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LabNews LabNews LabNews LabNews Editoriale 1 SPE 2 Antibiogrammi 3 Diabete gestazionale 4 Anticorpi e diabete 5 LAC e APS 7 Azienda U.S.L. 6 - Livorno Laboratorio di Patologia Clinica Giugno 2010 Anno 12, Numero 47 LabNews foglio di informazione del laboratorio di Patologia Clinica di Livorno direttore: Antonio La Gioia Hanno collaborato a questo numero: Maria Bombara Maila Demi Marcello Fiorini Antonio La Gioia Cinzia Martinelli Angela Matteucci Viale Alfieri, 36 57100 Livorno [email protected] Sommario: COSI’ E’ COSI’ E’ Anno 12, Numero 47 Pagina 1 E cco, ci siamo: stavolta tocca a me. Quante volte in questi tanti anni di LabNews ho cercato le parole per salutare chi ci lasciava per entrare in una nuova fase della propria vita (un nuovo lavoro, il pensionamento, meno spesso, per fortuna, la scomparsa)?. Tante e le ricordo una ad una con i volti e le voci. Ora succede un'altra volta, a me per me. Anche la mia vita è giunta ad una svolta e, con il primo di ottobre, lascio il mio lavoro di quasi quarant’anni, Livorno ed il “mio” laboratorio di 16 anni: vado in pensione. Tremonti non c’entra, avrei resistito anche a lui se, un anno fa (ricordate?), il mondo non si fosse capovolto e con lui valori e percezioni di vita. Non so se è giusto che sia io a fare un bilancio di questi anni, parlare di quale laboratorio trovai e di quello che lascio, ma tant'è: è l'ultima volta e quindi va bene così. Il mondo è cambiato tanto nel frattempo e la sanità pure: abbiamo pian piano imparato (anche con fatica e traumi, a volte) chi doveva essere il titolare e beneficiario degli esiti di un nostro buon operare e, soprattutto, che ai cittadini è dovuto un buon servizio e non una buona organizzazione. Questo il fil rouge del nostro operare in questi anni al quale ne è stato affiancato costantemente un altro: quello della difesa e valorizzazione della specificità professionale del Patologo Clinico. Cito così, alla rinfusa, la provetta unica e la gestione indifferenziata di urgenza e routine, l’accettazione a “flusso continuo” dei materiali clinici e l’accessibilità continuativa al servizio; poi la promozione valorizzazione della appropriatezza, l’attenzione al valore informativo del referto di laboratorio con i commenti di validazione, l’implementazione tempestiva di linee guida ed algoritmi diagnostici. Ed ancora l’informazione e la formazione, la nostra “Guida” nelle sue due edizioni e i quasi 50 numeri ed i 12 anni di vita di LabNews. Lo sapevo, il rischio dell’autocelebrazione c’era e mi fermo qui. Lascio affetti consolidati in tanti anni, il rispetto per tutti coloro che ci sono stati e la stima per chi mi è stato a fianco. La prospettiva di potersi dedicare nel prossimo futuro a sé stessi, ai propri affetti ed agli interessi trascurati per tanto tempo mitiga solo un po’ la tristezza di oggi. Grazie a tutti. (alg)

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Editoriale 1

SPE 2

Antibiogrammi 3

Diabete

gestazionale

4

Anticorpi e

diabete

5

LAC e APS 7

Azienda U.S.L. 6 - Livorno Laboratorio di Patologia Clinica

Giugno 2010

Anno 12, Numero 47

LabNews

foglio di informazione del laboratorio di Patologia Clinica

di Livorno direttore: Antonio La Gioia

Hanno collaborato a questo numero:

Maria Bombara

Maila Demi

Marcello Fiorini

Antonio La Gioia

Cinzia Martinelli

Angela Matteucci

Viale Alfieri, 36 57100 Livorno

[email protected]

Sommario:

COSI’ E’COSI’ E’

Anno 12, Numero 47 Pagina 1

E cco, ci siamo: stavolta tocca a

me.

