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La via della bellezza Ragionare sull’arte Testi di Massimo Introvigne In appendice testi del Magistero di Benedetto XVI EDIZIONI LUSSOGRAFICA

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La via della bellezzaRagionare sull’arte

Testi di

Massimo Introvigne

In appendice testi del Magistero di

Benedetto XVI

EDIZIONI LUSSOGRAFICA

La via della bellezza: Ragionare sull’arte / testi di Massimo Introvigne ; in appendice testi del Magistrero di Benedetto 16. -Caltanissetta : Lussografica, 2013.ISBN 978-88-8243-1. Arte – Concezione cattolica – Cataloghi di esposizioni.I. Introvigne, Massimo <1955->. II. Benedictus <papa ; 16.>.261.57 CDD-22 SBN Pal0252916

CIP - Biblioteca centrale della Regione siciliana “Alberto Bombace”

REALIZZATO CON IL CONTRIBUTODELL’ASSESSORATO REGIONALE

DELL’ISTRUZIONE E DELLAFORMAZIONE PROFESSIONALE

Introduzione

«L’espressione di [Fëdor Michajlovic Dostoevskij [1821-1881] che sto per citare è sen-z’altro ardita e paradossale, ma invita a riflettere: “L’umanità può vivere – egli dice – senzala scienza, può vivere senza pane, ma soltanto senza la bellezza non potrebbe più vivere,perché non ci sarebbe più nulla da fare al mondo. Tutto il segreto è qui, tutta la storia èqui”». Così si esprimeva Benedetto XVI nell’incontro con gli artisti nella Cappella Sistina,del 21 novembre 2009. Con questo percorso intendiamo rispondere alla sfida e all’appellolanciati dal Papa, partendo da alcuni suoi discorsi per invitare alla bellezza. Naturalmente,l’appello non è rivolto solo ai cattolici o ai credenti. La chiamata alla bellezza è universale,e fa parte di quel nucleo intimo della persona umana che la costituisce come tale. In que-sta chiave abbiamo ritenuto che gli interventi di Benedetto XVI possano essere un puntodi partenza per tutti.

Lo scrittore e dissidente anti-comunista russo Aleksandr Isaevic Solzenicyn (1918-2008)nel suo Discorso per la consegna del Premio Nobel per la Letteratura, spiegava che oggi gliuomini trovano poco persuasivi i discorsi sulla verità o gli appelli morali al bene. Ma sonoancora affascinati dalla bellezza, e da qui occorre partire.

Dai Greci in poi, la grande cultura europea sa che ultimamente il vero, il bello e il buonoconvertuntur. Devono convergere, o c’è qualcosa che non va. Nelle parole del teologo sviz-zero Hans Urs von Balthasar (1905-1988) «gli argomenti in favore della verità hanno esau-rito la loro forza di conclusione logica» e il bene «ha perduto la sua forza di attrazione»,così che non resta che partire dal bello.

Così, oggi, solo la bellezza salva, in un mondo dove molti si ritraggono, quasi istintiva-mente, dalla chiamata alla verità e alla morale. Ma questa bellezza non è fine a sé stessa.Come soleva dire Platone (427-347 a.C.), il bello è la porta del vero, che conquista e spin-ge al buono. La convergenza dei valori non è una pia aspirazione dei filosofi: la constatia-mo nella realtà, se solo abbiamo occhi per vedere e orecchie per intendere.

Il profondo processo di secolarizzazione e di scristianizzazione che ha attraversatol’Europa negli ultimi secoli ha inciso anche sulla percezione del bello. Una certa secolariz-zazione è, si può dire, la via della bruttezza. In un documento del 2006 sulla bellezza delPontificio Consiglio della Cultura, La Via pulchritudinis, leggiamo che oggi «una certa abi-tudine alla bruttezza, al cattivo gusto, alla volgarità, si vede promossa sia dalla pubblicitàsia da alcuni “artisti folli” che fanno dell’immondo e del brutto un valore, al fine di susci-tare scandalo». Aggiunge Benedetto XVI, nell’incontro della Cappella Sistina del 2009:«Troppo spesso, però, la bellezza che viene propagandata è illusoria e mendace, superficia-le e abbagliante fino allo stordimento e, invece di far uscire gli uomini da sé e aprirli adorizzonti di vera libertà attirandoli verso l’alto, li imprigiona in se stessi e li rende ancor piùschiavi, privi di speranza e di gioia. Si tratta di una seducente ma ipocrita bellezza, che ride-sta la brama, la volontà di potere, di possesso, di sopraffazione sull’altro e che si trasforma,ben presto, nel suo contrario, assumendo i volti dell’oscenità, della trasgressione o dellaprovocazione fine a se stessa».

Quest’opera di sovversione non ha sempre successo, come dimostra il fascino che con-tinuano a esercitare anche presso il pubblico moderno, pure tecnicamente «male educato»,

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espressioni della grande arte europea. Ma questo non significa che la promozione dellabruttezza non sia stata, in certe epoche storiche, al centro di sforzi molto articolati ed espli-citi.

Il tema della via pulchritudinis ha un ruolo centrale nel Magistero di Benedetto XVI. Aproposito, per esempio, delle «cattedrali, vera gloria del Medioevo cristiano», il Ponteficeha sottolineato nel corso dell’udienza generale del 18 novembre 2009 come i capolavori delromanico mirassero a «suscitare nelle anime impressioni forti, sentimenti che potesseroincitare a fuggire il vizio, il male, e a praticare la virtù, il bene» e perfino a fare «gustare unanticipo della beatitudine eterna». Quanto alle «cattedrali gotiche», «mostravano una sin-tesi di fede e di arte armoniosamente espressa attraverso il linguaggio universale e affasci-nante della bellezza, che ancor oggi suscita stupore. […] Lo slancio verso l’alto voleva invi-tare alla preghiera ed era esso stesso una preghiera. […] Dalle vetrate dipinte una cascatadi luce si riversava sui fedeli per narrare loro la storia della salvezza e coinvolgerli in que-sta storia». «La forza dello stile romanico e lo splendore delle cattedrali gotiche ci rammen-tano che la via pulchritudinis, la via della bellezza, è un percorso privilegiato e affascinanteper avvicinarsi al Mistero di Dio».

Sulla bellezza il Papa è tornato tante volte, ma vale la pena di citare il viaggio che hacompiuto nella Repubblica Ceca dal 26 al 28 settembre 2009. «Che cosa attira tante perso-ne a Praga – si è chiesto il Pontefice – se non la sua bellezza?». «La stupefacente bellezzadelle sue chiese, del castello, delle piazze e dei ponti non possono che orientare a Dio lenostre menti. La loro bellezza esprime fede; sono epifanie di Dio che giustamente ci per-mettono di considerare le grandi meraviglie alle quali noi creature possiamo aspirare quan-do diamo espressione alla dimensione estetica e conoscitiva del nostro essere più profon-do».

Meditazione sulla memoria storica della cristianità e sulla bellezza, sul buono e sul bellos’incontrano a proposito del Castello di Praga, di cui si troveranno immagini in questamostra, che il Papa evoca come luogo dove dialogano armonicamente la Cattedrale e ilPalazzo, il cuore religioso e il cuore civile della città.

Vi è qui una profonda lezione sulla bellezza non solo degli edifici ma delle istituzionidell’Europa cristiana, costruite nei secoli dall’incontro tra fede e ragione, distinte ma armo-nicamente vicine, che diventa incontro – non fusione, e tanto meno confusione – dellaCattedrale e del Palazzo. Una lezione che abbiamo voluto tradurre in parole e immagininella nostra mostra: perché credenti e non credenti possano meditare sulle diverse dimen-sioni del bello come porte che conducono al buono e al vero.

Massimo Introvigne

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Il Magistero della Chiesa, a partire almeno da Leone XIII (1878-1903),propone un’interpretazione della storia, traendo i suoi argomenti davarie fonti e scuole di pensiero cattoliche. Una, quella detta controrivo-luzionaria, ritiene che, almeno dalla fine del Medioevo, sia in atto unprofondo processo di scristianizzazione, che chiama Rivoluzione. Perandare a Dio si passa normalmente dal vero, dal buono e dal bello. Ma,dal momento che la Rivoluzione ha reso difficile capire il vero e ilbuono, oggi può essere più agevole partire dal bello. Questo spunto –caratteristico di esponenti della scuola contro-rivoluzionaria come ilbrasiliano Plinio Corrêa de Oliveira (1908-1995) – è passato anche nelMagistero.

La tomba monumentale di Leone XIII nella Basilica di San Giovanni in Laterano

Illustrazione della marcia delle donne su Versailles del 5 ottobre 1789,conservata al Musée Carnavalet di Parigi

Il pensatore cattolico brasiliano Plinio Corrêa de Oliveira

Il documento del Pontificio Consiglio della Cultura La Via pulchritudi-nis (2006) cita lo scrittore russo, di fede cristiano-ortodossa, AleksandrIsaevic Solzenicyn: «Questa antica triunità della Verità, del Bene e dellaBellezza non è semplicemente una caduca formula da parata, come ciera sembrato ai tempi della nostra presuntuosa giovinezza materialisti-ca. Se, come dicevano i sapienti, le cime di questi tre alberi si riunisco-no, mentre i germogli della Verità e del Bene, troppo precoci e indifesi,vengono schiacciati, strappati e non giungono a maturazione, forse stra-ni, imprevisti, inattesi saranno i germogli della Bellezza a spuntare e cre-scere nello stesso posto e saranno loro in tal modo a compiere il lavoroper tutti e tre».

Il dipinto «Le Tre Grazie» di Raffaello Sanzio (1483-1520), olio su tavola del 1503-1504 oggi al Museo Condé nel Castello di Chantilly, in Francia

Papa Benedetto XVI benedice i partecipanti al termine di un’udienza

Lo scrittore russo Aleksandr Isaevic Solzenicyn

Il 21 novembre 2009 Benedetto XVI incontra gli artisti nella CappellaSistina. Ricorda tre anniversari. Venticinque anni dalla proclamazionedel Beato Angelico (1395-1455), «modello di perfetta sintonia tra fedee arte», a patrono degli artisti. Dieci anni dalla Lettera agli artisti delbeato Giovanni Paolo II (1978-2005). E quarantacinque anni da unaltro incontro con gli artisti nella Cappella Sistina promosso dal vene-rabile Paolo VI (1963-1978), il quale disse che senza l’arte il ministerodella Chiesa «diventerebbe balbettante ed incerto e avrebbe bisogno didiventare esso stesso artistico […]. Per assurgere alla forza di espressio-ne lirica della bellezza intuitiva, avrebbe bisogno di far coincidere ilsacerdozio con l’arte».

