Bellezza e salute

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Bellezza e salute: dagli antichi Romani ai giorni nostri Di: Giulia Corviseri Ardesia Eleonora Gresta & Giorgio Pignataro

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Bellezza e salute: dagli antichi Romani ai giorni nostri

Di: Giulia Corviseri Ardesia

Eleonora Gresta&

Giorgio Pignataro

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• Bellezza e salute in tutte le civiltà hanno avuto sempre un ruolo fondamentale.

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• L’ideale di bellezza è strettamente legato all’epoca, alla cultura, allo sviluppo sociale e alle mode di un popolo, che istituisce inevitabilmente dei modelli.

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• Per esempio, nell’antica Roma la bellezza della donna era rappresentata dalla carnagione bianca e dal corpo giunonico, cioè abbondante; invece la donna dei giorni nostri è magra come un grissino, alta, con la pelle preferibilmente abbronzata.

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• In questo lavoro faremo riferimento soltanto all’antica Roma imperiale ed analizzeremo i diversi aspetti che compongono il binomio ‘’bellezza e salute’’, cioè la cosmesi, l’attività fisica e l’alimentazione.

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• Il significato di cosmesi deriva proprio dal greco “kosmèo’’, che significa “ordinare, abbellire’’.

• Cosmesi assume dunque il significato di tecnica per abbellire e conservare la bellezza del corpo.

• I Romani svilupparono per il corpo un vero e proprio culto, grazie all’influenza dei Greci e degli Etruschi.

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• La vanità non era prerogativa esclusivamente femminile e al culto della bellezza si dedicavano sia uomini sia donne.

• Infatti non deve sorprendere il fatto che gli uomini usavano già allora profumi ed erano soliti depilarsi.

• Per esempio, Giulio Cesare si depilava utilizzando noci bollenti sulla pelle.

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• L’individuo era un’entità unica, dove bellezza, salute e benessere dovevano accompagnarsi al culto dello spirito.

• Tutto ciò che poteva recare benessere fisico, dal bagno, al gioco, alla ginnastica, al massaggio, occupava gran parte della vita quotidiana.

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• Le cure mediche erano un privilegio per pochi. Infatti, soltanto le famiglie più abbienti avevano la possibilità di avere uno schiavo esperto di medicina, generalmente di origine greca;

• in caso contrario, ricorrevano a professionisti i cui costi erano particolarmente elevati.

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• Quindi non tutti erano in grado di pagarsi le cure. Per esempio, gli schiavi venivano abbandonati dai padroni quando erano malati o troppo vecchi.

• Tutto quello che potevano augurarsi i più umili era incontrare un medico che, ricordando il giuramento di Ippocrate, fosse disposto a curarli gratuitamente.

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• Attività e ricerca medica trovarono comunque terreno fertile a Roma, testimonianza ne sono i numerosi trattati, tra i quali ricordiamo il De re medica di Aulo Celso.

• Di seguito riportiamo una ricetta per curare il Condiloma, un piccolo tumore che nasce da una particolare infiammazione:

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• “Desidere ante homo, in aqua debet, in qua verbenae decoctae sunt et reprimentibus. Tumrecte imponitur et lenticula cum exigua mellisparte, et sertula campana ex vino cocta, et rubi folia contrita cum cerato ex rosa facto ; et cumeodem cerato contritum vel cotoneum malumvel malicorii, ex vino cocti pars interior; etchalcitis cocta atque contrita, deinde oesypo ac rosa excepta, et ex ea compositione, quaehabet thuris; aluminis scissilis; cerussae; spumae argenti; quibus, dum teruntur, invicemrosa et vinum instillatur’’.

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• “Deve la persona assidersi in acqua calda, in cui siano cotte verbene di virtù costrettiva. Indi acconciamente vi si pone sopra lenticchia con piccola parte di mele ; e sertola campana cotta in vino; e foglie di rovo peste con cerotto fatto d'olio rosato; e col medesimo cerotto o mela cotogna ammaccata, o la parte dentro della scorza di melagrana cotta in vino; o calciti cotta e trita, e poscia unita a lana sucida nuova ed olio rosato’’.

