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LA LOGICA DEI MODELLI

DI ALFRED TARSKI –––––––––––––

Gianfranco Basti

1st World Logic Day, January 14, 2019

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1. Bibliografia generale Testi di riferimento: 1) Tarski, “The concept of truth in the languages of the deductive sciences” (in

Polish, 1933). Expanded English Translation in: A. TARSKI, Logic, semantics, metamathematics: papers from 1923-1938, 2nd Edition, J. CORCORAN (ED.), Indi-anapolis, Hackett Publ. Comp., 1983, 60-109.

2) ID., “The concept of truth in formalized languages” (in German, 1936). English Translation in: A. TARSKI, Logic, semantics, metamathematics: papers from 1923-1938, 2nd Edition, J. CORCORAN (ED.), Indianapolis, Hackett Publ. Comp., 1983, 152-278.

3) ID., “On the calculus of relations”, Journ. Of Symbolic Logic, (6)1944, 73-89. 4) ID., “The semantic conception of truth”, Philosophy and phenomenological re-

search, 4(3)1944, 341-376. 5) TARSKI, R. VAUGHT, “Arithmetical extensions of relational systems”, Compositio

Mathematica, (13)1956, 81-102.

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Altri Testi: 6) R. MADDUX, “The origin of relation algebras in the development and axiomatiza-

tion of the calculus of relations”, Studia Logica 3/4 (1991), 421-455. 7) W. HODGES, “Tarski’s truth definitions”, 2018. In:

<https://plato.stanford.edu/archives/fall2018/entries/tarski-truth/> 8) W. HODGES, TH. SCANLON, “First order model theory”, 2018. In:

< https://plato.stanford.edu/archives/win2018/entries/modeltheory-fo/> 9) D. VAN DALEN, Logic and structure, Springer, Berlin, 1997. [VD] 10) S. GALVAN, Logica dei predicati, ISU, Milano, 2004. [GA1]

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2. INTRODUZIONE 2.1. L’itinerario di Tarski: dalla logica insiemistica alla logica algebrica

• I coniugi Anita e Solomon Feferman all’inizio della loro biografia su Tarski af-fermano esplicitamente – giustificando il nostro WLD: “ Along with his contemporary, Kurt Gödel, Tarski changed the face of logic in the twentieth century, especially through his work on the concept of truth and the theory of models."

• Altra preziosa notazione dei coniugi Feferman è che “Tarski often expressed great admiration for Charles Sanders Peirce, particularly for his pioneering work in the logic of relations” (cfr. (6)).

• I testi di Tarski (1)-(5) segnano le tappe salienti dell’itinerario di Tarski verso la tro-ria dei modelli (TM) e la sua semantica relazionale a base algebrica.

• Attuale evoluzione verso la Teoria delle Categorie (TC).

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• Per i nostri scopi, cominceremo comunque da (4) per attingere poi ai fondamentali (1-3) e alla TM relazionale di Tarski espressa in (5). Per questa ricostruzione cfr. (7).

• Infine, nelle sez. 3 e 4 accenneremo all’interpretazione-standard della TM basata su un metalinguaggio del second’ordine, ricordando solo che la via algebrico-relazio-nale inaugurata da Tarski ha portato dagli anni ’90 in poi ad uno sviluppo di una TM del primo ordine (cfr. la voce di SEP al riguardo) che trova la sua formalizza-zione più completa in TC.

2.2. La teoria semantica della verità (cit.(4)) • Iniziale riferimento di Tarski alla teoria aristotelica della verità come adeguazione

alla realtà, da Tarski interpretata come statica “corrispondenza alla realtà” e riferi-mento alla teoria scolastica delle suppositiones materialis et formalis.

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• Il presupposto concettualista alla base della logica matematica standard conse-

guente alla svolta linguistica (Fregeana):

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• Definizione generale di verità semantica come congiunzione di tutte queste nozioni

parziali di verità.

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• La condizione fondamentale per una siffatta teoria semantica della verità è che essa

si può applicare solo a linguaggi formalizzati “ovvero linguaggi la cui struttura sia esattamente specificata” secondo la seguente illustrazione che anticipa quella che oggi è la definizione standard di formalizzazione di un linguaggio.

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• Nei linguaggi “ordinari” infatti la nozione di “verità” e le altre nozioni semantiche sono troppo “vaghe” per poter essere oggetto di trattazione rigorosa.

• Per evitare ovvie antinomie semantiche come la famosa “antinomia del menti-

tore” riguardo questa concezione semantica della verità nei linguaggi formalizzati, si

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richiede che il metalinguaggio sia di ordine logico più alto di quello del linguag-gio oggetto.

• Il pregio della teoria semantica della verità è di rendere questa necessità evidente a chiunque, collegandola alla teoria scolastica delle suppositio, materiale quella del meta-linguaggio, formale quella del linguaggio-oggetto

• P.es., seguendo alla lettera Tarski, prendiamo la formula: “l’enunciato stampato sulla slide x alla riga y, non è vero”. Se sostituiamo questo enunciato (sentence) con il suo nome s, supponendo l’identità di s con detto enunciato e applicando lo schema (T) otteniamo: “s è vero se e solo se s non è vero”.

• Naturalmente ciò accade perché abbiamo supposto che il linguaggio esaminato possa contenere nomi dei suoi enunciati (p.es., s) e predicati come “è vero/non è vero” applicati a questi nomi che denotano proposizioni (= predicati che hanno per argomento proposizioni del linguaggio stesso).

o Le antinomie semantiche sorgono se un linguaggio pretende di essere meta-linguaggio di se stesso, ovvero, per usare la classica espressione resa famosa da Tarski, se è un linguaggio semanticamente chiuso .

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o Di qui l’inconsistenza dei linguaggi semanticamente chiusi necessità di-stinzione linguaggio-oggetto/meta-linguaggio.

• Necessità che il meta-linguaggio sia più ricco del linguaggio-oggetto cui si ap-plica, così da poter contenere tutte le equivalenze della forma (T) di cui sopra:

(T): X è vero se, e solo se, p • Ovvero, sia in grado di:

A. Contenere il linguaggio-oggetto con tutte le sue proposizioni p come sua parte;

B. Costruire i nomi X delle proposizioni del linguaggio-oggetto; C. Contenere termini logici del tipo “se e solo se”. D. Introdurre solo per definizione termini semantici come “è vero”.

• Una definizione di verità si può ottenere tramite un’altra nozione semantica, quella di soddisfazione, che è una relazione fra una funzione proposizionale (= espres-sione che contiene variabili libere: p.es., “x è bianco” o “x è maggiore di y”) e un certo numero arbitrario di oggetti.

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• Nei linguaggi formalizzati, si usa per questo una procedura ricorsiva partendo da funzioni proposizionali semplici e costruendo da queste funzioni proposizionali complesse (mediante tavole di verità per funzioni proposizionali del calcolo delle proposizioni).

• In tal caso, si può affermare che se una funzione proposizionale semplice è soddi-sfatta da un certo oggetto (o da un certo numero di oggetti nel caso di funzioni pro-posizionali a più argomenti), possiamo stabilire le condizioni sotto le quali oggetti di quel tipo soddisfano le sue funzioni complesse.

• Così, per esempio, data la funzione proposizionale complessa (disgiunzione) di tipo numerico “x è più grande di y o x è uguale a y” sappiamo immediatamente quali nu-meri la soddisfano se sappiamo quali numeri soddisfano almeno una delle due sem-plici che la compongono.

• Data perciò una siffatta definizione ricorsiva di soddisfazione, essa si può appli-care anche alle proposizioni corrispondenti, ovvero a funzioni proposizionali senza variabili libere, affermando semplicemente che “una proposizione è vera se soddi-sfatta da tutti i suoi oggetti e falsa altrimenti”.

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• Il pregio della teoria tarskiana emerge a questo punto dall’aver egli usato la defini-zione ricorsiva e quindi costruttiva di soddisfazione per definire formalmente quella di verità.

• Il che lega la sua teoria semantica direttamente ai due teoremi di incompletezza di Gödel che di per sé non fanno menzione di una teoria della verità come proprietà esclusiva dei meta-linguaggi e mai dei linguaggi-oggetto, se non in maniera definita da Tarski stesso “intuitiva”.

• I punti fondamentali sono i seguenti: A. Una funzione proposizionale può contenere di per sé un numero arbi-

trario di variabili libere. B. In tal caso la nozione ricorsiva di soddisfazione varia con il numero

delle variabili delle funzioni proposizionali. Infatti, se le funzioni propo-sizionali sono unarie, la relazione di soddisfazione sarà una relazione bi-naria fra queste funzioni e i loro oggetti singoli; se sono binarie sarà ternaria fra queste funzioni e coppie di oggetti, e così via. Quindi

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avremo a che fare non con una nozione di soddisfazione, ma con infinite da introdurre tutte simultaneamente.

C. Per evitare questa difficoltà occorre dunque parlare di “sequenze finite di oggetti con un numero arbitrario di termini”. In tal modo, pos-siamo definire la soddisfazione “non come una relazione a molti-termini, fra funzioni proposizionali e un numero indefinito di oggetti, ma come una relazione binaria fra funzioni e sequenze (ordinate) di oggetti”. In tal caso “una proposizione vera può essere ora definita come quella che è soddisfatta da qualsiasi sequenza”.

• E’ evidente, anche se implicito, il riferimento qui alla teoria degli insiemi e quindi a una interpretazione insiemistica della teoria semantica della verità. Parlare della necessità di “sequenze finite con un numero arbitrario di termini” significa di fatto riferirsi a “insiemi totalmente ordinati (con un numero arbitrario anche infinito di elementi)”, dove cioè non sono ammesse sequenze infinite di inclusioni. Si tratta dunque per Tarski di insiemi ben-fondati come quelli di ZF per cui vale “l’assioma di regolarità” che garantisce la non auto-inclusione di insiemi, e quindi che non esi-stano sequenze infinite di inclusioni fra insiemi.