«L’Annunciazione» del Beato Angelico (c. 1395-1455), tempera su tavola databile attorno al 1435 oggi conservata nel Museo del Prado a Madrid

L’incontro di Benedetto XVI con gli artisti nella Cappella Sistina 7 maggio 1964: il venerabile Paolo VI incontragli artisti nella Cappella Sistina

Nel discorso agli artisti del 2009 Benedetto XVI propone quattro tesisulla bellezza. La prima è che in un momento segnato da un generale«affievolirsi della speranza» solo la bellezza «può ridare entusiasmo efiducia». Questo entusiasmo non si manifesta tanto come pacificazionequanto, secondo l’immagine di Platone, come «scossa», come frecciache colpisce, ferisce, risveglia. Il Papa cita anche lo scrittore russoFëdor Michajlovic Dostoevskij: «L’umanità può vivere senza la scienza,può vivere senza pane, ma soltanto senza la bellezza non potrebbe piùvivere, perché non ci sarebbe più nulla da fare al mondo». E cita ancheil pittore Georges Braque (1882-1963): «L’arte è fatta per turbare».

«La Scuola di Atene» di Raffaello Sanzio, affresco databile al1509-1510 situato nella Stanza della Segnatura dei PalazziApostolici del Vaticano(particolare raffigurante Platone)

Lo scrittore Fëdor Michajlovic Dostoevskij in un ritrattodel 1872 del pittore russo Vasilij Grigor’evic Perov(1834-1882), oggi alla Galleria Tret’jakov di Mosca

«Tenora», un papier collé del 1913 del pittore cubista Georges Braque, oggi al Museum of Modern Art di New York

La seconda tesi di Benedetto XVI è che sulla bellezza si possono e sidevono enunciare giudizi. La formula corrente «non è bello quello cheè bello, è bello quello che piace» è spesso intesa come espressione di unrelativismo assoluto. Al contrario, il bello è veramente bello se ci guidaal vero e al bene. Diversamente si tratta di una bellezza falsa o vuota,che presto o tardi finisce per rovesciarsi in apologia del brutto e del vol-gare. «Si tratta di una seducente ma ipocrita bellezza, che ridesta labrama, la volontà di potere, di possesso, di sopraffazione sull’altro e chesi trasforma, ben presto, nel suo contrario, assumendo i volti dell’osce-nità, della trasgressione o della provocazione fine a se stessa».

Studio preparatorio per il ritratto di famiglia di Thomas More (1478-1535),c. 1527, del pittore e incisore tedesco Hans Holbein il Giovane

(1497/1498-1543), oggi al Kunstmuseum di Basilea

«Annunciazione di Cestello», tempera su tavola del 1489-1490 di Sandro Botticelli (1445-1510), conservata nella Galleria degli Uffizi a Firenze

«The Damsel of the Sanct Grael», olio su tela del 1874del pittore e poeta britannico Dante Gabriel Rossetti (1828-1882),

collezione privata di Lord Andrew Lloyd-Webber

La terza tesi di Benedetto XVI è che il criterio ultimo per capire sesiamo di fronte alla vera bellezza, e insieme per fruirne nel modo cor-retto, consiste nel chiederci se la bellezza creata cui ci troviamo di fron-te è un segno trasparente che ci permette di risalire alla Bellezza increa-ta, Dio. La bellezza per la bellezza, come l’arte per l’arte, non fa partedella prospettiva cristiana. La vera bellezza è «una via verso il Tra-scendente, verso il Mistero ultimo, verso Dio». Questo vale per la bel-lezza del creato, dell’arte, della liturgia e delle vite sante. Sono questi itre sentieri della via pulchritudinis secondo il documento del PontificioConsiglio per la Cultura, come anche secondo il già citato pensatorebrasiliano Plinio Corrêa de Oliveira.

Il primo sentiero verso la bellezza parte dal creato

Icona della Trinità, del 1410, di Andrej Rublëv (1360-1430), oggi alla Galleria Tret’jakov di Mosca

La «Trinita triandrica», miniatura parigina dell’iniziosec. XV, dal Lezionario della Sainte-Chapelle di Bourges

Quarta tesi: se è vero che la vera arte rimanda a Dio – e in questo senso«l’arte ha bisogno della Chiesa» –, non è meno vero che, senza assume-re il bello come punto di partenza, è difficile che gli uomini immersinella crisi possano arrivare a Dio, e dunque «la Chiesa ha bisogno del-l’arte». Il Papa cita «il teologo Hans Urs von Balthasar [il quale] aprela sua grande opera intitolata Gloria. Un’estetica teologica con questesuggestive espressioni: “La nostra parola iniziale si chiama bellezza. Labellezza è l’ultima parola che l’intelletto pensante può osare di pronun-ciare, perché essa non fa altro che incoronare, quale aureola di splen-dore inafferrabile, il duplice astro del vero e del bene e il loro indisso-lubile rapporto”».

Particolare delle vetrate gotiche con le storie di CarloMagno (742-814) nella cattedrale di Chartres, secolo XIII

Facciata della chiesa di San Giovanni Evangelista a Modica (Ragusa)

«L’adorazione dei Re Magi», arazzo del 1904 dell’atelier Morris & Co., da un lavoro di Edward Burne-Jones (1833-1898), oggi al Musée d’Orsay di Parigi

Il Papa cita ancora von Balthasar: «Essa è la bellezza disinteressatasenza la quale il vecchio mondo era incapace di intendersi, ma che hapreso congedo in punta di piedi dal moderno mondo degli interessi, perabbandonarlo alla sua cupidità e alla sua tristezza. Essa è la bellezza chenon è più amata e custodita nemmeno dalla religione». E chi non amala bellezza «non è più capace di pregare e, presto, nemmeno di amare».«La via della bellezza – prosegue Benedetto XVI – ci conduce, dunque,a cogliere il Tutto nel frammento, l’Infinito nel finito, Dio nella storiadell’umanità». Cita pure la filosofa francese Simone Weil (1909-1943):«Il bello è la prova sperimentale che l’incarnazione è possibile».

«L’albero della vita», 1905-1909, fregio musivo del pittore austriaco Gustav Klimt (1862-1918) realizzato per i lavori di allestimento della residenza dell’industriale belga Adolphe Stoclet (1871-1949), oggi al Museum für angewandte Kunst di Vienna

«L’asino trasporta Dio», dipinto per una cartolina nataliziadella fine degli anni 1960 dell’artista cattolico

canadese di origine ucraina William Kurelek (1927-1977)

«Istituzione dell’Eucarestia» o «Comunione degliApostoli», 1473-1474, olio e tempera su tavola del pittore

fiammingo Joos van Wassenhove (c. 1430-c. 1480),oggi alla Galleria Nazionale delle Marche di Urbino

Un esempio concreto di come la via pulchritudinis opera nella storia èdato dalle cattedrali del Medioevo, cui Benedetto XVI ha consacrato, il18 novembre 2009, un memorabile discorso. Nelle cattedrali romani-che e gotiche «tutto era orientato e offerto a Dio», come ricorda il testodell’iscrizione sul portale centrale di Saint-Denis, a Parigi: «Passante,che vuoi lodare la bellezza di queste porte, non lasciarti abbagliare nédall’oro, né dalla magnificenza, ma piuttosto dal faticoso lavoro. Quibrilla un’opera famosa, ma voglia il cielo che quest’opera famosa chebrilla faccia splendere gli spiriti, affinché con le verità luminose s’in-camminino verso la vera luce, dove il Cristo è la vera porta».

«Clovis II fait exempter l’abbaye de Saint-Denis des privilèges épiscopaux»,miniatura del 1455-1460 dalle «Grandes Chroniques de France» del

rinnovatore della pittura francese del secolo XV Jean Fouquet (1415/1420-1478/1481), conservato nel dipartimento dei manoscritti

della Bibliothèque nationale de France (Français 6465, fol. 70)

Dettaglio della facciata della cattedrale di Santa Maria Assuntadi Évora, la più grande del Portogallo, costruita in un periodo

di transizione tra romanico e gotico

La cattedrale di Reims in un olio su tela del 1833 del pittore tedesco Domenico Quaglio (1787-1837),

oggi al Museum der bildenden Künste di Lipsia

Ma come capire oggi le cattedrali? Solo, risponde il Papa, ascoltandosant’Agostino (354-430): «Interroga la bellezza della terra, interroga labellezza del mare, interroga la bellezza dell’aria diffusa e soffusa.Interroga la bellezza del cielo, interroga l’ordine delle stelle, interroga ilsole, che col suo splendore rischiara il giorno; interroga la luna, che colsuo chiarore modera le tenebre della notte. Interroga le fiere che simuovono nell'acqua, che camminano sulla terra, che volano nell'aria:anime che si nascondono, corpi che si mostrano; visibile che si fa gui-dare, invisibile che guida. Interrogali! Tutti ti risponderanno: Guardaci:siamo belli! La loro bellezza li fa conoscere. Questa bellezza mutevolechi l’ha creata, se non la Bellezza Immutabile?».

Veduta della Sainte-Chapelle, la cappella palatina del medievale palazzo dei Re di Francia a Parigi. Venne costruita per volere di san Luigi IX re di Francia (1214-1270) per custodirvi le preziose reliquie della Corona di spine

ed è considerata uno dei massimi capolavori dell’architettura gotica

Veduta della Cattedrale di Palermo, dedicata alla VergineMaria Santissima Assunta in Cielo, e in primo piano unastatua raffigurante santa Rosalia Sinibaldi (1128-1165)

Agostino sul letto di morte benedice un malato, particolare dell’Arcadi Sant’Agostino nella basilica di San Pietro in Ciel d’Oro a Pavia,

scultura del 1362 di Bonino da Campione (c. 1325-c. 1397)

Nell’udienza del 30 settembre 2009 a Roma, appena tornato dallaRepubblica Ceca, Benedetto XVI evoca la bellezza del Castello diPraga, in realtà un insieme di edifici tra loro collegati. «Il Castello diPraga, straordinario sotto il profilo storico e architettonico, suggerisceun’ulteriore riflessione più generale: esso racchiude nel suo vastissimospazio molteplici monumenti, ambienti e istituzioni, quasi a rappresen-tare una polis, in cui convivono in armonia la Cattedrale e il Palazzo, lapiazza e il giardino […] l’ambito civile e quello religioso, non giustap-posti, ma in armonica vicinanza nella distinzione». L’incontro fra fede eragione diventa incontro – non fusione, e tanto meno confusione – travita religiosa e politica. Anche questa è bellezza.

Papa Benedetto XVI al Castello di Praga, 27 settembre 2009

Veduta del Castello di Praga. Fondato nel secolo IX, fu la residenza dei re di Boemia,imperatori del Sacro Romano Impero, presidenti della Cecoslovacchia e presidenti della

Repubblica Ceca. È considerata la maggiore fortezza medievale del mondo

Ritratto dell’imperatore Carlo Magno, olio sutavola del 1511-1512 del pittore, incisore,

matematico e teorico dell’arte tedesco AlbrechtDürer (1471-1528), oggi al Germanisches

Nationalmuseum di Norimberga

Il 13 maggio 2012, visitando Sansepolcro, Benedetto XVI propone iltema della bellezza delle città attraverso la straordinaria storia dei suoifondatori. Due santi, Arcano ed Egidio, vissuti a cavallo dell’anno 1000e ispirati dal De civitate Dei di sant’Agostino intendono riprodurre inToscana una «civitas hominis a immagine di Gerusalemme». Vanno inTerrasanta, e proprio a Gerusalemme sui luoghi della Passione raccol-gono pietre che porranno nelle fondamenta degli edifici della loronuova città, disposta in modo che tutto converga verso il Duomo,«punto di riferimento» che sarà impreziosito dall’arte successiva.Accanto sorge il Comune, in una piazza «sede della ritrovata armoniatra i momenti del culto e della vita civica».