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• Quest’opera testimonia quale impulso avessero avuto le conoscenze dei Romani nel campo fitoterapico in seguito alla conquista della Gallia e dell’Europa del Nord.

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• Oggi la fitoterapia è la scienza che tratta la cura e la prevenzione delle malattie umane per mezzo delle piante medicinali e dei prodotti fitoterapici.

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• La fitoterapia è una tecnica che veniva usata nei tempi antichi dagli uomini per cercare dei rimedi alle malattie del tempo.

• Si hanno degli accenni a questa tecnica nei geroglifici egiziani e anche nei testi biblici, può infatti essere considerata la più antica applicazione della medicina da parte dell'uomo.

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• Purtroppo questa tecnica non funzionava sempre, poiché poteva anche non avere effetto sulla malattia, o quest'ultima era molto più grave e resistente.

• Si correva inoltre in alcuni rischi poiché non tutto ciò che offre la natura aiuta l'uomo, infatti vi era sempre il rischio di sbagliare ingrediente o di somministrare degli elementi velenosi o letali.

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• Alcuni elementi per esempio, venendo a contatto con alcune medicine possono annullarne l'effetto o amplificarlo fino a causare danni all'interno del proprio corpo;

• altri problemi possono essere causati dall'eccessivo consumo di queste sostanze che possono causare danni a livello strutturale nel nostro corpo.

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• Altre sostanze possono causare allergie o al momento del consumo, possono contenere altre sostanze nocive.

• La fitoterapia può essere considerata al pari della medicina tradizionale poiché alcune medicine prendono degli elementi fitoterapeutici che, uniti ad altre sostanze meno naturali possono creare grandi cure per molte malattie.

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• Nei tempi moderni ha aiutato la medicina con la creazione di varie medicine quali aspirine e una cura per la malaria.

• Gli studiosi cercano di ottenere dalla fitoterapia delle medicine più efficaci rispetto alla formula fitoterapeutica, infatti una volta accertata la efficacia di un principio attivo, si cerca il modo di ottenerla in modo sintetico, rendendola più economica e popolare.

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• Per altre sostanze impossibili da sintetizzare si ricorre all'estrazione dalle piante.

• Alcuni prodotti fitoterapeutici che non vengono utilizzati nella medicina tradizionale sono talvolta visti in modo scettico da molte persone che non ritengono abbiano degli effetti che invece dicono di avere.

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La medicina nell’antica Roma

• Nel mondo romano esisteva il concetto di "salus" e di "valetudo": il primo si riferisce alla salute pubblica (quindi della collettività), il secondo a quella dell'individuo.

• Sapevano bene che la parola "medicamen" (medicamento), al pari di "pharmacon" (farmaco) aveva due significati:

• ciò che cura, ma anche

• veleno, incantesimo o carme magico.

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• Si distinguevano due principali tipi di cura:

• la medicina domestica;

• la medicina magica;

• la medicina religiosa.

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• La medicina domestica era quella praticata dal pater-familias (capofamiglia),che curava tutti coloro che gravitavano intorno alla famiglia (compresi i servi), cosa che è stata portata avanti per parecchi secoli.

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• Catone ci ha tramandato che la medicina domestica si basava essenzialmente sull'uso del cavolo, del vino e sul pronunciamento di filastrocche magiche.

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• La medicina magica differiva da quella domestica per:

• l’impiego della parola, di amuleti, dei gesti;

• uso di filtri e di danze.

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• La medicina religiosa era affidata all’intercessione di principali divinità invocate, che erano:

• Febris, la dea della febbre, numen malefico di cui si cercava di ottenere la benevolenza

• Scabies, divinità che presiedeva alle malattie della pelle

• Salus, la divinità della Salute, personificazione dello stare bene (salute e prosperità), sia come individuo, sia come Res publica.