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• D’altra parte, il riferimento alla teoria degli insiemi e alla definizione di soddisfa-zione di una formula mediante procedure ricorsive di enumerazione completa dell’insieme-potenza di un dato insieme – ricordiamo che le classi che soddisfano i predicati di formule proposizionali sono, in una semantica insiemistica, definite su unioni e intersezioni dell’insieme-potenza di un dato insieme –mediante la funzione caratteristica di quell’insieme che per definizione non può appartenere a quell’in-sieme, fanno sì che il “nome” della proposizione soggetto del meta-predicato “è vero” nella teoria semantica della verità coincida col numero di Gödel di quella formula

• Tutto ciò rende immediato il legame della teoria semantica della verità di Tarski con i due teoremi di incompletezza di Gödel – legame affermato esplicitamente da Tarski nelle due note 17 e 18 della citazione sottostante – da cui derivano due conse-guenze fondamentali per una teoria semantica della verità e cioè: 1. Che la nozione di verità non coinciderà mai con quella di provabilità poiché

tutti gli enunciati (ricorsivamente) provabili sono veri, ma non tutti i veri sono provabili;

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2. Che tutte le discipline formalizzate cui applichiamo la teoria semantica della ve-rità sono consistenti ma incomplete. Cioè di due proposizioni contraddittorie al massimo una è provabile (= consistenza), ma esisteranno sempre coppie di enun-ciati contraddittori nessuno dei quali è provabile (= indecidibili), il che rende ne-cessariamente incompleta qualsiasi teoria formalizzata.

• Ciò significa, come vedremo in §4.3, che la versione non-formalizzata di una teoria

non coinciderà mai con la sua versione formalizzata, a partire dalla teoria dei nu-meri naturali (aritmetica elementare) cui i Teoremi di Gödel si riferiscono, perché

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non tutti gli enunciati veri nella prima possono essere provati (ricorsivamente) veri nella seconda.

2.3. Indefinibilità della nozione assoluta di verità (cit. (2))

• Tutte le nozioni trattate nell’articolo di cui alla cit. (4) oggetto della sottosezione §3.2 precedente, erano state rigorosamente definite e dimostrate nell’articolo di cui alla cit. (2). In una parola, l’articolo (4) può definirsi come una versione filosofica di (2).

• In particolare in (2) ci interessano le conclusioni riguardo, da una parte, alla possibi-lità di una definizione formale generale di verità semantica, valida cioè per qual-siasi proposizione di un linguaggio formalizzato, dall’altra alla impossibilità di una definizione formale assoluta di verità semantica.

• Per capire questa distinzione, occorre introdurre il principio generale della teoria se-mantica della verità per cui il meta-linguaggio, per costruire una definizione consi-stente di verità, dev’essere di ordine superiore a quello del linguaggio-oggetto.

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• Ciò viene sinteticamente espresso nel Postscritto dell’articolo (2) dove Tarski af-ferma questo principio (p.273):

• Di qui l’ovvia conseguenza che è possibile una definizione formale generale di ve-

rità semantica (cfr. come congiunzione di verità parziali o modelli cfr. slide 7) solo per linguaggi formalizzati di ordine finito, mentre è impossibile una definizione formale assoluta di verità semantica, cioè per linguaggi di ordine infinito. Ciò è af-fermato nel Sommario che conclude l’articolo (p. 265).

• Naturalmente la nozione di categoria logica – da non identificarsi tout court con quella algebrica di “categoria” in TC – suppone che la congiunzione di verità par-ziali o modelli appartenenti a quella categoria è di un numero infinito di modelli necessità di una logica infinitaria non-costruttiva del secondo ordine nella mate-matica standard.

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• Una conclusione che immediatamente dopo Tarski estende a qualsiasi nozione se-

mantica, non solo la verità, cioè, ma anche la consistenza, la correttezza, la com-pletezza, etc. di un linguaggio.

2.4. Passaggio alla teoria dei modelli, ovvero a una semantica relazionale della verità (cit.(5))

• L’impossibilità di una definizione assoluta di verità semantica e la possibilità di una definizione generale di verità semantica per coppie linguaggio/meta-linguaggio di ordine finito evidenzia il carattere relazionale della semantica fra ordinamenti fi-niti di insiemi che ha portato Tarski, a partire dalla cit. (3) a sviluppare una versione

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assiomatizzata dell’algebra triadica delle relazioni di Peirce sotto forma di un vero e proprio calcolo delle relazioni fra strutture algebriche.

• Passaggio alla definizione relazionale della verità semantica in teoria dei mo-delli sviluppato nella cit. (5) del 1956.

• Principale differenza con la teoria semantica della verità sviluppata in (2) e in (4) è che mentre in esse abbiamo soltanto costanti – come le costanti logiche, ovvero i predicati proposizionali ∧, ∨, etc. o ogni altro termine dal significato fisso – e varia-bili senza un significato indipendente e che sono considerati semplicemente argo-menti dei quantificatori, nella teoria dei modelli abbiamo tre livelli di simboli: 1. Le costanti logiche; 2. Le variabili; 3. Simboli senza un significato fisso, ma con significati dipendenti dalle partico-

lari strutture cui si applicano. P.es., costanti non-logiche come simboli di rela-zione, simboli di funzione e constanti individuali, come pure simboli di quantifi-cazione ∀ e ∃ con specificato il dominio di oggetti cui si applicano (=indicizzati).

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• In pratica, nella definizione di verità semantica della teoria dei modelli le proposi-zioni o enunciati hanno valori di verità dipendenti dai contesti cui si applicano e specificati da assiomi e definizioni delle costanti non-logiche utilizzate.

• In una parola, le costanti non-logiche non sono variabili, ma descrizioni definite di stati-di-cose in cui il riferimento dipende dai contesti di uso.

• Diverse evoluzioni ed applicazioni della teoria dei modelli di Tarski, sia per se-mantiche del secondo ordine infinitarie che del primo ordine finitarie.

• Possibilità di applicare la teoria dei modelli a logiche infinitarie dove cioè me-diante opportuni assiomi si suppone al secondo ordine l’esistenza di insiemi attual-mente infiniti come in tutta la matematica e la logica standard di ispirazione plato-nica → uso di quantificatori definiti su un dominio infinito di quantificazione, per cui, p.es., ∀x,y F(x,y) se e solo se vi è un insieme infinito di elementi X tale che per tutti a e b in X, F(a,b).

• Possibilità anche di utilizzare quantificatori indicizzati per definire il contesto d’uso su cui si applicano. Particolarmente nella teoria dei modelli di Kripke, fon-damentali per le logiche modali e intuizioniste, vi sono due possibilità:

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1. O attingere per questo scopo a un insieme di indici definito sulla totalità dei mondi possibili della sua semantica indicizzazione dei quantificatori mediante un numeratore comunque del secondo ordine;

2. O riferirsi ad una sintassi di insiemi non-ben fondati dove è possibile avere ca-tene discendenti infinite di sotto-insiemi e quindi di sotto-formule, definite su strutture ad albero di insiemi parzialmente ordinati, confrontabili dunque solo alla loro radice comune, e dove perciò mediante opportune restrizioni sui sot-toinsiemi ammissibili (p.es., sui mondi accessibili a partire da un dato mondo lungo diversi percorsi di accessibilità) si possono indicizzare progressivamente i quantificatori mediante procedure ricorsive parziali (= le uniche effettivamente computabili in base ai Teoremi di Gödel). Esse, ovviamente non giustificano né suppongono un’indicizzazione simultanea di tutti i possibili quantificatori dell’universo di mondi possibili come nel caso precedente, ma per ciò stesso consentono una semantica finitaria del primo or-dine in teoria dei modelli.

• [Per altre possibili evoluzioni della teoria dei modelli di Tarski come semantiche del primo ordine, che sono quelle oggi più interessanti, soprattutto per applicazioni in

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informatica e in filosofia formale, cfr. il sintetico e molto ben fatto articolo della Stanford Encyclopedia of Philosophy al riguardo di cui alla cit.(8)].

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3. ELEMENTI DI LOGICA DELLE PROPOSIZIONI [GA2, 13-64]

3.1. Cenni di sintassi

3.1.1. Linguaggi ordinari, simbolici, formali Ogni teoria scientifica (scienze naturali, matematiche, metafisiche) si presenta come un sistema di deduzioni valide, a partire da un insieme di assiomi (formule a zero pre-messe) e di regole di deduzione. Distinzione fra l’analisi grammaticale dei linguaggi ordinari e l’analisi logica dei lin-guaggi simbolici: distinzione fra periodo/proposizione vs. distinzione proposizione semplice (categorica, atomica)/proposizione complessa = formule distinzione fra formule del linguaggio-oggetto (= linguaggio simbolizzato della teoria oggetto dell’analisi) e formule del metalinguaggio (= linguaggio simbolizzato della teoria lo-gica mediante cui si effettua l’analisi, generalmente quello della teoria degli insiemi).

