Laboratorio di Cittadinanza e Costituzione. Ubbidire o disubbidire? di Gustavo Zagrebelsky.

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Ubbidire o disubbidire?di Gustavo Zagrebelsky

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Sommario

Lessico

Comprensione

Approfondimento

Ubbidire o disubbidire?

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Ubbidire o disubbidire?

Il diritto è l’ultimo orizzonte dell’agire umano? No. Al di sopra ci sono le ragioni della coscienza, quando si ribella al diritto ingiusto.

È la questione del “diritto di resistenza”, una questione antica, fin da quando si è iniziato a riflettere sui limiti del dovere d’ubbidienza all’autorità.

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Tutti ricordano la questione posta nel V secolo a.C. da Sofocle nella tragedia di Antigone , la fanciulla che infrange l’ordine di Creonte, il tiranno di Tebe, per dare onorata sepoltura al fratello Polinice e, per questo suo crimine, viene messa a morte. Come ci si deve comportare di fronte alla legge ingiusta?

Ubbidire o disubbidire?

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Ubbidire o disubbidire?

Ubbidire o disubbidire?

Noi, in Italia, dovremmo avere ancora viva la memoria di coloro che, in nome della libertà, si opposero al nazifascismo e andarono a morte, lasciando un’altissima testimonianza morale nelle loro ultime lettere

(Lettere di condannati a morte della Resistenza, Torino, Einaudi, 2002).

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La Dichiarazione d’indipendenza degli Stati Uniti d’America del 1776 afferma che abusi e torti fanno sorgere il diritto-dovere di rovesciare il governo che ne è responsabile.

Alcuni classici documenti costituzionali prevedono espressamente la resistenza contro il dispotismo.

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La francese Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino del 1789 definisce la resistenza all’oppressione “diritto naturale e imprescrittibile”.

La Costituzione tedesca vigente afferma che tutti i cittadini “hanno il diritto di resistere a chiunque tenti di rovesciare” l’ordinamento costituzionale, quando non vi sia altro rimedio possibile.

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Queste proclamazioni sono diverse tra loro. Alcune presuppongono che vi sia un diritto anteriore e più

fondamentale del diritto positivo: il diritto naturale. Altre, invece, chiamano i cittadini alla mobilitazione in difesa non di un

generico diritto superiore non scritto, ma del dirittodella Costituzione.

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In ogni caso, però, si tratta di ribellione al potere.

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Ubbidire o disubbidire?

Di regola, deve valere l’ubbidienza alla legge, senza la quale non vi potrebbe essere vita sociale ordinata.

Ma quando la legge offende i principi ultimi, il sentimento di giustizia più elementare, allora l’ubbidienza alla legge diventa corresponsabilità nel crimine e, al dovere di ubbidienza, deve succedere il diritto di resistenza.

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Dopo la II guerra mondiale, i grandi criminali nazisti, colpevoli di attentato alla pace tra i popoli e di azioni di sterminio di massa contro popoli interi (il popolo ebraico, innanzitutto), motivate da pretese di superiorità razziale, furono sottoposti a giudizio per crimini contro l’umanità:

il processo tenutosi a Norimberga nel 1945-1946, il processo contro Adolf Eichmann, tenutosi a Gerusalemme nel 1961.

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La difesa di questi criminali fu costantemente la stessa: c’era la legge, e alla legge si ubbidisce incondizionatamente, indipendentemente da

ciò ch’essa ordina. Dura lex sed lex.

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Questo tentativo di giustificazionedella partecipazione al crimine mostra con evidenza il rischio che la coscienza corre quando si nasconde dietro il dovere d’ubbidienza alla legge.È l’atteggiamento tipico del conformista che Hannah Arendt, commentando il processo Eichmann, ha definito come “banalità del male”.

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La Costituzione italiana tace in proposito. All’Assemblea costituente, fu discussa una proposta avanzata da due deputati cattolici, Giuseppe Dossetti e Aldo Moro, rivolta a prevedere il diritto di resistenza come “principio fondamentale”.

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La proposta fu respinta non per una ragione di contrarietà in sé, ma perché si ritenne che la resistenza al

potere tirannico si collochi su un piano pre-giuridico, su un piano etico che non può tradursi in norma giuridica.

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Da un altro punto di vista, si ritenne che la Costituzione che si andava elaborando sarebbe stata essa stessa un baluardo, a difesa

contro le degenerazioni del potere e della legge.

La proclamazione dei diritti fondamentali, il carattere democratico del sistema politico, la separazione dei poteri, il principio di legalità presidiato da una sistema giudiziario indipendente, il principio di

costituzionalità delle leggi presidiato da una Corte costituzionale e, sintesi di tutto ciò, la rigidità della Costituzione, alimentavano la

convinzione che le precauzioni contro le degenerazioni dispotiche del potere fossero già tutte nella Costituzione stessa.

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Garanzie “interne”, dunque; non esterne. Oltre tutto, la proclamazione della resistenza come diritto avrebbe fornito il

destro a qualunque forma di ribellismo che si fosse auto-proclamato “resistenza” e l’ordinata vita sociale ne sarebbe stata

minata dalle fondamenta.

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Nel concetto di resistenza non rientra solo il caso macroscopico della lotta contro i regimi dispotici. Rientra anche l’opposizione a singole leggi che non mette in discussione la legittimità del governo come tale.

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Questo tipo di resistenza è, per così dire, endemico erappresenta una forza rilevante e benefica per il miglioramento

del diritto e la sua umanizzazione. Si tratta dell’obiezione di coscienza e della disobbedienza civile.

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Ubbidire o disubbidire?

