La valutazione nella progettazione sociale Castaneda Dalla speranza al pragmatismo Due slogan...

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La valutazione nella progettazione sociale QUADERNO B QUADERNO B La valutazione nella progettazione sociale Centro di Servizio per il Volontariato della Provincia di Reggio Emilia Via Gorizia, 49 - RE - tel. 0522 791979 - fax. 0522 302110 [email protected] - www.darvoce.org Questo Quaderno è il frutto di un lavoro complesso e si pone alla conclusione del biennio di progettazione 2007/2008, un percorso che vede coinvolto il Centro, le asso- ciazioni di volontariato e il territorio. La pubblicazione di questo testo è mossa dall’esigenza, di lasciare traccia di quanto in questi anni è stato elaborato e realizzato nel predisporre la strumentazione pratica e analitica sulla Valutazione di un prodotto sociale qual è un progetto sociale. È in corso un dibattito a livello nazionale sul valore aggiunto sociale, cioè sul be- nessere dei cittadini e delle comunità generato dall’impatto dei prodotti sociali. Vi si stanno cimentando diverse scuole di pensiero; non saremo certamente noi a voler dare una risposta in merito alle unità di misura e gli elementi che generano benessere e coesione sociale. Il percorso intrapreso per la costruzione del presente volume vuole soprattutto dare risposta alle indicazioni ricevute dal Consiglio Direttivo del Csv DarVoce che ha vo- luto formare un gruppo di coordinatori di progetto in grado di osservare, durante il percorso progettuale, gli elementi che contraddistinguono i progetti del Centro di Servizio. Persone che potessero compiere con le associazioni e i territori quel percorso che abbiamo voluto chiamare valutazione di mandato perché è riferita al manda- to stesso del Csv: il Centro e le associazioni che hanno preso parte al progetto, sono cresciute in termini quantitativi e qualitativi? Hanno aumentato le loro competenze? Sono state in grado di lavorare in gruppo? Di condividere obiettivi? Quali apprendi- menti nuovi hanno conseguito? È anche però necessario che il Centro, con i suoi coordinatori, sia capace e in grado di guidare le associazioni stesse a prevedere e misurare i risultati che il progetto nello specifico si prefigge. Il patto valutativo che si instaura all’inizio del progetto ha lo scopo di aumentare la competenza di valutazione del gruppo progetto e porre altre domande: quali risultati si attende il progetto? Come intendiamo misurarli? Con quali indicatori? La complessità e la ricchezza di quanto pubblicato tenta anche di restituire, attraver- so le due premesse metodologiche delle consulenti, una tensione tra due diverse attese della valutazione nella progettazione: - da un lato la consapevolezza che la valutazione è una ricostituzione in chiave dia- logica di significati diversi, di diversi punti di osservazione, luoghi di partenza e di arrivo e che quindi non può essere un’attività svolta dall’esterno, ma partecipativa; - d’altro canto è necessario anche tenere a mente che non è mai possibile leggere, e men che meno controllare, le variabili che contribuiscono a far crescere la capacità di una comunità nel prendersi cura di sé. Dobbiamo considerare che il nostro migliore investimento, è quello di dare energia, di valorizzare e rendere visibili le eccellenze e le energie proattive di un contesto. Lucia Piacentini Responsabile area Prodotto Csv DarVoce

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La valutazionenella progettazionesociale

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Centro di Servizio per il Volontariato della Provincia di Reggio EmiliaVia Gorizia, 49 - RE - tel. 0522 791979 - fax. 0522 [email protected] - www.darvoce.org

Questo Quaderno è il frutto di un lavoro complesso e si pone alla conclusione del biennio di progettazione 2007/2008, un percorso che vede coinvolto il Centro, le asso-ciazioni di volontariato e il territorio.

La pubblicazione di questo testo è mossa dall’esigenza, di lasciare traccia di quanto in questi anni è stato elaborato e realizzato nel predisporre la strumentazione pratica e analitica sulla Valutazione di un prodotto sociale qual è un progetto sociale.

È in corso un dibattito a livello nazionale sul valore aggiunto sociale, cioè sul be-nessere dei cittadini e delle comunità generato dall’impatto dei prodotti sociali. Vi si stanno cimentando diverse scuole di pensiero; non saremo certamente noi a voler dare una risposta in merito alle unità di misura e gli elementi che generano benessere e coesione sociale.

Il percorso intrapreso per la costruzione del presente volume vuole soprattutto dare risposta alle indicazioni ricevute dal Consiglio Direttivo del Csv DarVoce che ha vo-luto formare un gruppo di coordinatori di progetto in grado di osservare, durante il percorso progettuale, gli elementi che contraddistinguono i progetti del Centro di Servizio. Persone che potessero compiere con le associazioni e i territori quel percorso che abbiamo voluto chiamare valutazione di mandato perché è riferita al manda-to stesso del Csv: il Centro e le associazioni che hanno preso parte al progetto, sono cresciute in termini quantitativi e qualitativi? Hanno aumentato le loro competenze? Sono state in grado di lavorare in gruppo? Di condividere obiettivi? Quali apprendi-menti nuovi hanno conseguito?

È anche però necessario che il Centro, con i suoi coordinatori, sia capace e in grado di guidare le associazioni stesse a prevedere e misurare i risultati che il progetto nello specifi co si prefi gge. Il patto valutativo che si instaura all’inizio del progetto ha lo scopo di aumentare la competenza di valutazione del gruppo progetto e porre altre domande: quali risultati si attende il progetto? Come intendiamo misurarli? Con quali indicatori?

La complessità e la ricchezza di quanto pubblicato tenta anche di restituire, attraver-so le due premesse metodologiche delle consulenti, una tensione tra due diverse attese della valutazione nella progettazione:

- da un lato la consapevolezza che la valutazione è una ricostituzione in chiave dia-logica di signifi cati diversi, di diversi punti di osservazione, luoghi di partenza e di arrivo e che quindi non può essere un’attività svolta dall’esterno, ma partecipativa;

- d’altro canto è necessario anche tenere a mente che non è mai possibile leggere, e men che meno controllare, le variabili che contribuiscono a far crescere la capacità di una comunità nel prendersi cura di sé. Dobbiamo considerare che il nostro migliore investimento, è quello di dare energia, di valorizzare e rendere visibili le eccellenze e le energie proattive di un contesto.

Lucia PiacentiniResponsabile area Prodotto Csv DarVoce

La valutazionenella progettazionesociale

QUADERNO B

Suppl. a DarVoceInforma Periodico del Volontariato - Anno X - n. 14 - Novembre 2008 - Editore Prop.: Dar Voce - Direttore Resp. Vincenzo CavallarinReg. 974, 12.10.98 - Trib. RE Sp. A.P. art. 2 c. 20/c 2662/96 Fil. RE - T. Rsic. T. percue - Contine I.P. - Stampa: Arti Grafi che De Pietri (RE)

QUADERNO B 1

a cura di C. Mario LanzafameCsv Reggio Emilia

Con la collaborazione di

Lucia Piacentini,Federica Severini,Csv Reggio Emilia

e i contributi diYvonne Bonner, Ausl, Reggio EmiliaMonica Savio, Studio APS, Milano

maggio 2009

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QUADERNO B 3

Premessa

Capitolo 1.Il duplice approccio alla progettazione• La valutazione come elemento dinamizzante del percorso pro-

gettuale a cura di Yvonne Bonner, Ausl, Reggio Emilia• La valutazione dialogica e il percorso di formazione a cura di Monica Savio, Studio Aps, Milano

1. L’ipotesi di valutazione dialogica2. I nodi e gli esiti emersi durante il percorso di formazione 2.1 Il tema della responsabilità 2.2 A cosa serve la valutazione? 2.3 A chi serve la valutazione? 2.4 Il contesto di riferimento 2.5 I mandati del Csv 2.6 Il tempo 2.7 Gli oggetti della valutazione3. Conclusioni

Capitolo 2.Il mandato del Csv e del coordinatore di progetto1. La progettazione sociale: cos’è’ e come la intendiamo2. La riorganizzazione del Csv3. La costruzione di un gruppo stabile di coordinatori4. Le tappe del percorso in sintesi5. Il mandato dei coordinatori di progetto

Capitolo 3.La valutazione di mandato1. La valutazione ex ante a) Schema di valutazione ex ante2. La valutazione in itinere b) Schema di valutazione in itinere • Valutazione a sei mesi • Valutazione a dodici mesi • Valutazione a diciotto mesi3. La valutazione di mandato finale (ex post)

Capitolo 4.Il patto valutativo

Capitolo 5.La valutazione come conoscenza condivisaLa restituzione dei processi progettuali: occasione diricostruzione della conoscenza e strumento di crescitadel volontariato

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L’avventura del Progettare, porta sempre all’incontro con il tema del-la valutazione. Fare progetti con il Volontariato, nelle sue forme istituzionali e non, è un “viaggio avventuroso”.Avventuroso anche perché genera o fa emergere conoscenza, inedita o forse solo sottotraccia.Ma tale conoscenza, per poter emergere, chiarificarsi, rendersi intelle-gibile, almeno nella progettazione sociale, necessita di uno strumento che, oltre a soddisfare esigenze direttamente “gestionali”, quando non addirittura istanze “contabili”(la rendicontazione, ad esempio), per-metta chiarezza, trasparenza, trasversalità, comparabilità.Dal nostro punto di vista, tale strumento è la valutazione.Valutazione però che assume tutta l’avventurosità della Conoscenza, sia quella prevista che quella imprevista, come cifra incancellabile, accettata ed agita.

Che cosa significa per il Csv DarVoce valutare insieme ad altri sog-getti? Perchè valutare i progetti e come farlo? Chi è che valuta?Queste poche domande per il Csv DarVoce prioritarie, alle quali il presente quaderno tenta di dare una risposta.

Ragionare sulla ricaduta della progettazione sull’azione complessi-va del Csv, sul suo impatto sul territorio, sugli altri soggetti e attori sociali, sulla sua incisività, significa restituire alle Odv il senso delle cose che facciamo insieme, del perché un progetto viene supportato piuttosto che un altro, ma anche significa ragionare sui metodi e gli strumenti, sul come e quando avviene la Valutazione.

Premessa

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Lo sviluppo della capacità di fare rete da parte delle Odv, il consoli-damento dei territori e la qualificazione e promozione del Volonta-riato sono i lati della cornice entro cui il progetto opera sempre. Sia esso progetto di rete promosso da più associazioni (sociale o sovra provinciale) o progetto di singole associazioni (di sviluppo). E c’è anche il portato specifico di ogni singolo progetto, il valore ag-giunto da misurare è tanto e non va disperso. La motivazione creata tra i volontari nemmeno.

Valutazione vuol dire perciò, concretamente, poter costruire letture condivise, poliedriche e validate, cioè effettive e con obiettivi coerenti, di quanto realizzato dai progetti. Letture attendibili, cioè documentabili e rielaborabili anche da altri, possibilmente confrontabili e trasferibili, cioè ricostruibili con stru-menti valutativi differenti, ma non per questo in conflitto.

Valutare vuol dire leggere, in modo particolare, in diversi momenti, quanto accade nella “black box” dei progetti. Progetti che possono essere nati in momenti diversi e sotto differenti sollecitazioni.Vuol dire rendere conto, valutarsi in gruppo e soprattutto trovare spunto per il miglioramento in chiave dinamizzante.Infine valutare vuol dire confrontarsi con il tema del tempo, supe-rando le anguste dimensioni lineari entro le quali spesso è inteso (o frainteso) assumendo anche la dialettica tra velocità differenti di soggetti differenti.

Valutare perciò significa non solo rispondere a cosa è stato prodotto, quanto è costato e chi ha partecipato, ma anche a cosa è successo, come è successo, quali modifiche sono intervenute tra un prima a un dopo.

La Valutazione si sviluppa quindi lungo i percorsi di un“work in pro-gress” in cui quello che si crede all’inizio può non essere quello che si raccoglie alla fine. E ciò può non significare un fallimento bensì una risorsa inaspettata per il volontariato impegnato nel gruppo di lavoro del progetto. La Valutazione perciò, almeno nelle intenzioni che animano questo quaderno, è un percorso che introduce, accompagna e completa la progettazione delle Odv, non chiudendo ma aprendo a nuove letture, interpretazioni delle istanze presentate. La Valutazione dei progetti a tappe, in momenti specifici e circoscrit-ti, così come la proponiamo in queste pagine, agevola sicuramente la rendicontazione e crea consapevolezza e competenze di controllo pro-gettuale, nondimeno, ne siamo consapevoli, rimane un sapere dialo-gico parziale di una esperienza in atto, che può generare e favorire ulteriori scambi e passaggi.

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Per il Csv DarVoce valutare è dunque dare energia ai progetti, alle OdV ed ai Territori, rendere conto in un’ottica di trasparenza di ciò che è stato investito, ma soprattutto sviluppare competenze nelle as-sociazioni per il loro miglioramento.

La valutazione è, infine, produrre una conoscenza condivisa che com-porta una negoziazione ampia, restituendo significato alle relazioni agite e in azione. E, in questo senso, valutare significa apprendere dall’esperienza.La valutazione infatti deve aiutare le Odv a leggere il contesto, a ri-costruire senso, a restituire e rinforzare nel volontariato la propria capacità progettuale e di vision.È l’uscita dalle proprie certezze per ricostruire un nuovo significato della realtà che si pensa, traduce, interpreta e si cerca di trasformare. Buon viaggio.

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Capitolo 1.Il duplice approccio alla progettazione

La valutazione come elemento dinamizzantedel percorso progettuale Yvonne Bonner

Ci sono molte cose che un guerriero può fare in undeterminato momento

che anni prima non avrebbe potuto fare. Non perché le cose siano cambiate, ma perché

l’idea che egli ha di sé è cambiata.Carlos Castaneda

Dalla speranza al pragmatismo Due slogan americani hanno puntellato l’immaginario collettivo de-gli ultimi cinquant’anni. Curiosamente, i due slogan sono stati lancia-ti da due uomini di colore, figli della segregazione etnica: “I have a dream...” 1,e “Yes, we can” 2. L’utopia fa spazio al pragmatismo, le spe-ranze all’esperienza, l’io (I have ...) al noi (we can..). I sogni di allora facevano volare; le concretezze odierne giocano da zavorra. Negli anni ’60 il futuro era dietro la porta e sognare era abituale. Oggi, il futuro è scomparso e fioriscono invece le richieste di evidenze e di tutela.