Veduta di Sansepolcro in Val Tiberina, anticamente Borgo del SantoSepolcro, un comune della provincia di Arezzo, in Toscana,

al confine con Umbria e Marche

Il celebre affresco della Resurrezione, eseguito tra il 1450 e il 1463 e conservatonel Museo Civico di Sansepolcro, opera

del pittore e matematico Pierodella Francesca (1416/1417-1492)

La Pala di Sansepolcro, olio su tavola di Pietro Perugino (c. 1448-1523), databile al 1510 circa e conservata nel Duomo di Sansepolcro

Nel pellegrinaggio a Santiago de Compostela e Barcellona del 6-7novembre 2010 Benedetto XVI propone un fondamento filosofico pro-fondo del suo consueto discorso sull’arte. È l’equilibrio fra fede e ragio-ne che richiede – anzi, è – l’equilibrio tra fede e bellezza, «tra fede earte». Chi dice ragione, dice verità. Se non è capace di conoscere la veri-tà e non si lascia misurare dalla verità, la ragione non è vera ragione. Mala verità non si può separare dalla bellezza. «La verità, scopo, meta dellaragione, si esprime nella bellezza e diventa se stessa nella bellezza, siprova come verità. Quindi dove c’è la verità deve nascere la bellezza[…]. La relazione tra verità e bellezza è inscindibile».

Benedetto XVI in pellegrinaggio alla Basilica Cattedrale Metropolitanadi San Giacomo di Compostela, nel 2010

«The Pilgrim and the Heart of the Rose»,arazzo del 1901 su disegno del 1890 di Edward

Burne-Jones, tra i maggiori rappresentanti della corrente dei Preraffaelliti

Ritratto di san Tommaso d’Aquino (c. 1225-1274) del 1476 del pittore veneziano Carlo Crivelli (1430/1435-1494/1495),

oggi alla National Gallery di Londra

L’esperienza della bellezza è una forma di preghiera. Nell’udienza gene-rale del 31 agosto 2011 il Papa ha spiegato che lo stupore che provia-mo di fronte all'arte c’insegna a pregare. Di fronte alla vera arte ci capi-ta «di provare un’intima emozione, un senso di gioia, di percepire, cioè,chiaramente che di fronte a noi non c’è soltanto materia, un pezzo dimarmo o di bronzo, una tela dipinta, un insieme di lettere o un cumu-lo di suoni, ma qualcosa di più grande, qualcosa che “parla”, capace ditoccare il cuore, di comunicare un messaggio, di elevare l’animo». Ed ècosì perché la bellezza artistica «è come una porta aperta verso l’infini-to, verso una bellezza e una verità che vanno al di là del quotidiano» eci spingono verso l’alto.

«Flaming June», olio su tela del 1895 del pittore inglese vicino ai Preraffaelliti Frederic Leighton (1830-1896), oggi al Museo de Arte de Ponce, in Porto Rico

«Amore e Psiche», gruppo scultoreo realizzato trail 1788 e il 1793 da Antonio Canova (1757-1822),

oggi al Museo del Louvre di Parigi

«Fiaba» («I due re»), tempera su tela del 1909del pittore e musicista lituano Mikalojus Konstantinas

Ciurlionis (1875-1911), oggi al National M.K. Ciurlionis Art Museum di Kaunas

Certamente – prosegue il discorso del 31 agosto 2011 – lo stupore difronte all’arte, di per sé, non è ancora preghiera. «Ma ci sono espressio-ni artistiche che sono vere strade verso Dio, la Bellezza suprema, anzisono un aiuto a crescere nel rapporto con Lui, nella preghiera. Si trattadelle opere che nascono dalla fede e che esprimono la fede». E «unesempio lo possiamo avere quando visitiamo una cattedrale gotica:siamo rapiti dalle linee verticali che si stagliano verso il cielo ed attira-no in alto il nostro sguardo e il nostro spirito, mentre, in pari tempo, cisentiamo piccoli, eppure desiderosi di pienezza… O quando entriamoin una chiesa romanica: siamo invitati in modo spontaneo al raccogli-mento e alla preghiera».

Veduta della cattedrale di San Pietro di Beauvais. Gioiello del gotico francese, fu costruita con l’intento di erigere la più altachiesa cristiana in assoluto (le volte toccano i 48,5 m d’altezza)

«Incoronazione della Vergine», tempera su pannello del 1454del pittore e miniaturista francese Enguerrand Quarton (c. 1418-1466),

oggi al Musée Pierre du Luxembourg a Villeneuve-les-Avignon

«La duchesse Anne en prière», miniatura del 1503-1508 del pittore francese

Jean Bourdichon (1457-1521), dal libro «Les Grandes Heures d’Anne de Bretagne»,conservato nel dipartimento dei manoscritti

della Bibliothèque nationale de France (Ms. lat. 9474)

Il 31 ottobre 2012 Benedetto XVI ha ricordato il quinto centenario del-l’inaugurazione dell’affresco di Michelangelo Buonarroti (1475-1564)sulla volta della Cappella Sistina. «Da questo immenso affresco – affer-ma il Papa – è precipitato sulla storia dell’arte italiana ed europea – diràil [critico e storico dell’arte svizzero Heinrich] Wölfflin [1864-1945]nel 1899 con una bella e ormai celebre metafora – qualcosa di parago-nabile a un “violento torrente montano portatore di felicità e al tempostesso di devastazione”: nulla rimase più come prima». Perché «è laluce di Dio quella che illumina questi affreschi e l’intera CappellaPapale. Quella luce che con la sua potenza vince il caos e l’oscurità perdonare vita». «In quell’incontro tra il dito di Dio e quello dell’uomo,noi percepiamo il contatto tra il cielo e la terra».

«La Creazione di Adamo», affresco di Michelangelo Buonarroti, databile al 1511 circa e che fa parte della decorazione della volta della Cappella Sistina, nei Musei Vaticani a Roma

Il dettaglio dell’«incontro tra il dito di Dio e quello dell’uomo» di cui ha parlato Benedetto XVI nel discorso del 31 ottobre 2012

Resta un problema, affrontato dal Pontefice anche nel suo Messaggioalle Pontificie Accademie del 21 novembre 2012. È possibile recupera-re lo spirito delle cattedrali in un’epoca di Rivoluzione e di crisi? Il fattoche il Papa citi anche artisti vissuti nell’epoca moderna come il pittorebielorusso, di religione ebraica, Marc Chagall (1887-1985), se non signi-ficano certamente che intenda esaltarne ogni opera – e ogni idea –,mostrano però come egli sia convinto che un’arte «amica della Chiesa»non sia impossibile neppure oggi. Gli esempi del grande scultore HenriCharlier (1883-1975), tra l’altro legato alla scuola contro-rivoluzionaria,e del servo di Dio Antoni Gaudí (1852-1926), architetto catalano can-didato alla beatificazione, sono una bella conferma di questa tesi.

Veduta del capolavoro architettonico di Antoni Gaudí, la Sagrada Família di Barcellona, il cui nome completo in lingua catalana è Temple Expiatori de la Sagrada Família, Tempio espiatorio della Sacra Famiglia

«Crocifissione bianca», olio su tela del 1938 di Marc Chagall,oggi all’Art Institute di Chicago

«Sacro Cuore in maestà», opera scultorea del 1936 di Henri Charlier

«Gaudí – ha detto il Papa visitando nel 2010 il suo capolavoro, la chie-sa della Sagrada Família a Barcellona – voleva questo trinomio: librodella Natura, libro della Scrittura, libro della Liturgia. E questa sintesiproprio oggi è di grande importanza». Costruendo quella chiesa inoltreGaudí, propriamente, divenne santo. «Dal momento in cui accettò l’in-carico della costruzione di quella chiesa, la sua vita fu segnata da uncambiamento profondo. Intraprese così un’intensa pratica di preghie-ra, digiuno e povertà […]. Si può dire che, mentre Gaudí lavorava allacostruzione del tempio, Dio costruiva in lui l’edificio spirituale». EGaudí corrispondeva alla grazia costruendo un ponte «tra la bellezzadelle cose e Dio come Bellezza».

Ritratto dell’architetto catalano e servo di Dio Antoni Gaudí

Modello in scala della Sagrada Família di Barcellona

Dettaglio dell’ardita architettura della Sagrada Família di Antoni Gaudí

Gaudí, spiega il Papa, «introdusse dentro l’edificio sacro pietre, alberie vita umana, affinché tutta la creazione convergesse nella lode divina,ma, allo stesso tempo, portò fuori i “retabli”, per porre davanti agliuomini il mistero di Dio rivelato nella nascita, passione, morte e resur-rezione di Gesù Cristo». E i tre portici esterni li concepì «come ungrande rosario» con i misteri gaudiosi, dolorosi e gloriosi. Gaudí cosìinsegna, secondo Benedetto XVI, che «la bellezza è la grande necessitàdell’uomo; è la radice dalla quale sorgono il tronco della nostra pace ei frutti della nostra speranza. La bellezza è anche rivelatrice di Dio per-ché, come Lui, l’opera bella è pura gratuità, invita alla libertà e strappadall’egoismo».

Dettaglio della Sagrada Família di Barcellona

Dettaglio della Sagrada Família

Dettaglio della Sagrada Família

La Cattedrale dall’architettura romanica a quella gotica, il retroterra teologico

Cari fratelli e sorelle!

Nelle catechesi delle scorse settimane ho presentato alcuni aspetti della teologia medievale. Ma la fede cri-stiana, profondamente radicata negli uomini e nelle donne di quei secoli, non diede origine soltanto a capola-vori della letteratura teologica, del pensiero e della fede. Essa ispirò anche una delle creazioni artistiche più ele-vate della civiltà universale: le cattedrali, vera gloria del Medioevo cristiano. Infatti, per circa tre secoli, a parti-re dal principio del secolo XI si assistette in Europa a un fervore artistico straordinario. Un antico cronistadescrive così l’entusiasmo e la laboriosità di quel tempo: “Accadde che in tutto il mondo, ma specialmente inItalia e nelle Gallie, si incominciasse a ricostruire le chiese, sebbene molte, per essere ancora in buone condizio-ni, non avessero bisogno di tale restaurazione. Era come una gara tra un popolo e l’altro; si sarebbe creduto cheil mondo, scuotendosi di dosso i vecchi cenci, volesse rivestirsi dappertutto della bianca veste di nuove chiese.Insomma, quasi tutte le chiese cattedrali, un gran numero di chiese monastiche, e perfino oratori di villaggio,furono allora restaurati dai fedeli” (Rodolfo il Glabro, Historiarum 3,4).

