Lab Oratorio Di Chimica 2 - Cromatografia

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Antonio Papagni Appunti di Laboratorio di Chimica II: La tecnica cromatografica Cromatografia LIQUIDO – SOLIDO TECNICA IMPIEGATA per SEPARARE MISCELE DI COMPOSTI (organici e non) si basa sul FENOMENO DELL’ADSORBIMENTO Assorbimento: formazione di legami stabili tra molecole e fase solida. Adsorbimento: ritenzione superficiale da parte di un solido di molecole di varia natura. Molecole trattenute per interazioni tra superficie del solido e molecole: DIPOLO – DIPOLO DIPOLO – DIPOLO INDOTTO LEGAMI a IDROGENO FORZE di VAN DER WAALS

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Sono le copie digitali del lavoro sulla cromatografia del corso di Papagni.

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Antonio Papagni

Appunti di Laboratorio di Chimica II:La tecnica cromatografica

CromatografiaLIQUIDO – SOLIDO

TECNICA IMPIEGATAper SEPARARE MISCELE DI COMPOSTI

(organici e non)

si basa sulFENOMENO DELL’ADSORBIMENTO

Assorbimento: formazione di legami stabili tra molecole e fase solida.Adsorbimento: ritenzione superficiale da parte di un solido di molecole di varia natura.

Molecole trattenute per interazioni tra superficie del solido e molecole:DIPOLO – DIPOLODIPOLO – DIPOLO INDOTTOLEGAMI a IDROGENOFORZE di VAN DER WAALS

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Fenomeno della cromatografia

Fu introdotto nei primi del 900 dal botanico russo Mikhail Tswett e usato nella separazione di pigmenti di origine vegetale. Il fenomeno nasce dalle diverse interazioni tra molecole diverse e la superficie solida,

e quindi dalla diversa attitudine delle molecole nel distribuirsi fra la fase solida (o fase stazionaria) e quella liquida (o fase mobile). Anche la fase mobile o il solvente di trascinamento competeranno con il soluto per il processo di adsorbimento. È possibile separare miscele di composti quando le

interazioni di questi ultimi con la superficie solida sono nettamente superiori a quelle tra solvente trascinante e fase stazionaria.

Maggiori sono le interazioni che un composto ha con la superficie del solido (maggiore affinità) e maggiormente questo verrà trattenuto dalla fase stazionaria. Questi composti saranno anche in grado di rimuovere dalla superficie molecole con affinità inferiori, e che si muoveranno quindi più velocemente lungo la colonna cromatografica.

In ultima analisi, dunque, ciò che regola il processo cromatografico è la posizione dell’equilibrio che si instaura tra le molecole adsorbite sulla fase stazionaria e l’eluente (la fase mobile).

Nell’immagine a lato, As ed Am indicano rispettivamente la concentrazione della sostanza A nella fase stazionaria e nella fase

mobile. Possiamo definire il coefficiente di distribuzione SA

M

AK

A :

esso indica la costante d’equilibrio solido-liquido per il composto A.

Le affinità delle diverse molecole con la fase

stazionaria e quella mobile hanno un ruolo fondamentale nella determinazione di questi equilibri. Quando una miscela di composti viene posta sulla parte alta della colonna cromatografica (cioè un tubo di vetro riempito di materiale adsorbente) e del solvente viene caricato e lasciato percolare attraverso la fase stazionaria, questo inizierà a trascinare le molecole costituenti la miscela attraverso il materiale adsorbente. A seconda della forza delle interazioni che questi composti hanno con la superficie dell’adsorbente, essi verranno trascinati più o meno dal solvente (eluente o fase mobile). La velocità con cui il solvente (eluente) percola attraverso la fase stazionaria deve essere sufficientemente lenta, affinché gli equilibri liquido ↔ solido si instaurino in modo efficace

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con i soluti. Si può quindi pensare alla cromatografia come ad un processo continuo di estrazione selettiva, operato dalla fase stazionaria sulla fase mobile (elemento + soluto). Agli inizi della cromatografia ciò consente alla fase stazionaria di trattenere maggiormente i componenti della miscela più affini ad essa e quindi ne consente la separazione dalla miscela iniziale; successivamente avremo l’estrazione dell’eluente dal soluto adsorbito (quando la separazione è già avvenuta) e questo consente il recupero al termine della colonna di frazioni di eluente contenenti i componenti la miscela separati. È quindi molto importante nella scelta dell’eluente che questo sia in grado di estrarre le molecole adsorbite dalla fase stazionaria.