Quante volte in questi tanti

anni di LabNews ho cercato le

parole per salutare chi ci lasciava per

entrare in una nuova fase della propria

vita (un nuovo lavoro, il pensionamento,

meno spesso, per fortuna, la

scomparsa)?. Tante e le ricordo una ad

una con i volti e le voci.

Ora succede un'altra volta, a me per me.

Anche la mia vita è giunta ad una svolta

e, con il primo di ottobre, lascio il mio

lavoro di quasi quarant’anni, Livorno ed il

“mio” laboratorio di 16 anni: vado in

pensione.

Tremonti non c’entra, avrei resistito

anche a lui se, un anno fa (ricordate?), il

mondo non si fosse capovolto e con lui

valori e percezioni di vita.

Non so se è giusto che sia io a fare un

bilancio di questi anni, parlare di quale

laboratorio trovai e di quello che lascio,

ma tant'è: è l'ultima volta e quindi va

bene così.

Il mondo è cambiato tanto nel frattempo e

la sanità pure: abbiamo pian piano

imparato (anche con fatica e traumi, a

volte) chi doveva essere il titolare e

beneficiario degli esiti di un nostro buon

operare e, soprattutto, che ai cittadini è

dovuto un buon servizio e non una buona

organizzazione.

Questo il fil rouge del nostro operare in

questi anni al quale ne è stato affiancato

costantemente un altro: quello della

difesa e valorizzazione della specificità

professionale del Patologo Clinico.

Cito così, alla rinfusa, la provetta unica e

la gestione indifferenziata di urgenza e

routine, l’accettazione a “flusso continuo”

dei materiali clinici e l’accessibilità

continuativa al servizio; poi la promozione

valorizzazione della appropriatezza,

l’attenzione al valore informativo del

referto di laboratorio con i commenti di

va l i daz i one , l ’ im p lemen taz i one

tempestiva di linee guida ed algoritmi

diagnostici.

Ed ancora l’informazione e la formazione,

la nostra “Guida” nelle sue due edizioni e

i quasi 50 numeri ed i 12 anni di vita di

LabNews.

Lo sapevo, il rischio dell’autocelebrazione

c’era e mi fermo qui.

Lascio affetti consolidati in tanti anni, il

rispetto per tutti coloro che ci sono stati e

la stima per chi mi è stato a fianco.

La prospettiva di potersi dedicare nel

prossimo futuro a sé stessi, ai propri

affetti ed agli interessi trascurati per tanto

tempo mitiga solo un po’ la tristezza di

oggi.

Grazie a tutti. (alg)

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Pagina 2 Anno 12, Numero 47

ELETTROFORESI: FINE DI UN MITO?

L ’ elettroforesi sieroproteica (SPE), indagine frequentemente richiesta per pazienti sia ospedalizzati che ambulatoriali, ha come finalità principale la ricerca delle componenti monoclonali

(CM), ma fino ad oggi è stata utilizzata anche per indicazioni qualitative e semiquantitative di numerose proteine plasmatiche.

La SPE presenta una certa complessità esecutiva, ma soprattutto interpretativa, specialmente nelle modalità di trasmissione ai clinici delle informazioni ottenute da un referto ben strutturato. Mentre dal punto di vista tecnico-analitico sono attualmente disponibili sistemi elettroforetici di buona qualità sia su supporto solido (gel di agarosio) che in fase libera (elettroforesi capillare), la fase post-analitica che comprende l’interpretazione e la refertazione del tracciato elettroforetico è ancora poco standardizzata.

A questo proposito recentemente il Gruppo di Studio Proteina della Sibioc (GdS-P) ha cercato di rispondere a questa esigenza con un documento pubblicato su Biochimica Clinica 2009. Dal documento emergono tre aspetti fondamentali: • appropriatezza della richiesta SPE • affidabilità e riproducibilità dell’ispezione visiva del

tracciato • modalità di refertazione, per trasmettere al clinico una

informazione chiara, esaustiva ed omogenea.

