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PEIRCE Charles S. Peirce , filosofo americano: 1837- 1914 Fondatore della tendenza filosofica detta pragmatismo, usa il termine “semiotics” in riferimento allo studio dei

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PEIRCE

Charles S. Peirce , filosofo americano: 1837-1914

Fondatore della tendenza filosofica detta pragmatismo, usa il termine

“semiotics” in riferimento allo studio dei segni; dal suo pensiero deriva la

cosiddetta semiotica interpretativa.

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Charles Sanders Peirce

• Nasce a Cambridge, Massachusetts, il 10 settembre 1839, figlio di un matematico

• Si laurea nel 1863 in Chimica • Pur non ottenendo mai una posizione accademica definitiva,

tiene diversi corsi di filosofia e logica• Svolge intanto lavoro di ricerca presso la Coast and Geodetic

Survey fino al 1891 • Pubblica diversi saggi su importanti riviste, ma la maggior parte

dei suoi lavori rimane inedita• Muore il 19 aprile 1914• Le sue opere sono raccolte ed edite nei Collected Papers (CP;

1931-1958) e ora anche (in ordine cronologico) nei Writings (6 voll., fino al 1890)

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Ch. S. Peirce e il concetto di segno

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“Qualcosa che agli occhi di qualcuno sta per

qualcosa d’altro sotto qualche rispetto o per

qualche sua capacità”

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Cos'è questo rispetto o capacità?

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IMMANUEL KANT (Konigsberg 1724-1804)

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SOGGETTO: CONDIZIONE NECESSARIA DEL

CONOSCERE

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• Conoscenza come sintesi di:

Materia: molteplicità mutevole e caotica delle impressioni sensibili.

Forma: modalità fisse attraverso cui la mente umana ordina, comuni ad ogni soggetto pensante.

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L’IO PENSO

• Suprema forma di sintesi, fondamento dell’unità e della coerenza di tutta l’esperienza.

Suprema forma di sintesi, fondamento dell’unità e della coerenza di tutta l’esperienza.

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LA RIVOLUZIONE COPERNICANA

LA REALTA’ SI MODELLA SULLE FORME A PRIORI ATTRAVERSO CUI LA PERCEPIAMO

L’oggettività della conoscenza è fondata nel cuore stesso della soggettività.

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• Le categorie funzionano solo in rapporto ad un’esperienza possibile e valgono solo per il fenomeno.

• L'intuizione sensibile umana è fenomenizzante: si ammette un sostrato metafenomenico, ossia il noumeno: pensabile ma non conoscibile.

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• I termini 'noumeno' e 'cosa in sé' non sono in Kant perfettamente sovrapponibili: il noumeno è comunque una rappresentazione o idea della ragione, e come tale risiede nella mente umana; è il modo in cui il pensiero cerca di rappresentarsi ciò che va oltre la sua capacità di conoscere. La cosa in sé invece è ciò a cui il noumeno si riferisce: è la 'realtà' in quanto esterna alla mente del soggetto, ciò con cui per definizione non si può entrare in alcun rapporto se non tramite il pensiero filosofico, poiché si pone al di là di ogni esperienza possibile

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KANT E IL MODELLO

• Per Kant la conoscenza è costruzione.

• La nostra conoscenza del reale, il nostro modello non è noumenicamente valido, ma è effettivamente l’unico possibile, perché l’unico deducibile dai nostri a priori.

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• La teoria della conoscenza di Peirce è strettamente interrelata a quella kantiana. Se nessuna conoscenza è possibile intuitivamente, allora ogni atto di cognizione è mediato, e la mediazione è attuata attraverso i segni e la semiosi (cfr. citazione di Peirce in Traini, pp. 227-28)

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La struttura triadica del segno

• 5.283. (…) ogni qualvolta pensiamo, abbiamo presente alla coscienza un sentimento, un’immagine, un concetto, o un’altra rappresentazione, che serve da segno (…) quando pensiamo, noi stessi, proprio quali siamo in quel momento, siamo come un segno

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• (…) un segno, in quanto tale, ha tre riferimenti: primo, è un segno per un pensiero che lo interpreta, secondo, è un segno in luogo di un oggetto a cui in quel pensiero è equivalente; terzo, è un segno sotto qualche rispetto o qualità che porta il segno stesso in connessione con il suo oggetto”

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I correlati a cui un segno si riferisce

• Non vi è nessuna eccezione alla legge che ogni pensiero-segno è tradotto o interpretato in un susseguente, a meno che ci si riferisca al fatto che ogni pensiero giunge a una fine improvvisa e ultima con la morte