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Nell’analisi logica ogni teoria o insieme di formule considerata come un sistema for-male che sintatticamente significa un calcolo CA costituito da un linguaggio L e da un insieme di regole deduttive D CA = <L,D>. L costituito da un alfabeto A e regole di formazione F L=<A,F>. Il metalinguaggio in cui è costituito CA e dimostrati i metateoremi che riguardano le proprietà di CA è anch’esso un calcolo metateorico, con un suo linguaggio, un suo in-sieme di regole, un suo alfabeto. Il metalinguaggio della logica delle proposizioni è il calcolo proposizionale classico k = <Lk,Dk> con L=<Ak,Fk> (= cosiddetto calcolo dei sequenti di Gentzen: catene di-mostrative come sequenza di formule). Ak di k costituito dai seguenti segni (teorici e metateorici)

Linguaggio Metalinguaggio a. Variabili proposizionali: p,q,r,…

a. Metavariabili proposizionali: α,β,γ,…

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b. Costanti proposizionali: ¬,∧,∨,→,↔

b. Metacostanti proposizionali: non,:=(et,vel,⇒,⇔) om,ex

c. Segni ausiliari: ( , )

c. Segni ausiliari: ( , )

• L’insieme {Fk} delle regole di formazione di formule che appartengono all’insieme

X delle formule ammissibili in k è costituito dalle clausole della seguente defini-zione induttiva delle formule per k, a partire da formule atomiche (base) verso for-mule molecolari (passo): i. p,q,r,…sono formule (atomiche) ii. se a è una formula allora ¬α è una formula iii. se a,b sono formule, allora ogni ab è una formula iv. non ci sono altre formule

(le clausole ii-iv riguardano le formule molecolari di k)

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• Sequenza derivabile “Xα”: sequenza di formule costituito da una formula sulla destra (consequente) e da un insieme (non ordinato) di formule X (anche infinito: an-tecedente) sulla sinistra del segno di derivazione “”, ottenuta mediante l’applica-zione di una delle insieme delle regole di derivazione {Dk}.

o Ordine delle assunzioni nell’antecedente non è rilevante o Ripetizione delle assunzioni non è rilevante vanno eliminate o Antecedenti di certe sequenze possono essere costruiti attraverso operazioni

insiemistiche (p.es.: X∪Y) antecedente Xa sta per X∪{α}come pure ante-cedente a in αβ sta per {α}β.

3.1.2. Regole primitive di derivazione

1. Assunzione a zero premesse (A) Xα (se α∈X)

Caso notevole: αα.

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Tutti gli assiomi di una teoria sono assunzioni a zero premesse.

2. Introduzione congiunzione nel conseguente (I∧) Xα Yb

____________

X∪Ya∧b

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3. Eliminazione della congiunzione nel conseguente (E∧) Xa∧b

____________

Xa/b

4. Introduzione della disgiunzione nel conseguente (I∨) Xa

____________

Xa∨b/b∨a

5. Introduzione della disgiunzione nell’antecedente (∨I) Xαg

Yβg

____________

X∪Ya∨bg

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6. Introduzione dell’implicazione nel conseguente (I→) Xab

____________

Xa→b

7. Modus Ponens (MP) Xa

Ya→β

____________

X∪Yb 8. Negazione classica (¬k)

X¬ab

Y¬a¬β

____________

X∪Ya

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Formalizzazione della classica argomentazione per assurdo perché ammette che, se un certo insieme (X∪Y) di premesse che nega una certa conclusione (cioè: ¬a) porta a contraddizione (b∧¬b), allora vale a.

3.1.3. Teorema di finitezza sintattica per il calcolo (k) Xa⇒(exZ)(F(Z) et Z⊆X et Za

Se a è derivabile da X, allora esiste un sottoinsieme finito proprio o improprio di X tale che da esso è derivabile a. Infatti, o la derivazione prende le mosse da A (Xa,

aa) o comunque da derivazioni con un numero finito di premesse, cosicché anche iterando si hanno comunque insiemi finiti di formule. Pertanto anche nell’ultima deri-vazione si avrà un numero finito di premesse. Teorema importante perché se è vero che le nozioni sintattiche sono finitarie, mentre quelle semantiche non lo sono, tuttavia quando il calcolo è completo, la nozione

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infinitaria di conseguenza logica (semantica) è interscambiabile con quella finitaria di derivazione (sintattica).

3.1.4. Regole derivabili di (k) • Ottenute per riduzione di successive applicazioni di regole primitive, assumendo le

premesse come ipotesi (H). 1. Rafforzamento delle premesse (RP)

Xb ____________

Xab Derivazione: Xb H

aa A

Xab∧α I∧

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Xab E∧

2. Concatenazione (KS) Xa

Yab ____________

X∪Yb Derivazione: Yab H

Ya→b I→

Xα H

X∪Yb MP

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3. Negazione intuizionistica (Regola dello Pseudo Scoto) (¬i) Xa

Y¬a

____________

X∪Yb Derivazione: Xa H

X¬ba RP

Y¬b¬α H

X∪Yb ¬k

Calcolo intuizionistico si ottiene da k sostituendo ¬k con ¬i e aggiungendovi la regola ¬j. Mentre, se si sostituisce ¬k con la sola ¬j si ottiene il calcolo minimale. L’impor-tanza della regola ¬i è conosciuta fina dal ME come regola dello Pseudo Scoto, ex

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contradictione sequitur quodlibet. Logiche dialettiche che ammettono la contraddi-zione devono negare questa regola, pena la loro completa banalizzazione = logiche non scotiane.

4. Doppia negazione classica (DN1) X¬¬a

____________

Xa

Derivazione: X¬¬a H

X¬a¬¬a RP

¬a¬α A

Xa ¬k

Dalla negazione di una formula negata è derivabile la formula non negata.

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5. Negazione minimale (¬j) Xab

Ya¬b

____________

X∪Y¬a

Derivazione: Xab H

¬¬a¬¬a A

¬¬aα DN1

Ya¬b H

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¬¬a¬¬a A

¬¬aα DN1

Y¬¬a¬b KS

X∪Y¬a ¬k

Assunta una proposizione che porta a contraddizione, tale proposizione va negata. Calcolo intuizionistico estensione (con ¬i come ulteriore primitivo) del calcolo mini-male. D’altra parte sia calcolo intuizionistico che minimale inclusi nel calcolo classico, poiché le altre due regole di negazione derivabili in ¬k.

6. Contrapposizione (C) Xab

____________

X¬b¬a

Derivazione:

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Xab H

¬b¬b A

a¬b¬b RP

X¬b¬a ¬j

Se una proposizione è condizione necessaria per un’altra, il non valere della condi-zione necessaria implica il non valere dell’altra.

7. Esaustione (E) Xab

Y¬ab ____________

X∪Yb Derivazione:

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Xab H

X¬b¬a C

Y¬ab H

Y¬b¬¬a C

X∪Yb ¬k

E assomiglia soltanto alla regola primitiva ¬k del calcolo k. La formula derivata nella conclusione infatti è affermata non perché la contraddizione era nelle formule derivate come nella regola ¬k, ma nelle premesse. Per arrivare alla conclusione occorreva dun-que spostare la contraddizione alle formule derivate nelle premesse, cosa che si è otte-nuta mediante la doppia applicazione della regola di contrapposizione C alle due pre-messe.

8. Principio del terzo escluso (TE)

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a∨¬a

Derivazione: aa A

aa∨¬a I∨

¬a ¬a A

¬a a∨¬a I∨

a∨¬a E

TE, E e ¬k sono strettamente connesse. Infatti, per derivare TE è indispensabile E che a sua volta suppone ¬k.

9. Principio di non contraddizione (NC) ¬(a∧¬a)

Derivazione:

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a∧¬a¬a∧¬a A

a∧¬a¬a E∧

a∧¬aa E∧

¬(a∧¬a) ¬j

Il fatto che NC sia ottenuto solo dalla regola di negazione minimale ¬j, mostra che è una regola derivabile in tutti i calcoli proposizionali (classico, intuizionistico e mini-male). Ed è una prova che TE e NC non sono equivalenti. E’ notevole inoltre il fatto che TE e NC siano formule derivabili a partire da un in-sieme vuoto di assunzioni, così da giustificare il fatto che siano “principi”. Ciò signi-fica che sebbene siano regole sintattiche dei rispettivi calcoli — NC di k, i, j, TE del solo k — pur tuttavia, da esse non possa essere derivato alcunché, non possono cioè essere poste come premesse in alcuna derivazione di regole. Una proprietà questa ben nota anche agli antichi che per questo li definivano “principi primi”.

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3.2. Cenni di semantica • Semantica s’interessa delle relazioni fra linguaggio e ciò di cui il linguaggio parla

nozione di interpretazione mediante cui si attribuisce a ogni variabile proposizio-nale una valore di verità = dire se lo stato di cose espresso da quella variabile è rea-lizato o meno si attribuisce a quella variabile il valore 1 o 0.

3.2.1. Definizioni preliminari 1. Interpretazione (I)

V sia l’insieme delle variabili proposizionali di k: I:V→{0,1} • I è una funzione che associa ad ogni variabile: p, q, r,…un valore di verità: I(p)=1,

I(q)=0, I(r)=1, … è un’interpretazione. o Proprietà di vero-funzionalità dei connettivi logici ¬p, pq: è possibile as-

segnare univocamente un valore di verità a ciascuna delle proposizioni com-poste a partire dai soli valori di verità delle proposizioni atomiche compo-nenti, in base alle seguenti tavole di verità dei connettivi logici:

¬ 0 1 1 0

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∧ 0 1 0 0 0 1 0 1

∨ 0 1 0 0 1 1 1 1

→ 0 1 0 1 1 1 0 1

↔ 0 1 0 1 0 1 0 1

o Le tavole si leggono nel modo seguente: il primo argomento è preso dalla co-lonna all’estrema sinistra e il secondo argomento dalla prima riga.

o Una proposizione composta è detta una tautologia o legge logica se acqui-sterà valore 1 per qualsiasi valore di verità sia assegnato alle proposizioni ato-miche componenti (ovvero, per qualsiasi interpretazione delle variabili).

