Laboratori del Sapere Scientifico - Carradori"...Laboratori del Sapere Scientifico Prodotto...
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Laboratori del
Sapere Scientifico
Prodotto realizzato con il contributo della Regione
Toscana nell'ambito dell'azione regionale di sistema
Istituto Comprensivo Frank – Carradori
Pistoia
Le soluzioni:
I fenomeni, dalle percezioni alle possibili
spiegazioni
Secondaria di 1° grado
Classi 1° A e 2° C
Anno 2015 / 2016
Collocazione del percorso effettuato nel curricolo verticale
Dal Curricolo d’Istituto (Asse Scientifico Tecnologico)
Traguardo di competenza (in base alle Indicazioni Nazionali 2012):
Esplorare la realtà anche attraverso misure, schemi, modelli
L’alunno: esplora e sperimenta, in laboratorio e all’aperto, lo svolgersi dei
più comuni fenomeni;
ne immagina e ne verifica le cause; ricerca soluzioni ai problemi,
utilizzando le conoscenze acquisite.
Sviluppa semplici schematizzazioni e modellizzazioni di fatti e fenomeni;
ricorre, quando è il caso, a misure appropriate e a semplici formalizzazioni
Nell’ambito del primo traguardo di competenza previsto dal nostro curricolo
d’Istituto, in accordo a quanto previsto dalle Indicazioni Nazionali del 2012, sono
stati svolti nella classe 1° A i seguenti percorsi, tutti di tipo laboratoriale. In questa
presentazione descriveremo il percorso “ Le soluzioni”, svolto anche dalla classe
2° C.
Obiettivi essenziali di apprendimento
1) Cominciare ad intuire la grande varietà di sostanze presenti nella
realtà e le loro diverse proprietà fra cui la solubilità in acqua
2) Riconoscere correttamente le sostanze solubili
3) Comprendere che la solubilità è un concetto relativo e dipende da
più variabili
4) Acquisire la consapevolezza della terminologia specifica relativa a
fenomeni diversi distinguendo, ad esempio, fra i diversi significati che,
in italiano si attribuiscono al verbo “sciogliersi”usato indifferentemente
al posto di “solubilizzarsi” e “fondere”
5) Cominciare a costruire una possibile spiegazione “particellare” dei
fenomeni osservati che richiede una deduzione su base immaginativa e
non percettiva.
Obiettivi trasversali
Assieme agli obiettivi specifici del percorso ce ne sono molti altri che si
accompagnano inevitabilmente ad attività di tipo laboratoriale e che
riguardano, in generale:
• la capacità di lavorare assieme ad altri (ascolto, empatia, organizzazione
del lavoro);
• l’efficienza nella comunicazione;
• l’attenzione nell’osservare;
• la concentrazione nel riflettere;
• la manualità nell’adoperare gli strumenti;
• la precisione nel linguaggio.
Elementi salienti dell’approccio metodologico
Su suggerimento del formatore LSS è stato adottato il modello di didattica
laboratoriale in 5 fasi sperimentata dal CIDI ormai da anni: ogni capitolo del
percorso quindi si è svolto con 1) osservazione/esecuzione di un’esperienza di
laboratorio 2) verbalizzazione individuale per rispondere ad una precisa consegna
data dall’insegnante 3) discussione collettiva 4) affinamento della
concettualizzazione 5) produzione condivisa.
Le fasi 2 e 4, momenti di riflessione individuale obbligatori per tutti gli alunni, sono
quelli che distinguono questo metodo da tutti gli altri.
Gli studenti avevano già frequentato il laboratorio fino dall’inizio dell’anno per fare
esperienze su cui poi riferire tramite relazione di laboratorio, secondo lo schema
classico. Lo scopo era quello di familiarizzare con la strumentazione di laboratorio
e con l’operazione del misurare. Da quando abbiamo cominciato la formazione di
scienze abbiamo cominciato ad introdurre la metodologia consigliata.
Il metodo in 5 fasi è stato quindi per loro una, piacevole, novità. Lo hanno accettato
senza difficoltà abituandosi velocemente alla verbalizzazione individuale.