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• Le guarigioni di tipo “religioso” erano considerate grandi operazioni teurgiche e i beneficiari portavano degli “ex-voto” ai santuari di culto delle varie divinità:

• sculture di occhi se si era ottenuta una guarigione di una patologia oculistica o miglioramenti della vista; di orecchie se la guarigione riguardava questi organi; piedi, braccia, gambe, a seconda della parte risanata.

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• Le tabernae, cioè gli ambulatori, potevano avere annesso un herbarium (erbario) dove il medico preparava pozioni e farmaci con le erbe portate dai rizotomoi (raccoglitori).

• Insieme ai professionisti, vi erano però numerosi ciarlatani, che promettevano improbabili guarigioni.

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• A partire dal IV sec. d.C. venne creata la figura del medico municipale (il medico condotto), per redigere certificati, per l’assistenza ai poveri, e altro.

• Costui poteva esercitare anche privatamente.

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• Creazione di una categoria di Medici militari. In realtà ospedali “di campo” se ne conoscono almeno dal tempo di Augusto, i cosiddetti Valetudinaria.

• Erano dotati di sale operatorie, stanze di degenza, latrine, ambulatori dei medici, la farmacia, probabilmente uno spazio per l’accettazione dei malati, uffici amministrativi, esattamente come ospedali moderni.

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• Vi erano anche donne-medico nel mondo sanitario romano, soprattutto in campo ostetrico. Molte le donne-levatrici.

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• La cura delle ferite si basava sulla: detersione, compressione, cauterizzazione, usando filo o graffette (fibulae), fasciature.

• Se la ferita suppurava si ricorreva all’amputazione.

• Si utilizzavano ventose per togliere pus o sangue; si compivano trapanazioni craniche (Terebrum e Modiolus).

• C’era anche la chirurgia estetica soprattutto per:

• cancellare il marchio (di liberti, cioè schiavi affrancati o dei fuggiaschi);

• correggere deformità congenite al volto.

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• Gli strumenti chirurgici erano numerosi e, nella loro forma essenziale, non si discostano molto da quelli moderni.

• Erano in materiale diverso (ottone, bronzo, ferro, piombo e anche in materiale prezioso).

• Il medico era anche farmacologo: preparava da solo i farmaci, basati sulle erbe ma anche sui minerali.

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• L’uso delle erbe, l’aspetto più significativo della medicina naturale, si colloca nella sfera della magia.

• Uno degli ortaggi più apprezzati dai Romani per la cura delle malattie e anche dei semplici disturbi è il cavolo.

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• Catone ne enumera le molteplici proprietà: condito con aceto e sale, il cavolo aiuta la digestione e mantiene lo stato di salute generale.

• Condito con aceto e miele, ruta, coriandolo e laserpizio, combatte i dolori articolari.

• Arrostito, unto e salato, e mangiato a digiuno, combatte l’insonnia e tutti i mali della vecchiaia.

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• Applicate sulle piaghe, siano esse croniche o recenti, le foglie di cavolo le fanno cicatrizzare. La stessa efficacia ha sulle ulcerazioni il cavolo tritato e misto a miele.

• Chi ha un polipo nel naso può liberarsene nello spazio di tre giorni, secondo Catone, aspirando col naso polvere di cavolo selvatico triturato.

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• Gli antichi chirurgi avevano a disposizione un'ampia gamma di antidolorifici e sedativi, a cominciare dagli estratti del papavero da oppio (morfina), dai semi di giusquiamo (scopolamina), dallo stramonio e dalla radice di mandragora.

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• Queste sostanze, finemente triturate o ridotte in polvere o estratte come tintura, erano inalate oppure ingerite, disciolte in vino, aceto, latte od olio, miele o grasso, oppure sotto forma di pillole, o di infuso e decotto.

