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La teoria dei tipi Viva il Cantorismo, abbasso il Russellismo. A. Schoenflies, 1911 La teoria dei tipi ` e l’alternativa logica alla teoria degli insiemi, ma ` e soprattutto una logica e una teoria logica, sia pure con l’obbligo morale di coprire il contenuto matematico della teoria degli insiemi (in verit` a di tutta la matematica, pensata tuttavia racchiusa nella teoria degli insiemi), e costituisce l’impianto dei Principia mathematica 1 e la sostanza del logicismo. Bench´ e negli anni venti si delinei, a opera di Skolem e di Hilbert, la moderna logica del primo ordine, la teoria dei tipi dei Principia sar` a per pi` u di venti anni il quadro di riferimento per le ricerche logiche e fondazionali 2 . Fino al consolidamento della teoria ZF, anche alcuni matematici preferivano riferirsi a una teoria, informale, con i tipi che escludessero le antinomie 3 . La maggior parte tuttavia, soprattutto di coloro che lavoravano attivamente allo sviluppo della teoria, viveva come una rivalit` a il sistema logico dei tipi, come si vede dall’epigrafe. Non prenderemo in considerazione i Principia ; la teoria dei tipi di Russell si trova esposta in un lavoro del 1907 apparso significativamente nello stesso fatidico 1908 delle “Untersuchungen” di Zermelo 4 , e in un articolo del 1910 che si sovrappone in parte con l’Introduzione ai Principia , almeno per quanto riguarda motivazioni e quadro teorico 5 . 1 B. Russell e A. N. Whitehead, Principia mathematica , 3 voll., Cambridge Univ. Press, Cambridge, 1910, 1912, 1913. 2 odel formuler` a i teoremi di incompletezza per il sistema dei Principia ; trarr` a anche ispirazione dalla teoria dei tipi ramificati per la sua prima definizione degli insiemi costrui- bili; ma dalla fine degli anni trenta, per le ricerche di teoria degli insiemi, far` a riferimento o alla sua teoria delle classi GB elaborata modificando quella di Paul Bernays, o a ZF. 3 Ad esempio B. L. van der Waerden, in Moderne Algebra , Springer, Berlin, 1930, il primo testo di algebra moderna, nell’introduzione accenna al principio di comprensione e alla necessit` a di una stratificazione in tipi (citato da Ferreir´ os, cit.). 4 B. Russell, “Mathematical Logic as based on the Theory of Types”, American Journal of Mathematics , 30 (1908), pp. 222-62, ristampato in B. Russell, Logic and Knowledge (a cura di R. C. Marsh), George Allen&Unwin, London, 1956, pp. 57-102, e in van Heijenoort, cit., pp. 152-82. 5 B. Russell, “La Th´ eorie des types logiques”, Revue de M´ etaphysique et de Morale , 18 (1910), pp. 263-301, ristampato in inglese in Essays in Analysis , cit. pp. 215-52. 247

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La teoria dei tipi

Viva il Cantorismo, abbasso il Russellismo.A. Schoenflies, 1911

La teoria dei tipi e l’alternativa logica alla teoria degli insiemi, ma esoprattutto una logica e una teoria logica, sia pure con l’obbligo moraledi coprire il contenuto matematico della teoria degli insiemi (in verita ditutta la matematica, pensata tuttavia racchiusa nella teoria degli insiemi), ecostituisce l’impianto dei Principia mathematica1 e la sostanza del logicismo.Benche negli anni venti si delinei, a opera di Skolem e di Hilbert, la modernalogica del primo ordine, la teoria dei tipi dei Principia sara per piu di ventianni il quadro di riferimento per le ricerche logiche e fondazionali2. Fino alconsolidamento della teoria ZF, anche alcuni matematici preferivano riferirsia una teoria, informale, con i tipi che escludessero le antinomie3. La maggiorparte tuttavia, soprattutto di coloro che lavoravano attivamente allo sviluppodella teoria, viveva come una rivalita il sistema logico dei tipi, come si vededall’epigrafe.

Non prenderemo in considerazione i Principia; la teoria dei tipi di Russellsi trova esposta in un lavoro del 1907 apparso significativamente nello stessofatidico 1908 delle “Untersuchungen” di Zermelo4, e in un articolo del 1910che si sovrappone in parte con l’Introduzione ai Principia, almeno per quantoriguarda motivazioni e quadro teorico5.

1B. Russell e A. N. Whitehead, Principia mathematica, 3 voll., Cambridge Univ. Press,Cambridge, 1910, 1912, 1913.

2Godel formulera i teoremi di incompletezza per il sistema dei Principia; trarra ancheispirazione dalla teoria dei tipi ramificati per la sua prima definizione degli insiemi costrui-bili; ma dalla fine degli anni trenta, per le ricerche di teoria degli insiemi, fara riferimentoo alla sua teoria delle classi GB elaborata modificando quella di Paul Bernays, o a ZF.

3Ad esempio B. L. van der Waerden, in Moderne Algebra, Springer, Berlin, 1930, ilprimo testo di algebra moderna, nell’introduzione accenna al principio di comprensione ealla necessita di una stratificazione in tipi (citato da Ferreiros, cit.).

4B. Russell, “Mathematical Logic as based on the Theory of Types”, American Journalof Mathematics, 30 (1908), pp. 222-62, ristampato in B. Russell, Logic and Knowledge (acura di R. C. Marsh), George Allen&Unwin, London, 1956, pp. 57-102, e in van Heijenoort,cit., pp. 152-82.

5B. Russell, “La Theorie des types logiques”, Revue de Metaphysique et de Morale, 18(1910), pp. 263-301, ristampato in inglese in Essays in Analysis, cit. pp. 215-52.

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La teoria dei tipi nasce dal tentativo di Russell di costruire una logicaesente dalle antinomie6. Si tratta tuttavia di un parto laborioso e non linea-re, per apprezzare il quale occorre avere presente lo sviluppo della riflessionedi Russell nei primi dieci anni del secolo, nella quale appunto ha un ruolodecisivo il problema delle antinomie, la cui scoperta Russell tendeva ad attri-buire a se, o comunque a enfatizzare il proprio ruolo; mentre tra i matematicila discussione delle antinomie non e ne vivace ne originale, e Russell soprat-tutto che vi si dedica a pieno tempo, quasi raccogliendo lui l’invito di Hilbert.Occorre altresı seguire le dispute nelle quali Russell fu coinvolto, in particola-re con Poincare, che contribuirono a plasmare le soluzioni provvisorie e quellefinali.

Trascuriamo le prime fasi del pensiero di Russell, caratterizzate dall’in-fluenza neo-hegeliana di F. H. Bradley (1846-1924) e da un interesse per lageometria e la filosofia dello spazio, se non per segnalare un primo scontrocon Poincare a proposito del carattere convenzionale degli assiomi della geo-metria7. Nel 1898, grazie all’influenza del filosofo e amico G. E. Moore (1873-1958), Russell si libero dell’idealismo e di ogni traccia di mentalismo nellaconcezione della conoscenza. Nel 1900 l’incontro con Peano e i peaniani aParigi rappresento la sua illuminazione sulla strada di Damasco. Subito Rus-sell incomincio a riflettere sui rapporti tra matematica e logica, optando perl’inclusione della prima nella seconda, a differenza di Peano, e a raccoglieregli elementi per una definizione della logica stessa.

Negli ultimi anni del secolo diciannovesimo Russell aveva concepito confertile fantasia, entusiasmo e fecondita almeno quattro libri sulla matematica;uno di questi, The principles of mathematics , sopravvivera alla conversione,

6Qualche anticipazione della idea di diversi tipi volendo si trova, come sempre; adesempio in F. W. K. E. Schroder, Vorlesungen uber die Algebra del Logik 1 , Teubner,Leipzig, 1890; si veda Grattan-Guiness, The Search for Mathematical Roots, cit. pp. 165-6. Anche Konig in “Sur la theorie des ensembles”, Comptes r. Acad. Sci., 143 (1906),pp. 110-2, accenna in modo fumoso a una gerarchia transfinita di tipi (lo cita Poincarenel 1909).

7Nel 1898 e 1899 ci fu uno scambio a tre, tra Couturat, Russell e Poincare, in seguitoalla recensione di Couturat del libro di Russell, An essay on the foundations of geometry ,Cambridge Univ. Press, Cambridge, 1897 (trad. it. I fondamenti della geometria, Clubdel Libro, La Spezia, 1981); stizzito per la sbrigativa negazione del carattere convenzionaledegli assiomi da parte di Russell, Poincare intervenne pesantemente con molte critiche alcontenuto matematico del libro, che Russell accetto, restando tuttavia fermo nella suaconvinzione dei carattere empirico degli assiomi. Si veda Grattan-Guiness, The Search forMathematical Roots, cit., pp. 278-80.

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ma al prezzo di una radicale e prolungata revisione, riordino e riscritturadi parti, sicche l’analisi dei vari strati e la datazione dei diversi contributi eimpresa da archeologia8.

Nelle varie stesure e manoscritti preparatori si puo seguire il consolida-mento del suo logicismo, che e diverso da quello di Frege. D’altra parteRussell legge Frege solo a partire dal 1902, e la sua formazione e basata, persua ammissione, su Cantor e Peano. Si forma la convinzione che la matema-tica si derivi dalla logica, o ne sia parte, ma questa non pare univocamentedeterminata; la scelta degli indefinibili, come li chiamera nei Principles , efrutto di una lunga ricerca e quasi di una sperimentazione.

Nel 1901 Russell mette per iscritto che tutta la matematica si puo otte-nere dalla logica come una grande implicazione, come la geometria9, cioe un“soggetto nel quale le asserzioni affermano che certe conseguenze seguono dacerte premesse, non che le entita descritte dalle premesse esistono in realta”.Al tempo stesso gli ingredienti della logica sembrano anche abbastanza defi-niti: il calcolo proposizionale e predicativo, incluse le relazioni, la variabile,i quantificatori, e come contributo della teoria degli insiemi individui, classi,relazioni, eventualmente di classi e relazioni, e cosı via.

Nel 1901 l’entusiasmo di Russell lo porto a scrivere uno dei saggi piufelici, dal punto di vista stilistico, e piu fortunati per la caratterizzazionedel logicismo, ma forse anche dei piu dannosi, a causa delle sue drastiche eprovocatorie semplificazioni10. In esso la matematica veniva definita come

il soggetto nel quale noi non sappiamo mai di cosa stiamo par-lando, ne se quello che diciamo e vero,

veniva attribuita a Boole la scoperta della matematica pura, veniva dichia-rato che “la logica formale [. . . ] alla fine si e mostrata essere identica allamatematica”.

In una bozza del 1901 per The principles stendeva in modo meno fioritola sua definizione della matematica:

8L’ha compiuta I. Grattan-Guiness, e si puo vedere in The Search for MathematicalRoots, cit., capp. VI e VII, pp. 268-410, per la parte dedicata a Russell.

9Russell nella prefazione alla seconda edizione dei Principles, nel 1937, ammetteradi essere stato portato a enfatizzare il carattere implicazionale della matematica dallaconsiderazione della geometria. Si intende ovviamente il carattere dei teoremi, non degliassiomi.

10Si tratta di “Recent work on the principles of mathematics”, cit., ristampato co-me “Mathematics and the Metaphysicians” in Mysticism and Logic, Longmans, Green,London, 1918; trad. it. Misticismo e logica, Longanesi, Milano, 1964.

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La matematica pura e la classe di tutte le proposizioni della forma“a implica b”, dove a e b sono proposizioni le quali contengonociascuna almeno una variabile, e nessuna costante ad eccezione diquelle che possono essere definite in termini delle costanti logiche.

Seguiva una precisazione dei mattoni che saranno presenze costanti nelle va-rie formulazioni della sua logica: la variabile, le costanti logiche, le classi erelazioni. Le costanti logiche non definibili sono elencate come: implicazione,appartenenza, “tale che”, relazione, funzione proposizionale, classe, denota-zione, “tutti [all ]” e “qualsiasi [any ]”. Una funzione proposizionale e unaespressione nella quale occorrono una o piu variabili, “e per tutti i valoridelle variabili l’espressione che se ne ricava e una proposizione”.

Non c’e e non ci sara mai una netta distinzione tra la sintassi e qualcheforma di semantica.

In seguito come vedremo avra dei dubbi e un temporaneo ripensamentosul concetto di classe, poi superato.

Nello stesso periodo Russell preparava i suoi due articoli per la rivista diPeano, nei quali raffinava il suo nascente logicismo anticipando la definizionedei numeri come classi di classi, senza enfasi, perche a Peano non piaceva,esplicitandola invece nel contributo al lavoro di Whitehead del 1902.

Sempre nel 1901, come abbiamo gia raccontato, arrivava alla sua antino-mia.