Caratteristiche dell’adsorbentePerché si esplichi il fenomeno della separazione cromatografica, l’adsorbente deve essere in grado di esercitare sui composti da separare interazioni più forti di quelle che questi hanno con la fase mobile. Questo può essere ottenuto impiegando materiali con elevata ed operando con eluente con bassa polarità o a polarità crescente. In questo caso si esaltano quelle interazioni fase stazionaria-

soluto di tipo dipolost - dipolosol, i ponti ad idrogeno e i dipolost - dipolo indottosol. Alternativamente, impiegando adsorbenti poco polari (ex: il carbone attivo) si sarà in grado di esaltare, utilizzando eluenti polari, le interazioni fase stazionaria-soluto di tipo Van Der Waals (tra composti a bassa polarità).

Adsorbenti Adatti per separareAllumina ed ossido di magnesio Steroli, coloranti alimentari, vitamine, esteri

alcaloidi, composti inorganiciAlluminio silicato Steroli, glucosidiAmido EnzimiCalcio carbonato Carotenoidi, xantofilleCalcio idrato CarotenoidiCalcio fosfato Enzimi, proteine, polinucleotidiCarbone attivo Peptidi, carboidrati, amminoacidiGel di silice Steroli, amminoacidi, gliceridi, cereMagnesio carbonato PorfirineMagnesio silicato Steroli, esteri, gliceridi, alcaloidiPoliammide Fenoli, nitrocomposti aromaticiZucchero Clorofille, xantofille

La scelta di un adsorbente rispetto ad un altro è molto legata alla natura della sostanza da separare. Se queste sono poco polari sarà abbastanza complicato riuscire ad esercitare su di esse delle differenze di interazione tali da permetterne la separazione, attraverso un supporto polare. In questo caso sarebbe infatti più efficace un adsorbente poco polare che ha una maggiore affinità con i composti poco polari. L’affinità di un adsorbente per una certa classe di composti rientra nelle caratteristiche di selettività della tecnica cromatografica.

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Selettività ed efficienzaLa selettività è la possibilità di ottenere bande ben distanziate tra i componenti di una miscela. È correlata con le interazioni soluto-adsorbente: difatti essa è in relazione alla temperatura, ma a temperatura costante è in stretta correlazione alle caratteristiche della fase mobile, come la polarità.La selettività diminuisce aumentando la temperatura, con tutti gli adsorbenti. In quelli polari può diminuire ulteriormente aumentandone la polarità; viceversa in quelli apolari. Un ulteriore parametro che caratterizza un adsorbente è la sua efficienza, cioè la capacità di un materiale di formare bande compatte (poco diffuse lungo la colonna) e dipende essenzialmente dalla dimensione delle particelle (granulometria). Le dimensioni delle particelle influenzano infatti il passaggio della fase mobile. Più piccole sono le particelle e minore è il volume interstiziale fra di esse, ed allo stesso modo saranno ridotti i cammini preferenziali che la fase mobile può incontrare, maggiore sarà la superficie di contatto fra la fase

mobile e quella stazionaria, e quindi maggiori saranno le interazioni soluto-fase stazionaria e migliore sarà la selettività (vengono difatti esaltate le interazioni soluto-superficie della fase stazionaria).La granulometria influenza enormemente il passaggio della fase mobile e quindi per avere flussi di fase mobile adeguati non si possono usare particelle troppo piccole, in quanto ostacolerebbero troppo il normale percolamento della fase mobile. In genere non si usano adsorbenti con diametro delle particelle inferiore a 230 - 300 mesh (o 50-60 µm) per le cromatografie su colonna. Solitamente per le cromatografie gravitazionali (dove l’eluente percola sotto il solo effetto della gravità) si usano granulometrie tra i 63 ed i 200 µm. Con granulometrie inferiori (fino a 50 µm) è

possibile effettuare cromatografie sotto pressione. In questo caso si usano colonne in vetro rinforzato o in acciaio. Più è ristretto il range della granulometria (particelle di volume regolare) e migliore è l’efficienza.Altro fattore su cui poter agire sono le dimensioni della colonna. In genere colonne con sezioni più grosse consentono di avere una superficie di contatto fase mobile - fase stazionaria più ampia e a parità di volume la stessa quantità di