• Erano somministrate, singolarmente o mescolate in varia composizione tra loro, secondo dosaggi prestabiliti, al paziente, prima dell'intervento chirurgico, per indurre il sonno, che, almeno nell'auspicio del chirurgo, doveva durare tutto il tempo dell'intervento.

• Celso ne parla diffusamente nel libro V del De Medicina, dedicato alle terapie farmacologiche.

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Cura del corpo nell’antica Roma

• Nell’antichità, la cellulite non è mai stata una preoccupazione femminile, in quanto, come testimoniano le statue di Venere, lo stereotipo della bellezza femminile era una donna se non sovrappeso, di certo prosperosa.

• Infatti, se fosse stata troppo magra, avrebbe dovuto indossare grosse lane e lasciare il mantello sciolto sulle spalle.

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• I Romani impararono a curare il loro aspetto fisico dopo la conquista della Grecia (146 a.C.) e ad utilizzare profumi, cosmetici e unguenti.

• Si pubblicarono addirittura dei manuali di bellezza, come il poemetto ‘’De medicaminefaciei feminae’’ di Ovidio.

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• Esso è un’opera breve e didascalica dedicata ai cosmetici delle donne e alla cura del corpo.

• Nel testo sono elencate numerose ricette: misture di vario genere, con largo uso di oli vegetali, adatte alla cura della pelle e alla produzione di profumi.

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• Così, la donna Romana, dedicava lunghe ore della mattinata alla propria toeletta; sul tavolo c’erano vasi, boccette, flaconcini, specchi, spilloni e pettini.

• Intorno a lei si aggiravano le ancelle, pronte ad eseguire ogni sua disposizione.

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• Per prima cosa, le ancelle toglievano dal viso della matrona la maschera applicata la sera precedente, costituita o da mollica di pane intrisa nel latte, o da un unguento oleoso estratto dalla lana della pecora e fatta bollire.

• Sebbene queste maschere avessero un effetto nutriente e ammorbidente sulla pelle, emanavano un odore sgradevole.

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• In seguito si procedeva alla pulizia dei denti attraverso l’utilizzo di dentifrici composti da cenere dell’osso del tallone di un bue mescolata con mirra oppure da cenere del capo di una lepre con aggiunta di nardo.

• Per rendere la pelle luminosa e fresca, ecco una ricetta indicata da Ovidio:

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• “Prendete due libbre di orzo mondato, aggiungetevi un’uguale quantità di veccia (un legume) e stemperate il tutto in una decina di uova. Quando questi ingredienti saranno stati seccati all’aria, fateli tritare da un’asina sotto una mola ruvida. Grattate corna di cervo, mettendone la dose di una libbra. Quando avrete ridotto il tutto in polvere fine, aggiungetevi dodici cipolle pestate in un mortaio di marmo. Alla fine aggiungere anche due once di gomme e di biada di toscana e miele. Ogni donna che spalmerà il viso con questo cosmetico, lo renderà più liscio e più brillante dello specchio ’’.

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• Le donne Romane, per ottenere una carnagione perfettamente bianca, utilizzavano come fondotinta una crema speciale o la nivea cerussa (bianchetto), una pomata molto pericolosa perché a base di piombo.

• Una sorta di rossetto a base di ocra serviva poi a dare alle gote e alle labbra un po’ di colorito, segno di buona salute.

• Questo era il trucco ideale per le signore “oneste’’.

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• Le cortigiane, invece, utilizzavano in aggiunta matite nere o brune per sottolineare gli occhi e le sopracciglia; polvere di minio oppure succo delle more del gelso o la pericolosa sandracca (solfuro di arsenico) per le labbra e le guance rosse.

• Il tutto era preparato dalle cosmetae, ossia da schiave specializzate.