Materiali, apparecchi, strumenti impiegati
Materiali: zucchero, sale, polvere di marmo, caffè solubile, solfato di rame,
farina, stagno, acqua, sabbia, cacao solubile
Apparecchi: spatole, cucchiaini, becher, beute, contenitori in alluminio,
bacchette di vetro
Strumenti: fornelli elettrici, fornelli Bunsen, LIM, dizionario
Ambienti in cui è stato sviluppato il percorso
Laboratorio di chimica della scuola per le fasi 1 e 2
Aula con LIM per le fasi 3, 4 e 5
Tempo impiegato:
Per la messa a punto nel gruppo LSS: 2 ore con il formatore, il percorso è già
stato, infatti, ampiamente sperimentato e sono state seguite le tappe
consigliate
Per la progettazione specifica e dettagliata nelle classi: 1 ora prima di ogni
esperienza laboratoriale, compresa la preparazione della strumentazione,
per un totale di 6 ore
Tempo – scuola di sviluppo del percorso: 2 mesi (circa 16 ore)
Per la documentazione: 12 ore
Le polveri bianche
L’esperienza ha lo scopo di introdurre, tramite le proprietà delle varie
sostanze, al percorso vero e proprio sulla solubilità. E’ anche l’occasione
per fare osservazioni approfondite su sostanze talmente comuni da non
fermare mai la nostra attenzione che, solitamente, è attratta da tutto ciò
che NON è comune.
L’attività è utile a promuovere le abilità descrittive e la capacità di
osservazione.
Si coglie l’occasione anche di far riflettere gli alunni su altri tipi di polveri
bianche normalmente adoperate in casa, a volte innocue, come la farina,
a volte tossiche se ingerite, come il detersivo.
Quindi la regola tassativa è che le polveri sconosciute NON SI ASSAGGIANO
MAI perché potrebbe essere rischioso
Ai 4 gruppi sono stati distribuiti 3 becher uno con sale grosso, uno con
zucchero semolato e uno con polvere di marmo. Accanto ai becher sono state
messe zollette e pezzetti di ghiaia di marmo per facilitare il riconoscimento. La
consegna era: descrivi le sostanze contenute nei 3 becher
Qualche difficoltà iniziale nella
descrizione, visto che non erano
ancora abituati a consegne di questo
tipo. Alcuni sono riusciti a scrivere
soltanto il nome delle sostanze,
indovinando per altro soltanto le
prime due che sono molto più comuni.
La terza, nonostante la ghiaia posata
accanto al becher, è stata identificata
come gesso o farina.
Adesso maciniamo le polveri con un mortaio
L’operazione richiede molto tempo. L’intento è quello di
rendere le tre polveri talmente fini da non essere più
riconoscibili. Abbiamo mostrato quindi loro come si
adoperano mortaio e pestello, li abbiamo fatti anche
provare, ma il grosso dell’operazione è stato loro
risparmiato
Poi ai singoli gruppi sono state distribuite
3 cartine, ciascuna con una polvere
diversa, ed è stato loro richiesto di
tentare di identificare le polvere nella
nuova situazione.
Si sono ingegnati molto. Come è normale
che accada non erano TUTTI d’accordo sul
fatto che adesso fosse in pratica
impossibile riconoscerle. Alcuni hanno
parlato di diversi toni di bianco … e non
hanno tutti i torti ..
Alla domanda “Come fare a riconoscere le tre polveri allora?”, visto che
abbiamo dovuto escludere l’assaggio, rigorosamente proibito, non hanno
saputo rispondere in tempi brevi.
E’ stato necessario l’intervento dell’insegnante per suggerire, ad esempio, di
provare a scioglierle in acqua distillata. Il suggerimento è stato colto al
volo ed il risultato li ha fatti sorridere. Avevano capito che una delle
polveri era insolubile (nessuno aveva ancora parlato di solubilità ma
appariva chiaro a tutti che una delle tre interagiva con l’acqua in modo
diverso). Si cominciava quindi ad indagare una proprietà che distingueva
una delle tre polveri, in quanto NON aveva tale proprietà.