adsorbente è contenuto in altezze minori di colonna. Questo consente di ottenere, a parità di caricamento, bande più strette. Difatti all’aumentare dell’ampiezza della colonna e mantenendo costanti la selettività e la granulometria dell’adsorbente, l’efficienza aumenta perché la quantità di adsorbente trattiene il soluto in una banda più stretta.Quindi può essere più conveniente utilizzare colonne corte ma larghe in sezione rispetto a colonne lunghe e strette. Può capitare in

alcuni casi che possano essere necessari volumi elevati di eluente puro per ottenere la eluizione del soluto. Può quindi risultare comodo disattivare l’adsorbente per aggiunte pesate di H2O.

AlluminaAttività % Acqua

I 0II 3III 6IV 8V 10

Silica gelAttività % Acqua

I 0II 12III 15

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Sulla selettività dell’adsorbente ha una diretta influenza l’attività dell’adsorbente stesso.L’attività dell’adsorbente è direttamente legata al numero di siti attivi presenti per unità di superficie a quanti di questi siti sono accessibili sia alla fase mobile che al soluto. Inoltre ha un peso determinante sull’attività quanti di questi siti attivi risultano effettivamente attivati o meno. In adsorbenti molto polari una delle cause principali di deattivazione è la quantità di acqua adsorbita. L’acqua, come liquido con la più alta costante dielettrica, interagisce fortemente con substrati polari e, nel caso di sostanze adsorbenti, interagirà fortemente con i siti attivi di questa e può essere rimossa da tali centri solo da composti ancora più polari (ad esempio composti ionici). Più acqua è

presente meno selettivo è l’adsorbente e questo può in certi casi condurre a pessime separazioni tra soluti, quando questi non sono in grado di competere con H2O a livello dei siti attivi. D’altra parte un adsorbente particolarmente attivo può legare fortemente le particelle di soluto, tanto da renderne problematica la rimozione da parte dell’eluente. (Manca la pagina 13) …con una velocità che risulterà dipendente dalla forza di queste interazioni solido-soluto e quelle soluto-fase mobile e solido-fase mobile. Questi equilibri sono anche regolati dalle diverse masse degli elementi da un punto di vista squisitamente quantitativo. Agendo sulla polarità dell’eluente si agisce sulle interazioni soluto-fase mobile e solido-fase mobile, e cioè su quei fattori che portano al deadsorbimento del soluto dalla fase stazionaria. La polarità di un sorbente può essere in prima analisi associata alla costante dielettrica del solvente, anche se interazioni forti acido –base tra solvente e fase stazionaria possono stravolgere questo ordine (ad esempio l’acido acetico interagisce meglio con silice che con H2O, anche se ε acido acetico < ε H2O). La cromatografia può essere condotta anche con miscele di solventi purché questi formino miscele stabili in quasi tutti i rapporti. Questo consente di modulare la polarità di un solvente con quella di un altro e quindi ottenere un gradiente continuo di

polarità dal solvente meno polare a quello più polare. Varie liste di solventi o eluenti vengono riportate sui vari testi. Tutte si basano su questo concetto. Queste liste vengono indicate come serie eleutrope. Dato che