1 Martin Luther King (1963). Il testo integrale è più ricco ed eversivo della versione abbreviata tra-mandata dalla storia: “Ho un sogno che un giorno questa nazione si sollevi e viva pienamente il vero significato del suo credo. Riteniamo questa verità di per se evidente: tutti gli uomini sono stati creati uguali”.2 Barak Obama (2008). “Noi possiamo, è il credo scritto nei documenti dei fondatori... Noi possiamo, è il sospiro degli schiavi e degli abolizionisti...”

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Nelle scienze umane, le metodologie d’intervento evolvono grazie agli stimoli di approfondimenti teorici e pratici, ma non solo, esse mutano anche sotto l’influenza di discorsi liquidi e globalizzati che s’infiltrano nel modo di pensare delle diverse collettività. Scelgo un discorso fra mille per esemplificare questo fenomeno. Qualche giorno fa il Diretto-re Generale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità Dr.ssa Chan ha aperto l’assemblea generale dell’OMS con queste parole:

“Nel corso degli ultimi tre decenni, il mondo è diventato più ricco. Le persone vivono generalmente più a lungo e godono di una vita miglio-re. Ma queste tendenze incoraggianti nascondono una realtà brutale. Oggi, le differenze di reddito, di opportunità e di stato di salute, al-l’interno di ciascun paese e tra paesi, hanno raggiunto livelli finora mai raggiunti nella storia recente. Il nostro mondo è pericolosamente fuori equilibrio... La società umana è sempre stata caratterizzata da ingiustizie... La differenza è che oggi queste ingiustizie ...sono diven-tate micidiali” 3.

Se valutare la realtà odierna per tentare di afferrare le dinamiche vi-tali del pianeta, consiste nell’attribuire senso e significato a ciò che accade con lo scopo di generare conoscenza, allora la valutazione, o diagnosi, della Dr.ssa Chan sullo stato attuale delle nazioni appare de-cisamente infausta. Chan impiega parole dure per tracciare una realtà deficitaria. La sua lettura influenzerà certamente le future analisi del mondo. Le molteplici letture, globali e locali, sfornate con marchio scientifi-co e pessimismo certificato, adombrano il nostro vivere quotidiano. Non soccombere alla tentazione di navigare nel torbido, con la scusa dell’impotenza, non è quindi facile. Vedremo nel prossimo paragrafo come abbiamo tentato di contenere l’incidenza dei discorsi liquidi che spesso riescono ad affogare le energie umane.

Un’altro trend4 del pensiero occidentale odierno, altrettanto dinami-co, riguarda l’universo dei valori; accenniamo alla crescita delle attese di libertà personale da un lato e dall’altro all’aumento delle richieste di ordine pubblico. Ossia, il cittadino contemporaneo esige più libertà nella conduzione della sua vita privata e più controllo nell’organizza-zione della vita sociale. Per comprendere l’emergenza di questi due

3 http://www.who.int/dg/speeches/2009/62nd_assembly_address_20090518/en/index.html (Traduzio-ne e sottolineature dell’autore)4 Trend che si è consolidato intorno agli anni ’70 e si è diffuso nell’ambito educativo. In Italia ad esem-pio compaiono i Programmi Educativi Individualizzati.

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fenomeni, apparentemente antitetici, Pierre Bréchon5 propone di differenziare due processi psicosociali: l’individualizzazione e l’indivi-dualismo. Il primo concetto, l’individualizzazione - espressione della cultura della libera scelta - evidenzia il diritto di ciascun individuo di seguire la propria strada, di orientare le proprie azioni senza subire né controlli né costrizioni6: il diritto all’autonomia. L’individualismo invece risponde al culto del “Ciascuno per sé e Dio per tutti”, all’indif-ferenza (o all’ostilità) verso l’Altro. L’individualizzazione non esclude rapporti di cooperazione e di solidarietà, l’individualismo si. Oggigior-no, osserviamo un potenziamento del fenomeno dell’individualizzazio-ne, non per questo possiamo affermare che la società sia diventata più individualista di ieri7. Le recenti risposte di massa della classe operaia nel settore dell’industria automobilistica ne sono un esempio. È interessante notare che attualmente le rivendicazioni di parità di trattamento tendono a controbilanciare le richieste di libertà indivi-duale. Ciononostante rimangono altrettanto forti le richieste sociali di tutela e di sicurezza. I fenomeni sociali finora descritti sono da tenere sotto occhio, in par-ticolare nell’ambito del volontariato che rimane la principale genitrice di azione solidali nel paese.

Il nostro progetto: valutare per energizzare

“Essere pensosamente presente rispetto al divenire dell’esperienza”. Luigina Mortari in una recente intervista8 riassume in poche parole la filosofia portante del nostro progetto. Conoscenze, precisa Mortari, che hanno la caratteristica di essere basate su un sapere ipotetico, destinato quindi a continue revisioni9.

Le metodologie di lavoro e di ricerca partecipativa possono intensifi-care le relazionali e gli scambi in un gruppo, ma possono altrettanto irrobustire le resistenze e le incomprensioni. Per contenere i rischi di farci trascinare in dinamiche distruttive abbiamo tenuto conto dei due punti di attenzione descritti nel paragrafo precedente - la centralità dei saperi estratti dall’esperienza (l’approccio pragmatico) e l’indivi-

5 Indicazione data da Pierre Bréchon Professore di Scienze Politiche nell’Institut d’Etudes Politi-ques di Grenoble nell’articolo citato nella nota 8.6 Riguarda ad esempio, l’aborto, il testamento biologico, le modalità di convivenza familiare ecc.7 Le ricerche appena concluse in Francia sull’evolversi dei valori nella società francese colgono fra l’altro una domanda in crescita di uguaglianza ed una diminuzione degli atteggiamenti xenofobi. “Comment évoluent les valeurs des Français? », Le Monde, 25.04.2009, p. 16 - 17. 8 In “Guadagnare sapere dall’esperienza”, Animazione Sociale, 3, 2009, p. 39 Mortari L. Apprendere dall’esperienza. Roma, Carocci, 2003,p.10

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duazione della significatività fondante del reale negli approcci singola-ri di ciascun soggetto (l’individualizzazione delle opinioni10) – aggiun-gendo altri quattro criteri metodologici.

Rendere visibili orizzonti mentali e confluenze di saperi. Prima degli incontri di raccolta di idee e proposte dei diversi territori reggiani 11, abbiamo svolto un esercizio con il personale di DarVoce per eviden-ziare le immagini del territorio che ciascun di loro serbava in sé. Il processo ha consentito ai coordinatori di appropriarsi delle proprie idee-guida, pre-esistenti agli incontri, con l’intento di aiutarli poi a decodificare il loro successivo “ascolto”. Sappiamo che quando una persona riesce a monitorare il proprio ap-proccio riflessivo con la consapevolezza del proprio input mentale, ciò accende la sua curiosità per il processo, potenzia la sua volontà di im-parare e acuisce le sue capacità di cogliere le confluenze di idee gene-ratrici di saperi .

Non ridurre il mondo ad un groviglio di problemi. La propensione sul piano metodologico a confondere l’esperienza della sofferenza con il processo di determinazione dei problemi è onnipresente. Tale con-fusione è promossa dall’abitudine di usare nel campo degli interven-ti sociali il termine “bisogno”12, parola che provoca un corto circuito cognitivo. Sul piano metodologico non esiste una connessione lineare tra sofferenza e problema, inoltre il concetto di bisogno porta con sé altri significati ancora (vedi nota 12). L’esperienza della sofferenza è trasmessa grazie alla comunicazione sia corporea, sia verbale. Le traduzioni in codice verbale sono illimitate. Oltre a ciò, la semplice comunicazione dell’esperienza non è sufficiente per trasmutarla in evidenza, manca l’anello essenziale della determinazione del “peso” o della significatività sociale dell’evento. Nella relazione tra soggetto sofferente e il mondo è l’Altro – generalmente un soggetto con potere politico e/o culturale - che determina se la sofferenza (o la mancanza di...) sia espressione di un problema o no13. Esiste una propensione odierna a descrivere le realtà sociali come ter-

10 La fluidità delle idee e delle opinioni delle persone disorienta oggigiorno. Fluidità generata vero-similmente dalla molteplicità delle induzioni ad adattarsi dell’essere umano in un mondo in perenne cambiamento. Chi non ha sognato l’arresto temporaneo delle lancette dell’orologio? 11 Cantieri di Volontariato Quaderno A, DarVoce, novembre 2008 12 Si dice raccogliere i “bisogni” di un territorio dimenticando che i bisogni non sono visibili - per coglierli bisogna interpretarli - e confondendoli con le “domande espresse”. Ad esempio, desiderare avere la televisione risponde a un bisogno, o è espressione di una rivendicazione? 13 Il dibattito attuale sull’immigrazione ne è un esempio. Il quesito posto è: le sofferenze inflitte agli immigrati costituisce un problema per gli italiani o no?

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reni di produzione di disagi e problemi. Anche se, ormai, i ricercatori non decidono più a tavolino, quali siano i mali di un territorio, essi tendono comunque a raccogliere soltanto la lista delle lamentele, de-nominati poi “problemi”. Anche il termine “diagnosi”, adoperato per analizzare una realtà sociale, induce a ridurre drasticamente il campo delle questioni poste. L’idea che la semplice designazione di un pro-blema apra automaticamente la strada all’individuazione di soluzioni è per lo meno soggetta a discussione. Il mondo non è in sé un groviglio di problemi. Caso mai è l’espressione di esperienze che porta ognuno di noi a interrogarci su alcuni aspetti problematici. L’abitudine di stig-matizzare il mondo cogliendo solo la lettura deficitaria dell’esistente ha un effetto deleterio sulle persone, poiché sopprime il loro desiderio di indagare e di capire. Chiude semplicemente la porta della curiosità e del desiderio di fare. Abbiamo quindi focalizzato la nostra ricerca sulla individuazione delle sorgenti di energia e creatività sociale.

Rimpatriare il diritto di fantasticare. Sondare la vision di un gruppo consente di afferrare il suo futuro sognato - che a volte cela un passato rimpianto - e consente di captare resilienze14 ed energie propulsive. Qualunque gruppo vive meglio se ravviva i propri desideri. Il sogno, realtà virtuale, costituisce una proiezione nell’improbabile. Basta vi-vere per scoprire che i desideri che si realizzano - anche i più attesi - non avranno mai la carica emotiva del sogno. Se un sogno si dissol-ve, è vitale costruirne un altro. Non aver sogni immobilizza, ferma il fluire della vita, paralizza. I sogni (come gli incubi) spingono inoltre le persone a formulare delle ipotesi su scenari futuri, e a volte consen-tono a loro di individuare un focus strategico per imbastire relazioni di fiducia con altri. Qualche anno fa, due ricercatori dell’organizzazio-ne hanno evidenziato che sondare le buone pratiche e i sogni di un gruppo mette in moto un processo relazionale emancipatore sostenuto da sei tipologie di libertà15: la libertà di essere riconosciuto e ascolta-to, di sognare con altri, di scegliere di partecipare, di agire essendo supportato e di essere costruttivo. I sogni travalicano le frontiere del pensiero razionale. Come alisei spingono il presente verso un altrove desiderato. I sogni condivisi hanno una marcia in più, sono veri e pro-pri “motori di ricerca”.

14 Il termine resilienza è preso in prestito alla fisica. Un metallo resiliente è un metallo che dopo essere stato piegato o allungato riprende la sua forma originale. In psicologia il termine delinea le capacità di un soggetto di riprendersi dopo un evento traumatico, di recuperare abilità relazionali, di riesumare desideri e progetti, e di ricostruire un’immagine positiva di sé.15 Whitney D. Trosten-Blomm A. The power of Appreciative Inquiry: a practical guide to positive change. San Francisco: Berrett-Koehler. 2003

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16 “Esprimo le mie idee, ho il potere di farti ascoltare e intuisco che posso agire”.

Re-indirizzare i bisogni di controllo in capacità di cogliere l’inatteso. Se l’intento di un gruppo di ricerca/intervento è quello di dinamizza-re un territorio, allora l’uso di uno strumento d’indagine che coglie ed apprezza le potenzialità espresse da una collettività produce di regola delle informazioni percepite come costruttive. Il desiderio di una comunità di esprimere idee, di scambiare pareri e di individuare progetti è in questo modo assicurato. La fluidità del mondo odierno richiede di fatto una pragmatica capacità di costruire ipotesi evolu-tive che consentano poi di cogliere l’imprevisto come opportunità. È necessario re-indirizzare il bisogno di controllo (dei progetti e del loro evolversi) in competenze strategiche di integrazione del nuovo, com-petenze necessarie per sostenere e guidare le potenzialità espresse da una determinata realtà. Monitorare l’implementazione di un progetto non significa controllare gli eventi per escludere l’imprevisto, ma al contrario accoglierli per guidarli e trasformarli in opportunità.

In breve, come dare energia ad un gruppo di lavoro, ad un territorio e “portare a casa” apprendimenti nuovi? Dinamizzare un territorio im-plica oggigiorno l’utilizzo di una metodologia di ricerca/azione che non solo sia partecipativa, ma che sia anche capace di potenziare la libera espressione di idee e produca empowerment16, ovvero un senso di pa-dronanza e di utilità. Sappiamo ormai che le motivazioni a cooperare di una collettività crescono proporzionalmente al grado di coinvolgi-mento delle persone nella costruzione di una vision condivisa, vision che si trasforma progressivamente in bene comune - immateriale è vero - ma generatore di concrete relazioni di solidarietà.