A meta del 1902 Russell cesso la rielaborazione dei Principles , salvo peralcune note a pie di pagina e due appendici aggiunte in bozze, una su Fregee l’altra sulla teoria dei tipi, che apparvero nella stampa del 1903. L’au-tore, consapevole dei difetti e delle imprecisioni, si dichiarava scontento (senon addirittura disgustato) della sua opera, che non ebbe neppure recensionisignificative11. Si direbbe che Russell dopo il faticoso tentativo di riaggiu-stamento del suo lavoro, un lavoro di Sisifo, avesse deciso di abbandonarlo,per dedicarsi, come infatti fece nell’immediato seguito, a una riflessione piuapprofondita sulle antinomie. Per lui la contraddizione non e dovuta a par-ticolari filosofie, ma “scaturisce direttamente dal senso comune, e puo venir

11Hardy lo trovo difficile e troppo conciso rispetto al peso degli argomenti trattati, ap-prezzando un pregio piuttosto secondario, l’opportunita di conoscere attraverso di essolo sconosciuto Frege; Hausdorff fu sarcastico sul “gratuito atletismo intellettuale” che simanifesta in “un’orgia di sottigliezze”. In generale i matematici (come F. Engel) confessa-vano di non avere tempo per tali e tante sottili speculazioni filosofiche. Peirce preparo unalunga recensione, ma pubblico solo una breve notizia. Couturat si concentro soprattuttosugli argomenti riguardanti Cantor, ma ne prese lo spunto per una serie di suoi articoli.

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risolta soltanto abbandonando qualche ammissione del senso comune”12. Traqueste ammissioni, quella che si dichiara piu restio ad abbandonare e quelladella classe universale. Invece ritiene inevitabile una modifica del principiodi comprensione.

Come Cantor con l’ipotesi del continuo, anche Russell oscilla tra la con-vinzione di avercela fatta e la delusione; nel maggio 1903 scrive nel diario“Quattro giorni fa ho risolto la Contraddizione, il sollievo e indicibile”, peraggiungere qualche tempo dopo “ma la soluzione era sbagliata”13, e le doccegelate si ripetono. Nell’autobiografia racconta dei giorni passati sedendosial mattino alla scrivania davanti a un foglio bianco, che alla sera spesso eraancora tale.

La prima teoria semplice dei tipi

La prima risposta di Russell ai paradossi pare essere l’abbozzo di unateoria dei tipi sviluppata nell’Appendice ai Principles of Mathematics . Lecontraddizioni presentate nell’opera sono: la sua nel capitolo X, “La con-traddizione”, §100 sgg., quella di Burali-Forti nel §301 e quella di Cantor nei§344 sgg.

Nel corso dell’opera tuttavia Russell aveva anche accennato ad altre pos-sibili soluzioni. Ad esempio, nel §344 commentando l’antinomia del massimocardinale aveva ipotizzato che si potesse negare la classe universale:

La difficolta sorge tutte le volte che cerchiamo di trattare con laclasse di tutte le entita in senso assoluto, o con una qualunquealtra classe parimenti numerosa; se non fosse della difficolta diun tale punto di vista, si sarebbe tentati di dire che la concezionedella totalita di tutte le cose, o dell’intero universo di entita edi esistenti, risulta in qualche modo illegittima ed essenzialmentecontraria alla logica. Ma non e auspicabile adottare una misuracosı draconiana, finche resta la speranza di trovare una soluzioneun po’ meno eroica.

Nei §§103, 484 aveva supposto che si potesse provare a negare che unaproposizione della forma ϕ[f(ϕ)], dove f e costante e ϕ variabile, abbiasignificato.

12The principles, cit., §105.13A. Garciadiego, Bertrand Russell and the origin of set-theoretical paradoxes,

Birkhauser, Basel, 1992, p. 187.

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Alla fine del §104 aveva anticipato in mezza pagina la trattazione che saraampliata nell’Appendice.

Una classe intesa come uno e [. . . ] un oggetto dello stesso tipo deisuoi termini [. . . ] una classe come molti puo sı essere un soggettologico, ma in proposizioni di una specie differente da quelle in cuii suoi termini compaiono come soggetti [. . . ] La chiave di tutto ilmistero sta nella distinzione dei tipi logici.

Nell’Appendice, la teoria dei tipi viene presentata “in via d’esperimento”[tentatively ] per la possibile soluzione della contraddizione del §100; sara peronecessario “con ogni probabilita, arricchirla di maggiori sottigliezze prima cheriesca a dare risposta a tutte le difficolta da noi incontrate”.

Ogni funzione proposizionale ϕ(x) possiede, oltre al suo sistema [range] divalori di verita, un sistema di valori di significativita, ossia un sistema entro cuideve cadere x se vogliamo che ϕ(x) risulti comunque una proposizione, vera o falsache sia. Questo costituisce il primo punto della teoria dei tipi. Il secondo e che isistemi di valori di significativita formano dei tipi , ossia se x appartiene al sistemadi valori di significativita di ϕ(x), allora esiste tutta una classe di oggetti (il tipodi x) i quali devono appartenere essi pure al sistema di valori di significativita diϕ(x) [. . . ]; tale sistema di valori e sempre un tipo singolo o una somma di diversitipi completi. Il secondo punto e meno preciso del primo, e il caso dei numeriintroduce delle difficolta [. . . ].

Qualsiasi oggetto che non sia un sistema di valori e un termine o individuo.Questo forma il tipo piu basso di oggetti [. . . ] Cio che abbiamo chiamato nelcapitolo VI la classe come uno e un individuo, purche i suoi elementi siano individui;gli oggetti della vita quotidiana come: persone, tavoli, sedie, mele, ecc., sonoclassi come uno [. . . ] Questi oggetti pertanto sono dello stesso tipo degli individuisemplici. [. . . ]

Il tipo successivo consiste dei sistemi [range] o classi di individui. (Non vaassociata alcuna idea ordinale con la parola sistema.) Cosı “Tizio e Caio” e unoggetto di questo tipo, e non produrra in generale una proposizione fornita disignificato se lo sostituiamo a “Tizio” in una qualsiasi proposizione vera o falsa dicui Tizio sia un costituente. (Cio costituisce, in un certo modo, una giustificazioneper la distinzione grammaticale fra singolare e plurale; ma non vi e stretta analogia[. . . ].) Se u e un sistema di valori determinato da una funzione proposizionaleϕ(x), non-u consistera di tutti gli oggetti per cui ϕ(x) e falsa, in modo che non-u econtenuto nel sistema di valori di significativita di ϕ(x), e contiene soltanto oggetti

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dello stesso tipo degli elementi di u [. . . ]14. Rispetto alla nota contraddizione,questo punto di vista sembra essere il migliore; infatti non-u deve essere il sistemadi valori di falsita di “x e un u”, e invece “x e un x” deve essere in generale privodi significato; di conseguenza “x e un u” deve esigere che x ed u siano di tipidifferenti.

Russell discute quindi la difficolta delle classi miste, cioe le classi i cuielementi non appartengono tutti allo stesso tipo minimo, ad esempio “Heinee i francesi”, e conclude che se esistono classi siffatte devono avere un tipodifferente sia dalle classi di individui sia dalle classi di classi di individui.

Quindi descrive il tipo che segue alle classi di individui, e che consistedi classi di classi di individui, che esemplifica con le federazioni di societa.Conviene di parlare di classi sono per classi di individui, e di classi di classisolo per classi di classi di individui, e cosı via. Per la nozione generale userail termine sistema. “Vi e tutta una progressione di tipi siffatti, poiche unsistema puo essere formato di oggetti di un tipo dato qualsiasi, e ne risultaun sistema di tipo superiore ai suoi elementi”.

“Una nuova serie di tipi ha inizio dalla coppia con verso”. Con questointende la coppia ordinata. Le relazioni, secondo il punto di vista estensionaledella logica simbolica sono sistemi appartenenti a questa serie di tipi. Mapossiamo formare anche le terne, e le coppie formate da una terna e unindividuo, e cosı via. “Tutte queste producono nuovi tipi. Otteniamo cosıun’immensa gerarchia di tipi, ed e difficile sapere con certezza quanti essipossano essere [. . . ] ma il numero totale sara soltanto α0”

15.Altre serie di tipi sorgono dalle proposizioni e dai numeri, che Russell

considerava differenti specie di oggetti, sicche non si ha una semplice gerarchiasu una base, ma un albero di tipi.

Anche i numeri sono un tipo che sta al di fuori delle serie anzidette, e chepresenta certe difficolta per il fatto che ogni numero da ogni altro tipo di sistemitrae fuori certi oggetti, e precisamente quei sistemi che hanno il dato numero di

14[Russell osserva ora che due funzioni proposizionali possono avere lo stesso sistema divalori di verita ma diversi sistemi di valori di significativita, per cui non-u diventa ambiguo.Ma esiste sempre un tipo minimo entro il quale e contenuto u e non-u puo essere definitocome il resto di questo tipo. Un tipo minimo e un tipo che non e la somma di due tipi.Dopo la frase successiva Russell osserva che e dubbio che possa venir garantito il risultatoivi auspicato se non ci si limita ai tipi minimi.]

15Russell aggiunge che e solo una congettura, basata sul fatto che le serie cosı ottenuteassomigliano alla serie dei razionali.

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elementi. Cio rende erronea l’ovvia definizione dello 0; ogni tipo di sistema avrainfatti il proprio sistema nullo, che sara un elemento dello 0 considerato come unsistema di sistemi, in modo che non possiamo dire che 0 sia il sistema il cui unicoelemento e il sistema nullo. [. . . ]

Poiche tutti i sistemi hanno dei numeri, i sistemi formano un sistema; di con-seguenza x ∈ x e talvolta fornito di significato, ed in questi casi la sua negazionee pure fornita di significato: Esiste di conseguenza un sistema w di sistemi, percui x ∈ x e falso; la contraddizione del capitolo X dimostra che questo sistema wnon appartiene al sistema di valori di significativita di x ∈ x. Si puo osservare chex ∈ x puo soltanto essere fornita di significato quando x e di un tipo di ordineinfinito, giacche in x ∈ u, u deve sempre essere di un tipo superiore di uno a x;ma il sistema di tutti i sistemi e naturalmente di un tipo di ordine infinito.

Le proposizioni sono quelle che sollevano piu problemi, ma d’altra parte“che le proposizioni costituiscano un tipo risulta dal fatto, se e un fatto,che soltanto di esse si puo dire con significato che sono vere o false”16. Ilnumero di proposizioni deve essere altrettanto grande di quello di tutti glioggetti, perche “x e identico a x” e in relazione uno-uno con x. Peraltronon dovrebbero esistere piu proposizioni che individui, perche il concettoproposizionale (definito in precedenza da Russell) e un individuo. Quindi ilnumero di proposizioni e uguale a quello degli oggetti17. Invece per il teoremadi Cantor devono esistere piu sistemi di proposizioni che proposizioni, mentretali sistemi sono solo alcuni degli oggetti.

Proviamoci ad applicare la dimostrazionem [del teorema di Cantor] assumendouna particolare relazione uno-uno, la quale associ ogni proposizione p, che non siaun prodotto logico, al sistema il cui unico elemento e p, mentre associa il prodottodi tutte le proposizioni al sistema nullo di proposizioni, e associa ogni altro prodottologico di proposizioni al sistema dei suoi propri fattori. Allora il sistema w che,per il principio generale della dimostrazione di Cantor, non e correlato ad alcunaproposizione, e il sistema delle proposizioni che sono prodotti logici, ma non fattoridi se stesse. Tuttavia, per la definizione stessa che stabilisce la corrispondenza inesame, w dovrebbe venir posto in correlazione con il prodotto logico di w. Sitrovera cosı che la vecchia contraddizione spunta fuori di nuovo; noi possiamoinfatti provare che il prodotto logico di w e un elemento di w, e insieme che non

16Russell vuol forse dire che le proposizioni sono l’ambito di significativita di “esserevero o falso”, ma la spiegazione sembra circolare, perche non verrebbe in mente di parlaredi “vero” e “falso” se non si avesse gia il concetto di proposizione.

17Applicazione informale del teorema di Cantor-Schroder-Bernstein.

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lo e. Questo sembra dimostrare che non esiste un tale sistema w; la teoria dei tipipero non ci dimostra perche un tale sistema non esista. Sembra dunque derivarneche la nota contraddizione richiede ulteriori sottigliezze per la sua soluzione, maio non riesco a immaginare quali esse siano.

Enunciamo per esteso questa nuova contraddizione. Se m e una classe diproposizioni, la proposizione “ogni m e vera” puo essere o non essere essa stessaun m. Ma esiste una relazione uno-uno di questa proposizione con m: infatti, se ne differente da m, “ogni m e vera” non e la stessa proposizione di “ogni n e vera”.Consideriamo ora l’intera classe di proposizioni della forma “ogni m e vera”, eaventi la proprieta di non essere elementi dei rispettivi m. Sia w questa classe, esia p la proposizione “ogni w e vera”. Se p e un w, essa deve possedere la proprietadefiniente di w; ma questa proprieta richiede che p non sia un w. D’altro canto,se p non e un w, allora p possiede per l’appunto la proprieta definiente di w, epertanto e un w. La contraddizione sembra cosı inevitabile.

Russell considera una possibile via d’uscita, basata sul fatto che se∧m

e la congiunzione delle proposizioni in m, allora∧

(m∪{∧m}) e equivalente

a∧m, per cui se identifichiamo tra loro proposizioni equivalenti allora

∧m

risulta il prodotto logico tanto di una classe di cui essa e un elemento quantodi una di cui essa non lo e, e potrebbe essere il w di sopra. Tuttavia Russellscarta tale scappatoia, perche funzioni proposizionali equivalenti possono esono spesso diverse, e lo sono anche nell’esempio trattato.