Rimanevano da distinguere le altre 2. Anche in questo caso è stato necessario
il suggerimento dell’insegnante, visto che nessuno degli studenti aveva
affrontato un percorso sulla combustione nella scuola primaria.
Quindi abbiamo preso le due polveri che interagiscono nello stesso modo con
l’acqua (sembrano scomparire) e le abbiamo messe a scaldare su una
piastra elettrica ….
Il comportamento delle due sostanze si è rivelato assai diverso: una non ha
praticamente reagito al calore della piastra mentre l’altra ha subito una
trasformazione vistosa diventando bruna.
E visto il forte odore di caramello che emanava (hanno parlato di “budino”) è
stata correttamente identificata come zucchero. L’altra quindi era sale da
cucina.
La prima sostanza, quella che in acqua aveva dato una miscela lattescente,
era già stata identificata come polvere di marmo (“.. Già che il marmo non
si scioglie quando ci piove sopra … “).
Costruiamo il concetto operativo di “sostanza solubile”
Terminato il riconoscimento delle polveri siamo tornati a discutere sul
comportamento di zucchero e sale . Tutti avevano usato in modo del tutto
naturale il verbo sciogliersi mentre tutti avevano convenuto che la polvere
di marmo, invece, NON si scioglie. Ma in cosa consiste il fenomeno? E’
davvero così semplice come sembra?
Su consiglio del formatore, visto che questa classe stava rispondendo molto
bene alla proposta di percorso, si è optato per l’alternativa B del percorso
CIDI, che prevede a questo punto, dopo aver confrontato visivamente
cosa succede a zucchero, sale e polvere di marmo in acqua distillata, una
riflessione individuale sul significato del verbo “sciogliersi”.
Si prevede poi la raccolta e la trascrizione di tutte le risposte su una
tabella sinottica ove le diverse spiegazioni date dagli alunni risultano
classificate in categorie.
La tabella viene mostrata alla classe e vengono loro spiegati i criteri di
classificazione.
La consegna è stata quindi: “Descrivi brevemente, in base alle
esperienze appena fatte, cosa significa che sale e zucchero SI
SCIOLGONO in acqua”
Gli alunni hanno avuto circa 30 minuti per scrivere. Si sono impegnati
molto e, nonostante che per alcuni il compito sia stato palesemente
faticoso, è stato accettato comunque di buon grado.
Tale tipo di proposta consente di separare all’inizio le risposte degli alunni
nelle varie categorie (a questo pensa l’insegnante), in modo da sfruttare
immediatamente quelle utili a questa fase del percorso
Le altre parti saranno comunque utili nelle tappe successive.
Stupore e soddisfazione quando
hanno visto le loro considerazioni
trascritte e mostrate alla LIM in
forma del tutto anonima.
Come previsto dal protocollo le
risposte appartengono
essenzialmente a 4 categorie: nella
1° si tende a descrivere quello che
succede, nella seconda si fa
riferimento al passaggio fra stato
solido e stato liquido, nella terza si
ipotizzano possibili spiegazioni di
quanto si vede accadere e nella
quarta non si riesce a sviluppare
sufficientemente l’idea.
La parte della tabella dedicata alle descrizioni
del fenomeno è quella su cui abbiamo riflettuto
subito in quanto il concetto operativo si
costruisce in base a ciò che si vede accadere. Ci
siamo concentrati su questo e, dopo aver
discusso su quanto questi alunni proponevano
siamo arrivati alla prima produzione condivisa
che abbiamo appuntato in fondo alla tabella.
Fase 5 - prima tappa
Ho ritenuto opportuno, salvo
alcune correzioni, mantenere il
tipo di linguaggio usato dai
ragazzi.
Nello stesso tempo però ho
anche ritenuto di introdurre i
primi vocaboli specifici, visto
che i fenomeni erano ormai
stati visivamente acquisiti e
quindi i termini non sarebbero
risultati astratti ma legati ad
una esperienza concreta.