La SPE rappresenta l’esame di laboratorio di riferimento per mettere in evidenza la presenza di componente monoclonale (CM) nel siero, indicativa di discrasia plasmacellulare, ed è inoltre utile per monitorarne l’andamento nel tempo.

Anche se per lungo tempo l'elettroforesi è stata considerata un esame che permetteva l'evidenziazione di proteine di fase acuta, ci sono numerose evidenze che queste proteine non sono marcatori né sensibili, né precoci di infiammazione. Inoltre la tecnica elettroforetica è al più semiquantitativa e non è adeguata al monitoraggio delle attività di flogosi, indicazione per la quale sono necessarie misure più accurate. Non esistono perciò, sufficienti indicazioni per l'utilizzo dell'elettroforesi sieroproteica nell'evidenziare/monitorare situazioni flogistiche.

L'elettroforesi è, inoltre, in grado di evidenziare deficit o aumenti policlonali di immunoglobuline IgG e in misura minore IgA e IgM, tuttavia questi sono più efficacemente rilevati e/o monitorati dalla loro misura quantitativa, di cui l'elettroforesi costituisce solo un esame complementare.

Al momento, l'elettroforesi proteica è l'unica tecnica che permette di evidenziare l'omogeneità molecolare delle

immunoglobuline e di rilevare la presenza di una componente monoclonale; l'assenza di proteine monoclonali all'elettroforesi non esclude comunque la presenza di neoplasia dei linfociti B. Pertanto, in caso di sospetto clinico, è necessario proseguire con ulteriori indagini più specifiche come l'immunofissazione e la ricerca della proteina di Bence Jones.

La presenza di CM non è condizione rara, ma aumenta significativamente con l'età. In una popolazione americana con età >50 anni la prevalenza è del 3,2%, mentre è del 5,3% nei soggetti con età >70 anni. Nella nostra popolazione si rileva una prevalenza del 5,6% nei soggetti con età >50 anni e del 7,6% nei soggetti >75 anni di età. Tali rilevazioni non giustificano, comunque, uno screening di popolazione, ma l'esecuzione della SPE, oltre che nelle discrasie plasmacellulari, dovrebbe essere riservata al monitoraggio dei pazienti con trapianto d'organo ed ai pazienti con neuropatia periferica demielinizzante.

Una volta rilevata la CM, la quantificazione elettroforetica periodica è uno dei parametri utilizzati per l'eventuale progressione della condizione verso il mieloma o per monitorare la risposta alla terapia. Tale tecnica di quantificazione, anche se gravata da alcuni problemi (variabilità analitica della misura delle proteine totali, accuratezza del posizionamento della soglia di delimitazione del picco monoclonale, eventuali proteine comigranti con la CM) resta quella consigliata.

Nel caso di mielomi secernenti solo catene leggere monoclonali (micromolecolari) che rappresentano il 20% circa di tutti i mielomi, è utile la valutazione delle catene leggere libere nel siero, oltre che la determinazione della proteina di Bence Jones nelle urine del paziente.

Conclusioni conseguenti con quanto sopra espresso dovrebbero essere:

1. La SPE non deve più essere utilizzata come test globale e al di fuori del sospetto clinico di discrasia plasma cellulare;

2. Le modificazioni quali/quantitative di un tracciato elettroforetico sono in genere scarsamente e tardivamente collegate con il quadro clinico;

3. E’ appropriato l’uso della SPE per la ricerca e quantificazione di una CM ;

4. Una progressiva e significativa riduzione delle richieste di SPE può rappresentare un buon indicatore di appropriatezza. (md)

