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L’ALIENAZIONE DEI BENI DEL DEMANIO CIVICO DEL COMUNE DI SERAVEZZA (SEC. XIX)
La vicenda “usi civici” Con la delibera dell’Associazione Intercomunale Versilia n. 551 del 21 dicembre 1983, il territorio
del Comune di Seravezza centrato nel settore del Monte Altissimo fu individuato quale una delle
aree da sottoporre ad indagine di verifica demaniale ai sensi delle disposizioni nazionali e
regionali 1.
All’epoca (1984-1987), attraverso tale accertamento, furono ricostruite le vicende storico-giuridiche
legate alle “appropriazioni indebite di terre collettive” e, conseguentemente, furono individuati quei
beni fondiari su cui si riteneva esistessero diritti di “uso civico” da reintegrare ai legittimi soggetti
pubblici. I risultati delle indagini conoscitive vennero sintetizzati dai periti incaricati dalla
Associazione Intercomunale in due relazioni, redatte rispettivamente nel 1985 e nel 1987 2
In seguito, seguendo i disposti normativi in materia, l’Ente comunale avviò le opportune procedure
di ricognizione e formò il ruolo dei possessori, distinguendo tra occupazioni arbitrarie e possessi
legittimi. Gli atti elaborati, quindi, vennero pubblicati e notificati, individualmente, ai possessori
“illegittimi”, alcuni dei quali, in seguito, presenteranno istanza di opposizione presso l’Ufficio del
Commissario per la liquidazione degli Usi Civici dell’Italia Centrale, a Roma (1987-1988).
Tra le istanze di opposizione, la più importante - per l’estensione areale dei beni “contestati” (oltre
9 kmq) e le diffuse attività estrattive presenti -, fu quella sporta in data 5 Dicembre 1988 dalla
società “Henraux s.p.a.”, importante azienda manifatturiera del Comune di Seravezza operante nel
settore della estrazione, trasformazione e lavorazione del marmo (RG 27/1989).
La causa che ne è derivata, ancora pendente presso il Commissario agli Usi Civici, dopo un
dibattimento iniziale ed un parallelo tentativo di conciliazione tra l’Amministrazione di Seravezza e
la Henraux negli anni 1990-1992, ha visto ben venticinque udienze tra il giugno 1989 e il luglio
2001, tutte rinviate e “sempre in attesa della conclusione delle trattative” 3.
A questa prima fase è seguito un lungo periodo di inattività giudiziaria, protrattosi fino al gennaio
2006, durante il quale non furono fissate dal Commissario, dott. Franco Carletti, altre udienze per
1 L. 1766/1927, Riordinamento degli usi civici nel Regno; DPR. 616/1977, art. 66: Trasferimento alle regioni a statuto ordinario delle funzioni amministra-
tive in materia di usi civici. 2 BARTELLETTI A., CORFINI L. & PIZZIOLO G., Relazione preliminare, 1985; BARTELLETTI A., CORFINI L., ANGELI N. & BELLATALLA G., Verifica sull’esistenza di terre
collettive in Alta Versilia. Relazione conclusiva, 1987. 3 Sentenza del Commissario per la liquidazione degli usi civici per Lazio, Toscana ed Umbria,
(procedimento demaniale RG 117/1988) del 5 novembre 2008.
carenza di organico dell’Ufficio. A partire dal dicembre 2007 la causa è stata assegnata ad un nuovo
Commissario, il dott. Pietro Catalani.
Scopo di questa breve nota è di fornire alcuni elementi utili per una migliore lettura delle
cartografie relative alla formazione ed alienazione del demanio civico del Comune di Seravezza,
con particolare attenzione alle cessioni fatte nel tempo in favore della società Henraux.
Infine, a completare la relazione, saranno sommariamente riassunte e commentate le conclusioni a
cui giunsero le sopra ricordate indagini peritali.
Formazione del demanio civico del Comune di Seravezza Analogamente a quanto avveniva nel resto della Toscana, con la riforma municipale di Pietro
Leopoldo del 1776 anche la Versilia granducale veniva riorganizzata dal punto di vista delle proprie
rappresentanze politico-amministrative locali.
In particolare, nel territorio dell’attuale Comune di Seravezza, l’azione riformatrice aveva portato
alla fusione dei due “corpi politici” esistenti - la “Comunità di Seravezza” e la “Comunità della Cappella” - in un unico ente, la “Magistratura Civica di Seravezza” 4.
Nelle intenzioni del Riformatore, tra le prerogative della nuova Magistratura erano comprese la
gestione e l’amministrazione dei beni fondiari di cui erano dotate le due Comunità soppresse. Tale
obiettivo si tradusse presto nella necessità di aggiornare gli estimi esistenti o di compilarne di nuovi
tenendo conto del fatto che, per esempio, la consistenza dei possessi e dei diritti trasferiti dalla
Comunità della Cappella non erano completamente censiti, non avendo avuto questa uno specifico
estimo descrittivo o rappresentativo dei beni “comunali” 5.
4 Si è preferito indicare l’ente di nuova istituzione “Magistratura Civica di Seravezza” per evitare equivoci terminologici e meglio evidenziare l’avvenuta trasformazione amministrativa. In realtà, negli atti (vedi ad esempio le intestazioni delle partite del catasto granducale), il nuovo corpo politico era indicato (o restò a seconda dei punti di vista) “Comunità di Seravezza”, per poi diventare, in un secondo tempo, “Comune di Seravezza”. Nel testo si farà uso indifferentemente del termine Comunità/Comune laddove questo non si presti ad equivoci temporali, altrimenti specificando “antica” o “nuova” Comunità di Seravezza quando sia necessario distinguere per l’ente amministrativo un ante- e post-1776. Si tenga a questo proposito conto che il territorio dell’antica Comunità di Seravezza si estendeva dal centro abitato solo verso la pianura (Piano di Seravezza), mentre l’estensione areale della nuova Comunità coincide con quella dell’odierno Comune di Seravezza (circa 39 kmq) (cfr. Scheda A). 5 Nella prima metà degli anni Novanta, buona parte delle filze presenti nell’Archivio Storico del Comune di Seravezza sono state trascritte da laureandi dell’Università di Pisa sotto la direzione del prof. Piero Pierotti. Grazie a questa intensa attività di ricerca sono stati affrontati interessanti temi riguardanti la storia delle comunità di Seravezza e della Cappella tra la metà del Cinquecento e l’inizio dell’Ottocento. In particolare, grazie al meticoloso studio degli statuti, partiti ed estimi conservati, sono stati ricostruiti l’assetto del territorio, l’organizzazione delle comunità, e il paesaggio storico.