Consolidamento e ampliamento del concetto
Partendo dalla situazione di solubilità più semplice, sale e zucchero in acqua, abbiamo
cercato poi di ampliare l’esperienza ad altri tipi di sostanze, anche colorate, sia
solubili che insolubili.
E’ stato quindi proposto ad ogni gruppo di solubilizzare di nuovo sale, polvere di
marmo (per confrontare meglio i risultati con le nuove sostanze), farina, sabbia,
solfato di rame e caffè o cacao “solubile” in acqua e di osservare bene i risultati.
Le sostanze sono state
esaminate una per volta; la
farina, per esempio, si
comporta come la polvere di
marmo e questo è stato
subito notato
Ho chiesto loro di verbalizzare immediatamente
se le sostanze esaminate fossero solubili o
meno. Qualche incertezza sul caffè, forse
perché sulla confezione c’era scritto CAFFE’
SOLUBILE ma il principio in base al quale la
soluzione deve essere limpida era già
sufficientemente chiaro
Nessuna incertezza sul colore, invece, per
cui hanno scritto che se la sostanza che si
solubilizza è colorata anche la soluzione lo
sarà, per cui il solfato di rame è solubile in
acqua.
Fase 5 - seconda tappa
Abbiamo discusso sulle verbalizzazioni, fatte
subito dopo le osservazioni e siamo giunti a
delle conclusioni che abbiamo scritto nella
tabella salvata sul computer di classe, a cui
abbiamo aggiunto via via gli aggiornamenti
Solubilità: concetto assoluto o relativo?
Considerando l’ottima risposta data dagli alunni, è stata intrapresa anche
questa parte del percorso, che non sempre è proposta alle classi.
Ai ragazzi è stato proposto di rifare le soluzioni di sale e zucchero in acqua
distillata. Si è chiesto loro di continuare ad aggiungere soluto e continuare a
solubilizzarli.
Per risparmiare tempo sono stati dati ad ogni gruppo solo 50 ml di acqua
distillata, altrimenti l’esperienza avrebbe richiesto molto tempo. Anche se
hanno misurato la quantità di soluto in cucchiaini, quindi con una unità di
misura che ben difficilmente può essere trasformata in SOLUBILITA’
comunemente definita, il termine di riferimento dei 50 ml può facilmente
permettere il passaggio ai 100 ml (100 g trattandosi di acqua) come in effetti è
stato, poi, nella discussione che è seguita alle verbalizzazioni.
Mentre eseguivano ciò che era stato loro richiesto di fare si sentiva
che parlavano fra loro: “Ma qui continua a sciogliersi, mamma mia
non finisce più ..”; “Ma no, vedrai che tra un po’ smette, per forza ..”
Mi guardavano come per chiedere
conferma delle loro ipotesi, ma ho
detto loro che avrebbero capito da
soli quando fermarsi, quindi hanno
continuato e con lo zucchero hanno
continuato a lungo.
Anche se tutti sapevano che prima o poi sarebbe stato impossibile
continuare a solubilizzare, con lo zucchero qualche dubbio ad un certo
punto si è insinuato.
Ma la velocità di solubilizzazione cala progressivamente (“Ora fa più fatica a
sciogliersi..”). E la miscela si fa via via più opaca.
Finalmente si sono resi conto che non era più possibile sciogliere soluto, ma
le quantità di cucchiaini di sale o zucchero adoperate erano MOLTO
DIVERSE. Qualcuno ha fatto in tempo a verbalizzare, qualcuno ha finito la
lezione seguente. Ecco alcuni esempi.
Alessandro C. – Abbiamo mescolato il sale un cucchiaio per volta dentro un
becher con 50 ml di acqua distillata e la stessa cosa la abbiamo fatta con lo
zucchero dopo. Il sale si è sciolto le prime due volte ma alla terza non si è
sciolto molto bene. Lo zucchero invece si è sciolto molte più volte infatti
siamo riusciti a sciogliere ben 8 cucchiaini ma poi l’acqua non è più riuscita
ad assorbirlo.