2. Formula vera (I a) Dove (I a) è da leggersi come: “a è vera in I”, “I è modello di a”, “I rende vera a”.

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Definizione induttiva di formula vera usando il simbolo “≡” (coincide) come segno dell’identità notazionale. “a≡p” sta per “a è (coincide con) p”.

i. a≡p I p ⇔ I (p) = 1

ii. a≡¬b I ¬b ⇔ non I b ⇔ I b

iii. a≡bg I bg ⇔ I b I g

3. Verità di un insieme di formule (I X) I X ⇔ (om a∈X) (I a) I è modello di X se e solo se è modello di tutte le formule appartenenti a X.

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4. Soddisfacibilità di una formula (Sod a) Sod a ⇔ (ex I∈X) (I a)

5. Soddisfacibilità di un insieme di formule (Sod X) Sod X ⇔ (ex I) (om a∈X) (I a)

6. Conseguenza logica (Xa) Xa ⇔ (om I)(I X⇒I a) a è conseguenza logica di un insieme di formule X se e solo se tutte le interpre-tazioni che sono modello di X sono anche modello di a.

7. Formula valida (a) a ⇔ (om I)(I a) Una formula valida è una conseguenza logica a partire dall’insieme vuoto di as-sunzioni

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3.2.2. Correttezza e completezza di (k) • Correttezza sintattica di k: k è un calcolo corretto ⇔ ad ogni sequenza derivabile

in k corrisponde una conseguenza logica. • Completezza semantica di k: k è un calcolo completo ⇔ ad ogni conseguenza lo-

gica corrisponde una sequenza derivabile di k. • Naturalmente i teoremi di completezza e correttezza di k non sono teoremi di k, ma

teoremi su k, ovvero metateoremi su k. La logica usata per dimostrarli è un esten-sione predicativa della logica proposizionale classica. L’applicazione di tale logica a livello metateorico non riguarda però i legami delle proposizioni del linguaggio-og-getto con gli oggetti della realtà, ma i legami delle espressioni con le proposizioni del linguaggio-oggetto e delle loro proprietà.

3.2.3. Teorema di correttezza del calcolo (k) Xa ⇒Xa

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• Questa tesi si dimostra induttivamente a partire dal caso più semplice indicato nella tesi stessa ed in sé abbastanza ovvio (perché se a∈X e quindi Xa, allora è ovvio supporre che per una generica I: IX⇒Ia), a tutte le formule molecolari derivabili in X che contengono i principali connettivi logici (Cfr. GA2, pp.48ss.).

3.2.4. Teorema di completezza del calcolo (k) Xa ⇒Xa

• La dimostrazione dell’enunciato del teorema richiede due passi intermedi:

Definizione di insieme consistente di formule (Cons X) Cons X ⇔ (exa)(Xa)

⇔Xa∧¬a

• L’equivalenza delle due formulazioni deriva dalla validità in k della regola ¬i. In-fatti, da questa, se Xa∧¬a, allora (omb)(Xb) e, quindi non(exa)(Xa).

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Viceversa, se Xa∧¬a, allora la stessa contraddizione a∧¬a può essere presa come una delle formule riguardo alle quali si dichiara la non derivabilità nella prima formulazione della definizione.

Lemma di riduzione (omX)(ConsX⇒SodX)⇒(omX)(Xa⇒Xa)

• Cioè, se la consistenza implica la soddisfacibilità — implica che esista un modello per tale insieme —, allora vale la completezza (per la dimostrazione, vedi GA2, 53ss.).

• Per dimostrare la completezza di k basta perciò dimostrare l’ipotesi, che cioè, dato un qualsiasi insieme di formule X, ConsX⇒SodX. Per poter però costruire un mo-dello di X e quindi rendere X soddisfacibile, bisogna passare per un altro passo in-termedio: dimostrare che esista un insieme massimale (un’estensione massimale) di X che lo contenga.

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• Quindi, basandosi su alcune proprietà degli insiemi massimali come la chiusura e la completezza rispetto ai segni logici, si può passare alla costruzione di un modello per X.

1. Un primo passo in questa direzione è definire il concetto di insieme massimale e quindi l’esistenza di insiemi massimali per insiemi consistenti di formule (Lemma di Lindebaum).

2. In un secondo momento, dopo aver introdotto la nozione di insieme chiuso ed aver enunciato le proprietà di completezza, si dimostrerà che gli insiemi massi-mali (e le estensioni massimali di insiemi consistenti) sono chiusi e soddisfano queste proprietà.

Definizione di insieme massimale MaxX⇔ConsX et (omY)(X⊂Y⇒non ConsY)

• Cioè, un insieme X è massimale sse è consistente e qualsiasi insieme che lo include propriamente (ossia, qualsiasi altra sua estensione propria, che include cioè qualche formula in più rispetto a X) è inconsistente.

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Lemma di Lindebaum ConsX⇒(exY)(Y⊇X et MaxY)

• Cioè, dato un insieme consistente, esiste una sua sua estensione massimale. • La dimostrazione di questo lemma si basa sulla possibilità di enumerare tutte le for-

mule di L(k). Un metodo è quello di enumerare tutti i segni appartenenti a k, quindi tutte le n-ple di segni e quindi scegliere fra queste ultime la successione delle for-mule.

• Dato perciò l’insieme consistente di formule X e che la sequenza di formule a1, a2, a3,… sia un’enumerazione delle formule appartenenti a L(k), occorre dimostrare che esiste un’estensione massimale di X.

• Ciò si ottiene dimostrando induttivamente la nozione di insieme di formule Xi: 1. Base: X0=X

2. Passo: { } { }

{ }1 1

11

X se XX

X se Xi i i

ii i

Consnon Cons

α αα

+ ++

+

∪ ∪= ∪

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• In tal modo, si può comprendere che, dato che in questo modo si persegue iterativa-mente (meccanicamente) la costruzione di insiemi sempre più estesi dell’insieme di partenza, visto che essi crescono monotonamente (cioè, X0⊆ X1⊆ X2…), si possa al-fine giungere alla costruzione dell’insieme massimale Y di X. La dimostrazione è in GA2, 55ss..

• Una volta dimostrato il Lemma suddetto, si passa alla dimostrazione che gli insiemi massimali godono della proprietà di chiusura e completezza rispetto ai segni logici di k.

Definizione di chiusura di X (Ch X). ChX⇔(oma)(Xa⇒a∈X)

• Cioè, un insieme è chiuso se contiene tutte le formule in esso derivabili.

Definizione di completezza rispetto ai segni (connettivi) logici • Si dice che un insieme X gode della proprietà di completezza rispetto a ¬, , cioè la

completezza vale per X[k¬, k), sse:

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α X α X¬ ∈ ⇔ ∉ ab∈X⇔a∈X b∈X

Teoremi sugli insiemi massimali • Si passa quindi alla dimostrazione che gli insiemi massimali godono della proprietà

di chiusura e di completezza rispetto ai segni logici… (vedi GA2, 57ss.)

Teorema di completezza di (k) • Fatto questo, si può passare alla dimostrazione del teorema di completezza del cal-

colo k: (omX)(ConsX⇒SodX) • Tale dimostrazione si ottiene a partire dal Lemma di Lindebaum, cioè che esiste

un’estensione massimale di X, Y, e che per ogni p valga la seguente interpretazione I:

I(p)= 1 ⇔ p ∈ Y ( ) 0 YI p p= ⇔ ∉

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Dato questo, la dimostrazione prosegue utilizzando le proprietà di chiusura e comple-tezza degli insiemi massimali per costruire il modello I che soddisfi Y e dunque anche X, parte propria di Y. (Cfr. GA2, 62ss.)

Finitezza semantica di k • Dimostrata la finitezza sintattica di k si può dimostrare come corollario della com-

pletezza semantica di k la finitezza semantica di k, ossia la sua compattezza.

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4. ELEMENTI DI LOGICA DEI PREDICATI 4.1. Cenni di sintassi

• Il linguaggio è costituito da un alfabeto A e regole di formazione F L=<A,F>.

4.1.1. Alfabeto • Quattro categorie di segni:

1. Variabili individuali: x, y, z, … con eventuali indici sottoscritti. Talvolta questi segni sono presi anche come segni metateorici di variabili.

2. Costanti Predicative: 1 1 11 2 32 2 2

1 2 33 3 3

1 2 3

P P P

P P P

P P P

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Dove P è un segno per una proprietà o relazione e, in generale nkP è la k-esima costante

predicativa ad n posti (n-adica) che indica una relazione fra n individui. 3. Segni logici:

a. Connettivi logici: ¬,∧,∨,→,↔ [:=(∧,∨,→,↔)] b. Quantificatori: ∃, ∀ c. Segni ausiliari: ( , )

4.1.2. Regole di formazione: • FF: Regole di formazione delle formule a: coincidono con le clausole della defini-

zione induttiva di formula: Base: ( )n

k 1 nP x x è una formula elementare

Passo: a) formule molecolari; b) formule quantificate a) ¬a è una formula; ab è una formula b) ∀xa è una formula; ∃xa è una formula; nient’altro è una formula

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4.1.3. Teoria della sostituzione • Intuitivamente, è possibile sostituire nella formula a(x) x con y così da ottenere

a(y); oppure da a(x, y) è possibile ottenere a(z, z) per sostituzione di ambedue con z. Quali sono le sostituzioni legittime e quali e qual è il comportamento dei vari ope-ratori di sostituzione è oggetto della teoria della sostituzione.