Serie eleutrope

Benzene 1:1

Benzene / Cloroformio --

Cloroformio 8:2

Cicloesano / Acetato d'etile 95:5

Cloroformio / Acetone 9:1

Benzene / Acetone 8:2

Benzene / Acetato d'etile 9:1

Cloroformio / Etere etilico 9:1

Benzene / Metanolo 95:5

Benzene / Etere Etilico 6:4

Cicloesano / Acetato d'etile 1:1

Cloroformio / Etere etilico 8:2

Benzene / Acetone 8:2

Cloroformio / Metanolo 99:1

Benzene / Metanolo 9:1

Cloroformio / Acetone 85:15

Benzene / Etere Etilico 4:6

Benzene / Acetato d'etile 1:1

Cloroformio / Etere etilico 6:4

Cicloesano / Acetato d'etile 2:8

Acetato di butile --

Cloroformio / Metanolo 95:5

Cloroformio / Acetone 7:3

Benzene / Acetato d'etile 3:7

Acetato di butile / Metanolo 99:1

Benzene / Etere Etilico 1:9

Etere etilico / Metanolo 99:1

Etere etilico --

Etere etilico / Dimetilformammide 99:1

Acetato d'etile --

Acetato d'etile / Metanolo 99:1

Benzene / Acetone 1:1

Cloroformio / Metanolo 9:1

Diossano --

Acetone --

Metanolo --

Diossano / Acqua 9:1

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nella cromatografia sono coinvolti processi di equilibrio tra due fasi e la superficie di contatto fra queste rappresenta uno dei fattori cruciali, la cromatografia viene trattata da un punto di vista teorico come una colonna di distillazione a piatti ed è quindi valutabile in questo caso il numero di piatti teorici per una colonna cromatografica (sono 104).

Cromatografia su strato sottile (TLC)La thin layer cromatography opera con gli stessi parametri visti per la cromatografia su colonna. In questo caso la fase stazionaria è supportata su di un supporto solido inerte con uno spessore che varia a seconda dell’utilizzo di questa tecnica.

Analitico : spessore 0.25 - 0.5 mm, carico fra i 5 ed i 10 µg di miscela. Preparativo (recupero di prodotti): spessore 2 - 5 mm, carico fino a 250 mg di sostanza.

Nella TLC di tipo analitico viene impiegata una granulometria minore di quella usata negli adsorbenti per colonna; per le TLC si usano misure dai 5 ai 40 µm. Queste granulometrie

( )

( )fa

d AR

d F

solitamente garantiscono delle buone efficienze. La selettività è legata alla natura della fase mobile ed alle caratteristiche dell’adsorbente. Questi è legato al supporto in vetro tramite un collante (solfato di calcio) ed in genere contiene una sostanza fluorescente, solfuro di zinco, che assorbe a 251 nm (frequenza ultravioletta). Le lastre commercializzate garantiscono una buona omogeneità della granulometria ed una buona densità di impaccamento. Questo consente di avere buone efficienze e buone riproducibilità.La selettività, nel caso TLC, viene valutata considerando il fattore di ritardo Rf. Questo parametro è il rapporto tra la corsa effettuata dal solvente (che solitamente si lascia salire per capillarità sino ad un centimetro dal bordo superiore della lastra) e quella dei componenti caricati sulla lastra stessa. Difatti nella TLC l’eluente risale la fase stazionaria per capillarità, ed in questo movimento contro la gravità trascina il soluto. In questo processo, chiamato sviluppo della lastra cromatografica, si instaurano gli stessi equilibri visti per la cromatografia in colonna fra la fase stazionaria e quella mobile.Maggiore è la corsa o Rf, minore è la selettività dell’adsorbente per quel composto.

Rf dipende da: natura adsorbente, struttura dei pori delle particelle (la presenza di pori sulla superficie aumenta l’area superficiale e quindi la selettività; la struttura dei pori viene individuata nel diametro medio di questi, dal loro volume, dalla loro distribuzione e dalla loro superficie), spessore dello strato, temperatura e grado di saturazione dell’ambiente di sviluppo della lastra.

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In genere le lastre da sviluppare vengono introdotte in una camera di sviluppo nella quale viene posto l’eluente. Il livello dell’eluente deve essere tale da non superare la linea di partenza (~1mm sotto tale linea). La fase stazionaria, possedendo una elevata superficie, faciliterà l’evaporazione del solvente che sale per capillarità. Questo fenomeno deve essere ridotto al minimo, per evitare che quando si usino miscele di elementi si abbia evaporazione del solvente più volatile o meno polare e quindi alterazione della polarità dell’eluente, ed è facilmente ottenuto usando camere di sviluppo chiuse in cui la fase liquida ha raggiunto l’equilibrio con la fase vapore. In questo modo la superficie della lastra è a contatto con un ambiente saturo di vapori dell’eluente, e questo riduce l’evaporazione dell’eluente dalla superficie della lastra. Si raggiunge velocemente la saturazione della camera introducendo strisce di carta da filtro nella camera di sviluppo. Queste, imbevendosi di eluente ed aumentando la superficie a disposizione del liquido consentono una veloce saturazione della camera.