Contestualmente, il Granduca mise in atto altre riforme che riguardavano il problema delle “terre
comuni”, cioè di quelle terre che venivano godute collettivamente dalle comunità (soprattutto per
pascolo e legnatico), e per le quali si spingeva alla lottizzazione tra coloro che in precedenza le
godevano in comune (“comunisti”).
Infatti “i provvedimenti granducali in materia di amministrazione locale e di disciplina liquidatoria
dei demani comunitativi e comunali, appaiono come elementi portanti di un più vasto piano di
riforma e trasformazione del tessuto economico-sociale della Toscana, tendente da un lato alla
creazione di un ceto di piccoli possessori e dall’altro alla riorganizzazione amministrativa delle
Comunità e assestamento delle loro finanze, con il diritto di più cittadini alla gestione della cosa
pubblica” 6.
Questi provvedimenti, tuttavia, si calavano male nella realtà e trovarono ostacoli e resistenze al loro
compimento. Già dal 1783 nacquero i primi dissidi: le comunità locali non erano d’accordo, e in
particolare le popolazioni di Basati e Minazzana si opposero fermamente alla sdemanializzazione
delle proprie terre. I contrasti, ovviamente, traevano origine dalla disputa sulla effettiva titolarità dei
beni il cui possesso le popolazioni locali rivendicavano per averlo detenuto collettivamente ab
immemorabile; si contestava in sostanza l’avvenuta equiparazione tra beni comunitativi (beni
patrimoniali della Comunità, acquistati o pervenuti in tempi storicamente attestabili e tenuti
direttamente in amministrazione dalle comunità, indipendentemente e al di sopra dei singoli cives),
e beni comunali (beni goduti dai vari Popoli o Ville della Comunità da tempo immemorabile, di
cui i “comunisti”, uti cives et uti singuli, ne possono godere secondo le necessità e consuetudini,
spesso gratuitamente, nel rispetto degli statuti).
Di fatto la Magistratura Civica di Seravezza, a fronte di tali rivendicazioni, operò in seguito come
se detenesse la piena disponibilità dei beni comunitari e/o comunali inclusi nel suo territorio, in
Quello che in questa sede appare opportuno sottolineare è la precisazione che “gli estimi della Cappella, come quelli di Seravezza, censiscono soltanto i terreni di proprietà, mentre non registrano le terre di uso comune.” (Denise Ulivieri, Il paesaggio storico ricostruito in base agli estimi. In: Piero Pierotti (a cura di), La Valle dei Marmi, Pacini Editore, 1995). Gli estimi della Cappella, suddivisi in più filze e ripartiti per villaggio, coprono l’arco temporale tra il 1556 ed il 1710. Gli estimi di Seravezza studiati si riferiscono invece al periodo 1576 – 1709. La struttura dei documenti è tale per cui ogni appezzamento di terreno, registrato sotto il nome del proprietario, è sommariamente descritto e localizzato per mezzo di un toponimo, spesso di non immediata identificazione; di ogni proprietà sono sempre stimati, inoltre il valore e la superficie, nonché indicati i confinanti all’epoca della loro stesura. Tra i confinanti, nei diversi estimi, ricorre spesso la dizione “il Comune” (ad es.: Angelino di Antonio di Angelino di Giustagnana. In Cerreta, terra selvata a castagni di staia 15, pertiche 10; confina Levante Andrea di Luca di Pellegrino, Donna Agostina Bonacchelli, Bartolomeo di Battista Bascarini, Mezzogiorno il Comune, Ponente Luca di Marco Ricci e Marco di Matteo Tonini, Settentrione Cristofano di Bartolomeo di Angerino; stimata f. 150. Estimo di Riomagno, 1710, filza 103, c. 53 v). 6 BARTELLETTI A., CORFINI L. & PIZZIOLO G., Relazione preliminare, 1985.
questo sicuramente “agevolata” e sostenuta dalla volontà granducale che, già dal 1784, sollecitava
più volte, con apposite istruzioni (“biglietti della Segreteria di Stato”, rescritti granducali), gli
amministratori locali ad allivellarli.
Restava in ogni modo non ancora del tutto definita la consistenza di tali beni fondiari, e questo
anche in ragione delle non completate operazioni di estimo che la Magistratura aveva deliberato già
dal 1783. La consistenza dei terreni, la loro esatta individuazione cartografica, estensione e stima,
saranno noti e disponibili solo in seguito al completamento del catasto lorenese (Vecchio Catasto
Toscano), nel 1827, epoca in cui, tuttavia, una parte sostanziale di quei beni “comunali” sarà già
stata allivellata o venduta .
Distribuzione areale beni fondiari del demanio civico del Comune di Seravezza nel territorio della soppressa Comunità della Cappella. Quello che è il quadro completo della distribuzione areale del “patrimonio comunitario e/o
comunale” all’interno del territorio della soppressa Comunità della Cappella oggetto nell’Ottocento
di alienazioni da parte della Magistratura Civica di Seravezza è cartograficamente rappresentato
nella tavola 1.