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Il percorso di costruzione valutativa presentato in questo quaderno ben rappresenta l’approccio di imprenditività sociale promosso dal Csv DarVoce di Reggio Emilia, approccio orientato a conferire valore alla tematica della progettazione attraverso la costruzione di percor-si valutativi che mettano in dialogo le istanze sociali rappresentate dai progetti gestiti dalle organizzazioni di volontariato e promossi dal Centro. Tale percorso si collega all’iniziativa formativa attivata nella primavera del 2008 di cui tratterà questo breve resoconto.È il marzo 2008 quando al Csv DarVoce di Reggio Emilia si avvia il per-corso di formazione “La costruzione del processo di valutazione nella gestione dei progetti del Csv di Reggio Emilia”. Lucia Piacentini introduce i lavori ed esplicita il mandato al gruppo di lavoro composto dai coordinatori di progetto e dalla formatrice: “al volontariato va restituito il senso delle cose che facciamo insieme, del perché scegliamo un progetto piuttosto che un altro, ed anche indica-zioni circa i metodi e gli strumenti”. L’invito è di lavorare sul dibattito esistente a livello nazionale circa la ricaduta operativa dei progetti, sulla necessità di produrre un intreccio tra le prospettive progettuali, le dina-miche valutative e l’apporto professionale dei coordinatori di progetto.L’esigenza, più volte discussa in fase di progettazione dell’intervento formativo, è di accompagnare il Csv nella costruzione di una meto-dologia di valutazione che permetta di rappresentare la complessità della progettazione sociale, rendendo conto delle soggettività delle associazioni di volontariato che il Centro rappresenta e del rapporto, sempre difficilmente lineare, tra idee progettuali, le realtà ed i proble-mi territoriali incontrati. Il presente contributo intende descrivere il percorso di formazione condotto con il gruppo di lavoro e gli elementi conoscitivi, i problemi, gli esiti inattesi che tale processo formativo ha generato.Il percorso formativo si è proposto di :1. Approfondire gli aspetti connessi alla diffusione di una cultura ed

una pratica della valutazione vista come supporto alla realizzazio-ne dei servizi, allo sviluppo dell’organizzazione e delle risorse pro-fessionali;

2. Analizzare le problematiche esistenti nella costruzione e nella mes-sa in campo di sistemi e strumenti di valutazione, con particolare attenzione alla costruzione di opportunità orientate al sostegno di processi dialogici tra gli attori coinvolti nel tema valutativo;

3. Approfondire i problemi e le attenzioni necessarie nella costru-zione e gestione dei processi di valutazione relativi ai progetti del Csv di cui sono responsabili i partecipanti alla formazione.

L’assunzione della tematica valutativa si è sviluppata in relazione ad alcune concettualizzazioni elaborate dallo Studio Aps17 a fronte dei

La Valutazione dialogica e il percorso di formazionedei coordinatori di progettoA cura di Monica Savio, Studio APS, Milano

17 Spunti N°7, 2003 a cura di gruppo Aps sulla Valutazione, Studio Aps, Milano.

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numerosi interventi formativi e consulenziali nelle organizzazioni di servizi che, negli ultimi anni, sono sempre più sollecitati alla produzio-ne di azioni valutative.La valutazione è una pratica necessaria nelle organizzazioni lavorative poiché consente di costruire valore rispetto alle azioni lavorative, agli obiettivi che si perseguono, ai progetti ed alle finalità per cui essi sono stati costruiti e messi in campo. A livello sociale le pratiche valutative hanno visto una diffusione sempre più consistente negli ultimi anni, in risposta al bisogno di poter rendere visibile l’esito del lavoro svolto. Nelle organizzazioni che producono servizi questa esigenza presenta aspetti particolari in relazione al contenuto immateriale, sovente poco tangibile dei servizi stessi, rispetto ai quali diventa cruciale poter rap-presentare e rendere visibile l’esperienza dei diversi interlocutori che hanno partecipato alla produzione del servizio: dai tecnici ai clienti. La lettura delle metodiche di valutazione come di prassi orientate a trovare e generare valore permette di orientare e interpretare diver-samente il mandato e l’esperienza valutativa. Valutare in questa acce-zione comporta un’azione di riconoscimento del valore operativo e di servizio, espresso nei comportamenti lavorativi, nel perseguimento di obiettivi, nel contenuto dei progetti. L’ipotesi è che, nello sviluppare sistemi di valutazione ai vari livelli, occorra ribaltare la logica, sovente percepita nei processi valutativi, di sottrazione di valore, personale, del lavoro o dei progetti, costruen-do invece un’attenzione alla produzione di conoscenza rispetto a ciò che viene svolto, a ciò che accade, ed al significato che assume il lavoro per le persone che lo producono e per i clienti a cui è destinato.La valutazione all’interno di una logica conoscitiva è particolarmente rilevante per le organizzazioni che producono servizi, dove il servi-zio si sostanzia e rende visibile attraverso la relazione tra produttori – operatori e clienti , utenti cittadini. In quest’ottica è interessante guardare ai progetti promossi dal Csv di Reggio Emilia come a canovacci di orientamento dell’azione sociale il cui esito non è unicamente valutabile in relazione al raggiungimento degli obiettivi formali dichiarati in fase di stesura progettuale, ma è anche rintracciabile negli accadimenti imprevisti, nelle deviazioni di percorso che non necessariamente comportano uscite di rotta, e che invece possono raccontare aspetti dei fenomeni trattati imprevisti e non prevedibili se non attraverso l’azione e l’interazione dei soggetti sociali che il progetto coinvolge. La valutazione è in tal senso intesa come un processo conoscitivo che deve essere attivato in primo luogo dagli interlocutori coinvolti nel progetto ed il cui esito si configura nella generazione di una conoscen-za “oggettivata” perché resa visibile e costruita con il contributo di tutti .Il ruolo del formatore e consulente è in questo caso di accom-pagnare e sostenere la costruzione di una conoscenza valutativa che permetta di mettere in dialogo i diversi sguardi che portano le perso-ne coinvolte nel progetto, e che consenta di leggere il racconto sociale che i progetti messi in campo hanno generato: un racconto che possa intrecciare nella sua trama anche gli accadimenti imprevisti, e legger-li non come mancanze o deviazioni dal copione progettuale ma come occasioni di conoscenza.

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La valutazione è un’azione imprescindibile dell’attività umana, essa viene continuamente messa in campo per permettere alle persone di mettersi in relazione con la realtà, per attribuire ad essa un senso, una direzione, dei valori. Nella nostra vita quotidiana costantemente operiamo delle valutazioni che ci consentono di orientarci rispetto ai molteplici significati che una situazione può assumere. Questo inten-so lavoro valutativo è tuttavia, nella maggioranza dei casi, di ordine implicito, inconsapevole, emerge soprattutto quando siamo sollecitati dal confronto con le valutazioni altrui laddove esse sono distoniche rispetto alle nostre. È in questi casi che ci si accorge che “le cose” possono essere “viste” in modo diverso a seconda delle persone, dei loro valori di riferimento, della loro cultura personale e professionale, della loro storia, della loro organizzazione di appartenenza.In modo del tutto analogo anche quando lavoriamo, ad esempio nella produzione di servizi e di progetti sociali, formuliamo continuamente valutazioni che permettono di orientare il senso di ciò che si sta fa-cendo, di correggerne la rotta, oppure se questo non è possibile sem-plicemente ci troviamo contrariati per la direzione che un progetto sta prendendo. Anche in queste situazioni, molto frequentemente le nostre valutazioni sono scarsamente dichiarate, talvolta si possono in-tercettare attraverso le azioni che mettiamo in campo, ma raramente esse vengono espresse e diventano un oggetto di dialogo e negoziazio-ne sulla realtà con i nostri colleghi o i nostri clienti.Vi sono diverse ragioni per spiegare questo accadimento. A livello intersoggettivo la valutazione reca con sè un contenuto in-trinsecamente ambivalente: nelle organizzazioni le persone hanno bisogno che ciò che fanno sia valutato per riconoscersi e riconoscere gli altri, per verificare il valore della propria azione lavorativa, per potersi confrontare, per ricevere assicurazioni e conferme. C’è biso-gno di percepire che ciò che si fa suscita l’attenzione dell’altro, perchè questo è un modo per sentirsi riconosciuti come soggetti autonomi e, contemporaneamente parte di un sistema sociale di cui si condividono obiettivi e risultati. Questa dimensione di interdipendenza contiene tuttavia in sè l’inevi-tabile rischio della disconferma, la possibilità di non vedere le situa-zioni o gli oggetti di lavoro nello stesso modo dell’altro, e quindi la possibilità di doversi ingaggiare in un confronto che non sempre può essere fluido. Quando le persone sono molto identificate con i propri oggetti di lavoro, o con i progetti che stanno conducendo, una critica di un collega può essere percepita come una critica a una parte di sè. Mettere in atto dei processi di valutazione, in tal senso, comporta una limitazione alla possibilità delle persone di affermarsi individualmente in modo auto determinato, secondo le proprie inclinazioni e desideri.Vi sono inoltre ragioni storiche e contestuali, legate agli oggetti di lavoro, che possono spiegare la difficoltà a intraprendere prassi va-lutative esplicite ed efficaci nel ri-orientare le azioni operative. È ad esempio molto più semplice valutare la conformità di un oggetto ri-spetto agli standard di prodotto previsti, che valutare la conformità di un intervento sociale rispetto agli obiettivi scritti a tavolino.

1. L’ipotesi di valutazione dialogica

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È così abbastanza frequente che la valutazione nelle organizzazioni lavorative sia affidata a soggetti esterni, “esperti”, in grado oggetti-vamente di decretare il valore di ciò che si produce. La loro funzione in tali casi è chiaramente arbitrale, così come lo sono le tecniche stru-mentali adottate che intendono rendere conto oggettivamente degli accadimenti progettuali o degli esiti di un intervento.

Se questo è un modo per separare la valutazione da sè, esternalizzan-dola, un percorso analogo si trova quando la valutazione assume veste burocratica, laddove si affida la verifica della conformità progettuale unicamente a formulari pre-definiti e a procedure standardizzate; op-pure a metodi scientifici che con formule matematiche e coefficienti statistici rendono incontrovertibilmente conto della realtà. Natural-mente, in queste osservazioni, è d’obbligo sottolineare l’avverbio uni-camente, poichè è chiaro che un’integrazione di statistiche e conformi-tà procedurali può essere di grande aiuto nella valutazione di progetti ed interventi, essa tuttavia non può essere l’unica depositaria della conoscenza che si può generare rispetto alla realtà da valutare.

La valutazione, tuttavia, non rimanda solo alla scelta di metodi e stru-menti, essa in primo luogo richiede di esplicitare l’ipotesi di realtà e di conoscenza sulla quale pensiamo di agire. L’ipotesi proposta è che la realtà non sia oggettiva, in termini conoscitivi non sia dunque data e da leggere, ma piuttosto un campo indeterminato che assume senso e significato attraverso l’intervento umano e la costruzione valoriale che esso vi apporta.

“Non vi è dunque un’oggettività assoluta, e dunque una valutazione assoluta. Vi è una realtà che è frutto di processi più o meno negoziali tra attori sociali e esperienze valutative conseguenti a questi processi. La qualità di questi processi negoziali e valutativi ci riporta, quindi, a come si sviluppano le dinamiche di potere, con le loro dimensioni costruttive e distruttive, e alle esperienze di cooperazione-conflitto, intrinsecamente necessarie alla costruzione della realtà in cui vivia-mo, in cui sono sempre compresenti esigenze ambivalenti di stabilità e di innovazione.

La valutazione viene così a rappresentare un modo di intervenire nel-la realtà. Questo si rende necessario anche per legittimare politiche, governare servizi, tutelare diritti in rapporto alle dinamiche che ca-ratterizzano il contesto sociale. In relazione alle diverse collocazioni istituzionali e organizzative ci si trova così di fronte al tema del diver-so sguardo che si ha sulla realtà, della diversa sollecitazione ed espo-sizione in rapporto a variabili economiche, organizzative, relazionali, e dunque alla necessità di scegliere a cosa prestare attenzione, sele-zionando gli aspetti ritenuti più rappresentativi della realtà stessa. Un problema specifico, che si pone in particolare con la valutazione, è quanto sia difficile per ciascun soggetto sociale “legittimare” pensieri e problemi che siano “altri da sé”, che siano diversi dal “come io vedo”. Per sviluppare un percorso valutativo articolato è necessario collocar-si all’interno di un contesto, questo significa assumere i problemi e le prospettive che sono poste dai diversi livelli e dai diversi attori che lo compongono. Ciò è spesso difficile, in quanto occorre contrastare la tendenza ad estromettere ogni altra prospettiva per aprirsi a conta-minazioni generative.

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18 Cfr F. d’Angella, Per un approccio dialogico alla valutazione, in F. d’Angella, A. Orsenigo (a cura di) La progettazione sociale, Edizioni Gruppo Abele, Torino 2000.19 Prospettive di valutazione, a cura del Gruppo Aps sulla valutazione in Spunti n° 7, Studio Aps, Milano.

Un percorso valutativo è dunque in sé un processo dialogico18 di ri-composizione sociale e organizzativa che opera:1. sulle relazioni che portano “a rappresentare” la realtà; 2. sui significati che si attribuiscono a queste “rappresentazioni” del-

la realtà”.19

I due ambiti appena sopra richiamati, cioè le relazioni che portano a rappresentare la realtà, ed i significati che si attribuiscono a queste rappresentazioni della realtà, sono stati i principali luoghi concettuali di dibattito e di sviluppo di conoscenza durante il percorso formati-vo. Il seminario, infatti, a fronte della presentazione dei presupposti concettuali sopra descritti e delle criticità che comporta l’intrapresa di pratiche valutative nell’ambito dei progetti sociali, si è sviluppato attraverso una progressiva contestualizzazione della tematica valuta-tiva nell’organizzazione Csv DarVoce di Reggio Emilia. La storia di questa organizzazione, caratterizzata in una fase recen-te da una consistente ventata di cambiamento, ha significativamente orientato l’esito del percorso formativo. I coordinatori di progetto, partecipanti alla formazione rappresentavano l’esito di una delle azio-ni di cambiamento intraprese dai vertici organizzativi, finalizzata a sviluppare un maggiore presidio sui progetti finanziati e ad uscire dai confini stretti del ruolo - sino ad allora percorso - di referenti ammi-nistrativi dei progetti. Nel dibattere delle possibilità di costruire un percorso di valutazione per i progetti finanziati da DarVoce, è sta-to inevitabile ragionare anche e contemporaneamente sul ruolo che i coordinatori di progetto possono assumere nella dinamica valutativa e nella relazione stessa con il progetto e le associazioni titolari della messa in atto progettuale.Coerentemente con l’approccio dialogico, la tematica valutativa ha as-sunto la sua contestualizzazione organizzativa e territoriale in relazio-ne all’identità di ruolo dei coordinatori che in quel momento si stava costruendo, e che era inevitabilmente connessa al mandato che il Csv assegnava loro e, in concreto, ai progetti di cui i partecipanti presidia-vano il coordinamento.Tra i fuochi di attenzione sviluppati, che hanno contribuito a generare la riflessione presentata in questo Quaderno, ampia ed articolata in tema valutativo, se ne riportano di seguito alcuni tra i più significativi e forse emblematici nell’indicare la dimensione di costruzione proces-

2. I nodi e gli esiti emersi durante il percorso di formazione

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suale della metodica valutativa che ha avuto luogo, così come il suo inscindibile intreccio con l’organizzazione.

