

Cafè de Paris di Montecarlo. Una sera in ora tarda giunse al Cafè l'allora principe di

Galles, che divenne poi Edoardo VII, in compagnia di una donna bellissima. Visto l'ora

e la cucina già chiusa, Charpertier riusci a trovare delle crepes già pronte. Le portò in

sala sistemò la lampada su un carrello che avvicino al tavolo e diede inizio alla sua

creazione straordinaria. Furono le prime crepes della storia battezzate Suzette dal

principe, in onore della sua donna.

Oggi come allora resta un'arte di grande impatto e a elevato tasso scenografico, la

cottura in sala che culmina nel flambage, la classica fiammeggiata durante o al termine

della cottura. Tecnica, che oggi si sta riguadagnando giustamente le luci della ribalta.

Il tutto si svolge dinanzi al cliente che ha effettuato l'ordinazione, ma viene catalizzata

l'attenzione di tutta la sala. Il maitre si avvicina al tavolo del cliente con il guéridon di

servizio, su cui troneggia la lampada, spesso in argento e alimentata a gas o ad alcol.

Accurata deve essere la mise en place di servizio e le decorazioni. Il momento più

spettacolare é rappresentato dal flambage. Il maitre irrora la preparazione con un

liquore\distillato ad alta gradazione ed elegantemente gli da fuoco. Ecco la sospirata

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fiammata che fa evaporare l'alcol e trattiene gli aromi. Il cliente emozionato viene

stregato dalla coreografia. Ogni minimo movimento deve essere calibrato, in sala non

sono ammessi errori e cucinare davanti al cliente esige una precisione che si acquisisce

solo con l'esperienza, non perdendo di vista il fatto che si stia cucinando e il piatto deve

avere la sua perfetta riuscita.

LA LAMPADA FLAMBÉ

La lampada è composta da un corpo cilindrico che racchiude un serbatoio di

alimentazione, con sopra una griglia dove poggia la padella. Le lampade possono essere

realizzate in rame, acciaio, argento e possono avere altezze e larghezze differenti. Tutti i

modelli funzionano grazie a un bruciatore che può avere differenti caratteristiche ed a un

regolatore di fiamma. Il fornello può essere alimentato a gas, ad alcol solidificato (gel

combustibile) ed ad alcol liquido. La padella che viene usata è in rame, rivestita

internamente di acciaio inossidabile o in alcuni casi d'argento con il manico in legno per

evitare che si surriscaldi creando problemi a chi lavora.

Ci sono due metodi per procedere nella lavorazione alla lampada.

1) Si prepara la salsa con i vari ingredienti, si aggiungono le vivande che generalmente

sono frutta o crepês si fanno cuocere nella salsa e poi si fiammeggia;

2) Si cucinano le vivande (carne e pesce) si procede a flambare e poi si tolgono dalla

padella e si tengono al caldo. Al fondo di cottura si aggiungono i vari ingredienti per

realizzare la salsa. Le vivande vengono poi rimesse nella padella per insaporirle

maggiormente oppure paste in precedenza sul piatto e condite con la salsa.

La cucina di sala può considerarsi un'arte e chi la esegue deve avere molta esperienza,

eleganza nei movimenti e professionalità. Non dimentichiamo che questo servizio così

delicato si svolge davanti al cliente, la fiamma crea intimità coinvolgendolo durante tutta

la lavorazione.

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Regole fondamentali di cottura

Perché questo rituale risulti impeccabile è necessario rispettare alcune regole:

- prima di iniziare il lavoro controllare che la mise en place sia perfetta;

- verificare la funzionalità delle attrezzature, lampada carica di combustibile;

- tenere una posizione eretta durante tutta la lavorazione e quando si fiammeggia

spostarsi con il corpo leggermente indietro;

- le salse vanno legate a fuoco morbido, mentre a fuoco vivo si fiammeggia;

- le carni non devono cuocere assieme alla salsa preparata, diventerebbero dure e

tigliose; anche un'eccessiva fiammata le potrebbe indurire;

- le carni vanno sempre cotte con una sostanza grassa, che una volta dorate a fuoco vivo,

vanno tolte dalla padella e tenute in caldo. Questa operazione permetterà alla pellicola

protettiva venutasi a creare sulla superficie dell'alimento di mantenere al suo interno

tutte le sostanze nutritive.