Marianna – Gli elementi che dovevamo utilizzare erano: 2 becher, uno per il
sale e l’altro per lo zucchero. Inoltre avevamo un cucchiaino e una bacchetta
per sciogliere il sale e una per lo zucchero. Il nostro compito era quello di
prendere un cucchiaino di sale, metterlo nell’acqua e scioglierlo nel becher con
la bacchetta. Ogni volta che si scioglieva bisognava versare un altro cucchiaino,
fino ad arrivare al quinto, quando abbiamo ottenuto un corpo di fondo e
l’acqua è diventata opaca.
Il secondo esperimento, zucchero, consisteva nella stessa cosa del primo, però
con lo zucchero abbiamo mescolato fino al decimo cucchiaino. Abbiamo notato
che lo zucchero si è sciolto più facilmente rispetto al sale.
Francesco B. – Oggi in laboratorio in un becher con l’acqua abbiamo
aggiunto 3 cucchiai di sale mescolandoli ogni volta. E secondo me il sale non
si è completamente sciolto: anche se, avendolo mescolato per molto tempo,
dei cristalli di sale sono rimasti sul fondo, alla terza volta hanno smesso di
sciogliersi.
Lo zucchero lo abbiamo aggiunto nell’acqua 8 volte. E abbiamo visto che
mescolandolo bene si scioglieva sempre lasciando l’acqua pulita. All’ottava
volta non si è più sciolto diventando opaco e lasciando dei piccoli cristalli sul
fondo.
Nelle verbalizzazioni gli alunni hanno spesso continuato ad adoperare il
termine comune “sciogliere”, consapevoli però del fatto che il termine
scientificamente corretto è solubilizzare.
Fase 5 - terza tappa
La lezione seguente, quando tutti
hanno finito di verbalizzare abbiamo
discusso su quanto avevano scritto e
compilato insieme qualcosa da
aggiungere alla nostra scheda. Ho
notato che, da soli, senza bisogno che
fosse detto loro di farlo,
modificavano e aggiungevano ai loro
appunti. Hanno adoperato qualche
termine usato da me mentre
osservavano i becher (CORPO di
FONDO ad esempio).
Siamo quindi arrivati alla definizione di
SOLUZIONE SATURA.
E come sempre vengono fuori i numeri ..
Già in questa discussione ho sottolineato come in alcune verbalizzazioni il
confronto fra sale e zucchero è stato fatto con numeri (8 cucchiaini e 3
cucchiaini invece che “se ne è sciolto di più”).
Qualcuno ha anche specificato quanto soluto in quanto solvente.
Ho sottolineato come il cucchiaino sia uno strumento un po’ alla buona per
misurare (infatti su 4 gruppi per 3 di loro il limite per il sale è stato di 5
cucchiaini, mentre per un gruppo è stato di 3, abbiamo discusso anche su
questo). Ci eravamo messi d’accordo in realtà su quanto riempire i cucchiaini
e avevo ovviamente portato cucchiaini tutti uguali, ma evidentemente non è
stato sufficiente per ottenere uniformità nei risultati.
Credo che queste siano occasioni preziose per far riflettere gli studenti sul
concetto di misura e sulla necessità di unità di misura universalmente
definite.
Alessandro C. nella verbalizzazione ha scritto:
“In 50 ml di acqua abbiamo sciolto 8 cucchiaini di zucchero”.
Ho cercato di farli ragionare su questo. “Perché, secondo voi, non
abbiamo preso 100 ml di acqua?”
“Già, perché di zucchero avremmo dovuto prenderne 16 cucchiaini ..”
Hanno già il concetto di proporzionalità (che si sviluppa precocemente e
in modo del tutto naturale nei bambini) e intuiscono che il “limite di
solubilità” è un rapporto e non basta dire quanti cucchiaini si sciolgono,
ma bisogna specificare quanti in quanto solvente.
E siccome un cucchiaino può essere più o meno colmo abbiamo
convenuto che in realtà, volendo essere precisi, avremmo dovuto
parlare di grammi.