Nel gruppo di lavoro è emersa da subito la domanda: a chi tocca assu-mere la responsabilità della valutazione? Ha senso partire dai soggetti, dai coordinatori di progetto?Qual è la relazione tra il soggetto – tra i vari soggetti – ed il contesto micro e macro di riferimento? Le indicazioni istituzionali sono gene-ricamente di valutazioni oggettive, asettiche, spesso distanziate dagli obiettivi concreti e dalle possibilità di realizzazione dei progetti. Le attese dagli addetti ai lavori sono di una valutazione che non imbrigli in standardizzazioni, che possa produrre riflessioni, che sia anche in grado di far parlare i numeri, le dimensioni più quantitative. Per mettere in relazione queste posizioni, apparentemente distanti, occorre assumere una posizione dialettica nella relazione, potersi im-maginare come soggetti dinamici (come in effetti si è) nella gestione progettuale. Una difficoltà è certamente inscritta nella tensione a ri-spettare le indicazioni formali dei progetti e nell’ascoltare e riflettere su ciò che accade invece nella realtà dei progetti: sostare sulle devia-zioni di rotta per comprendere cosa possono raccontare, individuarle come esiti progettuali e non come errori, azioni non congrue rispetto al previsto. Occorre quindi lavorare sullo scarto che si verifica tra la dimensione della pianificazione e l’incontro con la realtà dei progetti.Può essere in tal senso interessante esplorare l’ipotesi che la valutazio-ne standardizzata e formale sia un’esigenza propria non solo ai livelli ‘alti’, ma anche presente in ognuno di noi come esigenza di controllo della realtà, di sufficiente prevedibilità, garanzia di indirizzi ed orien-tamenti. Le valutazioni formali “fermano” la realtà ad un tempo T, i progetti così come la vita si muovono.L’ipotesi che percorriamo di valutazione come luogo dell’intersoggetti-vità richiede mobilità, è per questo onerosa perché richiede di tenere a bada il desiderio di stabilità e punti fermi. Ha a che vedere con le ipo-tesi che noi abbiamo della realtà: è una dimensione statica e fermabile nel tempo? È una, è come noi la vediamo o come è scritto nel progetto? È tutta conoscibile? Quando abbiamo finito di descrivere ciò che stiamo conoscendo siamo sicuri non sia già mutato lo scenario?Come gioca il concetto di responsabilità della valutazione a fronte delle risposte che possiamo dare a queste domande?

2.1 Il tema della responsabilita’

M. racconta di un progetto che nel suo dispiegarsi evidenzia il fatto di essere stato costruito su presupposti errati, sulla base di dati che in realtà vanno in un’altra direzione. Come si può leggere questo accadi-mento? Se perseguiamo un’idea di valutazione come di coerenza tra ciò che era stato previsto e ciò che accade, possiamo valutare che il proget-to non vada bene, sia anche fallimentare. Se assumiamo la valutazione

2.2 A cosa serve la valutazione?

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La domanda a chi serve la valutazione che ha attraversato i primi due giorni di seminario, è una domanda interessante perché evidenzia il bi-sogno di riflettere contemporaneamente sull’interpretazione del ruolo di coordinatore di progetto, sugli investimenti organizzativi del Csv, sull’ipotesi di progettazione sociale che si desidera promuovere. Questa domanda aiuta ad esempio a “vedere” la necessità di coinvol-gere i coordinatori di progetto in fase di indirizzo e valutazione dei progetti da finanziare, perché questo permette da subito di presidiare il mandato istituzionale dei progetti nonché di appropriarsi delle criti-cità che ogni progetto presenta sin dal suo avvio. Permette inoltre di “intravedere” lo sviluppo di ruolo del coordinatore di progetto che pas-sa dall’essere – come in passato – un segretario/a addetto a questioni pratiche e al controllo burocratico dell’iter progettuale – al diventare un agente centrale che presidia la dinamica progettuale e ne sostiene sviluppo ed indirizzi.

2.3 A chi serve la valutazione?

Il contesto di riferimento è descritto come caratterizzato da livelli ele-vati di complessità. La valutazione è un modo per leggere la comples-sità (attesa) oppure un modo per imparare a stare nella complessità?Il Csv è un’emanazione delle associazioni, ma come organizzazione acquisisce un vita propria. DarVoce è orientata a costruire un rap-porto dialettico con le associazioni, offre una visione di insieme di ciò che accade sul territorio e di ciò che a livello di politica sociale è ne-cessario ed auspicabile. Le associazioni sono invece portatrici della loro visione, soggettiva, del contesto e della missione che assumono nel relazionarsi ad esso. È interessante che questa tensione non sia antagonista ma testimone della complessità e della poliedricità delle prospettive di osservazione ed interazione con il tessuto sociale. I Csv sono descritti come strutture relativamente recenti che negli ultimi anni stanno modificando la loro missione, è presente uno scollamento tra il livello politico ed il livello tecnico che occorre assumere come dato strutturale. La dimensione sociale dei progetti gestititi dal Csv indica inoltre un altro elemento contestuale molto rilevante ai fini progettuali e valu-tativi: gli oggetti di lavoro su cui i progetti insistono presentano una natura complessa, mutevole, non definibile una volta per tutte. I pro-

2.4 Il contesto di riferimento

in un’ottica di ri-calibratura degli sviluppi progettuali diventa invece interessante guardare alle deviazioni dal percorso e non alle uniformità, perché queste deviazioni permettono di aumentare la conoscenza rispet-to al fenomeno in cui progettualmente siamo coinvolti. Questo significa elaborare la percezione di “fallimento” del progetto che non rispetta il percorso previsto, ed appropriarsi degli esiti inattesi e fuori schema provando a capire cosa nascondono, cosa possono mostrare, come pos-sono aumentare la nostra conoscenza rispetto al problema trattato.

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getti sono concepiti come servizi, rivolti al territorio, a gruppi di cit-tadini, al presidio di questioni sociali rilevanti. I prodotti che posso-no derivare da questi progetti sono caratterizzati da intangibilità, da scarsi livelli di prevedibilità, occorre mettersi d’accordo sul valore che essi generano. Diversamente dai prodotti materiali non consentono un lavoro progettuale “pre-ordinato” non si può pensare a “pezzi” che si incastrano così come accade per la realizzazione di un oggetto tangibi-le, analogamente è difficile pensare alla valutazione come alla verifica dell’incastro previsto dei pezzi. Le informazioni che si raccolgono sullo svolgimento di un progetto necessitano di essere messe in relazione: il numero di partecipanti ad un corso di formazione, gli argomenti trat-tati, il numero di ore di docenza erogate devono essere messe in re-lazione con la fruizione che i partecipanti sentono di aver sviluppato del percorso formativo, con la percezione dei docenti, con le attese di apprendimento dei finanziatori.

Il rapporto dialettico che il Centro costruisce con le associazioni che rappresenta richiede che sia mantenuta un’attenzione specifica alla relazione che si sviluppa tra i mandati del Csv espressi nella scelta di finanziamento dei progetti, e le finalità ed i problemi che ogni singolo progetto intende perseguire e trattare. Occorre per questo mettere a fuoco i mandati istituzionali che attraversano i progetti e che assumo-no declinazioni differenti a seconda della realtà progettuale specifica. In termini valutativi lo scarto tra le attese di rimando progettuale che i mandati del Csv indicano, e ciò che accade nei progetti può essere un indicatore prezioso di indirizzo per la politica sociale del Csv. In altri termini i mandati per poter essere realisticamente “incarnati” nella realtà territoriale necessitano di retroazione dai progetti. Non è detto che i mandati e le attese che manifestano incontrino in modo preci-so le possibilità di realizzazione progettuale, questo può significare che esiste una distanza tra ciò che è pensabile e concettualizzabile e le capacità ed opportunità di realizzazione. La messa a fuoco di que-sta distanza diventa un elemento fondamentale per la riformulazione – progressiva e costante – degli orientamenti di politica sociale del Centro.

2.5 I mandati del Csv

L’attenzione posta sulla variabile “tempo” è particolarmente interes-sante poichè evidenzia il legame inscindibile tra progettazione e va-lutazione così come la mancanza che genera un approccio lineare alla conoscenza della realtà. Ci si ferma sovente dopo la fine del progetto ad esplicitare delle valutazioni, ma tutto ciò che del progetto cambia, durante il progetto, è esito di valutazioni inespresse che comportano una ritaratura tra ciò che era previsto e ciò che è accaduto. Il tempo poi diventa “la variabile tra le variabili” quando lo si osserva nelle sue declinazioni soggettive, l’estratto che segue è parte di un documento redatto da alcuni partecipanti durante il percorso formativo:

2.6 Il tempo

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Nell’ambito dei progetti che si propongono di incidere sulla realtà so-ciale, diventa molto importante distinguere tra la valutazione delle azioni previste e messe in campo, e la valutazione dell’incisività che il progetto ha generato sulle problematiche che intendeva trattare. Occorre in tal senso tenere insieme la dimensione formale di valuta-zione (ad es.quali azioni attivate, quanti soggetti coinvolti, quante ore di formazione etc.) con la valutazione dei cambiamenti che si sono resi visibili nei problemi oggetto della progettazione. Tali cambiamenti so-vente sono rintracciabili nella diversa pensabilità dei problemi sociali, frequentemente gli stessi problemi sociali non sono infatti risolvibili ma possono essere conosciuti diversamente, più approfonditamente attraverso la messa in dialogo di più punti di vista, così che essi diven-tino pensabili ed anche sostenibili in modo diverso.Nell’aumentare l’indice di raccontabilità dei problemi sociali, il coor-dinatore svolge un ruolo significativo così disegnato da una parteci-pante:

Odv

Progetto/Oggetti Coordinatore

2.7 Gli oggetti della valutazione

“Esiste un bias culturale che ci spinge ad interpretare il tempo in chia-ve esclusivamente quantitativa (metrica lineare dei tempi). Questa let-tura, se eccessivamente estesa, porta ad un effetto alone che determi-na distorsioni nel rapporto tra coordinatore, Odv e Csv. Nel lavoro di relazione, come nel progettare azioni con le Odv, si deve invece parlare di tempi, su scala non lineare o asintottica. Esiste un tempo degli even-ti (evidenze realizzate dei progetti, iniziative pubbliche, documenti) e dei processi (networking) un tempo intensivo ed un tempo estensivo.Il tempo come variabile nei rapporti con il Csv porta ad una riflessione macro sulla multi dimensionalità dei soggetti del volontariato (coniu-gazione dei loro tempi di vita e di lavoro ed i tempi solo di lavoro del coordinatore...) Va sottolineata la dimensione spontaneistica dei tempi lavoro dei volontari in contrasto con la dimensione strutturata dei tem-pi dei coordinatori...”

Lo spazio colorato diventa lo spazio di relazione che permette la for-mulazione di valutazioni continue di ciò che sta accadendo, il cui presi-dio è in particolare a cura del coordinatore.

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Ex ante(progettazione)

Avvio(start-up)

Cosa vede Odv, quali problemi specificiCosa vede CSv, quali problemi generali (mandato)

Rapporto Odv e Csv modifiche progettuali: messa in dialogo delle visioni sui problemi dal particolare al ge-nerale, ricalibrature

Verifica degli interlocu-tori coinvolti (Odv, Csv, soggetti sociali)

Individuazione specifica dei soggetti coinvolti e delle azioni progettuali collegate: la connessio-ne tra i soggetti diventa un oggetto progettuale, curato in particolare dal coordinatore

Valutazione Area Sociale Area Organizzativa Area Economica

Costruzione dellacoerenza economicadel progetto

Ripartizione e verifi-ca della congruità del-le risorse economiche assegnate in relazione ad azioni e soggetti coinvolti (piano eco-nomico-finanziario del progetto)

Durante il percorso formativo la riformulazione dei problemi che i progetti delle Odv si propongono di trattare è stata un oggetto di ana-lisi importante. È infatti necessario attivare uno spostamento di at-tenzione dall’esame del raggiungimento degli obiettivi, normalmente centrali nei processi valutativi, all’analisi dei problemi che gli obiettivi dichiarati intendono affrontare. Questo stesso tipo di rifocalizzazione sui problemi era peraltro già stata sviluppata dalla direzione del Csv per la selezione dei progetti da destinare a finanziamento, ed ha per questo permesso una maggiore visibilità del mandato assegnato dal Centro ai progetti.

Insieme ai problemi, di volta in volta da definire, concordare e ripre-cisare, vi sono alcuni oggetti di valutazione che ricorrono nei progetti sociali. Posto che tali oggetti sono contestuali alle specificità dei singo-li progetti, essi si possono ascrivere a tre aree che generalmente sono comprese negli impianti progettuali: area sociale, area organizzativa, area economica. L’area sociale contiene chiaramente il tipo di influen-za che il progetto esercita sulla tematica sociale che intende trattare; l’area organizzativa concerne il tipo di organizzazione ideata e presi-diata per il dispiego del progetto (reti temporanee, integrazioni tra reti diverse, attivazioni di nuove reti; relazioni con Csv e coordinato-re; gestione delle risorse umane attivate etc.); l’area economica pone l’attenzione sul tipo di coerenza economica rispettata dal progetto (uso dei fondi assegnati, modalità di distribuzione degli stessi etc.).