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I n una riunione tenutasi a Firenze il 15/06/2010 insieme ai colleghi dell’AMCLI (Associazione Microbiologi Clinici Italiani) della Toscana è stato proposto, come raccomandato dal comitato di studio AMCLI per gli antibiotici (CoSA), di adottare compiutamente in Toscana il sistema di Breakpoint EUCAST per l’interpretazione dei saggi di sensibilità agli antibiotici. A tal proposito si ricorda il significato di Breakpoint clinico: concentrazione critica di antibiotico stabilita da comitati

internazionali utilizzando parametri batteriologici, farmacocinetici e clinici che permettono di determinare le categorie Sensibile, Intermedio, Resistente. La categoria “Sensibile” indica che un’infezione dovuta ad un certo ceppo può essere trattata col dosaggio raccomandato di un antimicrobico con ragionevole successo terapeutico. La categoria “Intermedio” corrisponde ad un livello di attività dell’agente antimicrobico associata ad un incerto effetto terapeutico e dipende dalla concentrazione raggiunta nella sede di infezione o dalla possibilità di usare alte concentrazioni di farmaco. La categoria “Resistente” significa invece che la probabilità di fallimento terapeutico è molto elevata. Prima di riportare il Documento ufficiale del CoSA si informa che il sistema attualmente in uso nel nostro laboratorio è già predisposto per l’utilizzo previsto dal punto a) delle raccomandazioni del documento stesso. (cm)

VARIAZIONI NEL SISTEMA DI INTERPRETAZIONE

DEGLI ANTIBIOGRAMMI

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DIABETE GESTAZIONALE: LA CURVA NON E’ PIU’ “MINI”

I l Diabete Mellito Gestazionale (GDM) è definito come una intolleranza ai carboidrati, di vario grado e severità, con inizio o primo riconoscimento durante la gravidanza.

Compare alla fine del secondo trimestre e non dà segni clinici rilevanti. Rappresenta la complicanza più frequente in gravidanza con una prevalenza media del 5-6% e comporta importanti implicazioni sia per la madre che per il bambino. Si associa, infatti, ad un incremento della morbilità perinatale caratterizzata da: macrosomia fetale, ipoglicemia neonatale, iperbilirubinemia, sindrome da distress respiratorio, ipocalcemia e distocia di spalla. Inoltre, negli anni successivi al parto, le donne con pregresso diabete gestazionale presentano un elevato rischio di sviluppare il diabete tipo 2.

Tutto ciò spiega la necessità di predisporre un piano di screening e diagnosi precoci in modo da poterlo individuare e trattare efficacemente.

I fattori di rischio per il Diabete Gestazionale sono sovrapponibili a quelli per il Diabete di tipo 2: la razza, il peso pregravidico, l'età, la storia familiare per diabete, l'obesità, la vita sedentaria, l’alimentazione ricca in grassi ed il fumo. Anche i meccanismi patogenetici possono ritenersi sovrapponibili: in entrambi i casi si sviluppa un’intolleranza ai carboidrati nel momento in cui la secrezione β-cellulare non è più sufficiente a compensare la resistenza insulinica periferica fisiologicamente presente in gravidanza. I meccanismi fisiopatogenetici non sono ancora definitivamente chiariti. Le donne in gravidanza tendono a sviluppare ipoglicemia lontano dai pasti e durante il sonno: ciò si verifica perché il feto attira glucosio attraverso la placenta dalla circolazione sanguigna materna. Parallelamente i livelli di steroidi e ormoni peptidici placentari (estrogeni, progesterone, e somatomammotropina corionica) aumentano linearmente in tutto il secondo e terzo trimestre. Poichè questi ormoni conferiscono maggiore resistenza tessutale all'azione dell'insulina, ne determinano una aumentata secrezione compensativa, che cresce progressivamente durante la gravidanza. Se la risposta insulinica pancreatica materna è inadeguata, si avrà una iperglicemia, prima materna e poi fetale, che in genere si manifesta con ricorrenti episodi post-prandiali responsabili della crescita accelerata del feto. Infatti i picchi di iperglicemia materni e fetali sono accompagnati da iperinsulinemia fetale compensativa che, promuovendo la conservazione dei nutrienti in eccesso, causa macrosomia. Inoltre, le spese di energia associata alla conversione del glucosio in eccesso in grasso provocano la

deplezione dei livelli di ossigeno con episodi di ipossia fetale i quali sono accompagnati da picchi di catecolamine surrenali, che causano ipertensione, ipertrofia cardiaca, sintesi di eritropoietina, iperplasia dei globuli rossi e aumento dell'ematocrito con problemi circolatori e iperbilirubinemia.