I beni fondiari sono individuati rispetto agli elementi morfologici principali (crinale del Monte
Altissimo, valle del fiume Serra, valle del torrente Giardino). A tale scopo è stata distinta una prima
macroarea a nord del crinale del Monte Altissimo, una seconda a sud dello stesso spartiacque (con
suo sviluppo longitudinale lungo la valle del fiume Serra), ed una terza nella valle del torrente
Giardino. All’interno delle macroaree sono state operate ulteriori distinzioni per definire settori che
presentano una comune storia fondiaria:
• Versante nord Monte Altissimo: Retro Altissimo, Monte dei Ronchi e Falcovaia
• Macchia dei Colletti (119 staia)
• Macchia di Farcovaja (1104 staia)
• Versante sud Monte Altissimo: Monte Altissimo sud e valle del fiume Serra
• Polla, pendici versante sud del Monte Altissimo
• Versante destro del fiume Serra: dalla Cresta degli Uncini al Monte Folgorito
• Versante sinistro del fiume Serra: dalle Cervaiole al Castellaccio
• Trambiserra, Cappella, Giustagnana (non interessa causa Comune-Henraux)
• L’area di Cerreta san Nicola (non interessa causa Comune-Henraux)
• Valle del torrente Giardino
• Alta valle del Giardino
• Altri beni nell’area di Basati
La cronologia e l’elenco degli atti di alienazione dei beni pubblici ceduti dal Comune di Seravezza,
e il complesso dei beni acquisiti dalla Comunità della società Henraux sono riportati nelle schede
allegate B, C, D; la loro consistenza è stata rappresentata sulle originali mappe catastali del Vecchio
Catasto Toscano (levata 1824-1826) (tavola 2).
Le principali alienazioni del demanio civico del Comune di Seravezza
La prima allivellazione da parte della Magistratura fu portata a conclusione nel 1797 e riguardava
terreni nell’area del Retro Altissimo e del Monte dei Ronchi (Macchia dei Colletti, Macchia di
Farcovaja; atto notaio Mini, 24 maggio 1797). Questa concessione livellare, aspramente contestata
dalle popolazioni di Basati e Minazzana, successivamente sarà rilevata da Marco Borrini nel 1824,
quindi da G.B. Alessandro Henraux nel 1835, e sarà definitivamente affrancata dal nipote di
quest’ultimo, Bernardo Sancholle-Henraux, nel 1881 7. L’area del Retro Altissimo entra, quindi,
molto precocemente nell’orbita “Henraux”.
L’alienazione dei beni “pubblici” ha una progressiva accelerazione a partire dal 1820, in particolare
sotto la spinta dell’attività imprenditoriale del Borrini. È a questa data che risale l’acquisto da parte
dello stesso Borrini di una “terra nel Monte Altissimo, nuda e sassosa” per un’estensione pari a 275
staia e 8/10, pari a 28 ettari circa (atto Candido Baschieri, 12 giugno 1820). Questo appezzamento,
presso la sorgente del fiume Serra (località la Polla), si estendeva “come acquapende” sul versante
sud del Monte Altissimo, e sarà sede di importanti attività estrattive (Vincarella, Mossa, cave della
Tacca Bianca) 8.
Come immaginabile, il Borrini, profondo conoscitore del territorio comunale, concentrava le
proprie attenzioni sulle aree dove era certa la presenza di marmo, terreni questi spesso definiti
“improduttivi” o “a pastura”, impervi, nudi e scoscesi.
Oltre ad aver comprato le ragioni livellari delle terre del Retro e la piena proprietà dei terreni del
versante sud dell’Altissimo, Borrini acquistò dal Comune di Seravezza, nel 1841, i terreni alla
testata della valle del Giardino (versante est e sud dell’alto delle Cervaiole).
7 Per chiarezza, va ricordato che Borrini fu imprenditore e commerciante di marmi, socio di Giovanni Battista Alessandro Henraux nelle attività di escavazione del Monte Altissimo. Borrini e Henraux costituirono una società che, semplificando molto gli eventi successivi, attraverso complesse vicissitudini e trasformazioni societarie, divenne prima la Società del Monte Altissimo e successivamente la moderna “Henraux spa”. Bernardo Sancholle Henraux, nipote di G.B. Alessandro Henraux, morì nel 1881 e lasciò eredi i figli Roger e Margherita. Roger rappresentò la famiglia alla stipula dell’atto di enfiteusi del 1885. 8 “ .. detto appezzamento acquapende verso il Fiume e confina a Levante con la Costa dei Cani, don Stefano Salini e strada, a Mezzogiorno col Fiume dell’Altissimo e Piscinoracchio, a Ponente col Bosco Comunale di Col di Monte e Borra della Greppia, a Tramontana con la sommità e cima del Monte.” (Archivio Storico Comunale di Seravezza, Partiti 1816-1825, cc. 91 e seg., relazione del perito comunitario)
Il Comune di Seravezza, tra il 1854 ed il 1860, operò una nuova consistente alienazione che
interessò terreni nel versante destro del fiume Serra. Tra questi, in particolare, nel 1860 furono
allivellati ad un certo Domenico Bonci ampie estensioni sul fianco ovest del Monte Altissimo
(Prato di Greppia), di cui la cui famiglia, nel 1897, cederà le ragioni alla Casa Henraux. Con questo
atto, successivo al contratto di enfiteusi del 1885 (vedi), l’acquisizione di beni fondiari da parte
della Henraux nell’area del Monte Altissimo era pressochè completata (cfr. schede allegate A e B).
L’enfiteusi
Intorno al 1860 si innesca una causa di confini tra il Comune di Seravezza e la “Henraux”,
controversia che sarà all’origine dell’atto di enfiteusi del 1885. È questa una vicenda che si
sovrappone e complica ulteriormente il già complesso quadro delle alienazioni portate avanti dal
Comune di Seravezza.
Motivata da una petizione di alcuni “comunisti” e sostenuta da un Rapporto consiliare che
informava su presunte sconfinazioni nel versante sud del Monte Altissimo, il Comune aveva chiesto
la rettifica e la regolamentazione dei confini relativi ai beni fondiari dell’area della Polla, acquistati
come detto dal Borrini nel 1820, e a quell’epoca in carico alla Società Monte Altissimo di Bernardo
Sancholle-Henraux 9.
La vicenda, complessa ed articolata, fra alti e bassi, si protrasse fino al 1885, allorquando
l’Amministrazione “Arata” e gli eredi di Bernardo Sancholle-Henraux si accordarono e “chiusero”
la vertenza sulla riconfinazione stipulando l’atto di enfiteusi (atto notaio Ranieri Arata, 1 luglio
1885; Allegato A).