Ognuna di queste aree coinvolge interlocutori specifici che hanno me-rito circa gli accadimenti progettuali e diventano dunque soggetti del-la valutazione dialogica.Posto che la dinamica valutativa osserva un andamento processua-le che segue il dispiegarsi del progetto, le fasi canoniche delle prassi valutative (ex ante, in itinere, ex post) individuano degli ambiti valu-tativi specifici per ognuna delle aree di sviluppo del progetto (sociale, organizzativa ed economica), come è ben evidenziato nei capitoli suc-cessivi del Quaderno.

Una schematizzazione, ancorchè provvisoria, può essere la seguente:

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Itinere

Ex post

Follow-up

Le azioni previste e messe in campo sono monitorate in relazione al loro impatto sui problemi individuati, il coordinatore svolge un lavoro di continua connessione tra senso delle azioni e problemi che si intendono trattare. Un indicatore importante diventa il grado di appro-fondimento conoscitivo che si sviluppa rispetto ai problemi in esame. Eventuali riformulazioni dei problemi diventano oggetto di riprogettazione delle ipotesi di intervento e delle azioni connesse.

Attraverso focus group, interviste, questionari calibrati sulla portata del progetto, si ricostrui-sce il senso di ciò che il progetto ha sviluppato (come si sono modificati i problemi in relazione alle azioni, quali scenari sociali sono ora presenti in comparazione all’avvio del progetto; come si pensa di mantenere e proseguire ciò che si è costruito). Odv, coordinatori e Csv sono i soggetti principalmente coinvolti insieme ai gruppi di interesse coinvolti nei progetti.

In un tempo congruo e concordato (es. sei mesi, un anno, due anni) si torna sul progetto coinvolgendo gli interlocutori originari per verificare la capacità del progetto di mantenere i suoi esiti nel tempo. La fase di follow up può essere utilmente intrecciata alle progettazioni future del Csv che devono essere con-nesse ai progetti pregressi.

La costruzione del gruppo di lavoro che presiede allo sviluppo progettuale è un oggetto di progettazione /valutazione che il coordinato-re assume insieme all’Odv (si valuta la congruenza nell’as-segnazione dei diversi ruoli di attuazione progettuale). La rete generalmente prevista dai progetti, viene monito-rata in relazione al presidio conoscitivo che le persone al suo interno riescono a costruire rispetto ai problemi. Si monitorano la tenuta dei collegamenti, il livello di presidio praticato; si esplicita la durata della rete (tempora-nea o di lungo periodo)

Si valuta l’esperienza del gruppo di lavoro, il grado di soddisfazione delle persone al suo interno; le criticità ed il loro senso nel dispiegarsi progettuale.Si valutano i ruoli assunti dai diversi interlocutori coinvolti nel progetto, la loro possibili-tà di proseguire nel tempo.Si verifica la possibilità per la rete messa in campo, di pas-sare da progetto a ‘sistema’, si individuano le eventuali azioni di sostegno, il collega-mento con la progettualità futura.

Si verifica cosa è restato e come si è modificata l’orga-nizzazione originaria, quanto il progetto ha potuto diventa-re sistema nella realtà sociale considerata

Valutazione Area Sociale Area Organizzativa Area Economica

Monitoraggio nell’utilizzo delle risorse, ricalibra-ture, gestione del tempo (general-mente scarso) nella distribuzione tra le azioni progettuali

Analisi dell’utilizzodelle risorse econo-miche in relazione al piano previsto, verifica degli scosta-menti in relazionealle modifiche addi-venute durante lo svolgersi progettua-le. Si mette in rela-zione il costo delle azioni con i loro esiti progettuali (possibile costru-zione di un indice ponderato dell’im-patto del progetto in relazione ai suoi costi economici)

Si valuta se il progetto originario è stato in grado di attivare risorse autonome per il suo proseguimento/messa a sistema.

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Lo scenario di questo impianto valutativo, che necessita di essere con-testualizzato sui progetti specifici, vede come cardine essenziale il coor-dinatore che svolge una funzione di tramite (anche di traduzione) tra Odv e Csv, identifica altresì un impegno non unicamente amministra-tivo da parte del Csv nell’orientare il significato dei progetti e del loro possibile impatto sulla realtà sociale di riferimento.

Riassumendo, dunque, il percorso formativo ha consentito 1) di svi-luppare una maggiore consapevolezza circa il ruolo del coordinatore all’interno del Csv e nelle sue relazioni con le organizzazioni titolari di progetto; 2) ha accompagnato una prima costruzione delle linee guida del Csv per la valutazione dei progetti nelle loro diverse fasi; 3) ha comportato la tenuta di un collegamento costante con la direzione del Csv (consentito anche dalla presenza nel gruppo di formazione della responsabile dei coordinatori) affinchè gli accadimenti del setting for-mativo non fossero disgiunti dall’impianto organizzativo del Centro. Nell’economia del tempo formativo disponibile, il ruolo del coordina-tore di progetto ha assunto maggiori risorse sia perché lo stesso ruolo era in quel momento in fase di costruzione e messa a fuoco all’interno del Csv, sia per la centralità che il coordinatore stesso è chiamato ad assumere nel processo valutativo, centralità e responsabilità che si sono via via rese sempre più visibili e che non sono state uniforme-mente condivise da tutti i coordinatori. L’intensità del dibattito che si è generato ha certamente impegnato coordinatori e Csv anche e soprattutto al di fuori dell’ambito formativo, producendo contempo-raneamente delle ricalibrature negoziate del rapporto tra Csv e coor-dinatori e, indirettamente tra coordinatori e Odv. Vi è poi un ulteriore ambito di riflessione che ha caratterizzato la for-mazione che concerne la possibilità di integrare valutazioni qualitati-ve e quantitative, insieme all’esigenza, che a tratti è emersa in modo molto intenso, di poter costruire esiti valutativi oggettivi, laddove la proposta era invece di costruire oggettivazioni sufficientemente con-divise della realtà progettuale. Anche dalla lettura di ciò che è sta-to scritto in questo quaderno, mi sembra questo dibattito sia ancora aperto.Certamente la proposta metodologica della valutazione dialogica sol-lecita molto le organizzazioni e le persone al loro interno. Il lavoro valutativo che ne deriva è impegnativo e non standardizzabile, ri-chiede un investimento costante e l’assunzione di responsabilità che devono poter essere riconosciute nel ruolo del coordinatore, in modo che diventi sostenibile il lavoro di collegamento e ricomposizione che è chiamato a svolgere.

3. Conclusioni

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Per il Csv DarVoce fare progettazione vuol dire permettere alla Odv di lavorare al di fuori della propria attività ordinaria: o per imple-mentare azioni inedite (progettazione di sviluppo) o per raggiungere complessi obbiettivi sociali e territoriali (progettazione sociale e sovra provinciale) di rete.La progettazione di rete, per il Csv di Reggio Emilia, è: territorial-mente dislocata (locale, distrettuale, provinciale, sovraprovinciale); promuovere il cambiamento nelle Odv promotrici, nel territorio, nella società, nelle relazioni con altri attori sociali; co-progettata con DarVo-ce, condividendone le fasi di redazione del progetto e le modalità della valutazione; co-gestita con DarVoce, attraverso il supporto di un coor-dinatore, con fondi gestiti dal centro, condividendo decisioni e azioni.Caratteristica della progettazione di sviluppo, invece, è quella di favo-rire un cambiamento organizzativo interno o una innovazione rispetto alla ordinaria attività dell’associazioneCaratteristiche della progettazione di rete è quella di essere promossa da una rete di Odv (almeno 3) con preferente coinvolgimento di sogget-ti istituzionali e altri soggetti del Terzo settore o Enti del territorio.Prevede ovviamente un differente livello di complessità rispetto alla progettazione di sviluppoI progetti di rete sono finalizzati alla crescita della capacità di inter-vento delle Odv in risposta alle esigenze sociali presenti nel territorio di riferimento e possono anche prevedere non solo il consolidamento della rete proponente o la creazione di una nuova rete che, in modo chiaro ed evidente, deve prefigurarsi una prospettiva progettuale (in questo caso l’attività si configurerà come servizio di accompagnamento progettuale/tematica da parte del Csv).

Capitolo 2.Il mandato del Csv e del coordinatoredi progetto

1. La progettazione : cos’e’ e come la intendiamo

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Successivamente alla selezione del gruppo dei coordinatori, il Csv ha sviluppato un percorso formativo, a partire da luglio 2007, che ha sedi-mentato nel gruppo stesso coesione e senso d’appartenenza- pur man-tenendo le autonomie professionali di ciascuno.L’idea di fondo era di costruire una figura professionale che non fosse semplice “esecutore/verificatore” delle istanze del Csv o “segretario” delle decisioni delle Odv impegnate nelle azioni progettuali, ma di co-stante accompagnamento delle varie fasi della progettazione sociale del Csv e delle varie fasi di verifica, monitoraggio e, ovviamente, va-lutazione. In questo cammino il gruppo dei coordinatori di progetto ha “costrui-to” competenze sul campo nelle specifiche abilità richieste dal Csv. L’ascolto delle diverse esperienze di provenienza e la valorizzazione delle diverse competenze ha consentito lo sviluppo di fiducia nei con-fronti del Csv, tra i coordinatori e in particolare verso l’area Proget-tazione.I coordinatori sono diventati via via figure interne, impegnate non più in attività di segretariato, controllo o advocacy delle Odv, ma in atti-vità di progettazione e partecipazione al processo gestionale dell’area “prodotto”, per contribuire, attraverso la condivisione delle principali istanze dei progetti, a costruire innovazione e qualità su tutto i prodot-ti del Csv.

3. La costruzione di un gruppo stabile di coordinatori

20 Cfr. Bilancio Sociale Csv DarVoce 2007 pag. 33 ss.

In questi due anni il Csv ha avviato una massiccia riorganizzazione interna: nel corso del 2007 è stata infatti avviata la revisione dell’or-ganigramma volta a definire con maggiore precisione i diversi ruoli e responsabilità, potenziare il presidio di alcuni aspetti gestionali, e ridi-segnare l’articolazione della direzione20.Tra i mandati della riorganizzazione, infatti, vi era quello di costruire e rafforzare un gruppo stabile e fidelizzato di coordinatori di progetto con il ruolo chiave di snodo tra le Odv e il Csv. La selezione dei coordinatori per questo gruppo, è avvenuta nei primi mesi del 2007.

2. La riorganizzazione del Csv

QUADERNO B 31

marzo-maggio2007

luglio 2007

febbraio 2008 /giugno 2008

estate/autunno 2008

estate/autunno 2008

autunno/inverno2008-2009

1

2

3

4

5

6

4. Le tappe del percorso in sintesi

È stato effettuato un censimento delle competenze di ingresso che ha portato alla selezione/reclutamento di un gruppo di progettisti carat-terizzato dalle “diversità” di approccio alla progettazione.

Durante il percorso individuato tramite il mandato del Consiglio di-rettivo sono stati organizzati momenti di “ascolto” per verificare se il “ruolo” del Coordinatore era congruente con le attività da svolgere.

Durante l’itinerario formativo con il supporto di Studio Aps 21, il grup-po ha potuto:• condividere le rispettive esperienze e concezioni pregresse relative

alla progettazione, sia quella burocratica/esecutiva che quella parte-cipativa/dialogica;

• costruire un approccio condiviso basato sulla valutazione dialogica;• interrogarsi sugli elementi principali da osservare in fase di valutazione;• rendere esplicito il conflitto latente cui è sottoposto il coordinatore

tra mandato Csv e obbiettivi Odv;• costruire un leggero schema orientativo per la valutazione dei pro-

getti. È stato inoltre sperimentato l’apprendimento del metodo di valuta-zione Aps tramite sperimentazione del modello e il conferimento del-l’incarico di riassumere in un quaderno sulla valutazione il percorso a due coordinatori.

Nell’estate 2008, da giugno, è stata avviata la campagna di “Parlami, cantieri del volontariato”- con l’apporto anche dei coordinatori- in vista dell’elaborazione del piano strategico triennale 2009/2011. Si è trattato della prima attività esterna ai progetti per i coordinatori impegnati. Tutto ciò ha permesso loro di seguire lo sviluppo della progettazione sin dall’inizio (così come evidenziato nel percorso formativo dagli stes-si coordinatori) permettendo di partecipare alla costruzione del piano strategico. Sono state intercettate le idee di sviluppo strategico nei sei distretti territoriali della provincia di Reggio Emilia.

“Parlami”, in quanto ricerca/azione, ha evidenziato energie e potenzia-lità del volontariato provinciale.Le fasi sono state le seguenti:Ripensare la propria esperienza, individuare il “salto mortale”L’esperienza degli operatori è stata decodificata tramite una serie di domande sulle esperienze di lavoro in quel territorio. C’è stato un con-fronto con gli altri membri del gruppo relativamente ai filtri di lettura dei territori ed è stato elaborato un salto mortale come sviluppo aspi-cabile dei rapporti operatori-DarVoce e territorio Impadronirsi di un pensiero strategicoI coordinatori sono passati da un approccio progettuale finalizzato alla realizzazione di un piano di lavoro ad un approccio strategico per ricer-care le potenzialità di una determinata realtàPrefigurare l’incontroÈ stato consentito ad ogni gruppo di elaborare una propria metodolo-gia di incontro con il territorio, attraverso l’analisi delle risorse e delle opportunità presentiParlami, io ascoltoLa fase di ascolto è stata condotta nel mese di settembre a partire dal-la conferenza stampa di presentazione del percorso. L’Ufficio stampa ha seguito in tempo reale il percorso. Ai volontari dei territori è stato permesso di costruire un’immagine costruttiva della zona d’apparte-nenza, di creare uno spazio di ascolto delle esperienze, di agevolare gli scambi tra i volontari, e di rafforzare un disegno di vision condivisa.