La Conferenza Nazionale di Consenso per lo screening e la diagnosi del diabete gestazionale, convocata dal Gruppo di Studio “Diabete e Gravidanza” SID-AMD, composta dai delegati di tutte le società scientifiche e professionali e dagli esperti interessati alla cura e allo studio del diabete gestazionale, riunita a Roma in data 27 marzo 2010 ha elaborato importanti raccomandazioni alle quali il nostro laboratorio ha deciso di aderire.

In particolare:

• La procedura in due fasi (“minicarico glucidico” + OGTT nei casi con minicarico positivo) attualmente in uso è da considerarsi superata e pertanto non raccomandata.

• Alla prima visita in gravidanza deve essere valutata l’eventuale presenza di un diabete manifesto mediante la determinazione della glicemia plasmatica a digiuno. Il riscontro ripetuto in due occasioni di un valore glicemico a digiuno (FRG) ≥126 mg/dl permette di porre diagnosi di diabete manifesto. La diagnosi di diabete manifesto può avvenire anche mediante il rilievo di una glicemia random (RPG), eseguita in qualsiasi momento della giornata ≥200 mg/dl; tale riscontro deve essere confermato da una glicemia plasmatica a digiuno ≥126 mg/dl.

• Se il valore della glicemia alla prima visita in gravidanza risulta ≥ 92 mg/dl (5,1 mmol/l) e < 126 mg/dl (7,0 mmol/l) si pone diagnosi di Diabete Gestazionale.

• Tutte le gestanti con glicemia a digiuno alla prima visita inferiore a 92 mg/dl e/o senza precedente diagnosi di diabete manifesto, indipendentemente dalla presenza di eventuali fattori di rischio per diabete gestazionale, devono eseguire un carico orale di glucosio (OGTT) tra la 24 e la 28 settimana di gestazione.

• L’OGTT dovrà essere eseguito con 75 grammi di glucosio e prelievi venosi ai tempi 0’, 60’ e 120’ per la determinazione della glicemia su plasma. Si pone diagnosi di GDM quando uno o più valori risultano uguali o superiori a quelli soglia .

(Continua a pagina 5)

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AUTOANTICORPI NEL DIABETE

MELLITO DI TIPO 1

• Le donne affette da diabete gestazionale dovranno rivalutare la tolleranza glucidica mediante OGTT (2 ore - 75 grammi) a distanza di 8-12 settimane dal parto. (mf)

(Continua da pagina 4)

Strategie proposte per la diagnosi delle condizioni di iperglicemia in gravidanza

Prima Visita in Gravidanza

Valutare FPG o RPG in tutte le donne

Se i risultati indicano un diabete manifesto: Trattamento e follow-up come per diabete pre-gestazionale

Se i risultati non indicano un diabete manifesto, ma: * FPG ≥ 92 e <126 mg/dl: diagnosi di diabete gestazionale * FPG < 92 mg/dl: eseguire OGTT tra 24ma-28ma settimana

24ma – 28ma settimana di Gestazione

OGTT 2 ore 75 g: In tutte le donne non precedentemente diagnosticate come GDM o diabete manifesto nel corso dell’attuale gravidanza.

• GDM se 1 o più valori superano la soglia diagnostica

• Normale se tutti i valori dell’OGTT sono inferiori alla soglia diagnostica

I l diabete mellito (DM) di tipo 1 (diabete insulino-dipendente) si verifica in maniera predominante nei bambini e nei giovani adulti e rappresenta il 10% di tutti i casi di diabete.