Operatore di sostituzione per termini yxz∆

• Con yxz∆ s’intende la sostituzione della variabile x con la variabile y nel termine

coincidente con la variabile z. Se z coincide con y allora il risultato sarà z, altrimenti il risultato sarà nullo, cioè:

yx

y se z xz

z se z x≡

∆ ≡ ≡

Operatore di sostituzione per formule yxα

La definizione è induttiva:

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Base: a è atomica, cioè a ≡ Px1…xn . Allora: ( )y y y

1 n x 1 x nxP x x P x x≡ ∆ ∆

Passo: a è molecolare o quantificata a) a è molecolare:

Se a ≡ ¬a1 allora ( ) ( )y y1 1xx

α α¬ ≡ ¬

Se a ≡ a1a2 allora ( )y y y1 2 1x 2xx

α α α α≡

b) Se a è quantificata (1) a ≡ ∀za1 allora:

( ) ( )yy 1x

1 x1

z α se x zzα

zα se x z

∀ ≡∀ ≡

∀ ≡

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La seconda alternativa indica che se la variabile è quantificata non è più libera e quindi non può essere sostituita (2) a ≡ ∀za1 allora, come sopra:

( ) ( )yy 1x

1 x1

z α se x zzα

zα se x z

∃ ≡∃ ≡

∃ ≡ Questi esempi mostrano che non tutte le sostituzioni sono legittime criterio di le-gittimità:

Criterio di sostituzione legittima • La sostituzione di x con y è legittima in a, cioè y

xLeg α , quando y non viene a tro-varsi vincolata a sostituzione avvenuta. P.es.:

1) ( )

1

yn n1 n-1 n 2 n-1 nx

xP x x x xP y x x x∀ ≡∀

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Vale cioè:

( )1

yn1 n-1 n x

Leg xP x x x∀

2) ( )yn n1 n-1 n 1 n-1 nx

xP x x x xP x x x∀ ≡∀ La sostituzione è nulla quindi è ipso facto legittima, cioè:

( )yn1 n-1 n x

Leg xP x x x∀

3) ( )( ) ( )1

xn n1 n-1 n n-1 nx

x P x x x x P x x x∀ ≡ ∀

Perché dopo la sostituzione x risulterebbe legata, dunque:

( )( )1

xn1 n-1 n x

Non Leg x P x x x∀

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4.1.4. Calcolo C dei predicati

1. Regola di assunzione A Xa (se a∈X)

2. Regola di sostituzione yxS

Xa ________

y yx x(X) α

Se y yx xLeg α e Leg (X)

3. Regole della parte proposizionale di C Valgono tutte le regole primitive di derivazione del calcolo proposizionale

4. Regole della parte predicativa di C: Regola di introduzione del quantificatore universale I∀

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Xa ________ X∀xa

Sotto la condizione che x non appaia liberamente in X, ovvero che non si siano fatte ipotesi particolari su x. E’ da notare il carattere infinitario e quindi creativo della regola in quanto consente di aumentare effettivamente le nostre conoscenze, ovvero di aumentare l’informa-zione disponibile. Infatti suppone la seguente definizione del quantificatore universale: ∀x(a) := a(x1) ∧ a(x2) ∧… Regola di eliminazione del quantificatore universale E∀ (esemplificazione) X∀a ________ Xa

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Regola di introduzione del quantificatore esistenziale: I∃ Xa ________ X∃xa

4.4. Regola di introduzione del quantificatore esistenziale nelle premesse ∃I Xab ________ X∃ab

Sotto la condizione che x non sia libera né in X, né in b. E’ un’altra regola infinitaria perché suppone la seguente definizione del quantificatore universale: ∃x(a) := a(x1) ∨ a(x2) ∨…

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Inoltre è creativa perché, indebolendo una premessa col passare da un esempio a una semplice assunzione di esistenza, di fatto implica il passaggio ad una situazione logi-camente più complessa.

4.2. Cenni di semantica 4.2.1. Nozioni fondamentali

• Sia data una esemplificazione del linguaggio dei predicati L. Indicando con L tale esemplificazione e supponendo che sia provvista di n costanti predicative P1, P2, …, Pn abbiamo:

• Def. 1: L-struttura A

A è detta L-struttura (o struttura per L) se e solo se A è una n+1-pla costituita da un in-sieme non vuoto di individui A e da n attributi definiti su A:

1 n 1 nA, P , ,P A, P ,...,P=

A AA = A è detto supporto di A . Gli individui di A si designano con i segni metateorici

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x, y, z, ... Solo questi possono essere interpretati come variabili, mentre i segni meta-teorici iP possono essere interpretati solo come costanti. Es.: struttura dell’ordinamento dei numeri naturali:

{ }

N, P

N, < 0,1,2 ,

=== <

<N<N

• Def. 2: Interpretazione di L sulla L-struttura A, IA Si dice interpretazione di L sulla L-struttura A una funzione IA tale che:

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i i i

I (x) =xI (y) =yI (z) =z...............I (P ) =P P=

A

A

A

AA

Vi possono essere varie interpretazioni I’A di una medesima struttura A per il valore diverso associato alle variabili, ma mai ai predicati, p.es.:

i i

I' (x) =yI' (y) =xI (z) =z...............I' (P ) = I (P )

A

A

A

A A

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• Tutte le interpretazioni di L sulla L-struttura A rendono vera la formula a∈L. Ovvero tutte le interpretazioni di L su A che si differenziano esclusivamente per il valore assegnato alle variabili rendono vera la formula a di L.

• Tutte le interpretazioni di L rendono vera la formula a di L. Ciò significa: tutte le interpretazioni di L su qualche (qualsiasi) L-struttura A rendono vera a.

• Problema: cosa significa “rendere vera” = soddisfare.

• Def. 3: Reinterpretazione di IA rispetto a x su ( ) xx

x I

I : interpretazione su che differisce da I

al massimo per il valore associato a x tale che I (x) = x

=xx

xx

AA

• Def.4: Formula L vera in un’interpretazione di L su una L-struttura A = IAa

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Definizione induttiva:

Base: n

1 nα P x x≡

( ) ( ) ( )n n1 n 1 nI P x x I P vale di I x I x⇔A A A A

Passo: 1) a ≡ b g

IA b g ⇔ IA b IA g

2) a ≡ ∀xb

IA ∀xb ⇔ ( )( )x

xom x A I β∈

A

3) a ≡ ∃xb

IA ∃xb ⇔ ( )( )x

xex x A I β∈

A

• Def. 5:Coincidenza di I con I’ rispetto alle variabili libere in a

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αI= I' (om x)(Lib x in α I(x) = I'(x))⇔ ⇒

4.2.2. Teorema di coincidenza:

( )α

I I' I α I' α= ⇒ ⇔ Inoltre, date le seguenti definizioni, si possono enunciare (per la dimostrazione riman-diamo al testo di Galvan, [Cfr. GA1, pp.131-170]) i seguenti teoremi di correttezza, consistenza e completezza (semantica) per il calcolo dei predicati • Def. 6: Conseguenza logica (Xa)

Innanzitutto: IA X ⇔ (om a) (a∈X⇒ IA a)

Allora: X a ⇔ (om a) (om IA) (IA X ⇒ IA a)

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• Def. 7: Formula valida (a)

a ⇔ (om A) (om IA) (IA a)

4.2.3. Teorema di corretteza per C X a ⇒ X a

• Def. 8: Soddisfacibilità di X Sod X ⇔ (ex A) (ex IA) (IA X)

• Def. 9: Consistenza (non-contraddittorietà) di X Cons X ⇒ X a ∧ ¬a

4.2.4. Teorema di consistenza degli insiemi soddisfacibili Sod X ⇒ Cons X La sua dimostrazione consegue al teorema di correttezza attraverso il seguente:

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• Lemma di riduzione: (om X) (X a ⇒ X a) ⇒ (om X) (Sod X ⇒ Cons X)

4.2.5. Teorema di completezza per C (om X)(Cons X ⇒ Sod X) Il Calcolo C è completo se e solo se tutte le formule che sono conseguenza logica di un dato insieme di formule X appartengono a quell’insieme, sono cioè da esso deriva-bili, ovvero X a ⇒ a:

(om X)(Cons X ⇒ Sod X) ⇔ (om X)( X a ⇒ a)

Un primo passo per la dimostrazione consiste nella dimostrazione del seguente lemma di riduzione, dove il precedente bi-condizionale è dimostrato come condizione neces-saria della completezza del calcolo, e cioè: (om X)(Cons X ⇒ Sod X) ⇒ (om X)( X a ⇒ a)

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I passi seguenti della dimostrazione [Cfr. GA1, pp. 153ss.] seguono una procedura analoga a quella della dimostrazione della completezza per il calcolo proposizionale k. Ovvero: 1) si definisce un metodo per il passaggio da un insieme X alla sua estensione henki-niana Xh, Un’estensione che si ottiene aggiungendo variabili nuove ad un dato in-sieme di formule X supponendo la completa enumerabilità (codificazione univoca) di tutte le formule di un dato linguaggio mediante metodi formali quali la famosa nume-razione di Gödel. 2) Si procede poi alla costruzione di un’estensione heinkiniana completa o massi-male Xh*. 3) Di Xh* sarà possibile costruire un modello di modo che risulterà Sod Xh* e quindi, dato che Xh* ⊇ X, allora Sod X.

4.2.6. Quattro corollari della completezza [GA1, 173ss.]

Teorema di Lövenheim-Skolem Sod X ⇒ (ex A) (ex IA) (IA X et A è numerabile) (Cfr. Def. 8)

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Cioè se l’insieme di formule X è soddisfacibile, allora esiste almeno una struttura A e almeno un’interpretazione IA su A tale che IA rende vero X e il supporto A di A è nume-rabile.