Con il contratto di enfiteusi del 1885, nella sostanza, venivano allivellati in perpetuo quattro
appezzamenti di terreno “controversi” in località Mortigliani, contesi e rivendicati in proprietà dalle
due parti, e altri beni fondiari (“non controversi”) sparsi nella valle del fiume Serra, di minor valore
economico (non vi erano giacimenti marmiferi), di cui il Comune pareva intenzionato a
“sbarazzarsi”.
Con un successivo “atto di perfezionamento di atti precedenti” del 1909 (atto notaio Filiberto
Santini, 19 agosto 1909), inoltre, furono ricompresi nell’enfiteusi altri terreni disposti lungo il
9 ARATA G.G, GHERARDI L. & SANTINI G., Sulla questione del Monte Altissimo, rapporto dei Sigg.
Dott. G.G. Arata, Cav. L. Gherardi e Avv. G. Santini incaricati dal Municipio di rispondere ad una petizione popolare, chiedente la rivendicazione di proprietà comunali, con note acute di un Serravezzino, il quale ne manderà di acutissime, se certi prevedibili eventi municipali verranno alla luce, 1880. La data di stesura del rapporto è del 1860. Venne pubblicato vent’anni più tardi sotto forma di libello, in un momento particolarmente acceso della discussione, nella società seravezzina, sulla proprietà del Monte Altissimo (e dei suoi agri marmiferi).
crinale tra il Monte Cavallo ed il Monte Castellaccio che, per un mero errore di trascrizione, non
erano stati indicati nell’atto del 1885.
Considerata l’importanza che assumeranno i beni enfiteutici in futuro nello svolgersi dei rapporti tra
Comune e Henraux, è opportuno aggiungere alcune precisazioni topografiche sulla consistenza e
natura dei beni “controversi”.
Si trattava di quattro appezzamenti, definiti “a pastura”, ubicati in località Mortigliani (o Palazzo),
distinti al Vecchio Catasto Terreni nella sezione C dalle particelle 1987, 1988, 1989, 1990. Queste
particelle sono state evidenziate sulla mappa catastale dell’epoca e la loro estensione areale
opportunamente ridisegnata su una moderna topografia (tavola 3).
Come si evince dall’esame cartografico questi terreni si sviluppano lungo le pendici ovest del rialzo
delle Cervaiole, arrivando a lambire la sommità del monte dove attualmente sono attive parte delle
cave di marmo bianco ed arabescato della società Henraux. Va sottolineato, a questo proposito,
come nell’atto di enfiteusi, a riguardo la descrizione dei confini delle singole particelle, si
esplicitasse che alcuni di queste particelle si estendevano fino al “crine del monte”, cioè fino alla
sommità del rilievo delle Cervaiole, elemento morfologico oggi in gran parte distrutto per l’attività
di coltivazione lungo la cresta del rilievo.
È questa dell’enfiteusi una vicenda che ha una sua particolare rilevanza e che, come ben si intuisce,
si sovrappone e complica ulteriormente il già complesso quadro delle alienazioni portate avanti dal
Comune di Seravezza: si sovrappone in quanto, di fatto, il Comune vanta ancora oggi diritti sulle
terre concesse in enfiteusi; complica ulteriormente il quadro, nel contempo, se si tiene conto delle
conclusioni a cui erano pervenute le indagini di verifica sulle terre collettive, indagini, vale la pena
di anticipare, che sosterranno la mancanza del titolo giuridico da parte del Municipio per alienare le
terre.
Le conclusioni delle indagini peritali (1984-1987).
Le due relazioni peritali sulla verifica dell’esistenza di terre collettive in Alta Versilia, la
preliminare del 1985 e quella conclusiva del 1987, sostengono “l’esistenza di terre collettive,
occupate senza legittimo titolo e, dunque, da proporre per la reintegra alle Comunità proprietarie”
nel territorio del Comune di Seravezza, e per le quali gli estensori elaborano una mappa.
Le motivazioni storico-giuridiche addotte per avvalorare la tesi detta derivano dal fatto che la
Magistratura Civica di Seravezza (la “nuova” Comunità di Seravezza, quella istituita, come visto,
nel 1776), pur dotata di rappresentanza politico-amministrativa sul complesso della popolazione che
viveva nel suo territorio, non possedeva (o non aveva acquisito) la titolarità sui beni della
popolazione della preesistente Comunità della Cappella, beni detenuti dai residenti ab
immemorabili. In altri termini, e in maniera non molto dissimile da quanto implicitamente sostenuto
nel Rapporto consiliare del 1860, i terreni alienati dalla Comunità di Seravezza costituivano un
“patrimonio collettivo” delle popolazioni residenti che le utilizzavano a tale titolo. Solo in casi
particolari e con l’assenso di tutto il popolo (nemine discrepante, da intendersi con l’assenso di tutti
i capifamiglia residenti) sarebbe stato possibile alienare i beni collettivi. Mancando le due
condizioni - titolarità e assenso dei residenti - di conseguenza, a giudizio dei relatori, gli atti di
alienazione compiuti dal Comune di Seravezza devono essere considerati nulli.
Val la pena, a questo proposito, riportare i passi salienti delle conclusioni a cui giunsero i periti:
“Le più importanti operazioni di sdemanializzazione di terre ad uso civico in Alta Versilia - attivate
tra la fine del Settecento e la prima metà dell’Ottocento - sono da ritenersi nulle, in quanto
promosse e poste in essere dalle Magistrature Civiche di Seravezza e Stazzema: enti esponenziali ed
amministrativi delle stesse popolazioni, a cui facevano difetto la titolarità dei beni, e che, pertanto,
non erano legittimati all’atto dispositivo. In effetti secondo le leggi vigenti all’epoca in materia, i
contratti di vendita dei demani comunali potevano avere validità solo con la sussistenza di tre
condizioni essenziali, e cioè:
a) la deliberazione unanime della popolazione proprietaria (nemine discrepante);
b) l’approvazione dell’Autorità statale;
c) il concorso della giusta causa della sdemanializzazione.