Il DM di tipo 1 è una malattia autoimmune provocata dalla distruzione delle cellule β delle isole pancreatiche attraverso un processo di autoimmunità cellulo-mediata (linfociti T) che determina deficit assoluto della produzione di insulina; si accompagna alla formazione di diversi autoanticorpi diretti verso componenti delle isole pancreatiche, i quali non sembrano rivestire un ruolo patogenetico, ma risultano utili come indicatori di malattia. Da segnalare la predisposizione genetica al DM tipo 1 legata a particolari polimorfismi del sistema HLA di classe II a livello dei loci DR e DQ del cromosoma 6. Circa il 90% dei pazienti caucasici con DM tipo 1 presenta un assetto HLA DR3 e/o DR4 (peraltro presenti nel 40% dei controlli sani), mentre associazioni DR4/DQ8 e DR3/DQ2 sono state riscontrate nel 74% e nel 52% dei soggetti con DM tipo 1. Conferiscono resistenza alla malattia invece i geni HLA-DR2 e HLA DQB1.

La determinazione di autoanticorpi contro antigeni delle isole pancreatiche viene utilizzata per confermare una diagnosi di DM di tipo 1 e per

identificare reattività autoimmuni precliniche in persone a rischio (la probabilità di sviluppare la malattia nell'arco di 4-5 anni è direttamente correlata al n° di autoanticorpi risultati positivi, da 1-2% nel caso di positività di un solo anticorpo a più del 50% con diversi autoanticorpi positivi). Nella maggior parte dei casi al momento della diagnosi di diabete possono essere rilevati uno o più autoanticorpi.

Gli autoanticorpi di primaria importanza che si ritrovano nel siero di pazienti con DM tipo 1 sono:

anti-insula pancreatica (ICA) anti-decarbossilasi dell'acido glutamico (GADA) anti-insulina (IAA) (da individuare prima dell'inizio

della terapia insulinica) anti-tirosin fosfatasi IA-2 (IA-2A)

Ac anti insula pancreatica

Rilevati con metodica di immunofluorescenza sono presenti nel 60-80% dei casi all'esordio della malattia, più frequentemente nei soggetti al di sotto dei 20 anni (significato diagnostico). Il 9-14% dei soggetti adulti con diabete apparentemente di tipo 2 mostrano positività per ICA e fra essi il 27-84% vira verso l'insulino-dipendenza entro 5 anni dall'esordio della

(Continua a pagina 6)

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malattia (soggetti LADA, latent autoimmune diabetes of the adult). Nel diabete gestazionale la loro rilevazione è marker di viraggio verso l'insulino-dipendenza. La loro ricerca viene utilizzata anche per seguire l'andamento del trapianto di pancreas o di isole pancreatiche: la loro positivizzazione è considerata segno di insulite ricorrente. I due antigeni principali che contribuiscono alla positività per ICA sono la decarbossilasi dell'acido glutamico (GAD) e la tirosin fosfatasi (IA-2).

Anti GAD

Scoperti nei soggetti con sindrome dell'uomo rigido (stiff man syndrome), malattia neurologica spesso associata a DM tipo 1, possono ritrovarsi anche nel 65-75% dei pazienti con solo DM tipo 1. Correlano con gli ICA e, come questi, nel 10% dei casi si ritrovano in soggetti precedentemente classificati con patologia diabetica tipo 2 (identificano casi LADA) o con diabete gestazionale in evoluzione verso DM tipo 1. I GADA persistono più a lungo dopo l'esordio della malattia diabetica rispetto agli ICA (anche per molti anni). Sono

identificabili con metodica radioimmunologica (RIA) o di radiobinding (RBA) o con metodica immunoenzimatica (ELISA).

Anti-tirosin fosfatasi IA-2

Analogamente a ICA, GADA e IAA compaiono in circolo anni prima dell'esordio clinico del DM di tipo 1 (per quanto più tardivamente rispetto a IAA e GADA). Sono presenti nel 60-65% dei casi all'esordio della malattia. Meno frequente il riscontro nei pazienti LADA. Sono identificabili in RIA o RBA.