Teorema di finitezza semantica (compattezza) Due formulazioni:

1) Xa ⇔ (ex Z) (Z⊆X et F(Z) et Za)

2) Sod X ⇔ (om Z) (Z⊆X et F(Z) ⇒ Sod Z)

• Def. 10: Definizione di categoria logica Ca 11) Per ogni coppia <a, b> di oggetti, esiste una collezione Mor(a, b), cioè, il

morfismo (funzione) da <a> a <b> in Ca (dove f è un morfismo da <a> a <b>, scriviamo f: a → b);

12) Per ogni tripla <a, b, c> di oggetti, vi è un’operazione parziale da coppie di morfismi in Mor(a, b) × Mor(b, c) a morfisimi in Mor(a, c), chiamata la

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composizione di morfismi in Ca (dove f: a → b and g: b → c, (g f): a → c che è la loro composizione)

13) Per ogni oggetto <a> vi è un morfisimo ida in Mor(a, a), chiamata identità in <a>

• P.es., la collezione degli insiemi costituiscono una categoria con gli insiemi come oggetti, le funzioni fra di loro come morfismi e la loro composizione come composizione

• Così pure ogni struttura, con l’appropriata collezione di modelli IA, I’A, …che preservano la struttura (= strutturalmente identici o isomorfi), costituiscono una ca-tegoria. [Per inciso, ricordiamo che ogni interpretazione o modello è una funzione e quindi un particolare morfismo che proietta (definisce) gli oggetti del suo dominio sul medesimo supporto comune A della struttura A].

• Due modelli strutturalmente identici di una medesima categoria soddisfano per-ciò formalmente la nozione di analogicità per i rispettivi oggetti dei loro domini teorici — più esattamente soddisfano la nozione di analogia di proporzionalità

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della logica formale della Scolastica. Torneremo in § 4.4.4.3 su queste riflessioni ri-guardo la predicazione analogica, fondamentali per l’ontologia formale.

Teorema di non-categoricità delle teorie con modello più che numerabile Nessuna teoria o insieme di formule che abbia un modello non-numerabile è catego-rica ovvero ammette modelli strutturalmente identici (definiti sulla medesima strut-tura). Infatti, per il teorema precedente, la teoria possiede anche un dominio non-nu-merabile che non è isomorfo a nessuno di quelli numerabili.

Teorema di Skolem di non categoricità dell’aritmetica elementare Nessun insieme consistente di formule è in grado di caratterizzare la struttura N dei numeri naturali dal momento che ammette anche modelli con una struttura non-stan-dard ovvero modelli con una struttura N’ non riducibile a N (Cfr. GA1, p.173s.).

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4.3. Pregi e limiti della formalizzazione 4.3.1. Formalizzazione e finitarietà

• La formalizzazione del linguaggio delle teorie e delle procedure che ne caratteriz-zano l’uso, in particolare riguardo al nesso di conseguenza logica che aggiunge al nesso di derivabilità la condizione della verità delle formule che costituiscono le premesse e le conseguenze della deduzione, è sempre stata la finalità della logica formale tanto classica che moderna.

• A questa esigenza la logica moderna ha aggiunto un’ulteriore condizione per ac-crescere il rigore delle procedure dimostrative: la condizione di finitarietà. Ov-vero l’accertamento che le conseguenze dedotte in una teoria effettivamente deri-vino solo dalle premesse dichiarate in numero finito nella teoria e non da una se-quenza infinita di premesse, evidentemente non-dichiarate né dichiarabili, come invece spesso la mente umana è adusa a fare nell’uso dei linguaggi ordinari.

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• Meccanizzabilità del calcolo logico, dal momento che le macchine in quanto sistemi fisici non possono trattare direttamente l’infinito nascita dell’informa-tica come scienza applicata della logica e della matematica volta a sviluppare tec-niche di conservazione ed elaborazione (trasformazione) dell’informazione.

• Rispetto a questa duplice finalità conservativa ed elaborativa dell’informazione tipica della logica deduttiva, la scienza informatica (una “scienza pratica” la defi-nirebbe l’aritotelismo in quanto distinta dalla sua “scienza teorica”, la logica for-male, di cui è un’applicazione tecnologica) non è nuova.

• A tale proposito già Leibniz definiva la logica deduttiva che conserva ed elabora l’informazione, ars iudicandi (e la scolastica logica minor) per distinguerla dalla ars inveniendi (logica maior) delle procedure per la definizione delle premesse appropriate nei calcoli deduttivi, dove invece l’informazione non è conservata, ma aumentata e non solo elaborata, ma creata.

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• La novità moderna consiste nella finalità conseguente di far eseguire alle mac-chine i compiti di conservazione/elaborazione dell’informazione. Un sogno per la logica classica divenuto realtà nella modernità.

• Se dunque con informazione s’intende generalmente una rappresentazione della realtà distinzione fra informazione mentale e fisica.

• In una rappresentazione mentale sono presenti contenuti impliciti (non espressi o sottintesi) e contenuti ideali ovvero non-emprici e/o astratti ovvero attribuibili ad una infinità di casi.

• Tali contenuti incompatibili con la rappresentazione fisica della realtà i cui pre-requisiti sono invece quelli della totale esplicitezza, concretezza, finitezza dei contenuti, almeno finché ci muoviamo nel paradigma classico della computabilità legato alla Macchina di Turing e alla sua implementabilità in sistemi dinamici li-neari totale esplicitazione e finitezza delle rappresentazioni.

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• Nondimeno, i caratteri della esplicitazione e finitizzazione dei contenuti delle rap-presentazioni mentali sono intrinseci alla formalizzazione, informatica a parte carattere di limitazione alla completa formalizzazione derivanti dai teoremi di incompletezza. Per esaminare questo punto bisogna ritornare alla finitizzazione del nesso di conseguenza logica in C.

4.3.2. Finitizzazione del nesso di conseguenza logica in C • Teorema di completezza di C finitizzazione di . Infatti è finitario, in quanto:

1. Xa è ottenuto in base a regole finitarie. Inoltre 2. Anche se X è infinito, tuttavia esiste sempre un sottoinsieme finito Z da cui

Za. • Tale teorema è fondamentale perché se così non fosse, cioè se il nesso di conse-

guenza logica nel calcolo non supponesse regole finitarie, sarebbe impossibile an-che per la mente dedurre alcunché perché quando potrebbe affermare di aver

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ottenuto tutte le premesse della regola? La nostra mente non può passare per un nu-mero infinito di passi…

4.3.3. Finitizzazione delle teorie

Definizione generale di teoria • Con teoria T si intende un linguaggio che parla di un certo universo oggettuale, ov-

vero un insieme di proposizioni che data l’interpretazione su quell’universo (o inter-pretazione standard I) risultano in esse vere:

T = {a: Ia}

Definizione modellistica di teoria • In base alla precedente definizione di T resta il problema già affrontato con la fini-

tizzazione del calcolo C di trovare l’insieme delle proposizioni vere che corrispon-dono a T mediante una procedura finitistica, ovvero, con un numero comunque fi-nito di passi.

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• Necessità di un assiomatizzazione delle teorie, di derivare cioè tutte le proposi-zioni vere in una teoria da un insieme di proposizioni-base privilegiate o assiomi. Definizione modellistica di teoria usando la nozione di per sé infinitaria :

T = {a: A (T)a}

Definizione di T chiusa rispetto al nesso di conseguenza logica; Se T fosse anche completa, ovvero che le sue conseguenze coprono la totalità delle proposizioni vere in I, allora la T assiomatizzata coinciderebbe con quella non as-siomatizzata. • Ora, rispetto al problema della finitizzazione del calcolo C, la finitizzazione delle

teorie in base alla loro assiomatizzazione risulta essere un duplice problema: 1. Finitizzazione del nesso di conseguenza logica nella teoria 2. Determinazione di un criterio di assiomatizzazione con la condizione ulte-

riore che tale criterio sia finitistico.

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• Primo problema facilmente risolvibile in quanto anche nelle teorie è sempre rim-piazzabile da . Di qui la:

Definizione sintattica di teoria T = {a: A (T)a}

• Tale definizione è estensionalmente equivalente alla precedente. • Il secondo problema si affronta ponendo invece la condizione dell’assiomatizzabi-

lità delle teorie.

Definizione di teoria assiomatizzata

{ } ( )ass

M(α)=1 α (T)T : Dec (T) (ex M) om α L(T)

M(α)=0 α (T)≡ ∈

= ⇔ ∈ ≡ ∉

Ovvero : Una teoria assiomatizzata costituisce per definizione un insieme decidibile A (T), ovvero un insieme di formule {A (T)} per le quali esiste una procedura meccanica

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M tale che, per ogni a∈L(T), a∈A(T) oppure a∉A(T). La funzione M è detta anche funzione caratteristica dell’insieme {A (T)}. Si noterà, inoltre, che la definizione di teoria assiomatizzata è una definizione finiti-stica che come tale non può essere espressa in un meta-linguaggio del primo ordine, ma in un meta-linguaggio del second’ordine, ovvero, che ammette come sue variabili (ovvero come argomenti dei quantificatori) segni di funzione (o di insieme). La defini-zione di teoria assiomatizzata è cioè una cosiddetta definizione di Dedekind. Ciò verrà giustificato più oltre.

Definizione di teoria assiomatizzabile T è assiomatizabile := esiste una teoria assiomatizzata equivalente a T

• E’ importante notare che se è vero che l’assiomatizzabilità di una teoria costituisce l’ideale più alto di finitizzazione di una teoria, d’altra parte non va confusa la sua assiomatizzabilità con la sua decidibilità.

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• Infatti se una teoria T è assiomatizzata e si suppone che a∈T, allora a si spuò rag-giungere in un numero finito di passi, ovvero: 1) in un numero finito di passi si determinano gli assiomi di partenza, 2) in un numero finito di passi si raggiunge a.