Vari fattori contribuirono a questa rinascita dell’architettura religiosa. Anzitutto, condizioni storiche piùfavorevoli, come una maggiore sicurezza politica, accompagnata da un costante aumento della popolazione edal progressivo sviluppo delle città, degli scambi e della ricchezza. Inoltre, gli architetti individuavano soluzio-ni tecniche sempre più elaborate per aumentare le dimensioni degli edifici, assicurandone allo stesso tempo lasaldezza e la maestosità. Fu però principalmente grazie all’ardore e allo zelo spirituale del monachesimo in pienaespansione che vennero innalzate chiese abbaziali, dove la liturgia poteva essere celebrata con dignità e solen-nità, e i fedeli potevano sostare in preghiera, attratti dalla venerazione delle reliquie dei santi, mèta di incessan-ti pellegrinaggi. Nacquero così le chiese e le cattedrali romaniche, caratterizzate dallo sviluppo longitudinale, inlunghezza, delle navate per accogliere numerosi fedeli; chiese molto solide, con muri spessi, volte in pietra elinee semplici ed essenziali. Una novità è rappresentata dall’introduzione delle sculture. Essendo le chiese roma-niche il luogo della preghiera monastica e del culto dei fedeli, gli scultori, più che preoccuparsi della perfezio-ne tecnica, curarono soprattutto la finalità educativa. Poiché bisognava suscitare nelle anime impressioni forti,sentimenti che potessero incitare a fuggire il vizio, il male, e a praticare la virtù, il bene, il tema ricorrente era larappresentazione di Cristo come giudice universale, circondato dai personaggi dell’Apocalisse. Sono in generei portali delle chiese romaniche a offrire questa raffigurazione, per sottolineare che Cristo è la Porta che condu-ce al Cielo. I fedeli, oltrepassando la soglia dell’edificio sacro, entrano in un tempo e in uno spazio differenti daquelli della vita ordinaria. Oltre il portale della chiesa, i credenti in Cristo, sovrano, giusto e misericordioso, nel-l’intenzione degli artisti potevano gustare un anticipo della beatitudine eterna nella celebrazione della liturgia enegli atti di pietà svolti all’interno dell’edificio sacro.

Nel secoli XII e XIII, a partire dal nord della Francia, si diffuse un altro tipo di architettura nella costruzio-ne degli edifici sacri, quella gotica, con due caratteristiche nuove rispetto al romanico, e cioè lo slancio vertica-le e la luminosità. Le cattedrali gotiche mostravano una sintesi di fede e di arte armoniosamente espressa attra-verso il linguaggio universale e affascinante della bellezza, che ancor oggi suscita stupore. Grazie all’introduzio-ne delle volte a sesto acuto, che poggiavano su robusti pilastri, fu possibile innalzarne notevolmente l’altezza.Lo slancio verso l’alto voleva invitare alla preghiera ed era esso stesso una preghiera. La cattedrale gotica inten-deva tradurre così, nelle sue linee architettoniche, l’anelito delle anime verso Dio. Inoltre, con le nuove soluzio-ni tecniche adottate, i muri perimetrali potevano essere traforati e abbelliti da vetrate policrome. In altre paro-le, le finestre diventavano grandi immagini luminose, molto adatte ad istruire il popolo nella fede. In esse – scenaper scena – venivano narrati la vita di un santo, una parabola, o altri eventi biblici. Dalle vetrate dipinte unacascata di luce si riversava sui fedeli per narrare loro la storia della salvezza e coinvolgerli in questa storia.

Un altro pregio delle cattedrali gotiche è costituito dal fatto che alla loro costruzione e alla loro decorazio-ne, in modo differente ma corale, partecipava tutta la comunità cristiana e civile; partecipavano gli umili e ipotenti, gli analfabeti e i dotti, perché in questa casa comune tutti i credenti erano istruiti nella fede. La scultu-ra gotica ha fatto delle cattedrali una “Bibbia di pietra”, rappresentando gli episodi del Vangelo e illustrando icontenuti dell’anno liturgico, dalla Natività alla Glorificazione del Signore. In quei secoli, inoltre, si diffondevasempre di più la percezione dell’umanità del Signore, e i patimenti della sua Passione venivano rappresentati inmodo realistico: il Cristo sofferente (Christus patiens) divenne un’immagine amata da tutti, ed atta a ispirare

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pietà e pentimento per i peccati. Né mancavano i personaggi dell’Antico Testamento, la cui storia divenne in talmodo familiare ai fedeli che frequentavano le cattedrali come parte dell’unica, comune storia di salvezza. Con isuoi volti pieni di bellezza, di dolcezza, di intelligenza, la scultura gotica del secolo XIII rivela una pietà felice eserena, che si compiace di effondere una devozione sentita e filiale verso la Madre di Dio, vista a volte come unagiovane donna, sorridente e materna, e principalmente rappresentata come la sovrana del cielo e della terra,potente e misericordiosa. I fedeli che affollavano le cattedrali gotiche amavano trovarvi anche espressioni arti-stiche che ricordassero i santi, modelli di vita cristiana e intercessori presso Dio. E non mancarono le manife-stazioni “laiche” dell’esistenza; ecco allora apparire, qua e là, rappresentazioni del lavoro dei campi, delle scien-ze e delle arti. Tutto era orientato e offerto a Dio nel luogo in cui si celebrava la liturgia. Possiamo comprende-re meglio il senso che veniva attribuito a una cattedrale gotica, considerando il testo dell’iscrizione incisa sulportale centrale di Saint-Denis, a Parigi: “Passante, che vuoi lodare la bellezza di queste porte, non lasciartiabbagliare né dall’oro, né dalla magnificenza, ma piuttosto dal faticoso lavoro. Qui brilla un’opera famosa, mavoglia il cielo che quest’opera famosa che brilla faccia splendere gli spiriti, affinché con le verità luminose s’in-camminino verso la vera luce, dove il Cristo è la vera porta”.

Cari fratelli e sorelle, mi piace ora sottolineare due elementi dell’arte romanica e gotica utili anche per noi.Il primo: i capolavori artistici nati in Europa nei secoli passati sono incomprensibili se non si tiene conto del-l’anima religiosa che li ha ispirati. Un artista, che ha testimoniato sempre l’incontro tra estetica e fede, MarcChagall, ha scritto che “i pittori per secoli hanno intinto il loro pennello in quell’alfabeto colorato che era laBibbia”. Quando la fede, in modo particolare celebrata nella liturgia, incontra l’arte, si crea una sintonia pro-fonda, perché entrambe possono e vogliono parlare di Dio, rendendo visibile l’Invisibile. Vorrei condividerequesto nell’incontro con gli artisti del 21 novembre, rinnovando ad essi quella proposta di amicizia tra la spiri-tualità cristiana e l’arte, auspicata dai miei venerati Predecessori, in particolare dai Servi di Dio Paolo VI eGiovanni Paolo II. Il secondo elemento: la forza dello stile romanico e lo splendore delle cattedrali gotiche cirammentano che la via pulchritudinis, la via della bellezza, è un percorso privilegiato e affascinante per avvici-narsi al Mistero di Dio. Che cos’è la bellezza, che scrittori, poeti, musicisti, artisti contemplano e traducono nelloro linguaggio, se non il riflesso dello splendore del Verbo eterno fatto carne? Afferma sant’Agostino:“Interroga la bellezza della terra, interroga la bellezza del mare, interroga la bellezza dell’aria diffusa e soffusa.Interroga la bellezza del cielo, interroga l’ordine delle stelle, interroga il sole, che col suo splendore rischiara ilgiorno; interroga la luna, che col suo chiarore modera le tenebre della notte. Interroga le fiere che si muovononell’acqua, che camminano sulla terra, che volano nell’aria: anime che si nascondono, corpi che si mostrano;visibile che si fa guidare, invisibile che guida. Interrogali! Tutti ti risponderanno: Guardaci: siamo belli! La lorobellezza li fa conoscere. Questa bellezza mutevole chi l’ha creata, se non la Bellezza Immutabile?” (SermoCCXLI, 2: PL 38, 1134).

Cari fratelli e sorelle, ci aiuti il Signore a riscoprire la via della bellezza come uno degli itinerari, forse il piùattraente ed affascinante, per giungere ad incontrare ed amare Dio.

[Benedetto XVI, Discorso in occasione dell’udienza generale, 18 novembre 2009, disponibile sul sito Internet della SantaSede vatican.va all’indirizzo abbreviato http://bit.ly/UCoYCj]

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Ricordatevi che siete i custodi della bellezza nel mondo

Signori Cardinali,venerati Fratelli nell’Episcopato e nel Sacerdozio,illustri Artisti,Signore e Signori!

Con grande gioia vi accolgo in questo luogo solenne e ricco di arte e di memorie. Rivolgo a tutti e a ciascunoil mio cordiale saluto, e vi ringrazio per aver accolto il mio invito. Con questo incontro desidero esprimere e rin-novare l’amicizia della Chiesa con il mondo dell’arte, un’amicizia consolidata nel tempo, poiché il Cristianesimo,fin dalle sue origini, ha ben compreso il valore delle arti e ne ha utilizzato sapientemente i multiformi linguaggiper comunicare il suo immutabile messaggio di salvezza. Questa amicizia va continuamente promossa e sostenu-ta, affinché sia autentica e feconda, adeguata ai tempi e tenga conto delle situazioni e dei cambiamenti sociali eculturali. Ecco il motivo di questo nostro appuntamento. Ringrazio di cuore Mons. Gianfranco Ravasi,Presidente del Pontificio Consiglio della Cultura e della Pontificia Commissione per i Beni Culturali della Chiesa,per averlo promosso e preparato, con i suoi collaboratori, come pure per le parole che mi ha poc’anzi rivolto.Saluto i Signori Cardinali, i Vescovi, i Sacerdoti e le distinte Personalità presenti. Ringrazio anche la CappellaMusicale Pontificia Sistina che accompagna questo significativo momento. Protagonisti di questo incontro sietevoi, cari e illustri Artisti, appartenenti a Paesi, culture e religioni diverse, forse anche lontani da esperienze reli-giose, ma desiderosi di mantenere viva una comunicazione con la Chiesa cattolica e di non restringere gli oriz-zonti dell’esistenza alla mera materialità, ad una visione riduttiva e banalizzante. Voi rappresentate il variegatomondo delle arti e, proprio per questo, attraverso di voi vorrei far giungere a tutti gli artisti il mio invito all’ami-cizia, al dialogo, alla collaborazione.