(…) Ne deriva pertanto che la nullità del primo atto di alienazione (connessa alla violazione sulla
indisponibilità del demanio civico), si ripercuote su tutti gli atti di commercio successivi,
nonostante la loro apparente correttezza in base alla normativa civile vigente.
Ciò che era demanio sotto il vecchio regime, demanio è rimasto anche dopo l’apparente
privatizzazione voluta dal Principe, in contrasto con la volontà degli antichi proprietari; né a sanare
il vizio di origine sono bastati decenni di possessi e di sfruttamenti privati, dal momento che, anche
per il diritto vigente, sulle terre collettive non si danno forme di acquisto a titolo originario in capo a
privati.
Va ancora osservato che le terre in esame non erano, sotto il vecchio regime, gravate dai cosiddetti
“usi civici” (sensu strictu), ma direttamente in proprietà dei residenti, che le utilizzavano a tale
titolo; non si può far pertanto questione di usi non più in esercizio al momento dell’entrata in vigore
della L. 1766/1927 e di decadenza dal diritto alla liquidazione per scorporo, stante la mancata
denuncia degli usi. È pur vero che, in zona, usi non furono mai denunciati nel termine assegnato
dall’art. 3 della L. 1766/1927, ma è anche vero che le indagini testè concluse non hanno dimostrato
l’esistenza di proprietà private gravate da usi, da liquidare, bensì l’esistenza di proprietà collettive,
da restaurare come tali. La restaurazione e la reintegrazione delle proprietà collettive dell’Alta
Versilia va fatta, per il momento, in capo al Comune rispettivo, in qualità di Ente esponenziale
rappresentativo anche delle Comunità proprietarie. Ciò comporta una situazione paragonabile a
quella che la legge del 1927 definisce “promiscuità”, in quanto le terre in questione non
appartengono in modo indeterminato e diffuso a tutti i residenti nei Comuni di Seravezza e
Stazzema, bensì - esclusivamente e separatamente - alle persone residenti nel territorio degli antichi
Comuni rurali. Ciò che viene provvisoriamente assegnato al Comune, andrà dunque in prosieguo
diviso tra le frazioni, come impone la legge.”
La Ricognizione del 1988 e lo stato di vanzamento della procedura al 2008
Sulla base della verifica demaniale disposta dalla Regione Toscana, resa operativa con la delibera
551/1983 dell’Associazione Intercomunale Versilia, una volta depositate le perizie commissionate –
che l’Assessore agli Usi Civici aveva precedentemente fatto sue -, il Comune di Seravezza in data 9
marzo 1988 aveva pubblicato il bando di reintegra e procedeva alle relative notifiche ai possessori
ritenuti “illegittimi”. In ragione di alcune opposizioni presentate da privati, ed in particolare del
ricorso avanzato dalla società Henraux, l’Amministrazione comunale (Sindaco Giannarelli) si
costituiva in giudizio (delibera Giunta Comunale n. 125 del 9 marzo 1989).
Complessivamente l’azione aveva sottoposto ad accertamento oltre un quarto del territorio del
Comune di Seravezza (circa 11,5 kmq su una superficie comunale di poco più di 39 kmq), un’area
montana ubicata nel suo settore settentrionale dominato dal rilievo del Monte Altissimo (m. 1589)
in gran parte posta al di sopra degli 800 m di quota.
Nel Gennaio del 2008, nell’ambito della redazione del quadro conoscitivo per il proprio
Regolamento Urbanistico, l’Ente comunale ha provveduto a fare il punto sullo stato amministrativo
della “faccenda degli usi civici” a venti anni dalle notificazioni del 1988.
La relazione del tecnico incaricato, arch. R. Borzoni, riconosce che nel territorio comunale sono in
essere cinque situazioni differenti in ragione di un diverso esito delle operazioni di notifica. Le
caratteristiche dello stato di avanzamento della procedura sono succintamente riportate di seguito e
la allegata tavola 4 ne consente una visione d’insieme. 10
• A) Terreni per i quali la notifica è pervenuta a tutti gli intestatari che non hanno presentato
opposizione: è possibile la pubblicazione del decreto di reintegra per questi beni la cui
superficie totale ammonta a circa 1.400.000 mq (1,4 kmq), di cui 200.220 mq (0,2 kmq) già
intestati al Comune di Seravezza e 35.120 mq concessi a livello (colore rosso).
• B) Terreni per i quali i titolari hanno presentato opposizione: complessivamente l’estensione
areale dei beni equivale a circa 9.300.000 mq (9,3 kmq), intestati prevalentemente alla
società Henraux s.p.a; per la loro reintegra è necessario attendere l’esito delle vertenze
10 BORZONI R., Ricognizione dei beni di uso civico, 2008
aperte presso il Commissario agli usi civici, oppure è ipotizzabile ricorrere al rilascio
bonario (colore giallo).
• C) Terreni per i quali la notifica non è pervenuta a tutti gli intestatari: nel complesso si tratta
di terreni per circa 1.000.000 mq (1,0 kmq); il relatore suggerisce a questo proposito di
completare le procedure di notifica.
• D) aree non assoggettate a verifica demaniale (in gran parte nella pianura del territorio
comunale).
• E) sono riconosciute inoltre tipologie di occupazioni illecite non considerate dalla verifica
demaniale degli anni’80.
A conclusione di questo breve paragrafo si fornisce la cronologia degli atti pubblici emessi, delle
trattavive intercorse e delle udienze presso il Commissario agli Usi Civici dell’Italia Centrale
dall’epoca di costituzione in giudizio del Comune di Seravezza.