Caricamento della TLC analiticaSi impegano capillari di vetro nei quali viene fatto salire per capillarità il soluto disciolto nel solvente più opportuno. Come solvente si deve scegliere quello con il migliore potere solvente sul composto o miscela da analizzare e che possegga una relativamente bassa polarità coniugata con una alta volatilità (etere etilico, cloruro di metilene). Si discioglie una piccola quantità di miscela o del composto da analizzare in questi solventi (in genere una punta di spatola in 2 – 3 ml di solvente). Si carica il capillare immergendolo nella soluzione, facendo salire il solvente per 1 – 1.5 cm e non oltre (l’effetto del peso dell’eluente può causare la formazione di una goccia all’estremo del capillare che provocherebbe un deposito non controllato) e questo viene appoggiato sulla linea di base, avendo cura di non disturbare lo strato di fase stazionaria. Si cerca in questa fase di non far diffondere troppo il solvente nella zona di caricamento in modo da evitare che il soluto venga caricato su un’aria molto ampia (quella raggiungibile dall’eluente). Se si fanno piccoli depositi di miscela (solvente – soluto), soffiando fra un deposito e l’altro sull’area di deposizione per agevolare l’evaporazione del solvente, si riesce a contenere il soluto in un’area molto ristretta della linea di deposizione; questo garantisce buona omogeneità del deposito e quindi un buono sviluppo.

Cose da evitare in questa fase: usare soluzioni troppo concentrate o addirittura composti liquidi puri. Questo provocherebbe la saturazione dei siti attivi della fase stazionaria lungo tutto il percorso di sviluppo con perdita di selettività. Evitare di procurare danneggiamenti alla fase stazionaria, toccandola con le dita o staccandola dal supporto. Questo causa irregolarità nella salita dell’eluente con perdita di efficienza. Evitare di fare caricamenti troppo vicini ai bordi laterali (la distanza minima deve essere intorno al mezzo centimetro). Difatti lungo i bordi l’eluente non sale omogeneamente e potrebbe falsare Rf. È possibile fare anche caricamenti multipli sulla medesima lastrina: l’importante è che essi siano distanziati di almeno mezzo centimetro l’uno dall’altro, perché la capillarità tende a far salire l’eluente lungo

una fascia che va ampliandosi mano a mano che la distanza percorsa aumenta. Se i caricamenti sono troppo vicini si rischia una sovrapposizione di bande che falserebbe lo sviluppo.

Analisi di uno strato sottile sviluppatoIn genere le lastre commerciali sono fornite di un indicatore a fluorescenza che emette luce a 254 nm. Tutte le sostanze organiche che presentano assorbimenti a lunghezza d’onda maggiori assorbono la radiazione al posto di ZnS e danno come risultato una lastra verde chiaro (ZnS in fluorescenza) punteggiato con macchie blu scuro (l’analita). Assorbono radiazione a 254 nm tutte quelle sostanze che presentano cromofori insaturi (da dieni, composti carbonilici da α o β insaturi in

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su, derivati aromatici). È sufficiente porre la lastra sotto una lampada UV. Sostanze che non assorbono a 254 nm o che presentano assorbimenti a lunghezze d’onda minori (composti saturi, o con una sola insaturazione – alcheni, composti carbonilici, ecc.) non possono essere rilevate esponendo la lastra a lampada UV. In questo caso la lastra viene sottoposta all’azione di vari agenti specifici per la rilevazione delle macchie. Il più usato è esporre la lastra ai vapori di I2 (I2 sublimafacilmente dando vapori viola). I vapori vengono assorbiti dalla lastra ed in genere in corrispondenza delle zone dove è presente della sostanza organica si formano aree di colore marrone più scuro rispetto al colore assunto dal fondo. Il colore deriva dalla parziale reazione di I2

con la sostanza organica o per adsorbimento preferenziale di I2 nel composto organico rispetto alla fase stazionaria. Quando si fa una vera reazione tra comparso organico (ad esempio olefina) e I2, può verificarsi il fenomeno opposto: zone più chiare su fondo scuro. Tempo esposizione: da pochi minuti a ore.

Uso della TLC AnaliticaLa TLC analitica può essere utilizzata per i seguenti scopi:

Individuare l’adsorbente ottimale per una data sostanza. In genere vengono usati SiO2 e Al2O3 per cui questo utilizzo è caduto in disuso.