• Ad esempio, nella scena della Mostellaria di Plauto, una cortigiana è impegnata in una lunga e accurata toilette, assistita e consigliata dalla serva, dove vengono evidenziati tutti i prodotti e gli accessori utilizzati dalle donne per piacere ai loro uomini.

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• In questo periodo venivano utilizzate anche creme depilatorie, a base di olio, pece, resina e sostanze caustiche che servivano a liberarsi dai peli superflui.

• Per esaltare la propria bellezza, le donne dell’antica Roma usavano anche dipingersi dei nei ben distribuiti sul viso e sul corpo.

• Un’altra operazione a cui si sottoponevano le matrone per migliorare l’aspetto estetico era la pettinatura.

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• A tale compito erano preposte tre schiave: la prima pettinava e arricciava con il ferro caldo i capelli; la seconda li profumava con essenze aromatiche ed infine l’ultima riordinava i capelli fissandoli definitivamente, secondo l’acconciatura che si voleva ottenere.

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• Il poeta Ovidio dà dei consigli anche nell’acconciatura che le donne devono adattare in base ai lineamenti del volto:

• “Un viso allungato richiede capelli spartiti sulla fronte, ad un viso tondo si addice di più un nodo leggero sulla parte superiore della testa, così che rimangano scoperte le orecchie’’.

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• Anche le donne romane facevano uso di tinture, che arrivavano dalle più svariate parti dell’impero:

• l’hennè, ad esempio, molto usato nell’epoca imperiale, veniva dall’Egitto ed è ancora oggi utilizzato come tintura naturale per capelli, capace anche di curare forfora e seborrea.

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• A Roma era diffusa anche la moda delle trecce posticce e di parrucche complete; vi erano parrucche bionde fatte con capelli veri che venivano dalla Germania, altre color nero, per le quali la materia prima era importata dall’Oriente.

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• Come si legge nell’opera di Ovidio ‘’Ars Amandi’’, la donna non arrossiva affatto di comprare trecce e parrucche davanti agli occhi di tutti, invece pomate linimenti e belletti, insieme a tutti gli accessori necessari per il trucco della matrona erano gelosamente custoditi in un armadio della camera da letto, affinché non cadessero mai sotto gli occhi del marito gli strumenti di quell’arte che, come dice Ovidio, abbellisce l’aspetto delle donne a patto che rimanga segreta.

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• Oltre ai cosmetici e alle acconciature, un ruolo importante fu svolto anche dalle Terme.

• Si trattava di un centro ricreativo polifunzionale, dove i cittadini romani, terminato il lavoro, si recavano nelle prime ore del pomeriggio per dedicarsi all’otium.

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• Un tipico ciclo iniziava con ginnastica in palestra o attività sportiva in un campo esterno.

• Successivamente ci si recava ai bagni attraverso tre stanze, partendo da quella con l’acqua più tiepida fino a quella con l’acqua più calda.

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• Si entrava nel tepidarium, la stanza più grande e lussuosa delle terme: qui si rimaneva un’ora e ci si ungeva con oli.

• Poi si andava nel calidarium, una stanza più piccola, posta al lato della stanza principale.

• In seguito si andava nel laconicum, la stanza finale più calda e dopo la pulizia del corpo e i massaggi, ci si immergeva in una piscina di acqua fredda, il cosiddetto frigidarium.

• Successivamente, ristorati e profumati, ci si recava nelle altre aree delle terme, dove si poteva leggere o assistere ad attrazioni.

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• Per quanto riguarda l’alimentazione, lo stile alimentare condotto dai Romani, si basava essenzialmente su pane – olio – vino, integrati da formaggi ovini, verdure dell’orto, poca carne e spiccata predilezione per il pesce e i frutti di mare.

• Agli schiavi di Roma, invece, era destinato un cibo povero costituito da pane ed olive e mezza libbra di olio d’oliva al mese, con qualche pesce salato, raramente un po’ di carne.