Alcune significative circostanze arricchiscono questo momento. Ricordiamo il decennale della Lettera agliArtisti del mio venerato predecessore, il Servo di Dio Giovanni Paolo II. Per la prima volta, alla vigilia del GrandeGiubileo dell’Anno 2000, questo Pontefice, anch’egli artista, scrisse direttamente agli artisti con la solennità diun documento papale e il tono amichevole di una conversazione tra “quanti – come recita l’indirizzo –, conappassionata dedizione, cercano nuove ‘epifanie’ della bellezza”. Lo stesso Papa, venticinque anni or sono, avevaproclamato patrono degli artisti il Beato Angelico, indicando in lui un modello di perfetta sintonia tra fede e arte.Il mio pensiero va, poi, al 7 maggio del 1964, quarantacinque anni fa, quando, in questo stesso luogo, si realizza-va uno storico evento, fortemente voluto dal Papa Paolo VI per riaffermare l’amicizia tra la Chiesa e le arti. Leparole che ebbe a pronunciare in quella circostanza risuonano ancor oggi sotto la volta di questa Cappella Sistina,toccando il cuore e l’intelletto. “Noi abbiamo bisogno di voi – egli disse –. Il Nostro ministero ha bisogno dellavostra collaborazione. Perché, come sapete, il Nostro ministero è quello di predicare e di rendere accessibile ecomprensibile, anzi commovente, il mondo dello spirito, dell’invisibile, dell’ineffabile, di Dio. E in questa opera-zione… voi siete maestri. È il vostro mestiere, la vostra missione; e la vostra arte è quella di carpire dal cielo dellospirito i suoi tesori e rivestirli di parola, di colori, di forme, di accessibilità” (Insegnamenti II, [1964], 313). Tantaera la stima di Paolo VI per gli artisti, da spingerlo a formulare espressioni davvero ardite: “E se Noi mancassi-mo del vostro ausilio – proseguiva –, il ministero diventerebbe balbettante ed incerto e avrebbe bisogno di fareuno sforzo, diremmo, di diventare esso stesso artistico, anzi di diventare profetico. Per assurgere alla forza diespressione lirica della bellezza intuitiva, avrebbe bisogno di far coincidere il sacerdozio con l’arte” (Ibid., 314).In quella circostanza, Paolo VI assunse l’impegno di “ristabilire l’amicizia tra la Chiesa e gli artisti”, e chiese lorodi farlo proprio e di condividerlo, analizzando con serietà e obiettività i motivi che avevano turbato tale rappor-to e assumendosi ciascuno con coraggio e passione la responsabilità di un rinnovato, approfondito itinerario diconoscenza e di dialogo, in vista di un’autentica “rinascita” dell’arte, nel contesto di un nuovo umanesimo.

Quello storico incontro, come dicevo, avvenne qui, in questo santuario di fede e di creatività umana. Non èdunque casuale il nostro ritrovarci proprio in questo luogo, prezioso per la sua architettura e per le sue simboli-che dimensioni, ma ancora di più per gli affreschi che lo rendono inconfondibile, ad iniziare dai capolavori diPerugino e Botticelli, Ghirlandaio e Cosimo Rosselli, Luca Signorelli ed altri, per giungere alle Storie della Genesie al Giudizio Universale, opere eccelse di Michelangelo Buonarroti, che qui ha lasciato una delle creazioni piùstraordinarie di tutta la storia dell’arte. Qui è anche risuonato spesso il linguaggio universale della musica, grazieal genio di grandi musicisti, che hanno posto la loro arte al servizio della liturgia, aiutando l’anima ad elevarsi aDio. Al tempo stesso, la Cappella Sistina è uno scrigno singolare di memorie, giacché costituisce lo scenario,solenne ed austero, di eventi che segnano la storia della Chiesa e dell’umanità. Qui, come sapete, il Collegio dei

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Cardinali elegge il Papa; qui ho vissuto anch’io, con trepidazione e assoluta fiducia nel Signore, il momento indi-menticabile della mia elezione a Successore dell’apostolo Pietro.

Cari amici, lasciamo che questi affreschi ci parlino oggi, attirandoci verso la méta ultima della storia umana.Il Giudizio Universale, che campeggia alle mie spalle, ricorda che la storia dell’umanità è movimento ed ascen-sione, è inesausta tensione verso la pienezza, verso la felicità ultima, verso un orizzonte che sempre eccede il pre-sente mentre lo attraversa. Nella sua drammaticità, però, questo affresco pone davanti ai nostri occhi anche ilpericolo della caduta definitiva dell’uomo, minaccia che incombe sull’umanità quando si lascia sedurre dalle forzedel male. L’affresco lancia perciò un forte grido profetico contro il male; contro ogni forma di ingiustizia. Ma peri credenti il Cristo risorto è la Via, la Verità e la Vita. Per chi fedelmente lo segue è la Porta che introduce in quel“faccia a faccia”, in quella visione di Dio da cui scaturisce senza più limitazioni la felicità piena e definitiva.Michelangelo offre così alla nostra visione l’Alfa e l’Omega, il Principio e la Fine della storia, e ci invita a percor-rere con gioia, coraggio e speranza l’itinerario della vita. La drammatica bellezza della pittura michelangiolesca,con i suoi colori e le sue forme, si fa dunque annuncio di speranza, invito potente ad elevare lo sguardo versol’orizzonte ultimo. Il legame profondo tra bellezza e speranza costituiva anche il nucleo essenziale del suggestivoMessaggio che Paolo VI indirizzò agli artisti alla chiusura del Concilio Ecumenico Vaticano II, l’8 dicembre 1965:“A voi tutti – egli proclamò solennemente – la Chiesa del Concilio dice con la nostra voce: se voi siete gli amicidella vera arte, voi siete nostri amici!” (Enchiridion Vaticanum, 1, p. 305). Ed aggiunse: “Questo mondo nel qualeviviamo ha bisogno di bellezza per non sprofondare nella disperazione. La bellezza, come la verità, è ciò cheinfonde gioia al cuore degli uomini, è quel frutto prezioso che resiste al logorio del tempo, che unisce le genera-zioni e le fa comunicare nell’ammirazione. E questo grazie alle vostre mani… Ricordatevi che siete i custodi dellabellezza nel mondo” (Ibid.).

Il momento attuale è purtroppo segnato, oltre che da fenomeni negativi a livello sociale ed economico, ancheda un affievolirsi della speranza, da una certa sfiducia nelle relazioni umane, per cui crescono i segni di rassegna-zione, di aggressività, di disperazione. Il mondo in cui viviamo, poi, rischia di cambiare il suo volto a causa del-l’opera non sempre saggia dell’uomo il quale, anziché coltivarne la bellezza, sfrutta senza coscienza le risorse delpianeta a vantaggio di pochi e non di rado ne sfregia le meraviglie naturali. Che cosa può ridare entusiasmo efiducia, che cosa può incoraggiare l’animo umano a ritrovare il cammino, ad alzare lo sguardo sull’orizzonte, asognare una vita degna della sua vocazione se non la bellezza? Voi sapete bene, cari artisti, che l’esperienza delbello, del bello autentico, non effimero né superficiale, non è qualcosa di accessorio o di secondario nella ricer-ca del senso e della felicità, perché tale esperienza non allontana dalla realtà, ma, al contrario, porta ad un con-fronto serrato con il vissuto quotidiano, per liberarlo dall’oscurità e trasfigurarlo, per renderlo luminoso, bello.

Una funzione essenziale della vera bellezza, infatti, già evidenziata da Platone, consiste nel comunicare all’uo-mo una salutare “scossa”, che lo fa uscire da se stesso, lo strappa alla rassegnazione, all’accomodamento del quo-tidiano, lo fa anche soffrire, come un dardo che lo ferisce, ma proprio in questo modo lo “risveglia” aprendoglinuovamente gli occhi del cuore e della mente, mettendogli le ali, sospingendolo verso l’alto. L’espressione diDostoevskij che sto per citare è senz’altro ardita e paradossale, ma invita a riflettere: “L’umanità può vivere – eglidice – senza la scienza, può vivere senza pane, ma soltanto senza la bellezza non potrebbe più vivere, perché nonci sarebbe più nulla da fare al mondo. Tutto il segreto è qui, tutta la storia è qui”. Gli fa eco il pittore GeorgesBraque: “L’arte è fatta per turbare, mentre la scienza rassicura”. La bellezza colpisce, ma proprio così richiamal’uomo al suo destino ultimo, lo rimette in marcia, lo riempie di nuova speranza, gli dona il coraggio di vivere finoin fondo il dono unico dell’esistenza. La ricerca della bellezza di cui parlo, evidentemente, non consiste in alcu-na fuga nell’irrazionale o nel mero estetismo.

Troppo spesso, però, la bellezza che viene propagandata è illusoria e mendace, superficiale e abbagliante finoallo stordimento e, invece di far uscire gli uomini da sé e aprirli ad orizzonti di vera libertà attirandoli verso l’al-to, li imprigiona in se stessi e li rende ancor più schiavi, privi di speranza e di gioia. Si tratta di una seducente maipocrita bellezza, che ridesta la brama, la volontà di potere, di possesso, di sopraffazione sull’altro e che si trasfor-ma, ben presto, nel suo contrario, assumendo i volti dell’oscenità, della trasgressione o della provocazione fine ase stessa. L’autentica bellezza, invece, schiude il cuore umano alla nostalgia, al desiderio profondo di conoscere,di amare, di andare verso l’Altro, verso l’Oltre da sé. Se accettiamo che la bellezza ci tocchi intimamente, ci feri-sca, ci apra gli occhi, allora riscopriamo la gioia della visione, della capacità di cogliere il senso profondo delnostro esistere, il Mistero di cui siamo parte e da cui possiamo attingere la pienezza, la felicità, la passione del-l’impegno quotidiano. Giovanni Paolo II, nella Lettera agli Artisti, cita, a tale proposito, questo verso di un poetapolacco, Cyprian Norwid: “La bellezza è per entusiasmare al lavoro, / il lavoro è per risorgere” (n. 3). E più avan-ti aggiunge: “In quanto ricerca del bello, frutto di un’immaginazione che va al di là del quotidiano, l’arte è, persua natura, una sorta di appello al Mistero. Persino quando scruta le profondità più oscure dell’anima o gli aspet-ti più sconvolgenti del male, l’artista si fa in qualche modo voce dell’universale attesa di redenzione” (n. 10). E

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nella conclusione afferma: “La bellezza è cifra del mistero e richiamo al trascendente” (n. 16).Queste ultime espressioni ci spingono a fare un passo in avanti nella nostra riflessione. La bellezza, da quella

che si manifesta nel cosmo e nella natura a quella che si esprime attraverso le creazioni artistiche, proprio per lasua caratteristica di aprire e allargare gli orizzonti della coscienza umana, di rimandarla oltre se stessa, di affac-ciarla sull’abisso dell’Infinito, può diventare una via verso il Trascendente, verso il Mistero ultimo, verso Dio.L’arte, in tutte le sue espressioni, nel momento in cui si confronta con i grandi interrogativi dell’esistenza, con itemi fondamentali da cui deriva il senso del vivere, può assumere una valenza religiosa e trasformarsi in un per-corso di profonda riflessione interiore e di spiritualità. Questa affinità, questa sintonia tra percorso di fede e iti-nerario artistico, l’attesta un incalcolabile numero di opere d’arte che hanno come protagonisti i personaggi, lestorie, i simboli di quell’immenso deposito di “figure” – in senso lato – che è la Bibbia, la Sacra Scrittura. Le gran-di narrazioni bibliche, i temi, le immagini, le parabole hanno ispirato innumerevoli capolavori in ogni settore dellearti, come pure hanno parlato al cuore di ogni generazione di credenti mediante le opere dell’artigianato e del-l’arte locale, non meno eloquenti e coinvolgenti.