L’Appendice termina con le seguenti parole:

La stretta analogia di questa contraddizione con quella discussa nel capitoloX fa supporre fortemente che le due debbano avere la stessa soluzione, o almenosoluzioni molto simili. [. . . ]

Per riassumere: la speciale contraddizione di cui al capitolo X appare, sı, risoltadalla teoria dei tipi, ma esiste almeno una contraddizione strettamente analoga adessa che probabilmente non e risolvibile in base a questa teoria. La totalita di tuttigli oggetti logici, o di tutte le proposizioni, comporta, a quanto pare, una difficoltalogica fondamentale. Non sono riuscito a scoprire quale possa essere la completasoluzione di tale difficolta; ma poiche essa interessa proprio i fondamenti del ra-gionare, io ne raccomando caldamente lo studio a tutti coloro che si interessano dilogica.

Potrebbe essere la nuova antinomia ad aver scoraggiato Russell dall’ap-profondire il progetto della teoria dei tipi.

E curioso che Russell non torni piu su questa contraddizione nel seguito,

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anche quando elabora di nuovo la teoria dei tipi in modo sistematico18 .

Tre teorie

Probabilmente le difficolta intraviste consigliano a Russell sul momentodi abbandonare la teoria dei tipi. Riesuma allora le alternative che avevaadombrato nei Principles cercando di dare loro una forma piu definita esviluppata. Lo fa in un articolo elaborato nel 190519.

Intanto cerca una formulazione logica uniforme delle contraddizioni. Ave-va gia trovato, e comunicato a Frege nel 1902, una versione della propriacontraddizione in termini di relazioni: Si consideri la relazione che intercorretra due relazioni R ed S se R ed S sono identiche e R non sussiste tra R edS. Si indichi tale relazione con (R)T (S). Prendendo R = T si ottiene unacontraddizione20.

Nel lavoro del 1905 espone una formulazione unitaria per le tre antinomie,sua, di Cantor e di Burali-Forti.

Data una proprieta ϕ e una funzione f tali che, se ϕ appartienea tutti gli elementi di u, f ‘u esiste, ha la proprieta ϕ e non ap-partiene a u; allora l’assunzione che esista una classe w di tuttii termini che hanno la proprieta ϕ, e che f ‘w esista porta allaconclusione che f ‘w ha e non ha al contempo la proprieta ϕ.

L’antinomia di Russell si ottiene prendendo cone ϕ la proprieta di non ap-partenere a se stesso, e come f la funzione identica: quella di Burali-Fortiprendendo la proprieta di essere un ordinale e f ‘w = ordinale di w; quelladi Cantor prendendo la proprieta di essere un cardinale e f ‘w = cardinale diP(w).

Vista cosı “la natura delle contraddizioni che infestano la teoria del tran-sfinito”, constatato che non solo isolate ma prodotte quasi con una ricettauniforme, che non sono matematiche ma appartengono alla logica, e quindirichiedono qualche modifica nelle assunzioni logiche correnti, Russell indi-vidua la modifica necessaria nella affermazione che “Una funzione proposi-zionale di una variabile non determina sempre una classe”, come aveva gia

18Tra i possibili motivi si puo congetturare che o non considerasse piu le proposizionicome enti reali, oppure eliminasse la contraddizione con un ovvio appello al carattereimpredicativo della definizione di w, si veda oltre.

19“On some difficulties in the Theory of Transfinite Numbers and Order Types”, 1906,cit.

20Lettera di Russell a Frege dell’8 agosto 1902, in G. Frege, Alle origini della logicamoderna, Boringhieri, Torino, 1983, p. 198.

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sospettato nei Principles a proposito delle credenze del senso comune. Ne-gli stessi Principles d’altra parte, nella presentazione degli indefinibili, avevainvece dichiarato che “lo studio delle funzioni proposizionali sembra essererigorosamente equivalente a quello delle classi”.

Russell chiama ora predicativa una funzione proposizionale quando essadetermina una classe.

Per la realizzazione della modifica indica tre diverse direzioni, dichiaran-do di non prendere posizione per ora e di limitarsi a segnalare vantaggi esvantaggi di ciascuna.

La teoria zigzag parte21 dal suggerimento che le funzioni proposizionalideterminano classi quando sono abbastanza semplici, e non lo fanno quandosono complicate e recondite. In questo caso non e la grandezza di una classeche provoca difficolta, perche ad esempio “x non e umano” e semplice, mae soddisfatta da tutte le entita meno un numero finito di esse. Nella teoriazigzag la negazione di una funzione predicativa e anch’essa predicativa.

Se ϕ non e predicativa, per ogni classe u o esistono elementi di u che nonsoddisfano ϕ o esistono elementi di non-u per cui ϕ e vera. Una funzioneche non e predicativa lo e sia dal punto di vista dei termini che non includesia da quello dei termini che include; da qui una caratteristica di zigzag cheha ispirato il nome, particolarmente evidente nel teorema di Cantor. La suadimostrazione “costruisce una ipotetica classe w con la norma22 ‘x non e unelemento della classe con la quale e correlato dalla relazione R’, dove R ela relazione che correla individui e classi. Tali ipotetiche classi sono quasipredestinate a non essere classi, e hanno una certa qualita zigzag, nel fattoche x e un w quando x non e un elemento del suo correlato, e non e un wquando e un elemento del suo correlato”.

Per costruire tale teoria occorrono assiomi che fissino quali sono le funzionipredicative; il vantaggio sarebbe che sono ammesse solo funzioni semplici; losvantaggio e che gli assiomi potrebbero essere molto complicati e privi diintrinseca plausibilita23.

21O dovrebbe partire; benche Russell le chiami “teorie” sono piuttosto indicazioni dilavoro, cosa che Poincare come vedremo non coglie, considerandole teorie sistemate.

22[“Norma” sta per funzione proposizionale, o per definizione; Russell discute in questolavoro le posizioni di E. W. Hobson (in “On the general theory of transfinite numbersand order types”, Proceed. London Mathematical Society , (2) 5 (1905), pp. 170-88) cheusava tale terminologia. Non esaminiamo la discussione con Hobson perche di interessesecondario, in gran parte una ripetizione di argomenti gia esaminati in riferimento ad altriautori.]

23In effetti dovrebbero delimitare soprattutto la forma sintattica delle funzioni proposi-

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Secondo Russell, la teoria era stata anticipata nei Principles dalla osser-vazione di provare a negare che una proposizione della forma ϕ[f(ϕ)], dovef e costante e ϕ variabile, abbia significato.

La teoria della limitazione della grandezza vuole realizzare che ogni classepropria possa essere ordinata in modo simile a un segmento degli ordinali, sıda eliminare in particolare l’antinomia di Burali-Forti. Il criterio della predi-cativita in questa teoria non e la semplicita della forma ma una limitazionesulla grandezza della classe definita; se u e una classe, “x non e un elementodi u” e sempre non predicativa.

La motivazione e che, siccome esistono processi che sembrano essenzial-mente impossibilitati a terminare, mentre la classe dei termini generati dalprocesso dovrebbe essere il completamento del processo, viene naturale sup-porre che i termini generati da tali procedimenti non formino una classe.L’esistenza di processi auto-riproduttivi di questo genere sembra rendereimpossibile il concetto di una totalita di tutte le entita.

“Questa teoria24 ha, a prima vista, una grande plausibilita e semplicita,e non sono pronto a negare che non sia la vera soluzione. Ma la plausibilitae la semplicita tendono a sparire ad un esame attento.” In riferimento allasua formulazione generale della ricetta per le antinomia, vista sopra, la teoriadella limitazione della grandezza trascura nella conclusione (che afferma cheo ϕ e non predicativa, o che se ϕ determina una classe allora f ‘w non esiste)l’alternativa che f ‘w non esista. Salvo il caso in cui f e l’identita (quellodell’antinomia di Russell), tale alternativa sembra sempre possibile.

Una difficolta della teoria secondo Russell e che essa non prescrive inmodo preciso di quanto la successione degli ordinali e legittimata a salire, adesempio solo fino a ω2 o a ωω o ω1. “Coloro che sostengono questa teoria

zionali ammesse. Una realizzazione fedele allo spirito della teoria zigzag e ritenuta da molti(Fraenkel, Bar-Hillel, Wang) la teoria NF di W. Quine, in “New Foundations for Mathema-tical Logic”, Amer. Math. Monthly , 44 (1937), pp. 70-80, incorporato in From a LogicalPoint of View , Harvard Univ. Press, Cambridge Mass., 1953. Le formule predicative sonole cosiddette formule stratificate, le uniche che si possono usare per definire insiemi: leformule stratificate senza quantificatori sono quelle nelle quali e possibile assegnare indicialle variabili, stesso indice alla stessa variabile, in modo che in ogni sottoformula x ∈ yl’indice di y sia maggiore di uno di quello di x; con un operatore di astrazione che inglobai quantificatori, occorre poi che anche per ogni termine t ed s, in t ∈ s l’indice di t siaminore di uno di quello di s. La teoria risultante NF e sotto molti aspetti divergente daZF: esiste la classe universale V , viene meno il teorema di Cantor, V = P(V ), l’assiomadi scelta e inconsistente, e l’assioma dell’infinito derivabile.

24[Nei Principles l’aveva dichiarata ispirata da una scelta troppo drastica.]

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senza dubbio intendono che debbano essere ammessi tutti gli ordinali chepossono essere definiti, per cosı dire, dal basso, cioe senza introdurre l’interasuccessione degli ordinali. Cosı ammetterebbero tutti gli ordinali di Cantor,escludendo solo il massimo. Ma non e facile enunciare in modo preciso questalimitazione; almeno, io non ci sono riuscito.”

Secondo una opinione diffusa ci sarebbe riuscito Zermelo; la sua teoriasarebbe ispirata e realizzerebbe il principio della limitazione di grandezza.Si puo accettare tale interpretazione solo in relazione alla forma restrittivadel principio descritta da Russell, per la quale solo le classi grandi comel’universo, o la totalita degli ordinali, non esisterebbero, o non sarebberoinsiemi. Ma, in ZF in realta, piu che in Z, esistono insiemi grandi quanto sivuole25.

L’eliminazione delle classi

Nella terza proposta, la teoria senza classi [no classes theory ], “le classisono eliminate del tutto”. Non nel senso di assumere che nessuna funzionedetermini una classe o relazione, ma semplicemente astenendosi dall’assu-mere il contrario. Il punto forte della teoria sta proprio nella astensione daassunzioni dubbie, sicche tutta la matematica che permette di ottenere eesente da tutti i dubbi che coinvolgono le classi e relazioni.

Russell dichiara di aver anticipato questo progetto nei Principles ; il ri-mando e tuttavia solo a una dichiarazione di insoddisfazione con le classi:“Non sono riuscito a percepire alcun concetto che soddisfi le condizioni ri-chieste per la nozione di classe. La contraddizione [. . . ] dimostra che c’equalcosa che manca, ma finora non sono riuscito a scoprirla”.

La teoria contrasta con il senso comune che ritiene ovvio che le classiesistano; molta della teoria di Cantor, anche quella che sembra non afflitta

25In particolare, esistono ordinali arbitrariamente grandi, senza una limitazione supe-riore definibile. Non e chiaro cosa intenda Russell quando ipotizza che la successione degliordinali potrebbe salire solo fino a ω1 (ovviamente “ω1 escluso”, che se ci fosse ω1 ci sa-rebbe anche ω1 + 1); forse vuol dire che non si potrebbe dimostrare che esiste un insiemebene ordinato di cardinalita piu che numerabile, perche gli ordinali sono i tipi degli insiemibene ordinati. Ma con l’assioma di scelta ogni insieme e bene ordinabile, e l’esistenza diun insieme piu che numerabile si dimostra con il teorema di Cantor. Russell ha ragione aritenere che si vogliono avere a disposizione tutti gli ordinali, e non c’e bisogno di scervel-larsi a come enunciarlo. “Tutti” sono quelli dimostrabili in una teoria, e dipendono dallaforza della teoria. Solo nella metateoria si puo vedere che ce ne sono di piu in una teoriarispetto a un’altra. Ad esempio il primo ordinale regolare e con indice limite, cioe il primodebolmente inaccessibile, ha una definizione, ma non esiste in ZF.

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dalle antinomie, dovrebbe certamente essere abbandonata (e a prezzo di unafatica non necessaria, se poi le classi dovessero esistere); infine l’articolazionedella teoria appare molto difficile.

Le difficolta di realizzazione sono molte. La maggior parte delle definizionidevono essere riformulate per adeguarsi al nuovo punto di vista, e i teoremi diesistenza diventano piu ardui: occorre ad esempio per ogni ordinale trovareproposizioni che siano equivalenti alla esistenza di quell’ordinale; Russell vie riuscito per ω ma non e ancora in grado di farlo per ω1.

Russell da comunque uno schizzo di come potrebbe procedere. Per unaproposizione p che contenga a come suo costituente, p(x/a) denoti quello chediventa p quando x si sostituisca ad a in tutti i posti in cui occorre. a sipuo intendere in senso lato come il soggetto di p. Gli enunciati che hannofunzioni proposizionali come argomenti vengono sostituiti da affermazioni deltipo “p(x/a) e vera per determinati valori di x”. Ad esempio invece di dire“la classe u e una classe che ha un solo elemento” si dira “esiste una entitab tale che p(x/a) e vera se e solo se x e uguale a b”. I valori di x per cuip(x/a) e vera rimpiazzano la classe u, ma “non si assume che questi valoricollettivamente formino una singola entita che e la classe composta da essi”.