21 Vedi capitolo precedente

32

Il mandato dei coordinatori di progetto è stato realizzato, come abbia-mo visto, tramite la costruzione di un gruppo di operatori con espe-rienze nell’ambito del lavoro sociale e della formazione, dalle caratteri-stiche molto variegate per contenuti e contesti di impegno lavorativo precedente, gruppo selezionato in base alle competenze relazionali, di gestione dei gruppi e di progettazione tecnica. Tale gruppo si è segna-lato per l’eterogeneità a cui sono sottesi valori “differenziali”.Il mandato del coordinatore è centrale lungo tutto il percorso nel fa-cilitare, ascoltare, documentare, governare e valorizzare l’azione e l’imprevisto.La valutazione diviene per il coordinatore orientamento operativo e il ruolo del coordinatore va concordato anche con le Odv, senza esagerar-ne i ruoli ispettivi.La valutazione, di conseguenza, può diventare occasione per far “par-lare” tra loro Csv, Odv, coordinatore attraverso uno specifico oggetto di lavoro.

5. Il mandato dei coordinatori di progetto

autunno/inverno2008-2009

inverno/primavera 2009

7

8

Rileggere l’incontro. Estrarre le evidenze strategicheA seguito di ogni incontro il gruppo rifletteva sulle evidenze emerse durante il confronto con i volontari per metterne in risalto i potenziali di sviluppoDocumentare, restituire per energizzareLa documentazione è stata raccolta in più tappe. Dalle prime impres-sioni degli operatori alla ricostruzione dei contenuti per elaborare schede sintetiche per ogni territorio

Parallelamente alle rielaborazioni che hanno accompagnato “Parla-mi”, sono stati definitivi gli obiettivi triennali del Csv DarVoce22:

1. Potenziare il decentramento2. Mettere insieme il vecchio e il nuovo (volontariato e non solo)3. Aiutare le associazioni nella lettura del contesto4. Mantenere la tensione tra Locale e Globale, tra particolare e ge-

nerale.In questa direzione è stato creato uno staff di progettazione ed af-frontato un nuovo percorso di relazione tra le diverse aree del Csv. In particolare con questo staff di coordinatori senior si è prestata ul-teriore attenzione al territorio prefigurando la nuova fase della pro-gettazione biennale.

Nella nuova stagione della progettazione per il biennio 2009/2010 lo staff di coordinatori senior ha organizzato e gestito, insieme alle Odv dei vari distretti, gli appuntamenti di presentazione del Csv e raccol-ta delle ipotesi progettuali delle Odv.Il gruppo ha anche contribuito a chiarire le linee guida sulla proget-tazione.

22 Cfr Quaderno 1, Cantieri di volontariato, Piano strategico triennale 2009/2011 del Centro di Servizio per il Volontariato di Reggio Emilia, Novembre 2008.

QUADERNO B 33

In questo senso è alta la responsabilità del coordinatore poiché: per il Csv è tramite verso l’esterno 1. presidia l’andamento del progetto2. è soggetto/oggetto di valutazioneper il Gruppo di lavoro può gestire i conflitti, facilitare, creare clima, motivare, collegare, promuovere cultura del volontariato e am-pliare la reteIl mandato del coordinatore va dunque valutato all’interno del rappor-to dialogico tra:• punti di forza relazioni nel gruppo e del progetto• aspettative delle Odv partecipanti e del Csv• supporto del Csv e lavoro delle Odv• condivisione degli obiettivi di progettoDi seguito evidenziamo alcuni indicatori che permettono di costruire e valutare il mandato/responsabilità dei coordinatori.

Coerenza trale attitudinidel coordinatoree attitudini richiestedal contesto

Capacità delcoordinatore di essere tramite tra Odve Csv

Appartenenza delCoordinatore al Csv

Adattabilità delcoordinatore aimutamenti del progetto

Chiarezza rispettoai ruoli

Congruenza fra tempo richiesto, competenze richieste e retribuzione

Indicatore

• Verifica di ciò che è richiesto dal contesto progettuale• Esplicitazione delle attitudini del coordinatore• Esplicitazione delle attese del coordinatore, delle odv, e del

Csv rispetto al ruolo del coordinatore (negoziazione tra le attese del Csv, attese delle Odv e del Coordinatore)

• Esplicitazione obiettivi del Csv• Numero di input da parte delle Odv riportati al Csv• Incremento delle fruizioni dei servizi del Csv da parte delle

Odv dei progetti • Incremento delle informazioni sulle Odv recepite dal Csv

tramite il Coordinatore (durante le riunioni di staff)• Incontro di valutazione con le Odv da parte del Responsabi-

le d’area

• Frequenza del coordinatore ai momenti di staff ed ai mo-menti formativi

• Proposte di miglioramento delle modalità lavorative o segnalazione di possibili innovazioni

• Collaborazione con altri operatori del Csv

• Effettivi cambiamenti avvenuti all’interno del progetto rispetto alla situazione iniziale

• Confronto con il coordinatore su come si è percepito e come ha affrontato i cambiamenti

• Analisi delle attese rispetto al progetto da parte del coordi-natore, del Csv, delle Odv (valutazione ex ante)

• Confronto tra Csv, Odv e coordinatore rispetto al mandato e restituzione della definizione esplicita dei compiti del coordinatore (fase di prefigurazione)

• Confronto con le Odv su come è stato percepito il coordina-tore (in itinere ed ex post)

• Rapporto tra tempo previsto ex ante e tempo effettivamen-te richiesto dal progetto in itinere

• Esplicitazione delle competenze del coordinatore • Esplicitazione delle risorse a disposizione del coordinamento• Confronto tra coordinatore e Csv

Modalità di misurazione

34

La valutazione, nell’ambito del mandato del coordinatore, è perciò da intendersi sui progetti, come per gli interventi sociali, in tempi e modi circoscritti.Questo processo di valutazione precede/accompagna/conclude il per-corso progettuale. I valori non devono essere impliciti né discrezionali per il coordinatore, ma anche in questo caso vanno individuati oggetti condivisi di analisi, tenendo presente la tabella precedente e anche le prospettive professionali dei coordinatori.I criteri della valutazione vanno negoziati anche dagli utilizzatori (le Odv). La valutazione si fa così orientamento e, essendo visibile e trasparen-te, consente di ri-orientare l’operato del coordinatore con continuità per contribuire al miglioramento. Un progetto diventa così un percorso circolare in tre fasi di lavoro: ideativa, prefigurativa, e realizzativa e con la valutazione che consente di connettere queste fasi.

QUADERNO B 35

36

QUADERNO B 37

Capitolo 3.La valutazione di mandato

In ogni progetto realizzato dal Centro di Servizio si evidenziano due diversi focus di valutazione: un primo focus riguarda i motivi per i quali il centro promuove la progettazione, sostenendo e qualificando le Odv. In questa prospettiva il punto di osservazione è l’associazione, il gruppo medesimo, la capacità di lavorare in rete e l’aumento delle competenze.

Vi è poi un secondo focus che riguarda il punto di osservazione delle associazioni stesse, che promuovono progetti per operare un cambia-mento sociale.

In riferimento a ciò abbiamo voluto distinguere due tipologie di valu-tazione: la valutazione di mandato e il patto valutativo.

Mentre la prima, si concentra sull’osservazione del cambiamento av-venuto in seno all’associazione o al gruppo di associazioni, la secon-da prenderà in esame il cambiamento sociale atteso (o inaspettato); la prima quindi è trasferibile su ogni progetto, la seconda è più speci-fica e riferita all’oggetto sociale.

Premessa al capitolo

Nella valutazione di mandato raggruppiamo tutte quelle azioni valu-tative che tendono a rendicontare e generare indicatori che possano essere standardizzati, traslati o trasferiti anche su diverse tipologie di progetto.

Nel percorso che il Csv ha compiuto in questi ultimi anni attraverso il gruppo dei coordinatori e lo staff di progetto, come si è visto nei

38

23 Vedi Cantieri di Volontariato, Quaderno A, DarVoce, novembre 2008, pp 57/5824 Vedi ad esempio il Bilancio Sociale, Csv DarVoce, 2007

capitoli precedenti, si è arrivati alla conclusione, che per rispondere adeguatamente al mandato ricevuto sulla valutazione e alle istanze di rendicontazione, occorre articolare il percorso valutativo attraverso diverse fasi che vedremo meglio dettagliate.

Il monitoraggio quantitativo e la rendicontazione economica non sono stati trattati nel presente quaderno, essi coincidono con gli strumenti e con le scelte che il Comitato di Gestione propone e mette a disposi-zione per cogliere i suoi specifici obbiettivi.Su questi temi è in atto un processo di “snellimento” e sistematiz-zazione dei dati rendicontabili attraverso il progetto di controllo di gestione affrontato altrove23.

La mole dei dati contabili ed extracontabili è sempre stata oggetto di monitoraggio e rendicontazione per Co.Ge, CsvNet, l’Assemblea dei soci e il Consiglio direttivo del Csv24.

Agli strumenti che abbiamo visto nei capitoli precedenti oggi ne af-fianchiamo altri che sono il frutto di un lavoro collettivo maturato nel corso degli anni e dell’esperienza a stretto contatto con i processi pro-gettuali e i loro esiti sul territorio.

Di seguito proponiamo un diagramma che illustra gli step previsti nel percorso di valutazione e gli attori coinvolti nei diversi momenti.

QUADERNO B 39

Odv CoordinatoreArea

Progettazione

Prima delprogetto

Consiglio Csv AltriStakeholder

Presenta-zione

Start up

Durante

Alla fine del

progetto

Pattovalutativo

Val.Ex post

Connessioni

Progetto

Idea

Start upProgetto

Val.Ex ante

Assemblea/Co.Ge.

Focus a 18 mesi su pattovalutatiuvo + valutazione

in itinere a 18 mesi

Monitoraggiopatto

valutativoValutazione

in itinere

ValutazioneEx post

Rendiconta-zione docu-mentazione

Rendiconta-zione docu-mentazione

Percorso di valutazione

40

Questo segmento della valutazione nasce per rispondere alle necessi-tà del Centro Servizi del volontariato, del suo Consiglio e del Co.Ge. Mira cioè a rendere chiari ai soggetti “erogatori” quegli elementi co-noscitivi che permettono di valutare, nel momento della presenta-zione, la congruità del Progetto sociale o di sviluppo, la sua innova-tività, le sue potenzialità, con i requisiti di ammissibilità definiti dal Comitato di Gestione e declinati dal Consiglio direttivo. Nelle nostre intenzioni tale valutazione, oltre che posizionarsi, tem-poralmente, nelle fasi precedenti allo start up del progetto vero e proprio, è strettamente in relazione con le altre azioni valutative suc-cessive.Nei momenti formativi è stato condiviso il fatto che la valutazione ex ante deve essere inquadrata nel momento in cui, oltre a formarsi e fissarsi il “bisogno” delle Odv, vengono messi a fuoco gli attori inte-ressati e, soprattutto, i loro desiderata: sulla coerenza degli stessi, la tenuta, la realizzazione delle azioni scritte nel formulario progettua-le, interverranno altri momenti valutativi.

1. La valutazione ex ante

La valutazione ex ante, è compilata dallo staff di progettazione, le-gittimato in questo compito dal mandato del Consiglio Direttivo del Csv.Di seguito proponiamo uno schema utile alla compilazione della Va-lutazione ex ante, che viene compilato ai fini di confrontare l’ipotesi progettuale con i requisiti di ammissibilità dei progetti da parte del Consiglio direttivo del Csv.

Nota metodologica

QUADERNO B 41

Da chi è stato compilato il questionario?

A. SCHEMA DI VALUTAZIONE EX ANTE

Il problema che si vuole affrontare è chiaro?

Gli obbiettivi sono sufficientemente chiarie precisi?

Le associazioni promotrici hanno partecipatotutte alla formulazione del progetto?

I risultati attesi sono misurabili?

A. Completezza e comprensibilita’

Molto Poco o nulla

Inparte

Abbas-tanza

L’oggetto di lavoro è coerente con il problema identificato?

Vi è coerenza tra obbiettivi e azioni diprogetto?

Vi è coerenza tra obbiettivi e risorse?

B. Coerenza interna

Molto Poco o nulla

Inparte

Abbas-tanzaB1

L’ impegno di ore del personale retribuito è moltiplicatore di quelle impiegate dai volontari ?

SìB2 No

42

Nelle piazze/strade

Nelle scuole

Nelle istituzioni

Nei soggetti del profit

Nei media

Negli altri soggetti del Terzo Settore

C. Potenzialita’ e innovazione

Molto Poco o nulla

Inparte

Abbas-tanzaC1

Il progetto ha l’obbiettivo di favorire la crescita dell’associazione in termini di nuovi volontari?

SìC2 No

Il progetto adotta nuove modalità di risposta o impatta dei nuovi bisogni dell’associazione? (innovazione)

SìC3 No

Se sì, come? (DESCRIVERE)

Il progetto favorisce la crescita in termini di visibilità dell’associazione

QUADERNO B 43

Il progetto contiene elementi che ne garantiscono le prospettive dicontinuazione nel tempo(anche dopo il termine del finanziamento)?

SìC4 No

Se sì, quali? (DESCRIVERE)

D. Rete

D.1Numero di Odv promotrici.

Numero di partner.

Il gruppo ha già lavorato insieme?

I progettisti ritengono congruente il progetto rispetto al pianodi ripartizione CoGe?

SìD2 No

Il progetto rispetta le linee di ammissibilità del Consiglio direttivo?

Il progetto è volto al sostegno, qualificazione e promozione del volontariato della sua cultura?

Il progetto impatta temi particolarmente ur-genti individuati dal piano strategico?

Nell’ esperienza passata del Centro, l’associazio-ne è capace di costanza nella tenuta del progetto?

E. Coerenza esterna

Molto Poco o nulla

Inparte

Abbas-tanza

44

F. Tempo

In questa sezione va inserito il diagramma di Gantt delle azioni progettuali previste.

Anche la valutazione in itinere risponde alle istanze conoscitive e va-lutative del Csv, del Consiglio Direttivo e del CoGe. ma soddisfa anche processi di apprendimento delle stesse Odv impegnate a costruire co-noscenze e consapevolezze.La proposta che abbiamo considerato è quella di tre scadenze: 6, 12 e 18 mesi.La valutazione in itinere è integrata, nel corso del progetto, dal patto valutativo (vedi capitolo successivo) e, concretamente, permette di ap-prossimarsi alla valutazione finale (ex post) con una serie di dati raccol-ti ed elaborati con una certa continuità. Inoltre offre al coordinatore/valutatore quei dati “quantitativi” che confluiranno nella Rendicontazione finale.