• Peirce chiamerà questo correlato l’interpretante del segno, da non confondere con l’interprete. L’interpretante è un altro pensiero-segno

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• 5.285. Per che cosa sta il pensiero-segno, che cosa nomina? (…) Senza dubbio sta per la cosa esterna, almeno quando si pensa a una cosa esterna reale. Ma pure, in quanto il pensiero è determinato da un precedente pensiero del medesimo oggetto, esso si riferisce alla cosa soltanto attraverso la denotazione del pensiero precedente

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• Il pensiero segno sta per il suo oggetto nel rispetto che è pensato: cioè questo rispetto è l’oggetto immediato di coscienza del pensiero

• Un segno è “qualcosa che sta a qualcuno per qualcosa sotto qualche rispetto o capacità” (2.228)

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Interpretante

Segno Oggetto

(o representamen) (Oggetto Immediato- Oggetto Dinamico)

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• Il punto di partenza è l’oggetto inteso in senso ampio, come realtà esterna

• Ma per rendere conto degli oggetti abbiamo bisogno di segni, che sono il fulcro della semiosi, in quanto mediano fra l’oggetto e l’interpretante: un segno è determinato da un oggetto e genera un interpretante

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• Il segno (o representamen) è qualcosa che sta al posto di qualcos’altro, ovvero per il suo Oggetto.

• Ma di tutte le proprietà che si potrebbero predicare dell’oggetto, ogni segno ne seleziona solo alcune.

• Ciò dimostra che il (segno (Representamen) sta per l’Oggetto non sotto ogni aspetto o capacità possibile, ma solo a partire da una determinata scelta di pertinenza

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Ground

• Per svolgere la funzione mediatrice il segno deve prendere di mira, illuminare sottocerti aspetti l’oggetto, coglierne delle qualità. Nella terminologia di Peirce il ground è ciò che viene selezionato e trasmesso di un dato oggetto sotto un certo profilo

• La decisione di sussumere un dato oggetto sotto un certo abito interpretativo piuttosto che un altro dipende dall’universo di discorso nel quale ci si muove in quel determinato momento

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Ecco l'idea kantiana del noumeno che si presenta per assenza. L'oggetto ci deve essere perché c'è il segno che lo richiama. L'oggetto in sé, nella sua completezza, resta inconoscibile

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Problema

• Ma con il termine Oggetto Peirce intende riferirsi al referente (lo stato del mondo, la cosa in sé) oppure al semema (l’unità di contenuto) corrispondente?

• Insomma è l'idea che esiste o l'oggetto nel mondo?• Rendendosi conto di questa ambiguità, Peirce

distingue tra:• Oggetto Dinamico, “realmente efficiente, ma non immediatamente

presente” (8.343)• Oggetto Immediato, che è l’oggetto “così il segno lo rappresenta”. È

l’effetto nel segno e attraverso di esso dell’Oggetto Dinamico, di per sé inconoscibile

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• L’Oggetto Immediato è il modo in cui l’Oggetto Dinamico viene focalizzato, e consiste nella somma degli attributi dell’Oggetto Dinamico resi pertinenti dal Segno

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Il circuito della semiosi

interpretante

segno oggetto dinamico representamen oggetto immediato espressione contenuto/significato

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L’interpretante

• Il segno-representamen (espressione) sta per l’oggetto immediato, e il Segno (inteso come combinazione di representamen e oggetto immediato/espressione e contenuto) si riferisce al suo Oggetto Dinamico.

• Ma per comprendere questo stare per, il rapporto tra un rapresentamen e il suo oggetto immediato, occorre un interprete, che a sua volta userà un altro segno

• Cavallo di Montezuma, necessaria una mediazione e un soggetto.

• Pomo (mela) d'oro

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• In ogni caso, l’unico modo che abbiamo per conoscere l’oggetto di un segno passa per la formulazione di un altro segno che lo interpreti. Questo secondo segno è l’interpretante

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L’interpretante e la sua tripartizione

• Si sta considerando l’azione del segno, e quindi il processo complesso di interpretazione che esso può scatenare

• L’azione di un segno non è semplicemente diadica: un oggetto causa un segno, bensì triadica. L’oggetto immediato di un segno, la rappresentazione mentale che esso suscita, produce triadicamente l’effetto destinato o proprio del segno, esclusivamente per mezzo di un altro segno mentale.