Non e chiaro perche Russell introduca una nuova notazione, tanto piu cheosserva che se b non occorre in p e si pone q = p(b/a), allora “q(x/b) e veraper ogni x” se e solo se “p(x/a) e vera per ogni x”, cioe la verita di p(x/a) perogni x e indipendente dal soggetto a, e quindi dipende solo dalla forma di p.Potrebbe allora usare le funzioni proposizionali solite, con la notazione ϕ(x),se non fosse che – e l’unica spiegazione offerta – “la notazione inevitabilmentesuggerisce l’esistenza di qualcosa denotata da ‘ϕ’ ”26.

In un poscritto finale aggiunto in stampa il 5 febbraio 1906 Russell si diceora sicuro che la teoria senza classi e la soluzione adeguata e opta per essa.

Puo darsi che fosse ispirato da Maxime Bocher (1867-1918), un matema-tico americano con il quale ha una breve corrispondenza e che gli scrive adesempio27:

Il punto decisivo e la vostra “classe come uno” [. . . ] Io non possoammettere che una classe sia in se una entita; per me e sempremolte entita (la vostra “classe come molti”). Quando parliamo di

26In seguito dira che con p(x/a) voleva indicare una affermazione su di un soggettoa, come se questo garantisse una delimitazione naturale, ma presto abbandonera questanuova notazione sperimentale.

27Citato da Lackey, cit., p. 131.

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essa come di una singola entita, noi stiamo considerando un altrooggetto che associamo alla classe, ma non la classe in se. Cioe,la “classe come uno” e semplicemente un simbolo o un nome chepossiamo scegliere a piacere.

Russell presenta un lavoro alla London Mathematical Society dove laeliminazione delle classi e portata piu avanti, ad esempio alle classi di classi28.

In questo lavoro mette a frutto lo studio che aveva nel frattempo condottosulla denotazione29. Come nell’asserzione “l’attuale re di Francia e calvo” lafrase “l’attuale re di Francia” non sta per alcunche e tuttavia l’affermazioneha un senso perfettamente definito, cosı le classi, i numeri e quasi tutto ciodi cui parla la matematica sono false astrazioni. Non si deve chiedere “cosae il numero uno?”, ma “quale e il significato di un enunciato in cui occorrela parola uno?”.

Russell chiama p/a una matrice, presentandolo come un simbolo incom-pleto e privo di significato, un simbolo per la frase “il risultato della sosti-tuzione in p di a con”: “questo simbolo spettrale [shadowy ] rappresenta unaclasse”.

Dire che x e un elemento della classe α significa ora dire che perqualche valore di p e a, α e la matrice p/a e p(x/a) e vera”. Invecedella funzione variabile ϕ, che non poteva essere staccata dal suoargomento30, abbiamo le due variabili p ed a che sono entita, epossono variare. Ma ora “x e un x” diventa privo di significato,perche “x e un α” richiede che α sia della forma p/a, e cosı none una entita.

In quanto e un simbolo incompleto cioe, p/a non puo essere sostituito ad ain p/a.

L’eliminazione delle classi di classi e illustrata con i numeri. Per 0, si partedall’affermazione “per tutti i valori di x, p(x/a) e falso”; chiamata q questa

28B. Russell, “On the Substitutional Theory of Classes and Relations”, in Lackey, Essaysin Analysis, cit. pp. 165-89.

29In particolare “On denoting”, Mind , 14 (1905), pp, 479-93, ristampato in Essays inAnalysis, cit. pp. 103-19.

30[Facendo un riassunto della teoria di Frege, Russell afferma che “x e un elemento diu” e definito da “esiste una funzione ϕ che definisce la classe u e e soddisfatta da x”.Assumendo che la classe sia un’entita, si apre la strada alle contraddizioni. L’errore stanel parlare di “una funzione ϕ” nel ruolo di variabile, e fare affermazioni del tipo “esisteuna ϕ” o “per tutte le ϕ”.]

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affermazione, si considera la matrice q/(p, a): se p′ e a′ hanno la relazioneq/(p, a), cioe {q/(p, a)}(p′, a′) e vera, allora svolgendo le abbreviazioni si ha“per tutti i valori di x, p′(x/a′) e falsa”, che afferma che p′/a′ e una classesenza elementi. Lo 0 e una “relazione tra una proposizione e un’entita, larelazione che, qualunque cosa si sostituisca all’entita, il risultato e semprefalso”.

In generale, la definizione formale e la seguente: “La matrice q/(p, a) edetta una classe di classi , se, per tutti i valori di r, c, r′, c′, se r/c = r′/c′

allora {q/(p, a)}/(r, c) e equivalente a {q/(p, a)}/(r′, c′) [. . . ] In tale caso,diciamo che la classe r/c e un elemento della classe di classi q/(p, a) quando{q/(p, a)}/(r, c) e vera”31.

Quando una formula contiene matrici, il criterio di significativita e chepossa essere enunciata esclusivamente in termini di entita.

Russell ammette che lo sviluppo tecnico dei principi della matematicadiventa molto piu complicato con la teoria sostituzionale; il vantaggio e che siha una vera semplificazione nelle assunzioni fondamentali e nelle proposizioniprimitive. Il lavoro resterebbe valido se anche esistessero classi e relazioni;ma Russell vuole assumere solo che esistano proposizioni, e non crede chetale assunzione sia pericolosa.

Il carattere sintattico della eliminazione suggerisce una distinzione di tipi.Le matrici si dividono in tipi, come illustrato sopra da quelle per classi e perclassi di classi. Sono in verita i tipi che impediscono ad esempio l’antinomiadi Cantor: se α e il numero totale di entita, 2α sara il numero totale delleclassi di entita, e 2α > α, ma non ci sara alcuna classe di entita avente 2α

elementi.Il lavoro sulla teoria sostituzionale ha giudizi controversi e Russell lo ritira.

Tuttavia difende in modo convinto la teoria in uno scambio con Poincare,sempre nel 1906.

Il circolo vizioso

Poincare aveva attaccato i logicisti32, dedicando ampio spazio a Russell, ilquale risponde nel settembre 190633 con un articolo che rappresenta una tap-

31La condizione r/c = r′/c′ serve a garantire che {q/(p, a)}/(r, c) non dipendaseparatamente da r e c ma dalla matrice r/c.

32H. Poincare, “Les mathematiques et la logique”, Revue de Metaphysique et de Morale,14 (1906), pp. 294-317.

33B. Russell, “Les paradoxes de la logique”, Revue de Metaphysique et de Morale,14 (1906), pp. 627-50, pubblicato in inglese col titolo del manoscritto originale “On

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pa importante nello sviluppo del pensiero di Russell sulle antinomie, perchein questa occasione Russell accetta e fa proprio un suggerimento di Poincare,nonostante il disaccordo quasi totale sul resto.

I temi della disputa sono numerosi, in corrispondenza ai vari argomentiusati da Poincare contro la categoria dei logicisti nella quale faceva confluirePeano, Couturat, Russell, Cantor e Zermelo. In particolare Poincare osserva-va divertito che la proposta di Russell di non considerare le classi come entitaindipendenti rappresentava o richiedeva una ricostruzione radicale della logi-stica, mettendo in imbarazzo i logici che parlano soltanto di classi e di classidi classi.

Russell precisa che i cambiamenti richiesti non sono dopo tutto moltograndi. Usa un paragone con il calcolo infinitesimale che ora non assume piue non usa gli infinitesimi, avendo cosı eliminato alcune contraddizioni, masenza modificare alcuna formula del calcolo.

Quindi difende il lavoro dei logicisti dilungandosi sul “soggetto della‘intuizione’ e la natura dell’evidenza per la verita delle proposizioni nellalogistica”.

Il metodo della logistica e sostanzialmente lo stesso di qualsiasialtra scienza. Vi e la stessa fallibilita, la stessa incertezza, la stes-sa mescolanza di induzione e deduzione, e la stessa necessita difare appello, per la conferma dei principi all’accordo ampio conl’osservazione dei risultati calcolati. L’obiettivo non e quello dibandire l’“intuizione”, ma di controllare e sistematizzare la suautilizzazione, eliminare gli errori a cui conduce il suo uso nonconsapevole, e scoprire leggi generali da cui, per deduzione, pos-siamo ottenere risultati veri e che non sono contraddetti mai, ein casi cruciali confermati, dall’intuizione. Le “proposizioni pri-mitive” da cui iniziano le deduzioni della logistica dovrebbero, sepossibile, essere evidenti all’intuizione; ma non e indispensabile,e comunque non e questa la vera ragione per la loro accettazione.La ragione e induttiva, vale a dire che, tra le loro conseguenze no-te (incluse esse stesse) molte appaiono essere vere all’intuizione, enessuna falsa, e quelle che appaiono vere all’intuizione non sono,per quel che si puo vedere, deducibili da qualsiasi sistema di pro-posizioni indimostrabili inconsistente con il sistema in oggetto.[. . . ]

‘Insolubilia’ and their Solution by Symbolic Logic” in Essays in Analysis, cit., pp. 190-214.

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Ma, come e mostrato dalle contraddizioni, l’intuizione non e in-fallibile. Quindi restera sempre un elemento di incertezza [. . . ].

Noi dovremmo essere costantemente sull’allerta per scoprire casicruciali dove [le regole logiche] possono portare all’errore, se mailo fanno. A questo fine, abbiamo bisogno di una facolta veloce didedurre conseguenze, e di una capacita immaginativa per il gene-re di conseguenze che possono essere false. Se, alla fine, arriviamoa un insieme di principi che si raccomandano all’intuizione, e chemostrano esattamente perche prima cadavamo in errore, possia-mo avere una ragionevole assicurazione che i nuovi principi sonocomunque piu vicini alla verita dei precedenti.

Quindi espone in dettaglio la teoria senza classi che aveva elaborato nellavoro ritirato34. L’eliminazione delle classi comporta anche il riconoscimentodella distinzione di tipi, come gia rilevato nel precedente lavoro. Anzi, “Lateoria dell’Appendice B [dei Principles ] tecnicamente differisce poco dallateoria senza classi”. Infatti, la nozione di una classe che e elemento di sestessa diventa priva di significato, come si e visto sopra, mentre e faciledefinire cosa intendiamo quando diciamo che una classe e un elemento di unaclasse di classi.

In questo modo, otteniamo una serie di tipi, cosı che, laddo-ve prima sarebbe potuto emergere un paradosso, ora abbiamouna differenza di tipi che rende l’enunciato paradossale privo disignificato.

I vari tipi che emergono in questo processo: classi, classi di classi,classi di classi di classi, relazioni binarie, classi di relazioni binarie,relazioni binarie di classi di entita, relazioni ternarie e cosı via,sono tutte semplicemente frasi incomplete come “il risultato dirimpiazzare a in p con . . . ”.

Non esiste quindi qualcosa come la serie completa di ordinali di ogni tipo:“c’e una formula che da il numero ordinale di tutti gli ordinali di un dato

34Forse aveva deciso di cogliere l’occasione di questa forma di pubblicazione della teoria,e che non fosse il caso di ripetersi.

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tipo; questo non e del tipo dato, ed e il primo ordinale maggiore di quelli deltipo dato”35.

La novita del lavoro sta tuttavia in questa frase:

Poincare sostiene che i paradossi sorgono tutti da qualche generedi circolo vizioso. Sono d’accordo con lui.

Per confermare la presenza costante del circolo vizioso Poincare allarga ilpanorama delle contraddizioni prese in esame, includendo quelle della defi-nibilita e addirittura quella del mentitore. Poincare in questo modo tuttaviasmentisce se stesso, e la sua affermazione che “i Cantoriani si sono dimen-ticati [che non esiste l’infinito attuale] e sono caduti in contraddizione”. Ilparadosso del mentitore infatti non ha nulla a che fare con l’infinito. Inoltrel’unico senso in cui Cantor e i logicisti devono ammettere l’infinito attualee quello per cui e possibile fare affermazioni su tutti o alcuni dei terminiche hanno una certa proprieta, anche quando il numero di tali termini non efinito.

Tuttavia Russell riconosce che la chiave dei paradossi va cercata nel circolovizioso, e in particolare nel suggerimento di Poincare “che cio che in un modoqualunque concerne tutti di qualsiasi o alcuni (indeterminati) degli elementidi una classe, non deve essere esso stesso uno degli elementi della classe”.

Il principio che Russell vuole assumere, “nel linguaggio di Peano”, e

Cio che coinvolge una variabile apparente [vincolata36] non deveessere uno dei possibili valori di quella variabile.