2, La valutazione di mandato in itinere

È il coordinatore di progetto che redige e presidia la valutazione di mandato attraverso le presenti schede, prevedendo, momenti di con-fronto con lo staff di progettazione e coinvolgendo su questa valutazio-ne il gruppo di progetto solo a 18 mesi per non appesantire il percor-so.Tale valutazione permette allo staff di progettazione di essere periodi-camente informato sugli andamenti processuali dei vari progetti, tem-porizzando ad esempio momenti comuni di verifica.

Nota metodologica

QUADERNO B 45

Nella nostra esperienza questo momento più che una valutazione, è un monitoraggio che serve a capire se la rete progettuale, così come composta nella fase iniziale del progetto, esiste e sta operando.In questa direzione occorre solo soddisfare alcune domande che pro-vengono dalla valutazione ex ante relativamente alla rete: quante sono le Odv? Quanti Partner si sono eventualmente aggiunti o hanno manifestato l’intenzione di partecipare?È una fase delicata nella quale si inizia a valutare se il gruppo ha in-dividuato delle buone prassi di dialogo, di comunicazione interna e di divisione del lavoro. In questa fase occorre anche impostare, con il gruppo di progetto una Progettazione di dettaglio, se cioè il gruppo ha iniziato a disegnare un percorso di realizzazione degli obbiettivi, una sequenza di attività, ha ragionato sui tempi prevedibili, ecc...Utile sarebbe anche sviluppare o elaborare griglie, diagrammi, calen-dari di attività, sempre in una logica condivisa che fissi già nei mo-menti iniziali di relazione con le Odv alcuni elementi conoscitivi sulle capacità e sulle competenze agite.

B. SCHEMA DI VALUTAZIONE IN ITINERE

• Valutazione di mandato a sei mesi

In questa fase, invece, iniziamo a introdurre alcuni indicatori della va-lutazione che si riferiscono al mandato: qui infatti possiamo già rilevare alcuni indicatori di confronto con la valutazione ex ante e scoprire inediti indicatori emersi nel corso dei processi.

• Valutazione di mandato a dodici mesi

Il personale pagato è stato moltiplicatoredi risorse interne al volontariato?

Vi è coerenza tra obbiettivi e risorseimpiegate?

A. Coerenza interna

Molto Poco o nulla

Inparte

Abbas-tanzaA1

La tempistica prevista (vedi diagramma di Gantt della valutazione ex ante) è stata rispettata?

SìA2 No

46

A2.1Se no, perchè? (DESCRIVERE)

Numero di Odv

Numero di Partner

PrimaB1 Adesso

B. Rete

Le associazioni hanno trovato un’intesa e costrui-to un’alleanza sugli obbiettivi da raggiungere?

I nuovi partners/promotori sono stati “presiper mano”?

Sono chiari i ruoli interni alla rete?

Molto Poco o nulla

Inparte

Abbas-tanzaB2

Nelle piazze/strade

Nelle scuole

Nelle istituzioni

Molto Poco o nulla

Inparte

Abbas-tanza

C. Potenzialita’

C1Il progetto favorisce la crescita in termini di visibilità dell’associazione....

QUADERNO B 47

C.2Qual è la differenza fondamentale tra i problemi prospettati all’inizio e quelli che sono stati effettivamente affrontati? Come viene generalmente affrontata la soluzione ai problemi che si presentano? Quali sono i ruoli? (DESCRIVERE)

Nei soggetti del profit

Nei media

Negli altri soggetti del Terzo Settore

Molto Poco o nulla

Inparte

Abbas-tanza

D. Tempo

La tempistica prevista (vedi diagramma di Gantt della valutazione ex ante) è stata rispettata?

Sì No

Se no, perchè? (DESCRIVERE)

48

A diciotto mesi stiamo approssimandoci alla valutazione finale (ex post). Dal nostro punto di vista questo specifico segmento della valutazione in itinere ha a che fare con l’apprendimento, con la consapevolezza, con le conoscenze che non sono solo focalizzate, ma anche messe in comunica-zione: stiamo cioè lavorando sul cambiamento delle Odv e del Gruppo di progetto e del contesto.È infatti questa, la fase nella quale si compara l’atteso con il realizzato, i desiderata con i concretizzati. È la fase nella quale cerchiamo di com-prendere non tanto l’“insuccesso” ma se le criticità rilevate dipendano dalla progettazione o dalla realizzazione.In questo senso parliamo appunto di apprendimento: è un percorso di concreta verifica dei passaggi fino a quel momento compiuti e permette, almeno in teoria, di rendere fruttuoso anche in questa direzione l’impe-gno progettuale di tutti.Possiamo rappresentare questa fase della valutazione come una sorta di operazione matematica.Utilizzando infatti gli indicatori sviluppati nelle fasi precedenti, do-vremmo riuscire a rappresentare una serie di capacità emerse durante il progetto.La modalità di “raccolta” di questi dati, deve però essere “dialogica”, attraverso momenti di focus in cui il coordinatore pone all’attenzione del gruppo i dati emersi nel percorso, costruisce ipotesi e le pone al vaglio degli interlocutori. Questa fase della valutazione, secondo gli ap-procci metodologici scelti, vuole cioè riconnettere e dar senso a ciascun ruolo giocato all’interno del progetto, e vuole restituire energie posi-tive, valorizzare le eccellenze, i passaggi e gli snodi emblematici che hanno permesso al gruppo di uscire (o entrare) dagli impasse. È infatti il confronto tra le attese e le aspettative dei diversi soggetti che si “in-contrano” sul progetto.

Nota Metodologica

•Valutazione di mandato a diciotto mesi

a - Capacità di lettura del contestoIn questo caso la lettura è l’operazione che si compie per verificare il cambiamento di ipotesi sotteso alla stessa identificazione del proble-ma iniziale e quanto si è andato sperimentando in azione. Gli indicatori da tenere presenti sono infatti i prodotti desiderati e raggiungibili così come considerati all’inizio del progetto messi a confronto con i prodotti desiderati raggiunti verso la fine del percorso progettuale.Seguendo il ragionamento proposto, possiamo perciò fare emergere la trasformazione della capacità di lettura da parte del gruppo di lavoro, focalizzando l’attenzione sui prodotti, anche per ragionare insieme non tanto sugli “insuccessi” bensì sulle ipotesi di partenza e sulle fattibilità e sulle risorse.

QUADERNO B 49

Lettura

OperazioneCapacità Indicatori utilizzati

Bisogno iniziale/ bisogno finale Prodotti desiderati e raggiungibili/prodotti desiderati raggiunti

Rete

OperazioneCapacità Indicatori utilizzati

Iniziale/ finale Gruppo, rete, relazioni presenti in fase iniziale/ gruppo, rete, relazioni attivate e raggiunte

Pianificazione

OperazioneCapacità Indicatori utilizzati

Tempo pensato/Tempo usato Diagrammi di Gantt iniziali/Diagrammi di Gantt finali

Lo stesso tipo di operazione può essere impiegato nell’osservazione del-la trasformazione della capacità di “fare rete” del gruppo di lavoro.In questo caso, come si vede, rifletteremo sulla capacità messe in atto dagli attori coinvolti e questo sforzo valutativo permetterà al Gruppo di cogliere, o forse solo avere l’occasione di ragionare, sugli elementi quan-titativi connessi alle “abilità relazionali” messe in campo, come anche, ci auguriamo, servirà a ragionare sulla qualità delle stesse.

c - Capacità organizzativa e di pianificazioneNon può mancare ovviamente l’attenzione valutativa sulla capacità di “pianificazione” del gruppo di lavoro, all’interno della cornice della durata del progetto.In questo caso andremo a valutare la distanza o l’assonanza tra il tempo pensato e quello usato, cercando non tanto un giudizio esclusivamen-te performativo o morale sulla “bravura” dei volontari impegnati nel-la realizzazione dei loro obbiettivi, bensì cercheremo di cogliere quegli elementi conoscitivi per rappresentarsi più concretamente già in fase ideativa le necessità connesse all’impiego della risorsa tempo.

b - Tenuta e capacità di lavorare in rete

50

Gestione

OperazioneCapacità Indicatori utilizzati

Risorse preventivate/Risorse consumate (impiegate)

Capacità spesa:Budget/Consumo.

Risorse Umane:pagate/volontarie

Operativa

OperazioneCapacità Indicatori utilizzati

Prodotti desiderati eraggiungibili/prodottidesiderati raggiunti

Iniziative, eventi, attività...previsti/Iniziative, eventi,attività... realizzate

Come si può osservare l’intenzione valutativa è sempre rivolta all’ap-prendimento, al generare e comunicare conoscenza.

d - Capacità di utilizzare al meglio le risorse (economiche, strumentali e umane)Anche l’attenzione sugli aspetti connessi alle risorse (identificate per noi non solo come economiche, ma anche umane e strumentali) cerca di individuare quali passaggi sono stati compiuti dall’inizio, dal punto di partenza, al segmento finale del progetto.Anche in questo caso stiamo cercando di fare emergere quanto sia im-portante per il volontariato confrontarsi non solo sulle proprie “capaci-tà di spesa” e quindi di richiesta, ma quanto sia in grado di attivare e coinvolgere l’insieme delle risorse e delle potenzialità interne al gruppo, nel Csv, nei suoi servizi e sui territori.

e - Capacità di definizione di attività coerenti ai prodotti attesiInfine, ma non per importanza, la riflessione sopra introdotta sul con-fronto tra prodotti desiderati e prodotti raggiunti, aiuta il gruppo di progetto a valutare anche la progettazione di dettaglio che avevamo introdotto nella prima fase della valutazione in itinere (sei mesi).L’attenzione, come si può osservare, è rivolta a sollecitare la crescita progettuale del gruppo come dei singoli volontari, valutando non tanto e non solo la “professionalità” degli stessi, ma piuttosto gli scarti e gli aggiustamenti emersi lungo i processi, connettendosi con gli elementi valutativi concordati con il patto valutativo (vedi capitolo 4).

QUADERNO B 51

La valutazione dovrebbe accompagnare costantemente i percorsi progettuali: sia per verificarne la congruità, l’efficienza e l’efficacia, le capacità e le potenzialità in opera, sia per fare emergere, nel dialogo tra azioni valutative e tempo del progetto, i saperi che si manifestano: abilità, motivazioni, consapevolezze, ridefinizioni e riposizionamenti di problematiche; l’interscambio dialogico tra Csv, Odv e coordinatore.La valutazione finale (ex post) perciò si presenta sia come rendiconta-zione quantitativa che come riflessione qualitativa.

Ma, la valutazione finale (ex post), oltre a rendicontare giustamente gli indicatori “oggettivi”, “contabilizzabili”, cerca di restituire quegli ele-menti “sottili”- quegli indicatori qualitativi cioè - che dovrebbero per-mettere di interagire con il Piano strategico del Csv e le scelte del Con-siglio direttivo anch’esso, soggetto ed espressione del volontariato.

La nostra proposta, concretamente, non fa altro che prendere integral-mente la scheda di rendicontazione finale del Co.Ge implementandola dove la scheda chiede al redattore se la valutazione sia stata effettuata in modo differente, elencando, descrivendo e motivando tale scelta.

3. La valutazione di mandato finale (ex post)

Il progetto ha rispettato le linee diammissibilità del Consiglio direttivo?

Il progetto ha sostenuto, qualificatoe promosso la cultura del volontariato?

Il progetto ha impattato temi particolarmenteurgenti individuati dal Piano strategico?

L’associazione è stata capace di costanza nella tenuta del progetto?

Molto Poco o nulla

Inparte

Abbas-tanza

a

Rete

OperazioneCapacità

bIndicatori utilizzati

Iniziale/ finale Gruppo, rete, relazioni presenti in fase iniziale/ gruppo, rete, relazioni attivate e raggiunte

52

Il progetto ha adottato nuove modalità di risposta o impattato dei nuovi bisogni dell’associazione? (innovazione)

Sì No

Se sì, come? (DESCRIVERE)

c

Il progetto ha sviluppato elementi che ne hanno garantito le prospettive di continuazione nel tempo(anche dopo il termine del finanziamento)?

Sì No

d1Se sì, quali? (DESCRIVERE)

d

QUADERNO B 53

eCosa è emerso in termini di sviluppo di nuove competenze e abilità (con la scelta indicatori ma, soprattutto, l’esplicitazione “quantitativa” degli stessi) (DESCRIVERE)

Le associazioni hanno trovato un’intesa e costruitoun’alleanza sugli obbiettivi da raggiungere?

I nuovi partners/promotori sono stati “presi per mano”?

Sono chiari i ruoli interni alla rete?

Molto Poco o nulla

Inparte

Abbas-tanza

f

gQual è stata la differenza fondamentale tra i problemi prospettati all’inizio e quelli che sono stati effettivamente affrontati? Come è stata generalmente affrontata la soluzione ai problemi che si sono presentati? Quali sono stati i ruoli? (DESCRIVERE)

54

Nelle piazze/strade

Nelle scuole

Nelle istituzioni

Nei soggetti del profit

Nei media

Negli altri soggetti del Terzo Settore

Molto Poco o nulla

Inparte

Abbas-tanza

h

Pianificazione

OperazioneCapacità

iIndicatori utilizzati

Tempo pensato/Tempo usato Diagrammi di Gantt iniziali/Diagrammi di Gantt finali

Come ha inciso il progetto?

Come si è configurata la gestione dei tempi previsti nel progetto?

lNote per il futuro(Novità, problematiche, riflessioni emerse durante e alla fine del progetto) (DESCRIVERE)

QUADERNO B 55

In questo modo la rendicontazione e la valutazione finale (ex post) per-mettono di rispondere ad alcune domande che abbiamo posto nell’in-troduzione della valutazione ex ante.In particolare è necessario domandarsi: quando un gruppo di associa-zioni si mette insieme per svolgere un progetto, lo fa per crescere in modo qualitativo? Lo fa per sviluppare competenze? Per promuovere la cultura della solidarietà? Non primariamente.Abbiamo visto e misurato fino ad ora gli aspetti delle valutazione che hanno a che fare con il mandato del Csv, perché questa valutazione è principalmente in carico al Csv.I progetti però nascono dalle Odv per rispondere ad un bisogno socia-le, ad un’idea che le Odv definiscono.Su questo bisogno sociale, su questa idea, sui suoi aspetti peculilari va costruito il “patto valutativo”.