Scelta della migliore miscela o solvente eluente. Analisi della sostanza pura, si cerca un eluente che fornisca un Rf non superiore a 0.5. La polarità dell’eluente influenza la selettività della fase stazionaria per cui questa va selezionata in modo da avere questo valore di Rf. Nel caso di miscele la scelta dell’eluente è molto importante. L’eluente ottimale è quello che consente di separare tutti i componenti della miscela. Questa scelta fornisce anche informazioni su quale l’eluente migliore per operare una separazione cromatografica su colonna per la stessa miscela di composti. Difatti in genere l’eluente ottimale per la TLC è anche quello ottimale per la separazione cromatografia in colonna.

Monitoraggio dell’andamento delle reazioni chimiche. Una volta trovato l’eluente idoneo per evidenziare i reagenti impiegati in una reazione chimica (uno di questi va posto con Rf = 0.5 ca), l’analisi per strato sottile evidenzia la scomparsa di un reagente o la comparsa di altre macchie relative ai prodotti.

Monitoraggio dell’andamento della separazione di una miscela con colonna cromatografica.

Criterio di scelta per la migliore miscela eluente Analisi delle funzionalità presenti: la presenza di gruppi polari nella molecola perchè

interagiscono più fortemente con il supporto polare e quindi i relativi composti verranno maggiormente trattenuti. Questo a parità di polarità della fase mobile. Più gruppi polari sono presenti in una struttura e maggiore deve essere la polarità dell’eluente per ottenere ritenzioni di circa 0.5.

Criterio pratico: su di un deposito eseguito cercando di mantenere l’area di caricamento il più ridotta possibile si fa adsorbire con un capillare la miscela eluente da testare. Si lascia che l’eluente diffonda fino a raggiungere la massima distanza dal deposito e si segna a matita il limite raggiunto. Si valuta successivamente il fronte del soluto: se questo è circa a metà della distanza percorsa dall’eluente, allora questi è idoneo. Se questo non accade si deve lavorare sulla polarità dell’eluente, aumentandola o diminuendola, per cercare di avvicinare il più possibile l’Rf a 0.5. In particolare se il rapporto è minore di 0.5 si deve aumentare la polarità dell’eluente, viceversa se maggiore.

e

R0.5

Rs

l

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Se la miscela di sostanze da analizzare è solubile negli eluenti da testare questa miscela può essere utilizzata direttamente sia per la deposizione che per lo sviluppo locale. In questo caso si ottengono risultati ancora migliori.

La relazione tra la polarità dell’eluente e quella dell’adsorbente è evidenziata dalla struttura stessa del silica gel. Questo composto viene preparato per reazione del silicato di sodio con acido solforico per precipitazione di acido silicico. Condensando tramite eliminazione di acqua di ottiene il gel.

Na4SiO4 + H2SO4 H4SiO4 + Na2SO4 H4SiO4 SiO2

Analizzando la struttura fine del gel di silice è possibile identificare i siti attivi che ne garantiscono l’adsorbimento. La reattività dell’adsorbente è quindi localizzata sui legami polari Si - O in superficie, e sui gruppi OH che si estendono verso l’esterno del composto. Nel percorso cromatografico saranno le interazioni tra le funzioni OH- (dipolo - dipolo e ponte ad idrogeno) e le interazioni acido-base tra il gruppo idrossido e/o i legami polari tra silicio ed ossigeno con le molecole di soluto e solvente a creare la selettività mostrata da questo adsorbente. È su queste interazioni che si deve quindi operare per poter condurre con successo una separazione cromatografica.

Preparazione di una colonna cromatograficaUna volta determinati il miglior eluente e l’adsorbente più adatto alla separazione cromatografica che ci si appresta a condurre, è necessario comprendere quanto di questo adsorbente deve essere caricato all’interno della colonna. Nel caso si stia usando Silica gel esiste una relazione matematica in grado di correlare l’altezza della colonna riempita al peso della silice da usare ed al diametro della colonna. Solitamente la silice deve avere un peso compreso fra le 25 e le 50 volte quello della miscela da separare. La quantità da utilizzare è collegata alla selettività mostrata dalla silice verso i componenti della miscela da separare. Minori sono le differenze di selettività (nel caso di TLC si parla di minore ΔRf tra le due componenti della miscela) e maggiore deve essere la quantità di silice da impiegare. Quindi quando il ΔRf è fra gli 0.1 e gli 0.2, la quantità di silice sarà massima. Una volta determinata la quantità di silice la relazione che lega le dimensioni della colonna è

2

2

6 SiOml

d

dove l è la lunghezza della colonna e d il suo diametro. In generale un rapporto diametro -lunghezza di 1:10 o 1:15 rappresenta un valore ottimale.