Si parla, in proposito, di una via pulchritudinis, una via della bellezza che costituisce al tempo stesso un per-corso artistico, estetico, e un itinerario di fede, di ricerca teologica. Il teologo Hans Urs von Balthasar apre la suagrande opera intitolata Gloria. Un’estetica teologica con queste suggestive espressioni: “La nostra parola inizialesi chiama bellezza. La bellezza è l’ultima parola che l’intelletto pensante può osare di pronunciare, perché essanon fa altro che incoronare, quale aureola di splendore inafferrabile, il duplice astro del vero e del bene e il loroindissolubile rapporto”. Osserva poi: “Essa è la bellezza disinteressata senza la quale il vecchio mondo era inca-pace di intendersi, ma che ha preso congedo in punta di piedi dal moderno mondo degli interessi, per abbando-narlo alla sua cupidità e alla sua tristezza. Essa è la bellezza che non è più amata e custodita nemmeno dalla reli-gione”. E conclude: “Chi, al suo nome, increspa al sorriso le labbra, giudicandola come il ninnolo esotico di unpassato borghese, di costui si può essere sicuri che – segretamente o apertamente – non è più capace di pregaree, presto, nemmeno di amare”. La via della bellezza ci conduce, dunque, a cogliere il Tutto nel frammento,l’Infinito nel finito, Dio nella storia dell’umanità. Simone Weil scriveva a tal proposito: “In tutto quel che susci-ta in noi il sentimento puro ed autentico del bello, c’è realmente la presenza di Dio. C’è quasi una specie di incar-nazione di Dio nel mondo, di cui la bellezza è il segno. Il bello è la prova sperimentale che l’incarnazione è pos-sibile. Per questo ogni arte di prim’ordine è, per sua essenza, religiosa”. Ancora più icastica l’affermazione diHermann Hesse: “Arte significa: dentro a ogni cosa mostrare Dio”. Facendo eco alle parole del Papa Paolo VI,il Servo di Dio Giovanni Paolo II ha riaffermato il desiderio della Chiesa di rinnovare il dialogo e la collabora-zione con gli artisti: “Per trasmettere il messaggio affidatole da Cristo, la Chiesa ha bisogno dell’arte” (Lettera agliArtisti, n. 12); ma domandava subito dopo: “L’arte ha bisogno della Chiesa?”, sollecitando così gli artisti a ritro-vare nella esperienza religiosa, nella rivelazione cristiana e nel “grande codice” che è la Bibbia una sorgente dirinnovata e motivata ispirazione.

Cari Artisti, avviandomi alla conclusione, vorrei rivolgervi anch’io, come già fece il mio Predecessore, un cor-diale, amichevole ed appassionato appello. Voi siete custodi della bellezza; voi avete, grazie al vostro talento, lapossibilità di parlare al cuore dell’umanità, di toccare la sensibilità individuale e collettiva, di suscitare sogni e spe-ranze, di ampliare gli orizzonti della conoscenza e dell’impegno umano. Siate perciò grati dei doni ricevuti e pie-namente consapevoli della grande responsabilità di comunicare la bellezza, di far comunicare nella bellezza eattraverso la bellezza! Siate anche voi, attraverso la vostra arte, annunciatori e testimoni di speranza per l’umani-tà! E non abbiate paura di confrontarvi con la sorgente prima e ultima della bellezza, di dialogare con i creden-ti, con chi, come voi, si sente pellegrino nel mondo e nella storia verso la Bellezza infinita! La fede non toglie nullaal vostro genio, alla vostra arte, anzi li esalta e li nutre, li incoraggia a varcare la soglia e a contemplare con occhiaffascinati e commossi la méta ultima e definitiva, il sole senza tramonto che illumina e fa bello il presente.

Sant’Agostino, cantore innamorato della bellezza, riflettendo sul destino ultimo dell’uomo e quasi commen-tando ante litteram la scena del Giudizio che avete oggi davanti ai vostri occhi, così scriveva: “Godremo, dunquedi una visione, o fratelli, mai contemplata dagli occhi, mai udita dalle orecchie, mai immaginata dalla fantasia: unavisione che supera tutte le bellezze terrene, quella dell’oro, dell’argento, dei boschi e dei campi, del mare e delcielo, del sole e della luna, delle stelle e degli angeli; la ragione è questa: che essa è la fonte di ogni altra bellezza”(In Ep. Jo. Tr. 4,5: PL 35, 2008). Auguro a tutti voi, cari Artisti, di portare nei vostri occhi, nelle vostre mani, nelvostro cuore questa visione, perché vi dia gioia e ispiri sempre le vostre opere belle. Mentre di cuore vi benedi-co, vi saluto, come già fece Paolo VI, con una sola parola: arrivederci!

[Benedetto XVI, Discorso in occasione dell’incontro con gli artisti alla Cappella Sistina, 21 novembre 2009, disponibilesul sito Internet della Santa Sede vatican.va all’indirizzo abbreviato http://bit.ly/TWOMZJ (titolo redazionale)]

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La bellezza è la grande necessità dell’uomo

Amatissimi fratelli e sorelle nel Signore.

“Questo giorno è consacrato al Signore, vostro Dio; non fate lutto e non piangete… La gioia del Signore è lavostra forza” (Ne 8,9-11). Con queste parole della prima lettura che abbiamo proclamato desidero salutare tuttivoi che siete qui presenti per partecipare a questa celebrazione. Rivolgo un affettuoso saluto alle Loro Maestà iReali di Spagna, che hanno voluto cordialmente unirsi a noi. Il mio grato saluto va al Signor Cardinale LluísMartínez Sistach, Arcivescovo di Barcellona, per le parole di benvenuto e il suo invito per la dedicazione di que-sta chiesa della Sacra Famiglia, meravigliosa sintesi di tecnica, di arte e di fede. Saluto anche il Cardinale RicardoMaría Carles Gordó, Arcivescovo emerito di Barcellona, gli altri Signori Cardinali e Fratelli nell’Episcopato, spe-cialmente il Vescovo ausiliare di questa Chiesa particolare, così come i numerosi sacerdoti, diaconi, seminaristi,religiosi e fedeli che partecipano a questa solenne celebrazione. Nello stesso tempo, rivolgo il mio deferente salu-to alle Autorità Nazionali, Regionali e Locali, così come ai membri di altre comunità cristiane, che si unisconoalla nostra gioia e lode grata a Dio.

Questo giorno è un punto significativo in una lunga storia di aspirazioni, di lavoro e di generosità, che durada più di un secolo. In questi momenti, vorrei ricordare ciascuna delle persone che hanno reso possibile la gioiache oggi pervade tutti noi: dai promotori fino agli esecutori di quest’opera; dagli architetti e muratori della stes-sa, a tutti quelli che hanno offerto, in un modo o nell’altro, il loro insostituibile contributo per rendere possibilela progressiva costruzione di questo edificio. E ricordiamo, soprattutto, colui che fu anima e artefice di questoprogetto: Antoni Gaudí, architetto geniale e cristiano coerente, la cui fiaccola della fede arse fino al termine dellasua vita, vissuta con dignità e austerità assoluta. Quest’evento è anche, in qualche modo, il punto culminante e losbocco di una storia di questa terra catalana che, soprattutto a partire dalla fine del XIX secolo, diede una mol-titudine di santi e di fondatori, di martiri e di poeti cristiani. Storia di santità, di creazioni artistiche e poetiche,nate dalla fede, che oggi raccogliamo e presentiamo come offerta a Dio in questa Eucaristia.

La gioia che provo nel poter presiedere questa celebrazione si è accresciuta quando ho saputo che questo edi-ficio sacro, fin dalle sue origini, è strettamente legato alla figura di san Giuseppe. Mi ha commosso specialmentela sicurezza con la quale Gaudí, di fronte alle innumerevoli difficoltà che dovette affrontare, esclamava pieno difiducia nella divina Provvidenza: “San Giuseppe completerà il tempio”. Per questo ora non è privo di significa-to il fatto che sia un Papa il cui nome di battesimo è Giuseppe a dedicarlo.

Cosa significa dedicare questa chiesa? Nel cuore del mondo, di fronte allo sguardo di Dio e degli uomini, inun umile e gioioso atto di fede, abbiamo innalzato un’immensa mole di materia, frutto della natura e di un incal-colabile sforzo dell’intelligenza umana, costruttrice di quest’opera d’arte. Essa è un segno visibile del Dio invisi-bile, alla cui gloria svettano queste torri, frecce che indicano l’assoluto della luce e di colui che è la Luce, l’Altezzae la Bellezza medesime.

In questo ambiente, Gaudí volle unire l’ispirazione che gli veniva dai tre grandi libri dei quali si nutriva comeuomo, come credente e come architetto: il libro della natura, il libro della Sacra Scrittura e il libro della Liturgia.Così unì la realtà del mondo e la storia della salvezza, come ci è narrata nella Bibbia e resa presente nella Liturgia.Introdusse dentro l’edificio sacro pietre, alberi e vita umana, affinché tutta la creazione convergesse nella lodedivina, ma, allo stesso tempo, portò fuori i “retabli”, per porre davanti agli uomini il mistero di Dio rivelato nellanascita, passione, morte e resurrezione di Gesù Cristo. In questo modo, collaborò in maniera geniale all’edifica-zione di una coscienza umana ancorata nel mondo, aperta a Dio, illuminata e santificata da Cristo. E realizzò ciòche oggi è uno dei compiti più importanti: superare la scissione tra coscienza umana e coscienza cristiana, tra esi-stenza in questo mondo temporale e apertura alla vita eterna, tra la bellezza delle cose e Dio come Bellezza.Antoni Gaudí non realizzò tutto questo con parole, ma con pietre, linee, superfici e vertici. In realtà, la bellezzaè la grande necessità dell’uomo; è la radice dalla quale sorgono il tronco della nostra pace e i frutti della nostrasperanza. La bellezza è anche rivelatrice di Dio perché, come Lui, l’opera bella è pura gratuità, invita alla libertàe strappa dall’egoismo.