35Russell si limita ad affermare l’esistenza di questa e altre formule, senza scriverle.Ad esempio afferma che alcuni dei principali teoremi di esistenza sono ottenuti in unmodo indiretto. Si assume che per ogni proposizione esista almeno una entita che non emenzionata nella proposizione. Ammesso poi che esista una entita a, se si considera laproposizione a = a si conclude che esiste una entita diversa da a, quindi ne esistono almenodue; continuando cosı per ogni n si dimostra che esistono almeno n entita, quindi ne esisteuna infinita numerabile. Ma se l’affermazione che esistono almeno due elementi puo essereresa da ∃a∃b(a 6= b), e cosı per ogni n, forse solo la loro congiunzione infinita puo esserepresa come affermazione che le entita sono almeno numerabili, che invece Russell ritienescontata. I buoni ordini di questa infinita di entita sono gli ordinali della seconda classe,che sono ordinali di entita. Il buon ordine degli ordinali della seconda classe e ω1 che e unordinale di ordinali, non un ordinale di entita, ed e di un tipo superiore; si continua cosı,anche se Russell confessa che non e in grado di arrivare a ωω.

36Nel linguaggio di Peano sono chiamate variabili reali e apparenti quelle che altrimentisono dette rispettivamente libere e vincolate.

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“Ma [Poincare] non si rende conto della difficolta di evitare circoli viziosidi questo genere”. La difficolta e che puo diventare necessario “costruireuna [originale] teoria delle espressioni contenenti variabili apparenti che diail principio come suo esito”. Il principio del circolo vizioso non e in se lasoluzione, ma il risultato che deve conseguire dal modo come e costruita lateoria.

In particolare per Epimenide non basta la no classes theory ; il tutti deveriguardare le proposizioni stesse. Una affermazione su tutte le proposizionideve essere o priva di significato o l’affermazione di qualcosa che non e unaproposizione; c’e quindi bisogno di un significato di proposizione per il qualenessuna proposizione contiene una variabile vincolata37.

Nel paradosso del mentitore, “io sto mentendo” significa “esiste una pro-posizione p che sto affermando e che e falsa”. Quindi non e una proposizione.L’affermazione e falsa non perche egli stia enunciando una proposizione ve-ra ma perche benche stia facendo un’affermazione non sta enunciando unaproposizione.

Lo stesso argomento dispone dell’antinomia di Richard e di quella diBerry.

Ma la difficolta di costruire una logica che incorpori tali requisiti puoessere illustrata dal destino delle leggi logiche. Il principio del terzo esclusoad esempio afferma che “ogni proposizione e vera o falsa”, e la maggior partedelle persone pensa che il principio si applichi a se stesso e quindi che siaffermi che il principio del terzo escluso e vero o falso. Invece la legge delterzo escluso non e una proposizione; e tuttavia una affermazione vera, manel senso che tutti i suoi casi particolari sono veri.

Poincare direbbe, pensa Russell, che il principio del terzo escluso e “tuttele proposizioni sono vere o false, esclusa la proposizione che tutte sono overe o false”. Ma in questo modo non sfugge alla contraddizione. Bisognatrovare un modo di esporre la legge del terzo escluso in modo che non siapplichi a se stessa, anche senza dire che non si applica a se stessa. Possiamofarlo restringendola alle proposizioni che non contengono variabili vincolate,purche lo facciamo senza dire che non contengono variabili vincolate. Allorasi avra una gerarchia, la legge per enunciati privi di variabili vincolate (benchenon sia chiaro come possa non dire che non contengono variabili vincolate),

37La restrizione sembra un po’ forte, dal momento che prima parlava delle affermazionisu tutte le proposizioni; ma forse va messa in relazione anche con l’esclusione di tutti perle classi.

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che ha una variabile vincolata (“ogni enunciato . . . ”), la legge per enunciaticon una variabile vincolata, che conterra due variabili vincolate, e cosı viasenza mai esaurirle tutte.

Un’altra difficolta e illustrata dal principio di induzione. La presenza di uncircolo vizioso denunciata da Poincare e formalmente corretta, e bisognerebberestringersi a proprieta che si possano esprimere senza variabili vincolate.Pure ci sono molti casi in cui sembra inevitabile applicare l’induzione a unavariabile di una formula che contiene una quantificazione su un’altra variabile:la confrontabilita n < m∨n = m∨m < n e un esempio, in quanto si dimostradi solito dimostrando per induzione su n la formula ∀m(n < m∨n = m∨m <n).

Una scappatoia potrebbe essere suggerita secondo Russell dal paradossodi Epimenide, nella variante in cui Epimenide dice “tutte le proposizionidella forma ϕx affermate da Epimenide sono false”; se questa affermazionefosse della forma ψ(Epimenide) si avrebbe una contraddizione. Quindi unenunciato che contiene una variabile funzionale vincolata non deve esseredella forma ϕx anche quando contiene x38; ed e naturale estendere la richiestaa enunciati che contengono variabili individuali vincolate.

Ma questa variante di Epimenide mostra solo una affermazione conte-nente una variabile libera x e una variabile vincolata non e identica a unaaffermazione della forma ϕx; non esclude che non possa essere equivalente.Nel caso di Epimenide in affetti la sua asserzione e equivalente a una dellaforma ϕ(Epimenide).

Sostituendo asserzioni equivalenti si aggirerebbe la restrizione sull’indu-zione; ma Russell non da nessun esempio matematico, in particolare nondiscute il caso da lui stesso citato, per mostrare quale formula equivalenteusare.

Dall’esposizione di Russell, non si capisce se a questo stadio della suariflessione egli sia convinto di poter presentare una soluzione alle difficoltaenunciate, oppure non sappia ancora come risolverle. Non si capisce cioe sela realizzazione del principio del circolo vizioso sia considerata una stradaobbligata, ma oscura, oppure se egli vede la strada che porta alla luce.

Per quel che riguarda la no classes theory , il collaboratore di Russell,Alfred North Whitehead, era per parte sua contrario a “fondare tutta la ma-tematica su un artificio tipografico”, e sosteneva che il loro [di Whitehead eRussell] obiettivo era quello di sistematizzare il ragionamento in matematica,

38Russell intende probabilmente che x non deve essere il soggetto.

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e per questo bisognava mantenere le classi: “Il rigore estremo deve essere tem-perato da considerazioni pratiche [. . . ] Le classi possono essere mantenute inbase alla considerazione che [. . . ] il ragionamento effettivo della matematicausa abitualmente le classi anche quando non ce ne sarebbe bisogno. Cosı ilnostro compito e di sistematizzare il ragionamento relativo alle classi, anchese fosse un’idea primitiva che potrebbe essere evitata”39.

Alla fine nel 1906 Russell scrivendo a Jourdain gli raccontera che tut-to funziona con la sua no classes theory fino a che non “non considero lafunzione W , dove W (ϕ). ≡ .ϕ ∼ ϕ(ϕ), e allora [. . . ] non ho guadagnatonulla rifiutando le classi”40; tornera percio a un atteggiamento realista. Laeliminazione delle classi lo aveva portato a mettere di nuovo in evidenza ivantaggi, o la necessita, della distinzione dei tipi, e forse si era convinto chela natura delle classi era meno importante della struttura dei tipi in vistadella esclusione di ogni circolo vizioso.

La teoria dei tipi

Nel 1907 Russell elabora la sua nuova teoria dei tipi41. Il lavoro inizia conun elenco delle contraddizioni da risolvere, che servono come banco di provadella teoria42, e rappresentano “solo una selezione tra un numero indefinito”di analoghe.

La piu vecchia contraddizione e quella di Epimenide il cretese, che dice“sto mentendo”; quindi viene messa quella di Russell sia nella forma dellaclasse di tutte le classi che non appartengono a se stesse, sia nella formarelazionale vista sopra. Seguono quella di Berry e quella di Konig sull’ordinaledefinito come il primo ordinale non definibile. Infine e presentato il paradossodi Richard e ultima l’antinomia di Burali-Forti.

Tutte le contraddizioni elencate hanno una caratteristica comune “chepossiamo descrivere come auto-riferimento o riflessivita”. In tutte le con-traddizioni si dice qualcosa su tutti i casi di qualche genere, e da quello che

39Lettere di Whitehead a Russell del febbraio 1906, citate da Lackey, in Essays inAnalysis, cit. pp. 131-2.

40Cit. da Grattan-Guiness, “Bertrand Russell on his paradox and the multiplicativeaxiom”, cit. Russell sembra dimenticare qui o non dare penso alla sua osservazione chela teoria senza classi deve anche essere una teoria dei tipi, e coerentemente non dovrebbescrivere la W .

41“Mathematical Logic as based on the Theory of Types” (1908), cit.42Il suo merito non e solo quello di risolvere le contraddizioni, spiega Russell, ma anche

“una certa consonanza” con il buon senso, benche questo non sia un merito su cui insistere,dal momento che il buon senso e meno affidabile di quanto comunemente si crede.

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si dice un nuovo caso sembra essere generato, che e e nello stesso tempo none dello stesso genere dei casi che tutti sono stati considerati.

Russell passa in rassegna tutte le contraddizioni per far vedere il fenome-no dell’auto-riferimento. Conclude cosı che la nozione “tutte le proposizioni”,come anche “tutti gli ordinali” sono illegittime. “Tutte le nostre contraddi-zioni hanno in comune l’assunzione di una totalita che, se fosse legittima,sarebbe immediatamente ampliata da nuovi elementi definiti in termini diquella totalita”.

Questo conduce alla regola: “Cio che presuppone [involves ] il tuttidi una collezione non deve essere uno della collezione”, o al con-trario: “Se, assumendo che una collezione avesse un totale, essaavrebbe elementi definibili solo in termini di quel totale, alloratale collezione non ha totale”.

La regola e tuttavia puramente negativa, e non mostra come evitare o cor-reggere gli errori che derivano dal suo mancato rispetto. Non si puo dire“quando parlo di tutte le proposizioni intendo tutte salvo quelle nelle quali‘tutte le proposizioni’ sono menzionate”, perche cosı abbiamo proprio men-zionato le proposizioni nelle quali “tutte le proposizioni” sono menzionate.“E impossibile evitare di menzionare qualcosa dicendo che non la menzio-neremo”. Quindi e necessario “costruire una logica senza menzionare cosecome ‘tutte le proposizioni’ o ‘tutte le proprieta’, e senza anche dover direche le escludiamo. L’esclusione deve risultare naturalmente ed inevitabil-mente dalle nostre dottrine positive, che devono rendere chiaro che ‘tutte leproposizioni’ e ‘tutte le proprieta’ sono frasi prive di senso”.

Le prime difficolta che vengono in mente sono quelle gia notate da Russell,cioe le leggi logiche e il principio di induzione. Una prima soluzione consistenella differenza tra “tutti” e “qualsiasi”. La distinzione, gia discussa neiPrinciples , assume ora un ruolo decisivo.

Si tratta, nella terminologia logica moderna, della distinzione tra unavariabile quantificata universalmente e una variabile libera. Entrambe sononecessarie e presenti nella matematica. Nelle dimostrazioni geometriche cheiniziano con “Sia ABC un triangolo . . . ”, ABC e un triangolo qualsiasi. Inuna definizione come “f e continua in x0 se per ogni ε e ogni δ . . . ”, la f ex0 sono qualsiasi, mentre gli ε e i δ sono tutti. Asserire qualsiasi valore diuna funzione proposizionale significa asserire la funzione proposizionale.

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La differenza tra asserire ϕx e asserire ∀xϕx e stata segnalata e sottoli-neata per primo da Frege43. Le variabili libere sono essenziali per il pensierodeduttivo: per dedurre ad esempio ∀xψx da ∀xϕx e ∀x(ϕx → ψx) occorreparticolareggiare a un x qualsiasi ϕx e ϕx→ ψx, per usare il modus ponens44.

Quando le variabili sono proposizioni o proprieta, la quantificazione deveessere vietata, e si potranno fare solo affermazioni per un qualsiasi valoredella variabile. Le leggi fondamentali della logica non riguardano cosı tutte leproposizioni (di una certa forma), sono schemi (nella terminologia moderna)costituiti dall’insieme di tutti i possibili singoli casi.

Anche il principio di induzione diventa uno schema, perfettamente ade-guato a tutti i suoi usi. Non e invece possibile usare l’induzione per definire inumeri, dicendo che un numero naturale e tale se possiede ogni proprieta chesia goduta da 0 e da ogni successore di uno che la possiede. Russell accettacosı la critica predicativista di Poincare alla definizione di Dedekind.

Segue una lunga discussione del quantificatore universale. La maggiorparte delle affermazioni usano quantificatori ristretti a una proprieta, adesempio “Tutti i tedeschi sono biondi”. Ma non esistono simili quantificatoriin logica, nell’analisi logica di Frege accettata anche dalla logica moderna.La giustificazione di Russell e che “tutti i tedeschi” e una frase denotante, eincompleta; non puo essere il soggetto di una proposizione. L’affermazioneespansa e corretta e

∀x(Tedesco(x)→ Biondo(x))

con il quantificatore universale ∀x non ristretto.Tuttavia non si potrebbe fare un’affermazione del genere, perche tra tutti

i valori di x ricadrebbero anche tutte le proposizioni e tutte le totalita illecite.D’altra parte non lo si puo restringere con una proprieta o una classe, perchesi riproporrebbe con queste la situazione qui esemplificata da “Tedesco(x)”.

La restrizione deve venire dall’interno dalla proposizione quantificata. Lafunzione proposizionale Tedesco(x)→ Biondo(x) “deve avere un certo ambitodi significativita che non coincide con tutti i valori di x, ma che eccede” quellidi “Tedesco(x)”.