09.03.1989 Costituzione in giudizio del Comune di Seravezza contro l’opposizione Henraux e altre (del. GC. 125/1989);
1989-2001 25 udienze rinviate “sempre in attesa della conclusione delle trattative”: 22.06.1989; 05.10.1989; 17.01.1990; 20.06.1990; 13.12.1990; 21.02.1991; 14.03.1991; 09.10.1991; 29.01.1992; 13.05.1992; 01.07.1992; 30.11.1992; 22.02.1993 (o 1994?); 16.04.1994; 05.11.1994; 25.03.1995; 21.10.1995; 24.02.1996; 07.12.1996; 05.04.1997; 20.09.1997; 10.01.1998; 04.04.1998; 23.11.2000; 26.07.2001;
1990-1992 Proposte e controproposte conciliatorie per la ripartizione fondiaria tra Comune e Henraux:
estate 1990 - prima proposta Henraux (Com. 190 ha, Hen. 766); inverno 1991 - prima proposta Comune (Com. 441,5 ha; Hen. 514, 5 ha); primavera 1991 - seconda proposta Henraux (Com. 273 ha, Hen. 683 ha); febbraio 1992 - terza proposta Henraux (Com.e 161 ha + 31 ha eventualmente
cedibili; Hen. 764 ha); marzo 1992 - quarta proposta Henraux (Com. 210,5 ha + 32 ha
eventualmente cedibili; Hen. 764 ha); inverno 1992 - seconda proposta (I) Comune (Com. 345 ha + 96,5 ha da
acquisire entro 10 anni; Hen. 514,5 ha); inverno 1992 - seconda proposta Comune (II) (mai presentata)(Com. 494 ha;
Hen. 462 ha); 26.01.2006 udienza, ricusazione da parte della Henraux del Commissario dott. Franco
Carletti, già Assessore agli Usi Civici; gennaio 2008 ricognizione amministrativa sullo stato di avanzamento delle notificazione del
1988 (Relazione Borzoni); 10.01.2008 udienza di fronte al nuovo Commissario, dott. Pietro Catalani; rinviata; 07.02.2008 udienza; comparsa della Amministrazione Comunale e presentazione di
documentazione; 08.05.2008 udienza; presentazione di ulteriore documentazione da parte del Comune;
05.06.2008 udienza; rinviata (le parti non si sono presentate);
04.07.2008 udienza;rinviata;
09.10.2008 udienza; rinviata all’11.12.2008, per verificare la possibilità di addivenire ad una conciliazione: in quella udienza il CdA dlla società Henraux rende noto di essere pronto a collaborare con l’AC al fine di individuare un percorso conciliativo;
11.12.2008 udienza; vengono definite cinque fasi per un accordo transattivo: prima fase – svolgimento di un’attività di ricognizione delle aree oggetto del giudizio pendente dinanzi al Commissario Usi Civici;
seconda fase – attività di individuazione e selezione, nell’ambito delle aree oggetto del contendere, dei terreni con spiccata vocazione produttiva/imprenditoriale e dei terreni passibili di fruizione collettiva;
terza fase – elaborazione di uno schema di accordo che preveda una disciplina o un utilizzo delle aree oggetto del contendere che da un lato garantisca la continuità aziendale di Henraux spa (principale impresa che opera sul territorio comunale) e dall’altro lato contempli eventuali forme compensative per la comunità;
quarta fase – sottoposizione dello schema d’accordo all’attenzione del Commissario per gli Usi Civici, ai fini di una verifica;
quinta fase – eventuale definizione dell’accordo e sottoscrizione dello stesso; 26.03.2009 udienza; si dava atto alle parti di avere intrapreso il percorso conciliativo e di
aver predisposto le prime due fasi individuate; 02.07.2009 udienza; si conferma l’attuazione delle prime due fasi e si chiede di poter
trattare in sede giudiziaria le stesse; viene depositata una memoria illustrativa e riepilogativa delle rispettive posizioni; udienza rinviata allo 08.10.2009.
Conclusioni Con la stipula dell’atto di “perfezionamento di atti precedenti” del 1909 si conclude il periodo delle
“grandi” alienazioni pubbliche in quella parte montana del Comune di Seravezza che un tempo
costituiva il corpo politico della Comunità della Cappella.
In poco più di 100 anni, oltre 11,5 kmq superficie comunale (più del 25% del totale) furono dal
Municipio direttamente venduti, o allivellati e successivamente affrancati, o soggetti al regime di
enfiteusi come avvenne nel 1885.
A partire dalla verifica dell’esistenza di terre collettive degli anni 1984-1987 promossa
dall’Associazione Intercomunale Versilia, viene posto il problema giuridico sulla effettiva
legittimità che aveva il Comune di Seravezza ad intraprendere l’alienazione dei beni fondiari che
provenivano dalla soppressa Comunità della Cappella. La vertenza, nata nel 1989, ha una lunga ed
articolata evoluzione, ed è attualmente ancora da definire in sede giudiziaria.
Parallelamente a tale causa, detta anche la “faccenda degli usi civici”, esiste una seconda questione,
in parte sovrapposta alla precedente, che riguarda i cosiddetti “beni enfiteutici”, cioè quei terreni
che il Comune di Seravezza allivellò alla Henraux nel lontano 1885, per i quali è allo studio la
rivalutazione del canone fondiario.
ALLEGATO A
Estratto dell’atto di enfiteusi, rogito Ranieri Arata, 1 luglio 1885
“Con partito 5 Novembre 1884, reso esecutorio dall’Autorità Prefettizia il 25 Dicembre
successivo, sulle considerazioni che fino dal 1856, erasi pensato a concedersi in enfiteusi i
beni di quel Comune Foresti parte del Monte Altissimo e che esposti al pubblico incanto con
più e vari ribassi dell’annuo canone loro attribuito, non avevano trovato alcuno offerente;
che le Autorità Superiori avevano più volte richiamato il Comune al rimboscamento di quei
beni incolti e che infine era parimenti conveniente sistemare un’antica vertenza con la Casa
Henraux di rettificazione di confini fra la proprietà comunale e la proprietà di detta Famiglia
tuttora pendente in giudizio, deliberò di riprendere le trattative con la Casa Henraux per
concedere alla medesima in enfiteusi perpetua per l’annuo canone di Lire
cinquecentocinquanta (L. 550) i suddetti beni comunali compresi quelli controversi,
cessione già deliberata in massima dalla stessa Rappresentanza comunale fino dal 12 Marzo
1882. E poiché le trattative riprese sortirono buono esito, quindi è che lo stesso Consiglio
Comunale di seravezza, con successiva deliberazione del 18 Marzo 1885, approvata dalla
Onorevole Deputazione Provinciale di Lucca nella sua adunanza 6 Maggio 1885 autorizzò il
Sindaco di detto Comune (Giuseppe Arata) a stipulare mediante atto pubblico con il Sig.