Anti-insulina (IAA)

Sono i primi autoanticorpi a comparire nel corso del processo autoimmune del diabete con una prevalenza maggiore (>90%) nei bambini sotto i 5 anni di età; la prevalenza scende al 40% nei bambini di età superiore a 12 anni. Sono identificabili in RIA o RBA. Si riporta in grafico la distribuzione nel tempo dei diversi autoanticorpi e la loro prevalenza in relazione all'età:

(Continua da pagina 5)

Nel nostro laboratorio sarà disponibile a breve la determinazione degli ICA in fluorescenza e dei GADA in ELISA. (mb)

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Pagina 7 Anno 12, Numero 47

Orari per il pubblico

Prelievi Poliambulatorio: Tutti i giorni

dalle 7.30 alle 12.00

Consegna campioni Poliambulatorio:

Tutti i giorni dalle 7.30 alle 12.00

Appuntamenti per prelievo al

Poliambulatorio Giorni feriali: dalle 11.00

alle 18.15 Sabato: 11.00 - 12.30

Consegna risposte:

Giorni feriali: dalle 8.30 alle 18.15

Sabato: 8.30 - 13.15

Prelievi Distretto Via E. Rossi: Tutti i giorni

dalle 7.30 alle 9.15 Consegna risposte: 11.30-12.45

Prelievi Distretto Fiorentina:

Tutti i giorni dalle 7.30 alle 9.15

Consegna risposte: 11.30-12.45

Prelievi Distretto Via del Mare: Da Lun a Ven

dalle 7.30 alle 9.00 Consegna risposte: 11.30-12.30

Prelievi Distretto Collesalvetti:

Lun-Mer-Sab* dalle 7.30 alle 8.30

Prelievi Distretto Stagno

Venerdì* dalle 7.30 alle 8.30

*su prenotazione

Risposte quiz pagina 8:

1. d 2. d

L a sindrome da anticorpi antifosfolipidi (APS) è definita dall’associazione tra manifestazioni trombotiche (venose o arteriose) o complicanze della gravidanza (aborto ricorrente: 3 entro la 10° setti mana in assenza di difetti congeniti; aberrazioni cromosomiche; infezioni recenti da citomegalovirus;

abuso di alcool; uso di farmaci; morte intrauterina al 2° o 3° trimestre; preeclampsia; ritardo di crescita fetale) e la presenza persistente di almeno uno dei tre più comuni anticorpi antifosfolipidi (aPL): lupus anticoagulant (LAC); anticorpi anticardiolipina (aCL), IgG e/o IgM; anticorpi antiβ2glicoproteina-I (aβ2GPI), IgG e/o IgM. Delle specifiche di laboratorio degli aCL e aβ2GPI abbiamo parlato nell’ultimo numero di LabNews a proposito delle malattie autoimmuni.

La ricerca del LAC si basa su più test coagulativi fosfolipide-dipendenti. Nel 2009 sul Journal of Thrombosis and Haemostasis è stata pubblicata una comunicazione della Società Internazionale di Trombosi e Emostasi (SCC) circa la necessità di un aggiornamento delle linee guida (LG) per la ricerca del LAC. Le precedenti LG risalivano al 1995 (Brandt e coll.). Le nuove LG sono state redatte in un meeting tenuto a Ginevra nel 2007. Le principali novità riguardano la scelta dei test, la selezione dei pazienti, la modalità di scelta dei valori di cut-off e la refertazione, oltre a aspetti più tecnici come la modalità di gestione preanalitica dei campioni e la modalità di esecuzione dei tests di mixing e di conferma.

SCELTA DEL TEST

Si raccomanda l’esecuzione di due test basati su principi differenti: il primo test deve essere al veleno di vipera Russell (dRVVT) e l’altro un aPTT sensibile (basso contenuto di fosfolipidi e silice come attivatore). Nel caso di positività, anche di un solo test, si procede con la miscela ed il test di conferma (alto contenuto di fosfolipidi). Nelle precedenti LG i test raccomandati erano almeno tre, ma, data la bassa specificità del test, il rischio di falsi positivi era aumentato in maniera non accettabile.