43G. Frege, Grundgesetze der Arithmetik , 1893, cit., vol. I, §17.44L’esempio va bene per illustrare il ruolo delle variabili libere, ma come inferenza logica

e controproducente per l’argomento di Russell; infatti quando si e concluso ψx per un xqualsiasi , si passa a ∀xψx, cioe si afferma “per tutti gli x, ψx”. Invece, vedi sopra ilseguito.

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“Se la funzione cessa di avere significato quando la variabile esce da uncerto ambito, allora la variabile e ipso facto confinata a quell’ambito, senzache sia necessario dichiararlo esplicitamente”.

Russell giustifica cosı i sistemi di significativita delle funzioni proposizio-nali che aveva asserito esistere nell’Appendice dei Principles .

Si puo dunque affermare che “ogni proposizione che contiene tutti asse-risce che una certa funzione proposizionale e sempre vera; questo significache tutti i valori di detta funzione sono veri, non che la funzione e vera pertutti gli argomenti, perche ci sono argomenti per i quali la funzione e privadi significato, cioe non ha alcun valore”.

Il lavoro preparatorio per la teoria dei tipi e terminato. Nella attualeversione della teoria appare, insieme ai tipi, un altro concetto, quello diordine.

Un tipo e definito come il sistema di significativita di una funzione proposizio-nale [. . . ]. Quando una variabile apparente [vincolata] occorre in una proposizione,il sistema dei valori della variabile apparente e un tipo, il tipo fissato dalla funzionea cui “tutti i valori” [della variabile] si riferiscono. [. . . ]

Il principio [del circolo vizioso], nel nostro linguaggio tecnico, diventa: “Cio checontiene una variabile apparente non deve essere un possibile valore di quella varia-bile”. Cosı cio che contiene una variabile apparente deve essere di un tipo diversoda quello dei possibili valori di quella variabile; diremo che e di un tipo superiore.Cosı sono le variabili apparenti contenute in una espressione che determinano ilsuo tipo. Questo e il principio guida per quel che segue.

Russell chiama elementari le proposizioni che non contengono variabilivincolate, e generalizzate quelle che contengono variabili vincolate. Nelleproposizioni elementari, i termini sono il soggetto, quelli di cui sono asseritii predicati e le relazioni.

I termini delle proposizioni elementari li chiameremo individui ; essi formano ilprimo tipo, o il piu basso.

Non e necessario, in pratica, sapere quali oggetti appartengono al tipo piubasso, o anche se il tipo piu basso di una variabile che occorre in un dato contestoe quello degli individui o qualcun altro. Perche in pratica solo i tipi relativi dellevariabili sono rilevanti; cosı il tipo piu basso che occorre in un dato contesto puoessere chiamato il tipo degli individui, per quel che riguarda quel contesto. [. . . ]quello che e essenziale e il modo come gli altri tipi sono generati dagli individui,

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comunque sia costituito il tipo degli individui. [. . . ]45

Le proposizione elementari, insieme a quelle che contengono solo individui comevariabili apparenti, le chiameremo proposizioni del primo ordine. Queste formanoil secondo tipo logico.

Abbiamo cosı una nuova totalita, quella delle proposizioni del primo ordine.Possiamo allora formare nuove proposizioni nelle quali occorrono come variabiliapparenti proposizioni del primo ordine. Queste le chiameremo proposizioni delsecondo ordine; esse formano il terzo tipo logico. Cosı ad esempio, se Epimenideasserisce “tutte le proposizioni del primo ordine da me affermate sono false”, egliasserisce una proposizione del secondo ordine; la puo affermare in modo veritiero,senza al contempo asserire in modo veritiero alcuna proposizione del primo ordine,e cosı non sorge alcuna contraddizione.

Il processo descritto puo essere continuato indefinitamente. L’(n+1)-esimo tipologico consistera delle proposizioni di ordine n, che saranno quelle che contengonocome variabili apparenti proposizioni di ordine n−1, ma non superiore. I tipi sonomutuamente esclusivi, quindi non e possibile alcuna fallacia riflessiva, fintanto chericordiamo che una variabile apparente deve essere sempre ristretta a qualche tipo.

In parallelo con la gerarchia delle proposizioni c’e una gerarchia di fun-zioni proposizionali. Russell discute la possibilita di utilizzare per la lorodefinizione le matrici p/a e la notazione p(x/a), afferma che se ne avrebbe-ro certi vantaggi, forse per salvare il lavoro fatto nei precedenti articoli, maconclude che e meglio rimpiazzare p con ϕa e p(x/a) con ϕx,

Una funzione il cui argomento e un individuo e il cui valore e sempre unaproposizione del primo ordine sara chiamata una funzione del primo ordine. Unafunzione che coinvolge una funzione o una proposizione del primo ordine comevariabile apparente sara detta una funzione del secondo ordine, e cosı via. Unafunzione di una variabile che e dell’ordine immediatamente superiore a quello delsuo argomento sara chiamata funzione predicativa. [. . . ]

La gerarchia delle funzioni puo essere ulteriormente spiegata come segue. Unafunzione del primo ordine di un individuo x sara denotata da ϕ!x [. . . ]. Nessunafunzione del primo ordine contiene una funzione come variabile apparente; quinditali funzioni formano una totalita ben definita, e la ϕ in ϕ!x puo essere trasfor-mata in una variabile apparente. Qualunque proposizione in cui ϕ compare comevariabile apparente, e in cui non c’e alcuna variabile apparente di tipo superiorea ϕ, e una proposizione del secondo ordine. Se una tale proposizione contiene un

45[Ora Russell veramente, contraddicendo quanto appena detto, cerca di definire gli in-dividui, come quelli che sono privi di ogni complessita, per differenziarli dalle proposizioni,che sono complesse.]

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individuo x, non e una funzione predicativa di x; ma se contiene una funzione delprimo ordine ϕ, e una funzione predicativa di ϕ, e sara scritta f !(ϕ!z )46. Alloraf e una funzione del secondo ordine predicativa; i possibili valori di f di nuovoformano una totalita ben definita, e possiamo usare f come variabile apparente.[. . . ]

Adotteremo le seguenti convenzioni. Variabili del tipo piu basso che occorronoin un dato contesto saranno denotate da lettere latine minuscole (eccetto f e g chesono riservate per funzioni); una funzione predicativa di un argomento x (dove xpuo essere di qualsiasi tipo) sara denotata da ϕ!x [. . . ]; una funzione generale dix sara denotata da ϕx [. . . ]. In ϕx, ϕ non puo essere trasformata in una variabileapparente, perche il suo tipo e indeterminato; ma in ϕ!x, dove ϕ e una funzionepredicativa il cui argomento e di un qualche tipo dato, ϕ puo diventare una variabileapparente47.

Alcune delle contraddizioni sono risolte dalla teoria dei tipi, cioe dalla re-strizione che le frasi contenenti le parole “tutte le proposizioni” e simili sonoprima facie prive di significato, perche la generalizzazione puo essere appli-cata solo all’interno di un tipo. Russell lo fa vedere per il mentitore, Berrye il minimo ordinale indefinibile. Per le altre, come Burali-Forti, occorronoulteriori approfondimenti.

E assolutamente necessario, se la matematica deve essere possibile, che ab-biamo qualche metodo per fare affermazioni che normalmente siano equivalenti aquello che abbiamo in mente quando (in modo impreciso) parliamo di “tutte leproprieta di x”.

[Ad esempio per l’induzione.][. . . ] parlare di tutti i valori di [una] funzione [. . . ] richiede che essa sia di

un qualche ordine assegnato; ma qualunque ordine assegnato non ci permettera didedurre molte proposizioni della matematica elementare.

Quindi dobbiamo trovare qualche metodo per ridurre l’ordine di una funzioneproposizionale senza influire sulla verita o falsita dei suoi valori. Questo sembracio che il senso comune realizza con l’ammissione delle classi . Data una qualunquefunzione proposizionale ϕx, di qualunque ordine, si assume che essa sia equivalente,per tutti i valori di x, a una affermazione della forma “x appartiene alla classe α”.[. . . ] Io credo che lo scopo principale a cui servono le classi, e la principale ragioneche le rende linguisticamente convenienti, e che esse forniscono un metodo perridurre l’ordine di una funzione proposizionale. Io percio, non assumero nulla di

46[Nel testo e scritto f !(ψ! z ), ma deve trattarsi di un refuso.]47[Queste convenzioni anticipano quello che sara lo stile sistematicamente ambiguo dei

Principia, senza indicazione esplicita dei tipi delle variabili.]

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quello che sembra essere implicito nell’ammissione del senso comune delle classi,se non questo: che ogni funzione proposizionale e equivalente, per tutti i suoivalori, a qualche funzione predicativa [degli stessi argomenti]. Questa assunzione[. . . ] mantiene delle classi tanto quanto serve, ma abbastanza poco da evitare lecontraddizioni [. . . ]. Chiamero questa assunzione assioma delle classi , o assiomadi riducibilita.

L’induzione matematica puo ora essere enunciata solo per tutte le funzionipredicative di numeri.

Il timore che con l’assioma di riducibilita possano tornare ad affacciarsi iparadossi non e giustificato, perche in essi interviene o qualcosa d’altro oltrealla verita o falsita dei valori delle funzioni, oppure compaiono espressioniche restano prive di significato anche applicando l’assioma di riducibilita. Adesempio “Epimenide asserisce ψx” non e equivalente a “Epimenide asserisceϕ!x”, anche se ψx e ϕ!x sono equivalenti.

Esaurite le motivazioni e le spiegazioni delle caratteristiche della teoriadei tipi, Russell espone formalmente nel capitolo VI il sistema di logica chene risulta.

La teoria sara chiamata teoria ramificata dei tipi , perche il tipo di una fun-zione dipende sia dal tipo degli argomenti sia dal tipo delle variabili vincolateche occorrono in essa.

Il sistema e basato su sette idee primitive che sono: funzione proposiziona-le; negazione; disgiunzione; la verita di un qualunque valore di una funzioneproposizionale; la verita di tutti i valori di una funzione proposizionale (di-remmo: il quantificatore universale); funzione predicativa di un argomentodi qualsiasi tipo; l’asserzione (che qualche proposizione e vera), indicata dalsegno `.

L’idea di variabile e probabilmente implicita in quella di funzione propo-sizionale. Russell non e molto rigoroso nella formalizzazione; ad esempio nondefinisce “proposizione”, anche se stipula, ad esempio per la negazione, che“se p e una proposizione, anche ∼ p e una proposizione”. Non enuncia unaregola di sostituzione.

Seguono alcune definizioni, tra le quali gli altri connettivi, precisamente ⊃per l’implicazione, il puntino per la congiunzione, ≡ per la biimplicazione, ilquantificatore esistenziale, la notazione ϕx per la funzione, in quanto distintadai singoli valori. Quindi e presentato un elenco di 14 assiomi e regole:

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(1) Una proposizione implicata da una premessa vera e vera.(2) `: p ∨ p. ⊃ .p.(3) `: q. ⊃ .p ∨ q.(4) `: p ∨ q. ⊃ .q ∨ p.(5) `: p ∨ (q ∨ r). ⊃ .q ∨ (p ∨ r).(6) `: .q ⊃ r. ⊃: p ∨ q. ⊃ .p ∨ r.(7) `: (x).ϕx. ⊃ .ϕy.

L’ottava proposizione primitiva mette in difficolta Russell, in quanto none una formula, “non puo essere espressa coi nostri simboli”, ma una sorta dimetaregola:

(8) Se ϕy e vera, dove ϕy e un valore qualsiasi di ϕx, allora (x).ϕx evera.

(9) `: (x).ϕx. ⊃ .ϕa, per ogni a costante.(10) `: .(x).p ∨ ϕx. ⊃: p. ∨ .(x).ϕx.(11) Se f(ϕx) e vera qualsiasi sia il valore di x e F (ϕy) e vera qualsiasi

sia il valore di y, allora f(ϕx).F (ϕx) e vera qualunque sia il valore di x.(12) Se ϕx.ϕx ⊃ ψx e vera per ogni possibile valore di x, allora ψ e

vera per ogni possibile valore di x.(13) `: .(∃f) : .(x) : ϕx. ≡ .f !x, che e l’assioma di riducibilita, come

anche il prossimo, per due variabili.(14) `: .(∃f) : .(x, y) : ϕ(x, y). ≡ .f !(x, y)

L’unico caso in cui interviene la teoria dei tipi e (11), che implicitamentepermette di identificare variabili reali solo se sono dello stesso tipo; il sistemasi presenta con una ambiguita formale che e utile: “non e mai necessario nelcorso di una qualsiasi deduzione considerare il tipo assoluto di una variabi-le; e solo necessario vedere che le differenti variabili che occorrono in unaproposizione siano dei tipi relativi appropriati”. Questo esclude ad esempiola quarta contraddizione perche “una relazione tra R ed S e sempre di untipo superiore ad entrambe” e quindi “la relazione R tra R ed S” e priva disignificato.

L’uguaglianza e definita da

x = y. =: (ϕ) : ϕ!x. ⊃ .ϕ!y.

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Le classi sono introdotte nel seguente modo. Per ogni funzione f difunzioni predicative ϕ!z si considera una associata funzione estensionale48

ponendo

f{z (ψz)}. =: (∃ϕ) : ϕ!x. ≡x .ψx : f{ϕ!z}.