Continuiamo ad approfondire, cosa succede se cambiamo la temperatura?
Una volta appurato che esiste un punto di saturazione e che non è il solito
per le diverse sostanze, siamo tornati in laboratorio per fare esperienze
sull’effetto della temperatura sulla solubilità. I gruppi hanno di nuovo sciolto
zucchero e sale fino ad arrivare alla soluzione satura con un piccolo corpo di
fondo.
Ho fatto loro misurare la temperatura della soluzione, poi abbiamo scaldato
ambedue le soluzioni, sia quella con il sale che quella con lo zucchero, ma
solo fino a 40°C per impedire allo zucchero di caramellare.
La verbalizzazione è stata contemporanea, la discussione è seguita durante
la lezione seguente.
Sostanze diverse –
comportamenti diversi
Mentre lo zucchero rimasto
come corpo di fondo si è
velocemente sciolto
quando abbiamo scaldato la
soluzione, il sale in eccesso
nella soluzione riscaldata è
praticamente rimasto
invariato.
Fase 5 – quarta tappa
Lunga discussione ricca di spunti per
arrivare a questa fase 5. Nelle
verbalizzazioni avevano colto punti
importanti, nessuno aveva però
sottolineato TUTTI i punti importanti.
Tutti hanno notato la differenza fra sale e
zucchero a parità di temperatura ed il
loro diverso comportamento verso
l’innalzamento di temperatura.
E’ stato quindi facile arrivare alla
conclusione che il limite di solubilità
(l’abbiamo chiamato così) dipende dal
tipo di sostanza e dalla temperatura.
Nella discussione su alcune verbalizzazioni siamo tornati sui numeri,
complicati adesso anche dalla misura della temperatura.
Mi sono sentita, a questo punto, di poter specificare loro che la
SOLUBILITA’ viene per lo più espressa come grammi di soluto in 100 g di
solvente (per l’acqua 100 ml, senza stare ad indagare per adesso sul
concetto di peso specifico che verrà approfondito nella classe terza).
Per lo zucchero tale valore di solubilità, ho specificato, è di 180 g in 100
g di acqua a temperatura ambiente.
Tutte queste considerazioni saranno preziose l’anno prossimo quando
parleremo di RAPPORTI e PROPORZIONI e costituiranno un’ottima base
di partenza VISIVA per trattare l’argomento.
Ma dove sono andati a finire il sale e lo zucchero?
In 30 minuti dovevano rispondere alla domanda. Poi saremmo andati in
laboratorio a verificare le loro ipotesi.
Nessun dubbio, sale e zucchero ci sono ancora; tutti erano d’accordo. Come fare
per esserne sicuri allora? Su questo hanno avuto più incertezze. …. “Visto che
sappiamo che sono sale e zucchero possiamo assaggiare … “Ma se poi ci fossero
anche altre sostanze potenzialmente pericolose disciolte nell’acqua?”
Qualcuno allora ha suggerito di far bollire l’acqua ..
Ogni gruppo ha sciolto qualche cucchiaino di sale nell’acqua e poi ha messo il
becher su un fornello. Dovevano poi osservare quello che succedeva. Ho scartato
la possibilità di farlo con lo zucchero perché in quel caso sarebbe intervenuta una
trasformazione chimica a complicare le cose.
Si aspettavano ovviamente che il sale ad
un certo punto ricomparisse, ma averlo
visto accadere ha suscitato comunque
meraviglia. Il fatto che il fondo di uno
dei becher si sia staccato poi ha
suscitato divertimento ed è rimasto a
lungo nell’immaginario collettivo
Si riformano tutte le sostanze di
partenza
Durante il processo ho anche
appoggiato una beuta dal fondo
freddo sul becher per far loro
visualizzare l’acqua che se ne
stava andando sotto forma di
vapore e che ricondensava sotto
forma di grosse gocce sul
pavimento della beuta
Le soluzioni nella vita di tutti i giorni: l’acqua di rubinetto è solo acqua?