Cav. Roger Sancholle Henraux in proprio e come rappresentante la sua Casa la cessione dei
residui beni comunali compresi quelli già in controversia per il canone annuo di Lire
cinquecentocinquanta (L. 550). I beni controversi ai quali alludono le suddette deliberazioni
sono quelli segnati al catasto e tuttora veglianti in conto e testa del Comune di Seravezza ai
numeri particellari 1987, 1988, 1989, 1990, Sezione C, materialmente posseduti prima dal
Borrini, poi dalla Società Monte Altissimo, oggi dalla Casa Henraux, poiché da tali
possessori ritenuti compresi nel contratto pubblico 12 Giugno 1820, rogato Baschieri, col
quale il detto Comune vendè al Borrini un appezzamento di terra posto nel Monte Altissimo
in quel contratto descritto, particelle che il Comune ha sempre in opposto ritenute sue e non
comprese in quel contratto, per cui lo stesso Comune promosse, ad evitare atti di ulteriore
possesso, l’azione di rettificazione di confini tra le due contermini proprietà con citazione 27
Settembre 1860 ed ottenne sentenza interlocutoria di ammissione a Perizia a tale oggetto dal
Tribunale Civile di Lucca lì 27 agosto 1861. (…)
1. Terreno posto in Comunità di Seravezza, Popolo della Cappella, luogo detto In
Mortigliani, a pastura, distinto al Catasto in sezione C dal numero particellare 1987,
confinano Canale delle Balse, Crine del Monte, Canale di Falcovaia e detto Sig. Henraux
salvo se altri.
2) Terreno simile posto nello stesso luogo, cioè in Mortigliani, distinto al Catasto in detta
sezione C col numero particellare 1988, confinano il Canale di Finocchiaia (sic; probabile
errore di trascrizione del rogante: il canale di Finocchiaia è affluente di destra del fiume
Serra, mentre il terreno in oggetto si trova sulla sinistra idrografica; probabilmente da
intendersi Canale di Falcovaia o Farcovaja), il Canale del Monte Altissimo, il Canale di
Palazzo ed i medesimi Sigg. Henraux.
3) Terreno simile posto nello stesso luogo vale a dire in Mortigliani o Palazzo, di misura
staia centodue e pertiche novantotto o quanto sia pari ad ettari dieci, ari 46, e centiare 5,
distinto al Catasto in detta sezione C dai numeri particellari 1989 e 1990, con rendita
imponibile di L. 5,86, confinano terreno comunale, Canale di palazzo, il crine del Monte,
Sigg. Eredi Henraux, Mazzucchelli Niccola, santi Appolloni e detto canale di palazzo, salvo
se altri.
ALLEGATO B
Si è accennato nel testo come nel periodo 1990-1992 l’Amministrazione comunale, Sindaco
Antonio Bartelletti, avesse discusso i termini per una conciliazione con la società Henraux vòlta a
chiudere bonariamente la vertenza. Tra l’estate del ’90 e l’inverno del ’92 le parti si scambiarono
proposte e controproposte che tuttavia non portarono ad una concreta soluzione, anche per
l’intervenuta crisi di giunta che portò alla caduta dell’Amministrazione e, in breve tempo, al
commissariamento del Comune di Seravezza.
La “faccenda degli usi civici” venne lungamente dibattuta nel Consiglio Comunale del 11 luglio
1991 che all’ordine del giorno prevedeva la discussione per l’autorizzazione di un piano estrattivo
per la cava della Tacca Bianca, storico comparto estrattivo in galleria nel versante sud del Monte
Altissimo inattivo dalla fine degli anni ’60. In quella sede si sottolineava che uno degli elementi
essenziali per il rilascio della autorizzazione e la stipula della convenzione riguardava il titolo di
proprietà sull’area, titolo che la società Henraux dichiarava apertamente. Nel suo lungo intervento il
Sindaco Bartelletti, coautore come abbiamo visto delle relazioni per l’indagine di verifica
demaniale nell’Alta Versilia, dava conto della natura del contendere e riassumeva lo “stato
dell’arte” di una vicenda aperta da ben 200 anni.
“Prima del 1776, esistevano due distinte ed autonome comunità: quella di Seravezza e quella
della Cappella. Pietro Leopoldo in quel periodo favorì la riforma che tendeva ad accorpare i
comuni piccoli per creare centri più consistenti: nacque così Seravezza (Magistratura Civica
di Seravezza), dall’unione della Comunità della Cappella con quella della stessa Seravezza.
Contestualmente, furono messe in atto altre riforme dal Granduca, che riguardavano il
problema delle terre collettive, cioè di quelle terre che venivano godute collettivamente dalla
comunità, soprattutto per il pascolo e per il legnatico. La riforma più consistente tendeva alla
suddivisione di queste terre tra coloro che in precedenza le godevano in comune
(“comunisti”). Però questi provvedimenti si calavano male nella realtà, perché di fatto nel
1783 nacquero i primi dissidi: le comunità locali non erano d’accordo, e in particolare la
popolazione di Basati e Minazzana si oppose fermamente alla lottizzazione delle proprie
terre. Nel frattempo, la Comunità della Cappella si era integrata con quella di Seravezza, e il
governo locale di quel periodo decise di addivenire ad un “atto di vendita”, concedendo in
un primo tempo queste terre “a livello” (6 aprile 1797); gran parte di queste terre
riguardavano il retro dell’Altissimo (circa 4,5 kmq) e vennero date a livello ad un certo sig.
Consigli. Però, continuarono i dissidi, perché la popolazione continuava a fruire di quelle
terre che rivendicava come di proprietà della collettività.