- per fiammeggiare si dovrebbe avere una buona temperatura all'interno della padella,

aggiungere poi il distillato che trasmette il suo delicato aroma dopo la flambata,

inclinare la padella per consentire il contatto tra il liquido alcolico e la fiamma. Una

adeguata dose di distillato permetterà di contenere nei giusti limiti la fiammata.

Muovendo leggermente la padella, la fiamma si distribuisce su tutta la superficie

consumando totalmente l'alcol.

- evitare di fiammeggiare in prossimità di tende e arredi facilmente infiammabili o

vicino ai rilevatori di incendio;

- per favorire la fiamma nella preparazione dei dolci, adoperare zollette di zucchero

imbevute di alcol, cospargendo con questo zucchero il dessert si ottiene un vivace

crepitio;

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- è necessario mantenersi ad una giusta distanza dal tavolo del cliente per evitare

inconvenienti;

- in caso che l'alcol si esaurisce durante il lavoro, evitare nella maniera più assoluta di

riempire il serbatoio a lampada calda, terminato il servizio assicuratevi sia spenta;

- è importante che questo servizio aiuti a snellire il lavoro della cucina;

- se durante il procedimento ci si accorge di aver fatto un errore non si deve

interrompere la lavorazione ma si deve cercare nel limite del possibile di correggere lo

sbaglio mantenendo la calma.

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GLI STILI DI SERVIZIO

Gli stili di servizio oggi in uso sono: ⁃ servizio al italiana ⁃ servizio al inglese ⁃ servizio alla russa ⁃ servizio alla francese ⁃ servizio buffet o non servito ⁃ servizio buffet al italiana Servizio al italiana consiste: una volta preparati i cibi vengono disposti in un modo accurato nei relativi piatti a secondo del tipo di vivanda e di seguito vengono serviti al cliente. Regole: i piatti vengono serviti al cliente da destra e sparecchiati da destra servizio al inglese consiste: i cibi vengono disposti in modo accurato in vassoi di servizio con cui l'addetto di sala effettuerà il servizio al cliente. Regole: il servizio viene effettuato dalla sinistra del cliente, mediante l'uso della clip, ponendo la porzione desiderata direttamente nel piatto posto in precedenza davanti al cliente dalla destra i piatti saranno sparecchiati dalla destra. Servizio alla russa consiste: è il servizio più elegante, adottato nei ristoranti di alta classe per tanto richiede personale esperto i cibi una volta preparati, vengono disposti nei vassoi di servizio coperti con cloche, i vassoi vengono portati in sala assieme ai relativi piatti presentati al cliente dalla sinistra e poggiati sul gueridon da cui partirà il servizio. Regole: una volta disposti sul gueridon sia i vassoi che i piatti lo chef de rang utilizzando la clip con cucchiaio nella mano destra e forchetta nella mano sinistra effettuerà le relative porzioni per ogni cliente e saranno serviti dal commis de rang al cliente dalla loro destra, i piatti vuoti saranno sparecchiati sempre dalla destra. Servizio alla francese consiste: il cliente si serve da solo prelevando i cibi disposti sul vassoio di servizio con due tecniche diverse diretto e indiretto. Servizio buffet o non servito consiste: questa tipologia anche definito non servito si realizza soprattutto per la clientela anglosassone e americana, viene utilizzata in situazione particolari e consiste nel disporre i cibi sul buffet con l'attrezzatura necessario utile al cliente per poter effettuare da solo la scelta delle pietanze che piu desidera per poi consumarla in piedi o su un tavolo di appoggio. Servizio buffet al italiana consiste: il servizio buffet al italiana si differenzia da quello precedente per 2 motivi: sono presenti dei tavoli apparecchiati con una semplice mise en place di base che consentono al cliente di sedersi per degustare il cibo in oltre alle spalle del buffet sostano gli addetti di sala che aiutano il cliente nella scelta.