SELEZIONE DEI PAZIENTI

La ricerca del LAC deve essere limitata a pazienti che hanno una significativa probabilità di avere una APS o che hanno un aPTT allungato senza causa nota. La probabilità può essere distinta in bassa, moderata e alta. Bassa: tromboembolismo venoso (TEV) o arterioso in persone anziane. Moderata: aPTT allungato trovato accidentalmente in soggetti asintomatici,

aborti spontanei ricorrenti, TEV secondario in pazienti giovani (< 50 anni). Alta: TEV spontanee o trombosi arteriosa (non spiegabili) in pazienti giovani;

trombosi in sedi inusuali, perdita fetale tardiva, qualsiasi trombosi o malattie gravidiche in persone con malattie autoimmuni.

Lo screening su persone asintomatiche è vivamente scoraggiato per evitare rischi di falsi positivi.

REFERTAZIONE

La risposta deve contenere un commento che indichi se il risultato è compatibile o meno con la presenza di LAC. I commenti interpretativi devono tener conto comunque di tutto il quadro laboratoristico, comprendente anche i valori degli aCL e aβ2GPI. I commenti “borderline” o “dubbio” vanno evitati; in questi casi è preferibile far ripetere il test dopo una settimana.

(Continua a pagina 8)

ATTENTI AL...LUPUS (anticoagulant):

Uso corretto del LAC per la diagnosi di APS

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Informazioni al pubblico

Segreteria Laboratorio Analisi Tel 223014 Tel 223355 Fax 223378

Dalle 10.30 alle 18.30

Distretto via E. Rossi Tel 223610

Distretto Fiorentina Tel 223522

Distretto via del Mare Tel 223194

Distretto Collesalvetti Tel 962978

Distretto Stagno Tel 941291

Laboratorio Analisi

Direzione 223207 Batteriologia 223299 Biochimica 223084 Ematologia 223087 Tossicologia 223085 Sistema qualità 223086

Pagina 8 Anno 12, Numero 47

Risposte pagina 7

1. Il Lupus anticoagulant (LAC) è diretto contro:

a) Fattore VIII b) Fattore X c) Fattore IX d) Proteine plasmatiche fosfolipidi-dipendenti

2. Quale dei seguenti ormoni favorisce l’iperglicemia? a) Cortisolo b) Ormone della crescita c) Adrenalina d) Tutti quelli sopra citati

QUANDO NON RICHIEDERE IL LAC

Durante l’evento trombotico acuto l’esame può essere di difficile interpretazione, sia perché i pazienti sono in terapia anticoagulante (eparina a dosaggio pieno o TAO) sia perché ci possono essere aumenti delle proteine della fase acuta come il fattore VIII, che possono interferire con i test coagulativi.

Si pone quindi diagnosi di APS in presenza di almeno un criterio clinico ed uno di laboratorio confermato a distanza di 12 settimane. Studi clinici hanno dimostrato che il LAC è più fortemente associato al rischio di trombosi venose e arteriose rispetto agli aCL e aβ2GPI. Il significato biologico e clinico dei diversi aPL resta ancora in parte da chiarire. Questa incertezza riconosce numerose ragioni, tra le quali l’eterogeneità antigenica, la policlonalità anticorpale e l’insufficiente standardizzazione, motivo in più per mettere in atto tutti quei provvedimenti, anche di comunicazione, che portino ad una migliore standardizzazione diagnostica. (am)

Bibliografia: Pengo V et al. Update of the guidelines for lupus anticoagulant detection. J Thromb

Haemost 2009; 7: 1737-40 Galli M. Clinica della sindrome da anticorpi antifosfolipidi e diagnosi di

anticoagulante tipo lupus. RIMeL/IJaM 2009; 5: 125-130

(Continua da pagina 7)

Un saluto per chi va, un impegno per

chi resta Tra scontri e incontri, sotto una guida decisa e

stimolante, abbiamo collaborato in questi 16 anni a

creare il “nostro laboratorio”.

Il nostro impegno è ora proseguire sulla strada

tracciata con l’obiettivo di mantenere i risultati

raggiunti, ma orientati ad un “miglioramento

continuo”.

Grazie per tutto,

Il laboratorio