Abbiamo dedicato questo spazio sacro a Dio, che si è rivelato e donato a noi in Cristo per essere definitiva-mente Dio con gli uomini. La Parola rivelata, l’umanità di Cristo e la sua Chiesa sono le tre espressioni massimedella sua manifestazione e del suo dono agli uomini. “Ciascuno stia attento a come costruisce. Infatti nessuno puòporre un fondamento diverso da quello che già vi si trova, che è Gesù Cristo” (1 Cor 3, 10-11), dice san Paolonella seconda lettura. Il Signore Gesù è la pietra che sostiene il peso del mondo, che mantiene la coesione dellaChiesa e che raccoglie in ultima unità tutte le conquiste dell’umanità. In Lui abbiamo la Parola e la Presenza di

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Dio, e da Lui la Chiesa riceve la propria vita, la propria dottrina e la propria missione. La Chiesa non ha consi-stenza da se stessa; è chiamata ad essere segno e strumento di Cristo, in pura docilità alla sua autorità e in totaleservizio al suo mandato. L’unico Cristo fonda l’unica Chiesa; Egli è la roccia sulla quale si fonda la nostra fede.Basati su questa fede, cerchiamo insieme di mostrare al mondo il volto di Dio, che è amore ed è l’unico che puòrispondere all’anelito di pienezza dell’uomo. Questo è il grande compito, mostrare a tutti che Dio è Dio di pacee non di violenza, di libertà e non di costrizione, di concordia e non di discordia. In questo senso, credo che ladedicazione di questa chiesa della Sacra Famiglia, in un’epoca nella quale l’uomo pretende di edificare la sua vitaalle spalle di Dio, come se non avesse più niente da dirgli, è un avvenimento di grande significato. Gaudí, con lasua opera, ci mostra che Dio è la vera misura dell’uomo, che il segreto della vera originalità consiste, come eglidiceva, nel tornare all’origine che è Dio. Lui stesso, aprendo in questo modo il suo spirito a Dio, è stato capacedi creare in questa città uno spazio di bellezza, di fede e di speranza, che conduce l’uomo all’incontro con coluiche è la verità e la bellezza stessa. Così l’architetto esprimeva i suoi sentimenti: “Una chiesa [è] l’unica cosa degnadi rappresentare il sentire di un popolo, poiché la religione è la cosa più elevata nell’uomo”.

Quest’affermare Dio porta con sé la suprema affermazione e tutela della dignità di ogni uomo e di tutti gliuomini: “Non sapete che siete tempio di Dio?... Santo è il tempio di Dio, che siete voi” (1 Cor 3, 16-17). Eccoqui unite la verità e la dignità di Dio con la verità e la dignità dell’uomo. Nel consacrare l’altare di questa chiesa,tenendo presente che Cristo è il suo fondamento, noi presentiamo al mondo Dio che è amico degli uomini, e invi-tiamo gli uomini ad essere amici di Dio. Come insegna l’episodio di Zaccheo, di cui parla il Vangelo odierno (cfr.Lc 19,1-10), se l’uomo lascia entrare Dio nella sua vita e nel suo mondo, se lascia che Cristo viva nel suo cuore,non si pentirà, ma anzi sperimenterà la gioia di condividere la sua stessa vita, essendo destinatario del suo amoreinfinito.

L’iniziativa della costruzione di questa chiesa si deve all’Associazione degli Amici di san Giuseppe, che volle-ro dedicarla alla Sacra Famiglia di Nazaret. Da sempre, il focolare formato da Gesù, Maria e Giuseppe è statoconsiderato una scuola di amore, preghiera e lavoro. I patrocinatori di questa chiesa volevano mostrare al mondol’amore, il lavoro e il servizio vissuti davanti a Dio, così come li visse la Sacra Famiglia di Nazaret. Le condizionidi vita sono profondamente cambiate e con esse si è progredito enormemente in ambiti tecnici, sociali e cultura-li. Non possiamo accontentarci di questi progressi. Con essi devono essere sempre presenti i progressi morali,come l’attenzione, la protezione e l’aiuto alla famiglia, poiché l’amore generoso e indissolubile di un uomo e unadonna è il quadro efficace e il fondamento della vita umana nella sua gestazione, nella sua nascita, nella sua cre-scita e nel suo termine naturale. Solo laddove esistono l’amore e la fedeltà, nasce e perdura la vera libertà. Perciò,la Chiesa invoca adeguate misure economiche e sociali affinché la donna possa trovare la sua piena realizzazionein casa e nel lavoro, affinché l’uomo e la donna che si uniscono in matrimonio e formano una famiglia siano deci-samente sostenuti dallo Stato, affinché si difenda come sacra e inviolabile la vita dei figli dal momento del loroconcepimento, affinché la natalità sia stimata, valorizzata e sostenuta sul piano giuridico, sociale e legislativo. Perquesto, la Chiesa si oppone a qualsiasi forma di negazione della vita umana e sostiene ciò che promuove l’ordi-ne naturale nell’ambito dell’istituzione familiare.

Contemplando ammirato questo ambiente santo di incantevole bellezza, con tanta storia di fede, chiedo a Dioche in questa terra catalana si moltiplichino e consolidino nuovi testimoni di santità, che offrano al mondo il gran-de servizio che la Chiesa può e deve prestare all’umanità: essere icona della bellezza divina, fiamma ardente dicarità, canale perché il mondo creda in Colui che Dio ha mandato (cfr. Gv 6,29).

Cari fratelli, nel dedicare questa splendida chiesa, supplico, al tempo stesso, il Signore delle nostre vite che daquesto altare, che ora verrà unto con olio santo e sopra il quale si consumerà il sacrificio d’amore di Cristo, sgor-ghi un fiume continuo di grazia e di carità su questa città di Barcellona e sui suoi abitanti, e sul mondo intero.Che queste acque feconde riempiano di fede e di vitalità apostolica questa Chiesa arcidiocesana, i suoi Pastori efedeli.

Desidero, infine, affidare all’amorosa protezione della Madre di Dio, Maria Santissima, “Rosa di aprile”,“Madre della Mercede”, tutti voi qui presenti e tutti coloro che con parole e opere, con il silenzio o la preghiera,hanno reso possibile questo miracolo architettonico. Che Ella presenti al suo divin Figlio anche le gioie e le sof-ferenze di coloro che giungeranno in futuro in questo luogo sacro, perché, come prega la Liturgia della dedica-zione delle chiese, i poveri possano trovare misericordia, gli oppressi conseguire la vera libertà e tutti gli uominirivestirsi della dignità di figli di Dio. Amen.

[Benedetto XVI, Omelia alla Santa Messa a Barcellona con Dedicazione della chiesa della Sagrada Família e dell’altare, 7novembre 2010, disponibile sul sito Internet della Santa Sede vatican.va all’indirizzo abbreviato http://bit.ly/ZfVsCw (tito-lo redazionale)]

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Arte e preghiera

Cari fratelli e sorelle,

Più volte ho richiamato, in questo periodo, la necessità per ogni cristiano di trovare tempo per Dio, per la pre-ghiera, in mezzo alle tante occupazioni delle nostre giornate. Il Signore stesso ci offre molte occasioni perché ciricordiamo di Lui. Oggi vorrei soffermarmi brevemente su uno di questi canali che possono condurci a Dio edessere anche di aiuto nell’incontro con Lui: è la via delle espressioni artistiche, parte di quella “via pulchritudinis”– “via della bellezza” – di cui ho parlato più volte e che l’uomo d’oggi dovrebbe recuperare nel suo significatopiù profondo.

Forse vi è capitato qualche volta davanti ad una scultura, ad un quadro, ad alcuni versi di una poesia, o ad unbrano musicale, di provare un’intima emozione, un senso di gioia, di percepire, cioè, chiaramente che di frontea voi non c’era soltanto materia, un pezzo di marmo o di bronzo, una tela dipinta, un insieme di lettere o uncumulo di suoni, ma qualcosa di più grande, qualcosa che “parla”, capace di toccare il cuore, di comunicare unmessaggio, di elevare l’animo. Un’opera d’arte è frutto della capacità creativa dell’essere umano, che si interrogadavanti alla realtà visibile, cerca di scoprirne il senso profondo e di comunicarlo attraverso il linguaggio delleforme, dei colori, dei suoni. L’arte è capace di esprimere e rendere visibile il bisogno dell’uomo di andare oltreciò che si vede, manifesta la sete e la ricerca dell’infinito. Anzi, è come una porta aperta verso l’infinito, verso unabellezza e una verità che vanno al di là del quotidiano. E un’opera d’arte può aprire gli occhi della mente e delcuore, sospingendoci verso l’alto.

Ma ci sono espressioni artistiche che sono vere strade verso Dio, la Bellezza suprema, anzi sono un aiuto a cre-scere nel rapporto con Lui, nella preghiera. Si tratta delle opere che nascono dalla fede e che esprimono la fede.Un esempio lo possiamo avere quando visitiamo una cattedrale gotica: siamo rapiti dalle linee verticali che si sta-gliano verso il cielo ed attirano in alto il nostro sguardo e il nostro spirito, mentre, in pari tempo, ci sentiamo pic-coli, eppure desiderosi di pienezza… O quando entriamo in una chiesa romanica: siamo invitati in modo spon-taneo al raccoglimento e alla preghiera. Percepiamo che in questi splendidi edifici è come racchiusa la fede digenerazioni. Oppure, quando ascoltiamo un brano di musica sacra che fa vibrare le corde del nostro cuore, ilnostro animo viene come dilatato ed è aiutato a rivolgersi a Dio. Mi torna in mente un concerto di musiche diJohann Sebastian Bach, a Monaco di Baviera, diretto da Leonard Bernstein. Al termine dell’ultimo brano, unadelle Cantate, sentii, non per ragionamento, ma nel profondo del cuore, che ciò che avevo ascoltato mi aveva tra-smesso verità, verità del sommo compositore, e mi spingeva a ringraziare Dio. Accanto a me c’era il vescovo lute-rano di Monaco e spontaneamente gli dissi: “Sentendo questo si capisce: è vero; è vera la fede così forte, e la bel-lezza che esprime irresistibilmente la presenza della verità di Dio. Ma quante volte quadri o affreschi, frutto dellafede dell’artista, nelle loro forme, nei loro colori, nella loro luce, ci spingono a rivolgere il pensiero a Dio e fannocrescere in noi il desiderio di attingere alla sorgente di ogni bellezza. Rimane profondamente vero quanto ha scrit-to un grande artista, Marc Chagall, che i pittori per secoli hanno intinto il loro pennello in quell’alfabeto colora-to che è la Bibbia. Quante volte allora le espressioni artistiche possono essere occasioni per ricordarci di Dio, peraiutare la nostra preghiera o anche la conversione del cuore! Paul Claudel, famoso poeta, drammaturgo e diplo-matico francese, nella Basilica di Notre Dame a Parigi, nel 1886, proprio ascoltando il canto del Magnificat duran-te la Messa di Natale, avvertì la presenza di Dio. Non era entrato in chiesa per motivi di fede, era entrato proprioper cercare argomenti contro i cristiani, e invece la grazia di Dio operò nel suo cuore.