Prima di tornare in classe abbiamo lasciato 50 ml di acqua di rubinetto sul
fornello. Dopo 20 minuti siamo tornati a vedere che cosa era successo; l’acqua
era completamente evaporata lasciando una patina bianca sul fondo. Quindi
l’acqua potabile è una soluzione. Da lì all’etichetta delle acqua minerali sono
arrivati da soli. Abbiamo preso un’etichetta e la abbiamo letta insieme
velocemente. Abbiamo parlato del “residuo fisso” e ne hanno compreso il
significato senza difficoltà perché in pratica lo hanno VISTO sul fondo del
becher.
Fase 5 – quinta tappa
Questa tappa del percorso ha lo scopo di
confermare negli studenti l’idea che in
realtà nella soluzione il soluto c’è ancora.
Lo sanno ma il fatto di vederlo ricomparire
è per loro sempre stupefacente.
Ha inoltre l’utilità di mostrare agli studenti
che la solubilizzazione è un fenomeno
reversibile e che le sostanze in gioco sono
sempre le stesse: acqua e sale.
Impareranno poi che non tutti i fenomeni
possono essere reversibili e che esistono
fenomeni dove le sostanze in gioco
cambiano, ne hanno già avuto un esempio
con il caramello ..
Le ambiguità del verbo “sciogliere”
Nella prima verbalizzazione, dove dovevano scrivere
le loro considerazioni riguardo a sale e zucchero che
“si sciolgono”, una parte della classe aveva fatto
riferimento al passaggio di stato fra solido e liquido,
indicando chiaramente che non solo il verbo
“sciogliersi” crea ambiguità, ma che è anche proprio
il meccanismo della solubilizzazione di un soluto
nell’acqua che viene interpretato come passaggio da
solido a liquido. Perché poi, in fin dei conti loro
vedono un solido ed un liquido all’inizio e vedono un
unico liquido alla fine …
Per visualizzare meglio la differenza fra una FUSIONE e la solubilizzazione
Abbiamo fatto FONDERE un filo di stagno per visualizzare meglio il passaggio da
stato solido a stato liquido. In questo caso UNA sostanza, sottoposta ad un
aumento di temperatura, cambia il proprio aspetto diventando liquida.
Fase 5 – sesta tappa
Quando sciogliamo il sale in acqua
DUE sostanze vengono mescolate
e una di loro sembra scomparire
anche se in realtà sappiamo bene
che c’è ancora. Hanno compreso la
differenza.
Nella vita di tutti i giorni quindi
due fenomeni molto diversi
vengono indicati con lo stesso
verbo “sciogliersi”.
Ma il linguaggio scientifico dispone
invece di due termini differenti per
indicarli in modo da non generare
le stesse ambiguità del linguaggio
comune.
Ma che fine hanno fatto il sale e lo zucchero quando si sono
solubilizzati nell’acqua?
Non molto numerosi gli studenti che hanno avanzato l’ipotesi molecolare, la
maggior parte è rimasta così colpita dal sale che si riforma che ha insistito molto
sulla sparizione del soluto finché non si riscalda
Torniamo alle ipotesi iniziali
Durante la discussione collettiva
siamo dunque ripartiti dalla tabella
iniziale ed abbiamo posto l’accento
su quelle verbalizzazioni che, anche
all’inizio, contenevano già questa
ipotesi. Del resto questo è
comunque il passaggio più difficile
essendo in questo caso impossibile
costruire il concetto operativo, si
chiede loro una deduzione astratta.
Fase 5 – settima tappa
Abbiamo affrontato l’argomento nel
modo più semplice e disteso
possibile, accennando anche ai
termini scientifici ATOMO e
MOLECOLA che comunque sui libri di
testo vengono adoperati
diffusamente. E siccome, curiosi
come sono, vanno a leggersi il libro
di testo, avrebbero comunque
chiesto il significato di questi termini.