• Questo processo, un oggetto immediato che causa un segno a sua volta interpretato da un altro segno, è la semiosi

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• 5.484. Ogni azione dinamica o azione di forza bruta, fisica o psichica, ha luogo o fra due soggetti – sia che essi reagiscano in eguale misura l’uno all’altro, sia che uno dei due sia l’agente e l’altro il paziente (…) – o è comunque una risultante di tali azioni fra coppie. Con semiosi, invece, intendo un’azione o influenza che è, o implica, una cooperazione di tre soggetti, il segno, il suo oggetto e il suo interpretante, tale che questa influenza tri-relativa non si possa in nessun modo risolvere in azioni fra coppie

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• 5.475. Il problema di che cosa sia il “significato” di un concetto intellettuale può essere risolto soltanto con lo studio degli interpretanti, ovvero degli effetti propriamente veicolati dal segno

• Vi è allora un processo di successiva definizione dell’effetto, che può essere descritto distinguendo tra– Un interpretante emozionale ed energetico– Un interpretante logico– Un interpretante logico ultimo (o finale, o abito)

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• 5.476. L’unico effetto mentale che può essere prodotto come interpretante logico ultimo (…) è un mutamento di abito (…) la modificazione della tendenza di una persona verso l’azione (massima pragmatica)

• 5.400 Ciò che una cosa significa è semplicemente quali abiti comporta: es. il significato di durezza comprende tutte le azioni che potremmo compiere su un oggetto che possiede tale attributo per constatarne la solidità, la robustezza, etc.

• L’abito interpretativo è la tendenza a un comportamento

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La semiosi illimitata

• Essendo a sua volta un segno, per essere conosciuto l’interpretante richiede di essere interpretato da un altro interpretante, cioè da un altro segno

• Ogni interpretante rinvia a un interpretante successivo, in una fuga potenzialmente infinita di interpretanti

• Ogni nuova interpretazione, che corrisponde allo stabilirsi di un abito, ossia di un interpretante finale, rivela qualche aspetto inesplorato dell’oggetto iniziale e del segno corrispondente, poiché il “segno è qualcosa attraverso la conoscenza del quale noi conosciamo qualcosa di più” (8.332)

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• Su questa idea Peirce fonda la dottrina filosofica del pragmatismo (poi pragmaticismo): il significato di un concetto è l’insieme dei suoi effetti concepibili, cioè dei suoi abiti, nell’insieme delle azioni concepibili (cfr. citazione di Peirce in Traini pp. 232-33)

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• 2.92 (…) La mediazione genuina è il carattere di un Segno. Un segno è qualsiasi cosa riferita a una Seconda cosa, il suo Oggetto, rispetto a una Qualità, in modo tale da portare una Terza cosa, il suo Interpretante, in rapporto con lo stesso Oggetto, e in modo tale da portarne una Quarta in rapporto con quell’Oggetto nella stessa forma, e così via ad infinitum. Il Segno perde il suo perfetto carattere significante se, e in quanto, tale serie è interrotta

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Ragionamento logico

Deduzione

* Regola Tutti i fagioli di questo sacchetto sono bianchi

* Caso Questi fagioli vengono da questo sacchetto

* Risultato Questi fagioli sono bianchi

Induzione

* Caso Questi fagioli vengono da questo sacchetto

* Risultato Questi fagioli sono bianchi

* Regola Tutti i fagioli di questo sacchetto sono bianchi

Abduzione

* Regola Tutti i fagioli di questo sacchetto sono bianchi

* Risultato Questi fagioli sono bianchi

* Caso Questi fagioli vengono da questo sacchetto

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Nella deduzione la conclusione scaturisce in modo automatico dalle premesse: date la regola e il caso, il risultato non può essere diverso e rappresenta semplicemente il rendere esplicito ciò che era già implicito nelle premesse. L'induzione consente invece di ipotizzare una regola a partire da un caso e da un risultato: essa si basa sull'assunzione che determinate regolarità osservate in un fenomeno continueranno a manifestarsi nella stessa forma anche in futuro.

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L'abduzione, secondo Peirce, è l'unica forma di ragionamento suscettibile di accrescere il nostro sapere, ovvero permette di ipotizzare nuove idee, di indovinare, di prevedere. In realtà tutte e tre le inferenze individuate permettono un accrescimento della conoscenza, in ordine e misura differente, ma solo l'abduzione è totalmente dedicata a questo accrescimento. È altresì vero che l'abduzione è il modo inferenziale maggiormente soggetto a rischio di errore.