• L’assiomatizzabilità garantisce dunque l’enumerabilità delle formule appartenenti a T, ma non la decidibilità di T, in altre parole se per una qualsiasi a, a∈T o aÏT.

4.3.4. Limiti all’assiomatizzabilità delle teorie

• Causa teoremi di incompletezza e non-categoricità delle teorie nella logica dei predicati del primo ordine, l’obbiettivo della assiomatizzabilità delle teorie non è interamente conseguibile.

Definizione di teoria consistente Cons T:= A(T) a ∧¬a

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• Si tratta della definizione di insieme consistente di formule trasferita alla definizione di un particolare insieme di formule quale T.

Definizione di teoria sintatticamente completa Complsin T := A(T) a vel A(T) ¬a

:= A(T) a ⇒ A(T) ¬a

Definizione di teoria semanticamente completa • Una teoria formale costituisce generalmente la formalizzazione di una teoria intui-

tiva. Può darsi che una teoria formale sia soddisfatta da modelli (interpretazioni) di-versi. Fra di essi però il modello basato sulla struttura intuitiva della teoria occupa un posto particolare, tanto da essere definito il modello (interpretazione) standard (o naturale o privilegiato) I della teoria. Di qui la definizione:

Complsem TI := (om a) I a ⇒ A(T) a

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Definizione di teoria categorica • Data la precedente definizione formale di categoria logica (Def. 10), possiamo dire

che due interpretazioni I e I’ sono isomorfe (in simboli: II’) se sono struttural-

mente identiche, ovvero: II’ ⇒(Ia ⇔ I’a). Di qui la definzione di categoricità di una teoria T:

Cat T := (om I) (om I’) (IA(T) et I’A(T) ⇒ II’

Primo teorema di incompletezza di Gödel • Sia PA la teoria formalizzata dell’aritmetica dovuta a G. Peano. Allora:

a) ¬Complsin PA ⇔ (ex g) ((g∈L(PA)) et A(PA) g et A(PA) ¬g)

• Sia I l’interpretazione standard di PA. Allora: b) ¬Complsem PA ⇔ I g et A(PA) g

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Secondo teorema di incompletezza di Gödel • Sia Cons PA l’espressione formale nel linguaggio di PA della consistenza di PA, ov-

vero ConsPA∈L(PA). Allora, vale: A(PA) g ↔ ConsPA

E quindi, per il teorema precedente: A(PA) ConsPA

• Il teorema dichiara che la consistenza di PA non è dimostrabile in PA. Natural-mente si può rafforzare PA in modo da poter derivare g e quindi anche ConsPA. Ma, in tal caso, questa nuova teoria è più potente di PA e i teoremi di incompletezza sono a loro volta dimostrabili anche nei confronti della nuova teoria.

• Tale conseguenza deriva dal fatto che l’assiomatizzabilità di una teoria suppone co-munque l’enumerabilità di tutte le sue formule e quindi l’indecidibilità di qualcuna delle sue formule.

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• In ogni caso, il secondo teorema di Gödel preclude la possibilità di una fondazione assoluta o incondizionata del sapere (Galvan), sanciscono cioè la morte scientifica dello scientismo (Basti)

Non-categoricità al primo ordine (Skolem) e categoricità al second’ordine (Dedekind) dell’aritmetica formalizzata • Il rafforzamento di PA (o di una qualsiasi teoria assiomatizzabile) si può ottenere o

costruendo una teoria formalizzata più potente al primo ordine, mediante l’aggiunta di opportuni assiomi, oppure rafforzando il calcolo mediante una teoria formaliz-zata dell’aritmetica del second’ordine. In questo secondo caso, i limiti alla forma-lizzazione derivano però dal fatto che è il calcolo stesso a risultare semantica-mente incompleto.

• Il primo caso, deriva dalla possibilità di dimostrare il teorema di Skolem sulla non-categoricità di PA basandosi non sul teorema della compattezza del calcolo C come in § 4.3.6.4, p. 74, ma sul primo Torema di Gödel (Cfr GA1, p.186).

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• Il secondo caso deriva invece dal teorema di Dedekind che ha dimostrato che la teoria di Peano al secondo ordine P risulta categorica, ovvero

IIIA (P) et I’II A (P) ⇒ III I’II

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4.3.5. Conseguenza per l’assiomatizzabilità (finitizzazione) delle teorie

• In base alla dimostrazione del teorema di Skolem abbiamo il seguente stato di cose riguardo alla finitizzazione delle teorie:

Completezza semantica C Primo Teorema di Gödel

Non categoricità PA

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• In base alla dimostrazione del teorema di Dedekind abbiamo invece un’incomple-

tezza semantica imputabile al calcolo dei predicati del secondo ordine:

• Lo stato dell’arte della logica formale contemporanea ci assicura così che il processo

di formalizzazione o assiomatizzazione delle teorie è un processo da una parte ne-cessario dall’altra inesauribile:

Categoricità di P Primo Teorema di Gödel

Incompletezza calcolo II ord.

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1. E’ sempre possible formalizzare la semantica di una teoria in una teoria più po-tente, ma sarà sempre una formalizzazione parziale. Anche la teoria superiore possiede un modello in qualche modo indipendente e non-esauribile — quindi infinitario — rispetto alla teoria. Se si rinuncia a questo ricorso al carattere infi-nitario si pone un impossibile regresso all’infinito nelle teorie e quindi nella definizione medesima della nozione di verità logica.

2. Ricorso ad un calcolo logico più potente di C è anch’esso velleitario. Infatti, la maggiore espressività delle teorie legata alla possibilità della categoricità delle medesime viene pagata nei termini della perdita di forza deduttiva della teoria, per la mancanza dal second’ordine in su di un calcolo logico completo.

3. Anche il ricorso a teorie infinitarie, per quanto consentano di concentrare l’in-teresse su un modello dotato di alta specificità per l’universo di oggetti proprio della teoria, pur tuttavia non consentono una completa esplicitazione dei pre-supposti del modello e quindi ne limitano l’efficacia. P.es., Gentzen stesso ha dimostrato che mediante il riferimento all’w-completezza è possibile una teoria

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formale completa dell’aritmetica, a patto però di rinunciare all’ideale di costrut-tività (ricorsività).

4.4. Conseguenze per l’ontologia formale • I limiti intrinseci alla formalizzazione, almeno allo stato attuale della ricerca, non

devono scoraggiare dal compito di grande rilevanza culturale per l’attuale società e cultura globalizzata della formalizzazione e quindi dell’assiomatizzazione — per definizione sempre parziale e perfettibile — delle diverse ontologie tradizionali.

• In particolare, l’uso di logiche del second’ordine per l’esame meta-logico delle onto-logie e/o l’uso di procedure non-finitarie di dimostrazione è particolarmente indicato in questa disciplina, dato che allo stato attuale — ed iniziale — della ricerca in que-sto campo è molto meglio privilegiare la forza espressiva della teoria formalizzata, piuttosto che la sua forza dimostrativa, cioè la completezza del calcolo logico sog-giacente e/o la sua costruttività finitistica.

• Lo stesso oggetto formale di queste teorie, l’essere nei suoi diversi sensi, sia come copula fra soggetto/predicato che come predicato di esistenza nelle sue diverse

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modalità, mal si adattano di principio all’ideale di una completa finitizzazione dei linguaggi formali coinvolti.

• In questo senso, assume particolare rilevanza la formalizzazione della predicazione analogica tipica delle diverse ontologie, in quanto fondate non solo sull’intrinseca inesauribilità dell’oggetto d’indagine (l’essere e le sue rappresentazioni concet-tuali), ma oggi anche sulla consapevolezza del carattere intrinsecamente limitato di ogni formalizzazione delle semantiche. L’ideale delle metafisiche razionaliste — da Parmenide ad Hegel a Severino — di una definizione univoca dell’essere oggetto dell’ontologia ha dimostrato cioè ed in maniera definitiva la sua inconsistenza.

• Per i nostri scopi di una formalizzazione dell’ontologia della scolastica, assume così particolare rilevanza quanto già anticipato in § 4.3.6.2, p. 72, quando introdu-cendo la nozione formale di categoria logica ci eravamo soffermati sulla possibilità che essa offriva di formalizzare la teoria scolastica dell’analogia di proporziona-lità.

• In essa, infatti come già, per primo il P. Bochenski si accorse esiste un’identità di struttura (isomorfismo) fra i termini analogati (p.es., la nozione di “arco” in teorie

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geometriche, architettoniche e sulle armi da guerra). Si tratterà cioè di modelli di una medesima struttura ovvero oggetti che appartengono ad una medesima catego-ria logica (astratta), perché domini distinti di un medesimo predicato (o insieme di predicati), sebbene appartengano a diverse categorie ontologiche (concrete).

• La medesima distinzione che può essere così introdotta fra categorie logiche e onto-logiche, è uno dei primi fondamentali risultati che la formalizzazione delle ontologie consente. Basta ricordare che tale distinzione è stata spesso negata in linea di prin-cipio tanto in metafisiche realiste (p.es. quella aristotelica: le sue dieci categorie sono ontologiche e devono essere distinte da quelle logiche), quanto nelle metafisi-che razionaliste (p.es., quella hegeliana, in cui la distinzione, stante l’identità di es-sere e pensiero riceve la sua più forte negazione di principio), quanto nelle ontologie esistenzialiste (p.es., quella heideggeriana in cui è invece la nozione di categoria lo-gica ad essere screditata in favore delle categorie ontiche dei suoi famosi “esisten-ziali”).

• Viceversa, l’ontologia tommasiana è quella che in linea di principio meglio si pre-sta ad una considerazione equilibrata del rapporto fra categorie ontologiche e

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categorie logiche, senza reciproche riduzioni delle une alle altre, anche se Tommaso non aveva a disposizione una logica formale sufficientemente forte per operare siste-maticamente una tale distinzione.