Rimpimento della colonnaIl gel di silice viene dapprima imbevuto di miscela eluente in un bicchiere, in modo che l’aria contenuta nella silice venga spostata e che la colonna risulti ben impaccata. Questo fenomeno di adsorbimento è esotermico perché il legame tra la silice ed il solvente è più energetico di quello con l’aria (gli elettroni del solvente perdono gradi di libertà, quantificabili in energia). Questo può portare specialmente con solventi polari ad un riscaldamento della silice ed alla conseguente evaporazione dell’eluente. Questo può essere un problema soprattutto se la miscela eluente è composta da solventi con elevate tensioni di vapore. L’evaporazione preferenziale di uno dei componenti della miscela ne altera la composizione e la polarità. Al termine dell’aggiunta dell’eluente (che deve bagnare tutta la silice e sovrastarla di almeno 1 o 2 cm) si agita la

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sospensione e la si introduce sotto agitazione nella colonna cercando di far depositare meno silice possibile nel bicchiere. Nella parte bassa della colonna viene introdotto del cotone inumidito di eluente dal quale si è fatta fuoriuscire l’aria inglobata con l’uso di una bacchetta di vetro.L’introduzione della silice umida va fatto inizialmente tenendo fermo il cotone con la bacchetta di vetro e successivamente questa va tolta non appena si è ottenuto uno strato di alcuni cm di silice depositata sul cotone. Dal fondo della colonna si recupera l’eluente e lo si riutilizza fino ad introdurre tutta la silice pesata. Si completa l’impaccamento facendo percolare l’eluente e picchiettando la colonna delicatamente con un tubo di gomma. In tutte queste operazioni la parte alta della silice deve rimanere coperta dall’eluente per evitarne l’ossidazione all’aria e l’eventuale intrusione della stessa nella colonna cromatografica. Se la colonna si asciuga il procedimento dell’impaccamento deve essere ripetuto da capo. L’eluente va fatto percolare fino a 1 - 2 mm dalla superficie libera della silice, che deve essere più piatta possibile. A questo punto si passa al caricamento della miscela da separare. Questo viene fatto sciogliendo la miscela nella minore quantità possibile di eluente e depositandola sulla superficie della silice con una pipetta, facendo attenzione a non disturbarne eccessivamente la superficie.

Se la miscela non è scioglibile nell’eluente è possibile farla adsorbire da una quantità 1:4 di silice attraverso il solvente che meglio la scioglie, e poi si evapora il solvente fino a secchezza. Si deposita infine la silice in testa alla colonna e si procede con il caricamento dell’eluente.Mano a mano che l’eluizione procede i composti della miscela percolano e vengono raccolti in frazioni di 20-30 ml al termine della colonna. Le diverse frazioni vengono poi analizzate tramite TLC in modo da poter determinare quali frazioni contengano lo stesso componente della miscela. Quando anche l’ultimo componente viene eluito le frazioni contenenti gli stessi composti vengono riunite, ed il solvente evaporato per ottenere il composto puro.

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Nel caso specifico le colonne R rappresentano i riferimenti che indicano la natura del composto isolato nella frazione. La frazioni 5 e 6 devono essere scartate perché contengono sia composto A che composto B.

Resoconto della cromatografia

Frazioni riunite Contenuto Eluente impiegato Grammi1 - 4 Composto A puro Etere petrolio/ Acetato d'etile (7:3) 0,85 - 6 A + B " 0,27 - 10 Composto B puro " 0,611 - 14 Composto C puro Etere petrolio/ Acetato d'etile (1:1) 0,6

Caricati 2.3 g Recuperati 2.2 g, cioè il 96% del prodotto.

Il confronto tra prodotto recuperato e prodotto caricato ci dice se del prodotto è andato perso nella colonna a causa di degradazione o se un prodotto non è stato del tutto recuperato in quanto non visibile all’ultravioletto o con i reagenti evidenzianti impiegati. I componenti puri vengono successivamente sottoposti ad indagine analitica per determinarne la natura e le caratteristiche fisiche e spettroscopiche. Dati, questi, che andranno riportati a supporto della struttura proposta ed accertata.