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LA RISTORAZIONE

Le strutture ristorative le strutture ricettive All'interno dei pubblici servizi possiamo individuare due grandi rami di nostre interesse: Le strutture ristorative: luoghi in cui si somministrano cibi e bevande (pizzerie, bar, trattorie, self service, ecc.) strutture ricettive: luoghi che offrono prestazioni e servizi di conforto (alberghi, motel, pensioni, affitta camere ecc.) quest' ultime si distinguono in categorie: *****albergo di lusso, in possesso degli standard internazionali *****albergo di lusso ****albergo di prima categoria ***albergo di seconda categoria **albergo di terza categoria *albergo di quarta categoria Classificazione tipologica -ristorazione classica -ristorazione collettiva -altre forme di ristorazione Ristorazione classica: rientra in questa categoria ristoranti d'elitè caratterizzati da ambienti raffinati, mirano ad un certo target di clientela proponendo loro specialità regionali, nazionali e internazionali Ristoranti tipici si differenziano per la tipicità dei piatti offerti dalla cucina, richiama le caratteristiche della zona. Ristoranti d'albergo essi variano a seconda la loro classificazione possono essere semplici e alla mano o classici e raffinati. Pizzerie ambienti semplici nei quali si possono degustare diverse qualità di pizze. Trattorie strutture gestite direttamente dai proprietari in un ambiente familiare propongo di cucina casalinga.

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LA BRIGATA DI SALA

la composizione della brigata di sala varia in base ai seguenti fattori. ⁃ tipo di servizio ⁃ dimensioni e categorie della struttura ristorativa e alberghiera ⁃ composizione del menù e sua velocità di esecuzione Vediamo, com'è composta una brigata di sala in un albergo a ***** stelle. Food and beverage manager: responsabile della ristorazione di tutti i reparti a stretto contatto con il cibo e le bevande. Mansioni ⁃ si occupa delle risorse economiche, degli acquisti, e del personale ⁃ collabora con i dirigenti ⁃ dispone l'acquisto delle attrezzature ⁃ cura la formazione professionale degli operatori ⁃ si occupa delle pubbliche relazioni 1° maitre d'hotel: e responsabile del servizio ristorante è considerato un elemento indispensabile, è il punto di riferimento per il personale di sala. Dirige la brigata di sala. Mansioni ⁃ dirige l'intero servizio di sala ⁃ imposta la mise en place in base al menù ⁃ redige il menù insieme allo chef di cucina ⁃ accoglie ed accompagna i clienti ai tavoli ⁃ prende le comande, stabilisce i tempi di servizio. 2°-3° maitre d'hotel: in assenza del primo lo sostituiscono adempiendo alle stesse mansioni. Assistente o hostess di sala: si tratta di una figura di aspetto gradevole collocata al ingresso della sala generalmente di sesso femminile. Mansioni ⁃ si occupa delle prenotazioni ⁃ dell'accoglienza

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⁃ collabora con il servizio guardaroba Direttore del ristorante: figura manageriale presente nelle grandi strutture alberghiere e sulle navi da crociera, spesso e impegnato anche nella direzione di diverse sale ristorante appartenenti alla stessa società. Mansioni ⁃ coordina le diverse sale ristorante presenti nella struttura al di fuori di questa ⁃ organizza i turni e gli orari del personale. Chef de rang: al interno di una sala ristorante è responsabile di un rango e deve essere in grado di effettuare tutti i servizi che un ristorante offre. Mansioni ⁃ si occupa della perfetta stesura della mise en place ⁃ assicura il servizio delle vivande del proprio rango ⁃ in assenza del maitre prende le ordinazioni ⁃ procede alla porzionatura delle vivande e al servizio di trancio e della deliscatura del

pesce. Commis de range: è un fedele dello chef de rang e lavora sotto la sua guida. Mansioni ⁃ esegue le istruzioni impartite dallo chef de rang ⁃ consegna le copie delle comande in cucina ⁃ ritira dalla cucina i piatti di portata ⁃ sbarazza i tavoli ⁃ esegue le pulizie del reparto.