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• Quindi possiamo dire che le origini della dieta mediterranea risalgono alle abitudini alimentari dell’antica Grecia e dell’impero Romano, civiltà che prediligevano gli alimenti derivati dal mondo agricolo.

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• Oggi scienziati come Umberto Veronesi, ritengono che seguire uno stile alimentare sano, come la dieta mediterranea, sia necessario non solo per mantenersi in linea, ma anche per proteggersi da tumori e malattie cardiovascolari.

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• Infatti la dieta mediterranea è fondamentale per la salute del cuore, perché apporta grassi insaturi che aiutano a tenere sotto controllo il colesterolo nel sangue.

• Le fibre di cui è ricca quest’alimentazione permettono inoltre di ritardare l’assorbimento degli zuccheri, migliorando la salute di chi soffre di diabete.

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• Essa consente anche di ridurre l’obesità, perché sazia apportando meno calorie e meno grassi rispetto ad altri tipi di alimentazione.

• Infine, la frutta e la verdura, contengono sostanze antiossidanti in grado di proteggere dai tumori del colon e del seno.

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• Più recentemente è nata ed oggi è in pieno sviluppo, la nutrigenomica, una nuova disciplina scientifica che si occupa della relazione tra cibo e geni individuali per comprendere come ciascuno di noi reagisce agli alimenti che consuma e come questi influenzano la comparsa di numerose malattie.

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• Si tratta di spiegare perché certi cibi siano dannosi per un individuo e innocui per altri e viceversa.

• Sappiamo che la risposta è nei geni, o meglio nella loro interazione con le sostanze che introduciamo nell’organismo.

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• L’obiettivo di questo studio è quello di arrivare a consigliare una dieta personalizzata per prevenire il tumore, ma anche utilizzare diete arricchite di determinati composti come nuovo approccio terapeutico.

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• Invece oggi qual è l’ideale di bellezza femminile che tutte le donne cercano di raggiungere?

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• Nella società moderna si è affermato un vero e proprio culto del corpo e la bellezza esteriore sembra essere più importante delle qualità morali e intellettive.

• Una vera e propria ossessione, un obiettivo da raggiungere a tutti i costi ricorrendo, se necessario, a lifting, ritocchi vari, fino a veri e propri interventi chirurgici per assottigliare varie parti o aumentarne altre.

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• Oggi una donna è considerata bella se è alta, ha un corpo magro e scolpito dall’attività fisica e se ha una pelle abbronzata.

• Fin da piccole, alle bambine vengono proposte immagini femminili con proporzioni irrealistiche, presentate come canoni di bellezza irraggiungibili, basti pensare alle famose Winx o alla celebre Barbie.

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• Soprattutto in età adolescenziale, le ragazze, a causa dei continui messaggi recepiti tramite la televisione o i social network, pensano che si debba raggiungere quella ‘’perfezione’’ per avere successo sia in amore sia in ambito lavorativo.

• Facendosi problemi in realtà inesistenti sul loro corpo, si sottopongono a diete durissime per sentirsi accettate dalla società.

• Queste, nella maggior parte dei casi, portano all’anoressia e quindi alla morte.

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• Anche gli uomini oggi tendono a curare il loro aspetto, spinti dalle immagini dei media, che propongono l’ideale di un uomo dal corpo scolpito, depilato e accuratamente ordinato, sia nell’abbigliamento sia nell’acconciatura.

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• Mentre nell’antichità l’attività fisica era praticata con lo scopo di far emergere virtù come la costanza, lo spirito di sacrificio, il coraggio, la lealtà, la correttezza e l’altruismo, oggi lo sport viene praticato con lo scopo di ottenere un fisico scultoreo e palestrato, che nasconde una fragilità interiore e una continua insoddisfazione in rapporto al proprio aspetto fisico.

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• Citando un noto filosofo francese, Paul Valéry, potremmo affermare che:

• “Definire il bello è facile: è ciò che fa disperare’’.

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