La funzione f{z (ψz)} e in realta una funzione di ψz , anche se non la stessadi f(ψz ), ma “e conveniente trattare f{z (ψz)} tecnicamente come se avessecome argomento z (ψz), che chiameremo ‘la classe definita da ψ’ ”.

Se due funzioni sono equivalenti, le classi definite da esse sono uguali,che e “la proprieta caratteristica delle classi”, quindi “siamo giustificati neltrattare z (ϕ) come la classe definita da ϕ”.

Secondo Quine49, Russell riduce sı in questo modo le classi alle funzioniproposizionali, ma siccome le funzioni proposizionali occorrono come varia-bili nella quantificazione, la logica dei Principia e impegnata alle funzioniproposizionali in re, e l’eliminazione delle classi ammonta a una riduzionedelle classi a proprieta o attributi. Siccome Russell non distingueva uso emenzione, egli credeva di aver ridotto le classi a entita linguistiche, mentredi fatto le aveva ridotte solo a proprieta platoniche.

Russell in una nota a “On some difficulties . . . ” aveva anticipato che,siccome le obiezioni alla esistenza delle classi valgono anche per l’esistenzadelle funzioni proposizionali come entita separabili distinte da tutti i lorovalori, nella teoria ogni volta che si parla di una funzione proposizionale siintende una abbreviazione per parlare di alcuni o tutti i suoi valori; questoquando sembrava orientato alla no classes theory . Non si puo dire che taleprincipio sia rispettato nella teoria dei tipi, ma d’altra parte non e detto chedebba esserlo.

Non e credibile che Russell non fosse consapevole dell’impegno ontologicodel suo sistema; peraltro in una serie di note non pubblicate del 1906 scrivevaproprio che “qualunque cosa sia una variabile apparente [vincolata] deve averequalche specie di essere”, quasi anticipando lo slogan di Quine che “essere eessere il valore di una variabile vincolata”.

Dopo le classi, Russell introduce l’operatore descrittivo “l’x tale che ϕ”per poter definire le usuali funzioni matematiche, che hanno come valori

48Brevemente, significa che se gli argomenti sono equivalenti, come funzioni, anche ivalori lo sono.

49Willard v. O. Quine, “Whitehead and the rise of modern logic”, in The Philosophyof Alfred North Whitehead (a cura di P. A. Schilpp), The Library of Living Philosophers,Open Court, La Salle, 1941, pp. 125-64.

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dei termini, e che chiama descrittive. Quindi definisce i cardinali, e discutel’assioma dell’infinito, nella forma che nessun classe finita contiene tutti gliindividui, e che puo essere assunto oppure no. Se lo si assume, si possonodefinire anche operazioni infinitarie sui cardinali, si ottiene ℵ0 e cardinalimaggiori ma non ℵω, neanche dopo aver introdotto gli ordinali50.

Nell’occasione Russell osserva che l’assioma moltiplicativo e equivalentea quello di Zermelo, dimostrando in nota la direzione che finora gli mancava;preferisce non aggiungerlo agli assiomi, ma segnalarlo ogni volta che si usa.

Osserva che se pure i cardinali sono ambigui, nel senso che hanno unsignificato diverso a seconda del tipo al quale si riferiscono, tuttavia si possonoconfrontare le cardinalita delle classi anche se esse hanno tipo diverso; infattiuna relazione biunivoca puo sussistere tra gli elementi di due classi anche sequeste hanno tipo diverso – avra un tipo superiore al massimo dei due.

Infine definisce gli ordinali, e spiega di nuovo come la teoria dei tipi evitila contraddizione di Burali-Forti: “Tutti gli ordinali di un tipo possono essereordinati per grandezza in una serie bene ordinata, che ha un numero ordinaledi un tipo superiore a quello degli ordinali che compongono la serie”.

La teoria dei tipi sara ridotta di nuovo a una teoria semplice, non rami-ficata, da Frank P. Ramsey (1903-1930), il quale osservera che la gerarchiadegli ordini e usata da Russell solo per le antinomie epistemologiche, e for-se sarebbe meglio trascurarle in quanto dipendono da fattori linguistici nonlogici ne matematici51.

50Manca evidentemente qualcosa di equivalente al rimpiazzamento (Fraenkel e Skolemfurono condotti ad esso proprio dalla considerazione di ℵω), ma non e chiaro quanto Russellfosse consapevole di cosa mancasse.

51F. P. Ramsey, “The foundations of mathematics”, Proceed. London MathematicalSociety , (2) 25, 1925, pp. 338-84, ristampato in F. P. Ramsey, The foundations of mathe-matics and other logical essays, Paul, Trench, Trubner, London, 1931, pp. 1-61; trad. it. Ifondamenti della matematica e altri scritti logici , Feltrinelli, Milano, 1964. Secondo Quineinvece, nella nota introduttiva a “Mathematical Logic as based on the Theory of Types”in van Heijenoort, cit., pp. 150-2, la costruzione di Russell e inutilmente complicata perla sua incapacita di distinguere tra le funzioni proposizionali come notazioni e le funzioniproposizionali come attributi e relazioni: “Se per ogni funzione proposizionale ne esisteuna predicativa coestensiva, allora i simboli per le funzioni proposizionali sarebbero potutidall’inizio essere concepiti come i corrispondenti predicativi. In breve, i tipi delle funzioniproposizionali sarebbero potuti essere descritti subito come dipendenti solo dai tipi degliargomenti”. Se l’assioma di riducibilita e vero, la ramificazione era inutile in partenza.Questa critica era stata anticipata da Leon Chwistek, “Antynomje Logiki Formalnej”,Przeg. Filoz., 24 (1921), pp. 164-71.

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Nell’immediato, la teoria dei tipi e discussa da Poincare52 nel 1909, eRussell gli risponde53 nel 1910.

Poincare apprezza il riconoscimento del principio del circolo vizioso daparte di Russell, anche se ora Poincare stesso lo formula in un modo leg-germente diverso, ponendo l’accento sul fatto che gli insiemi devono avereuna definizione stabile, che non sia modificata dalla introduzione di nuovielementi; gli insiemi infiniti sono generati progressivamente, e quando si ag-giungono nuovi elementi si modifica la relazione tra l’insieme e gli elementigia introdotti, e magari alcuni di essi debbono essere espulsi. Questo succedead esempio quando gli elementi sono quelli definibili con una frase finita; manmano che si aggiungono elementi e l’insieme si modifica, il senso delle frasicambia, elementi che non erano definibili lo diventano e al contrario elementiche erano definiti ora non lo sono piu dalla stessa frase.

Le definizioni per cui questo non succede le chiama predicative, e non leritrova in modo palese nella impostazione di Russell, che peraltro interpretain modo approssimativo, confondendo tipi e ordini. Afferma nel suo rias-sunto che una proposizione non sara sempre dello stesso ordine qualunquesia x, perche il suo ordine dipende dall’ordine di x; la funzione sara dettapredicativa se essa e di ordine k + 1 quando x e di ordine k. Lamenta cheRussell non abbia dato esempi, e che non abbia spiegato bene la funzionedell’assioma di riducibilita, che dovrebbe servire a dimostrare il principio diinduzione. Poincare ne sarebbe lieto, dal momento che sospetta che non siache un’altra forma dello stesso principio; i tentativi di dimostrare il principiodi induzione gli ricordano quelli di dimostrare il quinto postulato di Euclideassumendo una delle sue conseguenze come una verita evidente.

Per quel che riguarda la gerarchia, Poincare osserva che Russell non hachiarito se oltre alle proposizioni di ordine n, per ogni n, le quali si possonodefinire in modo naturale, esistano anche proposizioni di ordine α, dove αe un ordinale transfinito, in particolare ω. In caso affermativo, si dovreb-be spiegare che cosa sono tali proposizioni, in caso di risposta negativa, sipresuppone di avere gia la distinzione tra finito e infinito.

Poincare prova a proporre una sua applicazione dell’assioma: la definizio-ne dei numeri naturali come quelli che appartengono a tutte le classi ricorrentinon ha senso se non si precisa l’ordine delle classi ricorrenti; cosı si hanno

52H. Poincare, “La logique de l’infini”, Revue de Metaphysique et de Morale, 17 (1909),pp. 451-82.

53“La Theorie des types logiques”, cit.

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numeri di vario ordine; ma se un numero e di ordine n, e anche di ordinen − 1, sicche si determina una successione di insiemi via via piu ristretta, esi potrebbero chiamare di ordine ω quei numeri che appartengono a tutti gliordini n, e ottenere cosı una definizione.

Russell prende atto del tono non polemico dell’interlocutore, e siccomequesti ha chiesto maggiori spiegazioni, coglie l’occasione per esporre in modopiu diffuso le motivazioni e le interpretazioni filosofiche del proprio sistema,sulle quali nel lavoro pubblicato su una rivista di matematica non aveva po-tuto dilungarsi. L’esposizione e in effetti piu ampia e minuziosa di quella del1908, ma Russell non risponde ad alcuna delle domande poste da Poincare.

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appendiceLa teoria dei tipi54

La teoria dei tipi e un sistema di logica, piu che di teoria degli insiemi.

la teoria predicativa dei tipi PT

Definizione induttiva di simbolo di tipo:

(i) “o” e un simbolo di tipo;(ii) se t1, . . . , tn sono tutti simboli di tipo, (t1, . . . , tn) e un simbolo di tipo;(iii) null’altro e un simbolo di tipo.

Intuitivamente: gli individui sono le cose di tipo o; un insieme di individui hatipo (o); una relazione binaria tra individui ha tipo (o, o); una relazione binariatra individui e relazioni binarie tra individui ha tipo (o, (o, o)), e cosı via.

Una gerarchia di tipi basata sull’insieme non vuoto D e la collezione di tuttele relazioni tipate su D. Le relazioni tipate su D sono individuate dalla seguentedefinizione induttiva:

(i) un elemento di D e una relazione di tipo o;(ii) un insieme di n-uple di elementi di D e una relazione di tipo (o, o, . . . , o︸ ︷︷ ︸

n

);

(iii) una relazione di tipo t = (t1, . . . , tn) e un insieme di n-uple 〈r1, . . . , rn〉,dove ogni ri e di tipo ti, per 1 ≤ i ≤ n.

Se D e D′ sono due insiemi non vuoti della stessa cardinalita, le gerarchie ditipi basate su D e rispettivamente D′ sono isomorfe.

Alfabeto di PT, la teoria predicativa dei tipi:

per ogni tipo t, una lista infinita di variabili {xtn}1≤n di tipo t;per ogni tipo t, una lista infinita di costanti {atn}1≤n di tipo t;parentesi, virgola, negazione, disgiunzione, accento circonflesso, ∀, ∃.

Definizione induttiva simultanea dei termini e delle formule:

(i) una variabile o una costante di un dato tipo sono termini di quel tipo;(ii) Se A e un termine di tipo (t1, . . . , tn) e se y1, . . . , yn sono termini rispetti-

vamente di tipo t1, . . . , tn, allora A(y1, . . . , yn) e una formula;

54Da W. S. Hatcher, Foundations of Mathematics, W. B. Saunders, Philadelphia, 1968;trad. it. Fondamenti della matematica, Boringhieri, Torino, 1973, cap. 4. I sistemipresentati in questa appendice sono quelli classici che risalgono al lavoro di Russell; unanuova teoria, che ha influenzato la costruzione di linguaggi di programmazione tipati, estata elaborata negli ultimi anni da Martin-Lof: si veda Per Martin-Lof, IntuitionisticType Theory , Bibliopolis, Napoli, 1984.

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(iii) se A e B sono formule, anche (¬A) e (A ∨B) sono formule;(iv) se A e una formula e y una variabile, anche (∀y)A e (∃y)A sono formule;(v) se A e una formula e y1, . . . , yn (n > 0) sono variabili libere distinte nell’or-

dine della loro prima occorrenza in A da sinistra a destra, e sono rispettivamentedi tipo t1, . . . , tn, l’espressione che si ottiene da A mettendo un accento circonfles-so su tutte le occorrenze delle variabili libere della lista y1, . . . , yn e chiudendo ilrisultato in parentesi e un termine di tipo (t1, . . . , tn), che si chiama astratto. Levariabili y1, . . . , yn sono vincolate nel termine cosı formato.

Se in A ci sono due o piu variabili dello stesso tipo, almeno una delle quali vienea essere vincolata nella formazione dell’astratto, allora le variabili di quel tipo chevengono circonflesse devono essere scritte a pedice del termine, nell’ordine dellaprima occorrenza da sinistra a destra.

Una notazione piu usuale per gli astratti, per chi e abituato alla teoria degliinsiemi, e quella di {y | A(y)} per A(y), per y libera in A.

Ovviamente anche l’interpretazione insiemistica di x(t)(xt) e (xt ∈ x(t)).

Definizione di ordine di un simbolo di tipo:

(i) l’ordine del simbolo di tipo “o” e 0;(ii) un simbolo di tipo della forma (o, . . . , o) ha ordine 1;(iii) un simbolo di tipo della forma (t1, . . . , tn) e di ordine n+ 1 se il massimo

ordine dei simboli di tipo ti e n.

Definizione di ordine di un termine:

(i) l’ordine di una variabile o di una costante e l’ordine del simbolo di tipo cheoccorre come indice nella variabile;

(ii) se A e un astratto, sia n il massimo ordine di tutte le sue variabili (vincolatee libere) e delle costanti. Se esiste una variabile vincolata y di ordine n in A, A edi ordine n+ 1; se no, A e di ordine n.