Verifiche degli apprendimenti
Le verifiche in percorsi di questo tipo sono continue e di tanti tipi. Lo studente
è infatti chiamato continuamente a reagire a qualche stimolo. Deve fare o
osservare l’insegnante mentre fa, poi deve verbalizzare su questo. Poi deve
discutere e riflettere e di nuovo concordare sulla verbalizzazione finale. E’
quindi chiamato alla partecipazione attiva e l’insegnante può osservare e
registrare tutti i suoi comportamenti.
Informalmente, quindi, le verifiche sono continue e riguardano non solo la
comprensione di ciò che si fa ma anche i comportamenti nel gruppo,
l’organizzazione del lavoro, la comunicazione fra pari.
Chiaramente devono esserci anche le verifiche formali ad esempio sotto forma
di compito scritto.
Il compito
Hanno avuto 40 minuti per
svolgere la verifica. Gli esiti sono
stati soddisfacenti.
Nella fascia alta non ci sono stati
10 ma comunque tutti gli studenti
di questo gruppo hanno registrato
8 o 9.
I risultati più sorprendenti sono
invece nelle fasce più basse, dove
NON ci sono state insufficienze
ché, anzi, TUTTI hanno registrato
almeno 7.
Da sottolineare i buoni risultati
degli studenti con Bisogni
Educativi Speciali.
Come era da aspettarsi le risposte
meno complete riguardano il
quesito 6.
Risultati ottenuti
L’attività ha avuto una ricaduta positiva in entrambe le classi, sia sotto un
punto di vista relativo agli apprendimenti che ad un aspetto più ampio
legato alla socializzazione all’interno del gruppo classe.
La costruzione di concetti partendo dall’esperienza e dalla riflessione
individuale è stata di fondamentale importanza, soprattutto per gli alunni
più deboli.
E’ stato fatto un importante lavoro sul linguaggio specifico legato a concetti
importanti descritti con parole di uso comune come: solubile, sostanza
oppure “sciogliere”, che ha significati assai diversi e anche: fondere,
limpido.. I ragazzi sono stati portati a riflettere su quanto importante è
usare i termini che corrispondano a fenomeni ben precisi e diversi fra loro.
Valutazione dell’efficacia del percorso didattico sperimentato in ordine alle
aspettative e alle motivazioni del Gruppo di ricerca LSS
E’ stata un’occasione preziosa di collaborazione fra colleghi dello stesso ordine
di scuola. L’organizzazione delle esperienze, la preparazione dei materiali, la
lettura dei risultati di attività portate avanti praticamente in contemporanea
costituiscono le basi di un vero gruppo di ricerca didattica, che è lo scopo
principale per cui abbiamo voluto partecipare a LSS.
La quantità di nuovi apprendimenti cui pervengono alla fine gli studenti in
percorsi di questo tipo è pari, infatti, a quanto gli insegnanti stessi imparano
semplicemente cercando di allestire al meglio le attività.
Chiaramente con lo scopo di migliorare la qualità dell’insegnamento che, nel
caso delle scienze, ha l’ulteriore problema di dover fare scelte cruciali nella
costruzione del curricolo.
Ci troviamo infatti a dover introdurre studenti molto giovani allo studio di
discipline che implicano ragionamenti e astrazioni per loro assai difficili ma che,
nello stesso tempo, li attirano e interessano sia perché i ragazzi di quell’età
sono di natura curiosi nei confronti dei fenomeni naturali, sia perché
continuamente stimolati, nel bene e nel male, dalle innumerevoli fonti di
informazione a loro disposizione.
Cosa? Come? Quando? Queste sono le domande cui rispondere per costruire
un curricolo plausibile per ragazzi che vanno dagli 11 ai 14 anni. La formazione è
stata preziosa per sciogliere alcuni dei dubbi che, inevitabilmente, sorgono nel
prendere decisioni di tale tipo.
Ed il metodo in 5 fasi si è rivelato uno strumento potente sia dal punto di vista
dell’apprendimento degli studenti, che hanno per altro dimostrato di
apprezzarlo sinceramente, sia in sede di valutazione che, come sappiamo, è uno
degli aspetti più delicati dell’insegnamento.