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Il patto valutativo è parte integrante del percorso di valutazione com-plessivo e cerca di rispondere alle Odv sulle conoscenze prodotte in merito agli obbiettivi specifici dei progetti. È il frutto dell’incontro tra la nostra competenza e le esperienze maturate sui progetti e le ipotesi che scaturiscono dal gruppo di lavoro impegnato sullo specifico progetto. Vuole rispondere ad una semplice domanda: come intendia-mo misurare i risultati attesi in questo specifico progetto? Cerca quindi di costruire insieme alle Odv impegnate nel progetto mo-dalità di osservazione, indicatori di valutazione e elementi conoscitivi sulle azioni progettuali al fine di accrescere la capacità di autoappren-dimento sugli oggetti di lavoro e la loro misurazione.In ciò sta anche l’originalità e la peculiarità di ogni patto valutativo, che non è comparabile con alcun altro progetto, sebbene, come vedre-mo dagli esempi che riportiamo di seguito, si possano anche in questo caso provare a generare indicatori ripetibili e comparabili, per per-mettere se non altro l’incrocio e la lettura con altre risultanze di pro-gettazione. Il patto valutativo è innestato, si colloca temporalmente, nello start up del progetto e viene ripreso nella parte valutativa finale del progetto per non affaticare le Odv nella valutazione in itinere che invece è in carico quasi del tutto del coordinatore (vedi diagramma a pag. 39).In concreto, ad esempio, oltre che descrivere gli elementi di conte-sto/situazione (quante iniziative, persone, incontri ecc....cercando di entrare nel dettaglio e predisponendo strumenti di monitoraggio), è importante che il gruppo di lavoro definisca almeno le risposte e defi-nisca alcuni indicatori sulle due domande seguenti.

Capitolo 4.Il patto valutativo

Il progetto favorisce lo sviluppo di nuove competenze e abilità neivolontari dell’associazione?

Sì No

a

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Sul territorio

Tra attori sociali

Nelle istituzioni

Sui servizi

Nella cittadinanza

Molto Poco o nulla

Inparte

Abbas-tanza

b Il progetto vuole incidere in qualche modo:

A seconda del tema, dell’oggetto di lavoro o delle azioni, sarà importan-te aiutare le associazioni a definire alcune altre domande-chiave.La struttura del patto valutativo, infatti, deve essere “leggera” ed “efficace” cioè chiaramente identificata e condivisa per rispondere a domande che danno senso al progetto.Alcuni esempi permetteranno di cogliere con maggiore immediatezza quanto stiamo cercando di illustrare.Se un’ associazione cerca di promuoversi sul territorio e ha l’obbiettivo di aumentare la sua capacità di ricerca e accoglienza di nuovi volontari, come possiamo misurare gli indicatori che ci permettono o meno di va-lutare l’efficacia delle azioni?

Se sì, quali? E come possiamo misurarle? (DESCRIVERE)

QUADERNO B 59

Come può essere misurato l’impatto delle azioni progettuali secondo il coordinatore e secondo i volontari? Quand’è che siamo “contenti” dei risultati ottenuti? Ci basta solamente il conteggio dei partecipanti alle iniziative o agli eventi? Occorre, alla fine del progetto, misurare il numero dei volontari “effet-tivi”, cioè impegnati operativamente nell’associazione o ci accontentia-mo di persone che sono venute per un periodo di prova?Se l’associazione propone una serie di eventi formativi, ci basta osser-vare i risultati del gradimento tramite una scheda di rilevazione, oppu-re contiamo gli iscritti, le frequenze?

Ovviamente gli esempi riportati non sono solo funzionali a concentrare l’attenzione sui prodotti o sui risultati, cercando di rappresentarsi il “successo” o la “bravura”, ma ad accompagnare il gruppo di progetto a porre attenzione agli esiti del processo progettuale e sulle relazioni di contesto e di situazione.

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Come abbiamo provato a definire nelle pagine precedenti, il quadro di riferimento della valutazione - il punto di partenza dal quale ci siamo mossi- si trova collocato in un complesso intreccio di diverse istanze: quelle del progetto così come sopra definite; quelle del Csv in relazio-ne alla sua progettazione strategica; quelle del Co.Ge - anche se più direttamente connesse con la rendicontazione finale; quelle più o meno fertili dei diversi attori sociali presenti sul territorio; infine, ma non per importanza, quelle delle Odv 25.Ma l’intero processo valutativo è anche centrale rispetto alla situazio-ne nella quale ci stiamo confrontando tra coordinatori/valutatori e po-licy del Csv. La proposta infatti di questo quaderno va intesa in questa direzione, nel tentativo cioè di trovare un percorso comune tra coordinatori/staff di progettazione e Consiglio direttivo Csv, per arrivare, ciascuno nel suo specifico, alla possibilità di lettura dei cambiamenti così come si manifestano attraverso i progetti.Si tratta, a ben vedere, di poter cogliere, o meno, anche quelle doman-de necessarie a costruire gli strumenti opportuni di comunicazione al fine non tanto di appiattire i significati, ma soprattutto ad aumentare la ricchezza delle informazioni “sottili” da un lato, e di “lettura” dall’altro lato.A questo punto perciò proviamo a svolgere qualche considerazione, sul tema della conoscenza in quanto esito generativo di cambiamenti sia

Capitolo 5.La valutazione come conoscenza condivisaA cura di Carmelo Mario LanzafameCoordinatore di progetto DarVoce

1. La restituzione dei processi progettuali: occasione di ricostru-zione di conoscenza e strumento di crescita del volontariato.

25 Ad esempio con il percorso di “contrattazione” sul patto valutativo e le intersezioni con la valuta-zione in itinere a 18 mesi.

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verso le Odv, se opportunamente comunicato, sia verso il Csv e i suoi organi di gestione e di governo. Un progetto sociale o di sviluppo, su scale differenti, rappresentano oggetti peculiari dell’azione sociale, sono prodotti dall’interazione tra Csv e Odv. Entrambi gli attori utilizzano questi strumenti al fine di raggiungere determinati obbiettivi/risultati: l’attuazione del proprio mandato e del proprio piano strategico, da parte del Csv; la realizzazione di idee più o meno connesse alla mission, da parte delle Odv. Ma la progettazione rappresenta anche un oggetto peculiare in quanto pone in situazione attori sociali peculiari, collocati e contestualizzati. Da un lato attiva, evidentemente, volontari (è spesso una élite quella che si fa carico dell’impegno concreto di portare avanti il progetto e le azioni progettuali); dall’altro lato attori sociali più strutturati, quali funzionari di enti locali, oppure referenti del Csv in quanto “ente”. In più le idee progettuali delle Odv, nel momento della loro formulazione e ideazione, ma forse anche le idee dei coordinatori o progettisti, sono spesso più il frutto di desiderata che di ipotesi analitiche sulla realtà nella quale si vuole intervenire. E questo aspetto non va dimenticato.Inoltre al coordinatore viene richiesto di portare a termine il mandato di valutatore: è soggetto che desidera, partecipa, sostiene, è valutato ed è valutatore.In questo senso possiamo rappresentare la valutazione ex ante come una fotografia statica: in essa sono contenuti non solo un’idea di par-tenza più o meno definita dei problemi che si intendono affrontare/ri-solvere, ma anche dei veri e propri “pregiudizi” sulla realtà sulla quale si intende operare, forse anche sulle persone/cittadini che si vuole coin-volgere. Su queste letture, su questi pregiudizi occorre mantenere attive for-me di comunicazione e documentazione al fine di individuare elementi, parametri comuni, quantificazioni, misurazioni, che aiutino DarVoce a verificare o meno le ipotesi definite nel Piano strategico (o almeno nella valutazione strategica), da un lato, e che restituiscano senso e significa-to alle Odv coinvolte nei progetti, dall’altro lato.Con lo start up del progetto osserviamo la situazione che si anima: al-cuni attori iniziano a confrontarsi, a stabilire e concordare una serie di questioni anche valutative - il patto valutativo - ma che sostanziano, in primis, un atto che non è solo connesso alle azioni e ai prodotti che si vogliono ottenere, bensì alla riflessione, ai sogni, ai desideri, all’analisi dei problemi sociali. Gli attori si descrivono, e patteggiano certo, ma soprattutto riflettono e comunicano conoscenze, scambiano competenze, analizzano il pezzo di sociale sul quale si stanno misurando, il problema sul quale vogliono intervenire. In questo, concretamente, iniziano non solo a correggere il tiro ma an-che a rileggere le ipotesi di partenza e, forse, a confrontarsi con i propri pregiudizi.Già in questo momento si genera una conoscenza differente, si compie una discontinuità. E inoltre si ridefiniscono forse anche i “poteri” inter-ni al gruppo, o almeno le competenze.Come è possibile cogliere e comunicare tutto ciò? È sufficiente un in-contro di confronto tra coordinatori?

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Lungo l’asse del tempo e dei processi, mentre gli attori sono impegnati nella realizzazione delle attività, concentrati a concretizzare prodotti e risultati, intenti a costruire o consolidare relazioni (talvolta a disfarle), ecco che NELLA situazione progetto e SUL territorio (largamente in-teso), avvengono mutamenti, cambiamenti, trasformazioni. Ovviamen-te il contesto muta continuamente, gli attori sociali nella loro generali-tà mutano e, altrettanto ovviamente, anche gli attori che ci riguardano, partecipano alle trasformazioni. La valutazione di mandato, arricchita dei contributi del lavoro condi-viso con il patto valutativo, come ormai è chiaro, cerca di cogliere que-sta situazione, cerca, in un qualche modo, di passare da una fotografia ad un filmato se vogliamo proseguire con la metafora, ma soprattutto, per il nostro discorso, approfondisce i saperi, genera ulteriore cono-scenza, forse anche fissa qualche competenza nel frattempo acquisita. Cerca, in sintesi, di cogliere i cambiamenti sia sul piano “interno” ai processi progettuali e più direttamente contabilizzabili e standardiz-zabili, sia più “esterno” agli stessi, cioè più connesso agli attori e alle relazioni in gioco.Il gruppo sta cioè ragionando, sulla trasformazione sociale che sta con-tribuendo a creare.In questo modo, i protagonisti del cambiamento, sono anche gli stessi che, aiutati e supportati dal coordinatore, osservano e giudicano quan-to sta accadendo.Perciò si compie anche un percorso di auto formazione rispetto alle ipotesi di partenza e alla situazione così come risultata, mettendo a fuoco una serie non solo di eventi/prodotti/risultati ma, a chi è in grado di cogliere, appunto conoscenze, competenze, non ipostatizzate, bensì colte nel farsi delle dinamiche sociali.In conclusione.Abbiamo prodotto, gestito, dialogato, imparato, appreso, costruito, ac-cumulato.Gli strumenti di valutazione per come li intendiamo però hanno anche un altro fine. Le schede compilate, le griglie completate insieme, i report scritti e riletti con lo staff di progettazione, nel loro lasciare traccia, segnare il tempo e definire le tappe del cambiamento, consentono un arricchi-mento e possono arricchire le Odv e i singoli volontari, focalizzando l’attenzione sulle competenze e le conoscenze che altri volontari possie-dono o che hanno trovato. Ma come facilitare e rendere visibile ciò?Occorrerebbe probabilmente una riflessione approfondita ed estesa, ovviamente collettiva, sulla valutazione d’impatto, aspetto non se-condario nel percorso che stiamo tentando ma che al momento non pos-siamo affrontare.Molte scuole di pensiero, infatti, si stanno interrogando sulla Valutazio-ne d’impatto: l’istituto di Ricerca AICOON, l’ IRS di Trento, l’Univer-sità di Tor Vergata e l’Università del Piemonte orientale, per citarne alcune. E si stanno interrogando al fine di capire in che modo rendere “visibile” il valore aggiunto sociale che il lavoro sociale produce e che rimane nella comunità come capitale sociale. Le scuole di pensiero si stanno “scontrando” e contaminando all’inter-no del mondo Csv rischiando però, a nostro modo di vedere, di far di-

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ventare i Csv luoghi di sperimentazioni poco coerenti tra loro. Come DarVoce ci auguriamo - e solleciteremo il CSVNet - che il Centro Servizi diventi il luogo dell’incontro tra il modello economico e quello sociale della valutazione.Ma il complesso valutativo così come lo stiamo circoscrivendo, come lo stiamo elaborando/interpretando, in effetti può offrirci altre chance. Poiché è una pratica attenta sì a “contare” ma anche a osservare e leggere, risulta di fatto generativa per la conoscenza e per la capacità di lettura del sociale, su come sia possibile cogliere la trasformazione, almeno a partire da un segmento parziale dell’agire sociale. Quello che manca, attualmente, sono le MODALITÀ con le quali leg-giamo gli esiti progettuali, li elaboriamo nel confronto del Piano stra-tegico, li restituiamo alle Odv.

Vicepresidente: Vittorio Gazzotti (Gruppo Laico Missionario)Tesoriere: Andrea Fontana (Emmaus volontariato domiciliare) Consiglieri (eletti): Walter Baricchi (Club UNESCO)Umberto Bedogni (AUSER Volontariato Reggio Emilia) Franco Bertoldi(UILDM) Claudia Casoni (Sostegno & Zucchero) Giuliano Cervi (Pro Natura, Re) Federica Ferretti (Servire l’uomo) Cinzia Terzi (Jaima Sahrawi)Consigliere (nominato dal Comitato di Gestione): Carlo Vasconi (FaCe)

Consiglio Direttivo

Stampato nel maggio 2009

Tito Gobbi (Arci Solidarietà)Presidente

Revisori dei contiRevisori dei conti: Anna Salsi, Oscar Mistrorigo, Vittorio Lusvarghi