Esempio Il termine((∀x(o)

1 )x(o)1 (x0

1))

e un termine di tipo (o). Questo simbolo di tipo ha ordine 1, ma il termine haordine 2 perche contiene una variabile quantificata di ordine 1.

L’ordine di un astratto e sempre maggiore o uguale dell’ordine del suo tipo.

Definizione Un astratto e predicativo se e solo se l’astratto ha lo stesso ordinecome l’ordine del suo tipo. Altrimenti e detto impredicativo.

Esempio di una costruzione non predicativa nella dimostrazione che ogni insiemedi numeri reali limitato superiormente ha un estremo superiore.

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Sia G un tale insieme e consideriamo l’insieme dei razionali, di tipo t, che sonoelementi di elementi di G, formalmente

((∃x)(G(x) ∧ x(y)).

Sia y di tipo t ed n l’ordine di t. Allora perche l’astratto sia ben formato, deveessere x di tipo (t) e G di tipo ((t)). L’astratto ha tipo (t) e quindi dovrebbe avereordine n+ 1 per essere predicativo. Ma l’astratto contiene la variabile libera G diordine n+ 2 ed e di ordine n+ 2, quindi non e predicativo.

La spiegazione intuitiva delle precedenti definizioni e la seguente: le relazioni egli insiemi di una gerarchia di tipi sono pensati come costruiti dal basso, in modoche una relazione il cui tipo e di un dato ordine n > 0 e formata solo da relazioniil cui tipo e di ordine e minore di n. Gli individui, il cui tipo ha ordine 0 sonoalla base. Le variabili di un dato tipo prendono valori delle relazioni di quel tipoin ogni gerarchia di tipi. Un astratto chiuso definisce o nomina una entita delsuo tipo. Se un astratto chiuso A di tipo t non ha l’ordine del suo tipo, devecontenere variabili vincolate il cui tipo ha ordine maggiore o uguale a quello deltipo di A, oppure costanti il cui tipo ha ordine maggiore del tipo di A. In ognicaso, l’astratto definisce una entita facendo riferimento a entita la cui esistenzadipende dalla esistenza di entita del tipo di quella che stiamo definendo.

L’ordine di una formula che abbia almeno una variabile libera e definita comel’ordine dell’astratto che si ottiene circonflettendo tutte le variabili libere dellaformula, e si dice predicativa se il suo ordine e uguale all’ordine del tipo dell’astrattocosı ottenuto.

Le variabili hanno ordine uguale all’ordine del loro tipo, per cui in realta nonstanno per entita arbitrarie del loro tipo ma solo per entita definite predicativa-mente. Questo si realizza con una restrizione sulle regole dei quantificatori. Adesempio nella particolarizzazione del quantificatore universale il termine sostituitoalla variabile deve essere dello stesso tipo e ordine della variabile a cui e sostituito,e quindi predicativo.

Definizione dell’uguaglianza.

x = y. ≡ .(∀z(t))(z(t)(x) ≡ z(t)(y)),

dove x e y sono due termine di tipo t in cui z(t) non occorre.

Assiomi di PT.PT.1

(A(y1, . . . , yn))(z1, . . . , zn) ≡ A(z1, . . . , zn),

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dove le yi sono variabili libere distinte della formula A(y1, . . . , yn) nell’ordine dellaprima occorrenza da sinistra a destra, e l’astratto e predicativo e per ogni i zi halo stesso tipo di yi ed e libera per yi in A(y1, . . . , yn).PT.2

(∀z1) . . . (∀zn)(x(t1,...,tn)(z1, . . . , zn) ≡ y(t1,...,tn)(z1, . . . , zn)) ⊃ x(t1,...,tn) = y(t1,...,tn),

dove le zi sono di tipo ti e sono tutte variabili distinte che non occorrono neitermini x(t1,...,tn) e y(t1,...,tn).

Si assume inoltre un sistema di logica, come la deduzione naturale, con le ovvierestrizioni ad esempio sulle sostituzioni che devono rispettare i tipi.

Teorema Per ogni formula A(xt) predicativa rispetto a xt,

` (∃x(t))(∀xt)(x(t)(xt) ≡ A(xt)).

Dimostrazione Si parte dalla tautologia (x(t)(xt) ≡ x(t)(xt)) quindi si passa a(∀xt)(x(t)(xt) ≡ x(t)(xt)), a (∃y(t))(∀xt)(y(t)(xt) ≡ x(t)(xt)), e infine a

(∀x(t))(∃y(t))(∀xt)(y(t)(xt) ≡ x(t)(xt)).

Si applica quindi la particolarizzazione con il termine (A(xt)), che e predicativoperche A(xt) lo e, e si usa PT.1. 2

Da PT.1 si ha come caso particolare

` (∀xt)((A(yt))(xt) ≡ A(xt)),

con le dovute restrizioni sintattiche: A(yt) contiene yt libera ed e predicativarispetto a yt, xt e libera per yt in A(yt), e A(xt) risulta dalla sostituzione di xt atutte le occorrenze libere di yt.

Non si puo tuttavia derivare dal teorema la contraddizione di Russell perche(¬y(y)), che dovrebbe essere presa al posto di (A(yt)), non puo essere espressa inPT.

PT.2 e l’assioma di estensionalita, che insieme alla definizione di uguaglianzapermette di dimostrare

` x(t) = y(t) ≡ (∀zt)(x(t)(zt) ≡ y(t)(zt)),

ma solo per i termini55 di tipo diverso da o.

55Le variabili metalinguistiche per i termini sono x, y, . . ., perche i ti sono riservati aitipi.

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La parte destra dell’equivalenza e predicativa rispetto a x(t), mentre la defini-zione di uguaglianza non lo e.

Si definisce V ((o)) per (x(o)1 = x

(o)1 ), come classe universale per il tipo (0), ma

la definizione e proposta solo come esempio, si potrebbe dare anche per gli altritipi superiori. Per V (o) si usa una formula logicamente valida che dia luogo a unastratto predicativo, ad esempio (x(o)(y0) ≡ x(o)(y0).

Si dimostra` (∀x(o)

1 )V ((o))(x(o)1 ),

e piu in generale` (∀x(t)

1 )V ((t))(x(t)1 ),

come pure` (∀xo1)V (o)(xo1).

Si definisce Λ(t) per (xt1 6= xt1), come classe vuota per il tipo t, e si dimostra

` (∀xt1)(¬Λ(t)(xt1)).

Si possono quindi dare le definizioni di singoletto, complemento, intersezione eunione ponendo{x(t)}((t)) per (y(t) = x(t)), con y(t) non occorrente in x(t) (questa precisazione

sara omessa nei casi successivi),

(x(t))(t)

per (¬x(t)(xt)),(x(t) ∩ y(t))(t) per (x(t)(zt) ∧ y(t)(zt)),(x(t) ∪ y(t))(t) per (x(t)(zt) ∨ y(t)(zt)).

La definizione dello 0, per il tipo minimo per cui ha senso la classe vuota, e

0((o)) =def {Λ(o)}((o)),

quella di successore

S(x((t)))((t)) =def (∃zt)(y(t)(zt) ∧ x((t))(y(t) ∩ {zt}(t)(t)

)).

La definizione naturale dei numeri, N ((((o)))) e impredicativa:

((∀x(((o)))1 )(x(((o)))

1 (0((o))) ∧ (∀x((o))2 )(x(((o)))

1 (x((o))2 ) ⊃ x(((o)))

1 (S(x((o))2 )((o)))) ⊃

⊃ x(((o)))1 (x((o))

3 ))).

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Non si puo quindi usare PT.1 per ottenere un astratto e relativamente ad essodimostrare gli assiomi di Peano.

Come assioma dell’infinito si puo assumere

PT.3 (∃x(o,o)1 )((∀xo1)(¬x(o,o)

1 (xo1, xo1)) ∧ (∀xo1)(∃xo2)(x(o,o)

1 (xo1, xo2))∧

∧(∀xo1)(∀xo2)(∀xo3)(x(o,o)1 (xo1, x

o2) ∧ x(o.o)

1 (xo2, xo3) ⊃ x(o,o)

1 (xo1, xo3))).

la teoria dei tipi TT

La teoria dei tipi TT ha lo stesso linguaggio e assiomi e regole di inferenza comePT ma senza la restrizione predicativa. Il sistema si chiama anche teoria semplicedei tipi, a meno di non riservare questo nome a una ulteriore semplificazione chevedremo in seguito.

la teoria ramificata dei tipi RT

Nei Principia mathematica Russell ha usato una diversa presentazione formale.Le variabili erano differenziate non solo per tipo ma anche per ordine, sı che sidovrebbe scrivere x((o),(o,o))/5/(3,2)

1 per indicare una variabile di tipo ((o), (o, o)) eordine 5, il cui primo argomento e di tipo (o) e ordine 3 e il secondo di tipo (o, o)e ordine 2.

Il sistema RT della teoria ramificata dei tipi ha infatti come variabili e costantilettere con pedice un numero naturale > 0 e apice espressioni della forma “o/0” o“(t1, . . . , tn)/k/(y1, . . . , yn)” dove i ti sono simboli di tipo, k e gli yi sono numerinaturali con la restrizione che per ogni i il numero yi e maggiore o uguale dell’ordinedel corrispondente tipo ti, e k e maggiore del massimo dei valori degli yi; e se ti eo, allora yi deve essere 0 (i numeri che seguono immediatamente il simbolo di tiposono l’ordine; l’espressione completa e il tipo-ordine).

Definizione delle formule:(i) variabili e costanti sono termini con il tipo-ordine indicato;(ii) se x e un termine di tipo-ordine (t1, . . . , tn)/k/(y1, . . . , yn), e z1, . . . , zn

sono termini di tipo rispettivamente ti, e di ordine minore o uguale agli yi, allorax(z1, . . . , zn) e una formula;

(iii) espressioni ottenute combinando formule con connettivi e quantificatorisono formule;

(iv) se A(z1, . . . , zn) e una formula nella quale le variabili libere zi occorrononell’ordine della prima occorrenza, sono di tipo ti e di ordine yi, e k e il massimoordine di tutte le variabili e le costanti nella formula, allora (A(z1, . . . , zn)) e untermine di tipo-ordine (t1, . . . , tn)/r/(y1, . . . , yn), dove r e k se la formula non havariabili vincolate di ordine k, e k + 1 altrimenti.

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Gli assiomi RT.1, RT.2 e RT.3 di RT sono gli stessi che per PT, dove ladefinizione di predicativita ora diventa:

Un termine di tipo-ordine (t1, . . . , tn)/k/(y1, . . . , yn) e predicativo se e solo sek e y + 1, dove y e il massimo degli ordini y1, . . . , yn. Le variabili e le costanti ditipo-ordine o/0 sono predicative.

Se si escludono dal linguaggio di RT tutti i termini eccetto quelli di tipo-ordineo/0 e (t1, . . . , tn)/k/(y1, . . . , yn), dove gli yi sono gli ordini di ti e k e l’ordine di(t1, . . . , tn), allora le formule di RT corrispondono in modo naturale a quelle diPT, e gli assiomi e le regole ristrette a queste formule costituiscono un sistemaequivalente a PT.

Scriviamo le formule indicando a latere il tipo-ordine delle variabili, invece discriverlo come apice.

Il sistema PM si ottiene da RT aggiungendo

Assioma di predicativita

(∀x)(∃w)(∀z1) . . . (∀zn)(w(z1, . . . , zn) ≡ x(z1, . . . , zn)),

dove x e di tipo-ordine (t1, . . . , tn)/k/(y1, . . . , yn) e w e predicativa di tipo-ordine(t1, . . . , tn)/r/(y1, . . . , yn), r ≤ k.

Nella notazione di Russell:

(∃y)(∀x)(y!(x) ≡ A(x)).

la teoria semplice dei tipi ST

Il sistema ST dei tipi semplici, o semplificati, si ottiene riducendo le relazioni ainsiemi, con la definizione insiemistica della coppia ordinata. Una relazione tratermini di tipo n ed m diventa, con la definizione di sotto, un insieme di tipomax(n,m) + 3.

Formalmente i tipi sono ora “o” e “(. . . (o) . . .)” con n coppie di parentesi, opiu semplicemente 0 e n.

Le gerarchie di tipi sopra un insieme D dato sono gli insiemi della gerarchia{T0 = DTn+1 = P(Tn).

Gli assiomi sono gli stessi di TT, numerati nello stesso modo, salvo le ovviemodifiche di scrittura.

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Assiomi di SP

SP.1(A(y))(x) ≡ A(x),

con x libera per y in A(y).

SP.2(∀zn)(xn+1(zn) ≡ yn+1(zn)) ⊃ xn+1 = yn+1,

dove x = y e definita da (∀z)(z(x) ≡ z(y)) per x e y di tipo n e z di tipo n+ 1.

ST.3 (∃x31)((∀x0

1)¬x31(〈x0

1, x01〉) ∧ (∀x0

1)(∃x02)(x3

1(〈x01, x

02〉)∧

∧(∀x01)(∀x0

2)(∀x03)(x3

1(〈x01, x

02〉) ∧ x3

1(〈x02, x

03〉) ⊃ x3

1(〈x01, x

03〉))).

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