Passato il periodo francese, all’inizio della Restaurazione, il Comune di Seravezza
(Magistratura Civica di Seravezza) decise di venderle tutte: nel 1820 ha venduto una
porzione della parte meridionale del Monte Altissimo a Marco Borrini (fondatore
dell’Henraux), che nell’anno successivo costituì la società che ha detenuto queste terre fino
ad oggi. Quella vendita costò (sic) 275 staia a Borrini; la comunità non approvò questo atto
perché contestava non tanto la natura civica delle terre, quanto – e soprattutto – il fatto che
la “Società Anonima del Monte Altissimo” si era intestata un quantitativo di terre superiore
a quelle effettivamente cedute dal Comune. Per definire questo aspetto la comunità contattò
e concordò con i proprietari della società soluzioni progressive per sanare il contenzioso che
riguardava il Monte Altissimo: nel 1860 (1880) è uscito un interessante libello in merito (tra
la documentazione presso la nostra Biblioteca). Il Consiglio Comunale aveva nominato una
Commissione – composta da tre suoi membri – per dirimere la questione: questa
Commissione accusò di sconfinamento, avanzando sospetti di connivenza degli Uffici
tecnici erariali del tempo con l’Azienda interessata, dato che questa si era intestata circa 4,5
kmq in più di superficie rispetto a quella che effettivamente le era stata ceduta con gli atti di
vendita (il Sindaco legge parte finale del documento comunale).
Questo contenzioso fu chiuso in maniera che oggi definiremmo senz’altro scandalosa,
perché la comunità era nella condizione di “avere” e invece finì per “dare”. Infatti, nel 1885
ci fu il famoso contratto dell’enfiteusi che è un “contratto perpetuo” in virtù del quale esiste
solo l’obbligo di migliorare le terre in senso agrario, dando come corrispettivo un canone
allora stabilito in 500 Lire), con cui si danno ulteriori 90 ettari alla Società Anonima del
Monte Altissimo! Nel contratto si dice che “è da intendersi tolta di mezzo la causa di
rettificazione dei confini, sopite le rispettive pretese in proposito, e senza che l’una e l’altra
parte possa vantare titolo per detta causa, refusione di spese, rimborso di danni o altro”.
Attualmente la società Henraux continua a pagare un canone (L. 13791); la proprietà a tutti
gli effetti rimane del Comune di Seravezza, e gli scatti del canone sono stabiliti da leggi
precise. Per intenderci, sono regolati dall’enfiteusi i terreni di metà delle Cervaiole e metà
cava della Mossa, cioè la parte sudoccidentale del Monte Altissimo (il Sindaco legge un
articolo di Silvio Belli apparso nel 1970 su “Versilia Oggi” che commenta il fatto).
Dopo la I Guerra Mondiale ci fu l’avvento del Fascismo e nel 1925, in regime transitorio
della legge sugli usi civici (che entrerà in vigore nel 1927), da Roma chiedono se nella
nostra zona esistono “usi civici”; l’allora Sindaco-Podestà risponde come quelli del 1885 e
del 1909 (anno in cui furono perfezionati atti precedenti), e cioè dichiarando che “non
esistono usi civici, né comunanze, partecipanze, università e altre associazioni”.
Il Commissariato degli Usi Civici però nel 1942 volle fare uno studio a tappeto sui comuni
della Toscana, e fu dato incarico per una ricognizione nella nostra zona al geom. Torrero,
che si espresse così in merito alla questione del Monte Altissimo: “la vendita enfiteutica del
1885, essendo avvenuta sotto il nuovo Regno d’Italia dovrà ritenersi illegittima”. In
conseguenza di ciò, un mese più tardi, il Commissario emise un decreto di archiviazione
della pratica.
Nel dopoguerra questo studio fu perfezionato – sempre da Torrero – che era arrivato quasi a
definire con il Commissario la faccenda dell’enfiteusi. Poi, per motivi vari, il Commissariato
per gli Usi Civici verso la fine degli anni ’50 abbandonò completamente la situazione.
Si arriva così al 1983, quando l’Associazione Intercomunale riprese la questione degli usi
civici, dando incarico per una verifica che portò alla constatazione dell’esistenza degli usi
civici in zona. Ripeto, tutto il contenzioso (cioè la controversia che avrebbe portato
all’enfiteusi) non verteva sulla natura demaniale dei beni, bensì sulla rettificazione dei
confini o sui vizi nei contratti: nelle relazioni di verifica demaniale si disse invece che il
Comune di Seravezza (Magistratura Civica di Seravezza) non aveva titolo a vendere i
terreni (non erano suoi!), per cui l’atto doveva considerarsi nullo per vizio d’origine. Infatti,
la legge del 1927 stabiliva che i beni civici sono inalienabili e imprescrittibili; la vendita era
quindi ammissibile solo come atto eccezionale, con determinati principi – ad esempio quello
del nemine discrepante, nessuno dei fruitori contrario.
Una volta depositate le perizie commissionate dall’Intercomunale – che l’assessore agli Usi
Civici ha fatto sue - in data 9 marzo 1988 è stato fatto un “pubblico bando” con le relative
notifiche. Nessuno si è opposto tranne l’Henraux, che presentò un ricorso: da quel momento
in poi il Comune entrò in causa, per cui nel 1989 nominò i propri avvocati, e la causa è
proseguita fino ai giorni nostri.
L’Henraux difende i propri interessi: ma anche noi come Amministrazione Comunale
dobbiamo difendere i diritti dei cittadini che rappresentiamo. È pur vero che l’Azienda si è
dimostrata disponibile, dando per prima un segnale favorevole alla transazione nel giugno-
luglio del 1990, anche perché è bene chiuderlo quel contenzioso. Sono rimbalzate proposte e
controproposte, finchè ci siamo resi conto che la trattativa doveva approdare a qualcosa di
concreto. Abbiamo allora concordato con l’Azienda di andare via di conciliazione; è chiaro
però che l’accordo deve prevedere determinate clausole cautelative, perché non vogliamo
bloccare l’attività dell’azienda ma nemmeno trovarci un domani in difficoltà nel far valere i
diritti della comunità. Pertanto, per definire la questione preferiamo procedere per fasi e
concludere in itinere la sanatoria del contenzioso.” (Estratto del verbale del CC di Seravezza
del 11 luglio 1991).