Cari amici, vi invito a riscoprire l’importanza di questa via anche per la preghiera, per la nostra relazione vivacon Dio. Le città e i paesi in tutto il mondo racchiudono tesori d’arte che esprimono la fede e ci richiamano alrapporto con Dio. La visita ai luoghi d’arte, allora, non sia solo occasione di arricchimento culturale – anche que-sto – ma soprattutto possa diventare un momento di grazia, di stimolo per rafforzare il nostro legame e il nostrodialogo con il Signore, per fermarsi a contemplare – nel passaggio dalla semplice realtà esteriore alla realtà piùprofonda che esprime – il raggio di bellezza che ci colpisce, che quasi ci “ferisce” nell’intimo e ci invita a salireverso Dio. Finisco con una preghiera di un Salmo, il Salmo 27: “Una cosa ho chiesto al Signore, questa sola iocerco: abitare nella casa del Signore tutti i giorni della mia vita, per contemplare la bellezza del Signore e ammi-rare il suo santuario” (v. 4). Speriamo che il Signore ci aiuti a contemplare la sua bellezza, sia nella natura chenelle opere d’arte, così da essere toccati dalla luce del suo volto, perché anche noi possiamo essere luci per ilnostro prossimo. Grazie.

[Benedetto XVI, Discorso in occasione dell’udienza generale, 31 agosto 2011, disponibile sul sito Internet della SantaSede vatican.va all’indirizzo abbreviato http://bit.ly/mToS2k]

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Le opere artistiche trovano nella liturgiail loro ambiente vitale

Venerati Fratelli,cari fratelli e sorelle!

In questa liturgia dei Primi Vespri della solennità di tutti i Santi, noi commemoriamo l’atto con cui, 500 annior sono, il Papa Giulio II inaugurò l’affresco della volta di questa Cappella Sistina. Ringrazio il CardinaleBertello per le parole che mi ha rivolto e saluto cordialmente tutti i presenti.

Perché ricordare tale evento storico-artistico in una celebrazione liturgica? Anzitutto perché la Sistina è, persua natura, un’aula liturgica, è la Cappella magna del Palazzo Apostolico Vaticano. Inoltre, perché le opere arti-stiche che la decorano, in particolare i cicli di affreschi, trovano nella liturgia, per così dire, il loro ambiente vita-le, il contesto in cui esprimono al meglio tutta la loro bellezza, tutta la ricchezza e la pregnanza del loro signifi-cato. È come se, durante l’azione liturgica, tutta questa sinfonia di figure prendesse vita, in senso certamentespirituale, ma inseparabilmente anche estetico, perché la percezione della forma artistica è un atto tipicamenteumano e, come tale, coinvolge i sensi e lo spirito. In poche parole: la Cappella Sistina, contemplata in preghie-ra, è ancora più bella, più autentica; si rivela in tutta la sua ricchezza.

Qui tutto vive, tutto risuona a contatto con la Parola di Dio. Abbiamo ascoltato il passo della Lettera agliEbrei: “Voi vi siete accostati al monte Sion e alla città del Dio vivente, alla Gerusalemme celeste e a miriadi diangeli, all’adunanza festosa…” (12,22-23). L’Autore si rivolge ai cristiani e spiega che per loro si sono realizza-te le promesse dell’Antica Alleanza: una festa di comunione che ha per centro Dio, e Gesù, l’Agnello immola-to e risorto (cfr. vv. 23-24). Tutta questa dinamica di promessa e compimento noi l’abbiamo qui rappresentatanegli affreschi delle pareti lunghe, opera dei grandi pittori umbri e toscani della seconda metà del Quattrocento.E quando il testo biblico prosegue dicendo che noi ci siamo accostati “all’assemblea dei primogeniti iscritti neicieli, al Dio giudice di tutti e agli spiriti dei giusti portati alla perfezione” (v. 23), il nostro sguardo si leva alGiudizio finale michelangiolesco, dove lo sfondo azzurro del cielo, richiamato nel manto della Vergine Maria,dona luce di speranza all’intera visione, assai drammatica. “Christe, redemptor omnium, / conserva tuos famulos,/ beatæ semper Virginis / placatus sanctis precibus” – canta la prima strofa dell’Inno latino di questi Vespri. Edè proprio ciò che noi vediamo: Cristo redentore al centro, coronato dai suoi Santi, e accanto a Lui Maria, in attodi supplice intercessione, quasi a voler mitigare il tremendo giudizio.

Ma stasera la nostra attenzione va principalmente al grande affresco della volta, che Michelangelo, per inca-rico di Giulio II, realizzò in circa quattro anni, dal 1508 al 1512. Il grande artista, già celebre per capolavori discultura, affrontò l’impresa di dipingere più di mille metri quadrati di intonaco, e possiamo immaginare che l’ef-fetto prodotto su chi per la prima volta la vide compiuta dovette essere davvero impressionante. Da questoimmenso affresco è precipitato sulla storia dell’arte italiana ed europea – dirà il Wölfflin nel 1899 con una bellae ormai celebre metafora – qualcosa di paragonabile a un “violento torrente montano portatore di felicità e altempo stesso di devastazione”: nulla rimase più come prima. Giorgio Vasari, in un famoso passaggio delle Vite,scrive in modo molto efficace: “Questa opera è stata ed è veramente la lucerna dell’arte nostra, che ha fatto tantogiovamento e lume all’arte della pittura, che ha bastato a illuminare il mondo”.

Lucerna, lume, illuminare: tre parole del Vasari che non saranno state lontane dal cuore di chi era presentealla Celebrazione dei Vespri di quel 31 ottobre 1512. Ma non si tratta solo di luce che viene dal sapiente uso delcolore ricco di contrasti, o dal movimento che anima il capolavoro michelangiolesco, ma dall’idea che percorrela grande volta: è la luce di Dio quella che illumina questi affreschi e l’intera Cappella Papale. Quella luce checon la sua potenza vince il caos e l’oscurità per donare vita: nella creazione e nella redenzione. E la CappellaSistina narra questa storia di luce, di liberazione, di salvezza, parla del rapporto di Dio con l’umanità. Con lageniale volta di Michelangelo, lo sguardo viene spinto a ripercorrere il messaggio dei Profeti, a cui si aggiungo-no le Sibille pagane in attesa di Cristo, fino al principio di tutto: “In principio Dio creò il cielo e la terra” (Gen1,1). Con un’intensità espressiva unica, il grande artista disegna il Dio Creatore, la sua azione, la sua potenza,per dire con evidenza che il mondo non è prodotto dell’oscurità, del caso, dell’assurdo, ma deriva daun’Intelligenza, da una Libertà, da un supremo atto di Amore. In quell’incontro tra il dito di Dio e quello del-l’uomo, noi percepiamo il contatto tra il cielo e la terra; in Adamo Dio entra in una relazione nuova con la suacreazione, l’uomo è in diretto rapporto con Lui, è chiamato da Lui, è a immagine e somiglianza di Dio.

Vent’anni dopo, nel Giudizio Universale, Michelangelo concluderà la grande parabola del cammino del-

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l’umanità, spingendo lo sguardo al compimento di questa realtà del mondo e dell’uomo, all’incontro definitivocon il Cristo Giudice dei vivi e dei morti.

Pregare stasera in questa Cappella Sistina, avvolti dalla storia del cammino di Dio con l’uomo, mirabilmen-te rappresentata negli affreschi che ci sovrastano e ci circondano, è un invito alla lode, un invito ad elevare alDio creatore, redentore e giudice dei vivi e dei morti, con tutti i Santi del Cielo, le parole del canticodell’Apocalisse: “Amen, alleluia. […] Lodate il nostro Dio, voi tutti suoi servi, voi che lo temete, piccoli e gran-di! […] Alleluia. […] Rallegriamoci ed esultiamo, rendiamo a lui gloria” (19,4a.5.7a). Amen.

[Benedetto XVI, Discorso alla celebrazione dei Primi Vespri in occasione del 500° anniversario dell’inaugurazione dellavolta della Cappella Sistina, 31 ottobre 2012, disponibile sul sito Internet della Santa Sede vatican.va all’indirizzo abbrevia-to http://bit.ly/SwB4h2 (titolo redazionale)]

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Finito di stampare nel mese di gennaio 2013dalla Tipografia Lussografica di Caltanissetta

«L’umanità può vivere senza la scienza, può vivere senza pane, ma soltanto senza la bellezza nonpotrebbe più vivere, perché non ci sarebbe più nulla da fare al mondo. Tutto il segreto è qui, tutta lastoria è qui». Queste parole di Dostoevskij riassumono lo scopo della mostra curata dall’IDIS in collaborazione con la Regione Siciliana sulla via della bellezza che questo opuscolo intende accompagnare: un invito a riscoprire il bello come dimensione fondamentale dell’esperienza umana.Abbiamo assunto come punto di partenza e guida del nostro viaggio il Magistero di Benedetto XVIin tema di bellezza e di arte, di cui alcuni testi fondamentali sono riportati in appendice. Il Papa, cheha un’attenzione speciale al mondo dell’arte, ci ricorda che la vera bellezza apre alla verità e al bene,mentre oggi troppo spesso si diffonde uno strano culto del brutto, oppure è propagandata una falsabellezza «illusoria e mendace, superficiale e abbagliante fino allo stordimento [che], invece di faruscire gli uomini da sé e aprirli ad orizzonti di vera libertà attirandoli verso l’alto, li imprigiona in sestessi e li rende ancor più schiavi, privi di speranza e di gioia». Naturalmente, la chiamata alla bellezzaautentica non è rivolta solo ai cattolici o ai credenti. L’appello alla bellezza è universale, e fa parte diquel nucleo intimo della persona umana che la costituisce come tale. Una lezione che abbiamo voluto tradurre in parole e immagini: perché credenti e non credenti possano meditare sulle diversedimensioni del bello come porte che conducono al buono e al vero, e insegnano a ogni personaumana a realizzarsi pienamente come tale.

Massimo Introvigne, sociologo e storico delle religioni di fama internazionale, segretario dell’APSOR(Associazione Piemontese di Sociologia delle Religioni) e reggente nazionale vicario di Alleanza Cattolica, èautore di sessanta volumi e di oltre cento articoli pubblicati in riviste accademiche internazionali sulla nuovareligiosità, il pluralismo religioso contemporaneo e il magistero pontificio. È fondatore e direttore delCESNUR, il Centro Studi sulle Nuove Religioni. Nel 2011 è stato Rappresentante dell’OSCE (Organizzazioneper la Sicurezza e la Cooperazione in Europa) per la lotta contro il razzismo, la xenofobia e l’intolleranza e ladiscriminazione contro i cristiani e i membri di altre religioni. Dal 2012 è coordinatore dell’Osservatorio dellaLibertà Religiosa promosso dal Ministero degli Esteri italiano e da Roma Capitale.

In copertina: «L’Adorazione dell’Agnello Mistico», pannello centrale del polittico di Gand di Jan van Eyck (c. 1390-1441) e Hubert van Eyck (c. 1366-1426), Cattedrale di San Bavone, Gand (Belgio)