L’obiezione di coscienza consiste nell’opporre alle pretese della legge le esigenze della propria concezione morale della vita: opporre in maniera esplicita, pubblica e responsabile, con l’accettazione delle conseguenze che la disobbedienza comporta.

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Un esempio recente è rappresentato dalla minacciata ribellione dei medici del servizio di pronto soccorso all’introduzione

dell’obbligo di denuncia degli stranieri irregolarmente presenti in Italia che si fossero recati a chiedere il soccorso medico.

Questa minaccia ha indotto il legislatore a rinunciare a quell’odiosa prescrizione.

Ubbidire o disubbidire?

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Ma, il caso più noto di resistenza tramite l’obiezione di coscienza e la disobbedienza civile è quello del servizio militare.

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Soprattutto per iniziativa di appartenenti a confessioni religiose fedeli al precetto cristiano della non-violenza (testimoni di Geova, cristiani pentecostali, valdesi e cattolici)…

… nella seconda metà del secolo scorso si sviluppò il movimento degli

obiettori che, deliberatamente, subivano condanne e si

sottoponevano al carcere non solo per testimoniare la coerenza con le

proprie idee pacifiste ma per ottenere, a favore di tutti, il diritto di

obiezione di coscienza.

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Tale diritto, nel 1972, fu riconosciuto dalla legge che prevedeva il servizio civile alternativo. Oggi, la questione è superata,

essendo stato abolito (nel 2005) il servizio militare obbligatorio.

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L’esempio sopra ricordato mostrabene l’obiettivo cui mira l’obiezione di coscienza. Innanzitutto, gli obiettori vogliono diffondere le proprie convinzioni morali fino a farle diventare movimenti di opinione che sostengono la disobbedienza civile, come fenomeno di massa.

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Per questo, è necessaria la massima pubblicità della loro azione, che deve assumere un valore dimostrativo per poter svolgere una funzione aggregativa. L’obiettore di coscienza non ha nulla a che vedere, anche sul piano morale, con coloro che si sottraggono alle

prescrizioni della legge per interessi puramente personali e cercano di sfuggire alle sanzioni previste.

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Così, per esempio, l’evasore fiscale non è paragonabile all’obbiettore fiscale che apertamente decide di non pagare

le imposte per non contribuire alle spese militari e, quindi, alla politica bellica dello Stato.

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Ubbidire o disubbidire?

Quando è la legge stessa che riconosce il diritto di scelta tra il fornire determinate prestazioni e il sottrarsi, diventa

improprio parlare di obiezione di coscienza, concetto che implica la volontaria violazione della legge.

Se la legge è permissiva, non vi è alcuna violazione e nessun eroismo.

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Chi usufruisce delle possibilità legali non agisce certo per cambiare la legge, nel momento in cui se ne avvale. Ciò è quanto accade nel caso detto(impropriamente) dell’obiezione di coscienza del personale medico all’interruzione volontaria della gravidanza (aborto), secondo quanto previsto dalla legge n. 194 del 1978 e nel caso, meno noto, della partecipazione alla sperimentazione animale, secondo la legge n. 413 del 1993.

Ubbidire o disubbidire?

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Il caso dell’aborto ora ricordato pone un problema di ordine generale: fino a che punto la legge può riconoscere il diritto di sottrarsi alle sue prescrizioni per ragioni di coscienza individuale, quando sono in ballo diritti di terze persone, nella specie, delle donne che, nei casi previsti dalla legge, vogliono ricorrere all’assistenza medica per interrompere la gravidanza?

Ubbidire o disubbidire?

Se, per ipotesi, tutti i medici facessero obiezione, il diritto delle donne sarebbe di fatto annullato.

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riconoscere i diritti della coscienza individuale è certo una bella cosa, segno di umanità e civiltà del diritto. Ma, questo riconoscimento incontra limiti. Oltre una certa misura e in certi casi, esso urta contro i diritti dei terzi e, nella vita sociale, il principio di solidarietà impone che la sovranità della coscienza si armonizzi con le aspettative altrui. Il rischio, altrimenti, potrebbe essere quello dell’arroganza della soggettività contro le esigenze della socialità.

Ecco la conclusione:

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Lessico

Definisci sinteticamente i seguenti termini, evidenziati nel testo.

• Dispotismo

• Diritto Positivo

• Conformista

• Piano Estetico

• Endemico

• Ribellismo

• Baluardo

• Funzione Aggregativa

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Comprensione

Dopo aver letto il testo, rispondi alle seguenti domande:

1. In che cosa consiste la vicenda di Antigone? Tra quali due “ragioni” si dibatte la tragedia di Sofocle?

1. In quali Costituzioni è prevista la resistenza contro il dispotismo?

1. Perché la Costituzione italiana non contiene un’analoga previsione?

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Comprensione

4. Quale è stato, in Italia, il fenomeno di maggior rilievo di disobbedienza civile e quali risultati ha

prodotto?

5. Quale è la differenza tra obiezione di coscienza e disobbedienza civile?

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Approfondimento

Nel testo si cita il processo di Norimberga contro alcuni gerarchi nazisti.

Con l’aiuto dell’insegnante e del manuale di Storia approfondisci gli aspetti di questo processo: in particolare, le tesi degli imputati e le sentenze. Ti segnaliamo che un importante contributo divulgativo sul tema è stato dato dal regista Stanley Kramer con il film Vincitori e vinti (USA, 196, b/n, 178’).

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Approfondimento

Venendo a tempi più vicini, cerca su Internet i testi delle leggi citate: la n. 194 del 1978 e la n. 413 del 1993.

Di entrambe, da solo o in gruppo, esamina gli aspetti principali e in particolare le norme relative all’obiezione di coscienza.