• Tale distinzione è invece parzialmente e informalmente presente nella sua teoria me-tafisica mediante un’esplicita e sviluppata differenziazione fra analogia di propor-zionalità, tipica delle scienze logiche e matematiche e analogia di attribuzione lo-gica (secundum intentionem) e ontologica (secundum esse) tipica delle scienze fisi-che e metafisiche, mediante la teoria della duplice significazione — logica e ontolo-gica — dei predicati nell’analogia di attribuzione.

• Spetta, fra i moderni a Cornelio Fabro, la riscoperta anche se parziale, lacunosa e nient’affatto formalizzata, della teoria della duplice e irriducibile significazione — logica e ontologica — dei predicati nell’analogia di attribuzione. Essa è stata da lui definita come la semantica tipica della metafisica tommasiana, contro la significa-zione puramente logica della predicazione nell’analogia di attribuzione, tipica della lettura moderna della metafisica tommasiana (p.es., nell’ontologia suareziana e quindi nell’ontoteologia del tomismo trascendentale, etc.).

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• In altri termini, per gli oggetti per cui vale l’analogia di attribuzione non si può supporre alcun isomorfismo o identità strutturale dei rispettivi modelli assiomatici. Tale analogia è così tipica delle discipline ontologiche come l’ontologia fisica (p.es., l’impossibilità di considerare isomorfi modelli che si applicano a diversi li-velli e modalità di organizzazione della materia nella costituzione degli enti fisici), l’ontologia metafisica e l’ontologia teologica (p.es., l’analogia fra i diversi livelli dell’essere dell’ente e dei loro attributi trascendentali, o le stesse gerarchie di enti come nella relazione sostanza-accidente o Causa Prima-Cause Seconde).

• In tali ontologie, infatti, quando siamo confrontati con la nozione di livelli dell’es-sere (l’esse ut actus di Tommaso o “esse intensivo” di Fabro), è inapplicabile il sem-plice principio dell’isomorfismo o identità strutturale per giustificare la loro partico-lare somiglianza. Tale somiglianza consiste cioè nel poter essere dominio non di un medesimo predicato (o insieme di predicati e quindi parti di una medesima strut-tura), ma di predicati a loro volta irriducibilmente analoghi (Cfr. Basti 2004, spec. § 2.3). Appartengono cioè a diverse categorie ontologiche seppure legate da un rap-porto di somiglianza.

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• E’ evidente come le moderne scienze naturali e matematiche e le loro applica-zioni tecnologiche (l’informatica innanzitutto) — proprio perché autonome da consi-derazioni ontologiche —, grazie a questi recenti sviluppi della logica formale, fac-ciano oggi largo uso della nozione di analogia di proporzionalità (o identità struttu-rale), tanto che ormai la teoria dell’analogia è divenuta parte integrante della teoria dei modelli, e della più recente e oggi studiatissima, teoria delle categorie e dunque del calcolo semantico dei predicati.

• L’analogia di proporzionalità, proprio per il suo carattere astratto, va invece usata con circospezione in ontologia e sicuramente in modo non esclusivo.

o Viceversa lo strutturalismo è quell’ontologia formale largamente diffusa nella filosofia della fine del secolo XX che si basa proprio sulla riduzione della analogia alla sola analogia di proporzionalità…

• Ma per rendere conto di queste distinzioni proprie di un’ontologia formale che am-metta una teoria della duplice significazione dei predicati, occorre arricchire lo stru-mentario logico formale della logica moderna, introducendo i principi del calcolo lo-gico modale.

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INDICE 0. BIBLIOGRAFIA GENERALE ..................................................................................................................................................................................................................... 1

1. INTRODUZIONE .......................................................................................................................................................................................................................................... 3

1.1. .................................................................................................................................................................................................................................................................... 3

2. ELEMENTI DI LOGICA DELLE PROPOSIZIONI [GA2, 13-64]......................................................................................................................................................... 24

2.1. CENNI DI SINTASSI ........................................................................................................................................................................................................................... 24 2.1.1. Linguaggi ordinari, simbolici, formali ................................................................................................................................................................................... 24 2.1.2. Regole primitive di derivazione .............................................................................................................................................................................................. 27 2.1.3. Teorema di finitezza sintattica per il calcolo (k) .................................................................................................................................................................... 31 2.1.4. Regole derivabili di (k) ........................................................................................................................................................................................................... 32

2.2. CENNI DI SEMANTICA ...................................................................................................................................................................................................................... 42 2.2.1. Definizioni preliminari ........................................................................................................................................................................................................... 42 2.2.2. Correttezza e completezza di (k) ............................................................................................................................................................................................. 46 2.2.3. Teorema di correttezza del calcolo (k) ................................................................................................................................................................................... 46 2.2.4. Teorema di completezza del calcolo (k) .................................................................................................................................................................................. 47

2.2.4.1. Definizione di insieme consistente di formule (Cons X).......................................................................................................................................................................... 47 2.2.4.2. Lemma di riduzione ................................................................................................................................................................................................................................. 48 2.2.4.3. Definizione di insieme massimale ........................................................................................................................................................................................................... 49 2.2.4.4. Lemma di Lindebaum .............................................................................................................................................................................................................................. 50 2.2.4.5. Definizione di chiusura di X (Ch X). ....................................................................................................................................................................................................... 51 2.2.4.6. Definizione di completezza rispetto ai segni (connettivi) logici .............................................................................................................................................................. 51 2.2.4.7. Teoremi sugli insiemi massimali ............................................................................................................................................................................................................. 52 2.2.4.8. Teorema di completezza di (k) ................................................................................................................................................................................................................. 52 2.2.4.9. Finitezza semantica di k ........................................................................................................................................................................................................................... 53

3. ELEMENTI DI LOGICA DEI PREDICATI ............................................................................................................................................................................................. 54

3.1. CENNI DI SINTASSI ........................................................................................................................................................................................................................... 54 3.1.1. Alfabeto ................................................................................................................................................................................................................................... 54 3.1.2. Regole di formazione: ............................................................................................................................................................................................................. 55 3.1.3. Teoria della sostituzione ......................................................................................................................................................................................................... 56

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3.1.3.1. Operatore di sostituzione per termini yxz∆ ....................................................................................................................................................................................... 56

3.1.3.2. Operatore di sostituzione per formule yxα ........................................................................................................................................................................................... 56

3.1.3.3. Criterio di sostituzione legittima .............................................................................................................................................................................................................. 58 3.1.4. Calcolo C dei predicati ........................................................................................................................................................................................................... 60

3.2. CENNI DI SEMANTICA ...................................................................................................................................................................................................................... 63 3.2.1. Nozioni fondamentali .............................................................................................................................................................................................................. 63 3.2.2. Teorema di coincidenza: ......................................................................................................................................................................................................... 68 3.2.3. Teorema di corretteza per C ................................................................................................................................................................................................... 69 3.2.4. Teorema di consistenza degli insiemi soddisfacibili ............................................................................................................................................................... 69 3.2.5. Teorema di completezza per C ................................................................................................................................................................................................ 70 3.2.6. Quattro corollari della completezza [GA1, 173ss.] ................................................................................................................................................................ 71

3.2.6.1. Teorema di Lövenheim-Skolem ............................................................................................................................................................................................................... 71 3.2.6.2. Teorema di finitezza semantica (compattezza) ........................................................................................................................................................................................ 72 3.2.6.3. Teorema di non-categoricità delle teorie con modello più che numerabile .............................................................................................................................................. 74 3.2.6.4. Teorema di Skolem di non categoricità dell’aritmetica elementare ......................................................................................................................................................... 74

3.3. PREGI E LIMITI DELLA FORMALIZZAZIONE ....................................................................................................................................................................................... 75 3.3.1. Formalizzazione e finitarietà .................................................................................................................................................................................................. 75 3.3.2. Finitizzazione del nesso di conseguenza logica in C .............................................................................................................................................................. 78 3.3.3. Finitizzazione delle teorie ....................................................................................................................................................................................................... 79

3.3.3.1. Definizione generale di teoria .................................................................................................................................................................................................................. 79 3.3.3.2. Definizione modellistica di teoria ............................................................................................................................................................................................................ 79 3.3.3.3. Definizione sintattica di teoria ................................................................................................................................................................................................................. 81 3.3.3.4. Definizione di teoria assiomatizzata ........................................................................................................................................................................................................ 81 3.3.3.5. Definizione di teoria assiomatizzabile ..................................................................................................................................................................................................... 82

3.3.4. Limiti all’assiomatizzabilità delle teorie ................................................................................................................................................................................. 83 3.3.4.1. Definizione di teoria consistente .............................................................................................................................................................................................................. 83 3.3.4.2. Definizione di teoria sintatticamente completa ........................................................................................................................................................................................ 84 3.3.4.3. Definizione di teoria semanticamente completa....................................................................................................................................................................................... 84 3.3.4.4. Definizione di teoria categorica ............................................................................................................................................................................................................... 85 3.3.4.5. Primo teorema di incompletezza di Gödel ............................................................................................................................................................................................... 85 3.3.4.6. Secondo teorema di incompletezza di Gödel ........................................................................................................................................................................................... 86 3.3.4.7. Non-categoricità al primo ordine (Skolem) e categoricità al second’ordine (Dedekind) dell’aritmetica formalizzata............................................................................. 87

3.3.5. Conseguenza per l’assiomatizzabilità (finitizzazione) delle teorie ......................................................................................................................................... 89

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3.4. CONSEGUENZE PER L’ONTOLOGIA FORMALE ................................................................................................................................................................................... 92